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sezione lavoro; sentenza 6 marzo 2002, n. 3211; Pres. Trezza, Est. Amoroso, P.M. Sepe (concl....

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sezione lavoro; sentenza 6 marzo 2002, n. 3211; Pres. Trezza, Est. Amoroso, P.M. Sepe (concl. diff.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (Avv. Gobbi) c. Libutti (Avv. Colacino). Conferma Trib. Roma 1° settembre 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 5 (MAGGIO 2002), pp. 1351/1352-1355/1356 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198339 . Accessed: 28/06/2014 16:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.31 on Sat, 28 Jun 2014 16:15:10 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 6 marzo 2002, n. 3211; Pres. Trezza, Est. Amoroso, P.M. Sepe (concl.diff.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (Avv. Gobbi) c. Libutti (Avv. Colacino).Conferma Trib. Roma 1° settembre 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 5 (MAGGIO 2002), pp. 1351/1352-1355/1356Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198339 .

Accessed: 28/06/2014 16:15

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PARTE PRIMA 1352

la ricorrente è titolare del diritto di parcheggio nell'area in que stione e, quindi, il «fatto» erroneamente elevato a presupposto di imposta è costituito dall'esercizio di tale diritto, che è stato

costituito come limite al diritto di «proprietà pubblica». La ces sione al demanio è avvenuta con il limite rappresentato dalla

contemporanea costituzione del diritto della società cedente.

Pertanto, l'utilizzazione dell'area in questione, come parcheg

gio, da parte dell'avente diritto, non può essere rappresentata come compressione del diritto pubblico a beneficio del privato. Si tratta semplicemente di esercizio di un diritto che, comunque, non rientrava nella sfera delle facoltà-contenuto del diritto di

proprietà del comune. Quindi, nulla può pretendere il comune

per una utilizzazione del suolo pubblico in relazione alla quale non aveva poteri di disposizione. Il diritto di parcheggiare, nella

specie, non costituisce un limite «sul» diritto comunale, bensì

un limite «del» diritto comunale.

2.3. - La tesi appena esposta trova pieno riscontro nella for

mulazione letterale delle norme di disciplina della Tosap e nella

interpretazione sistematica delle stesse. L'art. 38, 1° comma,

d.leg. 507/93, stabilisce che sono soggette alla Tosap le «occu

pazioni di qualsiasi natura, ... sui beni appartenenti al demanio

o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province». La norma non definisce il concetto di occupazione, che, in genere, evoca l'idea di una utilizzazione «ostile», in quanto abusiva, o,

comunque, limitativa di diritti altrui (nella specie, i diritti dema niali del comune di Bergamo), mentre lo stesso concetto di oc

cupazione mal si adatta all'idea dell'utilizzazione di una cosa

propria o all'esercizio di un diritto, come nella specie. Per com

prendere appieno cosa il legislatore intenda per «occupazione» ai fini della determinazione del presupposto impositivo della Tosap, bisogna fare riferimento all'art. 39 d.leg. 507/93, secon

do il quale le occupazioni imponibili sono quelle che com

portino una «effettiva sottrazione all'uso pubblico del territo

rio». Vale a dire, la Tosap deve essere applicata ogni volta che

venga realizzata un'occupazione che comporti una sottrazione

della superficie all'uso pubblico. Quando, invece, si tratti di «occupazione» che non comporti sottrazione all'uso pubblico, non si può dire che si sia verificato il presupposto d'imposta. Nella specie, non è stata realizzata alcuna limitazione alla pub blica fruibilità demaniale, visto che ab origine l'area «occupa ta» era destinata all'esercizio di un diritto privato (non importa se di natura reale o personale). Conseguentemente, la tassa pre tesa dal comune di Bergamo, con l'atto originariamente impu

gnato dalla società, non è dovuta.

2.4. - In definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impu

gnata va cassata. Ai sensi dell'art. 384 c.p.c. è consequenziale la

decisione di merito, nel senso che il ricorso originario della so

cietà deve essere accolto e, per l'effetto, deve essere annullato

l'avviso di accertamento impugnato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 marzo

2002, n. 3211; Pres. Trezza, Est. Amoroso, P.M. Sepe (conci,

diff.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense

(Avv. Gobbi) c. Libutti (Avv. Colacino). Conferma Trib.

Roma 1° settembre 1999.

Avvocato — Previdenza — Pensione di vecchiaia — Effetti va iscrizione alla cassa di previdenza — Nozione (L. 22 lu glio 1975 n. 319, modifiche delle norme riguardanti la previ denza e l'assistenza forense, art. 2; 1. 20 settembre 1980 n.

576, riforma del sistema previdenziale forense, art. 2, 17, 22,

23). Avvocato — Previdenza — Pensione di vecchiaia — Insussi

stenza dei requisiti reddituali — Accertamento — Irrile

vanza (Cost., art. 38; 1. 22 luglio 1975 n. 319, art. 2; 1. 20

settembre 1980 n. 576, art. 2, 17, 22, 23).

Ai fini del riconoscimento del diritto a pensione di vecchiaia

spettante agli avvocati, l'effettiva iscrizione per almeno tren

II Foro Italiano — 2002.

t'anni alla cassa di previdenza forense, richiesta dall 'art. 2 l.

576/80, deve intendersi come iscrizione corrispondente ad

una reale situazione di protratto esercizio dell'attività pro

fessionale, a prescindere dalla percezione di un reddito pro

fessionale minimo ovvero da altri analoghi requisiti fissati dal comitato dei delegati della detta cassa ai sensi dell 'art. 2

l. n. 319 del 1975, che sono influenti solo ai fini dell'obbli gatorietà dell'iscrizione. (1)

E irrilevante, ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia nella

previdenza forense, l'accertamento — successivo alla matu

razione dell'anzianità utile per tale diritto — dell'insussi

stenza dei requisiti reddituali o assimilati, sempre che l'inte

ressato abbia regolarmente versato i contributi dovuti ed ab

bia esattamente adempiuto all'obbligo di comunicare l'am

montare dei propri redditi professionali, dovendosi anche

considerare che la perdita del diritto alla pensione per effetto di tale accertamento sarebbe incompatibile con la garanzia dell 'art. 38 Cost. (2)

Svolgimento del processo. — 1. - Con ricorso al Pretore del

lavoro di Roma, l'avvocato Giovanni Libutti esponeva di aver

chiesto, al compimento del sessantacinquesimo anno di età ed ai

sensi della 1. n. 576 del 1980, la corresponsione della pensione di vecchiaia alla cassa nazionale di previdenza a favore degli avvocati e procuratori, la quale, con deliberazione in data 26

settembre 1991, aveva respinto la richiesta, sul rilievo che non

(1-2) Sulla nozione di «effettiva iscrizione» alla cassa per il diritto alle prestazioni, nel senso della riportata massima, anche se con riferi mento alla pensione di anzianità, conf. Cass. 3 dicembre 1988, n. 6571, Foro it.. Rep. 1988, voce Avvocato, n. 110, in cui si afferma che,

l'espressione «effettiva iscrizione» alla cassa di previdenza categoriale, «va interpretata nel senso che l'iscrizione in tanto può ritenersi effettiva in quanto sia accompagnata all'esercizio dell'attività professionale —

e, di conseguenza, all'iscrizione all'albo professionale che di tale eser cizio costituisce il presupposto

— con la conseguenza che tale effetti vità dell'iscrizione condiziona l'efficacia stessa della correlativa con

tribuzione, in quanto che il versamento dei contributi in mancanza della detta effettività di iscrizione non è utile ai fini del compimento del

trentacinquennio di contribuzione». Sul computo dell'effettività degli anni di iscrizione alla cassa foren

se, Cons. Stato, sez. Ili, 3 ottobre 1989, n. 1177/89, Prev. forense, 1990, fase. 1, 65, ritiene che l'espressione «effettiva iscrizione e con tribuzione» faccia riferimento a «quegli anni per i quali l'iscritto abbia versato la contribuzione, indipendentemente dalla data in cui è avve nuta l'iscrizione o la cancellazione. In altre parole il periodo di iscri zione inferiore all'anno, per il quale l'iscritto abbia peraltro versato l'intera contribuzione annuale, dovrà considerarsi — a tutti gli effetti — quale anno intero, ai fini del computo degli anni necessari per otte nere i benefici pensionistici».

Per l'interpretazione dell'espressione «effettiva contribuzione», nel senso di corresponsione del contributo minimo previsto e versato da

ogni iscritto mediante il ruolo esattoriale e di mancata interruzione del

l'iscrizione, Pret. Palermo 14 luglio 1987, Foro it., 1988, I, 643. Per

l'interpretazione della stessa espressione nel senso di contribuzione to tale dovuta, L. Carbone, Parziale adempimento dell'obbligo contribu tivo: effetti sulle prestazioni previdenziali, in Prev. forense, 1988, fase.

3, 26. Occorre evidenziare che le normative delle varie casse di previdenza

dei liberi professionisti, per il diritto alle varie prestazioni, «associano» al numero di anni di contribuzione altrettanti anni di «effettiva iscrizio ne e contribuzione» all'ente previdenziale («dopo . .. anni di effettiva iscrizione e contribuzione»).

In dottrina, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professio nisti, Torino, 1998, 243.

Con riferimento alla seconda massima, conf. Cass. 15 dicembre

1997, n. 12667, Foro it.. Rep. 1997, voce cit., n. 156, in cui si afferma che ove la cassa forense si sia astenuta dal controllo del requisito del l'esercizio professionale con continuità dell'iscritto nel periodo (tren tennale) di maturazione dell'anzianità utile per il diritto alla pensione di

vecchiaia, deve presumersi la sussistenza del requisito della continuità dell'esercizio della professione forense, requisito della cui prova non è

più onerato il professionista che domandi la pensione di vecchiaia. Sul

potere-dovere della cassa forense di verificare periodicamente la sussi stenza del requisito dell'esercizio della libera professione con carattere di continuità degli iscritti, nel senso che tale potere è limitato, come pe riodo di riferimento, al quinquennio precedente la verifica stessa e non

può essere esercitato in ogni tempo, Cass. 20 settembre 1999, n. 10164, id., 2000, I, 1941. Contra, per l'onere dell'avvocato che richiede la li

quidazione della pensione di vecchiaia, di provare l'esercizio continua tivo della professione per tutti gli anni di iscrizione alla cassa, Cass. 8

agosto 1998, n. 7803, id., 1998,1, 2770.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

valevano ai fini del prescritto trentennio di iscrizione alla stessa

cassa i periodi 1961-62, 1976-82 e 1986-90 — durante i quali aveva esercitato le funzioni di vicepretore onorario, presso la

Pretura di Rionero in Volture — per l'asserita mancanza del

reale e continuativo esercizio dell'attività professionale; di aver

documentato l'esercizio della reggenza per oltre quarantasette mesi, tra il 1977 ed il 1988, evidenziando che la (esigua) quan tità dell'attività professionale pur svolta era conseguente al

contestuale espletamento dell'incarico di vicepretore onorario.

Quindi, assumendo tra l'altro che l'attività così svolta fosse

equivalente, ai fini previdenziali, all'attività professionale pro

priamente intesa, chiedeva che fosse riconosciuta l'intervenuta

integrazione del presupposto contributivo, dovendo considerarsi

utili — ai fini del computo del periodo di iscrizione alla cassa di previdenza

— anche gli anni di esercizio della funzione di vice

pretore onorario con la reggenza della Pretura di Rionero in

Volture, in cui era stata regolarmente versata la dovuta contri

buzione alla cassa.

La cassa di previdenza convenuta in giudizio, chiedeva il ri

getto della domanda, sostenendone la totale infondatezza.

Il Pretore di Roma, con sentenza 2942/95, respingeva la do

manda, pronuncia avverso la quale l'avvocato Libutti proponeva

appello, chiedendone la riforma.

La cassa di previdenza si costituiva e resisteva al gravame. Il Tribunale di Roma, con sentenza 16 dicembre 1998 - 1°

settembre 1999, accoglieva l'appello, riconoscendo il diritto

dell'appellante al trattamento pensionistico richiesto.

Avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione

la cassa con cinque motivi di ricorso.

Resiste con controricorso l'intimato ed ha presentato memo

ria.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso della cassa si articola

in cinque motivi. 1.1. - Con il primo motivo la cassa ricorrente denuncia la

violazione degli art. 2 e 22 1. n. 576 del 1980 e dell'art. 2 1. n.

319 del 1975. Il tribunale, pur affermando che la legge riconosce il diritto a

pensione a coloro che abbiano svolto continuativamente, per almeno trent'anni, attività libero-professionale comportante iscrizione alla cassa, poi non ha applicato il concetto di conti

nuità dell'attività professionale, quale desumibile dalla norma

tiva della cassa (che richiedeva determinati livelli di reddito o, in alternativa e per gli anni precedenti al 1985, un determinato

numero di cause trattate). 1.2. - Con il secondo motivo la cassa denuncia il difetto di

motivazione ed il travisamento dei fatti di causa, nonché la vio

lazione dell'art. 2909 c.c. e dell'art. 437 c.p.c. Erronea sarebbe

l'affermazione del tribunale secondo cui la domanda di pensio ne è stata respinta dalla cassa per il ridotto numero di cause

trattate dall'avv. Libutti e non già per insussistenza del requisito reddituale.

1.3. - Con il terzo motivo la cassa denuncia la violazione de

gli art. 2 e 22 1. n. 576 del 1980 e l'illogicità della motivazione. La citata 1. 576/80 (all'art. 2) prevede che la pensione può esser

erogata al professionista che, compiuti almeno sessantacinque anni di età, abbia almeno trent'anni di effettiva iscrizione e

contribuzione. Il successivo art. 22, prevedendo come obbliga toria l'iscrizione alla cassa per tutti gli avvocati e procuratori che esercitano la libera professione con carattere di continuità ai

sensi dell'art. 2 1. 319/75, individua nell'esercizio della sola li

bera professione l'effettiva iscrizione di cui al precedente art. 2.

Il citato art. 2 1. n. 319 del 1975 demanda poi al comitato dei

delegati il potere di definire i criteri per accertare quali siano gli iscritti che esercitano la libera professione con carattere di con

tinuità (il 3° comma dell'art. 22 citata 1. 576/80 ha poi deman dato al comitato dei delegati di adeguare ogni cinque anni i detti criteri). Il comitato dei delegati ha fissato determinati criteri (redditi professionali e —

per un certo periodo — cause tratta

te). Pertanto, contrariamente a quanto assume il tribunale, è

continuativa solo quell'attività che risponde a determinati para metri quantitativi in termini di reddito (e per il periodo antece dente al 1985, in alternativa, anche in termini di cause trattate).

1.4. - Con il quarto motivo la cassa denuncia la violazione

ulteriore dell'art. 22 citata 1. 576/80 e la manifesta illogicità della motivazione.

L'unica attività che consente l'iscrizione alla cassa avvocati e

(se continuativa per almeno trent'anni) dà diritto alla pensione

Il Foro Italiano — 2002.

di vecchiaia è quella libero-professionale, per tale intendendosi

quella che coloro che sono iscritti all'albo degli avvocati e pro curatori possono istituzionalmente svolgere. Altre attività sono

del tutto irrilevanti, in quanto attività non specifiche dell'avvo

cato e comunque non libero-professionali. 1.5. - Con il quinto ed ultimo motivo la cassa denuncia la vio

lazione (derivata) della 1. 276/97 (art. 8 e 9). Osserva che — a

parte la differenza sostanziale che intercorre tra «vecchio» giu dice onorario (che non era e non è retribuito) e nuovo «giudice onorario aggregato» (che viene retribuito a lavoro svolto) — la

specifica previsione per i giudici onorari aggregati che l'inden nità è considerata reddito professionale a tutti gli effetti e che

permane l'iscrizione alla cassa di previdenza mostra a contano

che lo stesso non vale per i vicepretori onorari.

2. - Il ricorso — nei suoi cinque motivi che possono essere

trattati congiuntamente — è infondato.

2.1. - L'art. 2 1. 20 settembre 1980 n. 576 (di riforma del si stema previdenziale forense) prevede che la pensione di vec

chiaia è corrisposta agli avvocati e procuratori (attualmente, av

vocati tout court) che abbiano compiuto sessantacinque anni di

età, dopo almeno trent'anni di effettiva iscrizione e contribuzio

ne alla cassa. Deve, quindi, ricorrere un triplice requisito perché

insorga il diritto dell'avvocato al trattamento pensionistico di

vecchiaia: l'età (almeno sessantacinque anni), l'iscrizione alla

cassa e la contribuzione (entrambe protratte per almeno tren

t'anni). Il successivo art. 22 della medesima legge contempla poi che

l'iscrizione alla cassa è obbligatoria per tutti gli avvocati e pro curatori che esercitano la libera professione con carattere di

continuità, ai sensi dell'art. 2 1. 22 luglio 1975 n. 319; disposi zione questa che prevede che il comitato dei delegati della cas

sa, sentito il consiglio nazionale forense, determina i criteri per accertare quali siano gli iscritti alla cassa stessa che (in confor

mità a quanto disposto dall'art. 2 1. 8 gennaio 1952 n. 6, sosti

tuito dall'art. 1 1. 25 febbraio 1963 n. 289) esercitino la libera professione forense con carattere di continuità. A tal fine il co

mitato dei delegati provvede ogni cinque anni, e per la prima volta nel secoi.do anno successivo all'entrata in vigore della

presente legge, ad adeguare, se necessario, i criteri per accertare

l'esercizio della libera professione.

Questa corte (Cass. 18 maggio 1998, n. 4957, Foro it., 1998,

I, 1777) ha già precisato in proposito che si tratta di requisiti per l'iscrizione alla cassa (cfr. anche Cass. 8 maggio 1987, n. 4263,

id., 1988, I, 507) e che peraltro i criteri di accertamento deter

minati dal comitato dei delegati della cassa, avendo carattere di

meri strumenti di verifica, non si sostituiscono né si sovrappon

gono al requisito legale per l'iscrizione e non sono pertanto con

figurabili come presunzioni assolute.

Nella specie, al fine dell'insorgenza del diritto alla pensione di vecchiaia, ricorre certamente il primo requisito (quello del

l'età); è invece controversa tra le parti la sussistenza degli altri

due (iscrizione alla cassa e contribuzione), nel senso che, pur essendo pacifico che l'avv. Libutti sia stato iscritto alla cassa

per più di trent'anni ed abbia regolarmente corrisposto la con

tribuzione dovuta, la cassa assume che non ricorre il requisito della continuità dell'attività professionale previsto dal citato art.

22 perché insorga per il professionista l'obbligo di iscrizione, la

cui inosservanza è peraltro sanzionata.

Però la continuità dell'attività professionale non è prevista come presupposto per l'insorgenza del diritto al trattamento

pensionistico di vecchiaia, ma come presupposto perché insorga

l'obbligo di iscrizione, che si affianca (nella formulazione del

medesimo art. 22) all'ipotesi della mera facoltà (quella dei pra ticanti abilitati al patrocinio), e si correla alla fattispecie opposta del divieto di iscrizione (nel caso di esercizio della professione nell'ambito di un rapporto di impiego); non senza considerare

che vi sono poi ipotesi tipiche di esonero dal requisito della

continuità dell'esercizio professionale (membri del parlamento, dei consigli regionali, della Corte costituzionale, del Consiglio superiore della magistratura o presidenti delle province o sinda

ci dei comuni capoluoghi di provincia o con più di cinquanta mila abitanti).

2.2. - Più in particolare può rilevarsi che il rinvio (previsto sempre dal citato art. 22) alle determinazioni del comitato dei

delegati della cassa, sentito il consiglio nazionale forense, im

plica il riconoscimento di una potestà autoregolamentare (di natura negoziale) nell'individuazione e definizione dei pararne

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1355 '

PARTE PRIMA 1356

tri che definiscono la nozione (questa, invece, di fonte legale) di

«continuità» dell'attività professionale; parametri che nella spe cie — secondo l'allegazione della cassa, non contrastata dalla

difesa dell'intimato e confermata sostanzialmente dalla sentenza

impugnata — non risulterebbero integrati per l'avv. Libutti, che

in alcuni anni avrebbe conseguito un reddito professionale infe

riore alla prevista soglia minima (senza peraltro svolgere — fi

no a quando questo parametro alternativo è stato rilevante —

attività professionale in un sufficiente numero di giudizi, non

inferiore al minimo previsto). Deve però considerarsi — come appena rilevato — che il re

quisito della «continuità» della prestazione professionale incide

direttamente sull'obbligo dell'iscrizione alla cassa e non già, se

non indirettamente, sul diritto alla pensione di vecchiaia.

Ove l'attività professionale non sia continuativa, la cassa non

può procedere all'iscrizione d'ufficio; inoltre — in considera

zione delle determinazioni in concreto adottate dal comitato dei

delegati — la cassa potrebbe rifiutare l'iscrizione a domanda;

potrebbe anche annullare l'iscrizione (erroneamente) in prece denza accettata. Peraltro l'avvocato è tenuto (ex art. 17 1.

576/80) a comunicare alla cassa l'ammontare del reddito profes sionale e quindi la cassa è posta in condizione di verificare im

mediatamente la ricorrenza, o meno, del requisito reddituale per l'iscrizione.

Ove però la cassa, pur avendo l'iscritto ottemperato all'ob

bligo di comunicazione di cui all'art. 17 — integrato per gli an

ni precedenti quello di entrata in vigore della riforma del 1980

dallo specifico ed ulteriore obbligo di comunicazione dell'art.

23 (riferito agli anni a partire dal 1975) — nulla obietti e non proceda alla cancellazione dell'iscritto in ragione del difetto del

requisito della continuità dell'attività professionale, non può successivamente allegare l'insussistenza dei presupposti per l'i

scrizione.

2.3. - Certo l'iscrizione deve essere «effettiva» — come

espressamente prevede l'art. 2 cit. — ma ciò null'altro significa

che, a fronte del dato storico dell'iscrizione, deve comunque es

serci il concreto e protratto esercizio dell'attività professionale. Ossia ciò che è prescritto è l'autenticità della situazione sottesa

all'iscrizione e non già la percezione di un reddito professionale minimo ai fini dell'Irpef ovvero l'esistenza di un minimo volu

me d'affari ai fini dell'Iva, o ancora (quando in passato ciò rile vava sulla base delle iniziali delibere del comitato dei delegati della cassa) un numero minimo di cause trattate, evenienze que ste che viceversa possono rilevare ai fini dell'obbligo di iscri

zione; sicché legittimamente potrebbe la cassa rifiutare la pen sione di vecchiaia all'avvocato che, pur formalmente iscritto, abbia però posto in essere una situazione apparente di esercizio

di attività professionale non corrispondente alla situazione reale.

È solo la mancanza di tale effettività dell'iscrizione, intesa

appunto come iscrizione che non si accompagni ad un'autentica

e veritiera situazione di esercizio dell'attività professionale, che

inficia la correlativa contribuzione, sicché solo in tal caso il ver

samento dei contributi non sarebbe utile al fine dell'integrazio ne del prescritto requisito contributivo ed attribuirebbe a colui

che l'ha eseguito solo il diritto ad ottenere il rimborso delle

somme versate (Cass. 3 dicembre 1988, n. 6571, id., Rep. 1988, voce Avvocato, n. 110).

Ma, ove ciò non si verifichi, l'iscrizione è comunque «effetti

va», anche se in ipotesi non ricorra quel requisito reddituale

previsto dalla disciplina interna della cassa per l'iscrizione, ove

la cassa stessa, pur destinataria delle prescritte (e veritiere) co

municazioni dell'avvocato, non faccia valere il difetto di tale

requisito procedendo alla cancellazione dell'iscrizione.

In sintesi, l'iscrizione «effettiva» implica il reale e protratto

svolgimento di attività professionale da parte dell'avvocato

iscritto alla cassa; l'iscrizione «obbligatoria» implica l'integra zione di alcuni presupposti specifici (reddito professionale, vo lume d'affari relativo all'attività professionale, numero di cause

trattate), posti periodicamente dalla stessa normativa interna

della cassa e mirati ad individuare una soglia minima al di là

della quale l'avvocato non può sottrarsi a partecipare al sistema

di previdenza forense e all'obbligo solidaristico ad esso sotteso.

2.4. - Questa interpretazione così accolta — pur ponendosi in

contrasto con il precedente orientamento espresso da Cass. 8

agosto 1998, n. 7803 (id., 1998, I, 2770), secondo cui dall'iner zia della cassa forense non può farsi discendere la regolarità del

Il Foro Italiano — 2002.

rapporto assicurativo, con conseguente maturazione del diritto

alle prestazioni (talché è onere dell'avvocato, che richiede la li

quidazione della pensione di vecchiaia, provare, ancorché

iscritto, l'esercizio continuativo della professione per tutti gli anni di iscrizione alla cassa)

— è da preferire anche perché è

l'unica compatibile con l'art. 38 Cost., parametro quest'ultimo che trova applicazione anche al lavoro autonomo e segnata mente anche all'attività professionale dell'avvocato (il carattere

solidaristico della previdenza forense e quindi la sua riconduci

bilità nell'alveo del citato precetto costituzionale sono stati più volte riconosciuti dalla Corte costituzionale: Corte cost. n. 362

del 1997, ibid., 10; n. 1008 del 1988, id., 1989, I, 2712; nn. 132 e 133 del 1984, id., 1984,1, 1782).

La garanzia costituzionale si estende anche al legittimo affi

damento che il prestatore di lavoro subordinato od autonomo

faccia in ordine alla tutela previdenziale spettantegli (Corte cost,

n. 416 del 1999, id., 2000,1, 2456; n. 211 del 1997, id., 1997, I, 2355; n. 390 del 1995, id., Rep. 1995, voce Professioni intel lettuali, n. 193). Questo sarebbe frustrato ove, come nella spe

cie, un avvocato, la cui iscrizione alla cassa si sia protratta per oltre trent'anni e sia stata effettiva (nel senso, sopra precisato, di corrispondente ad una reale situazione di protratto esercizio

dell'attività professionale) e che abbia regolarmente versato i

contributi previdenziali dovuti, percepiti dalla cassa senza obie

zioni, possa ritrovarsi senza pensione di vecchiaia sol perché ri

sulti ex post che in passato non erano stati integrati i presupposti

specifici (reddituali o assimilati), dettati dalla normativa interna

della cassa, perché l'iscrizione potesse considerasi obbligatoria. 2.5. - In conclusione — in disparte la questione della dedotta

assimilabilità, ai fini previdenziali, dell'attività di vicepretore onorario a quella libero-professionale (questione irrilevante ed

ultronea, esaminata dai giudici di merito ad integrazione delle

argomentazioni svolte) — correttamente la sentenza impugnata

ha ritenuto integrati i presupposti per l'insorgenza del diritto

dell'avv. Libiitti alla pensione di vecchiaia.

Il ricorso va pertanto respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 26 feb

braio 2002, n. 2855; Pres. Prestipino, Est. Vidiri, P.M. Fuzio

(conci, conf.); Sindacato lavoratori autorganizzati intercatego riale - Slai Cobas (Avv. Buzzi, Medina) c. Soc. Sitip Divisione Mizar (Avv. Vesci, Coscia). Conferma Trib. Busto

Arsizio 31 agosto 1998.

Sindacati, libertà e attività sindacale — Rappresentanze

sindacali unitarie — Diritto di assemblea — Convocazione

congiunta — Necessità — Condotta antisindacale —

Esclusione (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela

della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e

dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collo

camento, art. 20, 28).

Va esclusa l'antisindacalità della condotta del datore di lavoro

che non consenta lo svolgimento di assemblee dei lavoratori

indette dalla sola componente Slai-Cobas della rappresentan za sindacale unitaria costituita presso l'unità produttiva. (1)

(1)1.- Cass. 2855/02 sostiene che il diritto di indire assemblee dei

lavoratori, conferito alle rappresentanze sindacali aziendali dall'art. 20 1. 300/70, possa essere esercitato dalle rappresentanze sindacali unita

rie, subentrate alle r.s.a. in virtù dell'accordo interconfederale del 20 dicembre 1993, soltanto in esito a deliberazione collegiale della r.s.u. Fonda l'affermazione su due argomenti: quello letterale, secondo cui l'art. 5 dell'accordo interconfederale prevede che subentrino nei poteri e nelle funzioni spettanti alle r.s.a. ed ai loro dirigenti le r.s.u. e non i loro componenti; quello basato sulla ratio dell'accordo interconfedera

le, la cui stipulazione intende garantire indirizzi di politica sindacale

espressivi della volontà della collettività dei lavoratori.

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