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sezione lavoro; sentenza 5 aprile 2002, n. 4889; Pres. D'Angelo, Est. Toffoli, P.M. Frazzini (concl....

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sezione lavoro; sentenza 5 aprile 2002, n. 4889; Pres. D'Angelo, Est. Toffoli, P.M. Frazzini (concl. conf.); Soc. Istituti Dante Alighieri (Avv. Panariti, Agostini) c. Pavoni (Avv. Tripepi, Cassiani). Cassa Trib. Pesaro 2 aprile 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 (OTTOBRE 2002), pp. 2739/2740-2747/2748 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196848 . Accessed: 25/06/2014 02:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.202 on Wed, 25 Jun 2014 02:19:54 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 5 aprile 2002, n. 4889; Pres. D'Angelo, Est. Toffoli, P.M. Frazzini(concl. conf.); Soc. Istituti Dante Alighieri (Avv. Panariti, Agostini) c. Pavoni (Avv. Tripepi,Cassiani). Cassa Trib. Pesaro 2 aprile 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 (OTTOBRE 2002), pp. 2739/2740-2747/2748Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196848 .

Accessed: 25/06/2014 02:19

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2739 PARTE PRIMA 2740

vuto in sede giurisprudenziale, secondo cui è straordinario tutto

quello che travalica i limiti d'orario convenzionale e questo im

pedirebbe alla contrattazione collettiva di prevedere regimi dif

ferenziati per il c.d. straordinario contrattuale, ossia la predispo sizione di aliquote di maggiorazione diverse.

È noto, invece, come la giurisprudenza, aderendo in massima

parte alle sollecitazioni della dottrina, abbia riconosciuta la li

bertà dell'autonomia collettiva di stabilire, di amministrare (se condo la suggestiva valutazione di recente dottrina) il regime

giuridico dello straordinario contrattuale e come quindi sia stata

nel tempo confermata la legittimità dell'istituto del c.d. lavoro

supplementare, ossia quello eccedente le soglie massime fissate

dalla contrattazione ed entro i limiti di cui alla disciplina del

1923. Certamente, con la vigenza del nuovo limite stabilito dall'art.

13 si è venuto ad incidere sui margini di intervento dell'auto

nomia collettiva, in quanto non può sorgere dubbio che la disci

plina legale dello straordinario sancita dall'art. 5 r.d.l. 692/23

troverà applicazione a partire dalla quarantunesima ora di lavo

ro.

Deve anche considerarsi, tuttavia, che l'operazione condotta

dal legislatore del 1997 non ha comportato l'adeguamento del

limite legale a quello stabilito dalla generalità delle pattuizioni collettive: non solo restano ovviamente operanti le previsioni contrattuali di regimi di orario inferiore a quello individuato

come «normale» dall'art. 13, ma la contrattazione resterà libera

di amministrare la fascia temporale ricompresa tra il massimo

contrattuale e la «normalità» legale. Quest'ultima osservazione — come si vedrà —

pare alla corte decisiva nella risoluzione

della concreta controversia.

Sempre in via di approccio preliminare alla controversia ed in

risposta ad una considerazione espressa dall'appellante società, resta soltanto da chiarire che la perdurante forza cogente del 2°

comma dell'art. 36 Cost. — che chiede alla legge di fissare il

limite orario massimo della giornata lavorativa — suggerisce di

ritenere più convincente la tesi della perdurante vigenza e non

dell'abrogazione dello specifico limite di durata fissato dall'art.

1 r.d.l. 692/23 in 8 ore giornaliere elevabile fino a 10 secondo il

limite massimo delle 2 ore di straordinario al giorno (art. 5 r.d.l.

n. 692). La questione non è tuttavia rilevante in causa, giacché la nona e la decima ora di lavoro prestate da Ugioli il 23 luglio 1997 sono state compensate con una maggiorazione rispetto alla

paga ordinaria.

La questione concreta, sottoposta al vaglio del collegio, attie

ne alla congruità di tale maggiorazione del 18 per cento appli cata da Metaplastic s.p.a.

Ugioli fa leva sul disposto dell'art. 12 della contrattazione di

settore che qualifica straordinario il lavoro prestato oltre la du

rata massima dell'orario normale di lavoro stabilita dalle norme

di legge. Come sopra ha già rilevato la corte, deve ritenersi oramai

qualificabile straordinario quello che venga prestato oltre la

quarantesima ora e — per implicita confermata vigenza dell'art.

I r.d.l. n. 692 sotto questo profilo — anche quello prestato oltre

l'ottava ora di lavoro giornaliero. Affermare ciò, tuttavia, non risolve il problema di quale delle

aliquote fissate in maniera progressiva dalla contrattazione col

lettiva per remunerare (sulla scorta del principio generale intro

dotto dall'art. 5 r.d.l. 692/23 e confermato dall'art. 2108 c.c.) le

ore prestate in più rispetto all'orario normale (legale o contrat

tuale) debba essere utilizzata.

In altri termini, occorre chiedersi se con l'art. 13 1. 196/97

venga travolta soltanto la dizione nominalistica del «lavoro sup

plementare» (riconducibile ora per la quota oltre la quarantesi ma ora a straordinario) ovvero anche la concreta disciplina per esso ritagliata dalle varie contrattazioni di settore che si sono

date il compito di una modulazione differenziata del regime del

lavoro svolto oltre l'orario normale.

Va tralasciata, ad avviso della corte, in primo luogo, la inat

tendibile ricostruzione del primo giudice, secondo cui supple mentare sarebbe —

per i lavoratori cui si applichi il contratto

collettivo gomma e plastica invocato in causa (e per tutti quelli cui si applicano analoghe pattuizioni contrattuali) — soltanto il

lavoro prestato nella giornata di sabato, ossia nel giorno in cui

normalmente non vi è attività lavorativa in quanto l'orario set

timanale contrattuale è distribuito su cinque giorni.

Questa interpretazione, del tutto sganciata dal dato normativo

II Foro Italiano — 2002.

del c.c.n.l., da un lato, appare estranea ad ogni previsione legale

e, dall'altro, si mostra abnormemente «sostitutiva» della volontà

delle parti collettive — che come dedotto dall'appellante società — nell'immediatezza della vigenza della nuova disciplina han

no con l'avviso comune del 12 novembre 1997 chiarito di vole

re confermare la disciplina contrattuale per le ore di lavoro

comprese tra 40 e 48.

La seconda decisiva considerazione concerne la confermata

vigenza —

quale unica disciplina di rango primario — della di

sposizione dell'art. 5 r.d.l. 692/23 in tema di maggiorazione ap

plicabile, individuata in un importo non inferiore al 10 per cen

to.

Rientra nel notorio che la contrattazione collettiva nella sua

generalità ha stabilito aliquote anche sensibilmente molto supe riori, graduandole in relazione alla progressiva ritenuta penosità della prosecuzione di orario.

Questo del 10 per cento, dunque, risulta l'unico dato di fonte

legale applicabile, in quanto l'art. 13 1. n. 196 giustamente si

astiene da ogni indicazione in merito alle aliquote di maggiora zione presupponendo la competenza generale in argomento da

parte della contrattazione.

Se, pertanto, deve essere confermata (neanche ne dubita l'ap

pellato lavoratore) questa risalentissima prerogativa dei contratti

collettivi di individuare, modulare, amministrare le maggiora zioni, l'unico limite che essi incontrano è quello di un minimo

del 10 per cento. Per il resto, come la legge, anche il giudice deve dunque arrestarsi di fronte alla pattuizione collettiva, che

ha rappresentato e rappresenta il luogo per la migliore elabora

zione anche nella materia in esame, in quanto essa sola capace di tenere conto di equilibri particolari e di dinamiche comples sive.

Dunque, non sarà più qualificato lavoro supplementare quello

prestato da Ugioli, ma per le prime 2 ore oltre la quarantesima deve restare pienamente valida e operativa la maggiorazione fis

sata a suo tempo dalla contrattazione di settore, confermata — a

scanso di equivoci, evidentemente — con l'avviso comune del

1997, rinnovata nel contratto collettivo del 2000, che rafforza

una già inequivoca volontà dei contraenti collettivi.

La sentenza impugnata, che invece ha fatto applicazione di

una diversa superiore aliquota, va integralmente riformata.

L'accoglimento dell'appello della società e la reiezione della

domanda di Antonio Ugioli comporteranno la restituzione della

somma che la datrice di lavoro abbia eventualmente erogato nel

frattempo all'Ugioli, che non può concretamente essere condan

nato a detta restituzione — così come richiesto nelle conclusioni

dell'appellante —

giacché la stessa Metaplastic s.p.a. non pre cisa se davvero tale pagamento, in esecuzione della pronuncia del Tribunale di Pisa, sia stato effettuato.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 5 aprile 2002, n. 4889; Pres. D'Angelo, Est. Toffoli, P.M. Frazzini

(conci, conf.); Soc. Istituti Dante Alighieri (Avv. Panariti,

Agostini) c. Pavoni (Avv. Tripepi, Cassiani). Cassa Trib. Pe

saro 2 aprile 1999.

Lavoro (rapporto di) — Vincolo di subordinazione — Esclu

sione — Fattispecie (Cod. civ., art. 2094).

Va escluso il vincolo della subordinazione nel caso in cui la

prestazione del lavoratore presenti caratteristiche compatibili con la fattispecie del lavoro autonomo (nella specie, la Su

prema corte ha ritenuto che un modesto grado di soggezione da parte dell 'insegnante di un istituto privato a! potere diret

tivo e organizzativo del datore di lavoro, esplicantesi in di

rettive di carattere generale e preliminare, realizzi una forma

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di controllo non particolarmente penetrante, configuratile anche in relazione ad un rapporto di lavoro autonomo). (1)

II

CORTE D'APPELLO DI POTENZA; sentenza 20 dicembre

2001; f>res. Scermino, Est. Vetrone; Palermo (Avv. Corda

sco) c. Di Stasi (Avv. Barbuzzi).

Lavoro (rapporto di) — Vincolo di subordinazione — Con

figurabilità — Condizioni — Fattispecie (Còd. civ., art. 2094).

Nelle prestazioni di elevato contenuto professionale (nella spe cie, l'esercizio dell 'arte farmaceutica), il vincolo di subordi

nazione si configura anche laddove il potere direttivo del da tore di lavoro si esplichi mediante direttive programmatiche o di mero coordinamento dell'attività de! lavoratore, non es

sendo necessario che si eserciti in maniera più penetrante, mediante ordini continui o un 'attività di vigilanza stretta mente vincolante. (2)

I

Svolgimento de!processo. — Con ricorso al Pretore di Pesaro,

Elisa Pavoni, premesso di avere lavorato alle dipendenze della società Istituti Dante Alighieri di Formenti Elena e C. s.n.c.,

presso la sede di Pesaro, dall'ottobre 1991 all'ottobre 1993, come docente di materie letterarie, per un complessivo ammon tare di ventiquattro ore settimanali, concretamente ripartite su

quattro ore giornaliere, chiedeva la condanna di detta società al

pagamento della somma di lire 40.809.558 a titolo di differenze

retributive, indennità di fine rapporto e indennità sostitutiva del

preavviso. La società convenuta si costituiva in giudizio sostenendo che

alla ricorrente, che aveva prestato attività libero professionale e non di lavoro subordinato, erano stati corrisposti tutti i compen si pattuiti.

Il pretore accoglieva la domanda per un quantum di lire

38.439.603, oltre accessori, con sentenza che, appellata dalla

convenuta, era confermata dal Tribunale di Pesaro. Il giudice di secondo grado riteneva insussistente la lamen

tata nullità della domanda per l'omessa indicazione dei para metri retributivi e della loro fonte, osservando che in realtà la

Pavoni aveva indicato con precisione le proprie mansioni e

l'orario osservato e che a tali elementi corrispondeva l'inqua

(1-2) Nelle due fattispecie in epigrafe si fronteggiano due opposte interpretazioni della tecnica definitoria della natura del rapporto di la voro. La Suprema corte propone, in conformità all'indirizzo general mente prevalente negli ultimi anni, un'applicazione rigorosa del meto do tipologico, richiamando la necessità di un accertamento inequivoco delle modalità di svolgimento della prestazione, tale da realizzare una netta caratterizzazione della stessa, nel senso della subordinazione. Pertanto, l'esercizio di un limitato potere direttivo ed organizzativo da

parte del datore di lavoro, in concomitanza con un inserimento solo

parziale del lavoratore nell'organizzazione aziendale, non comprova l'esistenza del vincolo della subordinazione, trattandosi di modalità

compatibili con la prestazione di lavoro autonomo; ciò anche nel caso,

preso in esame nella specie, di attività di lavoro intellettuale, quale quella dell'insegnante di scuola privata. Per contro, la Corte d'appello di Potenza sembra inclinare verso quell'indirizzo, affermatosi nel corso

degli anni ottanta e riproposto da una recente pronuncia della Corte di cassazione (cfr. Cass. 6 luglio 2001, n. 9167, Foro it., 2002,1, 134, con nota di richiami), secondo cui, in alcuni casi (per esempio laddove l'at tività lavorativa assuma caratteristiche di creatività e non di mera ese

cutività), il vincolo della subordinazione assume carattere più attenuato e sfumato, potendo configurarsi anche con riferimento a prestazioni di lavoro svolte secondo direttive non specifiche, ma generali, non difet tando addirittura spazi di discrezionalità per il lavoratore, connaturati al

tipo di attività svolta. Per ulteriori richiami ai due orientamenti ivi descritti, v. la nota a

Cass. 6 luglio 2001, n. 9167, cit., cui si rinvia anche per riferimenti alla dottrina. Da ultimo, peraltro, proprio in relazione alle tematiche in

esame, v. G. Proia, Metodo tipologico, contratto di lavoro subordinato e categorie definitorie, in Argomenti dir. lav., 2002, 87; L. Nogler, Ancora sii «tipo» e rapporto di lavoro subordinato nell'impresa, ibid., 109.

Il Foro Italiano — 2002.

dramento di cui al IV livello del c.c.n.l. del 1988 per il perso nale docente degli istituti di educazione e istruzione gestiti da enti privati.

Riteneva inoltre corretta la qualificazione del rapporto nel l'ambito del lavoro subordinato, rilevando: che l'attività di in

segnamento si svolgeva nei locali a ciò destinati dall'istituto

appellante; che gli orari di lavoro dovevano ritenersi rigidi, an corché inizialmente concertati con gli insegnanti, come confer mato in particolare dal fatto che solo in via del tutto eccezioanle erano intervenuti successivi spostamenti di orario; che l'attività di insegnamento avveniva con l'utilizzazione di piccoli manuali

«tipo Bignami» forniti agli studenti dall'istituto; che la sottopo sizione della docente alla direzione del datore di lavoro era rav

visabile, tenuta presente l'autonomia tipica dell'attività di inse

gnamento, nella consegna all'inizio di ogni anno dei programmi ministeriali e nell'attività di controllo espletata presso la sede di Pesaro dal sig. Moreno Formenti, con funzioni di gestore se non di direttore, il quale periodicamente si informava sull'anda

mento dell'attività didattica e del profitto dei singoli studenti, riferendone ai genitori; che correlativamente non era rilevante la

non previsione di un obbligo di tenuta dei registri da parte degli

insegnanti, spiegabile anche con la non particolare complessità della struttura aziendale pesarese; che la possibilità di esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro era evinci bile dall'obbligo per gli insegnanti di garantire quotidianamente la loro presenza, da quello correlativo di comunicare preventi vamente eventuali impedimenti, e dall'evidente particolare at

tenzione prestata dai medesimi a non violare tali disposizioni. D'altra parte, non poteva attribuirsi valore decisivo alla quali

ficazione del rapporto di cui al contratto scritto stipulato dalle

parti. La società Istituti Dante Alighieri propone ricorso per cassa

zione, articolato in quattro motivi.

La Pavone resiste con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo la ricorrente

deduce insufficiente e illogica motivazione sul punto relativo

alla determinazione dell'oggetto della domanda.

Lamenta che, al mancato rispetto nel ricorso introduttivo di

quanto prescritto dall'art. 414, 3° e 4° comma (,rectius: nn. 3 e

4), sia stato ingiustificatamente ovviato dal tribunale con l'indi

viduazione del c.c.n.l. del 1988, mai indicato o invocato dalla

lavoratrice. Rileva inoltre che il giudice di merito non ha accer

tato se alla stipulazione del contratto collettivo avesse parteci

pato l'associazione di categoria a cui era iscritta l'attuale ricor

rente.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce omessa o insuffi

ciente motivazione sul pùnto decisivo attinente all'esistenza del

potere direttivo e del vincolo disciplinare. Lamenta che gli elementi evidenziati e valorizzati dal tribu

nale non costituiscano elementi sufficienti per affermare la sot

tomissione della Pavoni al potere direttivo e gerarchico del ge store. Osserva al riguardo che tali elementi, comunque non indi

cativi di direttive programmatiche e neanche di un controllo del

risultato dell'attività lavorativa, sono sintomatici solo dell'esi

stenza di una minima struttura organizzativa, concepita per evi

tare le conseguenze di una mera improvvisazione, e hanno valo

re del tutto secondario rispetto all'elemento essenziale del vin

colo dell'assoggettamento del lavoratore da un punto di vista di

rettivo e disciplinare. Si è in presenza, quindi, di una motivazio

ne contraddittoria e che non rispetta i criteri generali e astratti

da applicare al caso concreto.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce omessa o apparente motivazione sul punto decisivo relativo all'esistenza del vincolo

gerarchico; e inoltre travisamento di prove. Lamenta che il tribunale con un iter logico-giuridico viziato

abbia ritenuto l'esistenza del potere disciplinare, sulla base del

rilievo che non vi erano motivi per escluderlo.

Al riguardo, premesso che dall'istruttoria di primo grado era

risultato che la Pavoni godeva di ampia libertà operativa, stante

la mancanza di un obbligo di tenere i registri di classe con l'in

dicazione degli argomenti trattati e delle valutazioni degli stu

denti, osserva anche che, mentre la predeterminazione degli ora

ri di lezione e l'obbligo di comunicare preventivamente ragioni di impossibilità di rispettarli derivavano dall'esigenza di coor

dinare le presenze degli insegnanti e degli studenti, le eventuali

assenze non dovevano essere giustificate, come esplicitamente

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2743 PARTE PRIMA 2744

riferito dai testi escussi. D'altra parte conseguenze disciplinari non erano mai state irrogate e neanche prospettate.

Né il tribunale aveva individuato quale sarebbe stata la perso na attraverso cui il potere gerarchico sarebbe stato esercitato, non essendo ravvisabile l'esercizio della relativa funzione da

parte della segretaria o del collaboratore.

Con il quarto motivo la ricorrente deduce carente e incongrua motivazione, sotto il profilo della mancata valutazione di quanto concordato dalle parti circa il tipo di rapporto lavorativo cui il

lavoratore si era obbligato, in aderenza ai propri interessi, la re

lativa volontà dando luogo non a un mero indizio qualificatorio, ma a una vera e propria presunzione, superabile solo da una ri

gorosa prova contraria, costituendo espressione di autonomia

negoziale, tutelata dall'art. 4 Cost, e rilevante ai sensi degli art. 2094 e 2222 c.c.

11 primo motivo è infondato. Va osservato innanzitutto che la

eventuale mancata indicazione del contratto collettivo, nel ricor so introduttivo di una causa di lavoro, con il quale, sulla base della asserita prestazione di lavoro subordinato, vengano chiesti

conguagli retributivi, non incide sulla determinazione dell'og getto della domanda e non comporta quindi la nullità del ricorso

(cfr. Cass., sez. un., 22 maggio 1985, n. 3105, Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 177; 9 feb braio 1989, n. 818, id., Rep. 1989, voce cit., n. 129). Né la ricor rente ha chiarito sotto quali altri profili ritenga che tale iniziale omissione determini un vizio della sentenza impugnata, salvo a lamentare il mancato accertamento della sottoscrizione del con tratto collettivo da parte dell'associazione di categoria cui essa aderiva e, quindi, della cogenza del medesimo contratto nei suoi confronti. Ma tale contestazione non risulta essere stata propo sta in appello, benché già il pretore avesse fatto riferimento al contratto collettivo richiamato poi anche dal giudice di appello.

Gli ulteriori tre motivi devono essere esaminati congiunta mente, stante la loro connessione.

Gli elementi che differenziano, alla stregua dei parametri normativi desumibili innanzitutto dall'art. 2094 c.c., il lavoro subordinato da quello autonomo sono l'assoggettamento del la voratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del da tore di lavoro, con la conseguente limitazione della sua autono mia e il suo inserimento nell'organizzazione aziendale. Tali elementi devono essere apprezzati con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attua zione. In linea di principio, inoltre, il potere direttivo deve estrinsecarsi in ordini specifici, perché è attraverso gli stessi, e non mediante solo direttive di carattere generale, configurabili anche nel lavoro autonomo, che viene assicurata la c.d. confor mazione della prestazione del lavoratore subordinato rispetto alle esigenze dell'impresa. Peraltro devono essere valutate da

quest'ultimo punto di vista tutte le modalità di inserimento del

prestatore di lavoro nell'organizzazione aziendale comportanti il puntuale adeguamento delle sue prestazioni. Lo svolgimento di controlli da parte del creditore delle prestazioni lavorative è di per sé compatibile con ambedue le forme di rapporti, e quindi i controlli depongono nel senso della subordinazione solo quan do per oggetto e per modalità sono finalizzati ad un esercizio del potere direttivo e, eventualmente, di quello disciplinare, ti

pici del lavoro subordinato.

Invece, elementi quali l'assenza del rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario, la localizzazione della prestazione e la cadenza e la misura fissa della retribuzio ne assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva.

La qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nella ini ziale stipulazione del contratto è rilevante, ma non è necessa riamente determinante, poiché nei rapporti di durata il compor tamento delle parti può essere idoneo ad esprimere sia una di versa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa vo

lontà, sempreché, naturalmente, offra non equivoci, idonei, ele menti di valutazione in tal senso (in genere, sulla problematica della distinzione tra rapporto di lavoro subordinato e autonomo, cfr., ex plurimis, Cass. 16 gennaio 1996, n. 326, id., Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 416; 3 aprile 2000, n. 4036, id., Rep. 2000, voce cit., n. 626; 2 settembre 2000, n. 11502, id., Rep. 2001, voce cit., n. 584; 21 novembre 2000, n. 15001, id., Rep. 2000, voce cit., n. 607; 9 gennaio 2001, n. 224, id., Rep. 2001, voce cit., n. 582; 1° marzo 2001, n. 2970, ibid., n. 579; 20 mar zo 2001, n. 3975, ibid., n. 735).

Con riferimento in particolare all'attività di insegnamento, è

Il Foro Italiano — 2002.

stato più volte rilevato che anche essa può essere riconducibile, a seconda della sua caratterizzazione, sia al lavoro subordinato

che al lavoro autonomo (cfr., anche ai fini del rilievo di ele

menti che possono evidenziare, nel campo specifico, modalità di

esercizio del potere direttivo e di inserimento dell'insegnante

nell'organizzazione aziendale significativi ai fini della subordi

nazione, Cass. 10 febbraio 1992, n. 1502, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 491; 2 luglio 1992, n. 8120, ibid., n. 490; 22 agosto 1997, n. 7885, id., Rep. 1999, voce cit., n. 671; 10 dicembre 1999, n.

13858, id., Rep. 2000, voce cit., n. 634; 30 dicembre 1999, n. 14743, id., Rep. 1999, voce cit., n. 641).

In ogni caso, l'apprezzamento in concreto circa la riconduci

bilità di determinate prestazioni ad un rapporto dì lavoro subor

dinato o autonomo si risolve in un accertamento di fatto che, ove adeguatamente e correttamente motivato in rapporto ad un

esatto parametro normativo, è incensurabile in Cassazione.

Nella specie, peraltro, non può ritenersi logico ed adeguato il

percorso argomentativo attraverso cui il giudice di merito ha ri

tenuto la sussistenza dei parametri normativi della subordina zione.

Nella verifica in questa sede della correttezza della motiva

zione, deve preliminarmente essere ricordato che nella specie le

parti con il contratto scritto iniziale avevano qualificato il rap porto come di lavoro autonomo, parlando di collaborazione

continuativa e coordinata, e che la collocazione nell'ambito della settimana del numero di ore di lezioni pattuito era stata stabilita preventivamente in maniera concordata con gli inse

gnanti; viceversa non si riferisce nella motivazione di un eserci zio da parte del datore di lavoro di un potere di variare unilate ralmente l'orario.

La rilevanza di queste circostanze a deporre in sé stesse piut tosto nel senso dell'autonomia che della subordinazione, anche in presenza di una successiva normale obbligatorietà degli orari

concordati, è stata illogicamente sminuita dal giudice di merito con il rilievo che la concertazione dell'orario è una modalità ben conosciuta anche nelle scuole pubbliche. Infatti è evidente che in quest'ultimo settore è pacifica e normativamente stabilita la soggezione del lavoratore al potere direttivo della direzione scolastica e il suo penetrante inserimento nell'organizzazione complessiva della scuola, sia riguardo agli orari che a numerosi altri aspetti, e che la considerazione nella formazione degli orari ordinari di lezione delle preferenze dei singoli insegnanti è una circostanza meramente eventuale.

Quanto all'esercizio del potere direttivo, nella sentenza im

pugnata si attribuisce innanzitutto rilievo alla consegna alla ri corrente all'inizio dell'anno dei programmi ministeriali e si sottolinea che l'attività di insegnamento prevedeva l'utilizza zione di «piccoli manuali tipo Bignami» (cioè, evidentemente, di testi contenenti un'esposizione riassuntiva della materia), forniti dalla scuola agli studenti. Non è chiarito, però, come po tesse assumere rilievo quale esercizio di un potere direttivo, nell'ambito dello svolgimento del rapporto, una direttiva gene rale e preliminare circa l'oggetto della prestazione, direttiva la cui genericità risalta particolarmente se si ricorda che nelle or

ganizzazioni scolastiche caratterizzate da un pregnante inseri mento dei docenti nell'organizzazione scolastica, ha luogo, sia

pure con il contributo del medesimo corpo docente, l'elabora zione di un'articolata programmazione specifica della didattica, in considerazione delle esigenze delle singole classi.

La sentenza fa riferimento alla posizione del Formenti, «co ordinatore» che rappresentava la direzione presso la sede di Pe

saro, ricordando che il medesimo periodicamente chiedeva in formazioni sull'andamento dell'attività scolastica e in particola re sul profitto degli studenti, per poterne riferire ai genitori degli studenti, essendo incaricato di mantenere i contatti con i mede simi. Osserva che così aveva luogo una vigilanza sui livelli culturali raggiunti dagli studenti e quindi sull'operato dei do

centi, e che, in questo quadro, diventava equivoca, e perdeva rilevanza, la mancata previsione dell'obbligo della tenuta di re

gistri da parte degli insegnanti, potendo essere tenuta sotto con trollo l'esigua struttura aziendale pesarese senza la necessità di tali referenti documentali.

In realtà anche tali elementi, così come riferiti, non eviden ziano l'effettivo esercizio di un potere direttivo, ma semmai di una forma di controllo non particolarmente penetrante, configu rable anche in relazione al lavoro autonomo. Viceversa vengo no nuovamente evidenziate modalità di impostazione organiz

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zativa dell'insegnamento e della scuola tendenti a limitare il

contributo degli insegnanti alla mera prestazione delle lezioni, in assenza invece di quelle modalità di più intenso inserimento

dei docenti nell'organizzazione scolastica (partecipazione alla

programmazione didattica, registrazioni e relazioni di vario tipo sullo svolgimento dell'attività didattica e sulle prestazioni sco

lastiche degli studenti, valutazioni anche formali di questi ulti

mi, presenza a tutte le inerenti riunioni, colloqui con i genitori,

ecc.), che sono normali negli istituti scolastici che adottano un

metodo formativo e organizzativo più o meno fedelmente im

prontato alle impostazioni dei corsi di studi regolari.

Quanto al potere disciplinare, nella sentenza si osserva che

mancavano elementi per escluderlo, stante l'obbligo degli inse

gnanti di garantire la loro presenza, in genere rigorosamente os

servato, e di avvisare in caso di impossibilità. Un rilievo di que sto genere può essere adeguato, ove risulti accertato l'assog

gettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro

e l'esistenza di controlli, poiché il potere disciplinare, attribuito

dalla legge, non deve essere necessariamente esercitato in con

creto. Dette considerazioni, però, non possono ritenersi decisive

al fine di sorreggere l'accertamento della subordinazione, per ché, come si è già rilevato, l'osservanza di un orario, con la pre senza di un controllo al riguardo, è compatibile anche con il la

voro autonomo.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata

in relazione agli evidenziati vizi di motivazione e la causa deve

essere rinviata per nuovo esame ad altro giudice che, dopo aver

provveduto in ordine alla qualificazione del rapporto con ade

guata motivazione, provvederà di conseguenza in ordine alle

domande proposte dalla Pavoni.

II

Svolgimento del processo. — Palermo Roberto, titolare del

l'omonima farmacia rurale in Ripacandida (PZ), con atto depo sitato il 4 giugno 2001 ha tempestivamente gravato d'appello la

sentenza, pronunciata dal giudice del lavoro di Melfi, con la

quale è stato condannato al pagamento, in favore di Di Stasi

Raffaele, farmacista che lo aveva sostituito dal 4 febbraio 1995

al 24 marzo 1995 nella conduzione della farmacia, della somma

di lire 2.475.717, a titolo di differenze di retribuzione, mancato

godimento ferie, ratei di tredicesima e lavoro festivo, e di quella dì lire 312.143, a titolo di t.f.r.

A motivi dell'appello ha addotto che erroneamente il primo

giudice — mal valutando l'esito delle risultanze istruttorie ed in

violazione della regola secondo la quale l'onere della prova del

l'esistenza d'un rapporto di lavoro subordinato incombe a chi lo

sostenga — ha ritenuto nella specie la ricorrenza di un siffatto

rapporto, laddove nelle pattuizioni verbali svoltesi fra le parti era stato stabilito un compenso di lire 120.000 al giorno per la

conduzione solo professionale della farmacia (non economica,

che era rimasta in capo alla di lui moglie, Briosi Sandra), a cau

sa dell'infermità d'esso titolare, ossia un rapporto di collabora

zione caratterizzato da prestazione di lavoro autonomo ex art.

2222 c.c.

Si è altresì doluto del fatto che il primo giudice, pur avendo

escluso l'automatica applicabilità di tutta intera la disciplina del

c.c.n.l. (per i dipendenti di farmacia privata) fra le parti, a causa

della dichiarazione d'esso titolare della farmacia di non aver

aderito alle associazioni sindacali stipulanti, abbia utilizzato la

predetta normativa collettiva ex art. 36 Cost, prendendo in con

siderazione, al fine del computo delle competenze spettanti al

Di Stasi, la qualifica, a lui non riconoscibile, di «direttore di

farmacìa (primo livello super)», piuttosto che di «sostituto (pri mo livello)».

Criticando poi l'assunto del primo giudice secondo il quale

dette mansioni, e la loro configurabilità a stregua della classifi

cazione individuata, non erano da lui state contestate, ha affer

mato che nulla egli doveva contestare avendo denegato la sussi

stenza stessa d'un lavoro subordinato ed ha inoltre evidenziato

che, nella classificazione del personale, detta qualifica è confi

gurabile nel caso di chi sia addetto a farmacia succursale, a far

macia il cui titolare non sia farmacista e nelle gestioni eredita

rie, ipotesi tutte diverse da quella all'esame.

Ha concluso come sopra riportato. Fissata, con provvedi mento presidenziale, l'udienza di discussione, si è costituito in

Il Foro Italiano — 2002.

giudizio il Di Stasi sostenendo l'infondatezza dell'appello e po stulandone il rigetto.

Ha evidenziato che dall'estratto conto assicurativo prodotto in prime cure è dato evincere che tutte le sostituzioni da lui fatte

presso altre farmacie, in tempi prossimi a quella in questione, sono state accompagnate dall'instaurazione d'un rapporto di la voro subordinato; che, quando egli ha lavorato per il Palermo, non ha goduto d'alcuna autonomia «... né durante la fase del

l'organizzazione del lavoro né durante il suo espletamento ...», non avendo avuto «... accesso neppure all'armadietto, chiuso a

chiave, contenente le sostanze ... stupefacenti...». All'udienza odierna, la causa è stata discussa e decisa come

da dispositivo, letto pubblicamente e nell'immediatezza.

Motivi della decisione. — L'appello de quo fa leva su due ar

gomentazioni:

1) erroneamente il Tribunale di Melfi avrebbe ritenuto nella

specie un rapporto di lavoro subordinato, anziché autonomo;

2) erroneamente, il primo giudice avrebbe, nell'ambito di

quell'opinione, affermato che l'attività del Di Stasi dovesse es

sere retribuita a stregua delle competenze (anche se non tutte)

previste dalla contrattazione collettiva per il «direttore di farma

cia - primo livello super».

Così ricostruito l'ambito del devoluto, va, quanto al primo motivo di doglianza, ricordato che costituisce opinione pacifica e costante, in giurisprudenza, che, ai fini della distinzione tra la

voro autonomo e subordinato, è determinante la sussistenza o

meno del vincolo di subordinazione, inteso quale legame perso nale che assoggetta il prestatore di lavoro, con conseguente li

mitazione della sua autonomia. E stato, peraltro, chiarito che

l'entità delle direttive e del connesso potere di controllo del da

tore di lavoro devono essere correlati sia alla natura delle pre stazioni — assumendo sotto tale profilo la natura intellettuale e

professionale delle stesse —, sia al ruolo dei prestatori nell'am

bito dell'impresa ed ai loro rapporti con l'imprenditore sul pia no della capacità e della fiducia: pertanto, solo quando il detto

carattere distintivo non sia agevolmente apprezzabile a causa

del concreto atteggiarsi del rapporto, occorre far riferimento ad

altri criteri, complementari e sussidiari — come il luogo della

prestazione, l'osservanza di un orario di lavoro a tempo prede

terminato, il coordinamento dell'attività lavorativa rispetto al

l'assetto organizzativo dato all'impresa dal datore di lavoro, il

versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, l'as

senza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura im

prenditoriale, la proprietà della materia prima lavorata — i qua

li, benché privi di valore decisivo se individualmente conside

rati, ben possono essere valutati globalmente come indizi (ex

plurimis, Cass. 4 marzo 1998, n. 2370, Foro it.. Rep. 2000, voce

Lavoro (rapporto), n. 641). Tali criteri, proprio perché empirici, devono essere applicati

tenendo conto di tutte le circostanze concrete, perché ogni atti

vità lavorativa — come concordemente insegnano dottrina e

giurisprudenza —

può costituire oggetto sia di lavoro autonomo,

sia di lavoro subordinato, a seconda delle modalità pratiche di

espletamento nell'ambito della relazione instaurata tra le parti, e

vanno adattati al tipo di professionalità prestata. Orbene, per una corretta qualificazione del rapporto di cui si

discute, devono essere oggetto di scrupoloso esame i caratteri

specifici assunti dalla prestazione, così da poter inquadrare gli elementi di fatto nell'appropriato schema legale tipico risultante

dai criteri generali ed astratti, ora espressi, che presiedono alla

distinzione di cui si è detto.

Alla stregua di quanto esposto, le risultanze dell'istruttoria

svolta dal primo giudice consentono di affermare che il rapporto intercorso fra il dott. Di Stasi ed il dott. Palermo, titolare del

l'omonima farmacia, debba senz'altro qualificarsi, in sintonia

con la tesi dell'appellato, come di lavoro subordinato, non appa rendo condivisibile la critica mossa alla valutazione della prova fatta dal primo decidente.

Quest'ultimo, nella carenza di un dato contrattuale scritto che

fosse intercorso fra le parti, ha osservato che le risultanze di

prova storica hanno denotato, per quanto era nella loro possibi lità di farlo, la sintomatologia propria del rapporto di lavoro di

pendente, posto che il Di Stasi: — nell'occasione (anche se unica) descritta dal teste Castel

grande, doveva seguire le istruzioni (se non direttive) dategli dalla Briosi, coniuge del Palermo, nella sistemazione delle ri

cette;

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2747 PARTE PRIMA 2748

— era sottoposto al controllo e vigilanza della predetta, posto che questa era sempre presente nella farmacia, verificava le di lui presenze, gli orari (testi Riviezzo, Castelgrande, De Leonar

dis) e si doleva delle visite che egli riceveva da parte degli ami

ci in quel contesto spazio-temporale (teste De Leonardis). Tale essendo il quadro complessivo di prova testimoniale, es

so non avrebbe potuto non sorreggere le conclusioni cui è per venuta la sentenza impugnata.

Va subito evidenziato che nessun significativo apporto, nel

senso della negazione della subordinazione, potrebbe desumersi

dalla considerazione dell'affermata autonomia operativa di cui — a dire dell'appellante

— avrebbe goduto il Di Stasi.

Invero, il rilievo di tale indice va affatto ridimensionato ove

si tenga conto che, nelle prestazioni professionali di alto profilo (come l'esercizio dell'arte farmaceutica, che è all'oggetto d'in

teresse nella specie), la subordinazione, intesa come assogget tamento al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del da

tore di lavoro, risulta necessariamente più attenuata e sfumata.

In tal caso, è necessario fare riferimento al potere direttivo del

l'imprenditore non con riguardo al contenuto delle prestazioni, né alle loro modalità sotto il profilo tecnico, ma ai limiti esterni dell'attività professionale, vale a dire all'inquadramento della

prestazione nell'ambito dell'organizzazione aziendale, fermo

restando che, per aversi subordinazione, non è necessario che il

potere direttivo del datore di lavoro si esplichi mediante ordini

continui o che la vigilanza svolta sul lavoratore sia strettamente

vincolante, potendo l'assoggettamento realizzarsi attraverso di

rettive programmatiche o di coordinamento dell'attività del la

voratore medesimo.

In sostanza, posto che il Di Stasi forniva attività lavorativa la

quale, per la natura stessa delle prestazioni a favore del Paler

mo, comportava vasto margine d'autonomia, non va ulterior

mente pretermesso di constatare, onde farne derivare le ovvie

logiche conseguenze, che detta attività si svolgeva nell'ambito

del locale, la farmacia, messo a disposizione dal suo titolare; che era previsto un orario di lavoro quotidiano (poco importan do che esso fosse stabilito ab estemo, e cioè dalla pubblica au

torità sanitaria); che il compenso, anche a dire del Palermo, era

stabilito in misura fissa giornaliera, e non dipendeva dall'entità numerica delle prestazioni rese; che il Di Stasi non aveva ap

portato una propria organizzazione imprenditoriale, anche in

termini minimi, ma era assolutamente e personalmente inserito in quella del preponente, della quale non condivideva il rischio

economico d'attività produttiva. A dette considerazioni, che sono state fatte dal collegio anche

in altra propria decisione (sentenza 12 ottobre 2000, id., Rep. 2001, voce cit., n. 589), deve essere aggiunto infine (giusta

quanto sostenuto da Cass., sez. un., 7 dicembre 1999, n.

865/SU, id., Rep. 1999, voce Istruzione pubblica, n. 362) che il

vincolo di subordinazione assume una particolare configurazio ne quando la prestazione ha carattere creativo e non meramente

esecutivo come, in genere, nel caso del professionista; in questo caso sussiste un rapporto di lavoro subordinato quando il pre detto si tenga stabilmente a disposizione, come nella specie è

avvenuto, del datore di lavoro per eseguirne le istruzioni, men tre sussiste un rapporto di lavoro autonomo quando le presta zioni siano singolarmente convenute in base ad una successione di incarichi fiduciari (come sarebbe potuto avvenire, ad esem

pio, nel caso in cui il Palermo avesse affidato al Di Stasi l'ese cuzione di una serie di preparati galenici).

Concludendo, anche se non ignora la corte che laddove l'art.

11, 2° comma, lett. a), 1. 2 aprile 1968 n. 475 consente, per mo tivi di salute del titolare, che questo sia temporaneamente so

stituito con altro farmacista, iscritto all'ordine, nella conduzione

professionale ed economica della farmacia resta nell'autonomia

dei contraenti avvalersi di qualsiasi strumento contrattuale ido

neo allo scopo, quale la costituzione di un rapporto di lavoro

subordinato, ovvero di collaborazione autonoma, ovvero ancora la cessione in via temporanea, dell'impresa farmaceutica (così, Cass. 24 ottobre 1983, n. 6231, id., Rep. 1984, voce Farmacia, n. 59), appare soluzione ineludibile nella specie, atteso quanto

esposto, che il lavoro del Di Stasi, il quale, come è pacifico in

atti, era stato chiamato a sostituire l'appellante, impedito per malattia temporanea, nel permanere della «gestione economica» della farmacia in capo alla moglie dell'incaricante, non poteva

integrare altro che un rapporto di natura subordinata.

Ma anche a tanto concedere, ha lamentato il Palermo con il

Il Foro Italiano — 2002.

secondo aspetto del gravame, il primo giudice non avrebbe do

vuto riconoscere al Di Stasi il trattamento economico corrispon dente alla ritenuta sua classificazione: «primo livello super, di

rettore di farmacia», avendo egli agito come mero sostituto del

titolare.

Anche questo secondo argomento è errato. Va chiarito, in

primis, che oggetto dell'accertamento in questione non è l'indi

viduazione della qualifica che sarebbe spettata al Di Stasi per via delle mansioni espletate (e quindi su questo non occorre

pronuncia che abbia valore di giudicato), ma la congruità del

trattamento preteso dal lavoratore e riconosciuto dal giudice nella sentenza gravata.

Così puntualizzata la questione, la stessa perde ogni spessore sol che si consideri che, secondo la previsione del c.c.n.l. avuto

presente nella specie (art. 4), se è vero che il primo livello super

(farmacista direttore di farmacia) compete — come ha puntua

lizzato l'appellato —

(solo) «... nei casi (differenti) di farmacia

succursale, di farmacia il cui titolare non sia farmacista e nelle

gestioni ereditarie ...», è anche vero che il farmacista collabo

ratore che sostituisca il titolare di farmacia nei casi di cui al su

citato art. 11 1. 475/68 e cioè, anche nell'ipotesi verificata nella

specie, dell'infermità di questi (lett. a), «... per tutto il periodo della sostituzione formale ha diritto, in aggiunta alla normale

retribuzione, ad una indennità di funzione pari alla differenza

retributiva fra il primo livello super ed il primo livello ...».

Ne consegue che il trattamento economico dal primo giudice riconosciuto al Di Stasi era proprio quello che gli sarebbe spet tato comunque per contratto anche ove quello non l'avesse rite

nuto, come ha fatto, classificabile tout court nel primo livello

super.

L'appello deve essere pertanto integralmente rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 aprile 2002, n. 4760; Pres. Saggio, Est. Celentano, P.M. Uccella

(conci, conf.); Soc. Ceramica San Patrizio due e altra (Avv.

Borelli, Turreni, Annesi) c. Soc. Megater ceramiche (Avv.

Sutich, Aloisio) e altro. Cassa Trib. Orvieto, decr. 30 marzo

2000.

Fallimento — Proposta di concordato —

Sospensione della

liquidazione — Poteri del giudice delegato

— Limiti tem

porali (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 125).

Fallimento — Proposta di concordato — Potere di sospen

sione della liquidazione — Discrezionalità — Limiti —

Fattispecie (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 125).

In seguito alla proposta di concordato, il giudice delegato può sospendere la vendita all'incanto di beni immobili o dell'a zienda del fallito fino a quando non sia stato emanato il de creto di trasferimento.. ( 1 )

Il provvedimento di sospensione della liquidazione ex art. 125, 3° comma, I. fall, non discende automaticamente dalla pre sentazione di una proposta di concordato fallimentare, ma è

affidato alla discrezionalità del giudice delegato, che deve

esercitarla con esclusivo riferimento ali 'interesse dei credito ri del proponente (nella specie, la corte ha cassato un decreto

col quale il tribunale aveva negato la sospensione della liqui dazione del fallimento sociale anche in considerazione degli interessi dei creditori del fallimento del socio). (2)

(1-2) La sentenza in epigrafe affronta sotto due angolazioni la tema tica della sospensione della liquidazione fallimentare prevista dall'art. 125, 3° comma, 1. fall, come possibile conseguenza della presentazione della domanda di concordato.

Anzitutto, i giudici di legittimità tornano ad occuparsi dei limiti tem

porali entro i quali può essere disposta; nell'ambito di una vendita al

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