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sezione lavoro; sentenza 24 giugno 1986, n. 4205; Pres. Chiavelli, Est. Alibrandi, P. M. Nicita...

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sezione lavoro; sentenza 24 giugno 1986, n. 4205; Pres. Chiavelli, Est. Alibrandi, P. M. Nicita (concl. conf.); Soc. Montini (Avv. Schwarzenberg, Scirè) c. Belleri e altri (Avv. Ventura). Regolamento di competenza avverso Trib. Brescia 31 maggio 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 11 (NOVEMBRE 1986), pp. 2757/2758-2759/2760 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180920 . Accessed: 25/06/2014 05:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.111 on Wed, 25 Jun 2014 05:41:36 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 24 giugno 1986, n. 4205; Pres. Chiavelli, Est. Alibrandi, P. M. Nicita(concl. conf.); Soc. Montini (Avv. Schwarzenberg, Scirè) c. Belleri e altri (Avv. Ventura).Regolamento di competenza avverso Trib. Brescia 31 maggio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 11 (NOVEMBRE 1986), pp. 2757/2758-2759/2760Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180920 .

Accessed: 25/06/2014 05:41

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Italia la sentenza in data 1° luglio 1980 resa dalla Corte

d'appello di Parigi tra le ricorrenti sopra indicate e la soc.

Carpigiani s.p.a. con sede in Anzola Emilia (Bologna) via Emilia n. 45 ».

La trascrizione dell'intero contenuto del decreto fornisce la dimostrazione che, prescrindendo da astratte disquisizioni giuridi che, quel contenuto, data la completezza degli elementi riportati, pose il soggetto notificato nella piena consapevolezza di quanto necessario per un valido esercizio del diritto di difesa.

D'altra parte, basta riflettere che tale esercizio ebbe luogo proprio sulla base della sola notifica di quel decreto e che sarebbe stato validamente compiuto, se non si fosse verificato il ritardo di un solo giorno nella notificazione dell'atto di opposizione.

Quanto sopra detto rende superfluo l'esame del quarto motivo circa la pretesa sanatoria dell'irregolarità della notifica del decreto

(irregolarità ammessa in via di ipotesi) in conseguenza della

proposta opposizione. La sollevata questione di legittimità costituzionale della (non

indicata) norma risultante dall'adattamento della legge processuale civile all'art. 36 della convenzione sembra riferirsi alle disposizioni dell'art. 155 c.p.c., alla luce del contenuto della questione stessa.

Essa si presenta manifestamente infondata, dal momento che, anche ammettendo in astratto la preordinata e dolosa scelta

dell'istante nel notificare il decreto alla controparte nel mese di

febbraio, si da rendere più corto il tempo entro il quale possa essere esercitato il diritto all'impugnazione, detta questione non

sarebbe circoscritta nell'ambito di applicazione dell'art. 36 succita

to, ma avrebbe un rilievo di carattere generale riguardante

l'ampiezza dei termini (processuali) più o meno lunghi o corti per il compimento di attività processuali: giorni, ore, mesi ed anni

giusta le disposizioni del 1° e del 2° comma dell'art. 155 c.p.c. Qui è sufficiente rilevare che se nei casi concreti è possibile la

verificazione della perdita di uno o di due giorni (com'è possibile il guadagno di essi nell'ipotesi di scadenza del termine in un

giorno o in più giorni consecutivi festivi) rispetto alla normalità

dei casi, ciò, da un lato, è oggettivamente riconoscibile stante la

chiarezza della norma, e, dall'altro, non può considerarsi di tale

entità da indurre a ritenere leso il diritto di uguaglianza fra le

parti in lite né a ritenere leso il diritto « alla difesa » in funzione della « difficoltà », nell'esercizio di esso, derivante dalla maggiore brevità di un mese dell'anno rispetto agli altri.

Quanto sin qui detto induce alla considerazione finale che la

disposizione dell'art. 36 della convenzione non presenta alcuna

lacuna, interpretata secondo i principi processuali e costituzionali

dell'ordinamento giuridico italiano e massime secondo quello che

ammette la nullità dell'atto processuale, per difetto di requisiti formali, solamente se questi sono indisponibili per il raggiungi mento dello scopo.

La notificazione della decisione della Corte di Bologna raggiun se correttamente lo scopo voluto dalla legge.

Questa osservazione induce ad una ulteriore considerazione che

riflette l'inesistenza di un qualsiasi problema di interpretazione della convenzione che richieda la necessità di investire la Corte

di giustizia delle Comunità europee ai sensi dell'art. 1 del

protocollo del Lussemburgo 3 giugno 1971 reso i esecutivo con

1. 19 maggio 1975 n. 180, giacché le questioni prospettate

attengono piuttosto al diritto processuale comune. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 giugno

1986, n. 4205; Pres. Chiavelli, Est. Alibrandi, P.M. Nicita

(conci, conf.); Soc. Montini (Aw. Schwarzenberg, Scirè) c.

Belleri e altri (Avv. Ventura). Regolamento di competenza avverso Trib. Brescia 31 maggio 1985.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Azione del

datore di lavoro di accertamento di illegittimità di sciopero e

di condanna dei rappresentanti sindacali aziendali al risarcimen

to dei danni — Competenza del giudice del lavoro (Cod. proc.

civ., art. 409; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della

libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attivi

tà sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art.

28; 1. 8 novembre 1977 n. 847, norme di coordinamento ira la 1.

11 agosto 1973 n. 533 e la procedura di cui all'art. 28 1. 20

maggio 1970 n. 300, art. 1).

Appartiene alla competenza per materia del giudice del lavoro la

domanda con cui il datore di lavoro chieda nei confronti dei

Il Foro Italiano — 1986.

membri della rappresentanza sindacale aziendale l'accertamento

della illegittimità di alcuni scioperi già effettuati e la loro

condanna al risarcimento dei danni. (1)

Fatto. — Con atto di citazione del 13/15 luglio 1983, la s.p.a. Franco Montini conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di

Brescia, i propri dipendenti Giuseppe Belleri, Gino Cadoni e

Giuseppe Serioli, nella loro qualità di membri della rappresentanza sindacale aziendale, dolendosi di una serie di scioperi indetti e attua

ti con modalità tali da provocare gravi e ingiusti danni all'azienda, che tra l'altro era stata costretta a sospendere l'attività produttiva d'un forno anche per evitare pericolo alle persone. Chiedeva pertan

to, la società attrice, che si dichiarasse la legittimità del proprio

operato e l'illegittimità dei denunziati scioperi, con condanna dei

convenuti al risarcimento dei danni.

I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano la pretesa del merito e pregiudizialmente eccepivano l'incompetenza del tribunale

e la competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro. In

via riconvenzionale chiedevano la condanna dell'attrice al versa

mento delle somme trattenute sulle loro retribuzioni in conseguen za di periodi di sospensione del lavoro unilateralmente disposti dall'azienda.

II tribunale, con sentenza 31 maggio 1985, dichiarava la

competenza del Pretore di Brescia, giudice del lavoro. Riteneva

che la vertenza — tra i soggetti del rapporto di lavoro subordina

to e concernente pretese che dal rapporto stesso traggono titolo —

rientra nella previsione di competenza ex art. 409 e 413, 1°

comma, c.p.c. Avverso la decisione ricorre la società attrice per regolamento

di competenza, illustrato da memoria; resistono, i convenuti, con

memoria.

Diritto. — Il procuratore generale in data 13 novembre 1985

ha cosi concluso: « La ricorrente si duole della declinatoria del

tribunale e nega che sia ravvisabile la competenza del giudice del

lavoro. La vertenza, a suo avviso, riguarderebbe i convenuti

esclusivamente nella loro veste di r.s.a., sicché avrebbe carattere

collettivo e la connessione col rapporto di lavoro subordinato

sarebbe affatto remota e irrilevante, tanto da non potersi ricolle

gare alla previsione dell'art. 409, n. 1, c.p.c. ».

Il ricorso non sembra fondato. È pacifico, da un canto, che tra

la società attrice e i convenuti sussiste un rapporto di lavoro

subordinato; e, d'altro canto, che i convenuti sono accusati di

comportamenti adottati quali r.s.a. e non sono stati scelti a caso, come un qualsiasi altro dipendente dell'attrice che avesse aderito

agli scioperi denunziati. Segnatamente con riguardo alla domanda

principale si tratta quindi di stabilire se l'azione si riallacci alla

disciplina del rapporto di lavoro subordinato, secondo l'ampia

previsione dell'art. 409, n. 1, c.p.c. Quanto alla comprensiva portata di detta previsione — tanto

più dopo l'emanazione della 1. n. 847/77 che ha ricondotto alla

competenza del giudice del lavoro anche le vertenze ex art. 28

statuto lavoratori — è utile prendere le mosse da alcuni insegna menti della Suprema corte in casi in qualche modo ricollegabili alla presente tematica:

— la causa tra datore di lavoro e suoi dipendenti per il

risarcimento dei danni derivanti da forme di sciopero denunziate

come illegali rientra nella competenza del giudice del lavoro (cfr. Cass. n. 1071/76, Foro it., 1976, I, 867 e n. 1217/84, id., Rep.

1984, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 53; contr. Cass.

(1) La decisione si inserisce coerentemente nella tendenza espansiva dell'ambito di applicazione dell'art. 409, n. 1, c.p.c., tendenza che rinviene il suo punto di forza (oltre che in esigenze pratiche di

opportunità) nella 1. 847/77 che ha assoggettato al rito speciale e alla

competenza per materia del pretore del lavoro tutte le controversie ex art. 28 1. 300/70 aventi, cioè, ad oggetto diritti delle associazioni sindacali alla libertà ed attività sindacale e all'esercizio del diritto di

sciopero. In senso conforme v., significativamente, Cass. 27 maggio 1982, n.

3263, Foro it., 1983, I, 141, secondo cui appartiene alla competenza per materia del giudice del lavoro la domanda proposta dai membri di una r.s.a. per l'attuazione del diritto della r.s.a. a ricevere informa

zioni, anche quando tale controversia esuli dalle previsioni dell'art. 28 1. 300/70.

Per il quadro della giurisprudenza e per richiami della dottrina si rinvia alle decisioni citate nella motivazione della sentenza in epigrafe e alle note di richiami da cui sono corredate quelle riportate sul Foro, cui adde Cass. 11 febbraio 1985, n. 1156, id., 1985, I, 689; Trib. Milano 3 giugno 1985, ibid., 2420, nonché l'esauriente nota di richiami a Pret. Firenze 14 febbraio 1984 e Pret. Roma 16 aprile 1983, id., 1984, I, 1405.

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2759 PARTE PRIMA 2760

n. 2093/82, id., 1982, 1, 2521, che tuttavia non appare convincen

te; altro è ovviamente il caso in cui non sussiste un rapporto di lavoro tra imprenditore danneggiato e autori di danni, sia pur provocati in occasione di agitazioni sindacali: Cass. n. 5550/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 54);

— nel vigente ordinamento non è possibile parlare di controver sia collettiva in senso tale da avere precisi riflessi nella disciplina processuale perché ne mancano i soggetti e l'oggetto (cfr. Cass. n.

6480/83, id., 1984, il, 1011); — la repressione dell'attività antisindacale ex art. 28 statuto

lavoratori è contemplata in funzione della difesa di interessi non

coincidenti con le pretese di natura contrattuale del singolo lavoratore, onde in linea di massima s'è ravvisata la necessità —

per ottenere piena soddisfazione dei diversi interessi — del

parallelo esperimento dell'azione sindacale ex art. 28 e dell'azione

contrattuale, senza che tuttavia sia dubbia la competenza sotto

entrambi i profili del giudice del lavoro (Cass. n. 2573/80, id.,

Rep. 1980, voce Sindacati, n. 81; 1067/82, id., 1982, I, 1610;

3250/82, id., Rep. 1982, voce cit., n. 117); — l'azione per repressione della condotta antisindacale ex art.

28 può esercitarsi, davanti al giudice del lavoro, anche in via

ordinaria omettendo la fase per i provvedimenti urgenti su cogni zione sommaria (Cass. n. 515/82, id., 1982, I, 1043; per un ordine di idee contrario alla ravvisabilità della controversia ex art.

28 nel caso di iniziativa del datore di lavoro, v. però Cass. n.

674/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 126); — è ravvisabile la controversia di lavoro di competenza del

pretore ex art. 409, n. 1, c.p.c. nella vertenza tra sindacato e

datore di lavoro circa il versamento dei contributi trattenuti

direttamente dalle buste paga (Cass. n. 4332/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 55; e n. 3586/84, id.,

Rep. 1984, voce Sindacati, n. 86), nonché nella vertenza tra r.s.a. e datore di lavoro circa il diritto di informativa spettante alla

prima sul lavoro straordinario assegnato ai dipendenti del secondo

(Cass. n. 3263/82, id., 1983, I, 14).

Ebbene, sembra al requirente che nel caso in esame non abbia

rilievo la discriminazione tra azione ex art. 28 o ex art. 409, n. 1,

c.p.c.; e che il problema della discriminazione tra dette azioni, di

competenza del giudice del lavoro, e ordinaria azione di risarci

mento del danno aquilano, di competenza del tribunale secondo

gli ordinari criteri di valore, debba risolversi nel senso seguito dal

giudice a quo. La vertenza involge diritti e doveri collegati alla

disciplina del rapporto di lavoro subordinato e segnatamente a

diritti e doveri delle parti, pur alla stregua di previsioni di carattere generale e di rilievo costituzionale (per ulteriori riferi

menti, v. Cass. n. 3916/83, id., Rep. 1983, voce Lavoro e

previdenza (controversie), n. 112). In sostanza, la società datrice di lavoro si duole di un abuso

dello sciopero, e pretende di avere a ragione sospeso un certo ramo d'attività produttiva con perdita di salario per i lavoratori

addettivi; i lavoratori convenuti oppongono la legittimità del loro

contegno verso la controparte e si dolgono — con la domanda

riconvenzionale — della trattenuta operata sulle loro paghe per i

periodi di sospensione del lavoro. E se per la domanda riconvenzionale — ovviamente a prescin

dere da ogni considerazione di merito sulla fondatezza — non può dubitarsi della competenza del giudice del lavoro, pare che alla stessa conclusione debba giungersi per la principale: che, a ben

vedere, è l'altra faccia della stessa medaglia. La qualità di r.s.a., invero, non esclude ma anzi presuppone la

qualità di lavoratore subordinato. Onde la circostanza che la società abbia scelto i convenuti in considerazione di detta loro

qualità non osta a che la vertenza si ricolleghi pur sempre alla

disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Si tratta di chiarire ciò che è lecito e ciò che non è lecito fare, ai lavoratori e al datore di lavoro, con particolare riguardo alla peculiare posizione riconosciuta, nell'ambito dell'azienda, a quei dipendenti che rive stano incarichi sindacali.

Che poi siano coinvolti interessi più generali, che trascendono

quelli dei soggetti in contesa, non è anomalo connotato della

presente vertenza, ma anzi è nota ricorrente in molte controversie di lavoro, peraltro non ostative alla ravvisabilità della previsione di competenza ex art. 409 e 413 citati (per un precedente specifico, di dichiarata competenza del giudice del lavoro in

controversia tra r.s.a. come tale e datore di lavoro, cfr. Cass. n.

3263/82, cit.).

Il Foro Italiano — 1986.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 giugno

1986, n. 4104; Pres. Bologna, Est. Di Salvo, P. M. Minetti

(conci, conf.); Min. finanze {Avv. dello Stato Fiengo) c.

Fall. Marazzi (Aw. Casavola, Guidotti). Cassa App. Bo

logna 15 giugno 1982.

Fallimento — Accertamento del passivo — Credito erariale per

pena pecuniaria — Illecito tributario anteriore al fallimen

to — Irrogazione della sanzione successiva alla dichiarazione di

fallimento — Ammissibilità al concorso (R.d. 16 marzo 1942 n.

267, disciplina del fallimento, art. 52; d.p.r. 26 ottobre 1972

n. 633, istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 51).

Poiché il credito per pena pecuniaria sorge nel momento in cui è

commesso l'illecito tributario, esso deve essere ammesso al

concorso quando derivi da violazione posta in essere prima della dichiarazione di fallimento, anche se il provvedimento di

irrogazione della sanzione sia successivo all'apertura della pro cedura concorsuale. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso

l'amministrazione delle finanze dello stato denunzia violazione e

falsa applicazione dell'art. 3 1. n. 4 del 1929, nonché degli art. 21

ss., in relazione agli art. 41 ss. d.p.r. n. 633 del 1972. Rileva che

l'obbligazione di pagare allo Stato una somma a titolo di pena

pecuniaria sorge, a carico del trasgressore, per effetto dell'infra

zione e nel momento in cui questa è connessa e che, correlativa

mente, il procedimento sanzionatorio ha natura dichiarativa e non

costitutiva sicché il momento della liquidità e della esigibilità della

pena pecuniaria nulla ha a che vedere con il momento del

sorgere della relativa infrazione.

Il ricorso è fondato. Sulle questioni proposte questa corte ha

avuto già occasione di pronunciarsi in altre identiche controversie

(Cass. n. 5552/83, Foro it., Rep. 1983, voce Fallimento, n. 431; n.

3273/84, id., Rep. 1985, voce cit., n. 447; n. 1867/84, id., Rep.

1984, voce Valore aggiunto (imposta), n. 193). Le considerazioni che hanno condotto al rigetto delle tesi

critiche (allora prospettate ed oggi riproposte dal fallimento

resistente) sono pienamente condivise dal collegio, il quale nel

farle proprie, ne ribadisce la validità. Questa corte ha già affermato il principio che anche in tema di violazione delle norme

dell'i.v.a., il procedimento sanzionatorio ed il conseguente atto

irrogativo della sanzione pecuniaria hanno la funzione di accertare

nei suoi termini anche quantitativi un'obbligazione pecuniaria

collegata ad un fatto costitutivo precedente (costitutivo dell'illecito

tributario) e che, se tale fatto è anteriore al fallimento dell'autore

della violazione, il relativo credito dello Stato è ammissibile al

concorso dei creditori nella procedura fallimentare.

A tale conclusione si perviene, sia esaminando la natura

dell'accertamento tributario, sia accertando la natura del provve dimento irrogativo della sanzione pecuniaria e del relativo credito.

In ordine all'accertamento tributario la corte di merito afferma

la natura costitutiva dello stesso argomentando da due sentenze di

questa corte (Cass. n. 2293/63, id., 1963, I, 1622; n. 849/73, id.,

Rep. 1973, voce Concordato preventivo, n. 28) la cui estraneità al

(1) La sentenza conferma l'indirizzo della giurisprudenza della Cas sazione sulla natura dell'accertamento tributario, nella particolare pro spettiva della partecipazione dell'amministrazione finanziaria al concor so dei creditori nella procedura fallimentare, ribadendo che il fatto costitutivo del credito erariale (anche di quello relativo alla pena pecuniaria) va identificato nell'illecito tributario, sicché, se questo si è realizzato prima della dichiarazione di fallimento del contribuente, il credito stesso è opponibile alla massa, e deve essere quindi ammesso al passivo, anche se il procedimento di irrogazione della sanzione sia stato attivato dopo l'apertura della procedura concorsuale. Negli stessi termini cfr., da ultimo, Cass. 30 novembre 1985, n. 5980, Foro it., Rep. 1985, voce Fallimento, n. 446; 19 marzo 1984, n. 1868, id., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 1092, e, con riferimento alla pena pecuniaria conseguente alla violazione delle norme sull'i.v .a., Cass. 29

maggio 1984, n. 3273, id., Rep. 1985, voce Fallimento, n. 448; 19; marzo

1984, nn. 1867 e 1869, id., Rep. 1984, voce Valore aggiunto (imposta), nn. 193, 194; 13 settembre 1983, n. 5552, id., Rep. 1983, voce Fallimento, n. 43/1. Nella giurisprudenza di merito si registra, invece, un profondo contrasto sulla questione: v., sulla stessa linea della sentenza in epigrafe, Trib. Ascoli Piceno 6 settembre 1983, id., Rep. 1985, voce cit., n. 448, e in senso contrario, per la non ammissione al concorso stante la natura costitutiva del provvedimento di irrogazione della pena pecuniaria per illeciti in materia di i.v.a., Trib. Grosseto 19 ottobre 1985, id., 1986, I, 1680, alla cui nota redazionale si rinvia per un esauriente quadro delle diverse posizioni della giurisprudenza e della dottrina.

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