sezione lavoro; sentenza 30 ottobre 2002, n. 15366; Pres. Senese, Est. Stile, P.M. Frazzini (concl.conf.); Rosin (Avv. Scognamiglio) c. Soc. Alitalia Linee aeree italiane (Avv. Marazza). ConfermaTrib. Roma 17 marzo 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 1 (GENNAIO 2003), pp. 141/142-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198113 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
vato (v. Cons. Stato, sez. IV, 1333/96, id., Rep. 1997, voce cit., n. 44; Tar Piemonte, sez. II, 13 gennaio 1997, n. 43, id., Rep. 1998, voce cit., nn. 41-44; Tar Lazio, sez. I, 10 febbraio 1987, n. 287, id., Rep. 1987, voce cit., n. 44), non sembra che sia tale
quello adottato dall' Aima nella nota prot. n. 1981 in data 29 lu
glio 1997 (oppure, v. doc. 1 fase. Aima, 1° agosto 1997), ove si fa generico riferimento ad un processo verbale, nemmeno pro dotto in giudizio, «di constatazione e notifica che la guardia di finanza - nucleo regionale polizia tributaria di Bari (...) ha tra smesso con nota n. 3738/GRF/3/7341 del 9 febbraio 1994, re datto nei confronti della Primignanum ora Primeolive s.r.l., in cui si comunica di aver rilevato importi indebitamente percepiti a titolo di aiuto al consumo di olio di oliva per un importo di lire 401,790.755».
Ciò non consente di valutare in concreto quali siano le «ra
gioni di credito» dell'amministrazione, se esse siano sostenute da elementi sufficienti a farle ritenere ragionevolmente esistenti
(v. Cons. Stato, sez. IV, 350/98, id., Rep. 1998, voce Contratti della p.a., n. 444) ed a giustificare il provvedimento di fermo
(anche sotto il profilo della sussistenza dei presupposti di cer
tezza, liquidità ed esigibilità del credito opposto in compensa zione, ai sensi dell'art. 1243 c.c.).
Il provvedimento-, quindi, è illegittimo e dev'essere disappli cato.
In secondo luogo, soprattutto, poiché l'amministrazione «de ve attivarsi al fine di ottenere che la propria 'ragione di credito' si tramuti in credito vero e proprio» (v. App. Napoli 14 novem
bre 2000, cit.), si deve considerare che essa ha omesso di pro porre opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di
Roma il 9 giugno 1997, così rinunciando a far valere ed a chie
dere il definitivo accertamento del credito opposto in compen sazione.
Né è pertinente l'obiezione della difesa erariale (peraltro contestata dalla convenuta), secondo cui il provvedimento di
fermo sarebbe stato adottato (il 29 luglio o 1° agosto 1997) do
po che il decreto ingiuntivo era già divenuto esecutivo (il 2 ago sto 1997, munito della formula esecutiva il 18 settembre 1997,
dopo che il 29 luglio 1997 era scaduto il termine di quaranta
giorni per proporre l'opposizione). Ciò che rileva, infatti, è che le ragioni di credito addotte dal
l'amministrazione a sostegno del fermo (e riguardanti la restitu
zione di aiuti indebitamente erogati alla società) erano da essa
conosciute già dal 1994, come risulta dal riferimento contenuto
nel provvedimento di fermo alla citata nota della guardia di fi
nanza - nucleo regionale polizia tributaria di Bari avente data 9
febbraio 1994 nonché alla nota n. 221 del 23 febbraio 1994 con
cui l'Aima chiese la restituzione delle somme. L'Aima, quindi, avrebbe potuto e dovuto proporre l'opposi
zione al decreto ingiuntivo e, in mancanza, è inibito al giudice dell'esecuzione e dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. l'esame
delle circostanze preesistenti alla formazione del titolo esecuti
vo, le quali (per giurisprudenza costante) avrebbero dovuto es
sere fatte valere nell'ambito di quel giudizio. All'amministrazione, pertanto, non resta che agire in sede or
dinaria per l'accertamento della fondatezza della propria prete sa, senza poter più effettuare quella compensazione alla quale il fermo è finalizzato.
Ne consegue, anche sotto questo profilo, l'illegittimità del
provvedimento di sospensione del pagamento (per carenza dei
requisiti di temporaneità e ragionevolezza), che ne giustifica la
disapplicazione.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 30 otto bre 2002, n. 15366; Pres. Senese, Est. Stile, P.M. Frazzini
(conci, conf.); Rosin (Avv. Scognamiglio) c. Soc. Alitalia -
Linee aeree italiane (Avv. Marazza). Conferma Trib. Roma 17 marzo 2000.
Lavoro in materia di navigazione marittima, interna ed ae rea — Pilota di aeromobile —
Raggiungimento del sessan tesimo anno d'età — Diritto alla prosecuzione del rappor to di lavoro — Limiti (Cod. nav., art. 687, 731, 914; d.leg. 6 marzo 1948 n. 616, approvazione della convenzione interna zionale per l'aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicem bre 1944, art. 1; 1. 13 maggio 1983 n. 213, modifiche di alcu ne disposizioni del codice della navigazione relative alla na
vigazione aerea, art. 3; d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566, ap provazione del regolamento in materia di licenze, attestati e
abilitazioni aeronautiche, ai sensi dell'art. 731 cod. nav., co
me modificato dall'art. 3 1. 13 maggio 1983 n. 213, art. 9; 1. 11 maggio 1990 n. 108, disciplina dei licenziamenti indivi duali, art. 4; 1. 29 dicembre 1990 n. 407, disposizioni diverse
per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993, art. 6; d.p.r. 27 marzo 1992 n. 279, regolamento recante modi
ficazioni al regolamento in materia di licenze, attestati e abi
litazioni aeronautiche, approvato con d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566, art. 1).
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento illegittimo — Ordine di reintegrazione — Riforma in appello — Somme corri
sposte al lavoratore dopo il licenziamento — Natura —
Obbligo di restituzione — Limiti (Cod. proc. civ., art. 336; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e di
gnità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sin
dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 18; 1. 11 maggio 1990 n. 108, art. 1).
Il pilota di aeromobile addetto alle funzioni di primo o secondo
pilota che abbia compiuto il sessantesimo anno di età non ha
diritto, se ha maturato i requisiti pensionistici, alla prosecu zione del rapporto di lavoro in quanto la licenza di abilita
zione non consente di svolgere tali mansioni a chi abbia rag
giunto l'età indicata; ha invece diritto (se abbia optato in tal
senso) alla prosecuzione fino al sessantacinquesimo anno di
età nei casi in cui fosse, in precedenza, addetto a mansioni di
terzo pilota o di istruttore o nel caso in cui non abbia rag
giunto i requisiti pensionistici (in quest'ultimo caso il datore
di lavoro è tenuto a rinvenire, nell'organizzazione aziendale, mansioni compatibili con la sua ridotta abilitazione). (1)
Nel caso di riforma, da parte del giudice d'appello, della sen
tenza di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licen
ziamento del lavoratore disponendone la reintegrazione nel
posto di lavoro, il lavoratore è tenuto a restituire le somme
(di natura risarcitoria) corrisposte dal datore di lavoro, in
esecuzione della sentenza di primo grado, a decorrere dalla
data del licenziamento e fino alla sentenzà che ha disposto la
reintegrazione e, se corrisposta, l'indennità sostitutiva della
reintegrazione per la quale il lavoratore abbia eventualmente
optato; non è invece tenuto a restituire quanto corrispostogli tra la sentenza di primo grado e quella d'appello. (2)
( 1 ) Giurisprudenza ormai consolidata: v., da ultimo, citata in motiva
zione, Cass. 6 agosto 2001, n. 10882, Foro it., 2002,1, 107, con nota di richiami.
(2) La sezione lavoro, con la sentenza in rassegna, si rifà al preva lente orientamento della giurisprudenza di legittimità che attribuiva so
stanzialmente, alle somme corrisposte dal datore di lavoro tra la data della reintegrazione e la sentenza d'appello che aveva modificato la
prima sentenza, natura di retribuzione, anche se di fatto la reintegrazio ne non era avvenuta, in base alla riaffermata vigenza della lex contrac tus. In questo senso, cfr., da ultimo (oltre alla sentenza 13854/99, Foro
it., Rep. 2000, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 206, citata in motivazione), Cass. 2 maggio 2000, n. 5485, ibid., voce Lavoro
(rapporto), n. 1879, e, a fini diversi, quanto alla equiparazione tra uti lizzazione effettiva e mera utilizzabilità delle energie lavorative del la
voratore, Cass. 23 ottobre 2000, n. 13953, ibid., n. 1860.
Questo orientamento è stato rimesso in discussione da Cass. 17 giu gno 2000, n. 8263 (id., 2000, I, 3516, con nota di G. Amoroso, Sugli effetti della riforma in appello dell'ordine di reintegrazione del lavo ratore illegittimamente licenziato) secondo cui — ferma restando la ri
petibilità delle somme percepite a titolo di indennità sostitutiva della
reintegrazione per la quale il lavoratore abbia optato — le somme corri
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Roma,
giudice del lavoro, Luigi Rosin conveniva in giudizio 1'Alitalia - Linee aeree italiane s.p.a., esponendo di aver prestato servizio
alle dipendenze della predetta società con la qualifica di primo ufficiale; di aver ricevuto, in data 5 febbraio 1992, una lettera
con cui 1'Alitalia gli comunicava la risoluzione del rapporto di
lavoro dal giorno del compimento del sessantesimo anno di età
ai sensi e per gli effetti dell'art. 9, punto 2, lett. a), del regola mento delle licenze e delle abilitazioni, entrato in vigore il 5
febbraio 1989, a decorrere dal 31 dicembre 1992; che tale prov vedimento veniva tempestivamente impugnato con lettera del 14
febbraio 1992; che con d.p.r. 279/92 veniva modificato il detto
art. 9, 2° comma, lett. a) e b), nel senso che, nell'ipotesi in cui
almeno uno dei due piloti avesse un'età inferiore ai sessantan
ni, i servizi di trasporto aereo con aeromobili con più piloti era
no consentiti sino al sessantacinquesimo anno di età; che per tanto alla luce della normativa vigente al momento della risolu
zione del rapporto non ricorrevano i presupposti per la risolu
zione della stessa; che con lettera del 24 aprile 1992 chiedeva la
prosecuzione del rapporto fino al sessantaduesimo anno di età.
Affermava, quindi, che la normativa sopravvenuta non legit timava più la risoluzione del rapporto al sessantesimo anno di
età e, pertanto, chiedeva che venisse accertata e dichiarata l'il
legittimità del recesso, ordinata la reintegrazione e riconosciute
tutte le attribuzioni ed ogni altra indennità con rivalutazione
monetaria ed interessi legali e conseguente condanna della so
cietà convenuta al pagamento delle spese di lite.
Si costituiva in giudizio la società Alitalia resistendo al ricor
so e chiedendone la reiezione.
Il pretore, in accoglimento della domanda, dichiarava l'ille
gittimità del licenziamento, ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro e condannava la convenuta al risarcimento dei danni
nella misura delle retribuzioni dovute dalla data del licenzia
mento alla reintegra oltre ad interessi legali e rivalutazione mo
netaria.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello la società
Alitalia deducendone l'erroneità e chiedendone la riforma.
Si costituiva la parte appellata resistendo al gravame, di cui
chiedeva il rigetto. Con sentenza del 17 marzo 2000, l'adito Tribunale di Roma,
in accoglimento dell'appello, rigettava la domanda proposta dal
Rosin.
Osservava il giudice di secondo grado che il richiamato d.p.r. n. 279 del 1992 si poneva in contrasto con il punto 2.1.10 del
l'ali. 1 alla convenzione di Chicago, riguardante le licenze dei
piloti di aeromobili, recepita dal d.p.r. n. 461 del 1985; contra
sto sanzionato dal Consiglio di Stato con sentenza 577/97 (Foro
it., Rep. 1997, voce Navigazione aerea (ordinamento), n. 8), in
una controversia nella quale era, peraltro, parte lo stesso Rosin.
Né il Rosin poteva usufruire del diritto di opzione e rimanere
in servizio fino al sessantaduesimo anno di età, avendo egli già maturato i requisiti pensionistici, il che avrebbe reso possibile la
protrazione del rapporto solo sul presupposto che le mansioni
corrispondenti alla qualifica potessero ancora essere legittima mente svolte.
L'accertata legittimità del licenziamento comportava, inoltre — ad avviso del tribunale —
l'accoglimento della richiesta di
condanna del lavoratore alla restituzione delle somme indebita
mente percepite, ai sensi dell'art. 2033 c.c. in relazione all'art.
336, 2° comma, c.p.c. Per la cassazione di tale sentenza ricorre Luigi Rosin con tre
motivi. Resiste la soc. Alitalia con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — Con il primo motivo di ricorso
Luigi Rosin denuncia violazione e falsa applicazione degli art.
12 disp. prel. c.c., 1362 ss. c.c., della 1. 17 aprile 1956 n. 561, dell'art. 3 1. 13 maggio 1983 n. 213, del d.p.r. 4 luglio 1985 n. 461, dell'art. 9 d.p.r. 566/88, del d.p.r. 27 marzo 1992 n. 279,
degli art. 1 e 3 1. 604/66, dell'art. 18 1. 300/70, modificato dal l'art. 1 1. 108/90; nonché carenza e contraddittorietà della moti
vazione su un punto essenziale della controversia.
sposte dal datore di lavoro in esecuzione della sentenza che ha disposto la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore di fatto non reinte
grato hanno natura risarcitoria e devono quindi essere restituite nel caso di modifica in appello della sentenza di primo grado.
Il Foro Italiano — 2003.
In particolare, il ricorrente deduce che, pure ai sensi del di
sposto dell'art. 9 d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566 (recuperato nel
suo testo originario dopo la dichiarazione di illegittimità del
d.p.r. 27 marzo 1992 n. 279), è consentito che il copilota — e
tale il Rosin era — possa operare anche oltre la soglia del ses
santesimo anno di età; ciò in quanto le espressioni generali adottate dall'art. 9 non valgono a stabilire che il copilota debba
essere assimilato al pilot in command riguardo al limite di età ed
in quanto deve negarsi, in linea di principio, che la posizione del
sostituto possa assimilarsi a quella del titolare del posto. Il motivo illustra altresì le ragioni per le quali la sentenza
577/97 del Consiglio di Stato non sia condivisibile; ragioni da ravvisarsi sia nel fatto che la convenzione internazionale per l'aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944 si rife
risce esclusivamente ai voli internazionali, sia nella circostanza
che l'annesso 1 alla citata convenzione riguarda esclusivamente
il pilot in command e non anche il copilota al quale è dedicata
una semplice raccomandazione.
Tali argomentazioni, così sinteticamente esposte, non posso no trovare consenso.
Giova rammentare che l'art. 731 c. nav., nel testo novellato
dall'art. 4 1. 13 maggio 1983 n. 213 (recante modifiche di alcu
ne disposizioni del codice della navigazione relative alla navi
gazione aerea) prevede che il personale di cui alla lett. a) del
comma precedente (ossia il personale di volo) e il personale della lett. b), limitatamente al servizio pubblico di informazione
al volo in concessione, deve essere provvisto di licenze, attestati
e abilitazioni. Devono essere altresì provvisti di licenze, attestati
e abilitazioni i soggetti che, pur non rientrando nelle categorie della gente dell'aria, svolgono attività di pilota o di paracaduti sta. Il regolamento per disciplinare i casi e le modalità per il ri
lascio, il rinnovo, la reintegrazione, la sospensione o la revoca
delle licenze, degli attestati e delle abilitazioni, è stato emanato
con decreto del presidente della repubblica, su proposta del mi
nistro dei trasporti, previa deliberazione del consiglio dei mini
stri, sentito il parere del Consiglio di Stato, uniformandosi ai
criteri stabiliti nell'ali. 1, «licenze del personale», alla conven
zione relativa all'aviazione civile internazionale stipulata a Chi
cago il 7 dicembre 1944, approvata e resa esecutiva con d.leg. 6
marzo 1948 n. 616, ratificato con la 1. 17 aprile 1956 n. 561.
Successivamente l'art. 9 d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566 (re cante l'approvazione del regolamento in materia di licenze, atte
stati e abilitazioni aeronautiche, ai sensi dell'art. 731 c. nav., come modificato dall'art. 3 1. 13 maggio 1983 n. 213) ha disci
plinato il limite massimo di età per il personale di volo. In parti colare per i piloti impiegati in servizi di trasporto aereo di linea
e non di linea (oltre che per i piloti istruttori, limitatamente al
l'attività di istruzione di volo a vista e di volo acrobatico, e per i
piloti collaudatori e sperimentatori) l'art. 9, 2° comma, prevede come limite di età per lo svolgimento delle attività professionali consentite dalle licenze e dagli attestati di volo il compimento del sessantesimo anno.
Infine, l'art. 1 d.p.r. n. 279 del 1992 ha modificato la portata di tale limite (di sessant'anni) perché lo ha confermato solo per i piloti impiegati in servizio di trasporto aereo di linea e non di
linea quando l'attività venga svolta con un solo pilota a bordo e
per i piloti istruttori limitatamente all'attività di istruzione di
volo acrobatico; tale limite è invece stato spostato al compi mento del sessantacinquesimo anno di età per i piloti impiegati in servizio di trasporto aereo con aeromobili per i quali sia pre scritto l'impiego di più di un pilota purché almeno uno dei piloti abbia un'età inferiore ai sessant'anni; analogo differimento è
così stato implicitamente previsto per i piloti istruttori quanto all'attività di istruzione di volo a vista.
La citata pronuncia del Consiglio di Stato, riformando la pre cedente sentenza del Tar Lazio, ha annullato l'art. 9, 2° comma, lett. a), d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566, come sostituito dall'art.
1, lett. a), d.p.r. 27 marzo 1992 n. 279 «nella parte in cui con
sente che il comandante pilota o il copilota abbiano un'età supe riore ai sessant'anni (con gli aeromobili per i quali sia prescritto
l'impiego di più di un pilota) senza definirne mansioni e re sponsabilità con riguardo agli specifici compiti del 'pilota responsabile' {pilot in command) in difetto di 'impossibilità motivata' dello Stato italiano di conformarsi all'obbligo di non
consentire che la responsabilità della condotta e della sicurezza
dell'aeromobile siano assunte da soggetto ultrasessantenne».
In sostanza — ha ritenuto il Consiglio di Stato — se il copi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Iota può essere chiamato a sostituire il pilota responsabile, an
che per lui deve valere il limite di sessant'anni.
Il ricorrente ritiene che la decisione del Consiglio di Stato sia
erronea e, in particolare, sia basata su un errore di traduzione
della norma della convenzione di Chicago che — sempre se
condo il ricorrente — riguardava solo i voli internazionali di li
nea e non di linea e non anche quelli nazionali, mentre l'annes
so 1 alla citata convenzione concerneva esclusivamente il pilot in command e non anche il copilota al quale è dedicata una
semplice raccomandazione. Senonché rimane, tuttavia, il fatto
che il Consiglio di Stato ha annullato un atto di natura regola mentare e la sua decisione ha efficacia nei confronti di tutti i de
stinatari della norma, anche ove non fossero stati parti del giu dizio in senso formale; ciò, peraltro, che non è nella specie, es
sendo pacifico che al giudizio partecipò lo stesso Rosin. Per
tanto —• come chiarito in analoghe fattispecie da questa corte
(ex plurimis, Cass. 6 agosto 2001, n. 10882, id., 2002,1, 107; 24 luglio 1998, n. 7297, id., Rep. 1999, voce Lavoro in materia di
navigazione, n. 27) — dopo la sentenza suddetta l'art. 9, lett. a),
d.p.r. n. 566 del 1988 va letto nel senso che — fermo restando il
limite di età di sessant'anni nel caso di attività di volo svolta
con un solo pilota a bordo — il limite è differito a sessantacin
que anni se per il servizio di trasporto aereo di linea e non di li
nea sia prescritto l'impiego di più di un pilota purché il coman
dante ed il copilota abbiano meno di sessant'anni; sicché — a
parte la posizione del pilota istruttore — solo il terzo pilota può essere ultrasessantenne (ed infatti la citata sentenza precisa che
la posizione del terzo pilota è differente perché non si configu rano ipotesi di comando o di sicurezza).
D'altra parte non possono essere accolti i rilievi del ricorrente
secondo il quale, una volta annullato il d.p.r. n. 279 del 1992,
rimarrebbe, comunque, da stabilire se allo stesso risultato si
possa pervenire alla stregua del d.p.r. n. 566 del 1988.
La lettura appena riportata del citato art. 9 non è, infatti,
espressione di un'automatica conseguenza dell'annullamento
del d.p.r. del 1992, bensì adesione alle ragioni poste a base della
decisione del Consiglio di Stato, che giustificano ampiamente
un'interpretazione del recuperato precedente d.p.r. nel senso in
nanzi trascritto.
Invero, la circostanza che il copilota possa trovarsi nella ne
cessità di operare come pilot in command (e cioè come respon sabile della condotta e della sicurezza dell'aeromobile durante il
tempo di volo e di rullaggio, v. art. 1, sub h, d.p.r. 566/88) indu
ce ragionevolmente a ritenere che non possano che valere anche
per lui gli stessi criteri e le stesse cautele che riguardano il sog
getto deputato istituzionalmente a svolgere a bordo la funzione
di pilot in command.
Né sono ravvisabili, sul piano ermeneutico, indicazioni in
senso contrario a siffatta conclusione, dal momento che il de
creto n. 566 del 1988 limita al sessantesimo anno di età l'attività
del pilota di linea e ciò indipendentemente dal posto occupato a
bordo e cioè indipendentemente dal fatto che si tratti di coman
dante pilota o di copilota. Neppure sembra ragionevole, avuto riguardo alla delicatezza
della materia, che l'episodicità dell'assunzione, da parte del co
pilota, delle funzioni di pilot in command possa giustificare una
soluzione diversa da quella fatta propria dalla sentenza n. 577
del 1997 del Consiglio di Stato. Si tratta nella specie, infatti, non già di attribuire, in relazione all'attività prevalente, una de
terminata qualifica, ma della determinazione dei presupposti —
inerenti alla sicurezza della navigazione —
per lo svolgimento di una determinata attività, rispetto ai quali non sembra corretto
distinguere tra la continuità e l'episodicità dell'attività.
In questo mutato contesto normativo vanno inquadrate anche
le ulteriori censure del ricorrente, proposte con il secondo moti
vo e con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione de
gli art. 414, 420 e 437 c.p.c., dell'art. 6 1. n. 407 del 1990 e 1. n. 54 del 1982 in relazione al disposto degli art. 1, 3 1. n. 604 del 1966 e 18 1. n. 300 del 1970, novellato dall'art. 1 1. n. 108 del 1990, nonché carenza e contraddittorietà della motivazione su
un punto essenziale della controversia.
Più precisamente, con tale motivo il ricorrente censura la
sentenza del tribunale nella parte in cui ritiene inammissibile la
prospettazione per la prima volta nel giudizio d'appello della
possibilità di utilizzare esso Rosin in voli diversi da quelli di li nea e non di linea, al riguardo rilevando che solo con la senten
za del Consiglio di Stato del 10 aprile 1997, cit., era sorto, in
lui, l'interesse ad una simile deduzione.
Il Foro Italiano — 2003.
Inoltre — si aggiunge —, proseguendo, in virtù della eserci
tata opzione, lo stesso regime di stabilità che prima caratteriz
zava il rapporto, il recesso — superata la soglia del sessantesi
mo anno di età — sarebbe possibile solo ove risulti provato che
le prestazioni del dipendente non possono essere utilizzate al
trimenti nella sua qualifica e nelle corrispondenti mansioni; one
re gravante sull'Alitalia che nulla ha al riguardo dedotto.
La risposta alle questioni poste richiede un preventivo ri
chiamo al regime del licenziamento individuale del lavoratore
ultrasessantenne, rammentando che inizialmente il 1° comma
dell'art. 11 1. 15 luglio 1966 n. 604 prevede(va) — nella sua
originaria formulazione, prima della sua abrogazione ad opera dell'art. 6 1. n. 108 del 1990 — che il regime di stabilità del
rapporto non trovasse applicazione, tra l'altro, nei riguardi di
lavoratori che fossero «in possesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vecchiaia o che abbiano comunque
superato il sessantacinquesimo anno di età».
Il legislatore ha poi introdotto (all. 1, art. 6, d.l. 22 dicembre
1981 n. 791, convertito in 1. 26 febbraio 1982 n. 54) in favore
del lavoratore una facoltà di opzione per la prosecuzione del
rapporto al fine di raggiungere la massima anzianità contributi
va (comunque non oltre il compimento del sessantacinquesimo anno di età) sempre che il lavoratore non avesse richiesto la li
quidazione di una pensione a carico dell'Inps o di trattamenti
sostitutivi, esclusivi o esonerativi dell'assicurazione generale
obbligatoria. Per effetto dell'esercizio dell'opzione il regime di
stabilità del rapporto, previsto dalla 1. n. 604 del 1966, conti
nuava ad applicarsi in deroga all'art. 11 cit.; sicché a tale effetto
l'opzione era ultronea ove il prestatore, pur avendo già com
piuto il sessantesimo anno di età, non avesse ancora raggiunto i
requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vecchiaia. In
tale evenienza in ogni caso (e senza alcun limite di età) il rap
porto rimaneva stabile ex se, senza necessità di opzione alcuna.
Successivamente Corte cost. 7 luglio 1986, n. 176 {id., 1986,
I, 2085) ha dichiarato illegittimo, per violazione degli art. 3 e 4
Cost., il citato art. lì, 1° comma, 1. n. 604 del 1966, nella parte in cui esclude l'applicabilità degli art. 1 e 3 stessa legge nei ri
guardi di prestatori di lavoro che, senza essere pensionati o in
possesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di
vecchiaia, avessero superato il sessantacinquesimo anno di età.
L'art. 4 1. n. 108 del 1990 ha poi escluso l'applicabilità del re
gime di stabilità del rapporto nel caso di prestatori di lavoro ul
trasessantenni «in possesso dei requisiti pensionistici», sempre che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto ai sensi
del citato art. 6.
Alla facoltà di opzione ex art. 6 cit. si è poi affiancata, senza
però sostituirla, la facoltà di opzione prevista dall'art. 6 1. 29 di
cembre 1990 n. 407, che consente ai lavoratori (iscritti all'assi
curazione generale obbligatoria e a gestioni assimilate) di pro
seguire (previa tempestiva comunicazione al datore di lavoro) il
rapporto fino al compimento del sessantaduesimo anno (limite elevato al compimento del sessantacinquesimo anno dall'art. 1
d.leg. 30 dicembre 1992 n. 503), anche nel caso abbiano rag
giunto l'anzianità contributiva massima, sempre che non abbia
no ottenuto o non richiedano la liquidazione di una pensione a
carico dell'Inps (o di trattamenti sostitutivi o assimilabili), pur ché di vecchiaia; in tale evenienza — secondo l'espresso dispo sto del 4° comma dell'art. 6 da ultimo cit. — si applicano le di
sposizioni della 1. n. 108 del 1990, ossia si protrae parimenti nel
tempo il regime di stabilità (reale o obbligatoria) del rapporto fino al sessantaduesimo (e poi sessantacinquesimo) anno di età, con il cui compimento il rapporto diventa liberamente recedibile
senza onere di preavviso e senza quindi diritto all'indennità so
stitutiva (come del resto già previsto dall'art. 6 d.l. 22 dicembre
1981 n. 791, convertito in 1. 26 febbraio 1982 n. 54, per la pro secuzione dell'attività lavorativa fino al conseguimento dell'an
zianità contributiva massima).
Quindi — in mancanza dell'esercizio della facoltà di opzione
— il raggiungimento del diritto a pensione di vecchiaia (e a
maggior ragione, l'attivazione del trattamento pensionistico)
comporta che il rapporto transita dal regime di stabilità a quello di mera recedibilità; il godimento di questo trattamento pensio
nistico, ma anche di una pensione a carico dell'Inps o di tratta
menti sostitutivi, esclusivi o esonerativi dell'assicurazione ge nerale obbligatoria, è preclusivo dell'esercizio del diritto di op
zione; il mancato possesso dei requisiti di legge per avere diritto
alla pensione di vecchiaia, lascia comunque permanere il regime di stabilità del rapporto senza limiti di età.
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PARTE PRIMA
Orbene, muovendo proprio dal complesso normativo ora
enunciato e da quello in precedenza richiamato relativo alle li
cenze, attestati e abilitazioni aeronautiche, la giurisprudenza di
legittimità ha concluso che il compimento del sessantesimo an
no per il pilota ha un duplice rilievo: uno generale attinente alla
stabilità del rapporto di lavoro ed uno specifico afferente all'a
bilitazione all'esercizio dell'attività di pilota. Sotto quest'ultimo profilo il compimento del sessantesimo
anno di età rileva al fine dell'abilitazione all'esercizio dell'atti
vità di pilota (o copilota) nel senso che — dopo la citata senten
za del Consiglio di Stato — l'abilitazione si riduce all'attività di terzo pilota (oltre che eventualmente di istruttore), sicché è da
ritenersi che il pilota ultrasessantenne è abilitato ancora a svol
gere mansioni di terzo pilota (ma non già che ha diritto a prose
guire il rapporto di lavoro con tali mansioni). Sotto il primo profilo invece il raggiungimento del sessante
simo anno, in concorso con il possesso dei requisiti pensionisti ci, determina il passaggio del rapporto nell'area della libera re
cedibilità (ex art. 4 1. n. 108 del 1990), derogata solo alla disci plina dell'opzione (sia quella per il raggiungimento della mas
sima anzianità previdenziale, sia quella che tale anzianità pre
suppone già raggiunta). Ed allora, conformemente a Cass. 7297/98, cit., può conclu
dersi:
a) se il pilota ultrasessantenne ha maturato i requisiti pensio nistici e non ha esercitato alcuna opzione per la prosecuzione del rapporto, si ha che il rapporto medesimo transita nel regime di libera recedibilità e quindi il datore di lavoro può recedere ad
nutum dal rapporto; ma se ciò non fa, può (ma non deve) asse
gnare — nel rispetto dell'art. 2103 c.c. — il pilota a mansioni
compatibili con la ridotta idoneità dell'abilitazione;
b) viceversa se il pilota al compimento del sessantesimo anno
non ha ancora maturato i requisiti pensionistici, il suo rapporto di lavoro prosegue in regime di stabilità ed è il datore di lavoro
onerato di rinvenire nell'organizzazione aziendale mansioni
compatibili con la ridotta abilitazione del pilota. In tal caso il
dipendente continua a giovarsi del regime di stabilità (reale od
obbligatoria) del rapporto di cui godeva prima (ed in tal senso
può parlarsi di diritto alla prosecuzione del rapporto);
c) se poi il pilota — che abbia maturato i requisiti pensioni stici — ha esercitato l'opzione per la prosecuzione del rapporto sul presupposto che le mansioni corrispondenti alla qualifica
possono ancora essere svolte pur dopo la riduzione dell'abilita
zione per il compimento del sessantesimo anno, permane anche
in tal caso il regime generale del licenziamento individuale vi
gente prima del raggiungimento di tale limite di età;
d) se invece le mansioni corrispondenti alla qualifica non
possono più essere svolte per mancanza di idonea abilitazione, stante la riduzione di contenuto di quest'ultima al momento del
compimento del sessantesimo anno di età, si ricade nell'ipotesi sub a): il rapporto diventa liberamente recedibile.
Nella specie, si versa nell'ipotesi di un copilota ultrasessan
tenne in possesso dei requisiti pensionistici che ha esercitato
l'opzione per la prosecuzione del rapporto (opzione che peraltro non avrebbe potuto esercitare perché le mansioni del ricorrente
erano quelle di copilota e non già quelle di terzo pilota o di
istruttore, il cui esercizio è consentito dall'abilitazione di volo
anche dopo il compimento del sessantesimo anno di età fino al
sessantacinquesimo); sicché, prescindendo dalla possibilità o
meno di utilizzazione del Rosin in voli diversi da quelli di linea e non di linea, esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto
che il ricorrente non avesse alcun diritto alla prosecuzione del
rapporto in ragione della perdurante, seppur ridotta, efficacia
della sua abilitazione (residuale) all'esercizio dell'attività di co pilota.
Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione e
falsa applicazione degli art. 2033 c.c. e 336, 2° comma, c.p.c. in
relazione al disposto dell'art. 36, 1° comma, Cost, e dell'art. 18
1. n. 300 del 1970, come novato dall'art. 1 1. n. 108 del 1990, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto la
domanda rivolta ad ottenere la ripetizione delle somme corri
sposte in esecuzione della sentenza di primo grado relativa
mente al periodo 1° novembre 1992 - 30 maggio 1994 e cioè tra
il licenziamento e la sentenza di reintegra; ciò perché non sa
rebbe condivisibile la distinzione, operata dal tribunale, tra
quanto erogato al lavoratore prima e dopo la reintegra nel caso
di riforma della sentenza di condanna, dovendo, prima e dopo
Il Foro Italiano — 2003.
questa sentenza, le somme erogate essere qualificate come retri
buzione.
La censura non merita accoglimento. Come è noto, l'attuale 4° comma dell'art. 18 statuto dei lavo
ratori, come novellato dall'art. 1 1. n. 108 del 1990, ha cancel
lato, almeno nella lettera della legge, la distinzione, presente nel
vecchio testo, tra il periodo precedente e quello successivo al
l'ordine di reintegra, prevedendo la condanna del datore al «ri
sarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento»
mediante «un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva
reintegrazione» e comunque non inferiore a «cinque mensilità», nonché la condanna del datore «al versamento dei contributi as
sistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento a
quello della effettiva reintegrazione». Nonostante la letterale parificazione di disciplina tra i due pe
riodi, che potrebbe indurre a ritenere — e ciò in netto contrasto
con l'assunto del ricorrente — l'attribuzione della medesima
natura risarcitoria delle somme da corrispondere nei due perio
di, l'orientamento pressoché costante di questa corte è nel senso
di ritenere che il nuovo testo abbia delineato la seguente situa
zione: a) la somma corrisposta dalla data del licenziamento a
quella della pronuncia di primo grado ha natura risarcitoria e
deve essere restituita in considerazione del carattere autonomo
della relativa tutela rispetto a quella ripristinatoria che riguarda le somme dovute a titolo di retribuzione tra la sentenza di primo
grado e la sentenza di riforma; b) invece non devono essere re
stituite le somme riferibili al periodo decorrente dalla sentenza
di primo grado alla sentenza di riforma, in base alla riaffermata
vigenza della lex contractus e alla equiparazione all'effettiva
utilizzazione delle energie lavorative del dipendente, della mera
utilizzabilità delle stesse, in relazione alla presunta disponibilità del lavoratore, se richiesto, a riprendere servizio; c) infine deve
essere restituita, se corrisposta, l'indénnità sostitutiva della re
integrazione, qualora il lavoratore abbia esercitato l'opzione di
cui al 4° comma dell'art. 1 1. 11 marzo 1990 n. 108, rifiutando
la reintegrazione (ex plurimis, Cass. 10 dicembre 1999, n.
13854, id., Rep. 2000. voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 206; 14 maggio 1998, n. 4881, id., Rep. 1998, voce Lavoro
(rapporto), n. 1737). Aderendo alla richiamata giurisprudenza, avallata peraltro
dalla dominante dottrina, deve affermarsi il principio, perché coerente con la cennata natura risarcitoria, secondo cui nel caso
di riforma in appello della sentenza di primo grado che, accer
tata l'illegittimità del licenziamento impugnato, abbia ordinato
la reintegrazione del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto alla
restituzione delle somme corrisposte al lavoratore in esecuzione
della sentenza riformata in relazione al periodo compreso tra il
licenziamento e la sentenza medesima, atteso che per il nuovo
testo dell'art. 336, 2° comma, c.p.c. («La riforma o la cassazio
ne estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata») non è più necessario il pas
saggio in giudicato della sentenza di secondo grado. Essendosi il tribunale pronunciato in conformità al suddetto
principio, la censura va disattesa.
Va da sé che, anche a voler aderire alla tesi, sostenuta in dot
trina, secondo cui, ai sensi del 4° comma del novellato testo
dell'art. 18, il risarcimento del danno deve essere valutato e li
quidato in un contesto unitario, senza cioè la distinzione tra pe riodi anteriori e successivi alla sentenza di condanna, le sud
dette conclusioni non subirebbero modifica in relazione al caso
in esame, il cui ambito temporale, ai fini risarcitori, si arresta al
momento della sentenza di reintegra. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
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