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sezione lavoro; sentenza 30 ottobre 2002, n. 15366; Pres. Senese, Est. Stile, P.M. Frazzini (concl....

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sezione lavoro; sentenza 30 ottobre 2002, n. 15366; Pres. Senese, Est. Stile, P.M. Frazzini (concl. conf.); Rosin (Avv. Scognamiglio) c. Soc. Alitalia Linee aeree italiane (Avv. Marazza). Conferma Trib. Roma 17 marzo 2000 Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 1 (GENNAIO 2003), pp. 141/142-147/148 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198113 . Accessed: 25/06/2014 00:32 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.86 on Wed, 25 Jun 2014 00:32:47 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 30 ottobre 2002, n. 15366; Pres. Senese, Est. Stile, P.M. Frazzini (concl.conf.); Rosin (Avv. Scognamiglio) c. Soc. Alitalia Linee aeree italiane (Avv. Marazza). ConfermaTrib. Roma 17 marzo 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 1 (GENNAIO 2003), pp. 141/142-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198113 .

Accessed: 25/06/2014 00:32

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

vato (v. Cons. Stato, sez. IV, 1333/96, id., Rep. 1997, voce cit., n. 44; Tar Piemonte, sez. II, 13 gennaio 1997, n. 43, id., Rep. 1998, voce cit., nn. 41-44; Tar Lazio, sez. I, 10 febbraio 1987, n. 287, id., Rep. 1987, voce cit., n. 44), non sembra che sia tale

quello adottato dall' Aima nella nota prot. n. 1981 in data 29 lu

glio 1997 (oppure, v. doc. 1 fase. Aima, 1° agosto 1997), ove si fa generico riferimento ad un processo verbale, nemmeno pro dotto in giudizio, «di constatazione e notifica che la guardia di finanza - nucleo regionale polizia tributaria di Bari (...) ha tra smesso con nota n. 3738/GRF/3/7341 del 9 febbraio 1994, re datto nei confronti della Primignanum ora Primeolive s.r.l., in cui si comunica di aver rilevato importi indebitamente percepiti a titolo di aiuto al consumo di olio di oliva per un importo di lire 401,790.755».

Ciò non consente di valutare in concreto quali siano le «ra

gioni di credito» dell'amministrazione, se esse siano sostenute da elementi sufficienti a farle ritenere ragionevolmente esistenti

(v. Cons. Stato, sez. IV, 350/98, id., Rep. 1998, voce Contratti della p.a., n. 444) ed a giustificare il provvedimento di fermo

(anche sotto il profilo della sussistenza dei presupposti di cer

tezza, liquidità ed esigibilità del credito opposto in compensa zione, ai sensi dell'art. 1243 c.c.).

Il provvedimento-, quindi, è illegittimo e dev'essere disappli cato.

In secondo luogo, soprattutto, poiché l'amministrazione «de ve attivarsi al fine di ottenere che la propria 'ragione di credito' si tramuti in credito vero e proprio» (v. App. Napoli 14 novem

bre 2000, cit.), si deve considerare che essa ha omesso di pro porre opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di

Roma il 9 giugno 1997, così rinunciando a far valere ed a chie

dere il definitivo accertamento del credito opposto in compen sazione.

Né è pertinente l'obiezione della difesa erariale (peraltro contestata dalla convenuta), secondo cui il provvedimento di

fermo sarebbe stato adottato (il 29 luglio o 1° agosto 1997) do

po che il decreto ingiuntivo era già divenuto esecutivo (il 2 ago sto 1997, munito della formula esecutiva il 18 settembre 1997,

dopo che il 29 luglio 1997 era scaduto il termine di quaranta

giorni per proporre l'opposizione). Ciò che rileva, infatti, è che le ragioni di credito addotte dal

l'amministrazione a sostegno del fermo (e riguardanti la restitu

zione di aiuti indebitamente erogati alla società) erano da essa

conosciute già dal 1994, come risulta dal riferimento contenuto

nel provvedimento di fermo alla citata nota della guardia di fi

nanza - nucleo regionale polizia tributaria di Bari avente data 9

febbraio 1994 nonché alla nota n. 221 del 23 febbraio 1994 con

cui l'Aima chiese la restituzione delle somme. L'Aima, quindi, avrebbe potuto e dovuto proporre l'opposi

zione al decreto ingiuntivo e, in mancanza, è inibito al giudice dell'esecuzione e dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. l'esame

delle circostanze preesistenti alla formazione del titolo esecuti

vo, le quali (per giurisprudenza costante) avrebbero dovuto es

sere fatte valere nell'ambito di quel giudizio. All'amministrazione, pertanto, non resta che agire in sede or

dinaria per l'accertamento della fondatezza della propria prete sa, senza poter più effettuare quella compensazione alla quale il fermo è finalizzato.

Ne consegue, anche sotto questo profilo, l'illegittimità del

provvedimento di sospensione del pagamento (per carenza dei

requisiti di temporaneità e ragionevolezza), che ne giustifica la

disapplicazione.

Il Foro Italiano — 2003.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 30 otto bre 2002, n. 15366; Pres. Senese, Est. Stile, P.M. Frazzini

(conci, conf.); Rosin (Avv. Scognamiglio) c. Soc. Alitalia -

Linee aeree italiane (Avv. Marazza). Conferma Trib. Roma 17 marzo 2000.

Lavoro in materia di navigazione marittima, interna ed ae rea — Pilota di aeromobile —

Raggiungimento del sessan tesimo anno d'età — Diritto alla prosecuzione del rappor to di lavoro — Limiti (Cod. nav., art. 687, 731, 914; d.leg. 6 marzo 1948 n. 616, approvazione della convenzione interna zionale per l'aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicem bre 1944, art. 1; 1. 13 maggio 1983 n. 213, modifiche di alcu ne disposizioni del codice della navigazione relative alla na

vigazione aerea, art. 3; d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566, ap provazione del regolamento in materia di licenze, attestati e

abilitazioni aeronautiche, ai sensi dell'art. 731 cod. nav., co

me modificato dall'art. 3 1. 13 maggio 1983 n. 213, art. 9; 1. 11 maggio 1990 n. 108, disciplina dei licenziamenti indivi duali, art. 4; 1. 29 dicembre 1990 n. 407, disposizioni diverse

per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993, art. 6; d.p.r. 27 marzo 1992 n. 279, regolamento recante modi

ficazioni al regolamento in materia di licenze, attestati e abi

litazioni aeronautiche, approvato con d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566, art. 1).

Lavoro (rapporto di) — Licenziamento illegittimo — Ordine di reintegrazione — Riforma in appello — Somme corri

sposte al lavoratore dopo il licenziamento — Natura —

Obbligo di restituzione — Limiti (Cod. proc. civ., art. 336; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e di

gnità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sin

dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 18; 1. 11 maggio 1990 n. 108, art. 1).

Il pilota di aeromobile addetto alle funzioni di primo o secondo

pilota che abbia compiuto il sessantesimo anno di età non ha

diritto, se ha maturato i requisiti pensionistici, alla prosecu zione del rapporto di lavoro in quanto la licenza di abilita

zione non consente di svolgere tali mansioni a chi abbia rag

giunto l'età indicata; ha invece diritto (se abbia optato in tal

senso) alla prosecuzione fino al sessantacinquesimo anno di

età nei casi in cui fosse, in precedenza, addetto a mansioni di

terzo pilota o di istruttore o nel caso in cui non abbia rag

giunto i requisiti pensionistici (in quest'ultimo caso il datore

di lavoro è tenuto a rinvenire, nell'organizzazione aziendale, mansioni compatibili con la sua ridotta abilitazione). (1)

Nel caso di riforma, da parte del giudice d'appello, della sen

tenza di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licen

ziamento del lavoratore disponendone la reintegrazione nel

posto di lavoro, il lavoratore è tenuto a restituire le somme

(di natura risarcitoria) corrisposte dal datore di lavoro, in

esecuzione della sentenza di primo grado, a decorrere dalla

data del licenziamento e fino alla sentenzà che ha disposto la

reintegrazione e, se corrisposta, l'indennità sostitutiva della

reintegrazione per la quale il lavoratore abbia eventualmente

optato; non è invece tenuto a restituire quanto corrispostogli tra la sentenza di primo grado e quella d'appello. (2)

( 1 ) Giurisprudenza ormai consolidata: v., da ultimo, citata in motiva

zione, Cass. 6 agosto 2001, n. 10882, Foro it., 2002,1, 107, con nota di richiami.

(2) La sezione lavoro, con la sentenza in rassegna, si rifà al preva lente orientamento della giurisprudenza di legittimità che attribuiva so

stanzialmente, alle somme corrisposte dal datore di lavoro tra la data della reintegrazione e la sentenza d'appello che aveva modificato la

prima sentenza, natura di retribuzione, anche se di fatto la reintegrazio ne non era avvenuta, in base alla riaffermata vigenza della lex contrac tus. In questo senso, cfr., da ultimo (oltre alla sentenza 13854/99, Foro

it., Rep. 2000, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 206, citata in motivazione), Cass. 2 maggio 2000, n. 5485, ibid., voce Lavoro

(rapporto), n. 1879, e, a fini diversi, quanto alla equiparazione tra uti lizzazione effettiva e mera utilizzabilità delle energie lavorative del la

voratore, Cass. 23 ottobre 2000, n. 13953, ibid., n. 1860.

Questo orientamento è stato rimesso in discussione da Cass. 17 giu gno 2000, n. 8263 (id., 2000, I, 3516, con nota di G. Amoroso, Sugli effetti della riforma in appello dell'ordine di reintegrazione del lavo ratore illegittimamente licenziato) secondo cui — ferma restando la ri

petibilità delle somme percepite a titolo di indennità sostitutiva della

reintegrazione per la quale il lavoratore abbia optato — le somme corri

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Roma,

giudice del lavoro, Luigi Rosin conveniva in giudizio 1'Alitalia - Linee aeree italiane s.p.a., esponendo di aver prestato servizio

alle dipendenze della predetta società con la qualifica di primo ufficiale; di aver ricevuto, in data 5 febbraio 1992, una lettera

con cui 1'Alitalia gli comunicava la risoluzione del rapporto di

lavoro dal giorno del compimento del sessantesimo anno di età

ai sensi e per gli effetti dell'art. 9, punto 2, lett. a), del regola mento delle licenze e delle abilitazioni, entrato in vigore il 5

febbraio 1989, a decorrere dal 31 dicembre 1992; che tale prov vedimento veniva tempestivamente impugnato con lettera del 14

febbraio 1992; che con d.p.r. 279/92 veniva modificato il detto

art. 9, 2° comma, lett. a) e b), nel senso che, nell'ipotesi in cui

almeno uno dei due piloti avesse un'età inferiore ai sessantan

ni, i servizi di trasporto aereo con aeromobili con più piloti era

no consentiti sino al sessantacinquesimo anno di età; che per tanto alla luce della normativa vigente al momento della risolu

zione del rapporto non ricorrevano i presupposti per la risolu

zione della stessa; che con lettera del 24 aprile 1992 chiedeva la

prosecuzione del rapporto fino al sessantaduesimo anno di età.

Affermava, quindi, che la normativa sopravvenuta non legit timava più la risoluzione del rapporto al sessantesimo anno di

età e, pertanto, chiedeva che venisse accertata e dichiarata l'il

legittimità del recesso, ordinata la reintegrazione e riconosciute

tutte le attribuzioni ed ogni altra indennità con rivalutazione

monetaria ed interessi legali e conseguente condanna della so

cietà convenuta al pagamento delle spese di lite.

Si costituiva in giudizio la società Alitalia resistendo al ricor

so e chiedendone la reiezione.

Il pretore, in accoglimento della domanda, dichiarava l'ille

gittimità del licenziamento, ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro e condannava la convenuta al risarcimento dei danni

nella misura delle retribuzioni dovute dalla data del licenzia

mento alla reintegra oltre ad interessi legali e rivalutazione mo

netaria.

Avverso la suddetta sentenza proponeva appello la società

Alitalia deducendone l'erroneità e chiedendone la riforma.

Si costituiva la parte appellata resistendo al gravame, di cui

chiedeva il rigetto. Con sentenza del 17 marzo 2000, l'adito Tribunale di Roma,

in accoglimento dell'appello, rigettava la domanda proposta dal

Rosin.

Osservava il giudice di secondo grado che il richiamato d.p.r. n. 279 del 1992 si poneva in contrasto con il punto 2.1.10 del

l'ali. 1 alla convenzione di Chicago, riguardante le licenze dei

piloti di aeromobili, recepita dal d.p.r. n. 461 del 1985; contra

sto sanzionato dal Consiglio di Stato con sentenza 577/97 (Foro

it., Rep. 1997, voce Navigazione aerea (ordinamento), n. 8), in

una controversia nella quale era, peraltro, parte lo stesso Rosin.

Né il Rosin poteva usufruire del diritto di opzione e rimanere

in servizio fino al sessantaduesimo anno di età, avendo egli già maturato i requisiti pensionistici, il che avrebbe reso possibile la

protrazione del rapporto solo sul presupposto che le mansioni

corrispondenti alla qualifica potessero ancora essere legittima mente svolte.

L'accertata legittimità del licenziamento comportava, inoltre — ad avviso del tribunale —

l'accoglimento della richiesta di

condanna del lavoratore alla restituzione delle somme indebita

mente percepite, ai sensi dell'art. 2033 c.c. in relazione all'art.

336, 2° comma, c.p.c. Per la cassazione di tale sentenza ricorre Luigi Rosin con tre

motivi. Resiste la soc. Alitalia con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — Con il primo motivo di ricorso

Luigi Rosin denuncia violazione e falsa applicazione degli art.

12 disp. prel. c.c., 1362 ss. c.c., della 1. 17 aprile 1956 n. 561, dell'art. 3 1. 13 maggio 1983 n. 213, del d.p.r. 4 luglio 1985 n. 461, dell'art. 9 d.p.r. 566/88, del d.p.r. 27 marzo 1992 n. 279,

degli art. 1 e 3 1. 604/66, dell'art. 18 1. 300/70, modificato dal l'art. 1 1. 108/90; nonché carenza e contraddittorietà della moti

vazione su un punto essenziale della controversia.

sposte dal datore di lavoro in esecuzione della sentenza che ha disposto la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore di fatto non reinte

grato hanno natura risarcitoria e devono quindi essere restituite nel caso di modifica in appello della sentenza di primo grado.

Il Foro Italiano — 2003.

In particolare, il ricorrente deduce che, pure ai sensi del di

sposto dell'art. 9 d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566 (recuperato nel

suo testo originario dopo la dichiarazione di illegittimità del

d.p.r. 27 marzo 1992 n. 279), è consentito che il copilota — e

tale il Rosin era — possa operare anche oltre la soglia del ses

santesimo anno di età; ciò in quanto le espressioni generali adottate dall'art. 9 non valgono a stabilire che il copilota debba

essere assimilato al pilot in command riguardo al limite di età ed

in quanto deve negarsi, in linea di principio, che la posizione del

sostituto possa assimilarsi a quella del titolare del posto. Il motivo illustra altresì le ragioni per le quali la sentenza

577/97 del Consiglio di Stato non sia condivisibile; ragioni da ravvisarsi sia nel fatto che la convenzione internazionale per l'aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944 si rife

risce esclusivamente ai voli internazionali, sia nella circostanza

che l'annesso 1 alla citata convenzione riguarda esclusivamente

il pilot in command e non anche il copilota al quale è dedicata

una semplice raccomandazione.

Tali argomentazioni, così sinteticamente esposte, non posso no trovare consenso.

Giova rammentare che l'art. 731 c. nav., nel testo novellato

dall'art. 4 1. 13 maggio 1983 n. 213 (recante modifiche di alcu

ne disposizioni del codice della navigazione relative alla navi

gazione aerea) prevede che il personale di cui alla lett. a) del

comma precedente (ossia il personale di volo) e il personale della lett. b), limitatamente al servizio pubblico di informazione

al volo in concessione, deve essere provvisto di licenze, attestati

e abilitazioni. Devono essere altresì provvisti di licenze, attestati

e abilitazioni i soggetti che, pur non rientrando nelle categorie della gente dell'aria, svolgono attività di pilota o di paracaduti sta. Il regolamento per disciplinare i casi e le modalità per il ri

lascio, il rinnovo, la reintegrazione, la sospensione o la revoca

delle licenze, degli attestati e delle abilitazioni, è stato emanato

con decreto del presidente della repubblica, su proposta del mi

nistro dei trasporti, previa deliberazione del consiglio dei mini

stri, sentito il parere del Consiglio di Stato, uniformandosi ai

criteri stabiliti nell'ali. 1, «licenze del personale», alla conven

zione relativa all'aviazione civile internazionale stipulata a Chi

cago il 7 dicembre 1944, approvata e resa esecutiva con d.leg. 6

marzo 1948 n. 616, ratificato con la 1. 17 aprile 1956 n. 561.

Successivamente l'art. 9 d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566 (re cante l'approvazione del regolamento in materia di licenze, atte

stati e abilitazioni aeronautiche, ai sensi dell'art. 731 c. nav., come modificato dall'art. 3 1. 13 maggio 1983 n. 213) ha disci

plinato il limite massimo di età per il personale di volo. In parti colare per i piloti impiegati in servizi di trasporto aereo di linea

e non di linea (oltre che per i piloti istruttori, limitatamente al

l'attività di istruzione di volo a vista e di volo acrobatico, e per i

piloti collaudatori e sperimentatori) l'art. 9, 2° comma, prevede come limite di età per lo svolgimento delle attività professionali consentite dalle licenze e dagli attestati di volo il compimento del sessantesimo anno.

Infine, l'art. 1 d.p.r. n. 279 del 1992 ha modificato la portata di tale limite (di sessant'anni) perché lo ha confermato solo per i piloti impiegati in servizio di trasporto aereo di linea e non di

linea quando l'attività venga svolta con un solo pilota a bordo e

per i piloti istruttori limitatamente all'attività di istruzione di

volo acrobatico; tale limite è invece stato spostato al compi mento del sessantacinquesimo anno di età per i piloti impiegati in servizio di trasporto aereo con aeromobili per i quali sia pre scritto l'impiego di più di un pilota purché almeno uno dei piloti abbia un'età inferiore ai sessant'anni; analogo differimento è

così stato implicitamente previsto per i piloti istruttori quanto all'attività di istruzione di volo a vista.

La citata pronuncia del Consiglio di Stato, riformando la pre cedente sentenza del Tar Lazio, ha annullato l'art. 9, 2° comma, lett. a), d.p.r. 18 novembre 1988 n. 566, come sostituito dall'art.

1, lett. a), d.p.r. 27 marzo 1992 n. 279 «nella parte in cui con

sente che il comandante pilota o il copilota abbiano un'età supe riore ai sessant'anni (con gli aeromobili per i quali sia prescritto

l'impiego di più di un pilota) senza definirne mansioni e re sponsabilità con riguardo agli specifici compiti del 'pilota responsabile' {pilot in command) in difetto di 'impossibilità motivata' dello Stato italiano di conformarsi all'obbligo di non

consentire che la responsabilità della condotta e della sicurezza

dell'aeromobile siano assunte da soggetto ultrasessantenne».

In sostanza — ha ritenuto il Consiglio di Stato — se il copi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Iota può essere chiamato a sostituire il pilota responsabile, an

che per lui deve valere il limite di sessant'anni.

Il ricorrente ritiene che la decisione del Consiglio di Stato sia

erronea e, in particolare, sia basata su un errore di traduzione

della norma della convenzione di Chicago che — sempre se

condo il ricorrente — riguardava solo i voli internazionali di li

nea e non di linea e non anche quelli nazionali, mentre l'annes

so 1 alla citata convenzione concerneva esclusivamente il pilot in command e non anche il copilota al quale è dedicata una

semplice raccomandazione. Senonché rimane, tuttavia, il fatto

che il Consiglio di Stato ha annullato un atto di natura regola mentare e la sua decisione ha efficacia nei confronti di tutti i de

stinatari della norma, anche ove non fossero stati parti del giu dizio in senso formale; ciò, peraltro, che non è nella specie, es

sendo pacifico che al giudizio partecipò lo stesso Rosin. Per

tanto —• come chiarito in analoghe fattispecie da questa corte

(ex plurimis, Cass. 6 agosto 2001, n. 10882, id., 2002,1, 107; 24 luglio 1998, n. 7297, id., Rep. 1999, voce Lavoro in materia di

navigazione, n. 27) — dopo la sentenza suddetta l'art. 9, lett. a),

d.p.r. n. 566 del 1988 va letto nel senso che — fermo restando il

limite di età di sessant'anni nel caso di attività di volo svolta

con un solo pilota a bordo — il limite è differito a sessantacin

que anni se per il servizio di trasporto aereo di linea e non di li

nea sia prescritto l'impiego di più di un pilota purché il coman

dante ed il copilota abbiano meno di sessant'anni; sicché — a

parte la posizione del pilota istruttore — solo il terzo pilota può essere ultrasessantenne (ed infatti la citata sentenza precisa che

la posizione del terzo pilota è differente perché non si configu rano ipotesi di comando o di sicurezza).

D'altra parte non possono essere accolti i rilievi del ricorrente

secondo il quale, una volta annullato il d.p.r. n. 279 del 1992,

rimarrebbe, comunque, da stabilire se allo stesso risultato si

possa pervenire alla stregua del d.p.r. n. 566 del 1988.

La lettura appena riportata del citato art. 9 non è, infatti,

espressione di un'automatica conseguenza dell'annullamento

del d.p.r. del 1992, bensì adesione alle ragioni poste a base della

decisione del Consiglio di Stato, che giustificano ampiamente

un'interpretazione del recuperato precedente d.p.r. nel senso in

nanzi trascritto.

Invero, la circostanza che il copilota possa trovarsi nella ne

cessità di operare come pilot in command (e cioè come respon sabile della condotta e della sicurezza dell'aeromobile durante il

tempo di volo e di rullaggio, v. art. 1, sub h, d.p.r. 566/88) indu

ce ragionevolmente a ritenere che non possano che valere anche

per lui gli stessi criteri e le stesse cautele che riguardano il sog

getto deputato istituzionalmente a svolgere a bordo la funzione

di pilot in command.

Né sono ravvisabili, sul piano ermeneutico, indicazioni in

senso contrario a siffatta conclusione, dal momento che il de

creto n. 566 del 1988 limita al sessantesimo anno di età l'attività

del pilota di linea e ciò indipendentemente dal posto occupato a

bordo e cioè indipendentemente dal fatto che si tratti di coman

dante pilota o di copilota. Neppure sembra ragionevole, avuto riguardo alla delicatezza

della materia, che l'episodicità dell'assunzione, da parte del co

pilota, delle funzioni di pilot in command possa giustificare una

soluzione diversa da quella fatta propria dalla sentenza n. 577

del 1997 del Consiglio di Stato. Si tratta nella specie, infatti, non già di attribuire, in relazione all'attività prevalente, una de

terminata qualifica, ma della determinazione dei presupposti —

inerenti alla sicurezza della navigazione —

per lo svolgimento di una determinata attività, rispetto ai quali non sembra corretto

distinguere tra la continuità e l'episodicità dell'attività.

In questo mutato contesto normativo vanno inquadrate anche

le ulteriori censure del ricorrente, proposte con il secondo moti

vo e con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione de

gli art. 414, 420 e 437 c.p.c., dell'art. 6 1. n. 407 del 1990 e 1. n. 54 del 1982 in relazione al disposto degli art. 1, 3 1. n. 604 del 1966 e 18 1. n. 300 del 1970, novellato dall'art. 1 1. n. 108 del 1990, nonché carenza e contraddittorietà della motivazione su

un punto essenziale della controversia.

Più precisamente, con tale motivo il ricorrente censura la

sentenza del tribunale nella parte in cui ritiene inammissibile la

prospettazione per la prima volta nel giudizio d'appello della

possibilità di utilizzare esso Rosin in voli diversi da quelli di li nea e non di linea, al riguardo rilevando che solo con la senten

za del Consiglio di Stato del 10 aprile 1997, cit., era sorto, in

lui, l'interesse ad una simile deduzione.

Il Foro Italiano — 2003.

Inoltre — si aggiunge —, proseguendo, in virtù della eserci

tata opzione, lo stesso regime di stabilità che prima caratteriz

zava il rapporto, il recesso — superata la soglia del sessantesi

mo anno di età — sarebbe possibile solo ove risulti provato che

le prestazioni del dipendente non possono essere utilizzate al

trimenti nella sua qualifica e nelle corrispondenti mansioni; one

re gravante sull'Alitalia che nulla ha al riguardo dedotto.

La risposta alle questioni poste richiede un preventivo ri

chiamo al regime del licenziamento individuale del lavoratore

ultrasessantenne, rammentando che inizialmente il 1° comma

dell'art. 11 1. 15 luglio 1966 n. 604 prevede(va) — nella sua

originaria formulazione, prima della sua abrogazione ad opera dell'art. 6 1. n. 108 del 1990 — che il regime di stabilità del

rapporto non trovasse applicazione, tra l'altro, nei riguardi di

lavoratori che fossero «in possesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vecchiaia o che abbiano comunque

superato il sessantacinquesimo anno di età».

Il legislatore ha poi introdotto (all. 1, art. 6, d.l. 22 dicembre

1981 n. 791, convertito in 1. 26 febbraio 1982 n. 54) in favore

del lavoratore una facoltà di opzione per la prosecuzione del

rapporto al fine di raggiungere la massima anzianità contributi

va (comunque non oltre il compimento del sessantacinquesimo anno di età) sempre che il lavoratore non avesse richiesto la li

quidazione di una pensione a carico dell'Inps o di trattamenti

sostitutivi, esclusivi o esonerativi dell'assicurazione generale

obbligatoria. Per effetto dell'esercizio dell'opzione il regime di

stabilità del rapporto, previsto dalla 1. n. 604 del 1966, conti

nuava ad applicarsi in deroga all'art. 11 cit.; sicché a tale effetto

l'opzione era ultronea ove il prestatore, pur avendo già com

piuto il sessantesimo anno di età, non avesse ancora raggiunto i

requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vecchiaia. In

tale evenienza in ogni caso (e senza alcun limite di età) il rap

porto rimaneva stabile ex se, senza necessità di opzione alcuna.

Successivamente Corte cost. 7 luglio 1986, n. 176 {id., 1986,

I, 2085) ha dichiarato illegittimo, per violazione degli art. 3 e 4

Cost., il citato art. lì, 1° comma, 1. n. 604 del 1966, nella parte in cui esclude l'applicabilità degli art. 1 e 3 stessa legge nei ri

guardi di prestatori di lavoro che, senza essere pensionati o in

possesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di

vecchiaia, avessero superato il sessantacinquesimo anno di età.

L'art. 4 1. n. 108 del 1990 ha poi escluso l'applicabilità del re

gime di stabilità del rapporto nel caso di prestatori di lavoro ul

trasessantenni «in possesso dei requisiti pensionistici», sempre che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto ai sensi

del citato art. 6.

Alla facoltà di opzione ex art. 6 cit. si è poi affiancata, senza

però sostituirla, la facoltà di opzione prevista dall'art. 6 1. 29 di

cembre 1990 n. 407, che consente ai lavoratori (iscritti all'assi

curazione generale obbligatoria e a gestioni assimilate) di pro

seguire (previa tempestiva comunicazione al datore di lavoro) il

rapporto fino al compimento del sessantaduesimo anno (limite elevato al compimento del sessantacinquesimo anno dall'art. 1

d.leg. 30 dicembre 1992 n. 503), anche nel caso abbiano rag

giunto l'anzianità contributiva massima, sempre che non abbia

no ottenuto o non richiedano la liquidazione di una pensione a

carico dell'Inps (o di trattamenti sostitutivi o assimilabili), pur ché di vecchiaia; in tale evenienza — secondo l'espresso dispo sto del 4° comma dell'art. 6 da ultimo cit. — si applicano le di

sposizioni della 1. n. 108 del 1990, ossia si protrae parimenti nel

tempo il regime di stabilità (reale o obbligatoria) del rapporto fino al sessantaduesimo (e poi sessantacinquesimo) anno di età, con il cui compimento il rapporto diventa liberamente recedibile

senza onere di preavviso e senza quindi diritto all'indennità so

stitutiva (come del resto già previsto dall'art. 6 d.l. 22 dicembre

1981 n. 791, convertito in 1. 26 febbraio 1982 n. 54, per la pro secuzione dell'attività lavorativa fino al conseguimento dell'an

zianità contributiva massima).

Quindi — in mancanza dell'esercizio della facoltà di opzione

— il raggiungimento del diritto a pensione di vecchiaia (e a

maggior ragione, l'attivazione del trattamento pensionistico)

comporta che il rapporto transita dal regime di stabilità a quello di mera recedibilità; il godimento di questo trattamento pensio

nistico, ma anche di una pensione a carico dell'Inps o di tratta

menti sostitutivi, esclusivi o esonerativi dell'assicurazione ge nerale obbligatoria, è preclusivo dell'esercizio del diritto di op

zione; il mancato possesso dei requisiti di legge per avere diritto

alla pensione di vecchiaia, lascia comunque permanere il regime di stabilità del rapporto senza limiti di età.

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Page 5: sezione lavoro; sentenza 30 ottobre 2002, n. 15366; Pres. Senese, Est. Stile, P.M. Frazzini (concl. conf.); Rosin (Avv. Scognamiglio) c. Soc. Alitalia Linee aeree italiane (Avv. Marazza).

PARTE PRIMA

Orbene, muovendo proprio dal complesso normativo ora

enunciato e da quello in precedenza richiamato relativo alle li

cenze, attestati e abilitazioni aeronautiche, la giurisprudenza di

legittimità ha concluso che il compimento del sessantesimo an

no per il pilota ha un duplice rilievo: uno generale attinente alla

stabilità del rapporto di lavoro ed uno specifico afferente all'a

bilitazione all'esercizio dell'attività di pilota. Sotto quest'ultimo profilo il compimento del sessantesimo

anno di età rileva al fine dell'abilitazione all'esercizio dell'atti

vità di pilota (o copilota) nel senso che — dopo la citata senten

za del Consiglio di Stato — l'abilitazione si riduce all'attività di terzo pilota (oltre che eventualmente di istruttore), sicché è da

ritenersi che il pilota ultrasessantenne è abilitato ancora a svol

gere mansioni di terzo pilota (ma non già che ha diritto a prose

guire il rapporto di lavoro con tali mansioni). Sotto il primo profilo invece il raggiungimento del sessante

simo anno, in concorso con il possesso dei requisiti pensionisti ci, determina il passaggio del rapporto nell'area della libera re

cedibilità (ex art. 4 1. n. 108 del 1990), derogata solo alla disci plina dell'opzione (sia quella per il raggiungimento della mas

sima anzianità previdenziale, sia quella che tale anzianità pre

suppone già raggiunta). Ed allora, conformemente a Cass. 7297/98, cit., può conclu

dersi:

a) se il pilota ultrasessantenne ha maturato i requisiti pensio nistici e non ha esercitato alcuna opzione per la prosecuzione del rapporto, si ha che il rapporto medesimo transita nel regime di libera recedibilità e quindi il datore di lavoro può recedere ad

nutum dal rapporto; ma se ciò non fa, può (ma non deve) asse

gnare — nel rispetto dell'art. 2103 c.c. — il pilota a mansioni

compatibili con la ridotta idoneità dell'abilitazione;

b) viceversa se il pilota al compimento del sessantesimo anno

non ha ancora maturato i requisiti pensionistici, il suo rapporto di lavoro prosegue in regime di stabilità ed è il datore di lavoro

onerato di rinvenire nell'organizzazione aziendale mansioni

compatibili con la ridotta abilitazione del pilota. In tal caso il

dipendente continua a giovarsi del regime di stabilità (reale od

obbligatoria) del rapporto di cui godeva prima (ed in tal senso

può parlarsi di diritto alla prosecuzione del rapporto);

c) se poi il pilota — che abbia maturato i requisiti pensioni stici — ha esercitato l'opzione per la prosecuzione del rapporto sul presupposto che le mansioni corrispondenti alla qualifica

possono ancora essere svolte pur dopo la riduzione dell'abilita

zione per il compimento del sessantesimo anno, permane anche

in tal caso il regime generale del licenziamento individuale vi

gente prima del raggiungimento di tale limite di età;

d) se invece le mansioni corrispondenti alla qualifica non

possono più essere svolte per mancanza di idonea abilitazione, stante la riduzione di contenuto di quest'ultima al momento del

compimento del sessantesimo anno di età, si ricade nell'ipotesi sub a): il rapporto diventa liberamente recedibile.

Nella specie, si versa nell'ipotesi di un copilota ultrasessan

tenne in possesso dei requisiti pensionistici che ha esercitato

l'opzione per la prosecuzione del rapporto (opzione che peraltro non avrebbe potuto esercitare perché le mansioni del ricorrente

erano quelle di copilota e non già quelle di terzo pilota o di

istruttore, il cui esercizio è consentito dall'abilitazione di volo

anche dopo il compimento del sessantesimo anno di età fino al

sessantacinquesimo); sicché, prescindendo dalla possibilità o

meno di utilizzazione del Rosin in voli diversi da quelli di linea e non di linea, esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto

che il ricorrente non avesse alcun diritto alla prosecuzione del

rapporto in ragione della perdurante, seppur ridotta, efficacia

della sua abilitazione (residuale) all'esercizio dell'attività di co pilota.

Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione e

falsa applicazione degli art. 2033 c.c. e 336, 2° comma, c.p.c. in

relazione al disposto dell'art. 36, 1° comma, Cost, e dell'art. 18

1. n. 300 del 1970, come novato dall'art. 1 1. n. 108 del 1990, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto la

domanda rivolta ad ottenere la ripetizione delle somme corri

sposte in esecuzione della sentenza di primo grado relativa

mente al periodo 1° novembre 1992 - 30 maggio 1994 e cioè tra

il licenziamento e la sentenza di reintegra; ciò perché non sa

rebbe condivisibile la distinzione, operata dal tribunale, tra

quanto erogato al lavoratore prima e dopo la reintegra nel caso

di riforma della sentenza di condanna, dovendo, prima e dopo

Il Foro Italiano — 2003.

questa sentenza, le somme erogate essere qualificate come retri

buzione.

La censura non merita accoglimento. Come è noto, l'attuale 4° comma dell'art. 18 statuto dei lavo

ratori, come novellato dall'art. 1 1. n. 108 del 1990, ha cancel

lato, almeno nella lettera della legge, la distinzione, presente nel

vecchio testo, tra il periodo precedente e quello successivo al

l'ordine di reintegra, prevedendo la condanna del datore al «ri

sarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento»

mediante «un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva

reintegrazione» e comunque non inferiore a «cinque mensilità», nonché la condanna del datore «al versamento dei contributi as

sistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento a

quello della effettiva reintegrazione». Nonostante la letterale parificazione di disciplina tra i due pe

riodi, che potrebbe indurre a ritenere — e ciò in netto contrasto

con l'assunto del ricorrente — l'attribuzione della medesima

natura risarcitoria delle somme da corrispondere nei due perio

di, l'orientamento pressoché costante di questa corte è nel senso

di ritenere che il nuovo testo abbia delineato la seguente situa

zione: a) la somma corrisposta dalla data del licenziamento a

quella della pronuncia di primo grado ha natura risarcitoria e

deve essere restituita in considerazione del carattere autonomo

della relativa tutela rispetto a quella ripristinatoria che riguarda le somme dovute a titolo di retribuzione tra la sentenza di primo

grado e la sentenza di riforma; b) invece non devono essere re

stituite le somme riferibili al periodo decorrente dalla sentenza

di primo grado alla sentenza di riforma, in base alla riaffermata

vigenza della lex contractus e alla equiparazione all'effettiva

utilizzazione delle energie lavorative del dipendente, della mera

utilizzabilità delle stesse, in relazione alla presunta disponibilità del lavoratore, se richiesto, a riprendere servizio; c) infine deve

essere restituita, se corrisposta, l'indénnità sostitutiva della re

integrazione, qualora il lavoratore abbia esercitato l'opzione di

cui al 4° comma dell'art. 1 1. 11 marzo 1990 n. 108, rifiutando

la reintegrazione (ex plurimis, Cass. 10 dicembre 1999, n.

13854, id., Rep. 2000. voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 206; 14 maggio 1998, n. 4881, id., Rep. 1998, voce Lavoro

(rapporto), n. 1737). Aderendo alla richiamata giurisprudenza, avallata peraltro

dalla dominante dottrina, deve affermarsi il principio, perché coerente con la cennata natura risarcitoria, secondo cui nel caso

di riforma in appello della sentenza di primo grado che, accer

tata l'illegittimità del licenziamento impugnato, abbia ordinato

la reintegrazione del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto alla

restituzione delle somme corrisposte al lavoratore in esecuzione

della sentenza riformata in relazione al periodo compreso tra il

licenziamento e la sentenza medesima, atteso che per il nuovo

testo dell'art. 336, 2° comma, c.p.c. («La riforma o la cassazio

ne estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata») non è più necessario il pas

saggio in giudicato della sentenza di secondo grado. Essendosi il tribunale pronunciato in conformità al suddetto

principio, la censura va disattesa.

Va da sé che, anche a voler aderire alla tesi, sostenuta in dot

trina, secondo cui, ai sensi del 4° comma del novellato testo

dell'art. 18, il risarcimento del danno deve essere valutato e li

quidato in un contesto unitario, senza cioè la distinzione tra pe riodi anteriori e successivi alla sentenza di condanna, le sud

dette conclusioni non subirebbero modifica in relazione al caso

in esame, il cui ambito temporale, ai fini risarcitori, si arresta al

momento della sentenza di reintegra. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

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