sezione lavoro; sentenza 5 ottobre 2000, n. 13257; Pres. Trezza, Est. Celentano, P.M. Frazzini(concl. conf.); Starnoni (Avv. Manzi, Pitter) c. Cassa nazionale di previdenza e assistenza per idottori commercialisti (Avv. Fossà). Conferma Trib. Pordenone 2 dicembre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 12 (DICEMBRE 2000), pp. 3457/3458-3461/3462Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194672 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
è affatto estranea alcuna relazione impugnatoria nei riguardi della decisione stessa. Si è infatti ritenuto di riconoscere l'azio
ne in discorso onde attuare il preminente interesse generale a
che, in ogni tempo, chiunque sia in possesso di elementi (anche
sopravvenuti) possa chiedere il controllo delle condizioni di le
gittimità della elezione di un consigliere o del sindaco, senza
che un irragionevole onere impugnatorio possa consentire il con
solidarsi di situazioni di illegalità. Indeterminatezza della sfera
dei legittimati a proporre l'azione di decadenza («chiunque al
tro vi abbia interesse»), inesistenza nell'art. 9 bis, 3° comma,
di alcun riferimento ad una eventuale valenza impugnatoria del
l'azione, attribuzione della stessa azione anche al prefetto (4°
comma), indubitabile ratio pubblicistica della previsione, sono
elementi che fanno intendere l'esatta portata della autonomia
dell'azione popolare dalla delibera adottata dal consiglio comu
nale in materia di eleggibilità: la non correlabilità dell'azione
alla delibera — in termini di finalizzazione della prima alla im
pugnazione della seconda — comporta tanto l'idoneità antici
patoria dell'azione («in prima istanza») rispetto a futuro ed in
certo deliberato quanto, e specularmente, l'inidoneità del deli
berato stesso a fungere da dies a quo per la decorrenza di un
termine di decadenza per l'azione. Sarebbe, infatti, manifesta
mente irragionevole attribuire a qualsiasi interessato — e quindi anche a cittadino non elettore del comune — il diritto di chiede
re la pronunzia di decadenza ben prima di alcuna pronunzia consiliare e poi imporre allo stesso il breve termine di cui al
l'art. 82, 1° comma, le volte in cui sia stata adottata, e pubbli cata su di un albo da quel cittadino neanche conoscibile, una
deliberazione di convalida contro la quale egli non ha alcun
diretto interesse impugnatorio. Né, ancora, a tal ragionevole
interpretazione della norma fa ostacolo, come pretende il ricor
rente, il rinvio letterale posto dal 4° comma dell'art. 9 bis a
«. . . norme di procedura ed i termini stabiliti dall'art. 82»: ed
invero, da un canto il rinvio è formulato generalmente con ri
guardo alle ben distinte species di azioni delineate ai commi
precedenti («Per tali giudizi si osservano le . . .») e quindi an
che in relazione all'ipotesi principale impugnatoria; dall'altro
canto, nell'ambito della previsione richiamata, il 1° comma del
l'art. 82 fissa il termine di trenta giorni con esclusivo, e lettera
le, riguardo all'ipotesi di ricorso per impugnazione della delibe
ra consiliare sulla eleggibilità. Ditalché, e per entrambe le ragio
ni, il rinvio generale ai termini posti dall'art. 82, e partitamente
regolati in otto commi, deve escludere, quando l'azione di de
cadenza sia diretta e non abbia né oggetto né finalità impugna
toria, l'applicazione del termine posto al 1° comma dato che
esso ha esclusivo, quanto letterale, riguardo al promovimento di un ricorso per impugnazione di delibera consiliare. E tale
piena autonomia delle due azioni toglie fondamento alla ulte
riore obiezione della parte ricorrente, quella adducente la totale
svalutazione del deliberato consiliare che conseguirebbe al qui
precisato indirizzo: nessuna «svalutazione» di ruolo è infatti evi
denziabile, per effetto della irrilevanza del deliberato a provo care la decadenza in discorso, là dove al consiglio comunale
non venga contestato in alcun modo il suo potere di decisione
sulle condizioni di eleggibilità di un suo componente, essendo
proposta autonoma azione che si faccia portatrice di un diverso
e più generale interesse.
Fondato è, invece, il secondo motivo del ricorso.
Questa corte, con specifico riguardo alla previsione di ineleg
gibilità posta dall'art. 15, 1° comma, lett. c), 1. 55/90 per chi
abbia riportato sentenza di condanna per le ipotesi delittuose
ivi previste, ebbe modo, anche di recente, e ripetutamente, di
ricordare che non rilevava ad escludere la sussistenza della pre visione il fatto che la condanna fosse stata emessa in sede di
«patteggiamento» ai sensi dell'art. 444 c.p.p., posto che la sen
tenza di applicazione della pena su richiesta delle parti deve
ritenersi del tutto equivalente alla condanna ordinaria — in man
canza di deroga normativa — per tutti quegli effetti extrapenali
che l'ordinamento ricollega alla condanna indipendentemente dai presupposti e dalle modalità procedimentali di sua adozione
(Cass. 2065/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 43; 9068/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 44; 8270/96, id., Rep. 1996, voce cit., n. 283; 3490/96, ibid., voce Misure di prevenzione n. 44; 8489/94,
id., Rep. 1994, voce Elezioni, n. 172). Orbene, l'art, unico 1.
13 dicembre 1999 n. 475 — soppravvenuta nel corso di giudi
zio, non applicata dai giudici del gravame (che decisero la con
troversia il 31 marzo 2000, ben dopo la sua entrata in vigore)
Il Foro Italiano — 2000.
ed esattamente invocata dal ricorrente quale elemento di com
posizione del dedotto errore in iudicando — ha bensì recepito il richiamato diritto vivente, inserendo il precetto di equipollen za nel testo della norma generale sulle ineleggibilità, ma ha con
testualmente dettato norma transitoria diretta a limitare gli ef
fetti del precetto alle sole vicende processuali future, e cioè alle
sole pronunzie di condanna «patteggiata» successive all'entrata
in vigore della novella. L'art. 1, 2° comma, della legge, infatti, inserisce dopo il 1° comma dell'art. 15 1. 55/90 (le cui ipotesi di ineleggibilità ridefinisce, alle lett. a-b-c-d-f, abrogando quella sub. e) il comma 1 bis il cui testo recita: «Per tutti gli effetti
disciplinati dal presente articolo, la sentenza prevista dall'art.
444 c.p.p. è equiparata a condanna». Ma lo stesso art. 1, al
3° comma, regola gli effetti temporali del predetto inserimento
affermando che: «La disposizione dal comma 1 bis dall'art. 15
1. 19 marzo 1990 n. 55, introdotto dal 2° comma del presente
articolo, si applica alle sentenze previste dall'art. 444 c.p.p. pro nunciate successivamente alla data di entrata in vigore della pre sente legge». E di fronte alla chiarezza dei dati letterali, univo
camente attestanti la volontà del legislatore di statuire — al con
tempo — la piena equipollenza delle ipotesi astratte e di limitarne
la concreta operatività alle vicende processuali future, non può che escludersi il ricorrere della affermata equipollenza nel caso
della condanna adottata dal g.u.p. presso il Tribunale di Latina
a carico di Ceccano Rinaldo ai sensi dell'art. 444 c.p.p., essa
essendo stata emessa in data 17 gennaio 1997.
Alla luce delle esposte considerazioni deve pertanto accoglier si il secondo mezzo del ricorso e procedersi alla cassazione della
impugnata sentenza: nell'effetto rescindente resta, ovviamente,
assorbita la cognizione del terzo motivo. Esaminando, infine, il merito della domanda di Montini Patrizia alla luce delle testé
formulate affermazioni, e come consentito dagli art. 82 ter d.p.r. 570/60 e 384 c.p.c., devesi rilevare l'inesistenza della prospetta ta ipotesi di ineleggibilità e concludere statuendo l'infondatezza
della domanda stessa.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 5 ottobre
2000, n. 13257; Pres. Trezza, Est. Celentano, P.M. Fraz
zini (conci, conf.); Starnoni (Avv. Manzi, Pitter) c. Cassa
nazionale di previdenza e assistenza per i dottori commercia
listi (Aw. Fossa). Conferma Trib. Pordenone 2 dicembre 1997.
Professioni intellettuali — Dottori commercialisti — Previden
za — Giovani professionisti — Contributi ridotti per i primi
tre anni di iscrizione alla cassa (L. 29 gennaio 1986 n. 21,
riforma della cassa nazionale di previdenza e assistenza a fa
vore dei dottori commercialisti, art. 10).
In base all'art. 10, 4° comma, l. 29 gennaio 1986 n. 21, qualora
il dottore commercialista si iscriva alla cassa di previdenza
dopo l'inizio dell'attività professionale, la riduzione alla metà
del contributo soggettivo, sussistendo il requisito dell'età ana
grafica, è concessa solo per un massimo di tre anni dalla data
di inizio dell'attività professionale. (1)
(1) Non constano precedenti specifici per la previdenza dei dottori
commercialisti. In ordine alle agevolazioni contributive per i giovani professionisti,
occorre evidenziare che le normative delle varie casse categoriali dei
liberi professionisti prevedono deroghe al contributo minimo per i gio vani che si «affacciano» alla professione. Infatti, di norma, il contribu
to soggettivo minimo è ridotto alla metà per i primi tre anni per i pro
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3459 PARTE PRIMA 3460
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Por
denone del 25 luglio 1996 Mauro Starnoni chiedeva la condan
na della Cassa nazionale di previdenza a favore dei dottori com
mercialisti a riconoscergli la riduzione del cinquanta per cento
dei contributi per l'anno 1996, ai sensi dell'art. 10, 4° comma, 1. 29 gennaio 1986 n. 21.
Esponeva di essere dottore commercialista, iscritto all'ordine
dal 1° gennaio 1993 e di essere iscritto alla cassa di previdenza dal 1° gennaio 1994.
La cassa convenuta, costituitasi, deduceva che in base all'art.
10 cit. la riduzione dei contributi si applica per il primo anno
di iscrizione e per i due anni successivi, sussistendo il requisito dell'età anagrafica, solo ove vi sia coincidenza tra il primo an
no di esercizio dell'attività professionale e il primo anno di iscri
zione alla cassa. Qualora il dottore commercialista si sia iscritto
dopo l'inizio dell'attività, la riduzione potrebbe essere concessa
solo per un massimo di tre anni dalla data di inizio dell'attività; 11 dr. Starnoni aveva pertanto diritto alla riduzione dei contri
buti solo per il 1994 e il 1995, ma non per il 1996.
Con sentenza del 5 marzo 1997 il pretore accoglieva la do
manda, ritenendo che la riduzione contributiva dovesse accor
darsi per tre anni dalla data di iscrizione alla cassa, non rilevan
do il momento di inizio dell'attività professionale.
L'appello della cassa, che ribadiva la propria interpretazione della norma, veniva accolto dal Tribunale di Pordenone con
sentenza del 27 novembre-2 dicembre 1997.
Hanno ritenuto i giudici di secondo grado che la norma, nel
la sua formulazione letterale, limiti il beneficio a coloro che
iniziano la professione, che si iscrivono per la prima volta al
l'ente e che hanno non più di trentacinque anni di età. Hanno
giustificato l'interpretazione letterale seguita anche sotto il pro filo sistematico e logico, osservando che la disposizione ha lo
scopo di promuovere l'assicurazione previdenziale e assistenzia
le, favorendo, con la riduzione, i giovani che, all'inizio dell'at
tività, hanno una minore capacità reddituale.
Tenendo conto dello «spirito» della norma e in forza della
interpretazione più favorevole, adottata dalla cassa e condivisa
dal tribunale, il dr. Starnoni ha — secondo i giudici di appello — diritto al beneficio solo per il biennio 1994-95, compreso nel triennio dall'inizio dell'attività.
Il tribunale ha compensato tra le parti le spese del doppio
grado di giudizio. Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando due
motivi di censura, il dr. Mauro Starnoni. La Cassa nazionale
di previdenza e assistenza per i dottori commercialisti resiste
con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo la difesa del
ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 10, 4° comma, I. 29 gennaio 1986 n. 21 (art. 360, n. 3, c.p.c.).
Rileva che il legislatore ha usato verbi diversi per descrivere
i due diversi momenti considerati dalla norma: «iniziare» con riferimento alla professione ed «iscrivere» con riferimento alla
cassa. E, nell'ultima parte della disposizione, ha riferito la ridu
zione contributiva alla sola «iscrizione», se avesse voluto subor dinare la riduzione contributiva alla contemporanea sussistenza
dei due requisiti, avrebbe utilizzato appositi termini in tal senso
(es.: inizio attività e contestuale iscrizione alla cassa, e/o inizio
attività e contemporanea iscrizione alla cassa). Il tribunale, nel ritenere la necessità della ricorrenza contem
poranea dei requisiti dell'inizio dell'attività e dell'iscrizione alla
cassa, avrebbe quindi erroneamente interpretato la norma, non
considerando che l'art. 22 l. n. 21 del 1986 consente che i dot
tori commercialisti che esercitano la loro professione senza ca
fessionisti che iniziano la professione, e che si iscrivono alla cassa per la prima volta prima di avere compiuto il trentacinquesimo anno di età.
Ai fini della riduzione contributiva in questione, sia pure con riferi mento alla previdenza forense, la giurisprudenza (Cass. 14 giugno 1990, n. 5785, Foro it., Rep. 1992, voce Avvocato, n. 142; Pret. Modena 21 gennaio 1991, ibid., n. 158, e Prev. forense, 1991, fase. 3, 31) ha
precisato — in conformità di quanto affermato dalla riportata sentenza
per la previdenza dei dottori commercialisti — che per «inizio della
professione» si intende iscrizione, per la prima volta, all'albo professio nale, e quindi ha correlato il beneficio stesso all'inizio della professione.
In dottrina, conforme alla riportata sentenza, Carbone-Gullì, La nuova previdenza dei dottori commercialisti, Rimini, 1986, 89; L. Car
bone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, Torino, 1998, 130.
Il Foro Italiano — 2000.
rattere di continuità possono non iscriversi alla cassa; e che,
quindi, il requisito dell'iscrizione all'ente previdenziale non de
ve essere necessariamente contestuale all'inizio dell'attività pro fessionale.
Con il secondo motivo viene denunciata contraddittorietà della
motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.).
Si rileva che, secondo l'interpretazione seguita dal tribunale,
per poter beneficiare della riduzione dei contributi occorre che
il commercialista infratrentacinquenne si iscriva alla cassa con
testualmente all'inizio dell'attività. Seguendo tale tesi appare con
traddittorio il riconoscimento al dr. Starnoni del beneficio per
gli anni 1994 e 1995; infatti, non sussistendo la (contestata) con
temporaneità tra inizio dell'attività ed iscrizione alla cassa, il
dr. Starnoni non avrebbe dovuto affatto fruire della riduzione
contributiva.
Si assume, ancora, che l'ipotesi esaminata dal tribunale per confortare la sua tesi — commercialista che si iscrive alla cassa, all'età di venticinque anni, all'inizio dell'attività; commerciali
sta che si iscrive alla cassa prima dei trentacinque anni ma dopo dieci anni di attività — non sarebbe significativa, atteso che
nulla determini tardivamente a svolgere con continuità la pro
pria attività; e che le situazioni non sono diverse, atteso che
il professionista trentacinquenne che ha già svolto un'altra atti
vità (ad es. quale bancario) per dieci anni, con esonero dall'i
scrizione alla cassa ex art. 22 1. 21/86, e che si decida a dedicar
si con continuità all'attività professionale, ha anch'egli una ca
pacità reddituale di natura professionale incerta.
Il ricorso non è fondato.
In ordine al primo motivo osserva il collegio che l'art. 22
1. 29 gennaio 1986 (riforma della cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti) dispone al 1°
comma:
«Sono obbligatoriamente iscritti alla cassa i dottori commer
cialisti iscritti all'albo professionale che esercitano la libera pro fessione con carattere di continuità. L'iscrizione è facoltativa
per i dottori commercialisti iscritti a forme di previdenza obbli
gatoria o beneficiari di altra pensione, in conseguenza di diver
sa attività da loro svolta, anche precedentemente alla iscrizione
all'albo professionale. L'iscrizione alla cassa si intende compiu ta a tutti gli effetti, contributivi e previdenziali, con decorrenza
dal 1° gennaio dell'anno in cui avviene». L'art. 32 sancisce poi l'incompatibilità tra l'iscrizione alla cassa
di previdenza per i commercialisti e l'iscrizione a casse di previ denza di altre libere professioni.
Dall'esame congiunto delle due norme si ricava che i dottori
commercialisti iscritti all'albo professionale sono distinti, ai fini
previdenziali ed assistenziali, in tre categorie: a) sono obbligatoriamente iscritti alla cassa coloro che eserci
tano la professione con carattere di continuità e che non siano
iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria o siano benefi
ciari di altra pensione, in conseguenza di diversa attività da loro
svolta;
b) possono iscriversi alla cassa coloro che esercitano la pro fessione senza carattere di continuità o che, pur esercitandola
con carattere di continuità, siano iscritti ad altra forma di pre videnza, diversa da quelle previste per altre libere professioni, o siano pensionati;
c) non possono iscriversi alla cassa i dottori commercialisti
che, esercitando anche un'altra libera professione, siano iscritti alla cassa di previdenza relativa a questa seconda attività pro fessionale.
L'art. 10 della legge stabilisce poi la misura del contributo
soggettivo annuo, commisurato al reddito professionale netto
prodotto nell'anno precedente; tale contributo non può essere
comunque inferiore ad un determinato minimale. Il 4° comma così dispone: «Per coloro che iniziano la professione e che si iscrivono per
la prima volta alla cassa prima di aver compiuto i trentacinque anni di età, il contributo di cui al 1° e 2° comma del presente articolo è ridotto alla metà per il primo anno di iscrizione e
per i due anni successivi». La formulazione della norma, avuto anche riguardo agli art.
22 e 32 stessa legge su coloro che debbono o possono iscriversi alla cassa, è tale da non lasciare dubbi sul suo significato: la riduzione contributiva è concessa ai dottori commercialisti che
iniziano la professione e che si iscrivono alla cassa prima di
aver compiuto i trentacinque anni.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il riferimento congiunto all'inizio della professione, all'iscri
zione alla cassa e all'età inferiore ai trentacinque anni non la
scia spazio ad altre interpretazioni. Il senso fatto palese dal significato proprio delle parole se
condo la connessione di esse evidenzia anche quale sia stata
l'intenzione del legislatore: concedere una riduzione dei contri buti a coloro che, avendo appena iniziato la professione di dot
tore commercialista, caratterizzata dal rapporto fiduciario con
il cliente e da una certa notorietà, non sono in grado di produr re immediatamente un reddito consistente.
Le argomentazioni svolte dal ricorrente circa la diversità dei
termini usati dal legislatore («iniziare» con riferimento alla pro fessione ed «iscrivere» con riferimento alla cassa) non inducono
a conclusioni diverse.
Il fatto che il legislatore, per stabilire gli anni di ridotta con
tribuzione, si sia riferito al momento di iscrizione alla cassa
e non all'inizio della professione — che, peraltro, presuppone anch'essa una «iscrizione», quella all'albo professionale — non
significa che sia stata cancellata la prima parte del comma, che
richiede congiuntamente, con l'uso della preposizione «e», l'ini
zio della professione e l'iscrizione alla cassa.
In caso contrario non avrebbe avuto senso l'esplicito riferi
mento all'inizio dell'attività professionale, potendo la norma es
sere così formulata: «Per coloro che si iscrivono per la prima volta alla cassa prima di aver compiuto i trentacinque anni di
età, il contributo è ridotto alla metà per il primo anno di iscri
zione e per i due anni successivi».
Né, secondo Vici quod plerumque accidit, può essere equipa rata la capacità reddituale di chi inizia la professione e conte
stualmente si iscrive alla cassa a quella di chi, dopo aver inizia
to la professione svolgendo nel contempo un'altra attività lavo
rativa soggetta ad obbligo contributivo ai fini previdenziali, abbandoni dopo un certo numero di anni questa seconda attivi
tà per dedicarsi esclusivamente alla prima. È normale che nei primi anni questo secondo soggetto, che
ha acquisito una certa clientela e «notorietà» in forza della pur ridotta attività professionale svolta contemporaneamente all'al
tro lavoro, riesca a produrre un reddito superiore a quello del
«neoprofessionista».
Quanto al secondo motivo, che denuncia contraddittorietà nella
motivazione della sentenza impugnata per avere da un lato rite
nuta necessaria la coesistenza dei tre requisiti per l'insorgenza del beneficio e dall'altro ritenuto applicabile lo stesso, sia pure
per un periodo limitato (circoscritto al triennio dall'inizio del
l'attività), al dr. Starnoni, che possedeva solo due dei requisiti
(l'iscrizione alla cassa e l'età anagrafica), rileva la corte che la
dedotta contraddittorietà verte su un punto non decisivo della
controversia.
Davanti ai giudici del merito era infatti controversa solo la
spettanza o meno della riduzione dei contributi per l'anno 1996,
non essendovi questione sulla concessione della riduzione per il 1994 e il 1995.
Il tribunale non poteva pertanto giudicare ultra petita, negan
do o riconoscendo il contributo per i due anni rientranti nel
triennio dall'esercizio iniziale della professione. Il fatto che abbia ritenuto di condividere «l'interpretazione
più favorevole adottata dalla cassa» — così mostrando di ren
dersi conto che una interpretazione più rigorosa (e letterale) avrebbe portato ad escludere del tutto il beneficio, in mancanza
della contemporanea coesistenza dei tre requisiti — non vale
ad inficiare la correttezza dell'interpretazione dell'art. 10, 4°
comma, 1. n. 21 del 1986 con riferimento a quello che era l'og
getto del contendere.
Per tutto quanto esposto, il ricorso va rigettato.
Il Foro Italiano — 2000 — Parte I-63.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 set
tembre 2000, n. 1045/SU; Pres. Vela, Est. Finocchiaro, P.M.
Ceniccola (conci, diff.); Soc. Ital (Avv. Pacifici, Amore,
Penè) c. Ditta Foderà (Avv. Tubere, Calleri, Pizzutelli). Regolamento di competenza avverso Trib. Torino 24 febbraio 1998.
Competenza civile — Istituzione del giudice unico di primo gra do — Controversie in materia di lavoro — Competenza del
tribunale in composizione monocratica — Regolamento di com
petenza avverso pronuncia sulla competenza del pretore —
Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 5, 42, 43, 47, 409; d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51, norme in materia di istituzione del
giudice unico di primo grado, art. 1, 132, 133, 134, 247).
Poiché, a seguito della istituzione de! giudice unico di primo
grado, nelle controversie in materia di lavoro — non rien
tranti fra quelle previste dall'art. 133 d.leg. 19 febbraio 1998
n. 51 — è competente quale giudice di primo grado il tribu
nale in composizione monocratica, è inammissibile il regola mento di competenza — sia esso necessario o facoltativo o
proposto d'ufficio — con il quale si contesti la pronuncia sulla competenza del pretore, per essere competente il tribu
nale, incidendo la natura della controversia soggetta o meno
al rito del lavoro solo sul rito applicabile e non sulla com
petenza. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 set
tembre 2000, n. 1044/SU; Pres. Vela, Est. Finocchxaro, P.M.
Dettori (conci, conf.); Soc. F.T. impianti (Avv. Poddi) c.
Nardi. Cassa Trib. Ferrara 20 dicembre 1996.
Rinvio civile (giudizio di) — Sentenza d'appello del tribunale
emessa contro sentenza del pretore — Istituzione del giudi'' unico di primo grado — Cassazione — Giudice di rinvio —
Corte d'appello (Cod. proc. civ., art. 5, 341, 383; d.leg. 19
febbraio 1998 n. 51, art. 1, 132, 133, 134, 134 bis, 135, 247; d.l. 24 maggio 1999 n. 145, disposizioni urgenti in materia
di istituzione del giudice unico di primo grado, art. 2; 1. 22
luglio 1999 n. 234, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 24 maggio 1999 n. 145).
Poiché, con l'entrata in vigore del d.leg. 19 febbraio 1998 n.
51, e successive modificazioni e integrazioni, la competenza a conoscere dell'appello avverso le sentenze emesse dal preto re è stata attribuita alla corte d'appello, salve le eccezioni
di cui agli art. 134 bis e 135, lett. a), dello stesso decreto,
la cassazione delle sentenze emesse dal tribunale in grado d'ap
pello contro sentenze pretorili comporta il rinvio della causa
alla corte d'appello e non al tribunale. (2)
(1-2) Le sezioni unite intervengono, con le pronunce in epigrafe, su
taluni dei problemi di diritto transitorio legati alla istituzione del giudi ce unico di primo grado.
In particolare, Cass., sez. un., 1044/SU/00 affronta il problema del
la individuazione del giudice di rinvio nel caso in cui la Suprema corte
cassi (con rinvio) una sentenza emessa dal tribunale, in grado d'appel lo, avverso una sentenza del pretore. Problema che:
— scaturiva, fondamentalmente, dalla necessità di coordinare le pre visioni di cui agli art. 133 (che sancisce, in sostanza, l'appellabilità delle sentenze pretorili dinanzi alla corte d'appello), 134 (in forza del quale
«l'appello contro le sentenze del pretore emesse anteriormente alla data
di efficacia del presente decreto e non ancora impugnate a tale data
da alcuna delle parti si propone alla corte d'appello») e 135 (in forza
del quale i procedimenti già pendenti al 2 giugno 1999 davanti al tribu
nale in grado d'appello sono definiti dallo stesso sulla base delle dispo sizioni vigenti) d.leg. 51/98;
— era stato risolto in modo contrastante dalle sezioni semplici della
Cassazione, avendo talune pronunce ravvisato il giudice di rinvio nel
tribunale (cfr. Cass. 28 febbraio 2000, n. 2231, Foro it., 2000, I, 2550) ed altre nella corte d'appello (cfr. Cass. 12 maggio 2000, n. 6120, id.,
Mass., 566; 1° febbraio 2000, n. 1083, ibid., 108: 24 gennaio 2000, n. 750, ibid., 81; 19 novembre 1999, nn. 12836 e 12838, id., Rep. 1999, voce Rinvio civile, nn. 7 e 8);
— le sezioni unite civili, con la pronuncia in epigrafe (Cass.
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