sezione lavoro; sentenza 27 febbraio 2004, n. 4069; Pres. Ravagnani, Est. Evangelista, P.M. DeAugustinis (concl. conf.); Canarezza (Avv. Assennato) c. Inps (Avv. Riccio, Valente). Cassa Trib.Roma 8 novembre 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 6 (GIUGNO 2004), pp. 1749/1750-1753/1754Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199227 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Se fosse esatta l'opzione interpretativa del tribunale, anche
questa norma si dovrebbe leggere come riferita al solo rapporto di lavoro in relazione al quale è maturata la prestazione previ
denziale, in contrasto con il complessivo disegno riformatore, e
ciò pur sulla base della sola argomentazione, invero debole, del
riferimento letterale al rapporto anziché all'attività di lavoro.
La questione di legittimità costituzionale, prospettata nel
controricorso nella norma così interpretata è manifestamente in
fondata: la garanzia posta dall'art. 38 Cost., assume a presuppo sto lo stato di bisogno, e rientra nella discrezionalità del legis
latore, non sindacabile sotto il profilo della ragionevolezza, il
perseguimento dell'obiettivo di disincentivare il conseguimento di una prestazione comunque anticipata rispetto alla fuoriuscita
(sia pure solo presunta) dal mercato del lavoro, anche nella con
siderazione delle esigenze di bilancio, nell'ambito della globale riforma del sistema previdenziale (cfr. Corte cost. 416/99, id.,
2000, I, 2456; 417/96, id., Rep. 1997, voce cit., n. 905); né, la scelta legislativa è censurabile per esservi contraddizione tra
imposta cessazione dell'attività lavorativa e possibilità di in
staurare nuovi rapporti di lavoro a pensione conseguita (il rilie
vo che ne risulterebbe incoraggiato il lavoro «in nero» non ha
ovviamente alcuna dignità giuridica), trattandosi di situazione
comune ai pensionati di anzianità e che trova soluzione nel re
gime dei cumuli. La sentenza impugnata va, quindi, cassata per avere, in viola
zione di legge, riconosciuto il diritto di Arnaldo Musenich al
conseguimento della pensione di vecchiaia dalla domanda am
ministrativa, sebbene a tale data prestasse attività di lavoro su
bordinato, anziché affermare l'insorgenza del diritto soltanto
nella sussistenza del requisito della cessazione del rapporto di
lavoro. L'accoglimento del ricorso per violazione di norme di
diritto consente la decisione della causa nel merito, non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384, 1° comma,
c.p.c.). La corte, quindi, pronuncia il rigetto della domanda pro
posta dall'assicurato con i contenuti sopra specificati. All'esito della controversia non consegue la statuizione sulle
spese dell'intero processo, ricorrendo le condizioni previste per l'esonero del soccombente dal rimborso a norma dell'art. 152
disp. att., nel testo originario, quale risultante a seguito della
sentenza costituzionale n. 134 del 1994 (id., 1994,1, 1303), non
essendo applicabile la modificazione introdotta dall'art. 42, ul
timo comma, d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito in 1. 24
novembre 2003 n. 326, ai giudizi di merito e a quello di cassa
zione, introdotti prima del 2 ottobre 2003 (di entrata in vigore del decreto).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 feb
braio 2004, n. 4069; Pres. Ravagnani, Est. Evangelista,
P.M. De Augustinis (conci, conf.); Canarezza (Avv. Assen
nato) c. Inps (Avv. Riccio, Valente). Cassa Trib. Roma 8
novembre 2000.
Previdenza e assistenza sociale — Pensione integrata al mi
nimo cristallizzata — Estinzione del giudizio — Preclusio ne (Cod. civ.? art. 2909; cod. proc. civ„ art. 324; d.l. 12 set
tembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia previdenziale e
sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposi zioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini, art. 6; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conver
sione in legge, con modificazioni, del d.l. 12 settembre 1983
n. 463, art. 1; 1. 24 dicembre 1993 n. 537, interventi correttivi
di finanza pubblica, art. 11; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misu re di razionalizzazione della finanza pubblica, art. 1, comma
Il Foro Italiano — 2004.
183; 1. 23 dicembre 1998 n. 448, misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, art. 36).
Passata in giudicato formale la sentenza di condanna generica al riconoscimento del diritto alla cristallizzazione della pen sione integrata al minimo ai sensi dell'art. 6 d.l. n. 463 del
1983, convertito in l. n. 638 del 1983, nel successivo giudizio,
proposto per la quantificazione delle somme dovute per tale
titolo, rimane preclusa la dichiarazione di estinzione a spese
giudiziali compensate, prevista dall'art. 1, comma 183, l. n.
662 del 1996, e dall'art. 36, 5° comma, l. n. 448 del 1998. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 16 feb
braio 2004, n. 2927; Pres. Ravagnani, Est. Evangelista,
P.M. Iannelli (conci, conf.); Dattola (Avv. Rinaldi) c. Inps
(Avv. De Angelis, Di Lullo, Valente). Cassa Trib. Reggio Calabria 5 febbraio 2000.
Previdenza e assistenza sociale — Pensione integrata al mi
nimo cristallizzata — Estinzione del giudizio — Limiti (D.l. 12 settembre 1983 n. 463, art. 6; 1. 11 novembre 1983 n.
638, art. 1; 1. 24 dicembre 1993 n. 537, art. 11; 1. 23 dicembre
1996 n. 662, art. 1, comma 183; 1. 23 dicembre 1998 n. 448,
art. 36).
L'estinzione del giudizio a spese compensate, prevista dall'art.
1, comma 183, l. n. 662 del 1996 e dall'art. 36, 5° comma, l.
n. 448 del 1998, si applica alla controversia vertente sul di
ritto a mantenere la cristallizzazione della pensione integrata al minimo a decorrere dal 30 settembre 1983, ma non è ap
plicabile alla controversia concernente il diritto all'integra
zione al minimo per il periodo anteriore alla predetta da
ta. (2)
(1) In senso sostanzialmente conforme, v. Cass. 8 aprile 2000, n.
4474, Foro it., Rep. 2000, voce Previdenza sociale, n. 764; 3 febbraio
2000, n. 1184, ibid., n. 765; 22 dicembre 1998, n. 12792 a n. 12814, id.,
Rep. 1998, voce cit., nn. 643-665, che in presenza del giudicato formale
hanno ritenuto non pronunciabile l'estinzione del giudizio ad opera del
giudice d'appello tardivamente adito.
Nel senso che l'estinzione del giudizio può essere pronunciata anche
in Cassazione, non ostando alla compensazione delle spese dell'intero
giudizio la compresenza nel medesimo processo di statuizioni che ab
biano raggiunto l'efficacia del giudicato, v. Cass. 20 gennaio 2001, n.
825, id., Rep. 2001, voce cit., n. 649. Sull'estensione della compensa zione delle spese ai pregressi gradi di giudizio, v. Cass. 29 maggio 2003, n. 8670, id., Mass., 790; 20 agosto 2002, n. 12292, id., Rep. 2002, voce cit., n. 601; 11 gennaio 2000, n. 229, id., Rep. 2000, voce
cit., n. 770. La Corte costituzionale, che con ord. 11 febbraio 1999, n. 31, id.,
1999, I, 728, con nota di richiami, aveva restituito gli atti al giudice a
quo per il riesame della rilevanza, con sent. 20 luglio 2000, n. 310, id.,
Rep. 2000, voce cit., n. 739, ha dichiarato infondate le questioni di co
stituzionalità dell'art. 1, comma 183, 1. n. 662 del 1996 e dell'art. 36,
5° comma, 1. 23 dicembre 1998 n. 448, nella parte in cui prevedono l'e
stinzione dei giudizi originati dalle dichiarazioni di incostituzionalità
intervenute con sent. 31 dicembre 1993, n. 495, id., 1995,1, 1137, con
nota di richiami, e 10 giugno 1994, n. 240, id., 1994, I, 2016, con nota
di S.L. Gentile.
(2) In senso conforme, v. Cass. 14 marzo 2002, n. 3756, Foro it.,
Rep. 2002, voce Previdenza Sociale, n. 606; 2 gennaio 2001, n. 29, id.,
Rep. 2001, voce cit., n. 650; 13 dicembre 2000, n. 15695, id., Rep.
2000, voce cit., n. 777; 26 gennaio 2000, n. 883, ibid., n. 769; 3 luglio
1999, n. 6919, ibid., n. 792; 19 giugno 1999, n. 6171, id., Rep. 1999,
voce cit., n. 688; 11 giugno 1999, n. 5789, ibid., n. 691; 10 giugno
1999, n. 5707, ibid., n. 692; 11 maggio 1999, n. 4665, id., Rep. 2000,
voce cit., n. 795. Per l'orientamento giurisprudenziale determinatosi a seguito delle
dichiarazioni di incostituzionalità di cui a Corte cost. n. 495 del 1993 e
n. 240 del 1994, cit., v. Cass. 2 febbraio 1995, n. 1198, id., 1995, I,
794, con nota di richiami.
Sull'inapplicabilità della cristallizzazione all'ipotesi di ricalcolo
della pensione di reversibilità, v. Cass., sez. un., 13 dicembre 2002, n.
17888, id., 2003,1, 789, con nota di richiami.
Sulla percezione indebita dell'integrazione al minimo, cfr. Cass. 10
dicembre 1996, n. 11009, e 6 novembre 1996, n. 9709, id., 1997,1, 79,
con osservazioni di V. Ferrari. Per riferimenti aggiornati sull'indebito
previdenziale in genere, v. Cass. 19 gennaio 2004, n. 746, e 20 giugno
2003, n. 9902, id., 2004,1, 1082, con nota di richiami.
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PARTE PRIMA 1752
I
Svolgimento del processo. — Con sentenza n. 2072 del 1992,
depositata in cancelleria il 22 febbraio 1992, il Pretore di Roma
dichiarava il diritto della sig. Olimpia Canarezza all'integrazio ne al minimo della pensione SO/2477860, per il periodo dal 1°
marzo 1978 al 30 settembre 1983, ed alla conservazione del
l'importo minimo raggiunto alla data del 1° ottobre 1983, fino al riassorbimento in dipendenza degli adeguamenti periodici della pensione calcolata su base contributiva (c.d. cristallizza
zione). Per l'effetto condannava l'Inps all'erogazione delle somme imputabili all'uno ed all'altro titolo, maggiorate di inte
ressi e rivalutazione.
Questa sentenza passava in giudicato, come attestato dal cer
tificato rilasciato dalla cancelleria del Tribunale di Roma in data
15 febbraio 2001 ed acquisito agli atti. L'assicurata introduceva, successivamente, il giudizio per la
liquidazione del quantum ed otteneva, con sentenza del Pretore di Roma n. 12736, depositata in cancelleria il 26 luglio 1995, la condanna dell'Inps al pagamento della somma di 97.351.756
lire, oltre interessi dal 1° aprile 1995, a titolo di integrazione al minimo della suddetta pensione e di cristallizzazione per il pe riodo successivo al 1° ottobre 1983.
Contro questa sentenza — erroneamente identificata nell'epi grafe della sentenza d'appello qui impugnata come pronunciata dal Pretore di Roma il 25 maggio 1990 —
l'Inps proponeva gravame al Tribunale di Roma, iscritto al n. 5899 del r.g.a.c. dell'anno 1996, con tali estremi effettivamente identificato an che nell'epigrafe suddetta.
L'adito tribunale, con sentenza depositata in cancelleria l'8 novembre 2000, dichiarava l'estinzione del processo, ai sensi dell'art. 1, commi 181 e 182, 1. n. 662 del 1996 e dell'art. 36 1. n. 448 del 1998, rilevando che la controversia aveva ad oggetto il diritto disparte appellata alla c.d. cristallizzazione del tratta mento minimo in godimento, sulla sua pensione, alla data del 30 settembre 1983, ossia questioni riferibili agli effetti della sen tenza della Corte costituzionale n. 240 del 1994 (Foro it., 1994, I, 2016), così da ricadere, appunto, nell'ambito di applicazione della suindicata disciplina speciale in tema di estinzione, con
compensazione delle spese, dei giudizi relativi a siffatta mate ria.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre ora l'assicurata, denunciando la violazione della testé indicata disciplina sul ri lievo della sua inapplicabilità nel caso di specie, estraneo agli effetti della citata statuizione del giudice delle leggi e concer
nente, invece, la determinazione del quantum di una precedente condanna generica, ormai presidiata dall'efficacia propria della cosa giudicata.
L'Inps ha depositato la procura speciale rilasciata al suo di fensore.
Motivi della decisione. — Il ricorso è fondato.
E, in primo luogo, da rilevare che il giudicato formatosi sulla sentenza di condanna generica ricordata nella parte che precede non può ritenersi, né travolto, né impedito dalla sopravvenienza delle norme di previsione dell'estinzione dei giudizi aventi ad
oggetto questioni riferibili agli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 1994.
La corte ha, sul punto, espresso un orientamento univoco, formulando, già con la sentenza 22 dicembre 1998, n. 12792
(id., Rep. 1998, voce Previdenza sociale, n. 643), il principio di diritto secondo cui «l'art. 1, 3° comma, di ciascuno dei decreti
legge nn. 166, 295, 396 e 496 del 1996 (gli effetti dei quali provvedimenti, decaduti per mancanza di tempestiva conversio
ne, sono stati fatti salvi dall'art. 1, 6° comma, 1. 28 novembre 1996 n. 608), nel prevedere (con norma poi ripetuta dall'art. 1, comma 183, 1. 23 dicembre 1996 n. 662) l'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti relativi a somme dovute in forza delle sen tenze della Corte costituzionale n. 495 del 1993 (id., 1995, I, 1137) e n. 240 del 1994, cit., e la cessazione di efficacia dei provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato, non ha inciso sulla comune disciplina processuale dei termini di impu gnazione. Pertanto, con riguardo ad appello proposto entro l'an
no, ma oltre il termine breve (decorrente dalla notificazione della sentenza di primo grado e non sospeso dalla norma in que stione), il giudice di secondo grado non può pronunciare tale
estinzione, non potendo configurarsi pendenza del giudizio di
Il Foro Italiano — 2004.
impugnazione nel caso di gravame tardivamente proposto e per ciò inammissibile».
Il principio, recepito in successive sentenze (v., fra le tante, Cass. n. 12803 e n. 12811 del 1998, id., Rep. 1998, voce cit„ nn. 654 e 662), è stato ulteriormente ribadito (Cass. 8 aprile 2000, n. 4474, id., Rep. 2000, voce cit., n. 764; 3 febbraio 2000, n. 1184, ibid., n. 765), essendosi ritenuta non ostativa la sopravve nuta norma di cui all'art. 74, 4° comma, 1. 23 dicembre 1998 n.
448, che testualmente dispone: «L'art. 1, 6° comma, 1. 28 no
vembre 1996 n. 608 va interpretato nel senso che fra gli effetti
dallo stesso fatti salvi rientra anche l'efficacia dei provvedi menti giudiziali non ancora passati in giudicato nella vigenza dei decreti legge richiamati nel predetto comma, ancorché noti
ficati, che si estende fino all'entrata in vigore della 1. 23 dicem
bre 1996 n. 662».
Nel caso di specie, dunque, accertato attraverso il certificato
di cancelleria che la sentenza di condanna generica di cui tratta
si non è stata gravata d'appello, si deve, per ciò stesso, ritenere
dalla medesima attinta l'efficacia del giudicato formale, restan
do irrilevante l'anteriorità o la posteriorità dell'evento all'en
trata in vigore della speciale disciplina dell'estinzione dei giudi zi pendenti.
Sotto altro aspetto, va, poi, considerato che, per consolidato
orientamento giurisprudenziale (v., fra le ultime, Cass. 2 gen naio 2001, n. 29, id., Rep. 2001, voce cit., n. 650; 20 gennaio 2001, n. 825, ibid., n. 649; 11 gennaio 2000, n. 229, id., Rep. 2000, voce cit., n. 770; 19 giugno 1999, n. 6171, id., Rep. 1999, voce cit., n. 688; 10 giugno 1999, n. 5707, ibid., n. 692; 11 giu gno 1999, n. 5789, ibid., n. 691), costituisce diritto vivente che:
a) in materia di integrazione al minimo delle pensioni, la sen tenza della Corte costituzionale n. 240 del 1994, cit., ha condi
zionato la possibilità di fruizione, da parte del pensionato, del
regime di cristallizzazione dell'importo integrativo attinto al 30
settembre 1983 alla sussistenza di determinati requisiti reddi
tuali; b) coerentemente con l'effetto di tale pronuncia, il nuovo
testo dell'art. 1, comma 182,1. n. 662 del 1996, come introdotto
dall'art. 36 1. n. 448 del 1998, espressamente dispone in ordine
ai criteri con i quali deve essere condotta la verifica di quei re
quisiti, in tal modo incidendo su una condizione dell'azione
promossa per ottenere l'applicazione degli effetti della suddetta
sentenza costituzionale, ossia sulla fattispecie costitutiva del di
ritto rivendicato; c) per conseguenza, in tutti i casi in cui il giu dizio abbia ad oggetto la conservazione della prestazione inte
grativa «cristallizzata» alla suddetta data si configura una «que stione di cui all'art. 1, comma 182, 1. n. 662 del 1996», sotto il
profilo dell'accertamento del requisito reddituale ivi discipli nato e, quindi, anche una delle questioni con riferimento alle
quali è formulata l'espressa previsione di estinzione dei giudizi
pendenti, con compensazione delle spese.
Questa situazione non si verifica nel caso di specie, in quanto il diritto alla c.d. cristallizzazione è stato accertato irretrattabil mente — con conseguente condanna dell'ente debitore al paga mento delle differenze fra l'importo del trattamento pensionisti co spettante in base a tale diritto e quello del trattamento effetti vamente corrisposto — anteriormente e, quindi, indipendente mente dagli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 1994, sulla base di una situazione di diritto sostanziale nella quale il giudice non aveva individuato alcuna regola che
condizionasse il diritto stesso all'esistenza di determinate con dizioni reddituali dell'interessato. La successiva azione dell'in teressata per la quantificazione della condanna generica presup pone, dunque, una tale situazione e non è in alcun modo in
fluenzata dallo ius superveniens ricavabile dalla testé indicata
sentenza, la cui retroattività si arresta di fronte all'efficacia di
giudicato anteriormente acquisita dalla pronuncia di tale con danna.
L'actio iudicati proposta al fine della determinazione del
quantum fa sì che come oggetto del relativo giudizio non possa identificarsi una questione ricompresa fra quelle per le quali è stata dettata la ripetuta disciplina speciale in tema di estinzione, la quale, poi, è, in ogni caso, e cioè anche indipendentemente dal giudicato pur formatosi al riguardo, estranea a tutte le que stioni concernenti il diritto all'integrazione, sulle quali non
spiega alcun effetto la citata sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 1994 (v., da ultima e fra le numerose altre conformi, Cass. 14 marzo 2002, n. 3756, id., Rep. 2002, voce cit., n. 606).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata. La
causa deve essere rimessa ad altro giudice, che si designa nella
Corte d'appello di Roma, in funzione di giudice del lavoro, per l'esame del merito omesso dal giudice a quo in base all'erronea
dichiarazione di estinzione del processo.
II
Svolgimento del processo. — Con sentenza depositata in can
celleria il 5 febbraio 2000, il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del lavoro d'appello, ha dichiarato l'estin
zione, con compensazione delle spese, del processo pendente fra
l'Inps e Domenica Dattola, in applicazione di quanto disposto dall'art. 36, 5° comma, 1. 23 dicembre 1998 n. 448.
La parte privata, con ricorso notificato il 1° febbraio 2001, ha
chiesto la cassazione della sentenza suddetta, sul rilievo che
l'oggetto del giudizio era limitato ad una questione non compre sa nel novero di quelle con riferimento alle quali opera la norma
suddetta: era, invero, in contestazione il diritto dell'assicurata di
ottenere l'integrazione al trattamento minimo della pensione di
riversibilità, fruita in cumulo con altra diretta, in applicazione del disposto della sentenza della Corte costituzionale n. 314 del
1985 (Foro it., 1986,1, 1795), nonché il pagamento dei ratei ar
retrati della prestazione integrativa, maggiorati di interessi e ri
valutazione.
L'Inps ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione. — Il ricorso è fondato nei sensi di cui
in motivazione.
La corte ha, in numerose occasioni precedenti (v„ da ultimo,
le sentenze 2 gennaio 2001, n. 29, id., Rep. 2001, voce Previ
denza sociale, n. 650, e 19 giugno 1999, n. 6171, id., Rep. 1999, voce cit., n. 688), avuto modo di rilevare che:
— la Corte costituzionale, con sentenza n. 240 del 1994 (id.,
1994,1, 2016), ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art.
11, 22° comma, 1. 24 dicembre 1993 n. 537, nella parte in cui,
nel caso di concorso di due o più pensioni integrate o integrabili al trattamento minimo, delle quali una sola conserva il diritto
all'integrazione (ove non siano superati i limiti reddituali previ sti alla data del 30 settembre 1983), prevede la riconduzione al
l'importo a calcolo dell'altra o delle altre pensioni non più inte
grabili, anziché il mantenimento di esse nell'importo spettante alla data indicata, fino ad assorbimento negli aumenti della pen sione base derivante dalla perequazione automatica;
— successivamente sono intervenuti diversi provvedimenti
normativi, intesi a dare attuazione alle statuizioni di tale senten
za ed a disciplinare l'erogazione delle relative prestazioni e le
relative conseguenze in ordine ai giudizi proposti per il conse
guimento delle medesime; finché è stata pubblicata la 1. 23 di
cembre 1998 n. 448 (misure di finanza pubblica per la stabiliz
zazione e lo sviluppo), il cui art. 36, 5° comma, dispone che i
giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della stessa legge, aventi ad oggetto «ìè! questioni di cui all'art. 1, commi 181 e
182,1. 23 dicembre 1996 n. 662, sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti. I provvedimenti giu diziari non ancora passati in giudicato restano privi di effetto»;
— la disciplina di cui ai richiamati commi 181 e 182 dell'art.
I 1. n. 662 del 1996, come sostituiti o autenticamente interpretati dalla 1. n. 448 del 1998, presuppone, di norma, la riconosciuta
esistenza del diritto alle prestazioni contemplate dalla sentenza
della Corte costituzionale n. 240 del 1994 ed incide esclusiva
mente sulle modalità di soddisfazione del credito spettante al
titolare, sicché «la questione attinente all'esistenza stessa non è
una questione di cui a tali commi», ma si radica esclusivamente
nelle norme di previsione delle condizioni di insorgenza del di
ritto a quelle prestazioni, come emendate da codesta sentenza,
eccezion fatta per quegli aspetti della fattispecie costitutiva che
risultino essi stessi regolati dalla suddetta disciplina; — un'eccezione del genere è rinvenibile in ordine all'accer
tamento del requisito reddituale alla cui presenza la stessa sen
tenza n. 240 del 1994 ha condizionato la possibilità di fruizione, da parte del pensionato, del regime di «cristallizzazione» del
l'importo integrativo attinto al 30 settembre 1983: invero il
nuovo testo dell'art. 1, comma 182, 1. 23 dicembre 1996 n. 662,
infatti, intervenendo al riguardo, espressamente dispone in ordi
II Foro Italiano — 2004.
ne ai criteri con i quali deve essere condotta la verifica di quel
requisito, in tal guisa incidendo su di una condizione dell'azio
ne, ossia sulla fattispecie costitutiva del diritto rivendicato;
donde la conseguenza che quante volte il giudizio abbia ad og
getto, come nella specie, la conservazione della prestazione in
tegrativa «cristallizzata» alla suddetta data, tante volte si confi
gura una «questione di cui all'art. 1, comma 182, 1. n. 662 del
1996», sotto il profilo dell'accertamento del requisito reddituale
ivi disciplinato, e, quindi, anche una delle questioni con riferi mento alle quali è formulata la previsione di estinzione dei giu dizi pendenti;
— viceversa la previsione di estinzione non riguarda affatto
la questione concernente il diritto all'integrazione al trattamento
minimo anche su di una seconda (o ulteriore) pensione (né
quella di quantificazione degli accessori spettanti, per interessi e
rivalutazione sui relativi ratei arretrati) per il periodo anteriore
al 30 settembre 1983 e cioè all'introduzione del divieto di du
plicazione del beneficio, essendo esse del tutto estranee al nove
ro di quelle di cui ai commi 181 e 182 dell'art. 1 1. n. 662 del
1996 ed in particolare all'ambito oggettivo di incidenza delle
sentenze della Corte costituzionale n. 495 del 1993 (id., 1995,1,
1137) en. 240 del 1994. Nel caso di specie, la ricorrente precisa
— e l'allegazione trova conferma nella sentenza impugnata
— che la sentenza
pretorile aveva accertato la sussistenza del diritto all'integrazio ne nonché quello alla c.d. cristallizzazione (conservazione, fino
a riassorbimento, dell'importo integrativo conseguito alla data
del 30 settembre 1983); e che su tutte queste statuizioni erano
intervenuti il gravame principale dell'Inps, nonché quello inci
dentale dell'assicurata, concernente la mancata attribuzione
della rivalutazione delle somme dovute per ratei arretrati.
Tale essendo l'oggetto del giudizio, ne discende, alla stregua dei principi ora esposti, che la declaratoria di estinzione è stata
erroneamente pronunciata con riguardo alla controversia in tema
di integrazione al minimo e di accessori sui relativi ratei arre
trati, mentre ha coerentemente investito la questione di cristal
lizzazione e quella di spettanza della rivalutazione dei ratei ar
retrati di tale prestazione. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata per la
parte in cui ha esteso la declaratoria di estinzione ad una situa
zione processuale diversa da quella oggetto della citata norma di
previsione. Si impone il rinvio della causa ad altro giudice, affinché esa
mini le suindicate questioni concernenti l'integrazione al mini
mo e gli accessori sui relativi ratei, già oggetto del giudizio di
gravame illegittimamente conclusosi, in parte qua, con pronun cia di mero rito.
Allo stesso giudice — che si designa nella corte di Catanzaro,
in funzione di giudice del lavoro, in quanto, a seguito dell'en
trata in vigore del d.leg. n. 58 del 1998 e successive modifica
zioni la competenza a conoscere del gravame avverso le senten
ze emesse dal pretore è stata attribuita alla corte d'appello, salve
le eccezioni di cui agli art. 134 bis e 135, lett. a), stesso decreto,
di guisa che la cassazione della sentenza emessa dal tribunale in
grado d'appello comporta il rinvio della causa alla corte sud
detta (Cass., sez. un., 28 settembre 2000, n. 1044/SU, id., 2000,
I, 3462) — si rimette altresì, ai sensi dell'art. 385, 3° comma,
c.p.c., il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
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