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sezione lavoro; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2231; Pres. Genghini, Est. Minichiello, P.M. Iannelli...

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sezione lavoro; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2231; Pres. Genghini, Est. Minichiello, P.M. Iannelli (concl. conf.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Ozzola) c. Capobianco e altri. Cassa Trib. Napoli 27 gennaio 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 9 (SETTEMBRE 2000), pp. 2549/2550-2555/2556 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197478 . Accessed: 28/06/2014 08:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.150 on Sat, 28 Jun 2014 08:15:17 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2231; Pres. Genghini, Est. Minichiello, P.M.Iannelli (concl. conf.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Ozzola) c. Capobianco e altri. Cassa Trib.Napoli 27 gennaio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 9 (SETTEMBRE 2000), pp. 2549/2550-2555/2556Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197478 .

Accessed: 28/06/2014 08:15

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mici connessi al trasferimento, si colloca dunque razionalmente

nell'ambito della normativa in vigore nel periodo in cui ebbe

luogo la contrattazione collettiva applicata (1980), la quale in

ta! modo configurò un'ipotesi restitutoria, all'epoca sicuramen

te esente da tassazione (Cass. 2931/98, id., Rep. 1998, voce

cit., n. 495). Diverso, e coerente con la soluzione adottata dalla citata sen

tenza n. 948 del 1996, di questa corte (relativa a fattispecie ana

loga, ricadente tuttavia sotto la disciplina del t.u. del 1986) è

invece il caso in cui il suddetto contributo sia stato corrisposto

dopo il 1° gennaio 1988, data dell'entrata in vigore del citato

t.u. Essendo infatti mutata, come s'è detto, l'ottica del legis latore del 1986, con inclusione nella nozione di reddito tassabile

delle somme percepite anche a titolo restitutorio (Cass. 11881/98,

id., Rep. 1999, voce cit., n. 391), fatti salvi i sussidi occasionali

una tantum ex art. 48, lett. b), del citato t.u., l'erogazione del

contributo in questione dopo il 1° gennaio 1988 risulterà intera

mente tassabile, come preteso dall'ufficio.

Il ricorso incidentale, in quanto riferito ad un reddito dichia

rato in data posteriore all'entrata in vigore del t.u. del 1986,

deve essere dunque accolto, analogamente a quello principale; in ordine al quale sono invece in parte diverse da quanto argo mentato in ordine alla differenza fra le normative esaminate

in tema di tributi diretti, le considerazioni attinenti la tassabilità

della «indennità di trasferimento», anch'essa prevista dalla con

trattazione collettiva aziendale come diaria per un tempo limita

to, atta ad alleviare i disagi del trasferimento di sede del di

pendente. La commissione regionale ha negato la configurazione di «in

dennità di trasferta» a tale indennizzo sul presupposto che la

trasferta consegue al fatto che al dipendente sia imposto lo svol

gimento di attività lavorativa fuori della ordinaria sede di servi

zio, la quale, nella specie, sarebbe invece quella in cui il dipen

dente è già stato trasferito.

La trasferta, cioè, riguarderebbe esclusivamente il dipendente in missione fuori del luogo di residenza e avrebbe il fine di

reintegrarlo nelle spese di vitto e alloggio e compensarlo dei

disagi morali e materiali conseguenti alla lontananza dalla fa

miglia. Due sono principalmente le considerazioni che debbono esse

re svolte in proposito: in primo luogo, va rilevato che l'indenni

tà di trasferimento è stata parzialmente sottoposta a ritenuta

d'acconto dal datore di lavoro, che l'ha interpretata come in

dennità di trasferta, riconducendola sotto l'unica formulazione

in tal senso adottata dall'art. 48 d.p.r. n. 597 del 1973, che

prevede appunto la tassabilità solo parziale della indennità di

trasferta. Il legislatore del 1973 ha infatti unificato sotto tale

unica dizione l'incidenza di una diversa situazione ambientale,

sia temporanea che definitiva, che il dipendente sia costretto

ad affrontare, allorché gli viene imposto di svolgere la propria

attività fuori dell'ordinaria sede di lavoro. La decisione impu

gnata obietta che il dipendente già trasferito non si trova «fuo

ri», ma «dentro» la propria sede di lavoro, e dunque non può

considerarsi trasferta.

Una tale obiezione appare tuttavia formalistica.

Infatti la norma collettiva (art. 51, lett. d) prevede l'erogazio

ne della indennità di trasferimento al dipendente soltanto per

il tempo necessario al trasloco nella nuova residenza, con un

massimo temporale, e ciò in quanto il trasferimento, nella fase

iniziale, comporta disagi analoghi a quelli della trasferta pro

priamente detta, correlati alla mancanza per il dipendente di

fruizione, nell'immediato, di un alloggio per sé e per la fami

glia, sicché non può affermarsi che il trasferimento nella nuova

sede corrisponda subito ad un cambiamento di residenza, intesa

quest'ultima come luogo in cui si svolge abitualmente la vita

familiare, oltreché lavorativa.

Di tali disagi si è fatto del resto carico il giudice delle leggi,

allorché argomentando in ordine alla infondatezza del diverso

trattamento fiscale, riservato dal t.u. del 1986 alle indennità

e ai rimborsi spese per trasferte effettuate entro e fuori il terri

torio comunale (sent. 239/93, id., 1993, I, 3196), ha richiamato

la giurisprudenza costituzionale (ord. 948/88, id., 1989, I, 290;

556/87, id., 1988, I, 2455; 108/83, id., 1983, I, 1508; 134/82, id., 1982, I, 2718) che richiedeva al legislatore di valutare l'inci

denza dell'onere sostenuto per la produzione del reddito «te

nendo conto della necessità di conciliare le esigenze finanziarie

dello Stato con quelle del cittadino, chiamato a contribuire ai

Il Foro Italiano — 2000.

bisogni della vita collettiva, non meno pressanti di quella indi

viduale».

Adempiendo, nella specie, l'indennità di trasferimento di ori

gine pattizia alla stessa fruizione parzialmente riparatoria pro

pria dell'indennità di trasferta considerata dal d.p.r. 597/73, il regime fiscale delle due indennità, a causa della sostanziale

identità dei connotati economici delle stesse, non può che essere

simile, conformemente a quanto ritenuto dal datore di lavoro, allorché ha sottoposto a ritenuta analoga a quella prevista per l'indennità di trasferta, la «diaria» corrisposta ai dipendenti tra

sferiti.

Né la identità del regime fiscale, nel senso della totale tassa

bilità della indennità di trasferimento, pretesa dall'amministra

zione, muta in relazione alla normativa sopravvenuta di cui al

t.u. 917 del 1986 essendo le diverse indennità relative allo spo stamento fuori della propria residenza comunque assoggettate a tassazione parziale, pur con limiti diversi rispetto alle distanze

e ai tempi di erogazione.

L'accoglimento di entrambi i ricorsi comporta la cassazione

della decisione impugnata, con rinvio degli atti per un nuovo

esame ad altra sezione della Commissione tributaria regionale di Genova.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 28 feb

braio 2000, n. 2231; Pres. Genghini, Est. Minichiello, P.M.

Iannellj (conci, conf.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Oz

zola) c. Capobianco e altri. Cassa Trib. Napoli 27 gennaio 1997.

Procedimento civile — Procura alle liti — Modalità di rilascio

(Cod. proc. civ., art. 83, 156, 157; 1. 27 maggio 1997 n. 141,

modifica del 3° comma dell'art. 83 c.p.c., art. 1). Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Sentenza

d'appello — Istituzione del giudice unico di primo grado —

Cassazione con rinvio al tribunale (Cod. proc. civ., art. 5,

341, 383; d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51, norme in materia

di istituzione del giudice unico di primo grado; 1. 16 giugno 1998 n. 188, proroga del termine di efficacia del d.leg. 19

febbraio 1998 n. 51; d.l. 24 maggio 1999 n. 145, disposizioni

urgenti in materia di istituzione del giudice unico di primo

grado; 1. 22 luglio 1999 n. 234, conversione in legge, con mo

dificazioni, del d.l. 24 maggio 1999 n. 145).

È idonea la procura alle liti rilasciata su foglio separalo, purché

congiunto materialmente all'atto introduttivo del giudizio. (1)

Giudice di rinvio, in caso di cassazione di sentenza in materia

di lavoro emessa dal tribunale come giudice d'appello, è lo

stesso tribunale in composizione collegiale. (2)

(1) Cfr. Cass., sez. un., 10 marzo 1998, n. 2642, Foro it., 1993, 1,

961, con nota di Cipriani, e Gius, 1998, 1529, con nota di Bekruti, nonché Cass., sez. un., 10 marzo 1998, n. 2646, Foro it., Rep. 1998,

voce Cassazione civile, n. 159, e Giusi, civ., 1998, 1, 1229, con nota

di Murra; Corriere giur., 1998, 1178, con nota di Acone; Guida al

dir., 1998, fase. 13, 48, con nota di Giacalone; Gius, 1998, 1534, con

nota di Berruti.

(2) I. - Con la sentenza in epigrafe la Suprema corte ha decifrato

una delicata questione di diritto transitorio aperta dall'entrata in vigore della riforma sul giudice unico: l'individuazione del giudice competente in caso di cassazione con rinvio di sentenza in materia lavoro pronun ciata dal tribunale quale giudice d'appello. La Suprema corte, dopo aver adottato già la soluzione del rinvio al tribunale in alcune pronunce

(tra cui, v. Cass. 14 febbraio 2000, n. 1665, Foro it., 2000, I, 1137; da ultimo, cfr. Cass. 13 giugno 2000, n. 8069, in questo fascicolo, l,

2477) è tornata ad affrontare compiutamente la questione individuando

il giudice del rinvio ancora nel tribunale in composizione collegiale, an

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2551 PARTE PRIMA 2552

Svolgimento del processo. — Con atto illustrato da successi

va memoria, la Ferrovie dello Stato s.p.a. ricorre per cassazio

ne contro la sentenza del Tribunale di Napoli indicata in epigra

fe, dolendosi che abbia dichiarato inammissibile — in quanto

proposto in forza di procura rilasciata su foglio spillato all'atto

d'impugnazione — il suo appello avverso la sentenza del preto re della stessa città resa nella controversia instaurata, per il ri

calcolo dell'indennità integrativa speciale, dai dipendenti Capo bianco Girolamo, Mangialomini Baldassarre, Salierno Luigi, To

maciello Fiorentino e Trimigliozzi Giuseppe. I lavoratori intimati non si sono costituiti.

ziché nella corte d'appello che pure è divenuta competente in grado d'appello a partire dal 1° gennaio 2000.

In senso difforme, ossia per la rimessione alla corte d'appello, Cass. 1° febbraio 2000, n. 1083, id., Mass., 109, e Giust. civ., 2000, I, 1329, con nota di G. Giacalone.

Con il d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51, relativo all'unificazione degli uffici giudiziari di primo grado, si è provveduto (come si evince sin dalla lettura dell'art. 1) alla soppressione dell'ufficio del pretore e al sostan ziale trasferimento delle relative competenze in capo al tribunale ordina rio in composizione monocratica, conservando tuttavia dei residui di col

legialità con l'art. 50 bis c.p.c., introdotto dall'art. 56 del decreto. Per una prima pronuncia della Suprema corte in ordine agli effetti prodotti dalla istituzione del giudice unico di primo grado, v. Cass. 30 agosto 1999, n. 9140, Foro it., 1999, I, 2816, con nota di richiami.

Sull'istituzione del giudice unico civile, inoltre, v., in dottrina, A. Proto

Pisani, Giudice unico togato di primo grado e tentativi della giustizia civile di uscita dal tunnel, id., 1998, V, 341 ss.; E. Grasso, L'istituzione deI giudice unico di primo grado. Prime osservazioni sulle disposizioni relative al processo civile, in Riv. dir. proc., 1998, 649 ss.; G. Tarzla, L'istituzione del giudice unico di primo grado e il processo civile, id., 1999, 621 ss.; F. Cipriani, Istituzione del giudice unico di primo grado e processo civile. Note introduttive, in Nuove leggi civ., 2000, 173.

Conseguentemente alla soppressione dell'ufficio pretorile, l'art. 73 del decreto ha novellato l'art. 341 c.p.c. individuando il giudice d'appello avverso le sentenze del giudice di pace e del tribunale rispettivamente nel tribunale e nella corte d'appello nella cui circoscrizione ha sede il

giudice che ha pronunciato la sentenza. La soppressione delle preture ha avuto inevitabili riflessi anche sul

processo del lavoro, dato lo stretto legame che esso ha, quale rito spe ciale, con il procedimento civile ordinario. Il d.leg. 51/98, infatti, ha specificatamente dedicato alcune disposizioni ordinamentali al processo del lavoro: la sezione IV, capo I, titolo I del decreto detta le disposizio ni sulle controversie in materia di lavoro, dalle quali si ricava la sop pressione delle preture e il trasferimento delle relative competenze in

capo al giudice monocratico del tribunale in funzione di giudice del

lavoro, nonché il passaggio della competenza in grado d'appello alla corte d'appello presso cui dovranno essere istituite specifiche sezioni lavoro.

Inoltre, l'art. 15 del decreto, modificando la legge di ordinamento

giudiziario, vi ha inserito un nuovo art. 48 quater, a norma del quale «le controversie in materia di lavoro e di previdenza e di assistenza

obbligatorie sono trattate esclusivamente nella sede principale del tri bunale».

L'effetto di tale riforma va ben al di là della pura sostituzione nomi nalistica dell'organo giudiziario, ed è diretta a travolgere quella che era stata una precisa scelta politica del legislatore del 1973, il quale aveva concentrato la competenza di primo grado in ordine alle contro versie di lavoro in capo al pretore, ravvisandovi la figura di un giudice più radicato sul territorio, e dunque più vicino alle istanze della società; sul punto, v. S. Monaci, Processo del lavoro e nuovo giudice unico, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1998, 1337.

II. - Il problema affrontato dalla sentenza in rassegna sorge in rela zione alla disciplina transitoria prevista dal d.leg. 51/98.

Nello specifico, l'art. 1, 1° comma, d.leg. 51/98 fissa il principio generale secondo cui «l'ufficio del pretore è soppresso, fatta salva l'at tività necessaria per l'esaurimento degli affari pendenti secondo quanto previsto dal presente decreto», per cui, al di «fuori dei casi in cui è diversamente disposto dal presente decreto, le relative competenze sono trasferite al tribunale ordinario». Di conseguenza, l'art. 42 dello stesso decreto prevede che «l'ufficio del pretore è mantenuto per la definizio ne dei procedimenti pendenti alla data di efficacia del presente decreto che proseguono con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti».

Sennonché, il capo VI, titolo II del decreto detta specificatamente alcune disposizioni transitorie per disciplinare la sorte dei procedimenti pendenti alla data di efficacia del decreto (2 giugno 1999); in particolare:

a) i procedimenti pendenti dinanzi al pretore sono definiti: al) dal tribunale sulla base delle disposizioni introdotte dal decreto

stesso (art. 132, 1° comma), ossia sostanzialmente dal giudice in com

posizione monocratica; al) ovvero dal pretore stesso in base alle disposizioni anteriormente

vigenti, se a tale data sono state precisate le conclusioni o la causa è stata comunque ritenuta in decisione (art. 133, 1° comma), salvo il passaggio al tribunale nel caso di rimessione in istruttoria (art. 133, 2° comma) e comunque l'appello contro le sentenze pronunciate dal

Il Foro Italiano — 2000.

Motivi della decisione. — 1. - Le censure della società ricor

rente sono articolate in due motivi riassumibili nei termini che

seguono.

I) Violazione degli art. 83, 156, 157 ss. c.p.c. e vizi di moti

vazione.

La pronuncia d'inammissibilità dell'appello è erronea e fon

data su non condivisibile interpretazione restrittiva dell'art. 83

c.p.c., in quanto la procura alle liti avrebbe dovuto considerarsi

parte integrante dell'atto di appello per la mancanza di spazi vuoti fra la sottoscrizione del procuratore e la procura apposta sul foglio allegato e seguita dal decreto presidenziale.

pretore in tali casi si propone parimenti alla corte d'appello (art. 133, 3° comma), così come avviene per le sentenze pronunciate dal pretore prima della data di efficacia del decreto per le quali non siano ancora decorsi i termini per la proposizione dell'appello (art. 134, 1° comma);

b) i procedimenti pendenti davanti al tribunale sono definiti:

b\) dal tribunale stesso sulla base delle disposizioni anteriormente

vigenti se si tratta di giudizi d'appello, oppure se alla data di efficacia del decreto sono state precisate le conclusioni o la causa è stata comun

que ritenuta in decisione (art. 135, 1° comma, lett. a); bl) ovvero, in ogni altro caso, parimenti dal tribunale ma sulla base

delle disposizioni introdotte dal decreto (art. 135, 1° comma, lett. b). Per ciò che attiene in questa sede, esaurisce la disciplina transitoria

l'art. 134 bis, introdotto dall'art. 2 d.l. 145/99, convertito in 1. 234/99, il quale prevede una proroga disponendo che l'appello nelle controver sie di lavoro e previdenziali, fino al 31 dicembre 1999, si propone al tribunale e non alla corte d'appello (art. 134 bis, 1° comma) e che

gli eventuali appelli già proposti alla corte d'appello devono essere ri messi al tribunale (art. 134 bis, 2° comma).

Per un'ampia esegesi delle disposizioni transitorie dettate dal d.leg. 51/98, istitutivo del giudice unico, v., in dottrina, A. Iacoboni, La

disciplina transitoria dei processi civili nella riforma del giudice unico, in Foro it., 1999, V, 265; R. Frasca, Giudice unico civile e diritto

transitorio, ibid., I, 3174 ss.; S. Boccagna, Giudice unico di primo grado e «competenza sopravvenuta» (nota a Trib. Napoli 3 giugno 1999), id., 2000, I, 1014 ss., nonché G. Rossiello, Istituzione del giudice uni co di primo grado e processo civile. Commento agli art. 132, 133, 134 bis, 135 e 136 d.leg. 51/98, in Nuove leggi civ., 2000, 231 ss.

III. - La disciplina transitoria, brevemente esaminata, prende in con siderazione esclusivamente la sorte dei procedimenti pendenti alla data di efficacia del decreto, mentre nulla proferisce in ordine ai procedi menti che per eventi processuali successivi debbano essere ricondotti alla competenza dell'ufficio giudiziario soppresso o ad altro ufficio di cui siano state modificate le attribuzioni dal decreto stesso (così, R.

Frasca, op. cit., 3189), come nel caso contemplato dalla sentenza in

epigrafe. Nel caso di specie, si tratta di individuare quale sia il giudice del rinvio in caso di cassazione intervenuta dopo il 31 dicembre 1999

(data che segna il passaggio della competenza d'appello sulle sentenze in materia lavoro alla corte d'appello), di una sentenza in materia di lavoro emessa dal tribunale come giudice d'appello di sentenza pretori le, prima o dopo il 2 aprile 1999 (se il termine per l'appello era penden te a tale data).

Qualora, invocando esigenze di razionalità del sistema, si ritenesse immediatamente applicabile il combinato disposto degli art. 133, ultimo

comma, nonché 134, 1° comma, e 134 bis, tale giudice andrebbe indivi duato nella corte d'appello, divenuta, a partire dal 1° gennaio 2000, giudice di secondo grado anche per le controversie in materia lavoro.

Contro tale soluzione, però, rileva la Suprema corte (in epigrafe), si muove la considerazione che il legislatore, diversamente da quanto ha previsto per il pretore nell'ipotesi contemplata dall'art. 133, 2° com

ma, non ha affatto inteso accelerare il trasferimento della competenza d'appello dal tribunale alla corte d'appello come si evince dalla lettura dell'art. 135 e dall'art. 134 bis che, anzi, ne ha previsto una proroga per le controversie di lavoro. Del resto tale orientamento è palesato anche dalla relazione ministeriale al punto 2.6 cui la sentenza in que stione fa esplicito riferimento (v. Estratto della relazione illustrativa del decreto legislativo recante «norme in materia di istituzione de! giudice unico di primo grado», in Le leggi, 1998, I, 1464).

Pertanto, una volta rilevata l'assenza nel d.leg. 51/98 di qualsiasi disposizione transitoria diretta a disciplinare l'individuazione del giudi ce di rinvio da parte della Suprema corte, ben altra soluzione deve esse re accolta. Si dovrà, infatti, ritenere applicabile esclusivamente il prin cipio della perpetuatio iurisdictionis sancito dall'art. 5 c.p.c., per cui il giudice del rinvio andrà individuato «con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della do manda» e su tale individuazione non avranno rilevanza «i successivi mutamenti della legge e dello stato medesimo», ivi compresi i muta menti legislativi in tema di competenza; sull'estensione del principio della

perpetuatio iurisdictionis allo ius superveniens, v. G. Costantino, Scritti sulla riforma della giustizia civile, Torino, 1996, 188 ss., cui si rinvia

per ulteriori riferimenti bibliografici sul tema. Del resto, il momento della proposizione della domanda, con riguar

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Il tribunale, peraltro, ha omesso di considerare che un vizio

identico a quello ritenuto sussistente per l'appello della società

inficiava il ricorso delle controparti introduttivo del giudizio di

primo grado, con conseguente nullità dello stesso e di tutti gli atti successivi, compresa la sentenza impugnata.

II) La pronuncia del tribunale è, comunque, erronea alla stre

gua dello ius superveniens costituito dalla 1. 27 maggio 1997

n. 141, che, con norma (art. 1) applicabile anche ai procedi menti in corso alla data della sua entrata in vigore, ha modifi

cato l'art. 83 c.p.c., disponendo che «la procura si considera

apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia

però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce».

do ai giudizi di impugnazione, va individuato nel momento della pro posizione dell'impugnazione; è questo, principio più volte ribadito dalla

Suprema corte, con particolare riferimento allo ius superveniens modi ficativo della competenza per territorio in relazione all'istituzione di nuovi uffici giudiziari: v. Cass. 13 gennaio 1999, n. 278, Foro it., 1999, I, 3588; 29 ottobre 1996, n. 9433, id., Rep. 1996, voce Appello civile, n. 60, con riferimento all'istituzione del Tribunale di Torre Annunzia

ta; 16 dicembre 1996, n. 11232, ibid., voce Competenza civile, n. 32, con riferimento all'istituzione del Tribunale di Nocera Inferiore; 10 agosto 1996, n. 7429, ibid., n. 34, ancora con riferimento all'istituzione del Tribunale di Torre Annunziata; 4 giugno 1994, n. 5421, id., Rep. 1994, voce cit., n. 55 con riferimento all'istituzione del Tribunale di Barcello na Pozzo di Gotto; nonché Trib. Nola 23 gennaio 1997, id., Rep. 1997, voce cit., n. 29, e Arch, civ., 1997 , 648, con nota di Annunziata, con riferimento all'istituzione del Tribunale di Nola.

Sul punto, v. anche, in dottrina, F.P. Luiso (C. Consolo-B. Sassa

ni), Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 5.

Né, come rileva la Suprema corte, potrà opporsi quell'indirizzo dot trinario (v. S. Boccagna, op. cit., 1015 e gli ulteriori riferimenti ivi contenuti nelle note 2 e 3) che esclude l'applicabilità dell'art. 5 nell'ipo tesi di sopravvenuta soppressione dell'ufficio giudiziario, poiché nel ca so in esame non si tratta di soppressione, bensì di modificazione della

competenza dell'ufficio, consistente nella riduzione di quella d'appello simmetricamente all'ampliamento di quella di primo grado, «sicché i relativi mutamenti legislativi restano inapplicabili nel giudizio introdot to davanti al giudice competente al momento della proposizione della

domanda, sempreché non vi siano disposizioni contrarie dello stesso ius superveniens».

Sulla base di tali considerazioni, dunque, secondo la Suprema corte il giudice del rinvio va individuato alla stregua dell'art. 341 c.p.c. nella sua formulazione previgente, investendo quale giudice di pari grado ex art. 383 c.p.c. ancora il tribunale (in composizione collegiale), indivi duando un ufficio territorialmente diverso in ossequio al principio del

l'alterità del giudice di rinvio. Diversa sarebbe, invece, la soluzione prospettabile nel caso in cui,

in altra ipotesi di rinvio, il giudice di pari grado ex art. 383 c.p.c. fosse da individuare nell'ufficio pretorile soppresso. In tale ipotesi infatti, in applicazione dell'indirizzo succitato, il giudice del rinvio sarebbe, in

realtà, da individuare nel tribunale, in composizione monocratica, cui sono state trasferite le competenze dell'ufficio soppresso. Problema ana

logo si è posto, infatti, in relazione all'entrata in vigore, a decorrere dal 1° maggio 1995, del giudice di pace ed alla conseguente soppressio ne del giudice conciliatore. Benché l'art. 43 1. 374/91, istitutiva del giu dice di pace, avesse previsto la permanente competenza del giudice con ciliatore per le cause pendenti dinanzi ad esso, la Suprema corte ha ritenuto che nel caso di cassazione con rinvio di una sentenza dello stesso giudice, il rinvio deve essere effettuato al giudice di pace, nella considerazione che quando la causa sia pervenuta alla cognizione del

giudice dell'impugnazione, viene meno il presupposto della disciplina transitoria e dunque non si giustificherebbe il ritorno della causa presso giudici non più esistenti: cosi, Cass. 13 luglio 1999, n. 7418, Foro it., Mass., 847; 17 gennaio 1997, n. 448, id., 1997, I, 2194; 21 aprile 1997, n. 3440, id., Rep. 1997, voce Cassazione civile, n. 239; 28 novembre

1996, n. 10593, id., Rep. 1996, voce Rinvio civile, n. 4; 29 maggio 1996, n. 4985, ibid., n. 3, e Giust. civ., 1996, I, 2912; 11 novembre

1996, n. 9839, Foro it., Rep. 1996, voce Competenza civile, n. 135. In conclusione, poiché il rinvio operato dalla Cassazione determina

competenza funzionale ratione materiae inderogabile (in questo senso, Cass. 23 gennaio 1998, n. 628, id., Rep. 1998, voce Rinvio civile, n.

6; 23 settembre 1996, n. 8404, id., Rep. 1996, voce cit., n. 5; 14 maggio 1991, n. 5397, id., Rep. 1991, voce cit., n. 3; 8 ottobre 1987, n. 7505,

id., Rep. 1989, voce cit., n. 1, e Dir. famiglia, 1988, 799), nel caso

di specie il presidente del tribunale del rinvio dovrà assegnare il giudizio alla sezione appello lavoro, di cui in sede tabellare sia stata prevista la permanenza per l'esaurimento delle cause pendenti, o in mancanza dovrà istituire apposito collegio ad hoc specificatamente deputato alla

trattazione dei giudizi di rinvio. Per i criteri di organizzazione delle sezioni lavoro presso i tribunali

e per i criteri di composizione dei relativi collegi, cui compete la tratta

zione delle controversie di secondo grado anche in relazione alle impu

II Foro Italiano — 2000.

2. - Osserva il collegio che il ricorso — i cui due motivi sono

esaminabili congiuntamente — è inammissibile in relazione al

l'intimato Mangialomini Baldassarre (Baldassare nell'intestazio

ne della sentenza), attesa, giusta la relata di notifica, la dichia

razione di avvenuto decesso del Mangialomini medesimo e non

risultando (a termine d'impugnazione ormai compiuto) ulteriori notifiche agli eredi, mentre è fondato con riguardo a tutti gli altri intimati.

Invero — alla stregua della norma suddetta (applicabile al

presente giudizio) e secondo l'interpretazione datane dalle se

zioni unite di questa corte con le sentenze nn. 2642 e 2646 del

10 marzo 1998 (Foro it., 1998, I, 961, e id., Rep. 1998, voce

Cassazione civile, n. 159) — la procura rilasciata (come nella

specie per l'appello ritenuto inammissibile dal tribunale) su fo

glio separato ma congiunto materialmente all'atto è idonea, al

pari di quella rilasciata in calce o a margine, «a conferire la

certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresen tanza e a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui l'atto accede»; restando irrilevante anche

la presenza, nello stesso atto, di spazi vuoti utilizzabili (per ap

porvi almeno parte del testo della procura) e non utilizzati.

Conseguentemente, essendo superfluo ogni altro rilievo ed at

tesa anche l'inconsistenza della tesi (del resto svolta in via su

bordinata) dell'invalidità dell'atto introduttivo del giudizio di

primo grado per la stessa ragione in base alla quale il tribunale

ha (erroneamente) dichiarato inammissibile l'appello delle Fer

rovie dello Stato s.p.a., il ricorso — stante l'insussistenza di

tale causa d'inammissibilità dell'appello — deve essere accolto

(salvo che in relazione al Mangialomini) e l'impugnata sentenza

cassata, con rinvio della causa ad altro giudice. 3. - L'individuazione di tale giudice — dopo l'entrata in vigo

re del d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51 (concernente, fra l'altro, la soppressione dell'ufficio del pretore e nuove competenze del

tribunale e della corte d'appello) e in mancanza di una norma

espressa nel provvedimento anzidetto — implica la soluzione

dell'interrogativo se, nel caso di cassazione con rinvio di sen tenza (su controversia di lavoro) emessa dal tribunale (come

giudice d'appello di sentenza pretorile) prima (come nella spe

cie) o dopo il 2 giugno 1999, il giudice di rinvio debba indivi

duarsi nel tribunale o nella corte d'appello (divenuta giudice

d'appello avverso le sentenze del tribunale). Ritiene il collegio che sia da preferire la prima di tali soluzio

ni, alla stregua delle considerazioni seguenti. Ai sensi dell'art. 135 d.leg. n. 51 del 1998, i procedimenti

pendenti davanti al tribunale alla data di efficacia del citato

decreto sono definiti, se si tratta di giudizi in grado d'appello, dallo stesso tribunale, ma «non sulla base delle disposizioni in

trodotte nel medesimo decreto», bensì «sulla base delle disposi zioni anteriormente vigenti».

Diversamente da quanto previsto per il pretore (art. 1 e 247

di detto decreto, quest'ultimo articolo come modificato dall'art.

1 1. 16 giugno 1998 n. 188), l'art. 135 cit., lungi dal sopprimere l'ufficio del tribunale, si limita a modificarne la competenza

per effetto dello ius superveniens, riducendone quella di appello simmetricamente all'ampliamento di quella di primo grado. Sif

fatta modificazione, però, non opera con effetto immediato,

gnazioni proposte entro il 31 dicembre 1999, v. i par. 17, 18 e 19 della circolare del Csm (dicembre 1999) sulla formazione delle tabelle di or

ganizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2000-2001. IV. - Da ultimo, va segnalata altra questione, sempre attinente all'i

stituzione del giudice unico del lavoro di primo grado, attorno alla qua le si sono già registrati contrastanti indirizzi nella giurisprudenza di me rito: si tratta dell'individuazione della competenza a conoscere il recla

mo avverso provvedimenti cautelari pronunciati dal tribunale (in composizione monocratica) in funzione di giudice lavoro, nei giudizi introdotti dopo il 2 giugno 1999.

In favore dell'individuazione della competenza in capo al collegio dello

stesso tribunale, v. App. Lecce, ord. 27 aprile 2000, App. Catanzaro, ord. 16 marzo 2000, e Trib. Trani, ord. 11 aprile 2000, Foro it., 2000,

I, 2016, con nota di richiami; mentre all'opposto, in favore dell'indivi

duazione della competenza in capo alla corte d'appello, v. Trib. Catan

zaro, ord. 28 ottobre 1999, ibid., 642, con nota di P. Gallo (ed in senso conforme, v. anche App. Firenze, ord. 2 marzo 2000, pres. Dra

go, rei. Pieri, inedita, che ha però successivamente mutato indirizzo

addivenendo all'opposto principio della competenza del collegio del tri bunale: App. Firenze, ord. 11 aprile 2000, pres. ed est. Drago, inedita). [N. Ventura]

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Page 5: sezione lavoro; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2231; Pres. Genghini, Est. Minichiello, P.M. Iannelli (concl. conf.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Ozzola) c. Capobianco e altri. Cassa

2555 PARTE PRIMA 2556

in quanto la prevista applicabilità, per i procedimenti ora detti, delle disposizioni previgenti alle norme innovative, non trova

alcuna deroga simile a quella (art. 133, 2° comma, d.leg. n.

51 del 1998) prevista per i pur limitati casi in cui è transitoria

mente mantenuto in vita l'ufficio del pretore e fondata sull'e

quazione regresso della causa alla fase di trattazione = creazione

delle condizioni per l'abbandono del previgente regime delle com

petenze. In altri termini, mancano disposizioni che abbiano la funzio

ne di accelerare il trasferimento della competenza d'appello dal

tribunale alla corte d'appello; il che, del resto, appare frutto

di una precisa scelta del legislatore, cui (cfr., in supplemento ordinario a Gazzetta ufficiale 20 marzo 1998, n. 66, il n. 2.6

dell'estratto della relazione illustrativa del decreto legislativo più volte citato) sono apparse impraticabili sia la «soluzione di de

volvere sic et simpliciter i giudizi in corso alle corti d'appello» sia quella «— accolta nella prima stesura del decreto nella pro

spettiva di circoscrivere comunque la fase 'transitoria' ... —

che prevedeva un trasferimento limitato ai soli giudizi d'appello nei quali l'udienza di discussione risultasse fissata oltre una cer

ta data».

Nulla, quindi, giustifica un'opzione esegetica che, in ipotesi di cassazione della sentenza del tribunale, precluda la possibilità di rinviare ancora al tribunale, quale giudice transitoriamente

titolare di competenza d'appello per tutti quei procedimenti che

in ugual grado pendevano davanti a lui alla data di efficacia

del d.leg. n. 51 del 1998.

Del resto, questa conclusione (che esclude la necessità di rin

viare alla corte d'appello) è imposta dal principio della perpe tuatio iurisdictionis dettato dal novellato testo dell'art. 5 c.p.c.; alla cui applicabilità (esclusa con riguardo all'ufficio pretorile in ragione della soppressione dello stesso) non può opporsi un

rilievo di analogo tenore, proprio per la (già accennata) consi

derazione che, quanto al tribunale, non si tratta di soppressione d'ufficio ma di modificazione della sua competenza (si ricordi

che quella per gradi è forma di competenza funzionale), sicché i relativi mutamenti legislativi restano inapplicabili nel giudizio introdotto davanti al giudice competente al momento della pro

posizione della domanda, sempreché non vi siano disposizioni contrarie dello stesso ius superveniens.

Eventualità, quest'ultima, non ravvisabile nelle disposizioni transitorie ed anzi dalle stesse espressamente smentita attraver so la prevista necessità di definizione dei procedimenti pendenti in grado d'appello «sulla base delle disposizioni anteriormente

vigenti». Sulla conclusione sopra svolta non influisce il disposto del

l'art. 134 bis d.leg. n. 51 del 1998, introdotto dal d.l. 24 mag

gio 1999 n. 145, convertito in 1. 22 luglio 1999 n. 234, il quale si limita a prorogare al 31 dicembre 1999 il termine di perdu rante proponibilità al tribunale degli appelli avverso le sentenze

rese dal pretore in funzione di giudice del lavoro, in deroga alla regola generale che tutte le sentenze rese dal pretore, sia

dopo la soppressione dell'ufficio (nelle ipotesi eccezionali previ ste dagli art. 42 e 133, 1° comma) sia anteriormente (sempre che in tal caso il termine per impugnare sia ancora pendente alla data di efficacia del provvedimento soppressivo) si impu gnano davanti alla corte d'appello (art. 133, 2° comma, e 134, 1° comma). E, pertanto, non incide sulla diversa questione se la cassazione con rinvio della sentenza resa dal tribunale in fun zione di giudice del lavoro d'appello (ai sensi della disposizione transitoria dell'art. 135 o per essere stato ritualmente adito in

tale funzione a seguito della proroga ora detta) comporti l'indi

viduazione ancora del tribunale come giudice ad quem. Ne segue solo un adattamento estensivo della conclusione so

pra esposta, nel senso che la possibilità d'individuazione del tri bunale come giudice di rinvio risulta consentita in un maggior numero di controversie, poiché a quelle già pendenti in grado di

appello alla data di sopravvenuta efficacia del d.leg. n. 51 del 1998 si aggiungono quelle, ritualmente portate al giudizio del tri bunale in ugual grado, considerate dal citato art. 134 bis.

4. - Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti di Mangialomini Baldassarre, senza alcuna statui zione per le relative spese del giudizio di legittimità, non essen dovi stata costituzione della parte intimata.

Il ricorso deve, invece, essere accolto in relazione agli altri

intimati, con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio della causa al Tribunale di Torre Annunziata (in compo sizione collegiale); il quale procederà all'esame dell'appello del le Ferrovie dello Stato s.p.a.

Il Foro Italiano — 2000.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 feb

braio 2000, n. 2180; Pres. Mercurio, Est. Vidiri, P.M. Gia

calone (conci, conf.); Rizzi (Avv. O. e N. Lojodice) c. Inps

(Avv. Fabiani, Gorga, Picciotto). Conferma Trib. Bari 9

aprile 1997.

Procedimento civile — Cessazione della materia del contendere — Inconfigurabilità — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 100,

306).

La rinuncia da parte dell'appellante all'eccezione di decadenza

dal diritto vantato dall'appellato non comporta la cessazione della materia del contendere ove permanga un contrasto tra

le pani in ordine alla liquidazione delle spese effettuata dal

giudice di primo grado e manchi una qualunque dichiarazio

ne delle stesse di non voler proseguire il giudizio. (1)

(1) Comportamento delle parti e dichiarazione di cessata materia del

contendere: è davvero necessario per la giurisprudenza l'accordo delle

parti sul fatto sopravvenuto e sulle sue conseguenze giuridiche?

I. - Proposta ed accolta in primo grado una domanda di condanna

dell'lnps al pagamento dell'indennità di disoccupazione agricola, riva lutata — in conformità a quanto disposto dalla Corte costituzionale (1) — secondo gli indici Istat, l'istituto soccombente propone appello. Il motivo su cui si fonda l'impugnazione è costituito dalla avvenuta deca denza, ex art. 47, 3° comma, d.p.r. 639/70 (come interpretato dall'art. 6 d.l. 103/91), dal diritto ad ottenere una riliquidazione dell'indennità. Nelle more del giudizio di appello, sopraggiunge però la sentenza con la quale le sezioni unite della Corte di cassazione (2) sanciscono l'inap plicabilità del termine di cui all'art. 47 all'azione giudiziaria di riliqui dazione dell'indennità, con conseguente sopravvenuta infondatezza del l'eccezione proposta. Da qui la rinuncia all'eccezione da parte dell'ap pellante, cui segue il rigetto dell'appello, con compensazione delle spese del solo grado di appello. La sentenza viene impugnata dall'appellato, sulla base del fatto che, una volta intervenuta la rinuncia all'eccezione, equiparabile ad una rinuncia alla domanda o all'azione, il processo an dava concluso con una dichiarazione di estinzione ex art. 306 c.p.c., ovvero con una declaratoria di cessazione della materia del contendere

(d'ora in poi, c.m.c.), che avrebbero consentito una diversa attribuzio ne delle spese di lite.

La Corte di cassazione, dopo aver riepilogato le problematiche essen ziali sottese alla applicazione della formula terminativa del giudizio «ces sata materia del contendere», rigetta il ricorso, sulla base dei motivi di cui in massima.

II. - La semplice descrizione della fattispecie oggetto di esame da parte della Corte di cassazione dimostra quante siano le problematiche connesse al verificarsi, nel corso del processo, di un evento dal quale può derivare la c.m.c. Basti pensare alla circostanza che, nel caso di

specie, il ricorso per cassazione veniva proposto, alquanto stranamente, dalla parte formalmente vittoriosa nel giudizio di appello, la quale mi rava ad ottenere, attraverso una dichiarazione di c.m.c., una più favo revole regolamentazione delle spese; nonché alla considerazione per cui il fatto sopravvenuto (la rinuncia all'eccezione) non era tale da rendere infondata la pretesa dell'attore, come invece naturalmente accade per gli eventi di c.m.c.; senza dimenticare che un'eventuale dichiarazione di c.m.c. sarebbe dovuta passare per una equiparazione della rinuncia all'eccezione alla rinuncia all'azione, che per la giurisprudenza è idonea a provocare una tale conclusione del giudizio.

Qui si intende però esaminare soprattutto (ma v. infra, par. V) il profilo (che costituisce tra l'altro il motivo portante della sentenza in

rassegna) della individuazione dei limiti in cui il comportamento delle

parti può condizionare un'eventuale dichiarazione di c.m.c. (3). Sul punto, la sentenza in epigrafe si riallaccia ad un consolidato indi

rizzo giurisprudenziale, in forza del quale tale pronuncia è emanabile anche d'ufficio dal giudice, purché le parti siano d'accordo su! fatto che l'evento sopravvenuto si sia verificato e sulle sue conseguenze giuri diche (4), per giungete alla conclusione che, dato il contrasto esistente

(1) Corte cost. 27 aprile 1988, n. 497, Foro it., 1989, I, 3013. (2) Cass. 18 luglio 1996, n. 6491, Foro it., 1997, I, 198, con nota

di Gentiie, Ancora in tema di decadenza previdenziale: rompicapo o falso problema?

(3) Per una ragionata e completa indicazione del panorama giuris prudenziale in tema di c.m.c nel giudizio civile, cfr. Giovannoni, Orien tamenti giurisprudenziali in tema di cessazione della materia del conten dere, in Foro it., 1997, I, 3615.

(4) Si tratta di un orientamento giurisprudenziale consolidato, quan to meno a livello di massime. Riservandosi più avanti l'analisi delle conseguenze applicative che ne scaturiscono, cfr., per la sua enuncia zione (oltre a tutte le sentenze citate nel prosieguo), tra le tante, Cass.

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