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Sezione lavoro; sentenza 27 maggio 1982, n. 3263; Pres. Buffoni, Est. Tridico, P. M. Leo (concl....

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Sezione lavoro; sentenza 27 maggio 1982, n. 3263; Pres. Buffoni, Est. Tridico, P. M. Leo (concl. conf.); Soc. Fonderie officine meccaniche Bongiovanni (Avv. Elefante, Manni) c. Dalmasso e altri (Avv. Cravero, Geraci). Conferma Trib. Cuneo 14 luglio 1977 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 141/142-145/146 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176837 . Accessed: 25/06/2014 02:56 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.143 on Wed, 25 Jun 2014 02:56:01 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione lavoro; sentenza 27 maggio 1982, n. 3263; Pres. Buffoni, Est. Tridico, P. M. Leo (concl.conf.); Soc. Fonderie officine meccaniche Bongiovanni (Avv. Elefante, Manni) c. Dalmasso ealtri (Avv. Cravero, Geraci). Conferma Trib. Cuneo 14 luglio 1977Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 141/142-145/146Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176837 .

Accessed: 25/06/2014 02:56

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

o a termine, o rapporto con elementi della condizione e del ter

mine al tempo stesso e cosi via), non v'è dubbio che esso si pon

ga come momento preliminare rispetto al rapporto definitivo di

lavoro a tempo indeterminato, in relazione al quale esplica una

funzione strumentale e preparatoria, essendo volta a segnalare fatti e circostanze rilevanti ai fini della formulazione del giudi zio del datore sul risultato dell'esperimento.

La libera recedibilità nel periodo di prova è ora venuta meno, ma è certo erroneo ritenere che, nel sistema attuale, la recedi bilità del datore sia legittimata soltanto ed esclusivamente da una situazione di incapacità professionale del lavoratore.

Questa tesi — su cui il ricorrente insiste anche nella memo ria — è resistita non solo dalla sentenza n. 189 la quale fa espresso riferimento al « comportamento » del lavoratore, oltre che alle sue « quàlità professionali», ma dai principi generali, non po tendosi seriamente contestare che anche nel rapporto di lavoro in prova — anzi soprattutto nel rapporto in prova — il dipen dente sia tenuto all'adempimento dei fondamentali obblighi di

fedeltà, di diligenza e di correttezza, obblighi che, nel rapporto di lavoro subordinato, investono non solo e non tanto la presta zione lavorativa, ossia l'adempimento dell'obbligazione di lavoro,

quanto e soprattutto la personalità complessiva del lavoratore

subordinato.

In altre parole, a parte la questione della imputabilità del li

cenziamento ad un motivo illecito, il potere discrezionale dell'im

prenditore riflette l'accertamento e la valutazione non soltanto

degli elementi di fatto concernenti la capacità professionale del

lavoratore ma anche gli elementi concernenti il comportamento

complessivo dello stesso, quale è desumibile anche dalla sua

correttezza e dal modo con cui si manifesta, nelle relazioni so

ciali, la sua personalità.

Pertanto, il ricorso va rigettato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 27 maggio

1982, n. 3263; Pres. Buffoni, Est, Tridico, P. M. Leo (conci,

conf.); Soc. Fonderie officine meccaniche Bongiovanni (Avv.

Elefante, Manni) c. Dalmasso e altri (Avv. Cravero, Geraci).

Conferma Trib. Cuneo 14 luglio 1977.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Diritto della

rappresentanza sindacale aziendale all'informazione — Compe

tenza per materia del giudice del lavoro — Fattispecie (Cod.

proc. civ., art. 409, 413). Sindacati — Rappresentenza sindacale aziendale — Diritto al

l'informazione sul lavoro straordinario svolto dal singolo di

pendente — Legittimazione (Cod. proc. civ., art. 81).

Appartiene alla competenza per materia del giudice del lavoro

la domanda proposta dai membri di una rappresentanza

sindacale aziendale per l'attuazione del diritto della rappresen

tanza sindacale aziendale a ricevere informazioni (nella specie

sul lavoro straordinario, con il conteggio delle ore già prestate

da ciascun dipendente) anche quando tale controversia esula

dalle previsioni dell'art. 28 dello statuto dei lavoratori. (1)

La rappresentanza sindacale aziendale è legittimata ad agire in

giudizio per l'attuazione del diritto all'informazione ad essa

riconosciuto dal contratto collettivo in ordine al lavoro straor

dinario svolto dai singoli dipendenti. (2)

(1-2) Per quanto riguarda le questioni di competenza (e conse

guentemente di rito) non è la prima volta che la giurisprudenza si

trova a dover precisare i confini della nozione « controversia indi

viduale di lavoro » con riferimento ora all'oggetto, ora ai soggetti,

ora ad entrambi gli elementi. Con riguardo all'oggetto della con

troversia, si possono ricordare (per riferimento) le sentenze relative

alle invenzioni occasionalmente concepite dal lavoratore in costanza

di rapporto: Cass. 23 aprile 1979, n. 2276, Foro it., 1979, 1, 1416,

con nota di richiami, cui adde Trib. Milano 8 febbraio 1978 e Pret.

Bergamo 15 maggio 1978, id., Rep. 1978, voce Lavoro (controversie), nn. 47, 48. Con riguardo ai soggetti della controversia, si possono

segnalare Cass. 28 maggio 1980, n. 3524, id., Rep. 1980, voce cit.,

n. 51 (su una controversia, relativa al diritto all'assunzione, vertente

tra gruppi industriali), App. Firenze 15 ottobre 1979, ibid., n. 59

(su una causa per danni da sciopero proposta contro la r.s.a.) oltre

alle sentenze relative agli aventi causa dalle parti originarie del

rapporto (Cass. 24 gennaio 1980, n. 595, ibid., n. 44; 12 luglio

1978, n. 3527 e 25 agosto 1978, n. 3980, id., Rep. 1978, voce cit.,

nn. 79, 80). Le questioni soggettive e oggettive si intrecciano (infine) in Cass.

22 ottobre 1981, n. 5550, id., Rep. 1981, voce cit., n. 54 (domanda di risarcimento danni da sciopero proposta contro non dipendenti) e nelle sentenze relative all'opposizione al decreto ex art. 28 1. 20

Motivi della decisione. — La società ricorrente censura l'im

pugnata sentenza con quattro mezzi di annullamento.

Col primo — deducendo violazione e falsa applicazione degli art. 409, 413 c.p.c. nel testo novellato dalla 1. 11 agosto 1973 n. 533 e 81 c.p.c., nonché dell'art. 1387 c.c. in relazione all'art. 360, nn. 2, 3 e 5, c.p.c. — si duole che il tribunale, pur avendo rico

nosciuto che il petitum della proposta azione esula dalla ipotesi di cessazione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 dello

statuto dei lavoratori, abbia identificato nella lite gli elementi di

una vera e propria controversia di lavoro, come tale disciplinata dall'art. 409 c.p.c.

Cosi' giudicando, il tribunale ha errato nella qualificazione della pretesa dedotta in giudizio, perché ha attribuito alla r.s.a. l'esercizio di diritti spettanti ai singoli lavoratori, mentre in realtà essa ha fatto valere un diritto sindacale spettante alla stessa r.s.a. di cui gli attori sono componenti; e dall'altro la sentenza, rico noscendo alla predetta r.s.a. la legittimazione attiva a far valere in giudizio diritti che spettano solo ai singoli lavoratori uti sin

guli ha macroscopicamente violato l'art. 81 c.p.c. Il sindacato, di

cui la r.s.a. è una articolazione — cosi' la ricorrente — non ha, nel nostro ordinamento giuridico, alcuna rappresentanza legale o necessaria dei lavoratori (siano ad esso associati o meno), e

non ha alcuna legittimazione ad esercitare azioni ad essi spettanti. Se dunque gli attori, quali componenti della r.s.a., avessero sol

levato realmente, con la loro azione, pretese personali dei lavora

tori per conseguire « effetti sul rapporto di lavoro », mediante

una certa interpretazione dell'art. 8 c.c.n.l. e dei relativi criteri

da assumere per il calcolo dello straordinario, il tribunale avreb

be dovuto accogliere l'eccezione di difetto di legittimazione attiva.

Gli attori, dunque, hanno fatto valere in giudizio un diritto del sindacato - istituzione. E poiché sussiste controversia indi

viduale di lavoro solo allorché si fanno valere diritti che siano

dipendenti dal rapporto di lavoro, si è fuori delle tassative ipo tesi di cui all'art. 409 c.p.c. ogniqualvolta un'articolazione sinda

cale faccia valere in giudizio diritti propri del sindacato-istitu

zione. (Omissis)

Il ricorso non è fondato. Le questioni che la ricorrente sotto

pone all'esame di questa corte riguardano l'incompetenza del giu dice del lavoro ed il difetto di legittimazione processuale attiva

della rappresentanza sindacale aziendale presso la s.p.a. Fonderie

officine meccaniche Bongiovanni. Problema da esaminare in via

preliminare è quello concernente la qualificazione della pretesa dedotta in giudizio.

Giova al riguardo premettere che l'art. 8 del c.c.n.l. 1° maggio 1976 per i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica privata ed alla installazione di impianti prevede che il lavoro straordi

nario sia contenuto nei limiti massimi di due ore giornaliere ed

otto ore settimanali, con un limite massimo complessivo di 150

ore annuali per ciascun lavoratore ed inoltre che, salvo casi ecce

zionali ed imprevedibili, la direzione dell'azienda darà informa

zioni preventive del lavoro straordinario, di norma in apposito

incontro, alla r.s.a.

Il tribunale — dopo aver premesso che l'informazione alla r.s.a.

del lavoro straordinario va riguardata sotto il duplice aspetto for

male e sostanziale, attenendo il primo al tempo ed al modo della

comunicazione ed il secondo agli effetti che ne scaturiscono sul

rapporto di lavoro, in conseguenza di una diversa applicazione dei criteri da assumersi per il calcolo delle ore straordinarie —

rileva che i due aspetti appaiono palesemente inscindibili per cui la doglianza della violazione dei predetti criteri, previsti da

maggio 1970 n. 300 prima dell'entrata in vigore della 1. 847/1977 (sull'argomento v. Cass. 20 aprile 1979, n. 2217, id., 1979, I, 1429, con nota di ulteriori richiami).

Spostando l'attenzione sulle questioni di legittimazione, di cui alla seconda massima, si possono consultare Cass. 19 febbraio 1982, n. 1067, id., 1982, I, 1610; 22 dicembre 1981, n. 638, ibid., 1628, e Cass. 28 maggio 1980, n. 3514, id., Rep. 1980, voce Sindacali, n. 87.

A proposito della violazione del diritto all'informazione si vedano

(tutte pronunciate in procedimenti per la repressione di comporta mento antisindacale) Pret. Genova 12 dicembre 1981 e Pret. Milano 5 dicembre 1981 (id., 1982, I, 568 e 571); App. Napoli 15 settem bre 1980 (id., 1981, I, 528); Pret. Bergamo 9 luglio 1980 (id., Rep. 1981, voce cit., n. 127); Pret. Castiglione delle Stiviere 19 febbraio 1981 (ibid., n. 151). Sulla possibilità di far valere con ricorso ordi nario i diritti derivanti dall'art. 28 dello statuto si veda infine (an che se la questione è estranea all'iter logico della decisione qui ri

portata) Pret. Pisa 22 luglio 1978, id., 1980, I, 1504. Nel senso che il rapporto associativo non è da solo sufficiente, in

mancanza di uno specifico mandato, ad investire il sindacato di po teri rappresentativi in ordine alla tutela di diritti esclusivi dei singoli affiliati cfr. da ultimo la nota di richiami a Cass. 4507/1982, id., 1982, I, 2443.

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143 PARTE PRIMA

norme contrattuali, può essere legittimamente proposta dal sog

getto destinatario dell'informazione e processualmente fatta va

lere in giudizio col rito che è proprio delle controversie disci

plinate dall'art. 409 c.p.c. L'affermazione si sottrae ad ogni censura. Ed invero poiché la

pretesa all'informativa, attribuita alla r.s.a. dal contratto nazio nale di lavoro del 1° maggio 1976, inerisce all'attuazione del rap

porto di lavoro in esame, riflettendo più precisamente un ele mento fondamentale di esso, ossia quello della retribuzione, non

può esservi alcun dubbio che la controversia rientra nello sche ma dei « rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di un'impresa», di cui all'art. 409, n. 1, c.p.c.

La connotazione oggettiva della pretesa dedotta in giudizio, ri

sultante appunto dalla informativa in ordine all'attribuzione con

creta delle ore di lavoro straordinario non lascia alcun margine di dubbio sulla natura giuridica dell'azione proposta.

Deve qualificarsi controversia individuale di lavoro ai sensi del n. 1 dell'art. 409 c. p. c., nel testo novellato dalla 1. 11 agosto 1973 n. 533, ogni controversia che riguardi non solo la costitu

zione, lo svolgimento, l'estinzione del rapporto di lavoro subor

dinato privato ma anche situazioni che siano sorte in dipendenza del rapporto stesso. L'individuazione della controversia di lavoro

va effettuata in relazione al petitum ed alla causa petendi, che

reciprocamente si integrano, sicché a radicare la competenza del

giudice del lavoro condizione necessaria e sufficiente è che la pre tesa fatta valere concerna l'oggetto ed il contenuto del rapporto,

quale che sia in concreto la peculiarità della pretesa ed anche se

il soggetto titolare di essa non sia parte in senso tecnico del rap

porto di lavoro subordinato (datore e prestatore di lavoro).

Tra le controversie di cui al n. 1 dell'art. 409 c. p. c. rientra

perciò anche quella promossa da colui che — pur non essendo

parte del rapporto — è tuttavia titolare, in base alla particolare

disciplina di esso, di una posizione giuridica soggettiva (nella

specie, diritto all'informativa della prestazione del lavoro straordi

nario dei dipendenti di una azienda) che inerisce alla concreta

attuazione del rapporto stesso.

Non vi è poi alcuna contraddizione nel fatto che il tribunale abbia qualificato la controversia di lavoro, pur avendo ricono sciuto che il petitum — cosi la ricorrente — esula dalla ipotesi di cessazione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 dello statuto dei lavoratori.

In realtà il tribunale con sufficiente linearità ha dato atto che il petitum esula dallo schema dell'art. 28 cit., risolvendosi nel conseguimento di una pretesa derivante dal contratto e che

appropriato era il rito instaurato, avuto riguardo alla titolarità della r.s.a. della tutela dei diritti dei suoi associati per il caso in cui le violazioni di norme contrattuali importino, come nella

specie, una discriminazione del trattamento economico, connessa all'arbitrarietà delle assegnazioni di ore straordinarie eccedenti i limiti previsti dall'art. 8 del contratto stesso.

II richiamo all'art. 28 non è poi, sotto l'altro profilo dedotto dalla ricorrente, affatto conferente.

La condotta antisindacale non si identifica con la violazione di meri interessi patrimoniali o morali dei singoli lavoratori, ma si concreta, invece, in atti diretti a colpire o a limitare l'eserci zio dei diritti di libertà e lo svolgimento dell'attività sindacale.

Sotto il profilo sia sostanziale che processuale, la tutela offerta dall'art. 28 1. 20 maggio 1970 n. 300 è limitata, dal lato attivo,

agli organismi locali delle associazioni sindacali che vi abbiano interesse e, dal lato passivo, al datore di lavoro che, all'interno di una determinata azienda, pone in essere comportamenti diretti ad impedire o a limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sin dacale nonché del diritto di sciopero.

In altri termini, nella repressione della condotta antisindacale, il fondamento dell'azione riposa sulla violazione di norme costi tuzionali o, quanto meno, generali dell'ordinamento ma non su

quella di diritti o, comunque, di posizioni giuridiche soggettive di origine contrattuale, cui soccorre la normale tutela giurisdi zionale del rapporto di lavoro.

Detta norma, pertanto, non può essere Invocata per la repres sione di comportamenti che, nella composizione di conflitti di lavoro e nell'esercizio dell'autonomia collettiva, le rappresentanze sindacali aziendali dei lavoratori abbiano assunto nei confronti del datore di lavoro.

Del pari infondata è l'eccezione di difetto di legittimazione at tiva della r.s.a.

Non è anzitutto vero che la sentenza abbia attribuito alla r.s.a. diritti che spettano ai lavoratori uti singuli-, ove questo avesse fatto, avrebbe sicuramente violato l'art. 81 c.p.c., a nor ma del quale, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.

Il divielo della sostituzione processuale — derogato solo nei

casi espressamente previsti dalla legge — non risulta affatto de

rogato neanche a favore di associazioni sindacali, nel sistema

introdotto dallo statuto dei lavoratori.

Il diritto ad essere informato in ordine al lavoro straordina

rio ed il correlativo obbligo giuridico di eseguire tale presta zione relativamente al rapporto di lavoro intercorrente tra la so

cietà F.o.m.b. ed i suoi dipendenti ha, come soggetti, la rappre sentanza sindacale aziendale e, rispettivamente, la direzione del

l'azienda stessa.

Tali situazioni giuridiche soggettive — attiva e passiva — scatu riscono direttamente e immediatamente dal contratto collettivo 1°

gennaio 1976 e precisamente dal 5° e 6° comma dell'art. 8.

Ond'è che, di fronte a questo incontestabile dato di fatto, è del tutto vana ogni discussione sulla distinzione tra parte c. d.

obbligatoria e parte c. d. normativa, giacché la r.s.a., deducendo in giudizio la tutela della posizione giuridica che il contratto direttamente le attribuiva, non ha fatto altro che invocare la tutela giurisdizionale di questa posizione soggettiva.

Indubbiamente è nel vero la ricorrente allorché afferma che il sindacato (di cui la r.s.a. è pacificamente un'articolazione) non ha alcuna rappresentanza legale o necessaria dei lavoratori, siano ad esso associati o meno.

L'art. 39 Cost, sancisce la piena libertà di organizzazione dei

sindacati, ma non attribuisce ad essi poteri di rappresentanza, quantomeno fino a che non saranno registrati. Alle associazioni

sindacali non spetta il potere di agire in giudizio per far valere, nell'interesse dei lavoratori, diritti nascenti da un contratto col

lettivo di lavoro, in quanto le dette associazioni non hanno la titolarità del rapporto controverso (v. sent, di questa corte 28

maggio 1980, n. 3514, Foro it., Rep. 1980, voce Sindacati, n. 87). Ma, nel caso di specie, la r.s.a. ha agito per la tutela di un

interesse che, pur riflettendosi nella sfera giuridica dei vari lavo ratori — il che è tipico della funzione sindacale — è da quali ficare proprio della rappresentanza stessa.

Al riguardo è da osservare che lo statuto dei lavoratori pre vede la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali su iniziativa dei lavoratori, nell'ambito delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano na zionale o di quelle firmatarie di contratti collettivi nazionali o pro vinciali applicati nell'unità produttiva (art. 19). Oltre ai compiti ed ai diritti specificamente attribuiti ad esse in via esclusiva o

quanto meno primaria nell'ambito delle singole unità produttive, debbono essere rammentate quelle situazioni da cui scaturiscono,

presso i luoghi di lavoro, interessi superindividuali in relazione ai quali anche la comune esperienza porta a riconoscere negli organismi sindacali locali gli strumenti più efficienti di garanzia.

In linea di massima può dirsi che nessun organismo risponda meglio dell'articolazione sindacale a carattere locale: questa può essere in grado di svolgere adeguati e tempestivi interventi in di fesa dei lavoratori in relazione a quelle attività che essi com

piono, non nel loro interesse, ma per finalità sindacali (quali, ad esempio, la costituzione di nuove associazioni, l'adesione ad esse e lo svolgimento nei luoghi di lavoro delle conseguenti atti vità: art. 14, 20, 27 I. 20 maggio 1970 n. 300).

Esiste nel sistema la tendenza del legislatore ad attribuire a siffatte articolazioni sindacali locali, funzioni di rappresentanza dell'intera collettività dei lavoratori dell'unità produttiva o comun

que poteri il cui esercizio spieghi efficacia nei confronti di tutti i lavoratori.

Prescindendo dalle varie implicazioni che il tema comporta, v'è da dire che — ove il problema della legittimazione ad agire di tali organismi non venga testualmente risolto dalla legge (come è avvenuto appunto con la disposizione dell'art. 28 dello statuto che esplicitamente attribuisce la legittimazione ad agire agli « or

ganismi locali delle associazioni sindacali nazionali»; legittima zione che, secondo la sentenza 29 marzo 1979, n. 1826 in questa corte, id., 1979, I, 1443, compete all'articolazione più periferica che l'associazione medesima abbia nella propria struttura, come

tale più vicina alle concrete situazioni di lavoro che debbono

essere tutelate) — il problema stesso è agevolmente risolvibile

alla stregua dei principi generali. Ed ..allora se — portando l'esame sul caso di specie — la

rappresentanza sindacale aziendale costituita presso la F.o.m.b. è titolare del diritto — nascente dal contratto — ad essere in formata dalla direzione dell'azienda (tenuta al correlativo obbli

go) in ordine al riparto del lavoro straordinario, è evi dente che, in base ai principi, la titolarità del relativo

rapporto e la sua contestazione sono le condizioni neces sarie e sufficienti per radicare in capo ad essa la legittima zione ad agire.

Compito del giudice di merito, in siffaita situazione, è quello

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di controllare se ad agire sia la rappresentanza sindacale locale

costituita presso l'azienda e se essa sia articolazione di associa

zioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale o di associazioni sindacali che — benché

non affiliate alle predette confederazioni — siano firmatarie di

contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nella

unità produttiva. Ove a ciò sia stato adempiuto, il giudice di merito non è te

nuto a disporre — ove non vi siano contestazioni e manchino

contrarie risultanze processuali — specifiche indagini circa la

veridicità della qualità dell'articolazione sindacale aziendale e

delle persone fisiche che agiscono per essa (cfr. sent, di questa corte 4 marzo 1978, n. 1251, id., Rep. 1978, voce Procedimento

civile, n. 17). (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 24 mag gio 1982, n. 3168; Pres. Granata, Est. R. Sgroi, P. M. Canta galli (conci, conf.); Bozzoli (Avv. Cianfrccca, Ghidini) c. Esattoria di Bagnolo Cremasco (Avv. Varano, Bravi), Marazzi

(Avv. Marinangeli, Pf.llegatta). Conferma App. Brescia 8 marzo 1979.

Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Riscossione delle

imposte — Vendita forzata — Invalidità del procedimento ese cutivo — Opponibilità al terzo acquirente — Applicabilità della

disciplina ordinaria — Effetti (Cod. civ., art. 2929; cod. proc. civ., art. 617; d. p. r. 29 gennaio 1958 n. 645, t. u. delle leggi sulle imposte dirette, art. 209, 233; d. p. r. 29 settembre 1973 n. 602, disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, ari. 54, 81).

L'inefficacia, nei confronti dell'aggiudicatario, delle eventuali nul lità del procedimento esecutivo, sancita dall'art. 2029 c.c., opera anche nella esecuzione esattoriale, anche se in questa sede sono precluse le opposizioni agli atti esecutivi; conseguentemen te è pregiudiziale all'esame delle nullità la prova della collu sione tra acquirente ed esattore (nella specie, il ricorrente de nunciava l'erronea indicazione della data della vendita nell'av viso d'asta, la conseguente inesistenza del pignoramento e della

aggiudicazione e, quindi, l'inoperatività delle preclusioni di cui all'art. 2929 c.c., ma la corte ha ritenuto che l'unico ele mento essenziale per l'esistenza del pignoramento, nell'esecu zione ordinaria e in quella esattoriale, sia l'ingiunzione e che,

pertanto, la prova della collusione fosse un presupposto irri nunciabile per la dichiarazione di nullità della vendita). (1)

(1) Per l'applicabilità dell'art. 2929 c.c. anche alla esecuzione esat toriale, v., citate in motivazione, Cass. 18 gennaio 1971, n. 86, Foro it., Rep. 1971, voce Riscossione delle imposte, n, 84 bis-, 27 gennaio 1959, n. 223, id., Rep. 1959, voce Esazione delle imposte, n. 41; 9 gennaio 1959, n. 22, ibid., n. 39.

In riferimento al procedimento esecutivo ordinario, nel senso che le limitazioni previste per la rilevabilità della nullità della vendita ope rano soltanto per le nullità del procedimento esecutivo che si esten dono alla vendita o alla assegnazione, mentre le nullità di queste ultime possono essere tempestivamente fatte valere ai sensi dell'art. 617 c.p.c., v. Cass. 12 aprile 1980, n. 2339, id., Rep. 1980, voce Ese cuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 34; 6 gennaio 1979, n. 58, id., 1980, I, 216; 24 luglio 1S72, n. 2459, id., 1972, I, 2981, che ha precisato che il provvedimento opponibile ai sensi dell'art. 617

j.p.c. è l'ordinanza di aggiudicazione; 17 giugno 1966, n. 1569, id., 1967, I, 1038; 15 giugno 1964, n. 1499, id., 1964, I, 1985, con nota di G. Bcrrè, Opposizione agli atti esecutivi per inesistenza del pigno ramento: quest'ultima decisione ha indicato nell'ordinanza che auto rizza la vendita l'ultimo provvedimento opponibile ai sensi dell'art. 617 c.p.c., a causa della invalidità di atti anteriori; v. anche, sui ter mini per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il provve dimento di vendita, Cass. 27 gennaio 1982, n. 551, id., 1982, 1, 1316, che, in motivazione, ha affermato: « La mancata esecuzione della

pubblicità ordinaria prescritta dalla legge e di quella straordinaria

disposta dal giudice costituisce un vizio di legittimità dell'ordinanza di

aggiudicazione che può essere fatto valere, come motivo di opposizione, solo contro detta ordinanza, quale unico vero atto esecutivo, che

conclude la fase processuale di vendita »; ancora sulla necessità di

proporre tempestivamente opposizione agli atti esecutivi avverso que

gli atti o quei provvedimenti viziati per violazione del principio del

contraddittorio, v. Trib. Massa 29 marzo 1978, id., Rep. 1980, voce

cit., n. 42, e in Riv. dir. proc., 1S80, 182, con nota di Allorio, Que stioni in tema di decreto di trasferimento nell'esecuzione forzata im

mobiliare: la sentenza ha escluso che la mancata audizione del debi

tore ai sensi dell'art. 590 c.p.c. tra il primo e il secondo incanto dia

luogo ad una nullità rilevabile oltre i limiti fissati dall'art. 617 c.p.c.

o, comunque, si estenda agli atti successivi. Nel senso, tuttavia, che la nullità assoluta dell'assegnazione o della

Motivi della decisione. — Col primo motivo, la Bozzoli deduce

la violazione dell'art. 2929 c.c., in relazione agli art. 220 a 242

t. u. imposte dirette n. 645/1958, in tema di nullità dell'asse

gnazione conseguita ad espropriazione immobiliare esattoriale, osservando che l'eccezione alla regola generale (secondo cui la

invalidità di un atto della procedura dà luogo all'invalidità degli atti successivi) trova eccezione nell'art. 2929 c.c., che deve essere

quindi interpretato restrittivamente, limitandolo all'ipotesi di nul lità in senso tecnico, nel senso che l'art. 2929 c.c. è applicabile soltanto quando vi sia stata nullità degli atti antecedenti, non an che quando un atto antecedente sia inesistente. E poiché nella

procedura immobiliare esattoriale il pignoramento si effettua con la trascrizione dell'avviso d'asta (art. 233 t.u.) e nella specie l'av

viso d'asta — in base al quale si era proceduto all'incanto del

vendita può essere fatta valere anche oltre i limiti di cui all'art. 617

c.p.c. e può essere rilevata d'ufficio dal giudice, v. Cass. 5 novembre 1981, n. 5845, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 12, secondo la quale l'inesistenza dell'assegnazione ricorre « allorché l'atto sia strutturato in modo da non presentare alcuna rispondenza col modello norma

tivo»; 22 dicembre 1977, n. 5697, id., Rep. 1977, voce cit., n. 14. Nel senso che l'art. 2929 c.c. riesce inapplicabile allorché sia stata

proposta opposizione alla esecuzione o opposizione agli atti esecutivi e tali domande siano accolte, v. Cass. 17 maggio 1979, nn. 2843 e 2844, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 9, 10, in riferimento alla domanda di con versione del pignoramento; 19 maggio 1977, n. 2068, id., 1979, I, 1083, in riferimento all'accoglimento dell'opposizione agli atti esecutivi: v., infine, Cass. 4 giugno 1969, n. 1968, id., 1969, I, 1642, secondo la

quale la sentenza che accoglie l'opposizione alla esecuzione travolge gli effetti della vendita.

Per l'applicabilità dell'art. 2929 c.c. alle procedure concorsuali, v.

Cass. 11 giugno 1980, n. 3715, id., Rep. 1980, voce cit., n. 48; 6 gen naio 1979, n. 58, cit.

In dottrina, da ultimi, v. Allorio, Questioni in tema di decreto di

trasferimento, cit.; nonché per un approfondito riesame del problema relativo alla individuazione del momento nel quale si verifica il tra

sferimento del diritto sul bene espropriato, Cerino Canova, Vendita

forzata ed effetto traslativo, in Riv. dir. civ., 1980, I, 137 ss.

Secondo gli indicati indirizzi giurisprudenziali, dunque, nei proce dimenti esecutivi ordinari, gli effetti della vendita o dell'assegnazione possono essere travolti su iniziativa del debitore solo se ed in quanto vi sia stata collusione tra creditore e terzo acquirente, allorché si sia verificata una nullità di atti del procedimento anteriori alla vendita stessa e tale nullità non sia stata tempestivamente fatta valere ai sensi dell'art. 617 c.p.c.; l'inefficacia della vendita prescinde, invece, dalla collusione o dal dolo ex art. 2929 c.c., allorché a) il vizio degli atti

anteriori sia stato fatto valere tempestivamente ai sensi dell'art. 617

c.p.c.; b) la nullità riguardi proprio l'atto di vendita o di assegnazione e sia stata fatta valere tempestivamente ai sensi dell'art. 617 c.p.c.; c) la nullità riguardi proprio l'atto di vendita o di assegnazione e sia tale da impedirgli di conseguire il suo scopo, cosicché il rilievo di

essa prescinde dai limiti di cui all'art. 617 c.p.c. Ne consegue che, nei procedimenti esecutivi ordinari, le limitazioni imposte dall'art.

2929 c.c. non si giustificano soltanto in base alla esigenza « di garan tire al risultato, raggiunto attraverso la vendita o le assegnazioni for

zate, la massima stabilità possibile » (cosi C. Micheli, Dell'esecuzione

forzata, in Commentario, a cura di Scialoia e Branca, 1969, 163 ss.), ma anche in base alla considerazione che il debitore non ha fatto

tempestivamente uso dei mezzi di difesa a sua disposizione: se cioè

il debitore non ha proposto opposizione agli atti esecutivi avverso gli atti anteriori alla vendita, non può più denunciare i vizi di questa, a meno che la nullità degli atti anteriori non sia l'effetto del dolo o

della collusione. Questo sembra essere il senso dell'interpretazione dell'art. 2929

c.c. fornita dalla giurisprudenza: da ultimo, sull'art. 617 c.p.c., v.

Mandrioli, Opposizione alla esecuzione e agli atti esecutivi, voce

dell'Enciclopedia del diritto, 1980, XXX, 450 ss.

Queste considerazioni, tuttavia, non possono essere estese alla ese

cuzione esattoriale: qui non è consentito al debitore di reagire con

tro gli eventuali vizi del procedimento; da ultimo, nel senso della le

gittimità costituzionale di tale disciplina, v. Corte cost. 1° aprile 1982, n. 63, Foro it., 1982, 1, 1216, con ampia nota di richiami ed osserva

zioni di A. Proto Pisani. L'unico rimedio giurisdizionale offerto al

debitore consiste nell'azione di danni nei confronti dell'esattore ad

esecuzione conclusa: v., fra le ultime, Trib. Civitavecchia 16 giugno 1980, id., Rep. 1980, voce Riscossione delle imposte, nn. 80, 81, che

ha dichiarato improcedibile la domanda di risarcimento proposta pri ma della conclusione della procedura esecutiva; in dottrina, anche da

ultimo, v. G. Bcrtoluzzi, Risarcimento danni per provata responsa bilit' dell'esattore, in Giust. trib., 1980, 552. Il che sembra implicare ■.he le limitazioni di cui all'art. 2929 c.c., giustificate dalla giurispru denza nei processi esecutivi ordinari per il mancato esercizio dell'op

posizione agli atti esecutivi, nella esecuzione esattoriale hanno esclu

sivamente la funzione di far salvi gli effetti della vendita nei confronti

del terzo acquirente, ma non precludono affatto al debitore di agire

per i danni nei confronti dell'esattore ai sensi dell'art. 54, 3° comma,

d.p.r. 602/1973 in tutte quelle ipotesi in cui, nei procedimenti ordi

nari, è offerto al debitore il rimedio preventivo della opposizione agli atti esecutivi.

G. Costantino

Il Foro Italiano — 1983 — Parte /-io.

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