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sezione lavoro; sentenza 26 gennaio 1995, n. 910; Pres. Alvaro, Est. Evangelista, P.M. Martone...

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sezione lavoro; sentenza 26 gennaio 1995, n. 910; Pres. Alvaro, Est. Evangelista, P.M. Martone (concl. conf.); Frasca (Avv. Angelozzi) c. Inps (Avv. Angelo, Catalano, Ricci). Cassa Trib. Roma 4 novembre 1991 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 6 (GIUGNO 1995), pp. 1849/1850-1851/1852 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188923 . Accessed: 25/06/2014 09:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 09:33:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 26 gennaio 1995, n. 910; Pres. Alvaro, Est. Evangelista, P.M. Martone(concl. conf.); Frasca (Avv. Angelozzi) c. Inps (Avv. Angelo, Catalano, Ricci). Cassa Trib. Roma 4novembre 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 6 (GIUGNO 1995), pp. 1849/1850-1851/1852Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188923 .

Accessed: 25/06/2014 09:33

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.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

L'accoglimento del settimo motivo comporta l'assorbimento

degli altri motivi con i quali la Gallotta aveva riproposto le

stesse doglianze ritenute infondate dal conciliatore (necessità del

consenso unanime dei condomini per la modifica del regola

mento, in considerazione della sua natura contrattuale; manca

ta inserzione della modifica del regolamento nell'ordine del gior no; illegittimità costituzionale dell'art. 70 disp. att. c.c.; eccessi

vità della sanzione; mancata contestazione della infrazione; mancata riduzione della sanzione).

In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cas

sata, con rinvio, per un nuovo esame, al Conciliatore di Poz

zuoli.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 26 gen naio 1995, n. 910; Pres. Alvaro, Est. Evangelista, P.M.

Martone (conci, conf.); Frasca (Aw. Angelozzi) c. Inps

(Avv. Angelo, Catalano, Ricci). Cassa Trib. Roma 4 no

vembre 1991.

Sentenza, ordinanza e decreto in materia civile — Ordinanza

con contenuto decisorio — Sottoscrizione del solo presi dente — Nullità insanabile (Cod. proc. civ., art. 132, 161,

279).

L'ordinanza con cui si definisce il giudizio dichiarando l'impro cedibilità dell'appello è ricorribile in Cassazione e deve pre sentare tutti i requisiti di forma che la legge prescrive per le sentenze, per cui, qualora sia sottoscritta dal solo presiden te del collegio e non anche dal giudice estensore, risulta affet ta da nullità insanabile, che il giudice può rilevare anche

d'ufficio. (1)

Svolgimento del processo. — Con provvedimento pronuncia to all'udienza del 4 novembre 1991, il Tribunale di Velletri —

(1) È orientamento giurisprudenziale consolidato che il provvedimen to con contenuto decisorio erroneamente adottato con la forma dell'or dinanza debba essere considerato come sentenza e, come tale, assogget tato ai mezzi ordinari di impugnazione; in tal senso, cfr., da ultimo, Cass. 22 ottobre 1992, n. 11531, Foro it., Rep. 1992, voce Procedimen

to civile, n. 181; nonché Cass. 22 novembre 1984, n. 6019, id., 1985,

I, 748. In dottrina, pur osservandosi come il c.d. «principio della prevalenza

della sostanza sulla forma» non poggi su basi normative particolarmen te solide, tuttavia si è riconosciuta la sua opportunità per evitare che,

altrimenti, le parti vengano dal giudice private dei mezzi di impugnazio ne propri delle sentenze: Tarzla, Profili della sentenza civile impugna bile, Milano, 1967, 66 ss.; Andrioli, Diritto processuale civile, Napoli, 1979, I, 483-488.

La sentenza in epigrafe si pone in linea con la giurisprudenza costan

te anche quando richiede che l'ordinanza con contenuto decisorio deb

ba altresì presentare tutti i requisiti formali della sentenza e, in partico lare, che occorra anche la sottoscrizione del giudice estensore accanto

a quella del presidente de! collegio, risultando altrimenti affetta da nul

lità insanabile, che determina l'annullamento del provvedimento con

rinvio al giudice a quo (in senso conforme, cfr. Cass. 26 agosto 1993, n. 9033, Foro it., Rep. 1993, voce Sentenza civile, n. 55; 22 ottobre

1992, n. 11531, cit.; 22 novembre 1984, n. 6019, cit.). La soluzione prospettata è, tuttavia, andata incontro a critiche della

dottrina, che ha messo in evidenza come essa, oltre a contrastare con

le esigenze di economia processuale, pretendendo dall'ordinanza certi

requisiti formali che difficilmente può presentare, finisca paradossal mente per contraddire il proprio postulato di partenza, della prevalenza della sostanza sulla forma: in particolare, v. le osservazioni di Cerino

Canova, Ordinanza con contenuto di sentenzia e sottoscrizione del prov vedimento, in Giur. it., 1981, I, 1, 277; e, per un esame più approfon dito del problema, Tarzia, cit., 174 ss.

Per una fattispecie particolare, da ultimo, Cass. 17 febbraio 1994, n. 1511, in questo fascicolo, parte prima.

Il Foro Italiano — 1995 — Parte 7-33.

adito quale giudice di rinvio, a seguito di cassazione della sen

tenza con la quale il Tribunale di Roma, riformando la decisio

ne del locale pretore, aveva rigettato la domanda proposta da

Frasca Pietro nei confronti dell'Inps, per il riconoscimento del

diritto alla pensione di invalidità —, constatata la mancata com

parizione delle parti, rilevava che il ricorso in riassunzione non

risultava notificato e ne dichiarava, pertanto, l'improcedibilità. Per la cassazione del provvedimento, il Frasca ha proposto

ricorso affidato ad un unico motivo. L'Inps ha depositato la

procura speciale al proprio difensore.

Motivi della decisione. — Il ricorrente, sulla premessa che

al suddetto provvedimento debba riconoscersi natura sostanzia

le di sentenza, denunciando violazione e falsa applicazione degli art. 392, 393, 394, 348 e 435 c.p.c., in una con vizi di motiva

zione, osserva che il ricorso in riassunzione era stato tempesti vamente depositato presso la cancelleria del giudice a quo e ri

tualmente notificato: ciò che poteva essere dimostrato nel corso

del procedimento, qualora il detto giudice, dopo avere consta

tato la diserzione, ad opera dell'appellante, dell'udienza di di

scussione ex art. 437 c.p.c., avesse correttamente proceduto alla

fissazione di nuova udienza, con le modalità di cui all'art. 348, 1° comma, stesso codice.

Il ricorso merita accoglimento, ancorché per ragioni diverse

da quelle esposte dal ricorrente, ma rispetto ad esse pregiudizia li ed assorbenti, oltre che rilevabili di ufficio da questa corte.

Esatto è l'assunto del ricorrente circa la necessità di ricono

scere natura sostanziale di sentenza all'impugnato provvedimento:

esso, invero, pone definitivamente termine al procedimento da

vanti al giudice a quo, sulla base della ritenuta impossibilità di un suo ulteriore svolgimento, causalmente collegabile al pre

giudiziale rilievo della non comprovata instaurazione del con

traddittorio. Un contenuto siffatto lo colloca, pertanto, nell'am

bito di operatività dell'art. 279, 2° comma, n. 2, a norma del

quale il collegio pronuncia sentenza quando definisce il giudizio decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo.

Se ne trae conferma dall'art. 357, ultimo comma, che per le decisioni collegiali (cui, esclusivamente, deve aversi riguardo, non venendo qui in rilievo il potere di ordinanza attribuito in

materia al giudice istruttore dall'art. 350, inapplicabile nelle con

troversie assoggettate, come la presente, al rito del lavoro, che

non prevede la figura dell'istruttore in appello: art. 435 e 437

c.p.c.) rese nel giudizio di gravame ed aventi ad oggetto la de

claratoria di improcedibilità dell'appello, impone la forma della

sentenza.

Le testé citate norme, che indicano le decisioni cui è riservata

la forma della sentenza, cosi differenziandole da quelle cui è,

invece, attribuita forma di ordinanza, si raccordano, poi, in

ragione di tale loro contenuto, con le disposizioni che dettano

la diversa disciplina formale dei due provvedimenti menzionati

e, quindi, rispettivamente con gli art. 132 e 133 c.c.

Ciò premesso, va rilevato che, secondo consolidato orienta

mento giurisprudenziale, cui reputa il collegio di doversi con

formare, in tema di criteri distintivi fra sentenza e ordinanza

trova applicazione un principio di prevalenza della sostanza sul

la forma, anche al fine dell'identificazione dei rimedi esperibili contro il provvedimento: il quale vale per quello che effettiva

mente è e non per quello che appare, talché, ove il giudice asse

gni a statuizioni decisorie una forma diversa da quella prescrit

ta e richiesta dal loro contenuto, occorre dare prevalenza a que

st'ultimo, quali che siano la forma e la denominazione

attribuitagli, anche ai fini dell'assoggettamento al regime delle

impugnazioni predisposte dalla legge (v., ex plurimis, Cass. 7

giugno 1966, n. 1491, Foro it., Rep. 1966, voce Sentenza civile,

nn. 7, 268; 10 febbraio 1972, n. 352, id., Rep. 1972, voce cit., n. 22; 11 luglio 1975, n. 2753, id., Rep. 1975, voce cit., n.

4; 30 gennaio 1979, n. 644, id., Rep. 1979, voce cit., n. 39;

12 aprile 1980, n. 2334, id., 1980, I, 1311; ecc.). Ne consegue che il provvedimento collegiale del giudice di

appello, dichiarativo dell'improcedibilità del gravame, erronea

mente emesso in forma di ordinanza, anziché di sentenza, non

si sottrae al ricorso ordinario per cassazione ex art. 360 c.p.c.:

alla cui esperibilità non è di ostacolo la circostanza della sotto

scrizione del provvedimento da parte del solo presidente del col

legio e non anche del giudice relatore (che, di norma, coincide

con l'estensore della motivazione), quando non si verifichi il

cumulo di tali qualità nella medesima persona. Non può, inve

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1851 PARTE PRIMA 1852

quella del presidente è da attribuire al cancelliere di udienza, la cui presenza e sottoscrizione è indicata nelle premesse del

provvedimento medesimo.

Trova, quindi, piena applicazione il principio sopra indicato, in forza del quale del provvedimento impugnato deve essere di

chiarata la nullità e disposta la cassazione con rinvio ad altro

giudice, che si designa nel Tribunale di Civitavecchia. (Omissis)

ro, condividersi l'affermazione (fatta propria da alcune decisio

ni: v., ad esempio, Cass. 24 maggio 1980, n. 3426, id., Rep.

1980, voce cit., n. 152; 28 dicembre 1973, n. 3453, id., Rep.

1973, voce cit., n. 183) che a causa di siffatta mancanza di

sottoscrizione il provvedimento non può essere considerato, nep

pure ai soli fini dell'impugnazione, sentenza, trattandosi di atto

giuridicamente inesistente: vale in senso contrario il conclusivo

ed assorbente rilievo che, se, ai sensi dell'art. 161 c.p.c., la nul

lità derivante da difetto di sottoscrizione del giudice si sottrae

alla regola dell'assorbimento nei mezzi di gravame, ciò non im

plica che essa non sia deducibile attraverso i medesimi. Invero, l'eccezione posta dal 2° comma della testé citata norma opera solo rispetto alla sanatoria che, per le altre nullità, si verifica

a causa dell'inosservanza della doverosità (posta dal 1 ° comma) del loro rilievo attraverso i mezzi di impugnazione, con la con

seguenza che il difetto di sottoscrizione del giudice è vizio che

sopravvive al giudicato formale e può essere fatto valere con

autonoma actio nullitatis o con opposizione all'esecuzione; ma

che si tratti anche di vizio deducibile attraverso quei mezzi, fino

a quando essi restano ancora esperibili, discende dalla conside

razione sia della funzione di questi, sia di evidenti esigenze di

economia processuale, sia, infine, e conclusivamente, dall'espressa

previsione dell'art. 354, 1° comma, c.p.c. (applicabile, ai fini

del cosi detto rinvio improprio, anche nel giudizio di cassazio

ne, in virtù dell'indiretto richiamo contenuto nell'ultimo com

ma dell'art. 383 c.p.c.), che, in effetti, individua nella declara

toria della nullità di cui all'art. 161, 2° comma, cit., una speci fica causa di rimessione della causa dal giudice di appello al

giudice di primo grado (in senso conforme a quello qui espres

so, cfr. Cass. 10 luglio 1979, n. 3962, id., Rep. 1979, voce cit., n. 105; 14 gennaio 1980, n. 290, id., Rep. 1980, voce cit., 25; 8 giugno 1981, n. 3671, id., Rep. 1981, voce Infortuni sul lavo

ro, n. 316; 24 novembre 1984, n. 6019, id., Rep. 1984, voce

Sentenza civile, n. 34). D'altra parte, ove l'impugnazione del provvedimento abnor

me, per difetto di coerenza fra contenuto e forma, venga pro

posta per motivi diversi da quelli connessi alla detta carenza

di sottoscrizione, ciò non priva il giudice dell'impugnazione del

potere-dovere di dichiarare di ufficio il relativo vizio, stante la

sua idoneità a determinare una nullità-inesistenza (Cass. 3 ago sto 1984, n. 4616, id., Rep. 1984, voce cit., n. 35): sicché, in

buona sostanza, il difetto di uno dei requisiti minimi per la

riconducibilità del provvedimento al suo archetipo legale, agisce non già come fattore preclusivo della proposizione dei mezzi

di impugnazione ordinari, ma come una qualità negativa del

l'atto che prevale su ogni altro vizio che sia stato per il tramite

dei mezzi stessi denunciato ed impone al giudice il relativo rilie

vo anche se ad esso non si estendono le censure effettivamente

proposte.

Può, pertanto, formularsi il principio secondo cui il provve dimento collegiale erroneamente emanato dal giudice di appel lo, in forma di ordinanza — e, quindi, sottoscritto dal solo

presidente —, con il quale sia dichiarata l'improcedibilità del

gravame, ha natura di sentenza, per il suo contenuto decisorio e definitivo, con la duplice conseguenza della sua impugnabilità con ricorso per cassazione e della necessità che i suoi requisiti formali di validità siano commisurati alla disciplina dettata dal l'art. 132 c.p.c.; di guisa che, ove il presidente non cumuli in

sé anche la qualità di relatore, la presenza della sua sola sotto

scrizione rende il provvedimento medesimo viziato dalla nullità insanabile di cui all'art. 161, 2° comma, c.p.c., la quale può essere fatta valere col ricorso suddetto, ma, in caso di proposi zione di questo per motivi diversi, deve essere rilevata, anche di ufficio, dalla corte di legittimità, con cassazione del provve dimento impugnato e rinvio della causa ad altro giudice equior dinato (dovendosi fare applicazione del 1° comma dell'art. 383, allorché, come nella specie, il vizio riguardi la sentenza di ap

pello, in quanto l'ipotesi di mera rimessione allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza viziata, riguardata dal 3° com

ma della medesima norma, concerne soltanto il caso di nullità

afferenti alla sentenza di primo grado) cui spetta di verificare

la effettiva sussistenza dei presupposti per la declaratoria di im

procedibilità e, nell'ipotesi affermativa, di provvedervi nelle forme

di legge. Nel caso di specie il provvedimento impugnato è sottoscritto

dal presidente del collegio che non era anche relatore; risulta,

poi, privo della firma del relatore; mentre la sigla che precede

Il Foro Italiano — 1995.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 27 di

cembre 1994, n. 11169; Pres. Scala, Est. Ragosta, P.M. Delli

Priscoli (conci, conf.); Vietina e altro (Avv. Furlan) c. Co

mune di Montignoso (Avv. Biolato, Menchini). Cassa App. Genova 4 aprile 1990.

Danni in materia civile — Danno biologico — Morte non im

mediata — Danno sofferto tra la lesione e la morte — Risar

cimento «iure hereditatis» — Ammissibilità (Cod. civ., art.

2043).

Nel caso in cui da un fatto illecito sia derivata dapprima una

menomazione dell'integrità psico-fisica e, dopo una fase in

termedia di malattia, la morte del soggetto leso, gli eredi di

quest'ultimo possono far valere iure hereditatis, nei confronti dell'autore dell'illecito, il diritto al risarcimento del danno bio

logico sopportato dal medesimo soggetto leso nel periodo che

va dal momento della lesione a quello della morte. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 6 otto

bre 1994, n. 8177; Pres. Taddeucci, Est. Franceiai, P.M.

Carnevali (conci, parz. diff.); Soc. Ufficio centrale italiano

(Aw. Massano, Patruno) c. Francia; Francia (Aw. Roda

ti, Pogliani) c. Soc. Ufficio centrale italiano. Cassa App. Milano 7 dicembre 1990.

Danni in materia civile — Danno non patrimoniale derivante

da reato — Morte non immediata — Danno sofferto in stato

di incoscienza tra la lesione e la morte — Risarcimento «iure

hereditatis» — Ammissibilità (Cod. civ., art. 2059).

Nell'ipotesi in cui da un reato di lesioni personali sia derivata

dapprima una lesione e dopo apprezzabile lasso di tempo la

morte del soggetto leso, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, ipotizzabile anche nel caso di sofferenze

fisiche e morali sopportate in stato di incoscienza, è trasmis

sibile agli eredi che possono, pertanto, farlo valere giudizial mente in tale qualità, non rilevando sul piano civilistico la

non punibilità del reato di lesioni rimasto assorbito nel reato

progressivo di omicidio. (2)

(1-2) Non constano precedenti della corte di legittimità negli esatti termini. Cass., sez. un., 22 dicembre 1925 (Foro it., 1926, 1, 328, citata nella motivazione di Cass. 11169/94, sopra riprodotta) ebbe ad affer mare: «...se è alla lesione che si rapportano i danni, questi entrano e possono logicamentre entrare nel patrimonio del lesionato solo in quanto e fin quando il medesimo sia in vita. Questo spentosi, cessa anche la

capacità di acquistare, che presuppone appunto e necessariamente l'esi stenza di un subietto di diritto. Onde, in rapporto alla persona del le

sionato, come subietto dell'azione di danni questi restano senz'altro con finati nell'ambito dei danni verificatisi dal momento della lesione a quello della morte, ed è soltanto rispetto ad essi che gli eredi possono agire iure hereditatis».

Andando a ritroso nel passato della giurisprudenza di legittimità fino a quello che viene oggi additato come il leading case, ovvero la pronun cia del 1925 appena citata, il principio che nega la trasmissione del

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