sezione lavoro; sentenza 6 luglio 1998, n. 6566; Pres. Pontrandolfi, Est. Battimiello, P.M. Leo(concl. conf.); Mattioni (Avv. Rinaldi) c. Inps (Avv. Starnoni, Gorga). Cassa Trib. La Spezia 16gennaio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 12 (DICEMBRE 1998), pp. 3575/3576-3577/3578Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192745 .
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3575 PARTE PRIMA 3576
dall'art. 20 1. 865/71) che il termine «è» (non già «può» essere)
prorogato. Orbene, sulla base di questa impostazione, alla quale le sezio
ni unite prestano adesione avuto riguardo alla fondatezza delle
ragioni giuridiche che la sorreggono, ne consegue che si è qui in presenza, come ha posto in rilievo la Corte costituzionale
con le decisioni nn. 244 del 19 maggio 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 34, e 163 del 28 aprile 1994, id., 1995, I, 80, con
le quali sono state dichiarate non fondate le questioni di legitti mità costituzionale degli art. 14, 2° comma, d.l. 29 dicembre
1987 n. 534, convertito nella 1. 29 febbraio 1988 n. 47, 22 1. 20 maggio 1991 n. 158 e 1 1. 1° marzo 1985 n. 42, di un appara to normativo che è stato attuato al fine di protrarre la validità
delle occupazioni dei suoli connesse ai procedimenti espropriati vi in attesa che il parlamento procedesse all'approvazione della
nuova disciplina dell'indennità di esproprio, ed è, perciò, ispi rato ad una logica diversa da quella posta a base delle proroghe
disposte subito dopo la dichiarazione di illegittimità costituzio
nale dei criteri di determinazione dell'indennità di esproprio delle
aree a vocazione edificatoria, di cui alla sentenza n. 5 del 1980,
sopra indicata, e poiché nel caso in esame si fa questione della
proroga disposta con l'art. 5 bis 1. 42/85, che per le ragioni in precedenza esposte ha dato luogo all'automatico prolunga mento dei termini dell'occupazione, ne consegue l'accoglimento del motivo del ricorso, e la cassazione, sul punto, della sentenza
impugnata con il rinvio della causa ad altro giudice, che si desi
gna in altra sezione della Corte d'appello di Torino. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 luglio
1998, n. 6566; Pres. Pontrandolfi, Est. Battimiello, P.M.
Leo (conci, conf.); Mattioni (Aw. Rinaldi) c. Inps (Aw.
Starnoni, Gorga). Cassa Trib. La Spezia 16 gennaio 1995.
Previdenza e assistenza sociale — Pensione — Coltivatore diret
to — Nozione (L. 26 ottobre 1957 n. 1047, estensione dell'as
sicurazione per invalidità e vecchiaia ai coltivatori diretti, mez
zadri e coloni, art. 2; 1. 9 gennaio 1963 n. 9, elevazione dei
trattamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme
in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni
e mezzadri, art. 2, 3).
Ai fini dell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia, per la
qualifica di coltivatore diretto non è richiesto il carattere im
prenditoriale dell'attività con la destinazione dei prodotti del
fondo, anche solo in parte, al mercato, essendo sufficiente invece che il reddito prodotto (avente il carattere della preva
lenza) sia destinato direttamente al sostentamento proprio del
coltivatore e della sua famiglia. (1).
(1) Contra, nel senso che per la tutela previdenziale non può essere attribuita la qualifica di coltivatore diretto a colui che coltiva il proprio fondo al solo scopo di destinare i prodotti al suo diretto consumo e non al mercato, Cass. 3 novembre 1992, n. 11915, Foro it., Rep. 1994, voce Previdenza sociale, n. 258.
Per la sussistenza della qualifica di coltivatore diretto, ai fini del go dimento delle prestazioni previdenziali ed assistenziali, nel senso che
presupposti sono in primo luogo la diretta, abituale e normale coltiva zione del fondo, sempre che la lavorazione di tale fondo richieda un
fabbisogno di mano d'opera non inferiore a centoquattro giornate la vorative annue, Cass. 4 febbraio 1997, n. 1047, id., Rep. 1997, voce
cit., n. 244. Nel senso che si intende realizzato il requisito dell'abituali tà quando le attività agricole vengano svolte in modo esclusivo o alme no prevalente, e cioè quando esse impegnano il coltivatore diretto per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituiscono la sua maggiore fonte di reddito, Cass. 2 maggio 1995, n. 4810, id., Rep. 1995, voce
cit., n. 243; 14 marzo 1995, n. 2947, ibid., n. 920; Pret. Matera 19 dicembre 1992, id., Rep. 1993, voce cit., n. 174. Nel senso che la legge,
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato I'll no
vembre 1987 Mattioni Ilva convenne in giudizio davanti al Pre
tore del lavoro di La Spezia il servizio contributi agricoli unifi
cati (Scau) e l'Inps, chiedendo che venisse riconosciuto, nei con
fronti del primo, il diritto ad essere iscritta negli elenchi
nominativi dei coltivatori diretti per il periodo dall'I gennaio 1975 al 31 dicembre 1979, e, nei confronti del secondo, il diritto
a fruire della pensione di invalidità. Lo Scau eccepì che la ricorrente non aveva diritto alla iscri
zione, non essendo in possesso dei requisiti richiesti, e cioè la
lavorazione di un fondo con fabbisogno di almeno centoquat tro giornate e la professionalità ed abitualità dell'attività svolta.
nel definire attività prevalente quella che occupi il soggetto per la mag gior parte dell'anno e ne costituisca la maggior fonte di reddito, nega qualsiasi rilievo ad attività non redditizie (come quella di casalinga), dovendo la comparazione istituirsi, ai fini della prevalenza suddetta, fra le varie occupazioni produttive di reddito svolte nell'anno lavorati
vo, Cass. 30 maggio 1991, n. 6117, id., Rep. 1991, voce cit., n. 168. Per la necessità di fare riferimento, per la valutazione dei requisiti
richiesti per la iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti, ai criteri fissati dagli art. 2 e 3 1. 9 gennaio 1963 n. 9, senza che possano trarsi elementi in contrario dal riferimento al concetto di coltivatore diretto contenuto in altre norme di legge, Cass. 8 marzo 1979, n. 1455, id., Rep. 1979, voce cit., n. 154. Con riferimento al periodo antecedente l'entrata in vigore della 1. 9 gennaio 1963 n. 9, per il diritto all'iscrizio ne negli elenchi nominativi dei coltivatori diretti, Cass. 25 luglio 1984, n. 4371, id., 1984, I, 2755.
In ordine alla necessità del consenso del concedente ai fini dell'iscri zione (ai fini previdenziali) nell'elenco dei mezzadri del familiare del
mezzadro, Cass. 8 febbraio 1997, n. 1211, id., 1997, I, 1089. Per l'attribuzione della qualifica di coltivatore diretto, ai fini previ
denziali, anche a persone che svolgano attività di coltivazione di un fondo in forma associata, Cass. 19 marzo 1988, n. 2527, id., Rep. 1988, voce cit., n. 214.
In caso di contestazione dell'ente previdenziale, per l'onere del lavo ratore di provare i fatti costitutivi del rapporto lavorativo, CaSs. 4 feb braio 1997, n. 1047, id., Rep. 1997, voce cit., n. 244.
Sulla prassi amministrativa per l'accertamento della qualifica di colti vatore diretto (e problemi previdenziali in genere) dopo la soppressione dello Scau (ed il trasferimento all'Inps della procedura di accertamen
to), circolari e messaggi Inps (essenziali): — circ. n. 208 del 2 ottobre 1998 (contributo aggiuntivo ivs per cd/cm); — circ. n. 207 del 2 ottobre 1998 (riscatti, ricongiunzioni e altri rico
noscimenti per cd/cm); — circ. n. 187 del 17 agosto 1998 (contenzioso in materia di accerta
mento contributivo e assicurativo dei lavoratori agricoli autonomi e su
bordinati); — circ. n. 151 del 14 luglio 1998 (lavoratori autonomi agricoli e pre
stazioni Inail); — messaggio n. 25527 del 4 luglio 1998 (applicazione di sanzioni
ed interessi sui contributi agricoli dovuti dai coltivatori diretti, coloni, mezzadri ed imprenditori);
— messaggio n. 26770 del 13 luglio 1998 (versamento dei contributi 1998 per cd/cm e imprenditori agricoli);
— circ. n. Ili del 23 maggio 1998 (frazionamento dei contributi per imprenditori agricoli e cd/cm);
— circ. n. 56 del 5 marzo 1998 (frazionamento dei contributi per i lavoratori agricoli autonomi);
— circ. n. 54 del 5 marzo 1998 (abolizione dei contributi sanitari e conseguenze in agricoltura);
— circ. n. 256 del 18 dicembre 1997 (contributi volontari per coloni e mezzadri);
— circ. n. 250 del 6 dicembre 1997 (agevolazioni contributive per il settore agricolo);
— circ. n. 235 del 21 novembre 1997 (cd/cm: adempimenti contribu tivi e diritto alla pensione);
— messaggio n. 20785 del 9 agosto 1997 (cd/cm, reddito giornaliero contributi e pensioni);
— circ. n. 121 del 28 maggio 1997 (cd/cm e contributi integrativi); — circ. n. 7 del 16 gennaio 1997 (reddito da pensione per lavoratori
agricoli autonomi); — circ. n. 198 del 15 ottobre 1996 (operai agricoli e cd/cm: addizio
nale del venti per cento sul contributo Inail); — messaggio n. 3581 del 6 settembre 1996 (cd/cm, reddito giornalie
ro, contributi e pensioni). Sulla procedura di accertamento dei lavoratori agricoli dopo la sop
pressione dello Scau, ed il trasferimento all'Inps di tutte le strutture e funzioni (ad opera della 1. 23 dicembre 1994 n. 727), L. Carbone, La «nuova» procedura di accertamento dei lavoratori agricoli, id., 1996, I, 2986. In dottrina, G. D'Imperio, Settore agricolo: l'accertamento delle
giornate lavorative, in Dir. e pratica lav., 1997, 984; Id., Il registro delle imprese agricole, ibid., 660.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
L'Inps dedusse che il mancato riconoscimento della qualifica di coltivatrice diretta comportava l'automatica cancellazione della
posizione assicurativa, con la conseguenza che la pensione di
invalidità non poteva essere liquidata. Il pretore accolse la domanda, che però, in seguito ad appello
dell'Inps, venne rigettata dal tribunale del luogo. Ha osservato il collegio di appello che, pur sussistendo il re
quisito relativo alla consistenza del fondo (fabbisogno lavorati
vo non inferiore a centoquattro giornate), difettavano tuttavia
quelli, parimenti richiesti, relativi all'attività svolta, «occorren do che vi sia equilibrio tra remunerazione dei costi attraverso i ricavi, continuità e professionalità».
Avverso questa decisione Mattioni Ilva ricorre per cassazione
con unico motivo.
L'Inps, in proprio e quale successore ex lege dello Scau, si è costituito con sola procura.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo, denunciando
violazione, falsa applicazione e interpretazione degli art. 2082, 2083 e 2135 c.c., degli art. 2 e 3 1. 9 gennaio 1963 n. 9, nonché
vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), la ricorrente
critica l'impugnata sentenza per avere stabilito una necessaria
equiparazione del coltivatore diretto con l'imprenditore agrico lo, senza considerare che nell'ordinamento non è rinvenibile una
definizione unitaria di coltivatore diretto e che di conseguenza
per tale nozione occorre fare riferimento alla normativa specifi ca delle singole materie. Per quella previdenziale la 1. n. 9 del
1963 offre una nozione di coltivatore diretto la quale non com
prende tra i requisiti richiesti quelli indicati dal tribunale come necessari.
Il motivo è fondato. Successivamente all'emanazione del co
dice civile è stato registrato un fiorire di iniziative legislative a sostegno dell'agricoltura. Destinatari dell'intervento pubblico sono ora le imprese coltivatrici, ora il coltivatore diretto, il qua le ultimo ha visto con il tempo ampliarsi la sua figura con la
nascita dell'imprenditore agricolo a titolo principale (art. 11, ultimo comma, 1. 9 maggio 1975 n. 153). La nozione di coltiva
tore diretto è venuta così ad allontanarsi da quella definita dal
codice civile, per assumere nelle varie leggi connotazioni specifi che. Ad esempio, con le leggi di proroga dei contratti agrari si introduce una definizione del coltivatore diretto che designa come tale «l'affittuario il quale coltivi il podere con il lavoro
proprio e della famiglia, sempreché tale forza lavorativa costi
tuisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali ne
cessità del fondo» (art. 1, 3° comma, 1. 25 giugno 1949 n. 353).
Questa definizione viene confermata con il piano quinquen nale per lo sviluppo dell'agricoltura del 1961 (il c.d. piano ver
de). Coltivatori diretti sono «coloro che direttamente ed abi
tualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi e all'alleva
mento e al governo del bestiame, sempre che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un
terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltiva
zione del fondo e per l'allevamento e il governo del bestiame».
In tema di provvedimenti per lo sviluppo dell'agricoltura, l'art.
5 d.p.r. 17 ottobre 1967 n. 1406 rinvia, per la classificazione
di coltivatori diretti, piccole e medie aziende, alle norme di cui all'art. 48 1. 2 giugno 1961 n. 454, laddove appare subito evi
dente la non necessaria coincidenza tra coltivatore diretto e im
prenditore, ed inoltre che la norma assume una propria defini
zione di coltivatore diretto.
Non esiste quindi una nozione generale di coltivatore diretto
da applicarsi ai singoli istituti che via via vengono in considera
zione. Occorre invece rifarsi alla definizione rinvenibile nella
legge speciale che regola la specifica materia, senza che l'inter
pretazione della norma risulti influenzata dai contenuti di altre
norme di legge, ivi comprese quelle codicistiche (Cass. 8 marzo
1979, n. 1455, Foro it., Rep. 1979, voce Previdenza sociale, n. 154).
A questi principi si è ispirata la giurisprudenza della corte
in materia di proroga agraria, essendosi precisato che la qualità di coltivatore diretto non coincide con quella di piccolo impren ditore di cui all'art. 2083 c.c., essendo sufficiente la coltivazio ne diretta del fondo sia al fine di venderne i prodotti sul merca
to che per destinarli al proprio consumo, salvo il caso che la
coltivazione avvenga per mero scopo di diletto (Cass. 16 giugno
1986, n. 3998, id., Rep. 1986, voce Contratti agrari, n. 186; 17 gennaio 1984, n. 394, id., Rep. 1984, voce cit., n. 304; 10
giugno 1983, n. 3983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 129).
Il Foro Italiano — 1998.
Analogamente, è a dirsi in materia di prelazione e riscatto
(Cass. 19 dicembre 1980, n. 6563, id., 1981, I, 1651; 19 maggio 1983, n. 3473, id., Rep. 1983, voce Agricoltura, n. 173).
Con riguardo alla controversia in esame, nella quale è in di scussione il diritto alla pensione di invalidità di una coltivatrice
diretta, la norma di riferimento è data innanzitutto dall'art. 2 1. 26 ottobre 1957 n. 1047 (estensione dell'assicurazione per in
validità e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni). Es so recita che «agli effetti della presente legge, sono considerati
coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari . . . che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all'allevamento ed al go verno del bestiame ... ». Le condizioni perché il coltivatore
diretto, così definito, fruisca delle prestazioni sono state rese
più restrittive dagli art. 2 e 3 1. 9 gennaio 1963 n. 9 (elevazione dei trattamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e
mezzadri). Dette norme pongono come «condizione per il dirit to all'assicurazione di invalidità e vecchiaia per i coltivatori di
retti», la diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, la
prestazione lavorativa del nucleo familiare non inferiore ad un terzo di quella occorrente, e un fabbisogno lavorativo non infe
riore a 104 giornate lavorative, queste ultime da intendersi an
che come numero minimo di giornate lavorative prestate dal
coltivatore (Cass. 10 aprile 1990, n. 3022, id., Rep. 1992, voce
Previdenza sociale, n. 977; 2 maggio 1995, n. 4810, id., Rep. 1995, voce cit., n. 243; 4 febbraio 1997, n. 1047, id., Rep. 1997, voce cit., n. 244).
Il requisito dell'abitualità, per il quale il 2° comma dell'art.
2 richiama espressamente la 1. n. 1047 del 1957, si intende rea
lizzato quando le suddette attività vengano svolte in modo al
meno prevalente, e cioè quando esse impegnano il coltivatore
per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituiscono la
sua maggiore fonte di reddito (Cass. 2 maggio 1995, n. 4810,
cit.). Come è agevole rilevare, esula dalla definizione di coltivatore
diretto e dalle condizioni poste normativamente per beneficiare
delle prestazioni previdenziali, il requisito dell'imprenditorialità e la destinazione dei prodotti del fondo, anche solo in parte, al mercato.
È vero che l'art. 2 richiede che la coltivazione del fondo rap
presenti l'attività prevalente del coltivatore diretto e costituisca
per lui la maggior fonte di reddito, ma reddito sono anche i
prodotti della coltivazione del fondo e dell'allevamento del be
stiame che il coltivatore destina al sostentamento proprio e del
la propria famiglia, in tal modo sottraendosi all'onere dell'ac
quisto.
Neppure decisivi appaiono i riferimenti contenuti nella 1. n.
9 del 1963 al titolare di impresa diretto-coltivatrice (art. 10),
perché il coltivatore diretto ben può essere organizzato in ma
niera imprenditoriale, senza che ciò significhi che debba esserlo in ogni caso.
Pertanto, la corte non condivide l'orientamento espresso di
recente da questa stessa sezione lavoro (Cass. 3 novembre 1992, n. 11915, id., Rep. 1994, voce cit., n. 258) secondo cui sarebbe connaturale alla figura di coltivatore diretto, quale delineata dalla
legge previdenziale, il fine di lucro, inteso come devoluzione
al mercato, e non all'uso diretto, dei prodotti dell'attività di
coltivazione della terra e dell'allevamento del bestiame.
La sentenza impugnata, che ha ritenuto requisito della figura del coltivatore diretto il carattere professionale, ossia imprendi toriale dell'attività di coltivazione del fondo e dell'allevamento
del bestiame, deve essere perciò cassata, con rinvio della causa
ad altro giudice, designato nel Tribunale di Chiavari, che, nel
l'attenersi al principio sopraenunciato, provvederà anche in or
dine alle spese di questo giudizio di legittimità.
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