sezione lavoro; sentenza 26 luglio 2001, n. 10262; Pres. Lupi, Est. Filadoro, P.M. Buonajuto(concl. conf.); Inpdap (Avv. Ravano Marini) c. Liguori (Avv. Candiano). Conferma Trib. Bari 4aprile 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 6 (GIUGNO 2002), pp. 1853/1854-1857/1858Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198520 .
Accessed: 25/06/2014 01:32
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 01:32:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sta sarebbe superfluo prendere in esame gli altri. A tale riguardo la corte demandava al giudice di rinvio di accertare se le man
sioni svolte dal dipendente potevano essere frazionate in modo
netto sì da potersi dividere tra il superiore diretto e l'impiegato di livello inferiore, se la sigla dello Scorcia quale compilatore valesse a consentire l'individuazione di colui che aveva com
piuto una mera attività materiale o comportasse una assunzione
di responsabilità, ed infine se il caporeparto fosse in grado per
l'impegno richiesto dal precedente lavoro di farsi carico anche
delle mansioni di maggior peso già svolte dalla dipendente as
sente.
Avverso tale sentenza la Ferrovie dello Stato s.p.a. propone ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c., affidato a tre mo
tivi, oggetto anche di memoria difensiva ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — La Ferrovie dello Stato s.p.a. a so
stegno del suo ricorso per cassazione deduce i seguenti tre mo
tivi: a) erronea dichiarazione d'inammissibilità del controricorso
che, diversamente da quanto ritenuto nell'impugnata sentenza, era tempestivo perché il ricorso della controparte Scorcia era
stato notificato a mezzo posta e ricevuto — come si evinceva
dal relativo timbro postale — in data 5 agosto 1997 (e non inve
ce il 31 luglio 1997); b) lesione del diritto di difesa e violazione del principio del
contraddittorio per non avere la Corte di cassazione tenuto
conto nella sentenza impugnata delle argomentazioni difensive
contenute nel controricorso, in ragione appunto della declarato
ria della sua inammissibilità; c) l'inammissibilità e/o l'infondatezza del ricorso per cassa
zione proposto dalla Scorcia avverso la sentenza del Tribunale
di Bologna perché il suddetto Scorcia, giuste le articolate argo mentazioni sviluppate in controricorso, aveva con il suo ricorso
sostanzialmente chiesto una nuova valutazione nel merito dei
fatti di causa e delle risultanze istruttorie nonostante che la deci
sione del giudice d'appello fosse adeguatamente motivata e del
tutto corretta sul piano logico-giuridico. I tre motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per
comportare la soluzione di questioni tra loro strettamente con
nesse, vanno rigettati perché privi di fondamento.
Va premesso che devesi riconoscere — contrariamente a
quanto statuito dai giudici di legittimità — che è ammissibile il controricorso delle Ferrovie per essere lo stesso tempestivo in
quanto il ricorso dello Scorcia è stato notificato alla Ferrovie
dello Stato s.p.a. (come si evince dalla data sull'avviso di rice
vimento) non il 31 luglio 1997 ma il 5 agosto 1987 sicché il controricorso stesso ha rispettato i termini di cui all'art. 370
c.p.c. Detta questione però si presenta priva di rilevanza ai fini della
decisione della presente impugnazione, che deve essere dichia
rata inammissibile non ricorrendo nel caso di specie i requisiti
per l'esperibilità della revocazione di cui all'art. 391 bis c.p.c. Come è noto, la disposizione dell'art. 391 bis c.p.c. (intro
dotto dall'art. 67 1. 26 novembre 1990 n. 353) consente, tra
l'altro, la revocazione contro le sentenze della Corte di cassa
zione anche per errore di fatto ai sensi dell'art. 394, n. 4, c.p.c., e cioè quando la decisione è fondata sulla supposizione di un
fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa oppure quando è
supposta la falsità di un fatto la cui verità è positivamente stabi
lita ed in entrambi i casi sempre che il fatto non abbia costituito
punto della controversia sul quale la sentenza si sia pronunziata. E questa corte ha avuto occasioni di ribadire più volte che l'er
rore percettivo in cui incorre la sentenza contro cui viene propo sta revocazione deve avere influito con carattere di decisività
sulla decisione assunta. Ed invero è stato già riconosciuto che
l'omesso esame di atti difensivi della parte nei cui confronti si
sia liberamente instaurato il contraddittorio può integrare l'erro
re revocatorio ex art. 395, n. 4, c.p.c. (cfr., in tema di erronea de
claratoria di tardività del deposito di ricorso per cassazione spe dito a mezzo posta, Cass. 28 gennaio 2000, n. 950, Foro it.,
Rep. 2000, voce Revocazione (giudizio di), n. 20) ma — come è stato osservato dal procuratore generale nelle sue richieste
scritte — ciò si verifica solo quando esso si traduca in omissio
ne di pronuncia su domande ed eccezioni della parte medesima,
ovvero rispetto ad atti che non contengano o non siano idonei a
contenere tali domande ed eccezioni, quando l'omesso esame
Il Foro Italiano — 2002.
dell'atto abbia comportato una svista percettiva del giudice, evitabile mediante la lettura di quelle allegazioni difensive in
ordine all'esistenza od all'inesistenza di una circostanza fattuale
di natura decisiva (cfr. Cass. 25 ottobre 2000, n. 14073, ibid., n.
26; 30 marzo 1994, n. 3137, id., Rep. 1994, voce cit., n. 25). Corollario di quanto sinora detto — e delle caratteristiche che
deve assumere l'errore denunziato, il cui carattere di decisività
richiede la possibilità di rimuoverne le conseguenze solo attra
verso il ricorso per revocazione — è l'inammissibilità del ricor
so per cassazione per revocazione ex art. 391 bis c.p.c. avverso
la sentenza con la quale viene cassata ex art. 384 c.p.c. la deci
sione del giudice di merito con rinvio ad altro giudice in tutti
quei casi in cui l'errore denunziato, posto a base della richiesta
revocatoria e causa della declaratoria di inammissibilità del
controricorso, abbia portato all'omesso esame di eccezioni, que stioni e tesi difensive, sempre che — nel rispetto del principio del carattere chiuso del giudizio di rinvio — sia consentita al
nuovo giudice d'appello (come, appunto, nel caso in oggetto) una nuova libera ed autonoma valutazione di dette eccezioni,
questioni e tesi difensive.
Alla luce delle argomentazioni sinora svolte va dichiarata l'i
nammissibilità del ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c.
proposto dalla Ferrovie dello Stato s.p.a. in quanto tale società — contestando la soluzione addotta dalla sentenza n. 13344 del
1999 di questa corte con la conclusione di cui si chiede la revo
cazione — si è limitata a prospettare l'eventualità di un diverso
esito del precedente giudizio, in relazione al quale il denunziato
errore, oltre a non presentare carattere di decisività, era relativo
ad un atto processuale (controricorso) contenente mere tesi di
fensive riguardanti la qualificazione di un rapporto di lavoro, la
cui indagine è stata dalla sentenza impugnata devoluta ad un di
verso giudice d'appello, individuato nel Tribunale di Modena.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 26 luglio
2001, n. 10262; Pres. Lupi, Est. Filadoro, P.M. Buonajutq
(conci, conf.); Inpdap (Avv. Ravano Marini) c. Liguori
(Avv. Candiano). Conferma Trib. Bari 4 aprile 1998.
Impiegato degli enti locali — Indennità premio di fine servi
zio — Servizi riscattabili — Fattispecie (R.d.l. 3 marzo
1938 n. 680, ordinamento della cassa di previdenza per le
pensioni agli impiegati degli enti locali, art. 46, 67; 1. 8 marzo 1968 n. 152, nuove norme in materia previdenziale per il per sonale degli enti locali, art. 4, 12).
Può essere riscattato, ai fini della liquidazione dell'indennità
premio di fine servizio, in base al combinato disposto degli art. 47 e 67 r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680, il servizio prestato alle dipendenze dei disciolti patronati scolastici, enti di di
ritto pubblico ai sensi dell'art. 2 I. 4 marzo 1958 n. 261. (1)
(1) La questione sottoposta, al vaglio della sezione lavoro della corte
riguarda la condizione per esercitare il riscatto oneroso da parte del
personale non di ruolo degli enti locali, a fini previdenziali, dei periodi di servizio prestati anteriormente all'entrata in vigore della 1. 8 marzo
1968 n. 152. Per l'affermazione dello stesso principio di cui alla mas
sima, v. Cass. 16 aprile 1994, n. 3625, id., Rep. 1994, voce Impiegato
degli enti locali, n. 206.
Per la non applicabilità del riscatto oneroso, cfr. Cass. 22 marzo
2001, n. 4141, id., Mass., 338.
Riguardo alla giurisdizione, in materia di riscatto oneroso in generale
This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 01:32:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA 1856
Motivi della decisione. — Il secondo motivo del ricorso prin
cipale denuncia violazione degli art. 12 e 14 1. n. 152 del 1968, dell'art. 45 d.p.r. n. 616 del 1977, dell'art. 3, ultimo comma, 1.
reg. Puglia n. 53 del 1978 e degli art. 3 e 7 1. n. 482 del 1988, nonché vizio di motivazione.
Il ricorrente osserva, in particolare, che per il trasferimento
dei soppressi patronati scolastici ai comuni, sono state dettate
norme previdenziali speciali, le quali dispongono che gli enti di
provenienza devolvano a quelli di destinazione le somme corri
spondenti all'indennità di quiescenza maturata dal personale
presso i primi, così istituendo un rapporto diretto fra dipendente e nuovo datore di lavoro, relativamente all'erogazione della in
dennità stessa.
Unico obbligato a tale erogazione sarebbe, quindi, secondo
l'istituto ricorrente, il comune e la sussistenza di questa obbli
gazione si porrebbe come impedimento all'esercizio della fa
coltà di riscatto oneroso, presso l'Inpdap, dei medesimi periodi di servizio computati ai fini dell'indennità dovuta in forza del servizio prestato alle dipendenze dei patronati.
Il ricorso è infondato.
Questa corte, con sentenza 16 aprile 1994, n. 3625 (Foro it.,
Rep. 1994, voce Impiegato degli enti locali, n. 206), ha già sta
bilito, in fattispecie analoga alla presente, che, ai sensi dell'art.
12 1. 8 marzo 1968 n. 152, la facoltà, prevista a favore del per sonale di ruolo e non di ruolo degli enti locali, di riscattare, ai
fini della liquidazione dell'indennità premio di servizio, i perio di di servizio prestati anteriormente all'entrata in vigore della
legge suddetta, non compresi tra quelli indicati nel 2° comma, lett. a) e b), dell'art. 4 della stessa legge, è sottoposta alla sola
condizione che tali periodi siano valutabili ai fini del tratta mento di quiescenza in base alle norme vigenti per gli istituti
previdenziali amministrati dal ministero del tesoro: ciò con la
conseguenza che può essere riscattato, in base al combinato di
sposto degli art. 47 e 67 r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680, il servizio
prestato alle dipendenze dei disciolti patronati scolastici, enti di diritto pubblico, ai sensi dell'art. 2 1. 4 marzo 1958 n. 261.
Tale decisione è stata di recente confermata dalla sentenza n.
1782 dell'8 febbraio 2001, non massimata, di questa corte (v. anche Cass. n. 2253 del 2001, non massimata).
In tali pronunce, questa corte ha ribadito che la disciplina dei
rapporti previdenziali dettata dalla 1. reg. Puglia 11 ottobre 1978
n. 53 e dalle disposizioni del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, dettata per il caso di trasferimento dei dipendenti degli enti soppressi, non può trovare applicazione, da un lato, nei confronti di lavo
ratori che avessero già concluso, prima del 31 dicembre 1997, ed indipendentemente dalla soppressione dell'ente di prove nienza, il rapporto di lavoro con il patronato, per intraprenderne un altro, nuovo e diverso, con il comune; e, dall'altro, nei con
fronti dei lavoratori, la cui assunzione sia avvenuta a prescinde re dal requisito dell'attualità, alla medesima data, del rapporto di lavoro con l'ente soppresso, a seguito di superamento di sele zione concorsuale.
Nel caso di specie, secondo l'accertamento compiuto dai giu dici di merito, sussistevano entrambe queste situazioni, ostative
dell'applicabilità della suddetta disciplina. Infatti, la lavoratrice aveva concluso il proprio rapporto di lavoro con il patronato in data notevolmente anteriore al momento del verificarsi della ri
cordata vicenda estintiva dell'ente datore di lavoro, ed era stata assunta alle dipendenze del comune di Bari, dopo aver superato un apposito concorso.
Con sentenza 8 marzo 2000, n. 2652 (id., Rep. 2000, voce
si rinvengono orientamenti discordanti. Per la sussistenza della giu risdizione ordinaria, Cass., sez. un., 5 agosto 2000, n. 542/SU, id., Rep. 2000, voce cit., n. 132; 26 ottobre 2000, n. 1136/SU, ibid., voce Impie gato dello Stato, n. 1092. Per la devoluzione della controversia alla giu risdizione del giudice amministrativo, Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2000, n. 1943, ibid., voce Impiegato degli enti locali, n. 168; Tar Cam
pania 19 dicembre 1997, n. 3588, id., Rep. 1998, voce cit., n. 123.
Infine, circa la legittimità costituzionale dell'art. 12 1. 8 marzo 1968 n. 152, v. Corte cost. 21 luglio 1993, n. 321, e 3 febbraio 1992, n. 26, id., 1994,1, 3275.
In tema di indennità premio di fine servizio, v. Cass. 5 dicembre 2001, n. 15344, in questo fascicolo, I. 1835.
Il Foro Italiano — 2002.
cit., n. 182), questa corte ha poi precisato che il trattamento di
fine rapporto di dipendenti che abbiano prestato la propria atti
vità alle dipendenze di enti pubblici diversi continua ad essere
disciplinato dalle norme particolari che concernono le varie
ipotesi, anche dopo l'entrata in vigore della 1. 27 ottobre 1988 n.
482, se non risulta che il passaggio dall'uno all'altro ente sia
avvenuto in base ad una delle previsioni specificate dall'art. 1 di
tale ultima legge. Deve pertanto farsi ricorso alla disciplina ordinaria dell'in
dennità premio di servizio, ed in particolare, all'art. 12 1. n. 152
dell'8 marzo 1968, che prevede se ed in quali casi sia consentita
la facoltà di riscatto oneroso.
Stabilisce tale norma che: «Il personale di ruolo e quello non
di ruolo possono ottenere, ai fini della liquidazione dell'inden
nità premio di servizio, il riscatto dei periodi anteriori all'en trata in vigore della presente legge, non compresi tra quelli indi
cati al 2° comma, lett. a) e b), del precedente art. 4, nonché dei
periodi di studio universitario e dei corsi speciali di perfeziona mento, purché valutabili ai fini del trattamento di quiescenza ai
sensi delle norme vigenti per gli istituti di previdenza ammini
strati dal ministero del tesoro».
L'unica condizione che la legge richiede — pertanto
— è
quella che i servizi anteriori da riscattare siano valutabili «ai fini del trattamento di quiescenza» in base alle norme vigenti per gli istituti previdenziali amministrati dal ministero del tesoro. L'art.
47 r.d.l. n. 680 del 3 marzo 1938 stabilisce, a tale proposito, che
«il servizio utile per il conseguimento dell'indennità o della
pensione è quello prestato dagli impiegati con diritto a retribu
zione e alla iscrizione alla cassa di previdenza, cui corrisponda il versamento dei contributi, nonché il servizio comunque ri
scattato».
L'art. 67 stesso r.d.l. dispone, poi, che agli impiegati iscritti
alla cassa di previdenza per la pensione degli impiegati degli enti locali «è data facoltà di chiedere il riscatto dei periodi di servizi prestati ... d) presso enti non iscrivibili esercenti un
pubblico servizio, anteriormente all'iscrizione alla cassa ... g)
presso enti di diritto pubblico non contemplati nelle precedenti lettere».
Il servizio prestato dall'odierna intimata presso il patronato aveva dunque i requisiti della riscattabilità, secondo le norme
vigenti per i suddetti istituti di previdenza, trattandosi di servi
zio prestato alle dipendenze di un ente di diritto pubblico: l'art.
2 1. 4 marzo 1958 n. 261 (norme per il riordinamento dei patro nati scolastici), infatti, espressamente dispone che «il patronato ha la personalità giuridica di diritto pubblico»; e, d'altra parte, in quanto riscattato, sarebbe stato valutabile, secondo le mede
sime norme «ai fini del trattamento di quiescenza». Si trattava, pertanto, di un servizio riscattabile nei limiti, ai
sensi e per gli effetti di cui al citato art. 12 1. n. 152 del 1968, che, come si è detto, disciplina la facoltà di riscatto oneroso in
modo indiretto, facendo riferimento, cioè, al servizio valutabile, secondo le norme speciali richiamate, «ai fini del trattnmento di
quiescenza». In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato, pa
lesandosi la sentenza d'appello immune dai vi; i denunciati e dovendosi riconoscere che l'esercizio della menzionata facoltà
di riscatto del periodo di lavoro prestato presso il patronato tro vava il suo fondamento nel disposto dell'art. 12 I. n. 152 del
1968, ai fini dell'erogazione dell'indennità premio di servizio, da parte dell'lnpdap, unico obbligato alla prestazione e, quindi, anche passivamente legittimato rispetto alla domanda introdut tiva della presente controversia.
Infondato è anche il ricorso incidentale, con il quale si de
nuncia violazione dell'art. 92, 2° comma, c.p.c., per avere il tri
bunale disposto la compensazione delle spese di secondo grado di giudizio, sulla base dell'enunciazione di motivi erronei ed illogici.
Rileva la corte che i giudici di appello hanno indicato, tra tali motivi, la novità e la complessità delle questioni controverse.
Tali elementi sono ritenuti sufficienti, dalla costante giu risprudenza di questa corte, a giustificare la decisione di inte
grale compensazione delle spese processuali (Cass., sez. un., 15 novembre 1994, n. 9597, id., Rep. 1994, voce Spese giudiziali civili, n. 26).
La sentenza impugnata, inoltre, ha limitato il riconoscimento
This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 01:32:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
del diritto al riscatto ai soli periodi anteriori all'entrata in vigore della 1. n. 152 del 1968 (e cioè al 2 aprile 1968), dopo aver os servato che l'originaria formulazione della domanda proposta dalla Liguori poteva essere intesa come riferentesi anche ai pe riodi di servizio successivi al 2 aprile 1968 e che per ragioni di chiarezza, ed in accoglimento parziale dell'appello dell'Inpdap, doveva ribadirsi che il riconoscimento .di tale diritto era da in
tendersi limitato al periodo anteriore a tale data.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 26 luglio 2001, n. 10250; Pres. Santojanni, Est. Mercurio, P.M. Sepe
(conci, conf.); Remedia (Avv. Fabbri, Vaccarella) c. Feder
consorzi (Avv. Vallebona). Cassa Trib. Roma 24 marzo
1999.
Concordato preventivo — Cessione dei beni — Domanda di
condanna — Legittimazione passiva
— Liquidatore nomi
nato successivamente — Integrazione del contraddittorio
— Necessità — Limiti (Cod. proc. civ., art. 101, 102; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 160, 182).
In caso di intervenuta ammissione del debitore al concordato
preventivo con cessione dei beni, se un creditore agisce pro
ponendo non solo una domanda di accertamento del proprio diritto, ma anche una domanda di condanna o comunque ido
nea ad influire sulle operazioni di liquidazione e di riparto del ricavato, alla legittimazione passiva dell'imprenditore si
affianca quella del liquidatore giudiziale dei beni, quale litis
consorte necessario. ( 1 )
L'integrazione del contraddittorio va disposta anche se la si
tuazione di litisconsorzio necessario sia successiva e soprav venuta all'instaurazione del giudizio, onde evitare che la
sentenza sia inutiliter data (nella specie, la necessità di tale
adempimento fu esclusa avendo la sentenza di omologazione del concordato, pronunciata nel corso del giudizio promosso dal creditore, nominato liquidatore dei beni lo stesso impren ditore già convenuto in causaj. (2)
(1) Il tema della legittimazione processuale, attiva e passiva, nella fa se di esecuzione del concordato preventivo con cessione dei beni che
consegue all'omologa, è venuto varie volte all'esame della giurispru denza, dando luogo a risposte non sempre coerenti e, forse, non chia ramente consapevoli della necessità di affrontare il problema partendo dall'esame degli effetti di diritto sostanziale del concordato liquidato rio, dal momento che quella legittimazione, come ogni legittimazione processuale, non può che essere il riflesso di situazioni di diritto so stanziale.
Su questi effetti, i dati normativi a disposizione dell'interprete sono
quanto mai scarsi. Lo rilevava (e lo deplorava) già alla fine degli anni
cinquanta la Cassazione, nella sentenza 23 novembre 1959, n. 3440
(Foro it., 1960, I, 1535), osservando che «la disciplina legislativa del l'istituto del concordato preventivo con cessione dei beni è assoluta
mente incompleta». E quella carenza sembra essere stata proprio voluta
dal legislatore del 1942, almeno stando al passo della relazione ministe riale (par. 37) nel quale si riferiva che era parso opportuno non preco stituire «schemi rigidi di cessione», per lasciare spazio alle diverse so
luzioni che di volta in volta sarebbero state più adatte, «quali un trasfe rimento di proprietà dei beni ai creditori, oppure un semplice mandato a
liquidare i beni, o ancora una forma di liquidazione giudiziale»; alter
native che, come si vede, attengono tutte agli effetti del concordato li
quidatorio dal lato attivo, e nulla dicono sugli effetti dal lato passivo, cioè sul momento della liberazione del debitore concordatario.
La natura giuridica della cessione dei beni nel concordato preventivo
Il Foro Italiano — 2002.
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Roma
depositato il 21 maggio 1992, Giovanni Remedia conveniva in
giudizio la Federazione italiana dei consorzi agrari, soc. coop, a.r.l. ammessa al concordato preventivo, alle cui dipendenze aveva lavorato a far tempo dal 16 ottobre 1974, e chiedeva fosse
accertato il suo diritto alla qualifica di dirigente con decorrenza
dal 20 gennaio 1986 e che la convenuta fosse condannata a
pagargli le conseguenti differenze retributive pari a lire
ha molto impegnato la dottrina (fra i più importanti contributi, v. Sat
ta, Diritto fallimentare, Padova, 1996, 481; De Martini, Il patrimonio del debitore nelle procedure concorsuali, Milano, 1957; Bonsignori, Concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca. Legge falli mentare, Bologna-Roma, 1979; Ferrara, Il fallimento, Milano, 1974; Lo Cascio, Concordato preventivo, Milano, 1979, 15 ss.; Ghidini, La cessione dei beni ai creditori ed il concordato, in Dir. fallim., 1964, I, 164 ss.; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1997, 627); la giurisprudenza ha prevalentemente fatto ricorso all'analogia con il contratto di cessione dei beni ai creditori disciplinato dagli art. 1977 ss.
c.c., nel quale, per consolidata opinione, non si ravvisa un immediato effetto traslativo, bensì un mandato in rem propriam per il realizzo dei beni ed il riparto del ricavato fino al soddisfacimento delle ragioni dei creditori (Cass. 1° giugno 1999, n. 5306, Foro it., 1999, I, 2869, con nota di richiami).
11 richiamo al contratto di cui agli art. 1977 ss. c.c. comporta, fra
l'altro, quello della norma dell'art. 1984 c.c. sul momento della libera zione del debitore: talora esplicitamente dichiarato (Cass. 21 gennaio 1993, n. 709, id., Rep. 1993, voce Concordato preventivo, n. 95; in
dottrina, v. Pajardi, op. cit., 671), e che comunque sembra essere il
presupposto implicito dell'orientamento, inaugurato dalla citata senten za 3440/59 della Cassazione, e poi più volte confermato sia dalla giuri sprudenza di legittimità (Cass. 20 gennaio 1984, n. 512, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 82; 8 gennaio 1979, n. 78, id., Rep. 1979, voce cit., n. 60; 18 dicembre 1978, n. 6042, ibid., n. 59) sia da quella di merito
(Trib. Milano 25 gennaio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 78; Trib. Firenze 11 novembre 1978, id., Rep. 1980, voce cit., n. 63; Trib. Mila no 20 settembre 1976, id., Rep. 1977, voce cit., n. 24; Trib. Firenze 15 settembre 1976, ibid., n. 28), secondo il quale, nella fase esecutiva del concordato liquidatorio, la legittimazione passiva per l'accertamento dei crediti concorsuali permane in capo al debitore concordatario, che,
appunto, è ancora debitore, verificandosi la sua liberazione solo alla fi ne della procedura, mentre si trasferisce in capo al liquidatore giudi ziale solo la legittimazione per le controversie relative ai beni da liqui dare, o da acquisire alla liquidazione. In senso difforme da quell'o rientamento, nella più risalente giurisprudenza, Cass. 19 dicembre
1978, n. 6083 (id., Rep. 1978, voce cit., n. 18), in una controversia er roneamente proposta ex art. 100 1. fall, aveva ravvisato la legittimazio ne concorrente di liquidatore, commissario giudiziale e debitore.
(2) La seconda massima enuncia il principio secondo cui l'integra zione del contraddittorio va disposta anche se la situazione di litiscon sorzio necessario sopravvenga in un momento successivo rispetto a
quello dell'instaurazione del giudizio. Questa affermazione (sulla quale non constano precedenti giurispru
denziali) deriva de plano dalla formulazione dell'art. 102 c.p.c., che non pone l'accento sulla domanda giudiziale, bensì sulla sentenza, di cendo che questa va pronunciata nei confronti di tutti i necessari con
traddittori; e difatti, sul piano delle conseguenze del contraddittorio non
integro, è ricorrente l'affermazione che la sentenza è in tal caso inutili ter data (v., fra le più recenti pronunce, Cass. 4 agosto 2000, n. 10260, Foro it., Rep. 2000, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 7; 24
febbraio 2000, n. 2096, ibid., voce Possesso, n. 83; 1° luglio 1998, n.
6415, id., Rep. 1998, voce Appello civile, n. 97; 6 febbraio 1998, n.
1206, ibid., voce Possesso, n. 103; 6 ottobre 1997, n. 9715, ibid., voce
Comunione e condominio, n. 70; 28 settembre 1996, n. 8565, id., Rep. 1997, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 16; 20 maggio 1997, n. 4462, ibid., n. 15; 3 ottobre 1996, n. 8638, id., Rep. 1996, voce Ser
vitù, n. 38; 13 gennaio 1996, n. 251, ibid., voce Intervento in causa e
litisconsorzio, n. 9; 9 febbraio 1995, n. 1454, id., Rep. 1995, voce Pro
prietà (azioni a difesa), n. 12; 24 settembre 1994, n. 7861, ibid., voce
Intervento in causa e litisconsorzio, n. 24; 28 gennaio 1994, n. 878, ibid., n. 26; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Cagliari 30 gennaio 1998, id., Rep. 2000, voce cit., n. 23; App. Milano 12 maggio 1995, id.,
Rep. 1996, voce Procedimento civile, n. 68; Pret. Taranto 22 luglio 1994, id., 1995,1, 711, con nota di richiami cui si rinvia).
Va segnalata tuttavia, in tempi recenti, Cass. 11 ottobre 1999, n.
11361, id., Rep. 2000, voce cit., n. 405: isolato revirement col quale la
Cassazione ha ritenuto che la sentenza non sia inutiliter data, nono
stante la pretermissione del litisconsorte necessario, almeno fra le parti e almeno per le sentenze non costitutive.
In dottrina, in argomento, v. Consolo, Oscillazioni «operazionali»
This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 01:32:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions