sezione lavoro; sentenza 6 novembre 1997, n. 10889; Pres. Miani Canevari, Est. Amoroso, P.M.Buonajuto (concl. diff.); Felisati e Fuggetta (Avv. Berti) c. Min. funzione pubblica. Cassa Pret.Rovigo 31 marzo 1995 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3129/3130-3137/3138Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191478 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 novem
bre 1997, n. 10889; Pres. Miani Canevari, Est. Amoroso, P.M. Buonajuto (conci, diff.); Felisati e Fuggetta (Aw. Berti) c. Min. funzione pubblica. Cassa Pret. Rovigo 31 marzo 1995
e decide nel merito.
CORTE DI CASSAZIONE;
Sciopero, serrata e boicottaggio — Sciopero — Servizi pubblici
, essenziali — Ordinanza di precettazione — Previo interpello della commissione di garanzia — Omissione — Sanzione —
Illegittimità — Conseguenze (L. 12 giugno 1990 n. 146, nor
me sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costitu
zionalmente tutelati. Istituzione della commissione di garan zia dell'attuazione della legge, art. 8).
Costituisce presupposto indefettibile per l'emissione dell'ordi
nanza di precettazione in caso di sciopero nei servizi pubblici
essenziali (nella specie, emessa dal ministro per la funzione
pubblica) il previo invito alla commissione di garanzia di for mulare alle parti in conflitto una proposta, seppur non vinco
lante del possibile contenuto dell'ordinanza stessa; il mancato
interpello della commissione comporta l'illegittimità dell'or
dinanza — che il giudice ordinario può accertare incidenter
tantum — e la conseguente illegittimità del provvedimento sanzionatorio a carico dei dipendenti in sciopero. (1)
Svolgimento del processo. — 1. - Con ricorso depositato in
data 13 ottobre 1994 Felisati Teresa e Fuggetta Giuliana propo nevano impugnazione avverso due distinte ingiunzioni di paga mento delle sanzioni pecuniarie rispettivamente di lire 100.000
e lire 200.000, loro notificate ad istanza del ministro pro tem
pore per la funzione pubblica, per non aver partecipato, in ade
sione ad un'astensione collettiva dal lavoro, alle operazioni di
scrutinio finale per l'anno scolastico 1991-1992, rispettivamente
presso l'istituto tecnico commerciale de Amicis e presso l'istitu
to professionale di Stato per i servizi commerciali di Rovigo, in tal modo violando l'ordinanza ministeriale di precettazione n. 3 del 1992.
Sostenevano le ricorrenti, che si dichiaravano aderenti all'or
ci) Non risultano precedenti in materia nella giurisprudenza di legit timità. Quanto alla giurisprudenza amministrativa, in sintonia con la
pronuncia in rassegna, con riferimento ad una fattispecie similare, cfr.
Tar Sicilia, sez. Catania, 4 febbraio 1993, n. 51, Foro it., Rep. 1993, voce Sciopero, n. 56, secondo cui la preventiva audizione ed acquisizio ne del parere del presidente della giunta regionale costituisce indefetti bile atto preparatorio del modulo procedimentale prescritto dal 2° com
ma dell'art. 8 1. 12 giugno 1990 n. 146, inerente al potere prefettizio di precettazione dei lavoratori aderenti allo sciopero proclamato nei servizi
pubblici essenziali. Invece Tar Lazio, sez. I, 29 aprile 1992, n. 588,
id., 1993, III, 183, ha ritenuto legittima l'ordinanza di precettazione emanata in difetto del tentativo di conciliazione di cui all'art. 8 cit.
per non essere questo espressamente previsto dalla legge come una fase
procedurale necessariamente formale, essendo sufficiente che risulti che
in apposita riunione con tutte le parti interessate siano state adeguata mente discusse le questioni di fatto controverse.
Sull'illegittimità del provvedimento sanzionatorio emesso ai sensi del
l'art. 9 1. 146/90 come conseguenza dell'illegittimità dell'ordinanza di
precettazione, v. Pret. Milano 23 agosto 1995, id., Rep. 1996, voce
cit., n. 53. Peraltro — ha ritenuto Cons. Stato, sez. I, 5 febbraio 1992, n. 48, id., Rep. 1993, voce cit., n. 54 — la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 9 cit. in caso di inosservanza dell'ordine di precettazione in
occasione di uno sciopero di pubblici dipendenti va inflitta con l'osser
vanza delle norme stabilite dagli art. 13 ss. 1. 24 novembre 1981 n.
689 per l'irrogazione delle sanzioni amministrative e non già di quelle
previste per i procedimenti disciplinari dal t.u. 10 gennaio 1957 n. 3
o, in generale, per i procedimenti amministrativi, dalla 1. 7 agosto 1990
n. 241. In sede di impugnativa del provvedimento sanzionatorio è poi
possibile che il giudice ordinario accerti incidenter tantum l'illegittimità dell'ordinanza di precettazione (in tal senso, in conformità alla pronun cia in rassegna, v. già Trib. Roma 26 luglio 1990, id., Rep. 1990, voce
Giurisdizione civile, n. 187). È parimenti possibile l'impugnativa in via principale dell'ordinanza
stessa, devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo. In parti
colare, Cons. Stato, sez. IV, 13 febbraio 1995, n. 76, id., 1996, III,
15, ha precisato che la legittimazione ex art. 10 1. 146/90, cit., a ricor
rere contro l'ordinanza di precettazione deve essere riconosciuta ai sog
getti che promuovono lo sciopero fra i quali sono comprese anche le
organizzazioni promotrici dell'astensione collettiva dal lavoro e, all'in
terno di queste, le organizzazioni sindacali dell'ambito territoriale ove
Il Foro Italiano — 1997.
ganizzazione sindacale Cobas, che la loro mancata partecipa zione allo scrutinio era da ascriversi allo sciopero temporaneo indetto da vari sindacati, tra cui appunto i Cobas.
Deducevano che il protocollo 25 luglio 1991 — che conteneva
un divieto di differibilità delle operazioni di scrutinio finale (pro tocollo che si riteneva essere alla base del divieto ulteriormente
imposto dall'art. 4 della menzionata ordinanza di precettazio
ne) — non poteva avere alcun effetto giuridico cogente nei loro
confronti, posto che tra i firmatari dello stesso non era ricom
presa l'organizzazione sindacale cui aderivano. Assumevano inol
tre che, in ogni caso, del tenore della 1. n. 146 del 1990 non
poteva ricavarsi direttamente alcun divieto assoluto finanche di
mero differimento delle operazioni di scrutinio finale, come pre stazione di un servizio essenziale, e che nella specie lo sciopero
proclamato mirava solo al differimento temporaneo e non an
che all'impedimento degli scrutini. Eccepivano poi l'incostitu
zionalità dell'art. 2 della legge anzidetta, con riferimento agli art. 3 e 40 Cost., ove fosse da interpretare come contenente
un divieto assoluto di sciopero durante gli scrutini finali.
Le ricorrenti denunciavano infine vizi del procedimento per non essere state rispettate le prescrizioni previste dall'art; 8 1.
n. 146 del 1990.
2. - Costitiutasi in giudizio in nome e nell'interesse dell'am
ministrazione convenuta, l'avvocatura distrettuale di Venezia re
sisteva all'impugnazione proposta e concludeva chiedendo il ri
getto della domanda.
Il pretore adito, con sentenza del 31 marzo 1995, rigettava la domanda.
Avverso tale sentenza la Felisati e la Fuggetta propongono ricorso per cassazione con un unico motivo. Resiste con contro
ricorso il ministro della funzione pubblica, che ha presentato anche memoria.
Motivi della decisione. — 1. - L'unico motivo di impugnazio ne delle ricorrenti è articolato in più profili. Sotto il primo dei
quali le ricorrenti denunciano (ex art. 360, n. 3, c.p.c.) l'errore
di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza pretorile per aver
assunto da una parte l'efficacia erga omnes del protocollo preli minare siglato in data 25 luglio 1991 tra alcune delegazioni di
organizzazioni sindacali e la parte pubblica; d'altra parte per
il provvedimento precettivo è destinato a spiegare efficacia; sul tema, cfr. anche Tar Lazio, sez. I, 17 aprile 1992, n. 545, id., 1993, III, 135 (secondo cui invece difettano di legittimazione a ricorrere soggetti diversi da quelli tassativamente indicati nell'art. 10 cit.).
Quanto poi al contenuto dell'ordinanza ministeriale (o prefettizia, es sendo in generale possibile la delega di questo potere: Tar Emilia
Romagna, sez. II, 18 aprile 1991, id., Rep. 1992, voce Sciopero, n.
72) di precettazione — che può comunque rinviare alla delibera della commissione di garanzia per l'individuazione dei servizi minimi garanti ti (Tar Lazio, sez. Ili, 16 febbraio 1995 n. 371, id., Rep. 1996, voce
cit., n. 56) — si è ritenuto che essa non necessariamente debba contene re l'indicazione di particolari servizi ed impianti la cui erogazione sia ritenuta necessaria per garantire un adeguato livello di funzionamento di un servizio pubblico essenziale quando quest'ultimo non sia frazio nabile in singole prestazioni entro le quali sia possibile individuare quel le indispensabili (Cons. Stato, sez. IV, 13 febbraio 1995, n. 76, cit.). Invece, ove non venga raggiunto l'accordo previsto dal 2° comma del l'art. 2 1. 146/90, non può essere il datore di lavoro a determinare unilateralmente l'aliquota minima essenziale da assicurare in caso di
sciopero, ma deve investire l'autorità amministrativa ai fini della pre cettazione (Pret. Roma 18 marzo 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 53).
In dottrina, sullo specifico tema dello sciopero nella scuola, v. Raffi,
Sciopero nei servizi pubblici essenziali: precettazione degli insegnanti, in Lavoro giur., 1996, 838. Più in generale, sull'ordinanza di precetta zione, v. Ghezzi, Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali tra ordinan
ze dì precettazione e proposte di riforma della legge vigente, in Rass.
parlamentare, 1995, 183; Sestito, Rassegna di giurisprudenza sullo scio
pero nei servizi pubblici essenziali: in particolare, l'ordinanza di precet tazione, in Riv. amm., 1993, 1263; Recchia, Osservazioni sulla nuova
normativa in materia di precettazione, ibid., 917; Belfiore, Sciopero nei servizi pubblici essenziali e ordinanza di precettazione - Competenza e contenuto, in Giur. merito, 1993, 410; Pascucci, La «nuova» precet tazione al primo esame dei giudici amministrativi, in Riv. it. dir. lav.,
1992, II, 60; Bettini, Minimi di servizio e precettazione: la l. 146/90
rivisitata dai giudici, in Riv. giur. lav., 1992, II, 911.
Con riferimento poi al regime precedente alla legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, e quindi alle ordinanze di precettazione emesse ai sensi dell'art. 20 r.d. 3 marzo 1934 n. 383, v. Cass. 7 agosto 1991, n. 8586, Foro it., 1991, I, 3050, e, in dottrina, Barbieri, Appunti in tema di precettazione, in Notiziario giuridico lav., 1981, 537.
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3131 PARTE PRIMA 3132
aver ritenuto l'assoluta non differibilità delle operazioni di scru
tinio. Se poi l'art. 2 1. n. 146 del 1990 fosse da interpretare in tal senso, insorgerebbe — secondo la difesa delle ricorrenti — un dubbio, non manifestamente infondato, di illegittimità costituzionale di tale disposizione (per violazione degli art. 3
e 40 Cost.). Sotto un secondo profilo le ricorrenti lamentano l'omissione
sostanziale di motivazione (ex art. 360, n. 5, c.p.c.) quanto, in particolare, al denunciato mancato rispetto della procedura
prescritta dall'art. 8 1. n. 146 del 1990.
2. - Il ricorso è fondato. Pacifici essendo i fatti di causa (con sistenti nell'inottemperanza, da parte delle ricorrenti, all'ordi
nanza di precettazione suddetta), va innanzi tutto rilevato che
è esatto — come del resto riconosce anche l'avvocatura dello
Stato — il rilievo della difesa delle ricorrenti che censura la
sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto che l'ordi
nanza di precettazione vincolasse le ricorrenti in ragione dell'ef
ficacia, anche nei loro confronti, del protocollo d'intesa del 25
luglio 1991, recante la disciplina pattizia sui servizi pubblici es
senziali per il personale del comparto della scuola.
In realtà, la forza vincolante dell'ordinanza di precettazione deriva direttamente dalla disposizione di legge che lo prevede
(art. 8 1. n. 146 del 1991), a prescindere dalla circostanza che
il protocollo in questione potesse ritenersi efficace, o meno, nei
confronti delle ricorrenti per essere, o non essere, le stesse affi
liate alle associazioni sindacali firmatarie.
Inoltre tra i presupposti (sostanziali e procedimentali (v. in
fra) che legittimano l'esercizio del potere di ordinanza di cui
all'art. 8, 2° comma, non è prevista anche la previa conclusione
degli accordi di cui all'art. 2, n. 2, nei quali il protocollo sud
detto può inquadrarsi, né — ove esistenti — deve ricorrere la
loro violazione non potendo escludersi, anche in caso di pieno
rispetto degli stessi, l'eventualità di un pericolo di pregiudizio
grave ed immanente ai diritti della persona costituzionalmente
garantiti per essere state inadeguatamente identificate le presta zioni essenziali.
Parimenti esatto è il rilievo della difesa delle ricorrenti secon
do cui dalla 1. n. 146 del 1990 — che pure prevede alla lett.
d) dell'art. 2 gli scrutini finali e gli esami come prestazioni es
senziali — non può farsi discendere (come ritiene la sentenza
impugnata) un divieto assoluto anche di mero differimento de
gli scrutini, come invece erroneamente reputa la sentenza impu
gnata. Ma in realtà l'ordinanza di precettazione non presuppo ne (né pone) tale divieto assoluto, sicché peraltro l'eccezione
di illegittimità costituzionale, sollevata dalla difesa delle ricor
renti, dell'art. 2 cit., letto alla stregua dell'interpretazione ac
colta dalla sentenza impugnata, difetta di rilevanza, dovendosi
correggere il presupposto interpretativo da cui muove.
Pertanto, sotto l'uno e l'altro profilo la sentenza impugnata, ancorché offra il fianco alle censure puntualmente mosse dalla
difesa delle ricorrenti, si presterebbe in realtà ad essere corretta nella motivazione.
3. - Rimane quindi, come decisivo, l'ultimo profilo afferente all'asserito mancato rispetto della procedura posta dall'art. 8
che ridonderebbe in illegittimità dell'ordinanza ministeriale. Va premesso che, ancorché la difesa delle ricorrenti abbia
dedotto tale censura già nell'atto di impugnazione delle sanzio ni innanzi al pretore, come risulta dalla narrativa della sentenza
impugnata, manca nella motivazione di quest'ultima alcuna va
lutazione della censura stessa, sicché sotto questo profilo la pro nuncia è certamente carente di motivazione.
Più in generale, quanto al merito della censura che può esa minarsi ex art. 384, 1° comma, c.p.c., deve considerarsi che il cit. art. 8 fonda il potere di precettazione su un duplice pre supposto, sostanziale e procedimentale.
Quello sostanziale consiste nell'esistenza di un fondato peri colo di pregiudizio grave ed immanente (ma non necessariamen te anche irreparabile) ai diritti della persona costituzionalmente
garantiti a causa del mancato funzionamento dei servizi di pre minente interesse generale per le modalità con cui è prevista l'astensione collettiva dal lavoro. Si è poi già rilevato che non è parimenti richiesta la violazione degli accordi — ove esistenti — stipulati (ex art. 2, 2° comma) per determinare le prestazioni essenziali. Né tanto meno rilevano i c.d. limiti esterni del diritto di sciopero riferibili alla salvaguardia degli interessi dell'impre sa, seppur costituzionalmente tutelati (Corte cost. n. 317 del
1992, Foro it., 1992, I, 2904).
li Foro Italiano — 1997.
Quanto al presupposto procedimentale, l'art. 8 prevede —
nel caso di conflitti sindacali di rilevanza nazionale o interregio nale — che il presidente del consiglio dei minitri (o il ministro
da lui delegato, come nella specie il ministro per la funzione
pubblica) inviti le parti a desistere dai comportamenti che deter
minano tale situazione di pericolo; proponga (ed esperisca) un
tentativo di conciliazione; in caso di esito negativo, inviti le parti ad attenersi al rispetto della proposta «eventualmente formula
ta» dalla commissione di garanzia. Qualora poi ciò nonostante
la situazione (di pericolo) permanga, il presidente del consiglio
deve, «ove possibile», sentire ancora le organizzazioni dei lavo
ratori che promuovono l'astensione collettiva e le amministra
zioni o le imprese erogatrici del servizio (e deve inoltre acquisire il parere del presidente della giunta regionale nonché dei sindaci
competenti per territorio qualora il conflitto abbia rilevanza
locale). Si tratta quindi di un procedimento, che, pur essendo inevita
bilmente articolato e modulato in plurime fasi in ragione della
delicatezza del bilanciamento che il presidente del consiglio è
chiamato ad operare tra diritti contrapposti, ma tutti di rango costituzionale (il diritto di sciopero da una parte e quelli della
persona dall'altra), è reso in realtà flessibile dalla mancata pre visione di tempi rigidi, sicché nulla esclude che, ove l'imminen
za del grave pregiudizio sia particolarmente accentuata, possa
svolgersi secondo cadenze in rapidissima successione. All'esito
di tale procedimento il presidente del consiglio può emettere
l'ordinanza di precettazione, che esprime un eccezionale potere
pubblico di conformazione delle condotte di soggetti pubblici e privati al fine di tutela di diritti costituzionalmente garantiti della persona.
4. - Il procedimento, disegnato nei primi due commi dell'art.
8, costituisce poi, nelle sue varie fasi, uno sviluppo unitario, senza che sia possibile alcuna censura tra il 1 ° ed il 2° comma, il cui incipit («Qualora la situazione permanga») si raccorda
testualmente al comma precedente, implicando infatti un inter
vallo temporale, in cui hanno avuto corso le tre fasi disegnate dal 1° comma, al termine del quale deve essere nuovamente
operata la verifica del presupposto sostanziale rappresentato —
come già rilevato — dal pregiudizio grave ed imminente per i diritti della persona costituzionalmente garantiti.
Deve quindi escludersi una lettura del 2° comma disarticolata e sganciata dal 1° comma, nel senso che — del tutto prescin dendo dalle prescrizioni dettate da quest'ultimo — sarebbe co
munque sufficiente la verifica dell'esistenza del pregiudizio sud
detto per poter emettere l'ordinanza di precettazione. Una tale lettura riduttiva — che porta l'avvocatura di Stato a ritenere, sulla scorta di una pronuncia della magistratura amministrativa
(Tar Lazio 4 maggio 1992, n. 588, id., 1993, III, 183), che le
fasi dell'invito a desistere, della conciliazione e dell'invito a ri
spettare la proposta eventualmente formulata dalla commissio
ne di garanzia non costituiscano momenti necessariamente for mali — non solo renderebbe sostanzialmente facoltativo (e for se inutile) il procedimento di cui al 1° comma; ma soprattutto — se si considera che nel 2° comma la previa audizione delle
parti sociali è prevista solo «ove possibile» e che il presidente della giunta regionale ed i sindaci competenti per territorio de vono essere sentiti soltanto in caso di conflitto di rilevanza lo cale (non verificandosi il quale, l'ordinanza potrebbe essere adot tata dall'esecutivo in assoluta autonomia) — arretrerebbe il tas so di garanzia dell'istituto ad un livello non tanto dissimile da
quello della disciplina previgente degli ordini di precettazione emessi ai sensi dell'art. 2 t.u.l.p.s. approvato con r.d. 18 giu gno 1931 n. 773 (nei limiti conseguenti alla dichiarazione di in
costituzionalità pronunciata da Corte cost. n. 26 del 1961, id., 1961, I, 888) o dell'art. 20 t.u.l. com. e prov. approvato con r.d. 3 marzo 1934 n. 383; mentre l'intento del legislatore è stato
quello di superare la prassi del ricorso alle ordinanze contingi bili ed urgenti (anche se legittimata da Corte cost. n. 4 del 1977, id., 1977, I, 276) e di approntare uno strumento di chiusura
che, seppur autoritativo, fosse maggiormente rispettoso dell'in tervenuto riconoscimento costituzionale del diritto di sciopero.
D'altra parte, tale radicale mutamento di prospettiva (che in
duce a leggere il 1° comma dell'art. 8 senza soluzione di conti nuità con il comma successivo) è testimoniato anche da Corte cost. n. 32 del 1991 (id., 1991, I, 1992) che — nel ritenere la
legittimità dell'assegnazione del potere di emettere l'ordinanza di precettazione (in caso di conflitti sindacali territorialmente
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
localizzati) al commissario del governo per la provincia di Bol
zano, anziché al presidente della giunta provinciale, al quale
gli art. 20 e 52 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige attribuiscono il potere di emettere i provvedimenti contingibili ed urgenti — ha chiarito che le disposizioni della 1. n. 146 del
1990, ed in particolare l'art. 8, «non si prefiggono di disciplina re il potere di ordinanza contingibile ed urgente»; ma sono at
tributive di nuovi poteri «non inquadrabili quindi in quella no
zione» per il fatto di essere tipici e non straordinari. Sicché
la nuova disciplina — pur non comportando l'abrogazione in
parte qua della precedente — determina una preclusione legale ad utilizzare un provvedimento atipico (l'ordinanza contingibile ed urgente) per essere stato approntato un provvedimento tipi
co, qual è l'ordinanza ex art. 8 cit., sempre che tale strumento
per essere necessariamente procedimentalizzato, risulti concre
tamente esperibile (come, di norma, nel caso di proclamazione di un'astensione collettiva dal lavoro che rispetti almeno la con
dizione minima di legittimità dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, quale è la prescrizione del preavviso minimo, posta dall'art. 2, 7° comma, 1. n. 146 del 1990) per fronteggiare la
situazione di pericolo di pregiudizio grave ed immanente ai di
ritti della persona costituzionalmente garantiti. Il collegamento però (tra il 1° e il 2° comma dell'art. 8) è
meramente procedimentale nel senso che la fase del 2° comma
presuppone indefettibilmente, ma anche unicamente, l'espleta mento di quella del 1° comma. Ciò svela anche il preminente rilievo del procedimento come momento di garanzia in sé per ché l'insorgenza del potere di ordinanza prescinde dall'esito del
le singole fasi; sicché, ove anche le parti sociali si siano in ipo tesi attenute alla proposta formulata dell'Autorità garante, non
può escludersi che sia non di meno positiva la verifica della
«permanenza» della situazione di pericolo e che quindi legitti mamente possa essere emessa l'ordinanza di precettazione (che
però non potrà non essere motivata anche in ordine alla ritenu
ta inidoneità della proposta della commissione a rimuovere il
pregiudizio suddetto).
Significativamente il rilievo preminente della garanzia proce dimentale è evidenziato da Corte cost. n. 57 del 1995 (id., 1995,
I, 2407), che ha affermato che «l'esercizio del diritto di sciope ro nel settore dei servizi pubblici essenziali è assoggettato, dalla
1. n. 146 del 1990, ad una disciplina di marcata connotazione
procedimentale che . . . [muove] dalla fissazione dei requisiti minimi delle prestazioni indispensabili e . . . [determina] poi la
sequela degli atti strumentalmente necessari per pervenire alla
fase di astensione dall'attività lavorativa . . .».
5. - Identificato quindi il presupposto procedimentale come
complessivamente posto dai primi due commi dell'art. 8, deve
ora più in dettaglio verificarsi la modulazione della sequenza di atti che precedono l'emissione dell'ordinanza di precettazione.
Può innanzi tutto rilevarsi che il procedimento persegue una
duplice finalità: quello di inserire un momento di raffredda
mento e di sollecitazione alla composizione del conflitto (ed a
ciò sono finalizzati l'invito a desistere ed il tentativo di concilia
zione) e quello di coinvolgere un soggetto terzo, in posizione di garanzia e di indipendenza, quale appunto è la commissione
di garanzia.
Questo secondo momento rappresenta la novità più significa tiva dell'istituto, anche se nel suo assetto risente del carattere
di soluzione intermedia che ha la formulazione della disposizio ne. Ed infatti, una volta accolta l'idea, accentuatamente inno
vatrice, di istituire un'autorità amministrativa indipendente, quale la commissione di garanzia, espressamente finalizzata a valuta
re l'idoneità delle misure volte ad assicurare il contemperamen to dell'esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei di
ritti della persona costituzionalmente tutelati, il legislatore non
ha spinto il disegno riformatore fino all'estrema conseguenza di assegnare alla commissione stessa il potere di precettazione, risultando all'evidenza che l'esercizio di questo potere implica un impatto sociale che può essere anche molto incisivo, soprat tutto nei conflitti di livello nazionale, e che può anche dilatarsi
fino ad attingere il livello di opposizione all'indirizzo politico
dell'esecutivo, sicché l'imputazione del provvedimento diretta
mente all'Autorità di garanzia avrebbe rischiato di comportare una sovraesposizione di quest'ultima, incompatibile con la sua
posizione di terzietà.
Il legislatore quindi ha adottato una soluzione intermedia pre
vedendo, nella fase procedimentale che può sfociare nell'ordi
II Foro Italiano — 1997.
nanza di precettazione, che sia il presidente del consiglio ad
invitare le parti sociali ad attenersi al rispetto della proposta «eventualmente formulata» dalla commissione di garanzia ai sensi
dell'art. 13, lett. a). Pur apparendo perplessa la dizione letterale della disposizio
ne, è però maggiormente coerente con l'impianto delle garanzie
procedimentali in esame ritenere che la connotazione di «even
tualità» sia riferita — così com'è testualmente — alla sola for
mulazione della proposta e non già alla necessità che vi sia un
passaggio procedimentale in cui tale proposta possa collocarsi.
Occorre quindi che il presidente del consiglio richieda alla com
missione di garanzia tale proposta, che può essere sia quella in ipotesi già formulata per essere stata la commissione stessa
già attivata in proposito dalle parti sociali od essersi attivata
ex officio, sia quella che, in mancanza di precedenti iniziative
di altri o della commissione stessa, quest'ultima è comunque facoltizzata (ma non obbligata) a rendere una volta compulsata nel procedimento.
5.1. - A tale convincimento conduce l'interpretazione della
disposizione in esame, orientata dalla finalità che la stessa
persegue. Mette conto innanzi tutto rilevare che il richiamo dell'art.
8 all'art. 13, lett. a), vale a chiarire il possibile contenuto della
proposta ed il subprocedimento per la sua formulazione. Il pre
supposto dell'intervento propositivo della commissione è costi
tuito dalla valutazione di inidoneità delle prestazioni essenziali
individuate ai sensi dell'art. 2. In tale evenienza la commissione
sottopone alle parti una proposta sull'insieme delle prestazioni da considerarsi indispensabili. In caso di perdurante mancato
accordo tra le parti sulle prestazioni medesime e di esito negati vo di un tentativo di conciliazione, la commissione formula la
sua proposta (il prosieguo del subprocedimento previsto dal
l'art. 13, lett. a, non rileva più — perché non richiamato dal
l'art. 8 — ai fini del procedimento che conduce all'ordinanza
di precettazione, sicché non occorre attendere né che le parti si pronuncino in ordine alla proposta, né l'emanazione del lodo
eventualmente richiesto sul merito del conflitto). È poi il presi dente del consiglio che, invitando le parti ad attenersi alla pro
posta della commissione, conferisce a quest'ultima una sostan
ziale forza compulsiva, nel senso che la mancata ottemperanza al contenuto della proposta spiana la strada all'esercizio del po tere di ordinanza e quindi all'emanazione di un atto autoritati
vo nel conflitto sindacale non altrimenti composto. 5.2. - Ciò getta luce sull'avverbio «eventualmente» che appa
re nel 1° comma dell'art. 8. La commissione può ritenere che
l'astensione collettiva, per le modalità con cui è prevista che
si attui, non ponga affatto in pericolo i diritti della persona vuoi perché risultano già sufficientemente assicurate le presta zioni indispensabili, vuoi perché in concreto non sono indivi
duabili prestazioni indispensabili tali da far insorgere siffatto
pericolo, se non effettuate. In tale evenienza la commissione
non formula alcuna proposta. Nel caso opposto invece, ove la
commissione ritenga che manchi il contemperamento richiesto
e che quindi l'astensione collettiva rischi di compromettere (ille
gittimamente) i diritti della persona costituzionalmente garanti ti, formula una proposta alle parti sociali per evitare tale rischio.
Quindi, l'eventualità della proposta della commissione, alla
quale fa riferimento l'art. 8, sta appunto in ciò: nella possibili
tà, o meno, che la commissione ritenga che ci sia materia per avanzare una proposta; non risiede invece nella possibilità, o
meno, che la commissione sia compulsata dal presidente del con
siglio, al quale altrimenti risulterebbe rimessa, con valutazione
del tutto discrezionale, la determinazione di inserire, o meno, nel procedimento il momento di terzietà rappresentato dalla va
lutazione della commissione.
Ma sarebbe intimamente contraddittorio che l'Autorità ga rante possa rimanere del tutto estranea nel momento più critico
di applicazione della legge che è quello dell'interdizione dell'a
stensione collettiva ad opera del potere pubblico esercitato al
massimo livello di responsabilità politica. Come affermato dal
la Corte costituzionale (sent. n. 32 del 1991) la commissione
di garanzia «... si inserisce nella dialettica del conflitto tra da
tore di lavoro e le forze sindacali per verificare l'esatta applica zione della legge regolatrice del diritto di sciopero» nel settore
dei servizi pubblici essenziali. D'altra parte, seppur con riferi
mento alla diversa ipotesi del procedimento di irrogazione della
sanzione dell'esclusione dalle trattative, applicabile alle organiz
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3135 PARTE PRIMA 3136
zazioni sindacali che proclamino o aderiscano ad uno sciopero in violazione dell'art. 2 1. n. 146 del 1990, Corte cost. n. 57 del 1995 ha affermato che «la segnalazione della commissione
si impone come necessario presupposto dell'azione sanzio
natoria».
Parimenti, la medesima pronuncia poi, nel dichiarare l'illegit timità costituzionale dell'art. 4, 2° comma, 1. n. 146 del 1990
nella parte in cui non prevede che la sospensione dei benefici
di ordine patrimoniale ivi previsti avvenga su indicazione della
commissione di garanzia, ha rimarcato che la fase innanzi a
quest'ultima appartiene ad un «momento procedimentale che
risponde . . . alla stessa ratio legis, in quanto idoneo a scongiu rare un possibile conflitto e ad appagare quella finalità propria della 1. n. 146 del 1990, che affida alla responsabilità delle parti sociali, in un definito quadro procedurale, la tutela delle situa
zioni costituzionalmente garantite, in ragione delle quali soltan
to può essere limitato l'esercizio del diritto di sciopero».
Emerge quindi la centralità del ruolo della commissione di
garanzia che risulterebbe contraddittoriamente svalutato se si
predicasse la mera eventualità del coinvolgimento della stessa
nel procedimento finalizzato a realizzare un esercizio sorveglia to del potere di precettazione.
Né è superfluo notare infine come l'innesto dell'autorità ga rante nel procedimento in esame avviene nel rispetto della posi zione sia di terzietà di quest'ultima, sia di autonomia dell'ese
cutivo, atteso che da una parte la commissione di garanzia non
è obbligata a formulare la sua proposta (non essendo un orga no consultivo), d'altra parte l'eventuale ottemperanza delle par ti al contenuto di tale proposta non impedisce l'esercizio del
potere di ordinanza ove «la situazione [di pericolo] permanga», né — in caso viceversa di inottemperanza — il contenuto del l'ordinanza di precettazione deve pedissequamente ripetere quello della proposta della commissione, anche se può considerarsi re siduale ed eccezionale l'ipotesi della divergenza tra il contenuto dell'ordinanza e quello della proposta della commissione.
6. - Il mancato rispetto del procedimento, come finora de
scritto, inficia la legittimità stessa dell'ordinanza di precettazio ne perché rappresenta una inottemperanza alle prescrizioni con
tenute nell'art. 8 e quindi una violazione di legge che in genera le costituisce vizio dell'atto amministrativo, qual è l'ordinanza di precettazione. Questa infatti — pur rientrando nella catego ria delle c.d. ordinanze libere — costituisce un atto amministra tivo generale, che però non si inserisce nel sistema delle fonti
(primarie e subprimarie), disegnato esclusivamente da norme di
rango costituzionale, ed è quindi inidonea ad innovare il diritto
oggettivo (non meno delle ordinanze contingibili ed urgenti co me riconosciuto da Corte cost. n. 4 del 1977). Come atto ammi nistrativo l'ordinanza di precettazione è soggetta ai controlli giu risdizionali esperibili nei confronti di tutti gli atti amministrativi
(cfr. ancora Corte cost. n. 4 del 1977) e per tutti i vizi denun
ciagli, tra cui innanzi tutto la violazione di legge. Non può pretermettersi d'altra parte di considerare che la
connotazione di eccezionalità e residualità dell'ordinanza di pre cettazione — in quanto opera in funzione limitativa di un dirit to costituzionalmente garantito (quale il diritto di sciopero) —
induce ad interpretare con rigore i presupposti di legge per la sua emissione sì da ritenere come condizionante la legittimità del provvedimento non solo quello sostanziale, ma anche quello procedimentale. L'ordinanza di precettazione si appalesa infatti essere una extrema ratio, come si desume indirettamente anche dalla prescrizione del 3° comma dell'art. 8 cit., che ne prescrive l'efficacia necessariamente limitata nel tempo. La stessa previ sione (ad opera della medesima disposizione) della possibilità che il provvedimento si limiti ad ordinare il mero differimento dello sciopero mostra altresì il carattere residuale di questo po tere di ordinanza, che deve sempre essere esercitato in modo
proporzionato al fine perseguito. D'altra parte l'art. 10 1. n. 146 del 1990 accorda al giudice amministrativo, già in sede cau
telare, il potere di apprezzare anche la mera proporzionalità del provvedimento alle finalità perseguite con facoltà di sospen dere l'esecutività dell'ordinanza limitatamente alla parte che ec cede l'esigenza di salvaguardia di cui all'art. 8, 1° comma, cit.
L'affermato concorso dei due presupposti al medesimo livel lo di incidenza sul provvedimento si giustifica anche conside rando l'accentuata ampiezza del presupposto sostanziale, non dissimile in fondo da quello che legittima le ordinanze contingi bili ed urgenti, alle quali in passato si è fatto ricorso per emet
II Foro Italiano — 1997.
tere l'ordine di precettazione; tale ampiezza (che significa anche
maggiore discrezionalità nell'identificazione delle situzioni che
legittimano l'adozione del provvedimento) è compensata e ridi
mensionata, in funzione di garanzia dei soggetti destinatari del
provvedimento autoritativo, da una più puntuale definizione del
presupposto procedimentale che vale a scandire i necessari pas saggi di una determinazione che incide notevolmente nel diffici le rapporto tra libertà individuale (ed il diritto di sciopero ha
carattere individuale, pur essendo esercitato collettivamente) e
pubblici poteri di conformazione delle condotte dei singoli. Sic
ché, può anche dirsi che è proprio il concorso del presupposto
procedimentale con quello sostanziale ad assicurare una più pie na compatibilità dell'art. 8 con l'art. 40 Cost., posto che la
limitazione del diritto di sciopero può avvenire con legge e quindi è la legge che ne definisce i presupposti. D'altra parte, trattan dosi di una prestazione imposta, soccorre anche la riserva di
legge di cui all'art. 23 Cost.
Peraltro — come già rilevato — il legislatore ha inteso supe rare il regime precedente delle ordinanze contingibili ed urgenti, per il carattere eccessivamente discrezionale di tale potere, sic ché sarebbe contraddittorio con la ratio legis svalutare il mo mento procedimentale, che rappresenta il novum caratterizzan te dell'istituto, a vantaggio di un presupposto sostanziale che di per sé solo — come già rilevato — non si discosta molto dal precedente regime.
In conclusione, può quindi affermarsi che costituisce presup posto indefettibile, condizionante la legittimità dell'ordinanza di precettazione, l'osservanza delle regole procedimentali sopra esaminate ed in particolare — in ragione di quanto specifica mente argomentato in ordine al necessario coinvolgimento della
commissione di garanzia — occorre il previo invito del presi dente del consiglio alla commissione medesima di formulare la
proposta di cui all'art. 13, lett. a), cit. 7. - Passando ora, sulla base degli affermati principi di dirit
to, alla verifica della legittimità della specifica ordinanza di pre cettazione, oggetto dell'impugnazione, e pretermettendo ogni va lutazione quanto alla sussistenza del presupposto sostanziale, in ordine al quale la difesa delle ricorrenti non muove censura
alcuna, può rilevarsi che quanto finora esposto porta a disat
tendere la tesi dell'avvocatura di Stato che ritiene che le fasi dell'invito a desistere, del tentativo di conciliazione e dell'invito a rispettare la proposta eventualmente formulata dalla commis sione di garanzia non costituiscano momenti necessariamente formali e quindi non condizionino la legittimità dell'ordinanza di precettazione.
Nella diversa prospettiva (alla quale conduce la ricostruzione
sopra fatta dell'istituto) dell'idoneità del rispetto delle regole procedimentali a condizionare la legittimità dell'ordinanza di
precettazione, sostiene ancora l'avvocatura che comunque nella
specie il ministro della funzione pubblica, in ragione della dele
ga di funzioni conferitagli dal presidente del consiglio dei mini stri con decreto 3 maggio 1991, ha emesso, a seguito di richiesta del ministro della pubblica istruzione del 27 maggio 1992, l'or dinanza 2 giugno 1992 dopo aver rispettato la procedura previ sta dall'art. 8 perché, con telefax del 29 maggio 1992, il mini stro medesimo aveva rivolto ai promotori delle azioni di sciope ro, rituale «invito a desistere» dai comportamenti determinanti la situazione di pericolo. Nonostante tale formale invito a desi stere — ha ulteriormente dedotto in fatto l'avvocatura — non essendo cessata l'agitazione programmata o in atto e rimanendo immutata la situazione di pericolo, era stata adottata l'ordinan za di precettazione.
Risulta quindi implicitamente ammesso dalla stessa parte re sistente che dopo l'invito a desistere, che apre il procedimento che può sfociare nell'ordinanza di precettazione, il ministro per la funzione pubblica non ha percorso le ulteriori due tappe pre scritte dall'art. 8, omettendo si svolgere il tentativo di concilia zione e soprattutto omettendo di richiedere alla commissione di garanzia la proposta da indicare alle parti sociali perché vi si attenessero per scongiurare l'estremo rimedio dell'ordinanza di precettazione.
Quanto ammesso dall'avvocatura di Stato risulta del resto dallo stesso preambolo dell'ordinanza in questione che — dopo aver menzionato l'invito a desistere — attesta che l'urgenza di prov vedere impediva ulteriori tentativi di conciliazione del conflitto
insorto, senza nulla dire in ordine al mancato interpello della commissione di garanzia.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
8. - Per completezza mette poi conto ricordare — ancorché
non richiamate dall'avvocatura, ma comunque menzionate nel
le premesse dell'ordinanza suddetta — le deliberazioni del 10
ottobre 1991 e del 28 maggio 1992 della commissione di garan zia. La prima è ininfluente perché riguarda l'idoneità del citato
protocollo d'intesa del 25 luglio 1991, che — come rilevato —
non condiziona (né assicura di per sé sola) la legittimità dell'or
dinanza di precettazione. Con la seconda deliberazione, mag
giormente prossima nel tempo all'ordinanza in questione, la com
missione ha valutato negativamente le azioni di sciopero che
coinvolgevano il regolare svolgimento degli scrutini, peraltro ri
chiamando il protocollo d'intesa suddetto. Si tratta però di una
delibera che precede l'inizio del (e quindi è fuori dal) procedi mento per l'emissione dell'ordinanza di precettazione e che non
può esonerare dalla richiesta della proposta della commissione.
La valutazione di quest'ultima incide infatti sul presupposto so
stanziale dell'ordinanza in questione (che non è contestato dalle
ricorrenti), nel senso che conforta il convincimento che quella determinata astensione collettiva dagli scrutini finali, per le mo
dalità con cui era programmata, effettivamente poneva a ri
schio diritti della persona costituzionalmente garantiti. Ma non
incide sul presupposto procedimentale nel senso che è mancata
l'investitura della commissione di garanzia per l'ulteriore (e di
versa) valutazione in ordine alla possibilità di identificare una
proposta che, indicata poi dal ministro alle parti perché vi si
attenessero, consentisse di rimuovere il pericolo del pregiudizio
grave ed imminente, poi posto a fondamento dell'ordinanza di
precettazione. 9. - L'illegittimità dell'ordinanza di precettazione, per la ra
gione sopra esposta, può essere accertata incidenter tantum in
forza del generale disposto dell'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, che, stante la diversità dell'ambito e della portata, è pie namente compatibile con l'accertamento in via principale da parte del giudice amministrativo che può essere adito con ricorso ex
art. 10 della medesima 1. n. 146 del 1990.
Conseguentemente, potendo decidersi nel merito dell'impu
gnazione proposta dalle ricorrenti, si ha che, una volta disappli cata l'ordinanza medesima, il provvedimento di irrogazione di
sanzioni alle ricorrenti per non aver partecipato agli scrutini
finali risulta essere illegittimo e pertanto l'opposizione va accolta.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 10 ot
tobre 1997, n. 9859; Pres. V. Sgroi, Est. A. Finocchiaro,
P.M. Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Tomasello (Aw.
Furnari) c. Consorzio acquedotto etneo. Cassa App. Cata
nia 21 luglio 1994.
Impugnazioni civili in genere — Notificazione a più parti —
Consegna di unica copia — Nullità — Sanatoria (Cod. proc.
civ., art. 156, 161, 170, 285, 291, 330).
Poiché la notificazione dell'atto di impugnazione a più parti
presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di
una sola copia o di un numero inferiore di copie rispetto alle
parti cui l'atto è destinato, non è inesistente, ma nulla, il re
lativo vizio può essere sanato con efficacia ex tunc, o con
la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l'impugnazione è diretta, o con la rinnovazione della notificazione da esegui
re in un termine perentorio assegnato dal giudice, con la con
segna di un numero di copie pari a quello dei destinatari,
tenuto conto di quella o di quelle già consegnate. (1)
(1) Le sezioni unite sono chiamate a comporre il contrasto di giuris
prudenza verificatosi nell'ambito delle sezioni semplici sulle conseguen ze derivanti dalla notificazione dell'atto di impugnazione a più parti,
rappresentate e difese da un unico procuratore, mediante consegna di
Il Foro Italiano — 1997.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 23 ottobre 1982 Vincenzina Tomasello conveniva innanzi al
Tribunale di Catania il Consorzio Acquedotto Etneo, propo nendo opposizione contro il decreto ingiuntivo per la somma
di lire 10.302.000, oltre interessi e spese, il cui pagamento le
era richiesto in corrispettivo di fornitura di acqua. L'opponente
eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva — assumen
do che il locale cui si riferiva l'utenza era stato da lei ceduto
in locazione ad Arturo Ghioni e altri — e contestava nel merito
la pretesa, sostenendo che vi era un difettoso funzionamento
del contatore.
una sola copia (o comunque di un numero di copie inferiore a quello dei destinatari).
Invero, giurisprudenza costante — che trae le proprie mosse da Cass., sez. un., 16 agosto 1948, n. 1483, Foro it., Rep. 1948, voce Cassazione civile, nn. 210, 211 (indicata nella sentenza in epigrafe come 29 gennaio 1948, n. 136, e che leggesi id., 1948, I, 812, con richiami, ma che, oltre a provenire dalla sezione I civile, ravvisa nella fattispecie «non
nullità, ma irregolarità sanabile con la comparizione degli intimati»; nel senso, viceversa, della inesistenza, v. Cass. 31 luglio 1947, n. 1300, ibid., 767, con richiami) e da Cass. 12 gennaio 1950, n. 84, id., 1950, I, 1042, con richiami, citata in motivazione — ritiene, in tale fattispe cie, la notificazione giuridicamente inesistente e non solo affetta da nul
lità, per l'incertezza assoluta circa l'identità della parte cui l'atto è diretto. Il costante orientamento esclude, in forza di tale inesistenza, sia la
sanatoria costituita dalla rinnovazione della notificazione ex art. 291
c.p.c., sia il ricorso all'integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., ed attribuisce efficacia esclusivamente ex nunc, al fine della tempestivi tà dell'impugnazione, alla costituzione in giudizio dei convenuti (ex plu rimis, Cass. 23 febbraio 1987, n. 1907, id., Rep. 1987, voce Impugna zioni civili, n. 76; 29 gennaio 1990, n. 578, id., Rep. 1990, voce cit., n. 65; 26 febbraio 1990, n. 1440, ibid., n. 19; 29 gennaio 1993, n.
1129, id., Rep. 1993, voce cit., n. 56; 4 giugno 1993, n. 6276, id., 1993, I, 2468, con nota di G. Costantino ; 15 novembre 1993, n. 11243, id., Rep. 1993, voce Impugnazioni civili, n. 58; 6 maggio 1994, n. 4436, id., Rep. 1994, voce cit., n. 70; 29 aprile 1995, n. 4757, id., Rep. 1995, voce cit., n. 88; 28 settembre 1996, n. 8564, id., Rep. 1996, voce cit., n. 58; nello stesso senso, con espresso riferimento alla sanatoria esclusi vamente ex nunc, Cass. 12 febbraio 1982, n. 862, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 92; 24 ottobre 1983, n. 6260, id., Rep. 1983, voce cit., n. 91; 22 gennaio 1987, n. 563, id., Rep. 1987, voce cit., n. 74; 29 settembre
1993, n. 9767, id., Rep. 1993, voce cit., n. 57; 11 marzo 1994, n. 2371, id., Rep. 1994, voce cit., n. 69; 15 febbraio 1995, n. 1614, id., Rep. 1995, voce cit., n. 87; 13 maggio 1996, n. 4451, id., Rep. 1996, voce
cit., n. 57, tutte citate in motivazione); sempre nello stesso senso, Cass. 24 luglio 1989, n. 3490, id., 1989, I, 3273, con nota di C.M. Barone, ove tra l'altro riepilogo delle rare ipotesi ove il principio subiva deroga
(e la notifica dell'atto di impugnazione mediante consegna di una sola
copia veniva dal Supremo collegio ritenuta valida ed efficace; sul punto
specifico, v., in ultimo, Cass. 7 novembre 1996, n. 9726, id., 1997,
I, 2220, con richiami), ed ove in motivazione richiamate ulteriori pro nunce conformi.
Tale costante orientamento, che aveva trovato rara smentita, per la
giurisprudenza di merito, con Trib. Firenze 30 giugno 1981, id., 1981,
I, 2555, con ampia nota di richiami, ove ulteriori riferimenti giurispru denziali cui si rimanda, e App. Milano 4 maggio 1993, id., 1993, I,
1982, con richiami, nonché, per la Corte di cassazione, in Cass., 12
ottobre 1984, n. 5114, id., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza (con troversie), n. 387, e Giust. civ., 1985, I, 791, è stato di recente avversa to da Cass. 29 luglio 1995, n. 8372, Foro it., Rep. 1995, voce Notifica zione civile, n. 59 (entrambe le pronunce della corte sono ricordate in
motivazione dalle sezioni unite): per le sentenze in ultimo citate, il vizio
in questione configura non inesistenza della notificazione (ravvisabile solo quando manchi del tutto o sia effettuata in modo assolutamente non previsto dal codice di rito), ma nullità della stessa, sanabile ex
tunc ove i convenuti si siano costituiti. Con la pronuncia odierna, le sezioni unite ritengono di dover privile
giare quest'ultimo indirizzo. In motivazione, viene ribadita la non conformità alla legge della noti
ficazione dell'atto di impugnazione in unica copia al procuratore costi
tuito per più parti per l'inapplicabilità nella fattispecie dell'art. 170, 2° comma, c.p.c. che si riferisce solo alle notificazioni e comunicazioni
che avvengono nel corso del procedimento, senza possibilità di estensio
ne del campo applicativo della norma alla notifica dell'impugnazione,
giusta la rubrica dell'articolo medesimo, e giusta quanto prevede l'art.
285 c.p.c. in tema di notificazione della sentenza, che richiama solo
i commi 1 e 3 dell'art. 170 c.p.c., nonché per l'impossibilità di qualifi care il procuratore come destinatario dell'atto e non come consegnata rio per la diversa formulazione dell'art. 170, 1° comma, rispetto a quel la dell'art. 330, 1° comma, c.p.c.
Tale difformità viene però dalle sezioni unite fatta rientrare nell'al
veo della nullità e non in quello dell'inesistenza; il Supremo collegio
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