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sezione lavoro; sentenza 5 gennaio 1993, n. 24; Pres. Scala, Est. Paolucci, P.M. Bonajuto (concl....

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sezione lavoro; sentenza 5 gennaio 1993, n. 24; Pres. Scala, Est. Paolucci, P.M. Bonajuto (concl. conf.); Soc. Casa di cura villa Pini d'Abruzzo (Avv. Ciprietti) c. Petrongolo e Maccione (Avv. Sabatini). Conferma Trib. Chieti 1° giugno 1989 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 10 (OTTOBRE 1993), pp. 2877/2878-2879/2880 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187631 . Accessed: 28/06/2014 10:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.79 on Sat, 28 Jun 2014 10:11:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione lavoro; sentenza 5 gennaio 1993, n. 24; Pres. Scala, Est. Paolucci, P.M. Bonajuto (concl. conf.); Soc. Casa di cura villa Pini d'Abruzzo (Avv. Ciprietti) c. Petrongolo e Maccione

sezione lavoro; sentenza 5 gennaio 1993, n. 24; Pres. Scala, Est. Paolucci, P.M. Bonajuto (concl.conf.); Soc. Casa di cura villa Pini d'Abruzzo (Avv. Ciprietti) c. Petrongolo e Maccione (Avv.Sabatini). Conferma Trib. Chieti 1° giugno 1989Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 10 (OTTOBRE 1993), pp. 2877/2878-2879/2880Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187631 .

Accessed: 28/06/2014 10:11

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

si concentri, come nella specie, in attività professionale prestata a favore di enti pubblici (in relazione ai quali, soltanto, pare estensibile il ricordato principio) — l'attitudine della ripetizione di indebito — a compromettere le «esigenze di vita» del lavora tore — deve essere valutata in relazione non solo al trattamento economico complessivo (v. Cons. Stato, sez. IV, 57/90, cit.) — erogatogli dallo stesso ente pubblico (quale, nella specie, l'u nità sanitaria locale ricorrente) — ma anche a tutti gli altri pro venti dell'attività professionale.

Siffatto accertamento — pretermesso dal tribunale — va de mandato quindi, al giudice del rinvio, previa cassazione dell'im

pugnata sentenza. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 5 gennaio 1993, n. 24; Pres. Scala, Est. Paolucci, P.M. Bonajuto

(conci, conf.); Soc. Casa di cura villa Pini d'Abruzzo (Avv.

Ciprietti) c. Petrongolo e Maccione (Avv. Sabatini). Confer ma Trib. Chieti 1° giugno 1989.

Lavoro (rapporto) — Permessi retribuiti per dirigenti sindacali esterni — Modalità di esercizio del diritto — Disciplina col

lettiva — Intervento integrativo del giudice — Esclusione (Cod. civ., art. 1175, 1374; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla

tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sinda

cale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul

collocamento, art. 30).

Ai fini della determinazione delle modalità di esercizio del dirit

to ai permessi retribuiti di cui all'art. 30 I. 20 maggio 1970

n. 300, la disciplina collettiva che stabilisce limiti quantitativi attraverso un monte ore mensile, facendo salve le inderogabi li esigenze di servizio dell'azienda, realizza una regolamenta zione esaustiva della materia, che non lascia alcuno spazio all'intervento integrativo del giudice ai sensi degli art. 1175

e 1374 c.c. (1)

(1) La posizione della sentenza in epigrafe in merito alle condizioni dell'intervento equitativo del giudice, cui è demandato il compito di stabilire le modalità di esercizio del diritto ai permessi retribuiti in as senza di apposita disciplina contrattuale (sui presupposti di tale soluzio

ne, che discende dalla natura immediatamente precettiva dell'art. 30 statuto dei lavoratori, v., per tutte, Cass. 9 novembre 1981, n. 5927, Foro it., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), n. 1034) è largamente confermativa dell'indirizzo che riconosce un ampio potere di autodeter minazione delle parti nel contemperamento dei contrapposti interessi: cfr., in vario senso, tra gli altri, Cinelli, I permessi nelle vicende del

rapporto di lavoro, Milano, 1984, 137; Ghezzi, Romagnoli, Il diritto

sindacale, Bologna, 1987, 105; Petino, Permessi retribuiti e partecipa zione alle riunioni degli organi direttivi del sindacato, in Dir. lav., 1986, II, 258.

In tale ordine di idee dev'essere valutato il sistema del c.d. monte

ore, come disciplina collettiva la quale, attraverso un minimo garantito e ancorché senza puntuale specificazione del numero dei lavoratori che

possono usufruirne, consente di individuare in modo sufficientemente

preciso i beneficiari del diritto ai permessi sindacali, e comunque di contenere i costi aziendali. In materia di permessi ex art. 23, dove un limite quantitativo minimo è posto invece dalla legge, v., sul c.d. monte ore convenzionale, e come disciplina migliorativa rispetto a quella lega le, idonea a superare i problemi legati all'identificazione formale del

dirigente sindacale, Cass. 26 giugno 1987, n. 5675, Foro it., 1988, I, 170. Sull'ambito del giudizio di equità, v., per la legittimità del riferimen

to alla disciplina dell'art. 23 statuto dei lavoratori, Cass. 1° marzo 1986, n. 1321, id., 1986, I, 647, con nota di richiami, in tema di determina zione della misura dei permessi; 18 gennaio 1991, n. 435, id,, Rep. 1991, voce cit., n. 979 e Nuova giur. civ., 1992, I, 108, con nota di

Ioele, Permessi di lavoro retribuiti e antisindacalità della condotta del datore di lavoro, in tema di determinazione del termine di preavviso. In dottrina, v. Del Punta, Permessi e aspettativa del lavoratore, voce

dell'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1991, XXIII, 9.

Il Foro Italiano — 1993.

Svolgimento del processo. — Con due mezzi di annullamento la casa di cura villa Pini d'Abruzzo s.r.l. ricorre a questa corte

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Chieti, deposi tata il 1° giugno 1989, che rigettando il suo appello ha ricono sciuto ai dipendenti Petrongolo Romano e Maccione Vincenzo, dirigenti sindacali regionali della Federazione lavoratori della funzione pubblica della Cgil, nonché rispettivamente dirigente e componente della r.s.a., il diritto ad usufruire di permessi sindacali retribuiti ai sensi degli art. 30 1. n. 300 del 1970 e 45 del ccnl.

Il giudice del gravame — riconosciuta ai soli sindacalisti la titolarità dei permessi — ha ritenuto che detto art. 45 contem

plando un tetto massimo di venti ore al mese e facendo salve le inderogabili esigenze di servizio non lasci spazio ad interpre tazione integrativa del giudice, ai sensi dell'art. 1374 c.c.

I lavoratori resistono con controricorso illustrato da memoria. Motivi della decisione. — Con il primo motivo la ricorrente

lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 23 e 30 1. n. 300 del 1970, 1175 e 1374 c.c., oltre che la carenza e la con

traddittorietà della motivazione. Sostiene che l'art. 45 ccnl del 1984 del personale non medico dell'area sanitaria privata non determina in modo preciso la quantità di ore da concedere ai lavoratori componenti i comitati direttivi delle organizzazioni sindacali nazionali, confederali, regionali, comprensoriali e zo nali di categoria limitandosi a indicare un tetto massimo di ven ti ore, né individua il numero dei soggetti che le federazioni

possono abilitare ad usufruirne; sicché dei due aspetti che lo stésso statuto dei lavoratori ritiene essenziali in materia di per messi retribuiti, ossia numero dei titolari e quantità delle ore da concedere, il primo è del tutto carente e il secondo è indivi duato solo in via orientativa, potendo essere fissato anche in misura inferiore a quella detta. Ciò a suo dire rende ammissibi le e necessario l'intervento del giudice ai sensi degli art. 1175 e 1374 cit.

Contesta inoltre la ricorrente l'asserita mancanza di rilievo delle dimensioni dell'azienda e l'equazione tra concetto di «la voratori» ed il termine «tutti i lavoratori».

Con il secondo motivo la ricorrente censura l'impugnata sen

tenza per violazione e falsa applicazione degli art. 102, 107 e 418 c.p.c., 19 e 30 1. n. 300 del 1970, nonché per omessa moti vazione circa un punto decisivo della controversia. Osserva che

titolari del diritto ai permessi sono le federazioni di cui all'art. 19 1. n. 300 del 1970 le quali solo sono abilitate a indicare i

soggetti che concretamente possono usufruirne. Non a caso le

richieste per l'esercizio del diritto de quo devono provenire dal

segretario regionale della federazione di appartenenza del lavo

ratore, le quali sono le reali titolari di quel «monte ore» di

permessi retribuiti che il datore di lavoro è tenuto a mettere a loro disposizione.

II ricorso è privo di fondamento. Quanto al primo motivo va rammentato che questa corte, nell'esaminare l'art. 30 1. n. 300 del 1970 (che riguarda i permessi a quei lavoratori che svol

gono attività sindacale esterna quali componenti degli organi direttivi provinciali e nazionali e che pertanto sono tenuti a par tecipare alle riunioni di tali strutture) ha avuto modo di affer

mare (Cass. 5847/85, Foro it., 1986, I, 647; 5521/89, id., 1990, I, 83) che l'utilizzazione dei permessi retribuiti previsti dalla cen nata norma costituisce un diritto (che non tollera limiti da parte

La motivazione della decisione in epigrafe sembra invece portare nuovi

argomenti per il superamento della tesi che intende il rinvio dell'art. 30 statuto dei lavoratori ai contratti collettivi riferito unicamente alla fissazione di limiti quantitativi, oltreché alla specificazione delle moda lità di esercizio del diritto, ma non anche alla subordinazione del diritto medesimo all'assenza di esigenze aziendali ostative: per l'illegittimità di clausole collettive siffatte, v., espressamente, Cass. 23 novembre 1985, n. 5847, Foro it., 1986, I, 647, con nota di richiami; cfr. anche la motivazione di Cass. 12 dicembre 1989, n. 5521, id., 1990, I, 83, con nota di richiami di Amoroso; in dottrina, v., su tali limiti del potere collettivo, Cinelli, Ipermessi nelle vicende del rapporto di lavoro, cit., 137; Scognamiglio, Diritto del lavoro, Napoli, 1992, 377.

In merito a pretese lacune del regolamento contrattuale sul limite di compatibilità con le esigenze aziendali, v., da ultimo, Pret. Roma 2 luglio 1991, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 1055 e Riv. giur. lav., 1992, II, 87, per l'affermazione che il silenzio tenuto dalle parti stipu lanti in ordine alla indicazione di specifici limiti al diritto di cui all'art. 30 statuto dei lavoratori va interpretato come volontà negativa delle

stesse, con la conseguenza che il datore di lavoro non può rifiutare la concessione del permesso invocando esigenze aziendali ostative.

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2879 PARTE PRIMA 2880

del datore di lavoro) le cui condizioni e modalità di esercizio

sono devolute alla contrattazione collettiva (mentre l'identifica

zione dei soggetti, dell'oggetto e delle condizioni di esistenza

del potere di assentarsi discendono direttamente dalla norma

atteso il suo carattere immediatamente precettivo) ed ove detta

contrattazione non abbia provveduto spetta al giudice determi

narle, facendo applicazione dei principi di correttezza e di equi tà (art. 1175 e 1374 c.c.).

Per quanto attiene alla fissazione dei limiti quantitativi, que sti devono intendersi sufficientemente determinati dal contratto

collettivo anche se lo stesso preveda soltanto il c.d. «monte ore»

(da intendersi come minimo garantito) giacché il collegamento con la effettiva partecipazione alle riunioni dei cennati organi collettivi sindacali è sufficiente a delimitare — beninteso fino

al massimo previsto — il numero delle assenze. E si è afferma

to, quindi, che contro eventuali abusi nell'utilizzazione dei per messi il datore di lavoro è sufficientemente tutelato dal limite

quantitativo (monte ore) stabilito dalla contrattazione collettiva

(Cass. 1492/86, id., Rep. 1986, voce Sindacati, n. 138; 5521/89,

cit.). Nella concreta fattispecie l'esigenza di contemperare l'am

piezza e la frequenza di esercizio del diritto ai permessi con

l'interesse del datore di lavoro a non vedersi gravato da nume

rose e contemporanee assenze di propri dipendenti invocata dal

la ricorrente ed esaminata dal tribunale, sarebbe stata soddi

sfatta attraverso la previsione, contenuta nell'art. 45 ccnl del

settore, del limite alla fruizione dei permessi costituito dalle in

derogabili esigenze di servizio da comunicarsi alle organizzazio ni sindacali firmatarie del contratto; secondo il giudice del gra

vame, infatti, tale correttivo varrebbe ad eliminare l'inconve

niente dell'eccessivo numero dei dipendenti sindacalisti esterni

e non lascerebbero spazio ad alcun intervento integrativo ai sensi

dell'art. 1374 c.c.

Premesso che la disciplina dettata dagli art. 23 e 24 dello

statuto dei lavoratori per quanto riguarda la determinazione del

numero dei possibili titolari dei permessi in rapporto alle di

mensioni dell'azienda non può esser utilmente richiamata in te

ma di permessi per lo svolgimento di attività sindacale esterna, trattandosi di situazioni del tutto diverse (v. Cass. 5847/85, cit.), osserva la corte che la lettura della clausola collettiva nel senso

della sua idoneità a regolamentare compiutamente l'esercizio dei

permessi eteroaziendali, contenuta nell'impugnata sentenza, non

può essere utilmente censurata sotto il profilo della violazione

dell'art. 30 statuto dei lavoratori.

Invero, già la sufficienza del concordato monte-ore a delimi

tare il numero delle assenze basterebbe ad escludere la necessità

di far ricorso all'integrazione ad opera del giudice per la man

cata previsione da parte del contratto collettivo del principio numerico degli aventi diritto ai permessi; ma deve altresì affer

marsi — come del resto già riconosciuto da questa corte con

la sentenza 435/91 (id., Rep. 1991, voce Lavoro (rapporto), n.

979) in considerazione della pari rilevanza giuridica dell'interes

se sindacale e di quello imprenditoriale — che se i permessi in questione non possono intendersi correlati alle dimensioni

dell'unità produttiva di appartenenza del dirigente sindacale co si come previsto per quelli endoaziendali appare del tutto coe

rente con le ragioni di salvaguardia delle esigenze produttive che hanno indotto il legislatore a prevedere per questi ultimi

il limite numerico degli aventi diritto, riconoscere alla contrat

tazione collettiva il potere di stabilire, nell'ambito di una dialet

tica contrattuale ancorata alle concrete situazioni del settore pro duttivo, un limite di compatibilità avente un fine analogo a quello cui si ispira la rigida previsione normativa dell'art. 23 statuto

dei lavoratori.

Anche le censure di cui al secondo mezzo sono infondate.

Una volta esclusa la necessità di integrazione della disciplina dei permessi da parte del giudice, la richiesta di accertamento della sproporzione fra numero di dirigenti sindacali eteroazien

dali e dimensioni dell'azienda non poteva evidentemente trova

re ingresso, a prescindere dalla questione processuale relativa

alla natura di tale istanza.

Né la titolarità dei permessi, riconosciuta dal tribunale ai det

ti dirigenti, può esser censurata sotto il profilo dell'omessa mo

tivazione, essendo questa esistente anche se assertivamente sin

tetica e potendosi ipotizzare al riguardo solo un vizio di viola

zione di legge, nella specie insussistente atteso che l'art. 30 statuto

Il Foro Italiano — 1993.

dei lavoratori attribuisce esplicitamente ai lavoratori il diritto

ad usufruire dei permessi (rectius, ad assentarsi: Cass. 5521/89,

cit.) per la partecipazione alle riunioni degli organismi sindacali

ivi previsti, a nulla rilevando, quanto alla spettanza del diritto

in questione, il rilievo che lo stesso è riconosciuto in vista del

l'interesse collettivo dei lavoratori e non di quello individuale

del dipendente sindacalista, comunque legittimato ad agire in

giudizio per il riconoscimento della retribuzione negatagli dal

datore di lavoro in relazione ai giorni di assenza.

Il ricorso va dunque rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 23 dicem

bre 1992, n. 13620; Pres. Donnarumma, Est. Micali, P.M.

Iannelli (conci, conf.); Dellamontà ed altri (Avv. Ventura,

Raffone), c. Soc. Filatura di Chiavazza; Soc. Filatura di Chia

vazza (Avv. Neri, Magnani) c. Dellamontà ed altri. Cassa

Trib. Biella 4 dicembre 1989.

Lavoro (rapporto) — accezione di inadempimento — Ammissi

bilità — Condizioni — Fattispecie (Cod. civ., art. 1375, 1460).

Al fine di stabilire se il rifiuto opposto dal sindacato all'attua

zione di una clausola del contratto collettivo statuente le mo

dalità di applicazione dell'orario flessibile, cagionato dall'i

nadempimento pregresso del datore di lavoro all'obbligo di

pagare i decimali di scala mobile, legittima, ai sensi dell'art.

1460, 1° comma, c.c., l'eccezione di inadempimento, il con

tratto a prestazioni corrispettive che si deve prendere in con

siderazione è il contratto individuale di lavoro, al cui interno

occorre verificare il mantenimento costante dell'equilibrio de

gli opposti interessi (nella specie, la Suprema corte ha cassato la decisione del tribunale che aveva escluso l'operatività del

l'art. 1460 c.c. sul presupposto che l'eccezione di inadempi

mento, riferita a previsioni di contratti collettivi diversi e de!

tutto indipendenti tra loro, non si muoveva all'interno di un

medesimo vincolo contrattuale). (1)

Svolgimento del processo. — I ricorrenti indicati in epigrafe

propongono ricorso per cassazione nei confronti della s.p.a. Fi

latura di Chiavazza deducendo la violazione degli art. 1375 e

1460 c.c., oltre che vizio di motivazione, sul rilievo che il tribu

nale aveva errato nell'aver ritenuto che la clausola di cui all'art.

30 ccnl stipulato in data 7 novembre 1983 per gli addetti all'in

(1) Non risultano precedenti in termini. Sulla rilevanza dell'eccezione di inadempimento nei rapporti sindaca

li, v. Cass. 15 maggio 1987, n. 4487, Foro it., Rep. 1988, voce Lavoro

(contratto), n. 40, che ha ritenuto il datore di lavoro legittimato a far

valere, ai sensi dell'art. 1460 c.c., il disaccordo sindacale sulle modalità di nomina dei rappresentanti del personale in commissioni esaminatrici

aziendali, al fine di riacquistare la piena libertà di scelta del proprio interlocutore negoziale.

In generale, sulle condizioni di operatività dell'art. 1460 c.c., v. Cass. 12 settembre 1991, n. 9535, id., 1992, I, 763, con nota di richiami; in dottrina, cfr. Bigliazzi Gerì, Eccezione di inadempimento, voce del

Digesto civ., Torino, 1991, VII, 332. Numerose sono peraltro le decisioni nelle quali, in un ordine di idee

non dissimile da quello della sentenza in epigrafe, si dà per presupposta la necessaria centralità del contratto individuale di lavoro come para metro di misura dei diritti delle parti (sull'intera tematica, v., da ulti mo, Liebman, Individuale e collettivo nel contratto di lavoro, Milano, 1993). In tema di efficacia delle clausole collettive sui contributi per l'integrazione del trattamento di malattia e infortunio, v. Cass. 30 lu

glio 1992, n. 9145, Foro it., 1993, I, 1942, con nota di richiami; circa la dimensione temporale del rapporto individuale, v. invece Cass. 11 novembre 1988, n. 6116, id., 1989, I, 2270, con nota di richiami, che ne ha tratto precise conseguenze sui limiti del potere dispositivo del contratto collettivo sulle situazioni giuridiche individuali.

Per riserve di vario genere sull'applicazione delle categorie civilistiche al diritto sindacale, v. Caruso, Rappresentanza sindacale e consenso, Milano, 1992.

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