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sezione lavoro; sentenza 3 giugno 1985, n. 3302; Pres. Dondona, Est. Muglia, P. M. Morozzo Della...

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sezione lavoro; sentenza 3 giugno 1985, n. 3302; Pres. Dondona, Est. Muglia, P. M. Morozzo Della Rocca (concl. diff.); Industria dolciaria Pandoro Regale (Avv. Vinco Da Sesso) c. Spinola (Avv. D'Amati, Gaspari). Cassa Trib. Verona 31 gennaio 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 3 (MARZO 1986), pp. 739/740-741/742 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180226 . Accessed: 24/06/2014 22:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.52 on Tue, 24 Jun 2014 22:04:05 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 3 giugno 1985, n. 3302; Pres. Dondona, Est. Muglia, P. M. Morozzo DellaRocca (concl. diff.); Industria dolciaria Pandoro Regale (Avv. Vinco Da Sesso) c. Spinola (Avv.D'Amati, Gaspari). Cassa Trib. Verona 31 gennaio 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 3 (MARZO 1986), pp. 739/740-741/742Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180226 .

Accessed: 24/06/2014 22:04

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PARTE PRIMA

elenchi di base, art. 19), non par dubbio che, a graduatorie formate ed approvate, le aspirazioni e legittime aspettative, che si

riconnettavano all'iscrizione negli elenchi ed alla presentata do

cumentazione, si tramutino, quanto all'assunzione e collocazione

in categorie tradizionali, in diritti condizionati alla posizione in

graduatoria e in diritti soggettivi perfetti ed incondizionati allor

ché quell'assegnata posizione sia raggiunta nella fase esecutiva

della graduatoria e l'interessato sia avviato concretamente per l'assunzione — con la lata qualifica (operaia o impiegatizia)

attribuitagli — presso l'azienda obbligata e richiedente nel modo

di cui si è detto. Trattasi evidentemente a questo punto, per il

soggetto avviato, di un diritto soggettivo ad contrahendum, alla

costituzione, cioè, insieme alla parte imprenditoriale obbligata, di

un contratto individuale di lavoro subordinato avente ad oggetto, secondo le linee essenziali legate all'iscrizione, all'approvata gra duatoria ed alla raggiunta posizione, prestazione d'opera subor

dinata intellettuale lato sensu.

Il contenuto concreto del contratto di questo tipo oggettuale

(nel genus contratto di lavoro) sarà pur sempre l'effetto di una

pattuizione delle parti private, agenti nell'area residua di autono

mia negoziale compatibile con le disposizioni relative al colloca

mento obbligatorio, ma la conclusione di quel tipo oggettuale di

negozio, per il quale il lavoratore risulti abilitato in virtù

dell'accenata procedura, non potrà lecitamente rifiutarsi dalla

parte imprenditoriale, o commutarsi in altro tipo diverso per

l'oggetto (anche se pertinente anch'esso il genus contratto di

lavoro), in virtù di un atto volitivo unilaterale devoluta per convenienza aziendale alla collocazione, dell'avviato lavoratore

protetto ex lege, nella categoria operaia anziché nella categoria

impiegatizia, fermo tuttavia il punto che per il livello (o i livelli)

dell'impiegato di concetto l'imprenditore, pur nel regime della

collocazione obbligatoria, ha diritto di scelta nominativa (art. 16,

penult, comma) e che pertanto non è configurabile a tale spe cifico riguardo un diritto per chi sia avviato all'azienda senza o

al di fuori di scelta nominativa.

In questo senso precisata la motivazione del tribunale (dove è

scritto « l'uomo giusto al posto giusto », con valore tendenziale,

non assoluto), motivazione che d'altronde in concreto ha condotto

al solo riconoscimento, per il geometra Sanzina, del più basso

livello della categoria impiegatizia (onde non trova giustificazione sotto alcun profilo la doglianza della Metalfer circa il non aver

bisogno o disponibilità di un tecnico provvisorio di quel titolo di

studio), anche ogni altra argomentazione della ricorrente non ha

fondamento.

Da Cassazione 2 marzo 1979, n. 1322 (id., 1979, 1, 1462) la ricor

rente trae che la 1. n. 482 del 1968 non assegna all'ufficio provincia le del lavoro, per quanto attiene il collocamento in sé, una funzio

ne diversa da quella tradizionale che già esso ufficio svolge in virtù

della disciplina generale e che si compendia essenzialmente nella

mediazione tra domanda ed offerta di lavoro senza alcuna predeter minazione vincolante del contenuto del futuro rapporto e da una

posizione tanto più caratterizzata dalla centralità in quanto resta

necessariamente pubblica; che neppure per gli invalidi l'atto di

avviamento può contenere in tutto o in parte le clausole regola trici del rapporto; che qualifiche e mansioni attendono di essere

concretamente specificate, come avviene di norma, dalle parti;

che nulla legittima l'ufficio provinciale del lavoro ad accertare o

comunque verificare le attitudini lavorative e professionali del

disoccupato (le quali vanno da costui documentate ad evidenti

fini orientativi dell'ufficio nella propria istanza di iscrizione nelle

liste).

Questi rilievi tuttavia esprimono momenti d'indagine, oggetti

specifici e problemi sensibilmente diversi da quelli esaminati nella

presente controversia, dove non è questione del riconoscimento di

particolare qualifiche o livelli nell'interno della categoria di ap

partenenza, bensì questione di categoria impiegatizia, anziché di

categorie operaie, e dove non è questione di particolari « clauso

le » del contratto stipulabile (certo non imponibili dall'ufficio

provinciale del lavoro preposto nell'avviamento dei soggetti riser

vatari o protetti ai sensi di legge), bensì dell'oggetto essenziale

del contratto stipulabile. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1986.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 giugno

1985, n. 3302; Pres. Dondona, Est. Muglia, P. M. Morozzo

Della Rocca (conci, diff.); Industria dolciaria Pandoro Regale

(Avv. Vinco Da Sesso) c. Spinola (Aw. D'Amati, Gaspari).

Cassa Trib. Verona 31 gennaio 1981.

Lavoro (rapporto) — Manipolazione di sostanze alimentari aa

parte di lavoratore sprovvisto del prescritto libretto sanitario —

Tutela del diritto alla salute pubblica — Nullità del rapporto — Conseguenze (Cost., art. 32; cod. civ., art. 1346, 1418, 2110,

2126; 1. 30 aprile 1962 n. 283, modificazioni degli art. 242, 243,

247, 250, 262 t.u. legge sanitaria 27 luglio 1934 n. 1265, disci

plina igienica della produzione e della vendita delle sostanze

alimentari e delle bevande, art. 14).

Il divieto, ex art. 14 l. 283/62, di assumere o mantenere in

servizio per la produzione, preparazione, manipolazione e ven

dita di sostanze alimentari, personale non munito del libretto di

idoneità sanitaria, ha carattere di norma imperativa attinente

all'ordine pubblico, posta a tutela non del prestatore di lavoro

bensì del preminente diritto alla salute pubblica; pertanto

l'attività lavorativa, posta in essere contravvenendo al divieto,

è illecita e non può essere tutelata neppure in vista del

riconoscimento del credito derivante da un rapporto di lavoro

di fatto (nella specie, la lavoratrice assunta e avviata il giorno stesso nel reparto lavorazione sostanze alimentari a condizio

ne che presentasse l'apposito libretto sanitario, è stata allon

tanata dal lavoro non appena dalle analisi, pervenute nella mat

tina successiva all'assunzione, è risultato che essa fosse portatrice di salmonella). (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso 3 settembre 1980 al

Pretore di Verona, quale giudice del lavoro, Susanna Spinola

esponeva di essere stata verbalmente assunta come operaia dalla

Ditta Quaglia-Dolci di s. Maria di Zevio (VR) per prestare la

propria opera dal 17 settembre 1979; di avere lavorato nella

giornata del 17 settembre e nella mattinata successiva allorquan

do, pervenuti i risultati delle analisi eseguite dall'ufficiale sanitario

secondo le quali essa Spinola risultava portatrice di salmonella,

era stata invitata ad astenersi dal lavoro; di essersi ripresentata in

azienda il mese successivo, munita della prescritta attestazione di

idoneità al lavoro, ma di avere nell'occasione appreso di essere

già stata licenziata perché il rapporto di lavoro non era stato

confermato.

Tanto premesso, la ricorrente, assumendo che la malattia per

(1) In ordine ai soggetti tenuti ad avere il libretto sanitario ed ai

tipi di attività per le quali esso è richiesto ex art. 14 1. 283/62, cfr. la

nota a Pret. Salerno, ord. 22 giugno 1983, Foro it., 1984, II, 359.

Con riferimento all'art. 2126, 1° comma, ultima parte, c.c., per un precedente in senso conforme, v. Cass. 26 luglio 1983, n. 5093,

id., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 1120 (commessi di

farmacia che avevano svolto attività di vendita di prodotti medicinali, riservata per legge ai farmacisti).

La corte richiama, in motivazione, Cass., sez. un., 8 maggio

1976, n. 1609, id., 1976, I, 1851, la quale indicava, come unica ipotesi in cui non si può ricorrere alla tutela offerta al lavoratore dall'art.

2126, l'illiceità della causa o dell'oggetto, dovuta all'incompatibilità

degli elementi del contratto con i principi di ordine pubblico stretta

mente intesi. Sembra cosi riaprirsi una via — quella della maggiore tutela del

lavoratore attraverso la distinzione tra contrarietà a norma imperativa e illecita della causa e dell'oggetto — che era stata improvvisamente « chiusa » dalle stesse sezioni unite (sent. 12 novembre 1983, n. 6730,

id., 1984, I, 92, con nota di R. Pardolesi), a cui dire il contratto di

agenzia stipulato da chi non sia iscritto al ruolo è nullo per contrarietà a norma imperativa, senza che possa trovar applicazione la

tutela ex art. 2126 (e c'è da chiedersi, al riguardo, se l'omissione del

legislatore che, nel dettare la nuova disciplina dell'agente « abusivo » — art. 9 1. 3 maggio 1985 n. 204, Le leggi, 1985, 1133 — ha

dimostrato, « per strada », di vietare la stipulazione di contratti di

agenzia nei quali l'agente non sia iscritto al ruolo — divieto

imperativamente sancito (ma, per taluno, si trattava di ininfluente

superfetazione normativa) dal previgente art. 9, 2° comma, 1. 12 marzo 1978 n. 316 — non offra nuova materia per alimentare la polemica).

La pronuncia menzionata da ultimo contraddice le sentenze rese nello stesso anno dalla sezione lavoro, non solo in tema di agenzia

(Cass. 26 gennaio 1983, n. 726, Foro it., Rep. 1983, voce Agenzia, n.

26), ma anche in quello, più vario e generale, del rapporto di lavoro in vista dell'applicazione dello stesso art. 2126: Cass. 19 gennaio 1983, n. 527, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 562 (nelle prestazioni lavorative a favore di ente pubblico non configurabili come di pubblico impiego si applica, salvi i casi di illiceità dell'oggetto o della causa, l'art.

2126); 7 marzo 1983, n. 1675, ibid., n. 558, e 7 maggio 1983, n.

3144, ibid., n. 557 (il difetto del requisito dell'iscrizione negli albi

giornalistici non osta all'applicazione del 1° comma dell'art. 2126).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

essere insorta dopo la costituzione del rapporto di lavoro, aveva

paralizzato il licenziamento fino alla guarigione, chiedeva la

condanna del titolare dell'azienda dolciaria al pagamento del

trattamento economico per malattia, dei ratei di ferie e dell'inden

nità di anzianità fino alla data di cessazione della malattia, avvenuta il 17 ottobre 1979.

Costituitasi in giudizio, la convenuta eccepiva che mai si era

costituito inter partes un valido rapporto di lavoro subordinato, sia perché la lavoratrice era stata avviata nel reparto lavorazione del pandoro alla condizione che presentasse l'apposito libretto di

idoneità sanitaria siccome prescritto dall'art. 14 1. n. 283/62, sia

perché non si poteva ritenere che fosse sorto e si fosse costituito

un valido rapporto di lavoro subordinato, benché la Spinola fosse stata avviata ed avesse lavorato per poco ostandovi la nullità radicale discendente dal 2° comma dell'art. 14 1. n. 283/62 sulla disciplina igienica della produzione e della vendita delle

sostanze alimentari.

Dopo aver escusso alcuni testi il giudice adito con sentenza 30

ottobre 1980, in accoglimento della domanda, condannava la ditta

Pandoro Regale al pagamento della somma di lire 865.527 oltre al

rimborso delle spese di lite in favore della lavoratrice.

Ricostituitosi il contraddittorio a seguito d'appello proposto dalla ditta soccombente, il Tribunale di Verona con sentenza 31

gennaio 1981 rigettava l'impugnazione osservando tra l'altro: che

il mancato rispetto da parte della Pandoro Regale dell'obbligo

imposto dall'art. 14 1. n. 283/62 di non assumere o mantenere in

servizio, per le lavorazioni concernenti la preparazione o la

manipolazione delle sostanze, alimentari, personale non munito di

libretto di idoneità sanitaria, nulla toglieva all'instaurazione del

rapporto tra le parti perché la ratio della disposizione legislativa

poggia sulla tutela della salute del consumatore e non può andare

a scapito del lavoratore, ove il rapporto di lavoro sia già iniziato; che lo stato di malattia è nella normalità dei casi un fenomeno

transeunte e pertanto il lavoratore ben può godere della garanzia

prevista a sua tutela dall'art. 2110 c.c.; che peraltro non si

appalesava pertinente il richiamo all'art. 2126 c.c., perché in base

ai principi generali del diritto civile non era dato riscontrare nella

fattispecie illiceità né della causa, da individuarsi nel rapporto

sinallagmatico, né nell'oggetto, costituito — sotto il profilo che ne

interessava — dalla prestazione di un'attività perfettamente legit tima.

Ha proposto ricorso per cassazione la ditta Pandoro Regale deducendo un motivo di annullamento illustrato da successiva memoria. Ha resistito con controricorso la lavoratrice.

Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo di ricorso, denun ciando falsa applicazione dell'art. 14 1. n. 283/62 e degli art.

1418, 1346 e 2126 c.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.), la ditta dolciaria si

duole che il tribunale abbia ritenuto costituito un valido rapporto di lavoro solo perché la Spinola — pur priva del libretto di

idoneità sanitaria — era stata addetta alla lavorazione del « Pan doro Regale » per una giornata, con conseguente diritto alla

conservazione del posto per malattia, obliterando il principio che

la sospensione del rapporto a causa di malattia non può essere

applicato nel caso in cui sia già sorto un normale rapporto di

lavoro ma non già nel caso nel quale la violazione di norme

imperative in materia di igiene abbia impedito la costituzione di un qualsiasi rapporto di lavoro.

Il motivo è fondato. L'art. 14 1. 30 aprile 1962 n. 283 pone

l'esplicito divieto di « assumere o mantenere in servizio per la

produzione, preparazione, manipolazione e vendita di sostanze

alimentari, personale non munito del libretto di idoneità sanita ria ».

Il divieto è sanzionato penalmente (3° comma) non solo a

carico del datore di lavoro ma anche del lavoratore se, pur a

conoscenza di essere affetto da manifestazioni di malattia infettiva

diffusiva, continui ad attendere alla preparzione, produzione,

manipolazione o vendita di sostanze alimentari.

All'evidenza trattasi di norma imperativa attinente all'ordine

pubblico e posta a tutela non del prestatore di lavoro bensì del

diritto alla salute, costituzionalmente garantito in via preminente alla generalità dei cittadini.

Ne consegue che l'attività lavorativa di un addetto alla lavora

zione di dolciumi in violazione dell'art. 14 1. n. 283/62, e cioè

senza essere munito dell'apposito libretto di idoneità sanitaria

rilasciato dall'ufficiale sanitario non può essere considerata —

come invece ritenuto dal giudice del merito — né ai fini di

ritenere instaurato un valido rapporto di lavoro — con il

conseguenziale diritto alla conservazione del posto per sopravve nuta malattia (art. 2110 c.c.) — e neppure al più limitato fine del

riconoscimento di crediti di lavoro atteso che, con riferimento

Il Foro Italiano — 1986.

alla disciplina dettata dall'art. 2126 c.c., la illiceità di detta attività

rende inconcepibile la sua protezione neppure per l'attuazione che

ne sia stata fatta.

Invero l'art. 2126 c.c., nel disporre che la nullità o l'annulla

mento del contratto non produce effetti per il periodo in cui il

rapporto ha avuto esecuzione, fa salve le ipotesi in cui la nullità

derivi da illiceità dell'oggetto o della causa.

Il 2° comma del citato articolo pone una ulteriore riserva a

favore del lavoratore stabilendo che la retribuzione è dovuta

sempre se la nullità del contratto è conseguenza della violazione

di norme poste a tutela del lavoratore.

Resta pertanto palese la ratio delle cennate disposizioni siccome

diretta ad assicurare al lavoratore il diritto alla retribuzione

secondo il criterio del quod actum est: purché la prestazione non

sia consistita in attività estrinsecata in violazione di norme

imperative con riguardo alla illiceità dell'oggetto o della causa.

Questa corte, a sezioni unite, con sentenza n. 1609 dell'8

maggio 1976 (Foro it., 1976, I, 1851), proprio con riferimento

all'art. 2126 c.c. ha avuto modo di precisare che «il contratto

spiega i suoi effetti di ordine patrimoniale quando non contrasti

coi principi » giuridici ed etici fondamentali dell'ordinamento, in conformità coi principi costituzionali di tutela del lavoro in

tutte le sue forme di applicazione e del diritto del lavoratore ad

una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro

svolto, i quali possono trovare resistenza solo in altri valori tutelati anch'essi da principi costituzionali.

Stando cosi le cose, non può dubitarsi che la prestazione di

lavoro impiegata nella manipolazione di sostanze alimentari da

parte di soggetto non munito del prescritto libretto di idoneità

sanitaria, è in aperto contrasto sia con un principio preminente di ordine pubblico (la tutela della salute pubblica) sia con una norma imperativa di per se stessa attinente all'ordine pubblico.

Pertanto, ad un siffatto rapporto contrattuale nullo in radice per incompatibilità con precetti imperativi non si può accordare alcuna protezione neppure sotto il profilo della sopravvivenza di

un rapporto di fatto.

Ciò posto, erra il giudice del merito se a fronte della pretesa diretta a rivendicazioni di natura patrimoniale da parte di lavora

tore (nella specie per una giornata e mezza) impiegato nella

produzione di sostanze alimentari, ancor prima che lo stesso risulti sanitariamente idoneo a mezzo dell'apposito libretto rila sciato dall'ufficiale sanitario, accolga la domanda anziché disat tenderla sul rilievo della insussistenza di diritti soggettivi tutela bili a norma dell'art. 2110 oppure dell'art. 2126 c.c., perché adibizione e correlativamente prestazione, fatte in patente viola zione di un divieto di legge sanzionato penalmente (art. 14 1. n.

283/62) e posto a tutela di un interesse collettivo preminente rispetto alla protezione dei diritti soggettivi individuali, e cioè la

salute pubblica che è un valore tutelato dalla Costituzione (art. 32). Il ricorso merita pertanto accoglimento con rinvio alla causa ad

altro giudice di pari grado per nuovo esame in conformità degli enunciati principi. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 30 maggio 1985, n. 3270; Pres. Brancaccio, Est. Ramat, P. M. Cantagal li (conci, conf.); Graceffa (Avv. Napoli) c. Soc. Alitalia (Avv. Marazza). Cassa Trib. Roma 12 marzo 1983.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Appello —

Udienza di discussione — Mancata comparizione delle parti —

1 inprocedibilità — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 348, 437).

Nel rito del lavoro la mancata comparizione delle parti all'udien za di discussione del giudizio di appello non ne determina la

improcedibilità. (1)

(1) Dopo l'iniziale contrasto sul punto dell'applicabilità dell'art. 348 c.p.c. al giudizio d'appello nel rito del lavoro che si ebbe a registrare all'interno della sezione lavoro, le sezioni unite, con sentenza 26 marzo 1982, n. 1884, Foro it., 1982, I, 1280, con nota di richiami, decisero per la non applicabilità della succitata disposizione.

La sezione si è uniformata a tale orientamento, cfr. Cass. 6 maggio 1985, n. 2846, id., Mass., 536; 28 novembre 1984, n. 6209, 15 novembre 1984, n. 5799, 1° ottobre 1984, n. 4858, 3 luglio 1984, n. 3895, 29 giugno 1984, n. 3838, 10 agosto 1983, n. 5342, id., Rep. 1984, voce Lavoro e previdenza (controversie), nn. 409, 408, 410, 381, 224, 411.

Si osservi che al pronto adeguamento della sezione lavoro alla giurisprudenza delle sezioni unite non è corrisposto, altrettanto pron

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