sezione lavoro; sentenza 28 gennaio 1987, n. 814; Pres. Chiavelli, Est. Corsaro, P. M. Golia(concl. diff.); De Simone (Avv. Valeri, Rizzo) c. Isveimer (Avv. V. Spagnuolo Vigorita). CassaTrib. Napoli 30 gennaio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1053/1054-1055/1056Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179878 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
collegamento della giurisdizione che riguarda tutte le controversie
di lavoro concernenti il personale delle ferrovie di Stato e che
lascia — come tale — fuori campo il principio della perpetuano iurisdictionis sancito dall'art. 5 c.p.c., con riferimento ai muta
menti delle situazioni di fatto, la corte deve dare atto che la co
gnizione della causa spetta ormai al giudice ordinario. (Omissisj
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 28 gennaio
1987, n. 814; Pres. Chiavelli, Est. Corsaro, P. M. Golia
(conci, diff.); De Simone (Aw. Valeri, Rizzo) c. Isveimer (Aw. V. Spagnuolo Vigorita). Cassa Trib. Napoli 30 gennaio 1984.
Intervento in causa e litisconsorzio — Dipendente di ente pubbli co economico — Procedure di promozione — Domanda giudi ziale di annullamento della delibera dell'ente — Liticonsorzio
necessario con i vincitori — Sussistenza (Cod. proc. civ., art.
102, 383).
Nel caso in cui il lavoratore dipendente di un ente pubblico eco
nomico, che lamenti di essere stato illegittimamente escluso da
una promozione per violazione da parte del datore di lavoro
della normativa che disciplina le procedure di avanzamento in
carriera, chieda una pronuncia di nullità o invalidità della deli
bera di promozione, sussiste una situazione di liticonsorzio ne
cessario nei confronti di tutti i cointeressati preferiti nel
procedimento. (1)
Svolgimento del processo. — De Simone Rosa, dipendente del
l'Isveimer, con il grado VI della carriera di concetto della catego ria amministrativa, ricorreva al Pretore di Napoli, in data 29 luglio
1981, per sentir dichiarare illegittima, nulla o, comunque, invali
da la delibera del suddetto istituto del 26 giugno 1980, relativa
alle promozioni, per merito comparativo, al grado V, con attri
buzione di «punteggio speciale», di taluni dipendenti, che aveva
no anzianità, nel grado, inferiore a quella della ricorrente
medesima.
Il procedimento veniva riunito ad altro, promosso dalla De Si
mone con ricorso del 31 luglio 1981, per sentir dichiarare l'illegit timità e la nullità delle delibere relative alle promozioni al grado
V, per anzianità congiunta al merito, di altri dipendenti, a lei
preferiti, pur essendo privi del richiesto titolo di studio. Precisa
va la ricorrente di non essere stata scrutinata nel turno di promo zioni predisposto per gli anni 1980 e 1981, nonostante fosse in
possesso di titolo di studio idoneo, avesse maggiore anzianità dei
colleghi promossi ed avesse sempre ottenuto note di qualifica ottime.
L'Isveimer, convenuto, resisteva in giudizio.
(1) Concettualmente la pronuncia si riannoda alla distinzione già for mulata dalla corte fin dalle sentenze 27 maggio 1983, n. 3674, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 1139 e n. 3675, id., 1984, I, 1541, con nota di richiami e osservazioni di Buoncristiano (e in Giusi, civ.,
1983, I, 2267, con nota di Meucci), secondo cui ad una pretesa del ac
corrente di una pronuncia con «effetti demolitori» deve corrispondere la necessaria partecipazione in giudizio dei contro-interessati (vincitori), mentre di fronte a pretese meramente risarcitorie sarebbe sufficiente il
contraddittorio lavoratore/datore. Nello stesso senso v. altresì più di recente: Cass. 4 marzo 1986, n.
1382, Foro it., Mass., 250; 20 aprile 1985, n. 2261, id., Rep. 1985 voce
cit., n. 866; 22 febbraio 1985, n. 1603, ibid., n. 822 (e in Lavoro e prev.
oggi, 1985, 2402, con nota di Meucci). Nella giurisprudenza di merito v. nello stesso senso Trib. Firenze 16
febbraio 1983, Foro it., 1984, I, 1542, con la nota di richiami cit.; con
tra, Pret. Roma 10 febbraio 1986, id., 1986, I, 3184 (sul presupposto che il giudice di merito deve limitarsi a dichiarare la mera liceità del com
portamento senza sostituirsi al datore di lavoro per l'effettuazione delle
operazioni valutative). In dottrina per un riepilogo della questione, v. Luiso, Controllo giuris
dizionale dei poteri dell'imprenditore ed il litisconsorzio necessario, in
Giust. civ., 1984, I, 3413. Più in generale, v. G. Costantino, Contributo
allo studio del liticonsorzio necessario, Napoli, 1979; Sassani, Note sul
concetto di interesse ad agire, Rimini, 1983.
Il Foro Italiano — 1987.
Il pretore accoglieva la domanda, con sentenza del 10 febbraio
1982, che veniva gravata dall'istituto soccombente.
Ricostituitosi il contraddittorio, il Tribunale di Napoli, con sen
tenza del 30 gennaio 1984, accoglieva parzialmente l'appello, di
chiarando che la De Simone ha diritto ad essere nuovamente
scrutinata nel turno di promozione al grado V, per merito com
parativo, oggetto della delibera del 26 giugno 1980.
Avverso la decisione di secondo grado, ricorrono in Cassazio
ne sia l'Isveimer sia la De Simone, entrambi per un solo motivo,
resistendo, reciprocamente, con controricorso. L'Isveimer presenta memoria difensiva.
Motivi della decisione. — La De Simone, denunciando la vio
lazione degli art. 2103, 1362 ss. c. c. e vizi di motivazione, dedu
ce che il tribunale ha palesemente errato nel coordinare gli art.
57, 17 e 18 del regolamento del personale.
L'Isveimer, denunciando la violazione degli art. 99 e 100 c.p.c.,
1325, 1361 ss. c.c. e vizi di motivazione, deduce che il tribunale, oltre a violare le norme ed i principi in tema di requisiti del con
tratto, ha offerto una definizione assolutamente erronea della po sizione fatta valere in giudizio dalla De Simone.
I ricorsi, proposti (autonomamente) contro la stessa sentenza, devono essere riuniti.
Preliminarmente, occorre accertare se nel giudizio di merito sono
state osservate le norme relative all'integrità del contraddittorio.
In difetto, il procedimento è nullo. E la nullità deve essere rile
vata d'ufficio, in ogni stato e grado, tenuto conto della «ratio»
che motiva l'inderogabilità del litisconsorzio «sostanziale»: l'esi
genza, di ordine pubblico, di realizzare l'economia dei giudizi e di evitare giudicati contrastanti.
Accertata e dichiarata la nullità dell'intero procedimento, que sta Corte dovrà rimettere le parti davanti al primo gudice, ai sen
si dell'art. 383, ultimo cpv., c.p.c. (Cass. 11 dicembre 1984, n.
6504, Foro it., Rep., 1984, voce Intervento in causa, n. 4). Ai fini del suddetto accertamento, quando si contesta l'atto
che delibera la promozione del personale dipendente di un ente
pubblico economico, occorre distinguere: se chi agisce in giudi
zio, assumendo di essere stato illegittimamente escluso, per viola
zione della normativa che regola le procedure d'avanzamento nella
carriera o per discriminatorie e arbitrarie preferenze rispetto ad
altri colleghi, si limita a far valere il diritto al risarcimento del
danno, non si pone, ovviamente, la questione dell'integrazione del contradditorio; ma se chiede anche al giudice anche o soltan
to una pronuncia di nullità della delibera favorevole e taluni di
pendenti, costoro devono partecipare al processo (Cass. 27 maggio
1983, n. 3674, id., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 1139).
Quale che sia la definizione giuridica della posizione soggettiva
degli aspiranti alla promozione, in relazione ai poteri organizzati vi e di scelta dell'ente pubblico economico, non è affatto «diver
sa» la tutela giurisdizionale di chi ha interesse ad agire e di chi
ha interesse a contraddire, nel conflitto che, sin dal primo mo
mento, si viene a creare fra i dipendenti esclusi dalla scelta a
quelli già promossi; soggetti, questi ultimi, a nuova valutazione
comparativa, se la decisione del giudice invaliderà la delibera di
avanzamento.
Da ciò, l'esigenza di integrare il contraddittorio.
Le sezioni unite di questa corte, con la sentenza del 29 ottobre
1980 n. 5800 (id., Rep. 1980, voce Impiegato dello Stato, n. 379),
pronunciata per regolamento di giurisdizione, in controversia aven
te ad oggetto la progressione di carriera del personale di un'a
zienda municipalizzata, hanno esaminato, sia pure «a fini
meramente argomentativi», anche gli aspetti concernenti l'inte
grazione del contraddittorio; ed hanno segnalato il particolare ri
lievo che potrebbe assumere, rispetto alle «misure costitutive»
adottabili da parte del giudice (non ad altre misure, come quella
risarcitoria), la necessità della partecipazione al giudizio di tutti
i cointeressati e controinteressati.
Ora, poiché, indubbiamente, l'invocata «misura demolitoria»
può incidere direttamente, in concreto, sullo status di altri dipen
denti, non sembra che alla questione possa darsi soluzione diver
sa dall'affermazione dell'obbligo della parte o del giudice di
estendere il contraddittorio nei confronti di quelli promossi con
l'atto sottoposto a verifica giurisdizionale. Passando al caso di specie, basterà rilevare che la De Simone
ha chiesto al pretore una dichiarazione di «illegittimità, nullità
o, comunque, invalidità» delle delibere di promozione dell'Isvei
mer specificatamente indicate.
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1055 PARTE PRIMA 1056
Non risulta che abbiano partecipato al giudizio i dipendenti
«preferiti» alla ricorrente, arbitrariamente, a suo dire.
Tale carenza comporta la nullità delle due sentenze di merito
e l'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 383 c.p.c. Cassata la sentenza impugnata, si rinvia la causa del Pretore
di Napoli, giudice di primo grado, il quale terrà conto dei princi
pi sopra enunciati, in ordine all'integrità del contraddittorio, ed
esaminerà ex novo i fatti. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 21 gennaio
1987, n. 554; Pres. Nocella, Est. Palazzolo, P. M. Di Renzo
(conci, conf.); U.s.l. LE/7 di Galatina (Avv. Rampino) c. Quar
ta; Quarta (Avv. Sticchi Damlati) c. U.s.l. LE/7 di Galatina.
Cassa Trib. Lecce 12 luglio 1984.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Atto di ap
pello — Generica formulazione dei fatti e dei motivi dell'impu
gnazione — Inammissibilità dell'appello — Esclusione —
Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 434).
La sommaria esposizione dei fatti e l'indicazione dei motivi spe
cifici dell'impugnazione, richieste all'appellante dall'art. 434
c.p.c., possono ritenersi validamente effettuate ove siano stati
indicati da un lato quegli elementi che, in succinto, consentono
di individuare con sufficiente certezza i termini di fatto della
controversia e, dall'altro, le ragioni del richiesto riesame (nella
specie, la Cassazione ha ritenuto sufficiente a tal fine la richie
sta di riesame di un determinato capo della sentenza impugnata
formulata sulla base della asserita violazione, da parte del giu dice di primo grado, della normativa sostanziale). (1)
Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Lecce, con senten
za del 12 luglio 1984, dichiarava l'inammissibilità dell'appello,
proposto dalla U.s.l. LE/7 di Galatina, avverso la sentenza (in data 28 settembre 1983) del pretore di quest'ultima città con cui
era stata accolta la domanda spiegata nei confronti di detta U.s.l.
da Carlo Quarta, medico con essa convenzionato per la medicina
generale, perché fosse negata la pretesa della stessa U.s.l. circa
la limitazione del numero degli assistiti entro il massimale con
sentito, con la ricusazione di quelli in soprannumero o associan
do altro medico, salvo a provvedere, essa U.s.l., in difetto e di
ufficio, al cosidetto «azzeramento delle scelte».
Il tribunale rilevava che, con l'appello in questione, erano stati
formulati i seguenti motivi: 1) «errata interpretazione dell'art. 19
1. 833/78 la quale detta norme a tutela della salute pubblica con
riferimento all'interesse-diritto garantito dalla Costituzione a tut
ti i cittadini, prescindendo dal rapporto personale tra medico e
assistito»; 2) «la richiesta di azzeramento diretto ai medici cosi
detti supermassimalisti va ritenuta legittima in quanto ubbidisce
a un dettato legislativo che scaturisce dalla convinzione che ciò
si rivela particolarmente vantaggiosa nei confronti degli assistiti».
Riteneva che, in tale forma, l'atto di impugnazione violava il di
sposto degli art. 342 e 434 c.p.c. perché non consentiva di indivi
duare senza equivoci il quantum appellato in relazione alla sentenza
di primo grado, sia per determinare l'ambito di operatività del
l'effetto devolutivo, sia per individuare l'area di acquiescenza al
le parti della sentenza non impugnate e di decadenza dalle domande
e eccezioni non espressamente riproposte, e perché non contene
te Nuovo intervento della sezione lavoro nel contrasto di orientamenti formatosi sul problema dell'estensione dell'onere, imposto all'appellante dall'art. 434 c.p.c., di provvedere all'indicazione dei «motivi specifici del
l'impugnazione». Quesito che, postosi in termini analoghi nel rito ordina rio con riferimento all'art. 342 c.p.c., si compendia nel definire il grado di maggiore o minore «specificità» necessario nell'esporre le ragioni giu stificatrici del gravame e le censure da muoversi alla sentenza di primo grado. La sentenza in epigrafe si inserisce con decisione nel filone più estensivo e meno formalistico. Per i riferimenti giurisprudenziali si rinvia a Trib. Napoli 16 giugno 1986, Foro it., 1987, I, 592, e alla annessa nota di richiami. Sul contenuto dell'atto di appello in generale, v. An drioli (C. M. Barone, G. Pezzano, A. Proto Pisani), Le controversie in materia di lavoro, 2a ed., Bologna-Roma, 1987, 832 ss.
Il Foro Italiano — 1987.
va un'esposizione, sia pure sommaria, dei fatti, con una generica ed incompleta esposizione dei motivi di diritto, cosi da provocare assoluta incertezza sui limiti e la portata del chiesto riesame.
Avverso la anzidetta sentenza del Tribunale di Lecce ricorre
ora l'U.s.l. LE/7, chiedendone l'annullamento, ed il Quarta resi
te con controricorso.
Motivi della decisione. — La ricorrente deduce che il tribunale
ha erroneamente ravvisato l'inammissibilità dell'appello per la man
cata esposizione dei fatti e per la genericità ed incompletezza dei
motivi di diritto. Sotto il primo profilo, infatti, era sufficiente
la individuazione della sentenza appellata, i cui dati caratteristici
erano stati compiutamente indicati, e, comunque, la omissione
era stata sanata dalla costituzione dell'appellato; sotto il secondo
profilo, si era inteso limitare la doglianza ai due capi della sen
tenza di primo grado concernenti l'asserita violazione del diritto
alla libera scelta del medico e la illegittimità della attribuzione
a questi, invece che all'assistito, della facoltà di scelta, per cui,
tenendo conto delle argomentazioni svolte in detta sentenza, era
bastevole dedurre la erronea interpretazione dell'art. 19 1. 833/78,
sul diritto di tutti i cittadini alla salute e ad un efficiente tratta
mento sanitario, restando a ciò legato da un rapporto di conse
guenzialità il rilievo di cui al secondo motivo e sfuggendo ad ogni vizio di incompletezza l'omesso riferimento ad altre questioni pa lesemente infondate o subordinate.
Il ricorso, che, per il tema proposto, a contenuto prettamente
processuale, è da ricondurre nel quadro della denuncia di vizi
di attività, ex art. 360, n. 4, c.p.c., è fondato.
L'interpretazione dell'art. 342 c.p.c. è stata più volte affronta
ta da questa corte, che ha espresso, in proposito, due indirizzi.
Si è ritenuta, da una parte, necessaria l'indicazione delle statui
zioni impugnate e dei motivi specifici dell'impugnazione, da svol
gersi in modo pur sommario ma non generico ed equivoco, tuttavia
sufficiente a consentire al giudice del gravame di considerare la
fondatezza delle ragioni di esso, anche se comprende il riesame
dell'intera controversia decisa in primo grado; dall'altra, che la
genericità dell'appello ricorre solo ove non sia consentito indivi
duare l'ambito e l'oggetto del gravame, secondo un apprezza mento da condurre in rapporto con il contenuto della sentenza
appellata, di guisa che non occorre una precisa enunciazione del
le ragioni dell'impugnazione se questa investe in toto la sentenza
di primo grado e richieda il riesame di tutta la controversia (cfr.,
per tutte, nel primo senso, Cass. n. 20 giugno 1983, n. 2434 e,
nel secondo, Cass. 30 maggio 1983, n. 3712, Foro it., 1983, I,
1564). La soluzione del problema, coincidente con quello posto dal
l'analogo art. 434 c.p.c. (Cass. 3 maggio 1983, n. 3734, id., Rep.
1983, voce Lavoro (controversie), n. 465), che più propriamente viene ora in considerazione, non può prescindere, ad avviso del
collegio, dalla individuazione della funzione di tali norme e, anzi
tutto, dalla loro netta differenziazione rispetto a quelle che, cor
rispondentemente, prescrivono, a pena di inammissibilità,
l'indicazione dei motivi per le diverse impugnazioni, non devolu
tive, della cassazione (art. 366 c.p.c.) e della revocazione (art. 398 c.p.c.). Tale peculiarità, infatti, in coerenza con la natura
devolutiva, a contenuto tendenzialmente non limitato dell'appel
lo, evidenzia come l'esposizione sommaria dei fatti e dei motivi
specifici dell'impugnazione, prescritta dalla norme ora in questio ne senza alcuna esplicita sanzione di inammissibilità della stessa,
possa intendersi correlata alla funzione del gravame, non sotto
posto a confini diversi da quelli derivanti dagli art. 329 e 346
c.p.c., inerenti alla delimitazione del suo soggetto, e come essa
si assolva mediante il più ampio potere del giudice di prendere conoscenza dei fatti controversi e di riconoscere a questo, per i capi impugnati, la appropriata qualificazione giuridica, anche
per ragioni diverse e non prospettate nei motivi dedotti dalle par ti (art. 113 e 359 c.p.c.), risolvendosi, pur sempre, lo scopo del
l'appello nel riesame delle domande ed eccezioni tempestivamente
spiegate in primo grado, in quanto riproposte e non altrimenti
precluse. Pertanto (senza che si renda necessaria una più approfondita
indagine sugli effetti da riconnettere al vizio che fosse ravvisato — ossia l'inammissibilità del gravame, la nullità dell'atto o, co
me è stato pure ipotizzato, la sua mera irregolarità — , nonché,
correlativamente, sull'efficacia della costituzione dell'appellato), è da ritenere erronea la sentenza impugnata laddove ritiene viola
to il precetto sulla sommaria esposizione dei fatti anche se siano
indicati quegli elementi che, in succinto, consentano di individua
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