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sezione lavoro; sentenza 24 marzo 1995, n. 3456; Pres. De Rosa, Est. Vidiri, P.M. Di Salvo (concl....

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sezione lavoro; sentenza 24 marzo 1995, n. 3456; Pres. De Rosa, Est. Vidiri, P.M. Di Salvo (concl. conf.); Bellini (Avv. Gabellini) c. Inps (Avv. Angelo, Catalano, Ricci). Cassa Trib. Grosseto 29 giugno 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1995), pp. 2139/2140-2143/2144 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193341 . Accessed: 28/06/2014 15:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.66 on Sat, 28 Jun 2014 15:51:05 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione lavoro; sentenza 24 marzo 1995, n. 3456; Pres. De Rosa, Est. Vidiri, P.M. Di Salvo (concl. conf.); Bellini (Avv. Gabellini) c. Inps (Avv. Angelo, Catalano, Ricci). Cassa Trib.

sezione lavoro; sentenza 24 marzo 1995, n. 3456; Pres. De Rosa, Est. Vidiri, P.M. Di Salvo (concl.conf.); Bellini (Avv. Gabellini) c. Inps (Avv. Angelo, Catalano, Ricci). Cassa Trib. Grosseto 29giugno 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1995), pp. 2139/2140-2143/2144Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193341 .

Accessed: 28/06/2014 15:51

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2139 PARTE PRIMA 2140

dal richiamo alla lettera della prima parte della disposizione con

tenuta nell'art. 7, 2° comma, I. 3 maggio 1982 n. 203, trascu

rando di considerarne la seconda (quella relativa all'impegno all'esercizio in proprio della coltivazione) ed omettendo di con

siderare l'intenzione del legislatore: la corte, nella decisione già

richiamata, ha posto in evidenza come la disposizione, interpre tata nel suo complesso, manifesti di richiedere nel diplomato la capacità tecnica di gestire nel proprio interesse l'impresa che

si impegna ad esercitare e come l'intento perseguito dal legisla

tore, attraverso l'equiparazione del laureato o diplomato al col

tivatore diretto, sia stato quello di agevolare l'accesso all'im

prenditoria agricola di soggetti dotati di un bagaglio di cono scenze ed esperienze, da un lato idoneo a consentire loro la

direzione dell'impresa, dall'altro capace di favorire i processi di necessario ammodernamento e razionalizzazione dell'agricol tura nel paese.

Il motivo è perciò infondato.

La decisione di rigetto della domanda viene a trovare suffi

ciente supporto nella ragione appena vista e ciò vale a rendere

inammissibile il secondo motivo di ricorso, proposto per censu

rare altra ragione addotta dalla corte d'appello a sostegno della

decisione.

6. - Il ricorso principale è rigettato. Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 marzo

1995, n. 3456; Pres. De Rosa, Est. Vronu, P.M. Di Salvo

(conci, conf.); Bellini (Avv. Gabeixini) c. Inps (Avv. Ange

lo, Catalano, Ricci). Cassa Trib. Grosseto 29 giugno 1992.

Previdenza e assistenza sociale — Pensione di inabilità — Ca

pacità di lavoro — Valutazione (L. 12 giugno 1984 n. 222, revisione della disciplina dell'invalidità pensionabile, art. 2).

Ai fini della pensione ordinaria di inabilità, l'impossibilità asso luta e permanente di svolgere qualsiasi attività lavorativa de

ve essere valutata con riferimento a tutti i lavori proficui, e cioè capaci di costituire fonte di guadagno, che possa svol

gere l'assicurato in considerazione delle sue attitudini e delle sue specifiche condizioni di vita. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 giugno

1994, n. 5934; Pres. Paiardi, Est. Picone, P.M. Leo (conci,

conf.); Masi (Avv. D'Andria) c. Inps (Avv. Angelo, Cata

lano, Ricci). Cassa Trib. S. Maria Capua Vetere 27 giugno 1991.

Previdenza e assistenza sociale — Assegno di invalidità — Ca

pacità di lavoro — Valutazione (L. 12 giugno 1984 n. 222, art. 1).

Ai fini dell'assegno di invalidità, la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro va accertata con riferimento ad attività anche diverse da quella espletata dall'assicurato,

purché confacenti alle sue attitudini quali si desumono dall'e tà e dalla formazione professionale. (2)

(1-2) In senso conforme alla prima massima, v. Cass. 17 marzo 1994, n. 2558, Foro it., Mass., 215 e 26 febbraio 1993, n. 2397, id., 1994, I, 959, con nota di richiami, in cui si segnala il contrasto con Cass. 14 marzo 1992, n. 3169, id., Rep. 1992, voce Previdenza sociale, n.

753, secondo cui le eventuali residue capacità lavorative che escludono il diritto a pensione vanno valutate non in rapporto al lavoro proficuo,

Il Foro Italiano — 1995.

I

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 29 giugno 1992

il Tribunale di Grosseto ha confermato la decisione del pretore della stessa città, che aveva rigettato la domanda proposta da

Simone Bellini diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità e la condanna dell'Inps alla correspon sione della correlativa prestazione. Nel pervenire a tale soluzio

ne il giudice d'appello ha osservato che il Bellini non aveva

diritto alla prestazione richiesta attesa la non teorica ma reale

possibilità che lo stesso, anche nella condizione fisica pregiudi cata dalle riscontrate infermità, non fosse inabile ai sensi del l'art. 2 1. n. 222 del 1984 per essere ancora in grado (cosi come

da un punto di vista strettamente medico riferito dal c.t.u.) di

svolgere una qualche non gravosa attività lavorativa in un set

tore affine a quello agricolo, già esercitato in precedenza ed

in ambito spaziale non disagevole, stante il possesso di un im

mobile con destinazione agricola. Ha aggiunto ancora il tribu

nale che la lettura del già cit. art. 2 1. n. 222 del 1984 non

poteva, in ogni caso, condurre all'accoglimento della tesi che

il concetto di inabilità da essa introdotto finisca per ricompren dere ogni soggettiva inidoneità lavorativa dipendente da situa

zioni psicofisiche di per sé non assolutamente preclusive ovve

ro, addirittura, ogni stato di disagio rispetto a prospettive lavo

rative pur compatibili con il quadro nosologico specificamente accertato.

Avverso tale sentenza Simone Bellini propone ricorso per cas

sazione, affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l'Inps. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente

censura la sentenza del tribunale per omessa ed insufficiente

motivazione, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., e con il se

condo motivo lamenta invece violazione ed errata interpretazio ne di norma di legge (art. 2 1. 12 giugno 1984 n. 222) in relazio

ne all'art. 360, n. 3, c.p.c. In particolare, il ricorrente osserva che il giudice d'appello,

con il sostenere che fosse comunque consentita «una qualche non gravosa attività lavorativa in un settore affine a quello agri

colo», aveva travisato le conclusioni del consulente d'ufficio.

Questi infatti aveva categoricamente escluso che esso ricorrente

potesse svolgere il suo lavoro di operaio agricolo o coltivatore

diretto, ipotizzando unicamente la compatibilità delle sue con dizioni fisiche con attività di tipo sedentario (telefonista, segre

tario, dattilografo, portiere), ma aveva, nello stesso tempo, ri

tenuto poco probabile che «il periziando, tenuto conto dell'età, del basso livello culturale e dell'attività lavorativa svolta», po tesse trovare un lavoro del genere. Contrariamente a quanto affermato dal tribunale, il c.t.u. aveva, pertanto, evidenziato che lo svolgimento di attività sedentarie, teoricamente possibile,

era, però, in concreto precluso dal fatto che al Bellini, per le

sue condizioni cliniche erano sconsigliati lunghi viaggi di spo stamento, soprattutto se giornalieri. Aggiunge ancora il ricor

rente che il giudice d'appello era incorso in un errore di motiva

zione per non avere fornito riferimenti concreti in relazione alla «non gravosa attività lavorativa» suscettibile di essere svolta dal

l'assicurato, laddove tali riferimenti si rilevavano necessari in

considerazione del fatto che tale attività non poteva individuar

si in ruoli «marginali» o in compiti «amatoriali», ma doveva

comunque caratterizzarsi per fornire un apporto reddituale ap

prezzabile. In altri termini, sulla base del dato normativo, per escludersi il diritto alla pensione di inabilità doveva sussistere

una concreta possibilità per l'assicurato di svolgere una attività

lavorativa, non potendo tale possibilità rimanere sul piano pu ramente teorico, perché una diversa opinione avrebbe finito so

stanzialmente per vanificare un diritto costituzionalmente ga rantito.

bensì' a qualsiasi attività purché autenticamente lavorativa e non mera mente domestica.

In senso conforme alla seconda massima e specificamente sul concet to di attività «confacenti», v. Cass. 12 gennaio 1993, n. 259, id., Rep. 1993, voce cit., n. 663 e 6 marzo 1992, n. 2739, ibid., n. 658.

Per ulteriori riferimenti, cfr. Cass. 8 aprile 1994, n. 3296, id., 1994, I, 1729, con nota di richiami, secondo cui il titolare di pensione di invalidità ottenuta prima della riforma intervenuta con 1. n. 222 del

1984, pur in ipotesi di perdita della residua capacità lavorativa, non può ottenere la trasformazione del trattamento fruito in pensione di inabilità.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I due motivi del ricorso — da esaminarsi congiuntamente per la stretta interelazione riscontrabile tra interpretazione del dato

normativo e motivazione della decisione censurata — vanno pie namente condivisi.

Va in primo luogo precisato che l'impossibilità (assoluta e

permanente) a svolgere qualsiasi attività lavorativa, prevista dal

l'art. 2 1. 12 giugno 1984 n. 222 (revisione della disciplina della invalidità pensionabile) ai fini del riconoscimento della pensio ne ordinaria di inabilità, deve essere valutata con esclusivo rife

rimento a tutti i lavori proficui — capaci cioè di costituire fonte

di guadagno per l'assicurato — e non invece in relazione ad

ogni diversa attività lavorativa che, per essere svolta per soddi

sfare esigenze vitali di esclusivo carattere personale ed interessi

non patrimoniali, si caratterizza per modalità ed aspetti meno

gravosi ed afflittivi di quelli caratterizzanti i lavori istituzional mente destinati a creare ricchezza e ad assicurare un reddito

a quanti detti lavori svolgono. In una fattispecie riguardante il riconoscimento della pensio

ne ordinaria di inabilità a favore di una ex operaia, questa corte

ha già statuito come il criterio dell'impossibilità di svolgere qual siasi attività lavorativa debba, appunto, riferirsi esclusivamente

ai lavori proficui e, sulla base di tale principio, ha poi afferma

to — nel caso sottoposo al suo esame — che l'inabilità non

poteva essere esclusa per la sola circostanza che la lavoratrice

fosse stata in grado di attendere nella propria casa ai normali

lavori domestici in quanto tale attività (che può giovarsi di pau se e di riposi) non è equiparabile all'attività propria del rappor to di lavoro (subordinato) domestico (cfr. in tali sensi Cass.

5 dicembre 1990, n. 11656, Foro it., Rep. 1991, voce Previden

za sociale, n. 771). Per di più è evidente che il concetto normativo dell'impossi

bilità «assoluta e permanente» a svolgere qualsiasi attività lavo

rativa non può prescindere da una doverosa valutazione delle

concrete condizioni di vita e delle attitudini lavorative dell'assi

curato scaturenti dal suo effettivo stato psico-fisico, perché un

riferimento meramente astratto alla possibilità di svolgere un

qualsiasi lavoro porterebbe a negare il riconoscimento della pen sione ordinaria di inabilità anche a coloro che, pur totalmente

invalidi alla stregua delle regole della medicina legale, potrebbe ro — in particolari e fortunate condizioni del mercato occupa zionale — svolgere una qualche attività lavorativa.

Per di più non può negarsi che una interpretazione del dato

normativo diretta a tralasciare qualsiasi considerazione delle at

titudini del soggetto assicurato e delle sue specifiche condizioni

di vita condurrebbe inoltre a delle conseguenze difficilmente giu

stificabili, perché significherebbe una penalizzazione — nel mon

do del lavoro e nel rinvenimento dei mezzi economici di soprav vivenza — dei più deboli e di quanti si trovano in situazioni che rendono del tutto teorica la loro collocazione occupazionale a tutto vantaggio di quegli assicurati che, pur in presenza delle

stesse menomazioni fisiche, conservino, proprio per le loro con

dizioni di vita e per le loro attitudini, la possibilità di impiegare in qualche misura le loro pur ridottissime capacità lavorative.

Questa corte ha di recente avuto occasione di statuire che

l'art. 2 1. 12 giugno 1984 n. 222 che attribuisce il diritto alla

pensione di inabilità a chi versi in stato di impossibilità assoluta

di svolgere qualsiasi attività lavorativa, richiede che l'istante sia

incapace di svolgere non solo il lavoro proprio ma qualsiasi altro lavoro. Detta inabilità deve essere valutata però con crite

rio concreto, ossia avendo riguardo al grado di istruzione ed

alle attitudini fisiche e psicologiche generali del soggetto, onde

applica non esattamente la norma il giudice che, accertata una

grave infermità, neghi il diritto senza indicare, eventualmente

sulla base di consulenza tecnica, il possibile impiego delle resi

due energie lavorative (in tali sensi, cfr. Cass. 17 marzo 1994,

n. 2558, id., Mass., 215). Non si rinvengono ragioni per discostarsi dal principio ora

enunciato.

Da quanto sinora detto consegue che la sentenza del Tribuna

le di Grosseto va cassata in quanto i giudici di appello, sulla

base di una non corretta interpretazione dell'art. 2 1. n. 222

del 1984, hanno disconosciuto il diritto del Bellini alla pensione ordinaria di inabilità sul presupposto che lo stesso potesse svol

gere «una qualche non gravosa attività lavorativa in un settore

affine a quello agricolo già esercitato in precedenza, ed in un

ambito spaziale non disagevole stante il possesso di un immobi

le con destinazione agricola».

Il Foro Italiano — 1995.

La motivazione del tribunale rileva una non esatta applica zione del dato normativo ed una motivazione del tutto generica ed insufficiente. Manca infatti nella sentenza impugnata qual siasi riferimento concreto alle condizioni di vita dell'assicurato,

alle sue condizioni psico-fisiche nonché al suo stato di istruzio

ne al fine di individuare qualche concreta, seppur residua, pos sibilità lavorativa dell'assicurato. A tale riguardo va sottolinea

to come la decisione censurata sembra ricollegare la possibilità dello svolgimento di una attività lavorativa da parte del Bellini

unicamente al possesso «di un immobile con destinazione agri

cola», senza però specificare in alcun modo quale genere di la

voro proficuo il Bellini fosse in grado di svolgere in concreto.

La causa va pertanto rimessa ad altro tribunale, che si desi

gna in quello di Siena, che procederà ad un nuovo giudizio sul

la base dei principi innanzi enunciati.

II

Svolgimento del processo. — Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha confermato, respingendo l'appello, la sentenza del

pretore della stessa sede, di rigetto della domanda proposta da

Bianca Masi contro l'Inps per l'accertamento dell'invalidità e

del diritto alla relativa prestazione, richiesta con domanda am

ministrativa del 23 maggio 1985. Il tribunale, premesso che il consulente tecnico nominato in

grado di appello — diversamente da quello chiamato a prestare la sua opera nel primo grado di giudizio — aveva valutato di

entità superiore al 65% la riduzione della capacità lavorativa

e di guadagno, ma a tale conclusione era giunto sommando

aritmeticamente le singole percentuali di invalidità assegnate al

le diverse infermità riscontrate nell'assicurata, ha ritenuto che

dovesse invece trovare applicazione la formula a scalare (o del

Balthazard), che portava a determinare l'invalidità nella misura

del 49,2%; ha ulteriormente osservato il tribunale che anche

il più equo criterio della semisomma, tra i risultati ottenuti con

la somma aritmetica e quelli determinati dall'applicazione della

formula a scalare, conduceva a fissare la pecentuale di invalidi

tà nella misura del 57%.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Masi

con ricorso articolato in unico motivo. L'Inps si è costituito

mediante deposito della procura in calce alla copia notificata

del ricorso. Motivi della decisione. — Denunziando la violazione e la fal

sa applicazione di norme di diritto nonché il vizio della motiva zione insufficiente e contraddittoria, la ricorrente afferma che

il tribunale ha utilizzato criteri di valutazione della capacità la

vorativa generica, omettendo di accertare in concreto la sua at

titudine, all'età di anni cinquantanove, a svolgere proficuamen te l'attività di bracciante agricola.

Il ricorso, ammissibile perché gli argomenti addotti dal ricor

rente consentono nel loro insieme di individuare le norme e i

principi di diritto che si assumono violati e l'ambito dell'impu gnazione, è giudicato fondato dalla corte.

La fattispecie oggetto del giudizio è regolata ratione temporis dall'art. 1,1° comma, 1. 12 giugno 1984 n. 222 (revisione della

disciplina dell'invalidità pensionabile) — in relazione alla data

di presentazione della domanda amministrativa — che conside

ra «invalido» il soggetto «la cui capacità di lavoro, in occupa zioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo perma nente a causa di difetto fisico o mentale a meno di un terzo».

Nel regime giuridico precedente (art. 10 r.d.l. 14 aprile 1939

n. 636, come modificato dall'art. 24 1. 3 giugno 1975 n. 160) la valutazione della capacità di guadagno doveva essere deter

minata in base a criteri non solo medico-legali, ma anche di

natura economico-sociale, perché la nozione di capacità di gua

dagno non coincideva con quella di capacità di lavoro, invol

gendo la prima un concetto più ampio, tale da comprendere

la seconda e, nello stesso tempo, da includere fra i suoi compo

nenti altri fattori, anche estrinseci, incidenti sulle concrete pos

sibilità del lavoratore di utilizzare senza usura le residue energie

in occupazioni confacenti alle proprie attitudini in maniera con

tinuativa e in grado di consentire normalmente un guadagno

superiore a un terzo.

Di conseguenza, il giudice di merito doveva tener conto non

solo della capacità di lavoro dell'assicurato, ma anche di quella

di guadagno, influenzata da elementi soggettivi (età, sesso, atti

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2143 PARTE PRIMA 2144

tudini dell'assicurato), ma anche da fattori economico-sociali

e ambientali, in grado di incidere tanto positivamente che nega tivamente sulla possibilità di proficua utilizzazione delle residue

energie lavorative del minorato.

La innovazione fondamentale, quindi, è consistita nel sosti

tuire il riferimento alla «capacità di guadagno» con il riferi mento alla «capacità di lavoro», con l'esclusione di ogni in

fluenza sull'invalidità delle condizioni ambientali socio economiche.

Tuttavia, la nuova nozione di invalidità non si riferisce alla

«capacità di lavoro» con lo stesso significato in cui quel riferi

mento avviene, ad esempio, per determinare l'esistenza del di

ritto a prestazioni previdenziali e il loro ammontare nella tutela

contro gli infortuni e le malattie professionali. Ed infatti, la giurisprudenza della corte, nel precisare la defi

nizione di invalidità contenuta nella 1. 222/84 ai fini della con cessione dell'assegno di cui all'art. 1, ha osservato che il riferi

mento alla riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro

in occupazioni confacenti alle attitudini dell'assicurato, e non

più alla capacità di guadagno, se non consente la valutazione

dei fattori socio-economici, impone tuttavia di continuare a te

ner conto, al fine dell'accertamento della detta invalidità, del

l'età e della formazione professionale del soggetto, come fatto

palese dal richiamo alle attitudini, valutando la possibilità di

una continuazione dell'impegno lavorativo e l'eventuale carat

tere usurante di questo, anche con riguardo ad attività diverse

(ma tuttavia «confacenti» alle attitudini) da quella specifica esple tata (cfr. Cass. 6 marzo 1992, n. 2739, Foro it., Rep. 1993, voce Previdenza sociale, n. 658).

Pertanto, in sede di valutazione della capacità di lavoro, per le fattispecie costitutive del diritto alla prestazione perfezionate si sotto il vigore della 1. 222/84, si deve tener conto del quadro morboso complessivo del soggetto assicurato e non delle singole manifestazioni morbose, considerate l'una indipendentemente dal

le altre, né può procedersi a somma aritmetica delle percentuali relative a ciascuna delle infermità riscontrate, dovendosi invece

compiere una valutazione complessiva, con specifico riferimen

to alla loro incidenza sull'attività svolta in precedenza e su ogni altra che sia «confacente», nel senso che potrebbe essere svolta

dall'assicurato, per età, capacità, esperienza, senza esporre ad

ulteriore danno la propria salute (cfr. Cass. 12 gennaio 1993, n. 259, ibid., n. 663).

Non è, quindi, consentito il ricorso alle tabella infortunisti

che o comunque a un sistema di tabelle che stabiliscano un au

tomatico confronto tra infermità o difetto fisico mentale e la

probabile conseguente riduzione della capacità di lavoro, per ché indici medi riferiti ad un'attività lavorativa generica posso no essere presi in considerazione soltanto come semplice punto di partenza per un'indagine diretta ad accertare l'effettiva ridu

zione della capacità subita dall'assicurato in relazione all'attivi

tà svolta, che può risultare tanto superiore che inferiore alla

percentuale risultante dall'applicazione di una tabella di valuta

zione astratta (cfr. Cass. 16 giugno 1983, n. 4152, id., Rep.

1983, voce cit., n. 582). Inoltre, nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato

che le infermità dell'assicurato incidevano in modo apprezzabi le sulla capacità di lavoro, determinandone una riduzione in

misura prossima alla percentuale prevista per il diritto alla pre

stazione, e ciò rendeva indispensabile l'indagine concreta sui fat

tori soggettivi rilevanti, quali l'età e le possibilità di impiego in attività confacenti alle attitudini dell'assicurata senza rischio

di usura (cfr., ex plurimis, Cass. 11 dicembre 1985, n. 6262, id., Rep. 1985, voce cit., n. 926; 12 ottobre 1983, n. 5935, id., Rep. 1984, voce cit., n. 799); in ogni caso, il dissenso dalle conclusioni cui era giunto il consulente tecnico, avrebbe dovuto

essere giustificato con la specifica dimostrazione della minore rilevanza e minima incidenza degli effetti prodotti dalle singole infermità.

Il giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di Beneven to, in applicazione del principio di diritto enunciato, procederà

agli accertamenti e alle valutazioni necessarie per decidere sul

l'appello proposto da Bianca Masi.

Il Foro Italiano — 1995.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 mar

zo 1995, n. 3445; Pres. Iannotta, Est. Roselli, P.M. Mo

rozzo Della Rocca (conci, diff.); Usi 13 di Livorno (Avv.

Bomboi, Patino) c. Inail (Avv. Varone, Napolitano, Mona

co). Cassa Trib. Livorno 15 luglio 1993.

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Premio assicura

tivo — Prescrizione — Decorrenza (Cod. civ., art. 2935; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni sull'assicura

zione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie

professionali, art. 112; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, norme

sul finanziamento del servizio sanitario nazionale nonché pro

roga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in

base alla 1.1° giugno 1977 n. 285 sulla occupazione giovani

le, art. 4; 1. 29 febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663; d.l. 30 dicembre 1987 n. 536, fiscalizzazione degli oneri sociali, pro

roga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'Inps, art. 12; 1. 29 febbraio 1988 n. 48, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1987 n. 536).

La prescrizione del credito dell'Inail avente ad oggetto i premi dovuti dai datori di lavoro per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pre vista dall'art. 112 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 e successive

modificazioni, senza che sia dato distinguere fra premi accer

tati e liquidati o non, decorre dall'inizio della lavorazione pro tetta quanto alla prima rata e dal decimo giorno dall'inizio

di ciascun periodo lavorativo per le rate successive. (1)

(1) Revirement della Suprema corte rispetto al costante precedente indirizzo giurisprudenziale secondo cui, mentre il diritto dell'Inail al

pagamento dei premi non ancora liquidati rimarrebbe soggetto alla pre scrizione ordinaria decennale, la prescrizione prevista dall'art. 112 t.u.

1124/65 (inizialmente di un anno, elevata a tre anni dall'art. 4 d.l. 30

dicembre 1979 n. 663 convertito in 1. 29 febbraio 1980 n. 33, e poi a dieci anni dall'art. 12 d.l. 30 dicembre 1987 n. 536 convertito in 1. 29 febbraio 1988 n. 48) sarebbe applicabile all'azione diretta al soddi sfacimento di crediti contributivi già definitivamente accertati e liquida ti, e decorrerebbe dalla scadenza del termine (dieci giorni ex art. 44 t.u. cit.) concesso al datore di lavoro per adempiere a seguito della

comunicazione dell'Inail dell'accertamento e della liquidazione delle som me dovute: cfr. Cass. 8 ottobre 1994, n. 8236, Foro it., Mass., 773; 14 aprile 1994, n. 3476, ibid., 310; 12 settembre 1991, n. 9531, id.,

Rep. 1991, voce Infortuni sul lavoro, n. 253; 20 settembre 1990, n.

9588, ibid., n. 254; 9 giugno 1990, n. 5607, ibid., n. 255; 23 marzo 1989, n. 1476, id., Rep. 1989, voce cit., n. 273; 17 giugno 1988, n.

4153, id., Rep. 1988, voce cit., n. 297; 14 aprile 1987, n. 3706, id., Rep. 1987, voce cit., n. 366; 24 marzo 1987, n. 2849, ibid., n. 359; 27 giugno 1986, n. 4288, id., Rep. 1986, voce cit., n. 397; 23 ottobre

1985, n. 5212, ibid., n. 398; 16 luglio 1985, n. 4194, id., Rep. 1985, voce cit., n. 332; 9 luglio 1983, n. 4664, id., Rep. 1983, voce cit., n.

393; e, in motivazione, Corte cost. 10 giugno 1982, n. 110, id., 1982, I, 1785, con nota di richiami, che, sulla base dell'orientamento della

Suprema corte, ha ritenuto infondata, in riferimento all'art. 24 Cost, la questione di costituzionalità dell'art. 112 cit. nella parte in cui fissava in un anno il termine di prescrizione, rendendo particolarmente difficile l'esercizio della tutela giurisdizionale da parte dell'Inail per la riscossio ne dei premi assicurativi dovuti dai datori di lavoro.

Nella sentenza in epigrafe le sezioni unite aggiungono, all'afferma zione del nuovo principio riassunto in massima, la considerazione se condo cui la prescrizione ex art. 112 t.u. 1124/65 sarebbe soggetta al

regime ordinario delle interruzioni previsto dal codice civile, dandola come scontata sulla base di Cass. 14 aprile 1994, n. 3476, cit., e 25

luglio 1984, n. 4367, id., Rep. 1984, voce cit., n. 289. Va però osserva to che la prima delle ora richiamate decisioni presuppone che il termine

prescrizionale applicabile nella fattispecie — in conformità al preceden te orientamento ma difformemente da quello espresso ora dalle sezioni unite — sia quello ordinario decennale, per cui l'applicabilità delle co muni cause di interruzione costituisce logico corollario del riferimento a tale termine; mentre la seconda si riferisce in realtà all'azione del lavoratore diretta al conseguimento delle prestazioni dovute dall'Inail, ponendosi in contrasto con tutta la giurisprudenza successiva, secondo cui le cause di sospensione e interruzione previste dal codice civile non incidono sulla prescrizione speciale prevista dall'art. 112 cit.: in tal sen

so, da ultimo, v. Cass. 27 agosto 1992, n. 9888, id., 1993, I, 118, con nota di F. Nisticò, cui adde, per riferimenti, Pret. Pisa 10 gennaio 1994, id., 1994, I, 928, con nota di richiami.

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