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sezione lavoro; sentenza 5 ottobre 2000, n. 13257; Pres. Trezza, Est. Celentano, P.M. Frazzini...

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sezione lavoro; sentenza 5 ottobre 2000, n. 13257; Pres. Trezza, Est. Celentano, P.M. Frazzini (concl. conf.); Starnoni (Avv. Manzi, Pitter) c. Cassa nazionale di previdenza e assistenza per i dottori commercialisti (Avv. Fossà). Conferma Trib. Pordenone 2 dicembre 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 12 (DICEMBRE 2000), pp. 3457/3458-3461/3462 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194672 . Accessed: 25/06/2014 00:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 00:04:35 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 5 ottobre 2000, n. 13257; Pres. Trezza, Est. Celentano, P.M. Frazzini(concl. conf.); Starnoni (Avv. Manzi, Pitter) c. Cassa nazionale di previdenza e assistenza per idottori commercialisti (Avv. Fossà). Conferma Trib. Pordenone 2 dicembre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 12 (DICEMBRE 2000), pp. 3457/3458-3461/3462Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194672 .

Accessed: 25/06/2014 00:04

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

è affatto estranea alcuna relazione impugnatoria nei riguardi della decisione stessa. Si è infatti ritenuto di riconoscere l'azio

ne in discorso onde attuare il preminente interesse generale a

che, in ogni tempo, chiunque sia in possesso di elementi (anche

sopravvenuti) possa chiedere il controllo delle condizioni di le

gittimità della elezione di un consigliere o del sindaco, senza

che un irragionevole onere impugnatorio possa consentire il con

solidarsi di situazioni di illegalità. Indeterminatezza della sfera

dei legittimati a proporre l'azione di decadenza («chiunque al

tro vi abbia interesse»), inesistenza nell'art. 9 bis, 3° comma,

di alcun riferimento ad una eventuale valenza impugnatoria del

l'azione, attribuzione della stessa azione anche al prefetto (4°

comma), indubitabile ratio pubblicistica della previsione, sono

elementi che fanno intendere l'esatta portata della autonomia

dell'azione popolare dalla delibera adottata dal consiglio comu

nale in materia di eleggibilità: la non correlabilità dell'azione

alla delibera — in termini di finalizzazione della prima alla im

pugnazione della seconda — comporta tanto l'idoneità antici

patoria dell'azione («in prima istanza») rispetto a futuro ed in

certo deliberato quanto, e specularmente, l'inidoneità del deli

berato stesso a fungere da dies a quo per la decorrenza di un

termine di decadenza per l'azione. Sarebbe, infatti, manifesta

mente irragionevole attribuire a qualsiasi interessato — e quindi anche a cittadino non elettore del comune — il diritto di chiede

re la pronunzia di decadenza ben prima di alcuna pronunzia consiliare e poi imporre allo stesso il breve termine di cui al

l'art. 82, 1° comma, le volte in cui sia stata adottata, e pubbli cata su di un albo da quel cittadino neanche conoscibile, una

deliberazione di convalida contro la quale egli non ha alcun

diretto interesse impugnatorio. Né, ancora, a tal ragionevole

interpretazione della norma fa ostacolo, come pretende il ricor

rente, il rinvio letterale posto dal 4° comma dell'art. 9 bis a

«. . . norme di procedura ed i termini stabiliti dall'art. 82»: ed

invero, da un canto il rinvio è formulato generalmente con ri

guardo alle ben distinte species di azioni delineate ai commi

precedenti («Per tali giudizi si osservano le . . .») e quindi an

che in relazione all'ipotesi principale impugnatoria; dall'altro

canto, nell'ambito della previsione richiamata, il 1° comma del

l'art. 82 fissa il termine di trenta giorni con esclusivo, e lettera

le, riguardo all'ipotesi di ricorso per impugnazione della delibe

ra consiliare sulla eleggibilità. Ditalché, e per entrambe le ragio

ni, il rinvio generale ai termini posti dall'art. 82, e partitamente

regolati in otto commi, deve escludere, quando l'azione di de

cadenza sia diretta e non abbia né oggetto né finalità impugna

toria, l'applicazione del termine posto al 1° comma dato che

esso ha esclusivo, quanto letterale, riguardo al promovimento di un ricorso per impugnazione di delibera consiliare. E tale

piena autonomia delle due azioni toglie fondamento alla ulte

riore obiezione della parte ricorrente, quella adducente la totale

svalutazione del deliberato consiliare che conseguirebbe al qui

precisato indirizzo: nessuna «svalutazione» di ruolo è infatti evi

denziabile, per effetto della irrilevanza del deliberato a provo care la decadenza in discorso, là dove al consiglio comunale

non venga contestato in alcun modo il suo potere di decisione

sulle condizioni di eleggibilità di un suo componente, essendo

proposta autonoma azione che si faccia portatrice di un diverso

e più generale interesse.

Fondato è, invece, il secondo motivo del ricorso.

Questa corte, con specifico riguardo alla previsione di ineleg

gibilità posta dall'art. 15, 1° comma, lett. c), 1. 55/90 per chi

abbia riportato sentenza di condanna per le ipotesi delittuose

ivi previste, ebbe modo, anche di recente, e ripetutamente, di

ricordare che non rilevava ad escludere la sussistenza della pre visione il fatto che la condanna fosse stata emessa in sede di

«patteggiamento» ai sensi dell'art. 444 c.p.p., posto che la sen

tenza di applicazione della pena su richiesta delle parti deve

ritenersi del tutto equivalente alla condanna ordinaria — in man

canza di deroga normativa — per tutti quegli effetti extrapenali

che l'ordinamento ricollega alla condanna indipendentemente dai presupposti e dalle modalità procedimentali di sua adozione

(Cass. 2065/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 43; 9068/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 44; 8270/96, id., Rep. 1996, voce cit., n. 283; 3490/96, ibid., voce Misure di prevenzione n. 44; 8489/94,

id., Rep. 1994, voce Elezioni, n. 172). Orbene, l'art, unico 1.

13 dicembre 1999 n. 475 — soppravvenuta nel corso di giudi

zio, non applicata dai giudici del gravame (che decisero la con

troversia il 31 marzo 2000, ben dopo la sua entrata in vigore)

Il Foro Italiano — 2000.

ed esattamente invocata dal ricorrente quale elemento di com

posizione del dedotto errore in iudicando — ha bensì recepito il richiamato diritto vivente, inserendo il precetto di equipollen za nel testo della norma generale sulle ineleggibilità, ma ha con

testualmente dettato norma transitoria diretta a limitare gli ef

fetti del precetto alle sole vicende processuali future, e cioè alle

sole pronunzie di condanna «patteggiata» successive all'entrata

in vigore della novella. L'art. 1, 2° comma, della legge, infatti, inserisce dopo il 1° comma dell'art. 15 1. 55/90 (le cui ipotesi di ineleggibilità ridefinisce, alle lett. a-b-c-d-f, abrogando quella sub. e) il comma 1 bis il cui testo recita: «Per tutti gli effetti

disciplinati dal presente articolo, la sentenza prevista dall'art.

444 c.p.p. è equiparata a condanna». Ma lo stesso art. 1, al

3° comma, regola gli effetti temporali del predetto inserimento

affermando che: «La disposizione dal comma 1 bis dall'art. 15

1. 19 marzo 1990 n. 55, introdotto dal 2° comma del presente

articolo, si applica alle sentenze previste dall'art. 444 c.p.p. pro nunciate successivamente alla data di entrata in vigore della pre sente legge». E di fronte alla chiarezza dei dati letterali, univo

camente attestanti la volontà del legislatore di statuire — al con

tempo — la piena equipollenza delle ipotesi astratte e di limitarne

la concreta operatività alle vicende processuali future, non può che escludersi il ricorrere della affermata equipollenza nel caso

della condanna adottata dal g.u.p. presso il Tribunale di Latina

a carico di Ceccano Rinaldo ai sensi dell'art. 444 c.p.p., essa

essendo stata emessa in data 17 gennaio 1997.

Alla luce delle esposte considerazioni deve pertanto accoglier si il secondo mezzo del ricorso e procedersi alla cassazione della

impugnata sentenza: nell'effetto rescindente resta, ovviamente,

assorbita la cognizione del terzo motivo. Esaminando, infine, il merito della domanda di Montini Patrizia alla luce delle testé

formulate affermazioni, e come consentito dagli art. 82 ter d.p.r. 570/60 e 384 c.p.c., devesi rilevare l'inesistenza della prospetta ta ipotesi di ineleggibilità e concludere statuendo l'infondatezza

della domanda stessa.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 5 ottobre

2000, n. 13257; Pres. Trezza, Est. Celentano, P.M. Fraz

zini (conci, conf.); Starnoni (Avv. Manzi, Pitter) c. Cassa

nazionale di previdenza e assistenza per i dottori commercia

listi (Aw. Fossa). Conferma Trib. Pordenone 2 dicembre 1997.

Professioni intellettuali — Dottori commercialisti — Previden

za — Giovani professionisti — Contributi ridotti per i primi

tre anni di iscrizione alla cassa (L. 29 gennaio 1986 n. 21,

riforma della cassa nazionale di previdenza e assistenza a fa

vore dei dottori commercialisti, art. 10).

In base all'art. 10, 4° comma, l. 29 gennaio 1986 n. 21, qualora

il dottore commercialista si iscriva alla cassa di previdenza

dopo l'inizio dell'attività professionale, la riduzione alla metà

del contributo soggettivo, sussistendo il requisito dell'età ana

grafica, è concessa solo per un massimo di tre anni dalla data

di inizio dell'attività professionale. (1)

(1) Non constano precedenti specifici per la previdenza dei dottori

commercialisti. In ordine alle agevolazioni contributive per i giovani professionisti,

occorre evidenziare che le normative delle varie casse categoriali dei

liberi professionisti prevedono deroghe al contributo minimo per i gio vani che si «affacciano» alla professione. Infatti, di norma, il contribu

to soggettivo minimo è ridotto alla metà per i primi tre anni per i pro

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3459 PARTE PRIMA 3460

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Por

denone del 25 luglio 1996 Mauro Starnoni chiedeva la condan

na della Cassa nazionale di previdenza a favore dei dottori com

mercialisti a riconoscergli la riduzione del cinquanta per cento

dei contributi per l'anno 1996, ai sensi dell'art. 10, 4° comma, 1. 29 gennaio 1986 n. 21.

Esponeva di essere dottore commercialista, iscritto all'ordine

dal 1° gennaio 1993 e di essere iscritto alla cassa di previdenza dal 1° gennaio 1994.

La cassa convenuta, costituitasi, deduceva che in base all'art.

10 cit. la riduzione dei contributi si applica per il primo anno

di iscrizione e per i due anni successivi, sussistendo il requisito dell'età anagrafica, solo ove vi sia coincidenza tra il primo an

no di esercizio dell'attività professionale e il primo anno di iscri

zione alla cassa. Qualora il dottore commercialista si sia iscritto

dopo l'inizio dell'attività, la riduzione potrebbe essere concessa

solo per un massimo di tre anni dalla data di inizio dell'attività; 11 dr. Starnoni aveva pertanto diritto alla riduzione dei contri

buti solo per il 1994 e il 1995, ma non per il 1996.

Con sentenza del 5 marzo 1997 il pretore accoglieva la do

manda, ritenendo che la riduzione contributiva dovesse accor

darsi per tre anni dalla data di iscrizione alla cassa, non rilevan

do il momento di inizio dell'attività professionale.

L'appello della cassa, che ribadiva la propria interpretazione della norma, veniva accolto dal Tribunale di Pordenone con

sentenza del 27 novembre-2 dicembre 1997.

Hanno ritenuto i giudici di secondo grado che la norma, nel

la sua formulazione letterale, limiti il beneficio a coloro che

iniziano la professione, che si iscrivono per la prima volta al

l'ente e che hanno non più di trentacinque anni di età. Hanno

giustificato l'interpretazione letterale seguita anche sotto il pro filo sistematico e logico, osservando che la disposizione ha lo

scopo di promuovere l'assicurazione previdenziale e assistenzia

le, favorendo, con la riduzione, i giovani che, all'inizio dell'at

tività, hanno una minore capacità reddituale.

Tenendo conto dello «spirito» della norma e in forza della

interpretazione più favorevole, adottata dalla cassa e condivisa

dal tribunale, il dr. Starnoni ha — secondo i giudici di appello — diritto al beneficio solo per il biennio 1994-95, compreso nel triennio dall'inizio dell'attività.

Il tribunale ha compensato tra le parti le spese del doppio

grado di giudizio. Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando due

motivi di censura, il dr. Mauro Starnoni. La Cassa nazionale

di previdenza e assistenza per i dottori commercialisti resiste

con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo la difesa del

ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 10, 4° comma, I. 29 gennaio 1986 n. 21 (art. 360, n. 3, c.p.c.).

Rileva che il legislatore ha usato verbi diversi per descrivere

i due diversi momenti considerati dalla norma: «iniziare» con riferimento alla professione ed «iscrivere» con riferimento alla

cassa. E, nell'ultima parte della disposizione, ha riferito la ridu

zione contributiva alla sola «iscrizione», se avesse voluto subor dinare la riduzione contributiva alla contemporanea sussistenza

dei due requisiti, avrebbe utilizzato appositi termini in tal senso

(es.: inizio attività e contestuale iscrizione alla cassa, e/o inizio

attività e contemporanea iscrizione alla cassa). Il tribunale, nel ritenere la necessità della ricorrenza contem

poranea dei requisiti dell'inizio dell'attività e dell'iscrizione alla

cassa, avrebbe quindi erroneamente interpretato la norma, non

considerando che l'art. 22 l. n. 21 del 1986 consente che i dot

tori commercialisti che esercitano la loro professione senza ca

fessionisti che iniziano la professione, e che si iscrivono alla cassa per la prima volta prima di avere compiuto il trentacinquesimo anno di età.

Ai fini della riduzione contributiva in questione, sia pure con riferi mento alla previdenza forense, la giurisprudenza (Cass. 14 giugno 1990, n. 5785, Foro it., Rep. 1992, voce Avvocato, n. 142; Pret. Modena 21 gennaio 1991, ibid., n. 158, e Prev. forense, 1991, fase. 3, 31) ha

precisato — in conformità di quanto affermato dalla riportata sentenza

per la previdenza dei dottori commercialisti — che per «inizio della

professione» si intende iscrizione, per la prima volta, all'albo professio nale, e quindi ha correlato il beneficio stesso all'inizio della professione.

In dottrina, conforme alla riportata sentenza, Carbone-Gullì, La nuova previdenza dei dottori commercialisti, Rimini, 1986, 89; L. Car

bone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, Torino, 1998, 130.

Il Foro Italiano — 2000.

rattere di continuità possono non iscriversi alla cassa; e che,

quindi, il requisito dell'iscrizione all'ente previdenziale non de

ve essere necessariamente contestuale all'inizio dell'attività pro fessionale.

Con il secondo motivo viene denunciata contraddittorietà della

motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.).

Si rileva che, secondo l'interpretazione seguita dal tribunale,

per poter beneficiare della riduzione dei contributi occorre che

il commercialista infratrentacinquenne si iscriva alla cassa con

testualmente all'inizio dell'attività. Seguendo tale tesi appare con

traddittorio il riconoscimento al dr. Starnoni del beneficio per

gli anni 1994 e 1995; infatti, non sussistendo la (contestata) con

temporaneità tra inizio dell'attività ed iscrizione alla cassa, il

dr. Starnoni non avrebbe dovuto affatto fruire della riduzione

contributiva.

Si assume, ancora, che l'ipotesi esaminata dal tribunale per confortare la sua tesi — commercialista che si iscrive alla cassa, all'età di venticinque anni, all'inizio dell'attività; commerciali

sta che si iscrive alla cassa prima dei trentacinque anni ma dopo dieci anni di attività — non sarebbe significativa, atteso che

nulla determini tardivamente a svolgere con continuità la pro

pria attività; e che le situazioni non sono diverse, atteso che

il professionista trentacinquenne che ha già svolto un'altra atti

vità (ad es. quale bancario) per dieci anni, con esonero dall'i

scrizione alla cassa ex art. 22 1. 21/86, e che si decida a dedicar

si con continuità all'attività professionale, ha anch'egli una ca

pacità reddituale di natura professionale incerta.

Il ricorso non è fondato.

In ordine al primo motivo osserva il collegio che l'art. 22

1. 29 gennaio 1986 (riforma della cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti) dispone al 1°

comma:

«Sono obbligatoriamente iscritti alla cassa i dottori commer

cialisti iscritti all'albo professionale che esercitano la libera pro fessione con carattere di continuità. L'iscrizione è facoltativa

per i dottori commercialisti iscritti a forme di previdenza obbli

gatoria o beneficiari di altra pensione, in conseguenza di diver

sa attività da loro svolta, anche precedentemente alla iscrizione

all'albo professionale. L'iscrizione alla cassa si intende compiu ta a tutti gli effetti, contributivi e previdenziali, con decorrenza

dal 1° gennaio dell'anno in cui avviene». L'art. 32 sancisce poi l'incompatibilità tra l'iscrizione alla cassa

di previdenza per i commercialisti e l'iscrizione a casse di previ denza di altre libere professioni.

Dall'esame congiunto delle due norme si ricava che i dottori

commercialisti iscritti all'albo professionale sono distinti, ai fini

previdenziali ed assistenziali, in tre categorie: a) sono obbligatoriamente iscritti alla cassa coloro che eserci

tano la professione con carattere di continuità e che non siano

iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria o siano benefi

ciari di altra pensione, in conseguenza di diversa attività da loro

svolta;

b) possono iscriversi alla cassa coloro che esercitano la pro fessione senza carattere di continuità o che, pur esercitandola

con carattere di continuità, siano iscritti ad altra forma di pre videnza, diversa da quelle previste per altre libere professioni, o siano pensionati;

c) non possono iscriversi alla cassa i dottori commercialisti

che, esercitando anche un'altra libera professione, siano iscritti alla cassa di previdenza relativa a questa seconda attività pro fessionale.

L'art. 10 della legge stabilisce poi la misura del contributo

soggettivo annuo, commisurato al reddito professionale netto

prodotto nell'anno precedente; tale contributo non può essere

comunque inferiore ad un determinato minimale. Il 4° comma così dispone: «Per coloro che iniziano la professione e che si iscrivono per

la prima volta alla cassa prima di aver compiuto i trentacinque anni di età, il contributo di cui al 1° e 2° comma del presente articolo è ridotto alla metà per il primo anno di iscrizione e

per i due anni successivi». La formulazione della norma, avuto anche riguardo agli art.

22 e 32 stessa legge su coloro che debbono o possono iscriversi alla cassa, è tale da non lasciare dubbi sul suo significato: la riduzione contributiva è concessa ai dottori commercialisti che

iniziano la professione e che si iscrivono alla cassa prima di

aver compiuto i trentacinque anni.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Il riferimento congiunto all'inizio della professione, all'iscri

zione alla cassa e all'età inferiore ai trentacinque anni non la

scia spazio ad altre interpretazioni. Il senso fatto palese dal significato proprio delle parole se

condo la connessione di esse evidenzia anche quale sia stata

l'intenzione del legislatore: concedere una riduzione dei contri buti a coloro che, avendo appena iniziato la professione di dot

tore commercialista, caratterizzata dal rapporto fiduciario con

il cliente e da una certa notorietà, non sono in grado di produr re immediatamente un reddito consistente.

Le argomentazioni svolte dal ricorrente circa la diversità dei

termini usati dal legislatore («iniziare» con riferimento alla pro fessione ed «iscrivere» con riferimento alla cassa) non inducono

a conclusioni diverse.

Il fatto che il legislatore, per stabilire gli anni di ridotta con

tribuzione, si sia riferito al momento di iscrizione alla cassa

e non all'inizio della professione — che, peraltro, presuppone anch'essa una «iscrizione», quella all'albo professionale — non

significa che sia stata cancellata la prima parte del comma, che

richiede congiuntamente, con l'uso della preposizione «e», l'ini

zio della professione e l'iscrizione alla cassa.

In caso contrario non avrebbe avuto senso l'esplicito riferi

mento all'inizio dell'attività professionale, potendo la norma es

sere così formulata: «Per coloro che si iscrivono per la prima volta alla cassa prima di aver compiuto i trentacinque anni di

età, il contributo è ridotto alla metà per il primo anno di iscri

zione e per i due anni successivi».

Né, secondo Vici quod plerumque accidit, può essere equipa rata la capacità reddituale di chi inizia la professione e conte

stualmente si iscrive alla cassa a quella di chi, dopo aver inizia

to la professione svolgendo nel contempo un'altra attività lavo

rativa soggetta ad obbligo contributivo ai fini previdenziali, abbandoni dopo un certo numero di anni questa seconda attivi

tà per dedicarsi esclusivamente alla prima. È normale che nei primi anni questo secondo soggetto, che

ha acquisito una certa clientela e «notorietà» in forza della pur ridotta attività professionale svolta contemporaneamente all'al

tro lavoro, riesca a produrre un reddito superiore a quello del

«neoprofessionista».

Quanto al secondo motivo, che denuncia contraddittorietà nella

motivazione della sentenza impugnata per avere da un lato rite

nuta necessaria la coesistenza dei tre requisiti per l'insorgenza del beneficio e dall'altro ritenuto applicabile lo stesso, sia pure

per un periodo limitato (circoscritto al triennio dall'inizio del

l'attività), al dr. Starnoni, che possedeva solo due dei requisiti

(l'iscrizione alla cassa e l'età anagrafica), rileva la corte che la

dedotta contraddittorietà verte su un punto non decisivo della

controversia.

Davanti ai giudici del merito era infatti controversa solo la

spettanza o meno della riduzione dei contributi per l'anno 1996,

non essendovi questione sulla concessione della riduzione per il 1994 e il 1995.

Il tribunale non poteva pertanto giudicare ultra petita, negan

do o riconoscendo il contributo per i due anni rientranti nel

triennio dall'esercizio iniziale della professione. Il fatto che abbia ritenuto di condividere «l'interpretazione

più favorevole adottata dalla cassa» — così mostrando di ren

dersi conto che una interpretazione più rigorosa (e letterale) avrebbe portato ad escludere del tutto il beneficio, in mancanza

della contemporanea coesistenza dei tre requisiti — non vale

ad inficiare la correttezza dell'interpretazione dell'art. 10, 4°

comma, 1. n. 21 del 1986 con riferimento a quello che era l'og

getto del contendere.

Per tutto quanto esposto, il ricorso va rigettato.

Il Foro Italiano — 2000 — Parte I-63.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 set

tembre 2000, n. 1045/SU; Pres. Vela, Est. Finocchiaro, P.M.

Ceniccola (conci, diff.); Soc. Ital (Avv. Pacifici, Amore,

Penè) c. Ditta Foderà (Avv. Tubere, Calleri, Pizzutelli). Regolamento di competenza avverso Trib. Torino 24 febbraio 1998.

Competenza civile — Istituzione del giudice unico di primo gra do — Controversie in materia di lavoro — Competenza del

tribunale in composizione monocratica — Regolamento di com

petenza avverso pronuncia sulla competenza del pretore —

Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 5, 42, 43, 47, 409; d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51, norme in materia di istituzione del

giudice unico di primo grado, art. 1, 132, 133, 134, 247).

Poiché, a seguito della istituzione de! giudice unico di primo

grado, nelle controversie in materia di lavoro — non rien

tranti fra quelle previste dall'art. 133 d.leg. 19 febbraio 1998

n. 51 — è competente quale giudice di primo grado il tribu

nale in composizione monocratica, è inammissibile il regola mento di competenza — sia esso necessario o facoltativo o

proposto d'ufficio — con il quale si contesti la pronuncia sulla competenza del pretore, per essere competente il tribu

nale, incidendo la natura della controversia soggetta o meno

al rito del lavoro solo sul rito applicabile e non sulla com

petenza. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 set

tembre 2000, n. 1044/SU; Pres. Vela, Est. Finocchxaro, P.M.

Dettori (conci, conf.); Soc. F.T. impianti (Avv. Poddi) c.

Nardi. Cassa Trib. Ferrara 20 dicembre 1996.

Rinvio civile (giudizio di) — Sentenza d'appello del tribunale

emessa contro sentenza del pretore — Istituzione del giudi'' unico di primo grado — Cassazione — Giudice di rinvio —

Corte d'appello (Cod. proc. civ., art. 5, 341, 383; d.leg. 19

febbraio 1998 n. 51, art. 1, 132, 133, 134, 134 bis, 135, 247; d.l. 24 maggio 1999 n. 145, disposizioni urgenti in materia

di istituzione del giudice unico di primo grado, art. 2; 1. 22

luglio 1999 n. 234, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 24 maggio 1999 n. 145).

Poiché, con l'entrata in vigore del d.leg. 19 febbraio 1998 n.

51, e successive modificazioni e integrazioni, la competenza a conoscere dell'appello avverso le sentenze emesse dal preto re è stata attribuita alla corte d'appello, salve le eccezioni

di cui agli art. 134 bis e 135, lett. a), dello stesso decreto,

la cassazione delle sentenze emesse dal tribunale in grado d'ap

pello contro sentenze pretorili comporta il rinvio della causa

alla corte d'appello e non al tribunale. (2)

(1-2) Le sezioni unite intervengono, con le pronunce in epigrafe, su

taluni dei problemi di diritto transitorio legati alla istituzione del giudi ce unico di primo grado.

In particolare, Cass., sez. un., 1044/SU/00 affronta il problema del

la individuazione del giudice di rinvio nel caso in cui la Suprema corte

cassi (con rinvio) una sentenza emessa dal tribunale, in grado d'appel lo, avverso una sentenza del pretore. Problema che:

— scaturiva, fondamentalmente, dalla necessità di coordinare le pre visioni di cui agli art. 133 (che sancisce, in sostanza, l'appellabilità delle sentenze pretorili dinanzi alla corte d'appello), 134 (in forza del quale

«l'appello contro le sentenze del pretore emesse anteriormente alla data

di efficacia del presente decreto e non ancora impugnate a tale data

da alcuna delle parti si propone alla corte d'appello») e 135 (in forza

del quale i procedimenti già pendenti al 2 giugno 1999 davanti al tribu

nale in grado d'appello sono definiti dallo stesso sulla base delle dispo sizioni vigenti) d.leg. 51/98;

— era stato risolto in modo contrastante dalle sezioni semplici della

Cassazione, avendo talune pronunce ravvisato il giudice di rinvio nel

tribunale (cfr. Cass. 28 febbraio 2000, n. 2231, Foro it., 2000, I, 2550) ed altre nella corte d'appello (cfr. Cass. 12 maggio 2000, n. 6120, id.,

Mass., 566; 1° febbraio 2000, n. 1083, ibid., 108: 24 gennaio 2000, n. 750, ibid., 81; 19 novembre 1999, nn. 12836 e 12838, id., Rep. 1999, voce Rinvio civile, nn. 7 e 8);

— le sezioni unite civili, con la pronuncia in epigrafe (Cass.

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