sezione lavoro; sentenza 24 ottobre 1996, n. 9300; Pres. Mercurio, Est. Giannantonio, P.M.Martone (concl. conf.); Cassa nazionale previdenza e assistenza avvocati e procuratori (Avv. DeStefano) c. Testini (Avv. Piacente, Testini). Cassa Trib. Trani 13 luglio 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 1 (GENNAIO 1997), pp. 143/144-145/146Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191298 .
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PARTE PRIMA
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 otto
bre 1996, n. 9300; Pres. Mercurio, Est. Giannantonio, P.M.
Martone (conci, conf.); Cassa nazionale previdenza e assi
stenza avvocati e procuratori (Avv. De Stefano) c. Testini
(Avv. Piacente, Testini). Cassa Trib. Trani 13 luglio 1994.
Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Attività pro fessionale in situazione di incompatibilità — Computo del pe riodo di iscrizione alla cassa — Esclusione (R.d.l. 27 novem
bre 1933 n. 1578, ordinamento delle professioni di avvocato
e di procuratore, art. 3; 1. 22 gennaio 1934 n. 36, conversione
in legge, con modificazioni, del r.d.l. 27 novembre 1933 n.
1578; 1. 22 luglio 1975 n. 319, modifiche delle norme riguar danti la previdenza e l'assistenza forense, art. 2).
La cassa di previdenza forense è legittimata a dichiarare ineffi caci a fini previdenziali i periodi di iscrizione corrispondenti a quelli nei quali l'attività forense è stata svolta in situazioni
di incompatibilità, anche per i periodi antecedenti all'entrata
in vigore della l. n. 319 del 1975. (1)
(1) I. - In senso conforme alla riportata sentenza, Cass. 21 maggio 1994, n. 5010, Foro it., Rep. 1994, voce Avvocato, n. 116; 24 maggio 1990, n. 4682, id., Rep. 1990, voce cit., n. 131. Sul tema, v. Corte cost. 7 aprile 1988, n. 420, id., 1989, I, 1048.
Contra, nel senso che il principio della non valutabilità ai fini pensio nistici dei periodi di esercizio professionale espletato in situazione di
incompatibilità stabilito dall'art. 2 1. 319/75, trova applicazione solo
per il periodo successivo all'entrata in vigore della legge (che ha portata innovativa ed efficacia per il futuro), non potendo trovare applicazione nei confronti di quei rapporti assicurativi già svoltisi sotto l'impero del la precedente legislazione (è indifferente, pertanto, che nel periodo an tecedente la vigenza della 1. 319/75 l'esercizio dell'attività forense sia stato svolto in situazioni di incompatibilità, e quindi è del tutto super fluo l'accertamento di attività incompatibili con la professione), cfr. Cass. 15 febbraio 1989, n. 911, id., Rep. 1989, voce cit., n. 114; 8
agosto 1987, n. 6807, id., Rep. 1987, voce cit., n. 83; 6 agosto 1987, n. 6777, ibid., n. 97).
Il contrasto delineatosi in seno alla sezione lavoro della Cassazione non potrà che essere risolto dalle sezioni unite.
Con specifico riferimento alla previdenza forense, per l'esclusione dal
computo del periodo minimo di iscrizione alla cassa (ai fini del diritto alla pensione di invalità) del periodo di svolgimento di una attività com merciale — coadiutore della moglie titolare di una rivendita di sali e tabacchi — anche se priva del carattere della professionalità, Cass. 21
maggio 1994, n. 5010, cit. Contra, Trib. Brindisi 21 gennaio 1992, id., Rep. 1993, voce cit., n. 25.
Per la legittimità dell'iscrizione dell'avvocato alla cassa di previdenza categoriale anche se coltivatore diretto, v. Pret. Firenze 1° luglio 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 121.
II. - Nella previdenza dei liberi professionisti vige il principio della non valutabilità ai fini pensionistici dei periodi di esercizio professiona le espletato in situazioni di incompatibilità, con conseguente legittima zione della cassa previdenziale a neutralizzare i periodi di iscrizione cor
rispondenti a quelli nei quali si è verificata la incompatibilità (cfr. Cass. 21 luglio 1992, n. 8774, ibid., voce Professioni intellettuali, n. 160; 24 maggio 1990, n. 4682, ibid., voce Avvocato, n. 117); le casse di
previdenza categoriali, cui la legge riserva penetranti ipotesi di accerta mento e di sindacato in ordine alla legittimità della posizione degli iscritti, possono accertare autonomamente (e, quindi, anche in mancanza del
provvedimento di cancellazione dall'albo da parte del consiglio dell'or dine) una situazione di incompatibilità e conseguentemente annullare la posizione contributiva dell'iscritto (e la eventuale liquidazione della
prestazione precedentemente attribuita) (cfr. Cass. 25 gennaio 1988, n. 618, id., Rep. 1988, voce Professioni intellettuali, n. 140). Tale princi pio è stato «convalidato» dalla Corte costituzionale, che con sentenza 7 aprile 1988, n. 420 (id., 1989, I, 1048) ha — con riferimento alla
previdenza forense — dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 1. n. 319 del 1975 nella parte in cui preclude il conseguimento del trattamento pensionistico ai professionisti forensi che, pur esercitando la professione, si siano trovati in situazione di in
compatibilità, anche se non accertata e perseguita. In particolare, in tale sentenza si afferma come il precetto contenuto nell'art. 38, 2° com ma, Cost., «non può essere interpretato sino ad estendere la propria funzione di garanzia nei confronti di attività svolte in violazione di pre cise norme intese a tutelare, per contro, l'interesse generale alla conti nuità e alla obiettività della professione forense».
Pertanto, l'attività professionale svolta in una delle situazioni di in
compatibilità previste dall'ordinamento professionale, ancorché queste non siano state accertate e perseguite, preclude sia l'iscrizione alla cas sa, sia la considerazione, ai fini del conseguimento di qualsiasi tratta mento previdenziale, del periodo di tempo in cui l'attività medesima è stata svolta.
Il Foro Italiano — 1997.
Svolgimento del processo. — Con ricorso ex art. 414 c.p.c. del 10 dicembre 1991 l'avv. Ciro Testini conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Trani, quale giudice del lavoro, la Cassa
nazionale di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e
procuratori. Chiedeva l'accertamento del suo d:ritto a consegui re il trattamento di pensione di vecchiaia dal 1° giugno 1987
e la condanna della cassa convenuta al pagamento degli arretra
ti di pensione. Costituitasi in giudizio, la cassa chiedeva il rigetto della do
manda. Deduceva che il ricorrente godeva, a decorrere dal giu
gno 1982, di una pensione di vecchiaia a carico dell'Enasarco
per avere svolto attività di rappresentante di commercio nel pe riodo dai 1966 al 1980.
Assumeva che tale attività era incompatibile e precludeva al
ricorrente la valutabilità di tali anni ai fini previdenziali forensi, sia prima che dopo la 1. n. 319 del 1975.
Con sentenza depositata I'll marzo 1993 il pretore accoglieva
parzialmente la domanda attrice e riconosceva che il periodo di esercizio professionale, espletato in situazione di incompati
bilità, era computabile ai fini pensionistici sino all'entrata in
vigore della 1. 22 luglio 1975 n. 319.
La decisione del pretore è stata confermata dal Tribunale di
Trani che con sentenza depositata il 13 luglio 1994 ha rigettato
l'appello della cassa.
Avverso la decisione del tribunale la Cassa nazionale di pre videnza e assistenza a favore degli avvocati e procuratori pro
pone ricorso illustrato con memoria. Ciro Testini resiste con
controricorso illustrato anch'esso con memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo la cassa ricor
rente denunzia la violazione e l'erronea interpretazione dell'art.
2, 3° comma, 1. n. 319 dell'anno 1975, nonché il vizio di con
traddittorietà di motivazione. Lamenta che i giudici del merito
abbiano riconosciuto all'avv. Testini l'efficacia della iscrizione
e della contribuzione previdenziale alla Cassa nazionale previ denza assistenza avvocati e procuratori per gli anni anteriori
al 1975, nonostante che l'avv. Testini avesse violato la legge professionale forense e non fosse legittimato all'esercizio del
l'attività professionale. Il motivo è fondato. L'art. 3 r.d. 27 novembre 1933 n. 1578
dispone: «L'esercizio delle professioni di avvocato e di procura tore è incompatibile con l'esercizio della professione di notaio, con l'esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui, con la qualità di ministro di qualunque culto avente giurisdizio ne o cura d'anime, di giornalista professionista, di direttore di
banca, di mediatore».
In base alla norma, e fino all'entrata in vigore della 1. n. 319 dell'anno 1975, gli avvocati e i procuratori legali non ave vano diritto alla pensione se svolgevano un'attività incompati bile con quella professionale loro propria. Il consiglio dell'ordi
ne aveva il compito di accertare e perseguire le situazioni di
incompatibilità disponendo la cancellazione dall'albo. La Cassa
per la previdenza e l'assistenza forense, invece, non aveva alcun
potere di accertamento delle situazioni di incompatibilità, nep pure ai soli fini previdenziali, ma doveva attenersi alle risultan ze dell'albo e riconoscere la pensione a tutti coloro che fossero stati iscritti per un determinato periodo di tempo.
Ciò comportava alcuni inconvenienti di carattere pratico. La
cassa, infatti, era costretta a riconoscere la pensione anche nei casi in cui, nonostante l'evidente incompatibilità, il consiglio dell'ordine non avesse provveduto alla cancellazione dall'albo.
Per ovviare a tali inconvenienti l'art. 2 1. n. 319 dell'anno 1975 (intitolata «modifiche delle norme riguardanti la previden za e l'assistenza forense») ha disposto «il comitato dei delegati della cassa, sentito il Consiglio nazionale forense, determinerà, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, i criteri
per accertare quali siano gli iscritti alla cassa stessa che, in con formità a quanto disposto dall'art. 2 1. 8 gennaio 1952 n. 6 sostituito dall'art. 1 1. 25 febbraio 1963 n. 289, esercitino la libera professione forense con carattere di continuità».
La giurisprudenza di questa corte ha già affermato che la norma di cui all'art. 2 1. 319/75 ha carattere innovativo e non meramente ricognitivo della situazione precedente; pertanto, può applicarsi soltanto per l'avvenire e non ai rapporti già compiu tamente venuti in essere alla data della sua entrata in vigore (Cass., sez. un., 20 luglio 1977, n. 3235, Foro it., 1977, I, 2696).
Per quanto riguarda, invece, i rapporti ancora pendenti, l'art. 3 della stessa legge dispone che il potere così attribuito deve essere esercitato immediatamente dalla cassa che, sentiti gli or dini competenti, provvede alla revisione degli iscritti con riferi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mento alla continuità dell'esercizio della professione nell'ultimo
decennio e, successivamente, a revisioni quinquennali. Nel caso in esame non è controverso che l'avv. Testini avesse
svolto attività di rappresentante di commercio nel periodo dal
1966 al 1980; attività per la quale gode anche di una pensione di vecchiaia a carico dell'Enasarco.
Deve pertanto ritenersi che per tutto il suddetto periodo l'avv.
Testini versasse in una situazione di incompatibilità con l'eserci
zio della professione legale ai sensi dell'art. 3 r.d. n. 1578 del
l'anno 1933 e che l'iscrizione alla Cassa previdenza avvocati
per tutti quegli anni non potesse essere valutata ai fini previden ziali forensi.
È vero che alcune decisioni di questa corte hanno affermato
che «per il periodo antecedente la vigenza della 1. 319/75 è in
differente che l'esercizio dell'attività forense fosse stato svolto
in situazioni di incompatibilità»; e che la cassa non poteva in
alcun modo «interferire sulle situazioni pregresse ai fini di mo
dificare lo status del professionista come risultante dall'iscrizio
ne all'albo degli avvocati secondo i deliberata dall'ordine pro
fessionale, unico organo competente ad occuparsene» (Cass. 15
febbraio 1989, n. 911, id., Rep. 1989, voce Avvocato, n. 114; 6 agosto 1987, n. 6777, id., Rep. 1987, voce cit., n. 97; 8 ago sto 1987, n. 6807, ibid., n. 83).
Questo collegio ritiene tuttavia che tali decisioni non possano essere condivise perché in contrasto con la disposizione che at
tribuisce alla cassa il potere-dovere di procedere all'immediata
revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell'eserci
zio della professione nell'ultimo decennio.
Difatti, l'accertamento della continuità implica necessariamente
l'accertamento della sussistenza o meno di situazioni di incom
patibilità nel decennio precedente alla entrata in vigore della
legge e, cioè, dal 1965 al 1975.
D'altra parte, altre decisioni di questa corte hanno ricono
sciuto che la cassa «è legittimata a neutralizzare i periodi di
iscrizione corrispondenti a quelli nei quali si è verificata la in
compatibilità» anche per i periodi antecedenti all'entrata in vi
gore della 1. 319/75 (Cass. 24 maggio 1990, n. 4682, id., Rep.
1990, voce cit., n. 131; 21 maggio 1994, n. 5010, id., Rep. 1994, voce cit., n. 116).
Infine, non può dirsi che la norma così interpretata debba
essere considerata incostituzionale perché retroattiva.
Difatti, a parte la considerazione, di ordine generale, che la
retroattività determina l'incostituzionalità delle sole leggi pena
li, è certo che, nel caso, la retroattività della norma riguarda il potere di accertamento della cassa per il decennio precedente, ma non incide sui diritti degli assistiti.
Questi, anche in precedenza, non avevano alcun diritto previ
denziale, anche se il potere di accertamento della loro situazio
ne di incompatibilità era riservato al consiglio dell'ordine e non
poteva essere esercitato dalla cassa, neppure ai soli fini previ denziali.
Con il secondo motivo la cassa denunzia l'omessa, insuffi
ciente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia, con riferimento all'eccezione di incostituzionalità
dell'art. 2 1. 8 gennaio 1952 n. 6 nella parte in cui non prevede il dettato dell'art. 2, 2° comma, 1. 22 luglio 1975 n. 319, nei
casi di incompatibilità di cui all'art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 e successive modificazioni. Lamenta che il tribunale ab
bia immotivatamente rigettato l'eccezione di costituzionalità sol
levata dalla cassa con riferimento alla disparità di trattamento
previdenziale tra gli avvocati ossequienti al regime delle incom
patibilità dettate dalla legge professionale forense del 1933 e
gli avvocati che avevano violato tale norma imperativa, anche
se non perseguiti di fatto dal consiglio dell'ordine di appar tenenza.
L'esame di questo motivo deve essere considerato assorbito
dall'accoglimento del motivo precedente. Deve pertanto essere accolto il primo motivo e deve essere
dichiarato assorbito il secondo.
La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa va rin
viata al Tribunale di Bari che si atterrà al seguente principio di diritto:
«Il potere attribuito dall'art. 3, 1° comma, 1. 319/75 alla Cassa
nazionale di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e
procuratori di provvedere immediatamente alla revisione degli
iscritti con riferimento alla continuità dell'esercizio della pro
fessione nell'ultimo decennio e, successivamente, a revisioni quin
quennali comprende anche il potere-dovere di accertare le even
tuali situazioni di incompatibilità con l'esercizio della professio
ne forense».
Il Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 2 ottobre
1996, n. 8602; Pres. Cantillo, Est. Graziadei, P.M. Bona
juto (conci, diff.); Galvanese (Avv. Lebotti) c. Min. finan
ze. Cassa App. Potenza 21 dicembre 1992.
Valore aggiunto (imposta sul) — Omessa dichiarazione — Ac
certamento induttivo — Credito maturato nel precedente pe riodo — Rilevanza (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione
e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 30, 55).
L'inottemperanza all'obbligo della dichiarazione annuale espo ne il contribuente all'accertamento induttivo e gli preclude la facoltà di portare in deduzione l'Iva versata nel relativo
periodo su acquisti di beni o servizi se non registrata nelle
liquidazioni mensili o trimestrali, ma non lo priva del diritto
di scomputare dalle somme dovute in base a tale accertamen
to il credito che abbia maturato nel periodo anteriore e per il quale abbia chiesto la successiva detrazione ai sensi dell'art.
30 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633. (1)
Svolgimento del processo. — L'ufficio Iva di Potenza, con
avviso di accertamento notificato il 29 ottobre 1985, ha rilevato
che Lucia Galvanese, commerciante in generi alimentari, non
aveva presentato la dichiarazione relativa al 1980; ha determi
nato, in via induttiva un volume di affari di lire 188.463.000;
ha liquidato l'imposta dovuta in lire 13.899.000.
La Galvanese, nell'impugnare l'atto, ha opposto di essere cre
ditrice della somma di lire 12.165.000, maturata nel 1979, così
sostenendo che il suo debito per l'anno 1980 era da fissarsi nel
la minore entità di lire 1.734.000 (regolarmente versate, con in
teressi e penalità). La tesi è stata condivisa dalla commissione tributaria di pri
mo grado, ma respinta da quella di secondo grado, con pro nuncia che la Corte d'appello di Potenza, disattendendo il gra vame della Galvanese, ha confermato.
Nel caso di mancata presentazione della dichiarazione annua
le, ha osservato la corte di Potenza, l'art. 55 d.p.r. 26 ottobre
1972 n. 633, autorizzando l'accertamento induttivo, consente
al contribuente di detrarre esclusivamente i versamenti e le po ste attive che risultino dalle liquidazioni mensili o trimestrali
dello stesso periodo, di modo che comporta, a titolo di sanzio
ne, il venir meno della facoltà di portare in deduzione il credito
d'imposta insorto nel periodo precedente. La Galvanese, con ricorso notificato il 2 ottobre 1993, ha
chiesto la cassazione della sentenza della corte d'appello. L'am
ministrazione finanziaria ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione. — La ricorrente, con due motivi con
nessi, ripropone l'assunto secondo cui il citato art. 55 non «con
fisca» il credito che sia nato nell'anno anteriore a quello dell'o
missione della denuncia, e per il quale sia stata scelta la compu tabilità in detrazione nell'anno successivo, sempre che risulti dalle
(1) Ad avviso della Suprema corte — nella cui giurisprudenza non si rinvengono precedenti in tali esatti termini — nessuna norma (e, in
particolare, l'art. 55 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, la cui portata è
limitata al calcolo dell'imposta relativa al periodo al quale si riferisce l'accertamento induttivo) dispone la perdita del diritto alla detrazione
dell'imposta sul valore aggiunto in conseguenza della omissione della dichiarazione annuale successiva a quella in cui è sorto il credito ripor tato a nuovo.
Contra, nella giurisprudenza tributaria, Comm. trib. centrale 12 mar zo 1994, n. 690, Foro it., Rep. 1994, voce Valore aggiunto (imposta
sul), n. 282; nello stesso senso, v., invece, Comm. trib. II grado Avelli no 30 ottobre 1986, Bollettino trib., 1987, 424 (m).
Come è evidente, la questione su cui si è ora pronunciata la Suprema corte non ha nulla a che vedere con il diverso problema dell'omissione
della dichiarazione relativa all'anno in cui il credito di imposta è insor
to (sul punto, v., emblematiche dei diversi indirizzi emersi in giurispru denza, Comm. trib. centrale 23 febbraio 1995, n. 734, Foro it., Rep.
1995, voce cit., n. 396, e 16 novembre 1991, n. 7819, id., Rep. 1992, voce cit., n. 232), presentando invece un qualche addentellato con la
questione delle conseguenze dell'omessa indicazione nella dichiarazione
dell'anno successivo dell'eccedenza di imposta maturata nell'anno pre cedente: in tal caso, la giurisprudenza tributaria sembra essere nel com
plesso orientata ad escludere che l'omessa indicazione — che pur deter
mina la decadenza dal diritto alla detrazione — comporti la perdita del credito, suscettibile comunque di essere richiesto a rimborso dal
contribuente nelle forme ordinarie: così Comm. trib. centrale 7 novem
bre 1992, n. 5953, id., Rep. 1993, voce cit., n. 327; 19 novembre 1991, n. 7825, id., Rep. 1992, voce cit., n. 233; 16 giugno 1988, n. 5006,
id., Rep. 1988, voce cit., n. 241.
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