sezione lavoro; sentenza 28 novembre 1984, n. 6214; Pres. Franceschelli, Est. Beneforti, P.M.Antoci (concl. conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Nucaro) c. Vitti (Avv. Agostini). AnnullaTrib. Taranto 3 marzo 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 3 (MARZO 1985), pp. 739/740-741/742Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177437 .
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PARTE PRIMA
l'accoglimento della domanda del concedente, nel qual caso la
controversia continuerebbe ad essere regolata, sino alla formazio
ne del giudicato, dalla normativa preesistente. Parte della dottrina mostra di condividere questa interpretazio
ne, pur non potendo nascondere che il termine di preavviso
triennale, previsto dall'art. 42, in uno con la contemporanea
inapplicabilità delle precedenti norme sulla proroga, porterebbe
all'iniquo risultato di precludere al concedente sia il nuovo diritto
di ripresa, sia quello che gli competeva in base alla vecchia
normativa, a tutto vantaggio delle cavillose manovre dilatorie
usualmente poste in essere in tale settore giudiziario ad opera dei
coltivatori che fossero riusciti a protrarre la loro permanenza di
fatto sul fondo.
Per altra parte della dottrina l'eccezione all'eccezione dovrebbe
trovare applicazione solo per i rapporti per i quali, pur essendo
iniziata l'azione giudiziaria, continuerebbe tuttavia la qualità di
rapporti in corso de iure, e quindi la possibilità di beneficiare dei
nuovi termini minimi di durata contrattuale. Ciò giustificherebbe l'estensione della norma anche alle decisioni già passate in
giudicato o transatte.
Osserva questa corte che le disposizioni della nuova legge vanno anzitutto interpretate alla luce della loro sostanza lessicale
e della ratio, che ha indotto il legislatore a dare al rapporto di
affitto un nuovo assetto, che ha cambiato radicalmente la discipli na precedente e che quindi non poteva troncare — senza una
espressa indicazione — l'azione già promossa sulla base della
precedente normativa. Sotto tali profili sembra anzitutto evidente, per la collocazione
delle espressioni terminologiche, che l'eccezione posta alla fine del
1" comma dell'art. 53 è chiaramente diversificata dalla precedente
eccezione, contenuta nello stesso comma, e relativa a tutti i
rapporti previsti nella legge. Proprio perché tale prima eccezione
è genericamente riferita a tutti i rapporti, il legislatore ha inteso
specificare partitamente la disciplina processuale transitoria dei
rapporti relativi al diritto di ripresa.
Pertanto, mentre dall'applicazione della nuova legge a tutti i
rapporti, comunque in corso, restano escluse le controversie
passate in giudicato, o già esecutive o transatte, l'esclusione
dell'applicazione si estende per il diritto di ripresa alle controver
sie ancora in corso e non esecutive.
Questo è il senso preciso della norma, che non ha inteso
minimamente stabilire un parallelismo tra il diritto di ripresa,
previsto dalla vecchia normativa, e quello regolato dalla nuova:
la norma transitoria ha solo un carattere ed una finalità proces suale ed è proprio diretta ad impedire la paralisi triennale
dell'azione del concedente.
La « salvezza procedurale » della prima parte del 1° comma
dell'art. 53, anche sotto il profilo lessicale, è estranea all'art. 42,
per il quale il legislatore ha previsto una estensione più larga dei
criteri di « salvezza », che vengono allargati a tutte le controversie
ancora in corso e non esecutive.
Tale interpretazione costituisce del resto una linea costante
ermeneutica di questa Suprema corte, che recentissimamente (con
sentenza pubblicata il 28 giugno 1984, n. 3729, id., Mass., 756) ha
ritenuto che la norma di cui agli art. 5, 2° e 3° comma, e 34, 4°
comma, 1. n. 203 — per la quale, nel caso di grave inadempimen
to del colono, il concedente, prima di ricorrere al giudice per la
risoluzione del contratto, deve contestare all'affittuario a mezzo di
lettera raccomandata l'inadempimento, suscettibile di sanatoria
entro il termine di tre mesi — non si applica ai giudizi in corso
al momento dell'entrata in vigore della nuova legge sui contratti
agrari, in quanto inerisce ad una condizione di procedibilità della
domanda di risoluzione, ed è quindi estranea alla situazione
processuale già costituita.
Esattamente quindi la corte di merito ha ritenuto applicabile la
normativa preesistente, della quale, in punto di fatto, ha ravvisato
l'esistenza degli elementi che escludevano il protrarsi del regime
di proroga legale. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 28 no
vembre 1984, n. 6214; Pres. Franceschelli, Est. Beneforti,
P.M. Antoci {conci, conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato
Nucaro) c. Vitti (Avv. Agostini). Annulla Trib. Taranto 3
marzo 1980.
Previdenza sociale — Malattia — Assistenza farmaceutica —
Somministrazione di prodotti dietetici — Esclusione (L. 11
gennaio 1943 n. 138, costituzione dell'istituto nazionale assisten
za malattia lavoratori, art. 6).
Il Foro Italiano — 1985.
La somministrazione di prodotti dietetici aventi efficacia terapeu tica complementare di altri trattamenti specifici non rientra
nell'assistenza farmaceutica garantita dall'I.n.a.m. (1)
Svolgimento del processo. — Bunocore Raffaele, Vitti Emanuele
ed altri con separati ricorsi convenivano l'I.n.a.m. davanti al
Pretore di Taranto chiedendo fra l'altro che lo stesso istituto
fosse condannato a somministrare loro le specialità dietetiche
(pane dietetico, pasta dietetica ed acqua minerale) ovvero a
rimborsarne la relativa spesa, specialità che erano state prescritte come indispensabili ai fini del trattamento periodico di dialisi
ospedaliera ed anche per i periodi di cura non dialitica. Il pretore, riuniti i procedimenti, con sentenza in data 14 febbraio 1978
accoglieva la domanda.
Il Tribunale di Taranto, investito d'appello da parte del
l'I.n.a.m., con sentenza in data 12 febbraio-3 marzo 1980 confer
mava tale decisione per i seguenti motivi. Correttamente il primo
giudice aveva ritenuto che fosse compresa nell'assistenza farma
ceutica garantita dall'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138 la sommi
nistrazione dei prodotti dietetici agli ammalati che devono sotto
porsi a nefrectomia, né poteva condividersi il duplice assunto
dell'I .n.a.m. secondo cui tali prodotti concettualmente non erano
assimilabili ai farmaci, non avendo essi alcuna funzione curativa
e in ogni caso l'istituto era tenuto ad erogare l'assistenza
farmaceutica nei limiti del prontuario terapeutico, nella cui de
terminazione esso non aveva alcun potere d'intervento, trattandosi
di elenco di medicinali periodicamente aggiornato con d.m., ai
sensi dell'art. 9 d.l. 8 luglio 1974 n. 264, convertito nella 1. 17
agosto 1974 n. 386, laddove non era prevista la somministrazione
di prodotti dietetici. Come aveva esattamente rilevato il primo
giudice, il concetto di assistenza farmaceutica comprende la
somministrazione dei prodotti necessari per la cura di una
determinata malattia. Nella specie, la somministrazione di prodotti
dietetici, era indispensabile ai fini del successivo trattamento di
dialisi prescritto, perché senza di essa la malattia non poteva essere curata, stante l'assenza di farmaci sostitutivi di tale tratta
mento. Né valeva il richiamo dell'I.n.a.m. al prontuario terapeuti co, poiché la somministrazione di farmaci necessari per la cura
della malattia da cui è affetto l'assicurato deve essere garantita anche quando tali farmaci siano non compresi nello stesso
prontuario e non sostituibili con altri preparati di pari efficacia
terapeutica previsti dal prontuario. Contro tale decisione l'I.n.a.m. ha proposto ricorso per annulla
mento, affidato ad un unico mezzo, cui resiste con controricorso il solo initimato Vitti. Si è costituito in giudizio, contro Buonoco re Raffaele il ministero del tesoro, ufficio liquidazione I.n.a.m.
Motivi della decisione. — Il ricorrente denuncia violazione ed errata interpretazione dell'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138 in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c. lamentando che il
giudice del merito sia pervenuto ad una inammissibile assimila zione di prodotti alimentari, come il pane e la pasta dietetici, nonché l'acqua minerale, ai farmaci veri e propri solo perché essi sono necessari ai fini del trattamento di dialisi. La somministra zione di tali prodotti, secondo lo stesso ricorrente, in nessun caso
può farsi rientrare nel concetto di prestazione d'assistenza farma ceutica ex art. 6, 1° comma, n. 3, 1. n. 138 del 1943, e nemmeno nel novero delle prestazioni farmaceutiche integrative che costituiscono un numerus clausus ai sensi dell'art. 29 del c.c.n.l. corporativo 3 gennaio 1939 per i lavoratori dell'industria.
Il ricorso è fondato. La impugnata equiparazione del pane e della pasta dietetici nonché dell'acqua minerale ai farmaci veri e
propri contrasta, infatti, con una corretta interpretazione letterale e logico-sistematica dell'art. 6 1. 11 gennaio 1943 n. 138 che oltre alle varie forme tipiche di assistenza di malattia, fra cui quella « farmaceutica », prevede « le assistenze integrative » (1° comma, n. 3 e n. 7) demandando alla contrattazione collettiva (dell'allora vigente sistema corporativo) la determinazione della misura e delle modalità delle prestazioni d'assistenza farmaceutica, ospeda liera, integrativa ed economica (ult. comma).
Il giudizio di indispensabilità espresso dal giudice d'appello relativamente alla somministrazione dell'acqua minerale come te
rapia complementare al trattamento di dialisi, cui erano sottoposti gli attuali intimati, si fonda, per un verso, sulle conformi prescri zioni mediche e, per altro verso, su una implicita conferma,
(1) Nel senso che l'utente ha diritto al rimborso del prezzo del medici nale insostituibile ed indispensabile per la cura della malattia da cui sia affetto, ancorché non compreso nel prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale, sez. un. 20 febbraio 1985, n. 1504, in questo fascico lo, I, 672, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
riguardo ai casi di specie, dell'efficacia terapeutica universalmente riconosciuta alle acque minerali come coadiuvanti nella cura di
varie affezioni fra cui, in particolare, quelle renali. Per quanto riguarda il pane e la pasta dietetici anch'essi
prescritti agli intimati nel sudetto trattamento, l'analogo accerta mento della loro indispensabilità si ricollega, sia pure in maniera
inespressa e comunque aderisce al dato normativo secondo cui
sono considerate specialità medicinali le preparazioni dietetiche, i
prodotti per la cosmetica, quelli c.d. igienici ed altri, qualora siano ad essi in qualunque modo attribuiti effetti terapeutici (art. 5 del reg. 3 marzo 1927 n. 478 contenente norme per la
produzione ed il commercio delle specialità medicinali, modificato
con d.p.r. 23 ottobre 1963 n. 1730).
Rileva, pertanto, la corte come la conclusione che il tribunale
ha tratto da tali premesse includendo nella « assistenza farmaceu
tica » anche la somministrazione dell'acqua minerale e degli alimenti dietetici, contrasti innanzi tutto con il rilievo che l'effica
cia terapeutica di determinati prodotti dietetici, farmacologicamen te inerti, non può concettualmente essere assimilata alle specifiche
proprietà curative dei farmaci o medicamenti, quali si desumono
dalle definizioni adottate dalla farmacopea ufficiale italiana (v. 1. 9
novembre 1961 n. 1242) e secondo cui medicamento è ogni sostanza o composizione, presentata come avente proprietà curati
ve o profilattiche delle malattie umane e animali, da sommini
strarsi allo scopo di stabilire una diagnosi o di ripristinare,
correggere o modificare funzioni organiche dell'uomo o dell'ani
male.
Tale definizione coincide nella pratica, con quelle di « farma
co », « prodotto farmaceutico » e « presidio farmaceutico », usate
promiscuamente anche in varie fonti normative (cfr., ad es., gli art. 34 e 35 del regolamento per il servizio farmaceutico r.d. 30
settembre 1938 n. 1706) e ciò nonostante che nel lessico universa
le e specialistico la nozione di « farmaco », estendendosi oltre
l'originario significato etimologico di « rimedio », ormai ricom
prenda in sé qualsiasi sostanza idonea a produrre nell'organismo variazioni funzionali utili o dannose, sia a scopo terapeutico sia
per indagini di carattere biologico o per altri scopi in rapporto alle sue proprietà fisico-chimiche ed in relazione alle proprietà
dell'organismo, mentre quando l'impiego del farmaco sia rivolto a
ricondurre alla normalità una funzione patologicamente alterata
od a favorire il processo riparativo di una lesione si ricorre alla
più appropriata espressione di « medicamento ».
Come il trattamento mediante farmaci costituisce soltanto uno
dei vari mezzi terapeutici a disposizione della medicina, cosi le
proprietà curative di determinati prodotti dietetici farmacologica mente inerti, considerati « specialità medicinali », si distinguono nettamente dalle specifiche proprietà dei farmaci somministrati in
« dosi medicamentose ».
L'interpretazione delia norma in esame, d'altra parte, non
evidenzia alcun valido elemento che autorizzi a ritenere compresa nell'assistenza farmaceutica a carico dell'ente anche ogni altra
forma di assistenza integrativa o « parafarmaceutica », in genere, ed in particolare la somministrazione di alimenti dietetici e
d'acqua minerale come quelli prescritti nella specie agli attuali
intimati, perché complementari o preparatori ai trattamenti di
dialisi o chirurgia renale.
L'estensione, invece, operata dal giudice del merito, oltre a
contrastare con il significato proprio dell'espressione « assistenza
farmaceutica », da intendersi nel senso di somministrazione di
prodotti e sostanze terapeutiche aventi specifiche proprietà farma
cologiche, urta anche con il rilievo, d'ordine logico-sistematico, che le « assistenze integrative » menzionate nella norma in esame,
com'è fatto palese dal chiaro tenore di questa, differiscono, per
definizione, dalle corrispondenti forme di assistenza di malattia, con la conseguenza che, per ciò che riguarda in particolare l'assistenza integrativa di quella farmaceutica, essa, se ed in
quanto fosse prevista, potrebbe consistere soltanto nella sommini
strazione di prodotti diversi dai farmaci o medicamenti.
Nella materia, com'è controverso, diffetta una specifica previ sione normativa dell'assistenza para-farmaceutica poiché le uniche
forme di assistenza integrativa previste dall'art. 29 in relazione
all'art. 10, n. 8, del contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939
sulla disciplina del trattamento mutualistico di malattia degli
operai dell'industria (rimasto efficace erga omnes in forza dell'art.
43 d.1.1. 23 novembre 1944 n. 365) consistono nella cura degli
iscritti in stabilimenti idroterapici, balneari ed in convalescenziari,
ed in altre forme di assistenza non integrative di quella farmaceu
tica.
Per effetto della rilevata non equiparabilità dell'assistenza far
maceutica della somministrazione di prodotti dietetici ed acqua
Il Foro Italiano — 1985.
minerale, aventi efficacia terapeutica complementare di altri trat
tamenti specifici, non è, d'altra parte, prospettabile una lesione del
diritto alla tutela della salute riconosciuto dall'art. 38 Cost.,
poiché l'attuale limitazione normativa dell'assistenza di malattia
alla sola somministrazione di farmaci mentre è sorretta da criteri
obiettivi ed uniformi, trova, inoltre, giustificazione nelle complesse
esigenze economico-organizzative di un ordinamento assistenziale
tuttora in evoluzione. Condizioni di uniformità ed eguaglianza sono del resto assicurate anche nel' nuovo ordinamento sanitario
(v. art. 5 1. 29 febbraio 1980 n. 33) che se, da un lato, garantisce a tutti i cittadini l'assistenza farmaceutica, dall'altro lato, fa salvi
le modalità ed i limiti per essa previsti nelle convenzioni, nel
prontuario farmaceutico e nella 1. 5 agosto 1978 n. 484, assicu
rando altresì l'assistenza integrativa, ma solo nei limiti delle
prestazioni ordinarie erogate agli assistiti dal disciolto I.n.am.
L'impugnata sentenza deve, pertanto, essere annullata con rin vio ad altro giudice il quale riesaminerà la domanda attenendosi alla sopra enunciata interpretazione dell'art. 6, 1° comma, n. 3, 1. 11 gennaio 1943 n. 138, norma questa da intendersi, cioè, nel senso che nell'assistenza farmaceutica a carico dell'istituto non è
compresa la somministrazione di alimenti dietetici e di acqua minerale. Lo stesso giudice del rinvio provvederà anche al
regolamento delle spese del presente giudizio (art. 385 c.p.c.).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 novem bre 1984, n. 6186; Pres. Granata, Est. Rocchi, P. M. Canta galli (conci, conf.); Fall. impr. Frigerio e altri (Avv. Moric
ca, Lanni) e. Frasconi (Avv. Lancellotti, Luzzani) e altro. Cassa App. Milano 9 marzo 1982.
Privilegio — Impresa artigiana — Nozione — Fattispecie (Cod.
civ., art. 2751 bis; 1. 25 luglio 1956 n. 860, norme per la di
sciplina giuridica delle imprese artigiane, art. 1, 9).
L'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane costituisce il presup posto per fruire delle agevolazioni tributarie disposte a favore di tale categoria di imprese, ma non vale certamente a costitui re ad altri fini un vero e proprio status, né a far sorgere presunzioni circa la suddetta qualificazione (nella specie ciò è
stato affermato in relazione al privilegio generale sui mobili del
debitore spettante ai creditori dell'impresa artigiana). (1)
(1) Giurisprudenza apparentemente concorde. Apparentemente in quanto, se è vero che si è costantemente affermato che dall'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane non nasce una presunzione assoluta circa il carattere artigianale dell'impresa ed è pertanto pienamente ammissibile che venga fornita prova contraria, non è invece al trettanto pacifico che dall'iscrizione nell'albo non nasca una pre sunzione semplice tale da dispensare l'imprenditore dall'onere di provare la propria natura di artigiano, ed esentare i giudici da ulteriori
indagini, nei casi in cui la controparte non eccepisca alcuna prova contraria, ciò che era stato sostenuto dalla corte milanese. Infatti nella
più parte dei casi la Cassazione non è stata chiara sul punto, limitandosi a dire che dall'iscrizione non nascono presunzioni assolute circa la qualificazione artigianale dell'impresa (sent. 10 dicembre 1983, n. 7309, Foro it., Rep. 1983, voce Artigiano, n. 5; 26 ottobre 1982, n.
5599, id., Rep. 1982, voce cit., n. 3; 16 febbraio 1982, n. 981, ibid., n.
4) oppure che l'iscrizione non attribuisce a titolo definitivo ed indiscutibile tale qualificazione, cosi da precludere ogni possibilità di dare dimostrazione del contrario da parte di colui che sia interessato a contestarla (sent. 2 marzo 1982, n. 1287, ibid., n. 5; 11 luglio 1981, n.
4526, id., Rep. 1981, voce cit., n. 7; 17 maggio 1979, n. 2853, id., Rep. 1979, voce cit., n. 3) o anche che non può escludersi la natura
artigiana di un'impresa per il semplice fatto della mancanza d'iscrizio ne (sent. 8 gennaio 1980, n. 144, id., Rep. 1980, voce cit., n. 11). Ciò ha portato incertezze tra i giudici di merito di cui sono esempio sia la sentenza della corte di Milano, cassata dalla sentenza in epigrafe, sia la coeva Trib. Genova 4 agosto 1982, id., Rep. 1983, voce Privilegio, n. 10, per cui il privilegio sui crediti ex art. 2751 bis, n. 5, c.c.
compete all'artigiano che provi l'effettiva ricorrenza dei requisiti neces sari per il riconoscimento della propria qualità, rilevando a tal fine come presunzione semplice l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane. V., pure, Trib. Palermo 13 gennaio 1979, id., Rep. 1980, voce
Artigiano, n. 4. La giurisprudenza della Corte di cassazione è comunque costan
te nell'affermare il carattere dichiarativo e non costituivo dell'iscri zione nell'albo, la quale è necessaria solo per ottenere la con cessione delle agevolazioni previste per le imprese artigiane (v., ad
es., sent. 22 febbraio 1980, n. 1271, id., Rep. 1980, voce cit., n. 10; 8
gennaio 1980, n. 144, cit.; 9 maggio 1980, Vignanelli, id., Rep. 1981,
voce cit., n. 9), pur se vi è un'isolata pronuncia in senso contrario
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