sezione lavoro; sentenza 27 maggio 1998, n. 5248; Pres. Lanni, Est. Santojanni, P.M. De Gregorio(concl. conf.); Istituto di previdenza per il settore marittimo (Avv. Formica, Perrino) c.Demetrio (Avv. Agostini). Conferma Trib. Bari 23 settembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1581/1582-1585/1586Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193484 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
c.c. attua una forma di inversione dell'onere della prova, stabi
lendo la presunzione che l'evento dannoso, verificatosi durante
l'affidamento, è dovuto a inosservanza del dovere di vigilanza e prevedendo il superamento della presunzione con la dimostra
zione dell'impossibilità di impedire l'evento. I motivi, che si esaminano congiuntamente per il rapporto
di complementarietà, sono fondati.
Nella mutata realtà sociale il principale ambito di applicazio ne della responsabilità, prevista dall'art. 2048, 2° comma, c.c.,
è diventato la scuola, con coinvolgimento diretto della pubblica
amministrazione o del privato, che la gestisce. La responsabilità della pubblica amministrazione è costruita
come riflesso di quella del personale scolastico.
Lo strumento tecnico-giuridico adoperato è il rapporto orga
nico, che comporta immedesimazione dell'attività dell'organo
con quella della pubblica amministrazione (cfr. — tra tutte —
Cass. 9 aprile 1973, n. 997, id., 1973, I, 3091). La tendenza legislativa è nel senso della sostituzione dell'am
ministrazione al personale scolastico quale soggetto passivo del
l'azione di danno.
Ne sono espressione la 1. 11 luglio 1980 n. 312, e le successive
disposizioni (d.leg. 16 aprile 1994 n. 297), che, diversamente da quanto sostenuto dal p.m., non limitano la responsabilità
verso il danneggiato ai casi di dolo o colpa grave, ma concedo
no azione allo stesso nei confronti della sola amministrazione,
con esclusione dell'azione verso il personale scolastico, stabilita
dalla legislazione precedente (t.u. del 1957, art. 22 e 23), e con
previsione dell'azione di rivalsa dell'amministrazione, che abbia
risarcito il danno, limitatamente alle ipotesi di dolo o colpa gra
ve del detto personale. In dottrina, si è prospettata l'idea che prevalente funzione
della responsabilità per i danni cagionati dall'allievo sia quella
di garanzia; in giurisprudenza, si continua a costruire la respon
sabilità sull'obbligo di sorveglianza dell'allievo ed a fondare la
fattispecie risarcitoria sulla presunzione di negligente adempi
mento di esso (cfr. Cass. 1° agosto 1995, n. 8390, id., Rep.
1995, voce Responsabilità civile, n. 110).
L'obbligo di sorveglianza è funzionale alla conservazione del
la disciplina nella popolazione scolastica e, in tale ambito, al
l'impedimento di atti causativi di danno (cfr. Cass. 4 marzo
1977, n. 894, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 112, 113). La fonte dell'obbligo può essere indifferentemente negoziale
o legale e a dimostrazione di questa ambivalenza si è osservato
che la fattispecie risarcitoria trova applicazione nei confronti
dei genitori, pur essendo i medesimi titolari di un potere-dovere
di diritto familiare (cfr. Cass. 6 febbraio 1970, n. 263, id., 1970, I, 2135).
Per l'amministrazione scolastica l'obbligo scaturisce dall'affi
damento del minore per ragioni di istruzione e da tale caratteri
stica si argomenta ulteriore giustificazione dell'operatività della
presunzione, rilevandosi che all'obbligo dell'insegnamento inva
riabilmente si affianca quello di completamento ed integrazione
della educazione familiare (cfr. Cass. 6 febbraio 1970, n. 263,
cit.). II limite esterno della responsabilità è costituito dalla dimen
sione temporale dell'obbligo. È ricorrente in giurisprudenza l'affermazione che l'obbligo
si estende dal momento dell'ingresso degli allievi nei locali della
scuola a quello della loro uscita (cfr. Cass. 5 settembre 1986,
n. 5424, id., Rep. 1987, voce cit., n. 97), comprendendo il pe
riodo destinato alla ricreazione (cfr. Cass. 28 luglio 1972, n.
2590, id., Rep. 1972, voce cit., n. 127; 7 giugno 1977, n. 2342, id., Rep. 1978, voce cit., n. 49), con la precisazione che l'obbli
go assume contenuti diversi in rapporto al grado di maturità
degli allievi (cfr. Cass. 4 marzo 1977, n. 894, cit.). La questione della direzione dell'obbligo è stata risolta nel
senso che esso mira ad impedire non soltanto che l'allievo com
pia atti dannosi a terzi, siano o meno coetanei ed estranei al
l'ambito scolastico, ma che resti danneggiato da atti compiuti
da esso medesimo (cfr. Cass. 3 febbraio 1972, n. 260, id., 1972, I, 3522; 1° agosto 1995, n. 8390, cit.).
Il limite interno della responsabilità è rappresentato dall'im
possibilità di impedire il fatto dannoso. In dottrina, si registrano tendenze mitigatrici del sistema del
II Foro Italiano — 1999.
la responsabilità, pur nel rispetto della tutela risarcitoria dei
danneggiati. In conclusione, l'amministrazione scolastica è responsabile in
via diretta dei danni che il minore cagioni a terzi o a sé medesi
mo nel tempo in cui è sottoposto alla vigilanza del personale
dipendente, salvo che non provi che non è stato possibile impe dire il fatto (cfr. Cass. 4 marzo 1977, n. 894, cit.; 10 febbraio
1981, n. 826, id., Rep. 1982, voce cit., n. 99; 1° agosto 1995,
n. 8390, cit.). L'onere probatorio del danneggiato, sia esso un terzo o il
minore medesimo, si esaurisce nella dimostrazione che il fatto
si è verificato nel tempo, in cui il minore è rimasto affidato
alla scuola, bastando questo a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell'obbligo di sorveglianza, mentre
spetta all'amministrazione scolastica la prova liberatoria, che
consiste nella dimostrazione che è stata esercitata la sorveglian za sugli allievi con una diligenza idonea ad impedire il fatto
e, cioè, quel grado di sorveglianza correlato alla prevedibilità di quanto può accadere (cfr. Cass. 22 gennaio 1990, n. 318,
id., Rep. 1990, voce cit., n. 100). Nella specie, la sentenza impugnata ha escluso che la respon
sabilità, prevista dall'art. 2048, 2° comma, c.c., si riferisca al
danno, che si procuri il minore con atti da lui medesimo com
piuti, e ha, inoltre, ritenuto che i danneggiati non hanno assol
to l'onere di provare «il nesso causale tra la condotta del mino
re identificato come autore del fatto illecito e l'evento lesivo»,
incorrendo nel duplice errore di limitare l'ambito della respon sabilità e di aggravare l'onere probatorio dei danneggiati.
La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio per nuovo esame
ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, che si atterrà
al seguente principio: «il ministero della pubblica istruzione è
tenuto a risarcire il danno che si dimostri essere stato subito
da terzo ad opera di minore affidato a personale scolastico da
esso dipendente o dal minore stesso in conseguenza di atto da
lui compiuto nel periodo del suo affidamento alla scuola, sem
pre che non dimostri l'impossibilità di impedire l'evento».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 mag
gio 1998, n. 5248; Pres. Lanni, Est. Santojanni, P.M. De
Gregorio (conci, conf.); Istituto di previdenza per il settore
marittimo (Avv. Formica, Perrino) c. Demetrio (Aw. Ago
stini). Conferma Trib. Bari 23 settembre 1994.
Previdenza e assistenza sociale — Previdenza marinara — Ma
lattia del lavoratore marittimo sbarcato — Documentazione
medica privata — Sufficienza — Fattispecie (L. 23 dicembre
1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art.
37; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, finanziamento del servizio
sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dal
la pubblica amministrazione in base alla 1. 1° giugno 1977
n. 285 sull'occupazione giovanile, art. 1, 2; 1. 29 febbraio
1980 n. 33, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.
30 dicembre 1979 n. 663; d.p.r. 31 luglio 1980 n. 620, disci
plina dell'assistenza sanitaria al personale navigante, maritti
mo e dell'aviazione civile (art. 37, ultimo comma, 1. n. 833 del 1978), art. 3).
La prova della malattia sofferta dal lavoratore marittimo dopo
lo sbarco può essere fornita mediante certificazione prove niente da un medico dell'unità sanitaria locale o da un medi
co di fiducia del lavoratore e non contraddice a tale afferma
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1583 PARTE PRIMA 1584
zione che la documentazione possa essere stata dichiarata in
giudizio parzialmente (sulla durata della malattia) inatten
dibile. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 3 novembre 1990
Leonardo Demetrio conveniva la Cassa marittima meridionale
avanti al Pretore di Bari, giudice del lavoro, per sentirla con
dannare al pagamento di lire 5.556.030 a titolo di indennità
di malattia, per complessivi giorni cinquantadue. Radicatosi il contraddittorio, con sentenza del 1° aprile 1993,
il pretore respingeva il ricorso per l'inidoneità della certificazio
ne sanitaria prodotta, in quanto proveniente da medici della
Usi e non alla stregua della norma speciale di cui all'art. 3 d.p.r. n. 620 del 1980 per i lavoratori marittimi.
Con sentenza del 12 maggio 1994 il Tribunale di Bari, sezione
lavoro, accoglieva in parte l'appello proposto da Leonardo De
metrio e condannava la cassa al pagamento di lire 1.602.690,
oltre svalutazione e interessi legali. Secondo il tribunale, il lavo
ratore marittimo ha l'onere di inviare (ex art. 2, 2° comma, d.l. 663/79) entro due giorni dal rilascio il certificato o l'atte
stazione sull'inizio e la durata presunta della malattia, ma non
anche l'onere di munirsi di documentazione proveniente da me
dici del ministero della sanità e, quanto al caso di merito, la
domanda veniva accolta nel limite di quindici giorni, accertato
con consulenza tecnica d'ufficio fin dal primo grado di giudizio. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'Istituto di pre
videnza per il settore marittimo (già Cassa marittima meridio
nale), deducendo due motivi, illustrati con successiva memoria.
Resiste il convenuto con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo la ricorrente
denunzia: violazione e falsa applicazione dell'art. 37, ultimo com
ma, 1. 833/78; dell'art. 3 d.p.r. 31 luglio 1980 n. 620; della circolare ministero sanità 1° ottobre 1985; del d.m. 322/87; de
gli art. 6, 7, 13 1. 831/38, nonché motivazione omessa, insuffi
ciente e contraddittoria circa un punto decisivo della controver
sia, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Deduce al riguardo che: nella materia in esame le funzioni
medico-legali sono attribuite allo Stato, in via esclusiva, per quan to concerne il giudizio di idoneità o inidoneità al lavoro ai fini dell'erogazione delle prestazioni economiche di malattia e dei
controlli fiscali; con la conseguenza che l'assicurato aveva l'o
nere — non da lui assolto — di munirsi di documentazione
proveniente da medici del ministero della sanità.
Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto deci
sivo della controversia in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., as
sume che: oggetto del giudizio non era la durata della malattia, ma la validità della documentazione prodotta, al fine del conse
guimento delle prestazioni previdenziali, cosicché il tribunale non
avrebbe potuto fissare la durata della malattia in quindici gior ni, sulla base dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio, anzi
ché in cinquantadue giorni, secondo la certificazione del medico
dell'Usi. Il primo motivo del ricorso è infondato.
Questa corte ha già deciso, in fattispecie identica, che «in
tema di previdenza marinara, ai fini della sussistenza del diritto
del marittimo a percepire l'indennità giornaliera per una malat
tia sofferta dopo lo sbarco, è sufficiente che la relativa certifi
cazione provenga da un medico dell'unità sanitaria locale, ov
vero da un medico di fiducia del lavoratore» (sent. n. 5089 del
10 maggio 1995, Foro it., Rep. 1995, voce Previdenza sociale, n. 517).
La ricorrente sostiene, invece, una tesi sostanzialmente incen
trata sull'art. 3 d.p.r. 31 luglio 1980 n. 620 (disciplina dell'assi
ti) In senso esattamente conforme, citata in motivazione, Cass. 10
maggio 1995, n. 5089, Foro it., Rep. 1995, voce Previdenza sociale, n. 517, e, più in generale (sul principio che il d.p.r. 620/80 non contie
ne, in materia di prestazioni economiche di malattia, una disciplina de
rogatoria di quella contenuta nel d.l. 30 dicembre 1979 n. 663), Cass., sez. un., 21 dicembre 1992, n. 13571, id., 1994, I, 200, parimenti citata in motivazione.
In generale, sugli obblighi incombenti sul lavoratore marittimo in ca so di malattia, da ultimo, C. Caudillo, Il rapporto di lavoro nautico, Padova, 1998, 429 ss.
Il Foro Italiano — 1999.
stenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell'avia
zione civile, in riferimento all'art. 37, ultimo comma, 1. n. 833
del 1978), il quale, disciplinando l'assistenza sanitaria al perso nale navigante, marittimo e dell'aviazione civile ed ai loro fami liari (1° comma), al personale imbarcato e a quello in attesa
d'imbarco (2° comma), statuisce, infine, che «le funzioni medico
legali nei confronti del personale navigante, marittimo e dell'a
viazione civile, sono di competenza dello Stato» (3° comma). Da quest'ultima statuizione la ricorrente trae argomento per
affermare che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza
impugnata, il marittimo Demetrio aveva l'onere — non da lui
assolto — di munirsi di documentazione proveniente da medici
del ministero della sanità.
Poiché trattasi, all'evidenza, di una questione di «puro dirit
to», non può essere preso in esame il vizio di motivazione de
nunciato dalla ricorrente, perché i vizi del genere, deducibili
ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. sono esclusivamente quelli con
cernenti l'accertamento e la valutazione di punti di fatto rile
vanti per la decisione e non anche quelli riguardanti afferma
zioni o applicazioni di principi giuridici, denunciabili a norma dei nn. 1, 2, 3 e 4 dell'art. 360 (costante la giurisprudenza al
riguardo). Non sussistono, invece, le denunciate violazioni e false appli
cazioni di legge per le ragioni che seguono. La ricorrente, in primo luogo, a torto trascura i «decisivi»
disposti degli art. 1, ultimo comma, e 2, 2° comma, d.l. 30
dicembre 1979 n. 663, convertito, con modificazioni, nella 1.
29 febbraio 1980 n. 33 (finanziamento del servizio sanitario na zionale ed altro).
Il primo dei suindicati disposti è così concepito: «Fino alla data di entrata in vigore della legge di riordinamento della ma
teria concernente le prestazioni economiche per maternità, ma
lattia ed infortunio di cui all'art. 74, ultimo comma, 1. 23 di
cembre 1978 n. 833, l'accertamento, la riscossione dei contribu
ti sociali di malattia — stabiliti, per i marittimi, in misura pari all'aliquota vigente nell'anno 1979 per gli operai dell'industria — e il pagamento delle prestazioni economiche di malattia e
maternità per gli iscritti alle casse marittime per gli infortuni
sul lavoro e le malattie restano affidati, con l'osservanza delle
norme già in vigore, alle gestioni previdenziali delle casse stesse
mediante convenzione con l'Inps, che rimborserà gli oneri rela
tivi al servizio prestato per suo conto».
Le sezioni unite, in fattispecie parzialmente identica a questa in esame, nella motivazione della sentenza 21 dicembre 1992, n. 13571 (id., 1994, I, 200), puntualmente citata dal Tribunale
di Bari, hanno osservato che: il sistema di assistenza malattia
per i marittimi, quale risulta dalla surriferita normativa, che
ha in parte innovato rispetto a quella vigente prima dell'emana
zione della 1. 23 dicembre 1978 n. 833, è imperniato su una
duplice distinta disciplina, «l'una attinente alle prestazioni di carattere sanitario (art. 37, ultimo comma, della detta legge)», affidato alle unità sanitarie locali e per il personale in naviga zione ai sanitari del ministero della sanità, e «l'altra riguardan te la riscossione dei contributi e la corresponsione delle presta zioni di natura economica (anche per maternità e infortuni)», le quali fanno ora carico all'Inps (art. 74, 1° comma, stessa
1. n. 833 del 1978), con attribuzione in via solo transitoria, in
forza del citato art. 1 d.l. n. 663 del 1979, alle casse marittime
che debbono provvedervi per mezzo delle già esistenti gestioni
previdenziali e secondo le norme già in vigore mediante conven
zioni con lo stesso Inps, che deve rimborsare un servizio, che
la stessa esplicitamente indica come «prestato per suo conto», vale a dire per conto di esso Inps, che ne rimane pertanto il
titolare ad ogni effetto.
In particolare, nella citata sentenza delle sezioni unite si sot
tolinea che il d.p.r. 31 luglio 1980 n. 620 è un esempio tipico della disciplina speciale, «ma in esso non si rinvengono affatto
disposizioni attinenti alle prestazioni economiche» che siano ri
conoscibili come derogatorie alla norma della cui applicazione
qui si controverte (vale a dire l'art. 2, 2° comma, d.l. 30 dicem
bre 1979 n. 663, ritenuto applicabile dalle stesse sezioni unite al caso del lavoratore marittimo che chieda l'integrale tratta
mento economico di malattia).
Aggiungasi che non possono essere esaminate le denunciate
violazioni della circolare del ministero della sanità in data 1°
ottobre 1985 e del d.m. n. 322 del 1987.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Invero, le circolari della pubblica amministrazione, com'è noto,
quali atti interni destinati ad indirizzare e disciplinare in modo uniforme l'attività degli organi inferiori, hanno natura non nor
mativa, ma di atti amministrativi, sicché la violazione di esse
non è denunciabile in Cassazione, ai sensi dell'art. 360, n. 3,
c.p.c., potendo ivi dedursi, ai sensi della stessa norma, solo
la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale nel
l'interpretazione delle circolari medesime, oltre che, ai sensi del
n. 5 dello stesso articolo, vizi di motivazione nei quali il giudice del merito sia incorso nell'interpretazione medesima (cfr. Cass.
15 febbraio 1994, n. 1496, id., Rep. 1994, voce Cassazione civi
le, n. 53; 29 gennaio 1992, n. 907, id., Rep. 1992, voce cit., n. 39).
Nel caso in esame, il tribunale non ha dedicato alcun cenno
alla circolare e al decreto citati, cosicché il denunciato difetto
di motivazione non può essere riferito agli atti predetti. Altrettanto dicasi circa la non deducibilità della violazione
sotto il profilo dell'art. 360, n. 3, c.p.c., con riferimento al
d.m. n. 322 del 1987, atteso che trattasi di «atto amministrati
vo», né si evidenzia da parte della ricorrente che, nonostante
tale natura, lo stesso decreto racchiuda vere e proprie «norme
giuridiche» (come tali «generali ed astratte»). Va dunque disattesa la censura introdotta con il primo motivo.
2. - Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando omes
sa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c. assume che: il Tribunale ha disatteso le prognosi risultanti dalla
certificazione dell'Usi ed ha condiviso le deduzioni del consu
lente tecnico d'ufficio, che aveva fissato in quindici giorni la
durata della malattia in luogo dei cinquantadue giorni certifica
ti dal medico della Usi; oggetto del giudizio non era quello di
stabilire la durata della malattia, bensì di accertare se la docu
mentazione dell'Usi prodotta fosse valida o meno per il conse
guimento della prestazione previdenziale. Si osserva che la censura così introdotta è inammissibile per
difetto d'interesse all'impugnazione (art. 100 e 323 c.p.c.), atte
so che sul punto non era minimamente configurabile la «soc
combenza» almeno parziale, quale indefettibile presupposto della
stessa impugnazione, considerato che, a prescindere dall'esat
tezza della statuizione censurata, essa, rispetto al bene della vita
oggetto dell'originaria domanda del Demetrio (indennità di ma
lattia per giorni cinquantadue, pari a lire 5.556.030), il tribuna
le, accogliendo parzialmente l'appello proposto dall'assicurato,
accertò una malattia della durata di giorni quindici e quindi riconobbe un'indennità d'importo notevolmente minore. Que
stione, peraltro, del tutto diversa da quella della validità della
documentazione prodotta dalla ricorrente, in ordine alla quale non emerge nessuna incompatibilità logico-giuridica, contraria
mente a quanto mostra di ritenere la ricorrente, fra ritenuta
(dal tribunale) idoneità al fine di detta documentazione, sotto
il profilo del diritto alla prestazione (an debeatur), e concreta
valenza probatoria ai fini del quantum-, nel senso che, pur es
sendo essa atta a suffragare, in linea di massima, la pretesa
indennitaria, non per questo era impedito al giudice del merito
di ritenerla parzialmente inattendibile quanto alla durata della
malattia, sulla base di una convincente relazione di consulenza
d'ufficio. Per le ragioni esposte, il ricorso va rigettato.
Il Foro Italiano — 1999.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 18 mag
gio 1998, n. 4961; Pres. Genghini, Est. Berni Canani, P.M.
Arena (conci, parz. diff.); Soc. La Piemonte avicola (Avv.
Pacifici, Penè) c. Enpaia (Aw. Belli). Conferma Trib. Ro
ma 3 settembre 1994.
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Attività agricole ai fini previdenziali — Allevamento di animali — Fattispecie (Cod. civ., art. 2135; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortu ni sul lavoro e le malattie professionali, art. 206; 1. 20 no
vembre 1986 n. 778, modificazioni degli art. 206 e 207 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, per la definizione dell'impresa di allevamento, art. 1).
Ai sensi dell'art. 11. 20 novembre 1986 n. 778 (che ha sostituito
l'art. 206 d.p.r. 1124/65) si reputano agricole, ai fini previ
denziali, le attività di allevamento di alcune specie animali, tra cui le avicole, indipendentemente dalla sussistenza di un
rapporto di connessione o complementarietà rispetto all'atti
vità di coltivazione dei fondi (nella specie, è stata ritenuta
attività di allevamento di specie avicola — e perciò attività
agricola ai fini previdenziali — un 'attività circoscritta al con
trollo ed all'accelerazione della fase d'incubazione delle
uova). (1)
(1) Conf. Cass. 18 giugno 1996, n. 5585, Foro it., Rep. 1997, voce
Infortuni sul lavoro, n. 97; 20 maggio 1996, n. 4650, ibid., n. 98 (che ha escluso la configurabilità come impresa agricola di quella concernen te l'attività di pensionamento di cavalli); 11 aprile 1990, n. 3059, id., Rep. 1992, voce cit., n. 135; 6 aprile 1990, n. 2893, id., Rep. 1990, voce cit., n. 167. Contra, Cass. 9 aprile 1998, n. 3686, id., Mass., 395.
Per l'irretroattività dell'art. 1 1. 778/86, Cass. 5 ottobre 1992, n. 10889, id., Rep. 1993, voce cit., n. Ili; 8 aprile 1991, n. 3666, id., 1992, I, 2220. Contra, Cass. 1° agosto 1990, n. 7674, id.. Rep. 1991, voce
cit., n. 145. Per la legittimità costituzionale dell'art. 1 1. 778/86, nella parte in cui
non prevede, in caso di attività di allevamento di specie avicole, l'applica bilità della 1. 203/82, Cass. 4 ottobre 1994, n. 8078, id., 1995, I, 163.
Per la configurabilità come impresa agricola ai fini previdenziali del l'attività di allevamento della specie suinicola, indipendentemente da ogni collegamento con la coltivazione del fondo, Cass. 3 febbraio 1992, n. 1095, id., Rep. 1994, voce Previdenza sociale, n. 259, e Dir. e giur. agr. e am
biente, 1994, 43, con nota di Gatta; Trib. Mantova 10 aprile 1987, Foro
it., Rep. 1988, voce Infortuni sul lavoro, n. 172 (con specifico riferimen to all'attività esercitata dall'associazione nazionale allevatori suini).
In tema d'inquadramento previdenziale, occorre evidenziare l'art. 49 1. 88/89, il quale prevede che la classificazione dei datori di lavoro è stabilita sulla base dei seguenti criteri «. . . c) settore agricoltura, per le attività di cui all'art. 2135 c.c. ed all'art. 1 1. 20 novembre 1986 n. 778», nonché il d.l. 1° ottobre 1996 n. 511, convertito in 1. 28 no vembre 1996 n. 608 (collocamento lavoro agricolo e misure di promo zione dell'occupazione), ed il d.leg. 30 aprile 1998 n. 173 (in tema di lavoratori agricoli dipendenti, classificazione previdenziale ed adempi menti contributivi).
In materia di «lavoro» agricolo, Nicolini-Mastrangeli, La contri
buzione previdenziale, Torino, 1997, 324 ss.; L. Carbone, La «nuova»
procedura di accertamento dei lavoratori agricoli, Foro it., 1996, I, 2986; Scognamiglio, La previdenza per gli impiegati ed i dirigenti dell'agri coltura, in Dir. lav., 1988, I, 127 ss.; Gatta, Le forme di tutela previ denziale e assistenziale dei dirigenti ed impiegati agricoli e forestali, ibid., 191 ss.
Per la prassi amministrativa dei lavoratori agricoli (oltre quella citata in Foro it., 1998, I, 3575, in nota a Cass. 6 luglio 1998, n. 6566):
— circ. Inps 6 gennaio 1998, n. 233 (art. 3, 7° comma, 1. 196/97:
disposizioni in materia di lavoro parziale. Applicazione nel settore
agricolo); — circ. Inps 9 ottobre 1998, n. 212 (inquadramento Inps degli operai
agricoli in base all'attività effettivamente svolta; gli adempimenti per l'assunzione di operai agricoli);
— circ. Inps 17 agosto 1998, n. 187 (contenzioso in materia di accer tamento contributivo e assicurativo dei lavoratori agricoli autonomi e
subordinati); — circ. Inps 21 luglio 1998, n. 159 (adempimenti in materia di infor
tuni e malattia professionale dei datori di lavoro); — circ. Inps 17 marzo 1998, n. 64 (nuovo modello per la denuncia
di manodopera nel lavoro agricolo); — circ. Inps 25 febbraio 1998, n. 45 (aziende agricole ed aliquote
contributive 1998); — circ. Inps 9 ottobre 1997, n. 202 (imprese agricole: riallineamento
retributivo e agevolazioni contributive); — circ. Inps 12 maggio 1997, n. 107 (aziende agricole del sud e fisca
lizzazione degli oneri sociali); — circ. min. lav. 27 marzo 1997, n. 50/97 (registro impresa agricola).
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