+ All Categories
Home > Documents > sezione lavoro; sentenza 7 febbraio 1996, n. 977; Pres. Buccarelli, Est. Signani, P.M. Martone...

sezione lavoro; sentenza 7 febbraio 1996, n. 977; Pres. Buccarelli, Est. Signani, P.M. Martone...

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: duongtuyen
View: 216 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
4
sezione lavoro; sentenza 7 febbraio 1996, n. 977; Pres. Buccarelli, Est. Signani, P.M. Martone (concl. conf.); Prati e Zuffa (Avv. Assennato) c. Inpdap (Avv. Bova). Cassa Trib. Bologna 20 gennaio 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1261/1262-1265/1266 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190288 . Accessed: 28/06/2014 13:46 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

sezione lavoro; sentenza 7 febbraio 1996, n. 977; Pres. Buccarelli, Est. Signani, P.M. Martone(concl. conf.); Prati e Zuffa (Avv. Assennato) c. Inpdap (Avv. Bova). Cassa Trib. Bologna 20gennaio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1261/1262-1265/1266Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190288 .

Accessed: 28/06/2014 13:46

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zionale ai nuovi valori emergenti della personalità in correlazio

ne anche all'obiettivo primario di tutela del «pieno sviluppo della persona umana», di cui al successivo art. 3, cpv.

Per cui la concreta disciplina positiva del diritto in esame

effettivamente può mutuarsi dalle disposizioni codicistiche e dalle

disposizioni sul diritto di autore, in apertura richiamate: appli cabili in via diretta — e non analogica — proprio per l'interpre tazione evolutiva ed adeguatrice, di quelle norme che gli indica

ti precetti costituzionali consentono e, anzi, impongono. 4. - La riconosciuta base e garanzia costituzionale del diritto

alla identità personale va però incontro a limiti, di pari rango

primario, che derivano dalla peculiare natura «antagonista» del diritto medesimo, al suo dover coesistere, cioè, nell'ordinamen

to, con diritti contenutisticamente di segno inverso, pure essi

fondamentali e costituzionalizzati.

Si riflette infatti nella dialettica che viene ad instaurarsi tra

il diritto alla identità personale ed i contrapposti diritti di criti ca di cronaca e di creazione artistica (a loro volta riconducibili

alla comune matrice costituzionale dell'art. 21) quel fenomeno

di confliggenza di interessi, di cui la casistica è ricchissima (si pensi alla libertà sindacale confliggente con la libertà di impre

sa; al diritto alla salute confliggente con l'interesse della produ

zione, ecc.) e che trova soluzione attraverso il contemperamen to e l'equo bilanciamento delle libertà antagoniste, per modo che la tutela dell'una non sia esclusiva di quella dell'altra.

5. - Nel conflitto, in particolare, che qui ne interessa un tale

bilanciamento degli opposti valori costituzionali si risolve nel

riconoscimento della libera esplicabilità del diritto di cronaca

e nella sua prevalenza sul diritto alla identità personale ove ri

corra la triplice condizione: a) della utilità sociale della notizia;

b) della verità dei fatti divulgati; c) della forma civile della espo sizione dei fatti e della loro valutazione, non eccedente rispetto allo scopo informativo ed improntata a serena obiettività, con

esclusione di ogni preconcetto intento denigratorio (cfr. già Cass.

1984 n. 5259, id., 1984, I, 2711). Prevalendo altrimenti — in difetto di alcuna di tali condizio

ni — la garanzia della identità personale: intesa, peraltro, tale

«identità» non in senso soggettivo, come opinione cioè che il

soggetto abbia del «proprio io», bensì' in senso oggettivo, in

riferimento appunto alla «identità» dell'individuo che, nella realtà

sociale generale o particolare, è percepita e conosciuta o poteva essere conosciuta con l'applicazione dei criteri della normale di

ligenza o della buona fede soggettiva. 6. - Ora appunto — secondo i ricorrenti — per un verso sa

rebbe mancato, nel filmato in questione, alcun apprezzabile in

teresse sociale alla cognizione dei fatti privati in esso divulgati

e, per altro verso, innegabile ne sarebbe stato l'intento (o co

munque il risultato) denigratorio e deformante della identità di

essi protagonisti: essendo stato, in particolare, il Tabocchini de

scritto come individuo incolto, impacciato, attaccato ai suoi averi

ed al denaro, e la moglie riduttivamente rappresentata come

donna unicamente intenta a riporre oggetti negli scaffali.

E sarebbe proprio la mancata rilevazione di questi elementi

e presupposti — risolutivi del conflitto in favore del diritto alla

identità degli attori e deponenti per la fondatezza della correla

tiva domanda di tutela — che vizierebbe la sentenza impugnata. Ma la censura, cosi formulata, come già si é anticipato, non

coglie nel segno: né sul piano della violazione di legge, perché la corte di Roma ha avuto sostanzialmente presente ed ha argo

mentato, comunque, in sintonia con il quadro di principi in

nanzi delineato; né nella prospettiva del vizio di motivazione,

ex art. 360, n. 5, sui punti in questione. Per un verso non hanno mancato, infatti, quei giudici di veri

ficare l'esistenza di un attuale interesse sociale del filmato (già dal tribunale, del resto, riconosciuto),{>er il carattere emblema

tico che la vicenda assume nella rappresentazione di un partico lare periodo storico segnato, nella comune memoria, da una

diffusa violenza ed attitudine aggressiva, che appunto l'opera vede del pari manifestate sia nel comportamento dell'aggressore che in quello stesso (lo Scherzo «violento») della vittima.

E, per altro verso, ben articolata, diffusa e coerente (per cui

resiste al vaglio di legittimità) è la motivazione in ordine all'e scluso carattere denigratorio o deformante della descrizione del

la personalità degli attori.

Avendo invero, al riguardo, il collegio di appello puntual

mente, tra l'altro, osservato che «tutti i fatti narrati sono veri»;

che fu, in effetti, lo stesso Tabocchini a presentarsi alla stampa

Il Foro Italiano — 1996.

come uomo di scarsa cultura, per non aver potuto egli studiare,

pressato dalla necessità di guadagnare; che egli non poteva poi dolersi della raffigurazione di un suo comportamento «impac ciato» nei momenti susseguenti alla tragedia, poiché sarebbe stato

altrimenti per lui ben più negativa l'inversa manifestazione di

un atteggiamento di freddezza o cinismo nella circostanza; che «l'attaccamento al denaro», che il filmato suggeriva come dato

nel suo carattere, oltre ad inquadrarsi in una più ampia critica

di costume si ricollegava comunque ad obiettivi e reali compor tamenti pregressi del Tabocchini, che già altra volta aveva feri

to gravemente un rapinatore e, in una ulteriore occasione, ave

va fatto ricorso alle armi per evitare uno scippo alla moglie; che, infine, neppure l'attrice poteva seriamente lamentarsi di

essere stata rappresentata nell'atto di riporre oggetti negli scaf

fali per essere questo un «gesto connaturale all'attività svolta

nel negozio» e per nulla trasfigurante della sua personalità. 7. - L'impugnazione va pertanto integralmente respinta.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 febbraio

1996, n. 977; Pres. Buccarelli, Est. Signani, P.M. Marto

ne (conci, conf.); Prati e Zuffa (Avv. Assennato) c. Inpdap

(Avv. Bova). Cassa Trib. Bologna 20 gennaio 1993.

Impiegato degli enti locali — Trattamento di buonuscita — Scelta

della prestazione più favorevole — Termine quinquennale di

prescrizione — Decorrenza (Cod. civ., art. 2935, 2948; 1. 11

agosto 1973 n. 533, disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di

assistenza obbligatorie, art. 7; 1. 14 giugno 1974 n. 303, trat

tamento di previdenza, di quiescenza e di assistenza contro

le malattie del personale delle istituzioni sanitarie dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, della Croce rossa

italiana e dell'Istituto superiore di odontoiatria, costituite in

enti ospedalieri, art. 1,' 3).

Per il personale degli enti contemplati dall'art. 1 l. n. 303 del

1974, il termine quinquennale per la prescrizione del diritto di scelta del trattamento di buonuscita più favorevole, previ sto dal successivo art. 3, decorre dal centoventunesimo gior no dopo il collocamento a riposo. (1)

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Come si legge nella motivazione, sono molteplici, invece, le pronunce

della Suprema corte che, a proposito di altri aspetti del trattamento di buonuscita dei dipendenti degli enti locali, hanno applicato il combi nato disposto degli art. 2935, 2948, n. 5, c.c. e 7 1. 533/73, norme tutte di ordine generale (ma l'ultima soltanto in tema di assistenza e

previdenza obbligatorie), facendo coincidere il dies a quo del termine

quinquennale di prescrizione con il verificarsi delle condizioni legali di

responsabilità dell'istituto previdenziale debitore. Si vedano, in particolare, Cass. 3 febbraio 1995, n. 1267, (Foro it.,

1995, I, 1176), con riguardo all'indennità premio di servizio — obbliga zione principale — e al credito accessorio da rivalutazione monetaria, nonché Cass. 28 maggio 1990, n. 4947 (id., 1991, 1, 175), e 30 gennaio 1990, n. 615 (id., 1990, I, 1544), relativamente agli interessi morato»

sulla medesima prestazione, alle cui note di richiami si rinvia.

Oggi lo stesso collaudato criterio toma buono per fissare le coordina te dell'esercizio, nei confronti dell'Inpdap (ente successore all'Inadel, la cui gestione commissariale avrebbe dovuto concludersi sin dal 31 mag

gio 1982 ai sensi della 1. 23 aprile 1981 n. 155 e del d.l. 26 novembre

1981 n. 681, convertito in 1. 27 gennaio 1982 n. 14), del diritto di scelta

tra l'indennità premio di servizio ex lege 151/68 e, ove esso sia più favorevole e l'interessato ne abbia fatto richiesta, il trattamento di buo

nuscita dell'ente di provenienza (con rivalsa, per la differenza, tra i due enti). Conviene sottolineare che il beneficio di tale alternativa spet ta esclusivamente al personale di cui all'art. 1 1. n. 303 del 1974, cioè

i dipendenti a rapporto di impiego e a rapporto di lavoro dell'Inps, dell'Inail, della Croce rossa italiana e dell'Istituto superiore di odon

toiatria «George Eastman». Nella parte non riportata, la sentenza in epigrafe ribadisce il consoli

This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

1263 PARTE PRIMA 1264

Svolgimento del processo. — Virginia Mongardi, Anna Ma

ria Sabbatani, Rosa Salamida, Ada Prati e Giuditta Zuffa, già

dipendenti di istituzione sanitaria soppressa, transitate alla Usi

n. 23 di Imola e collocate a riposo nell'anno 1983, con ricorso

al Pretore di Bologna chiedevano che l'Istituto nazionale assi

stenza dipendenti enti locali (Inadel) venisse condannato a rili

quidare in loro favore l'indennità premio di servizio, con paga mento della differenza tra quanto corrisposto al momento del

collocamento in quiescenza e quanto dovuto.

Le ricorrenti a sostegno della domanda precisavano di aver

optato, ai sensi dell'art. 3 1. 14 giugno 1974 n. 303, per il

trattamento calcolato secondo le norme dell'ente di provenien za sull'erroneo presupposto che tale trattamento fosse più fa

vorevole rispetto a quello derivante dalla normativa Inadel (aven do l'istituto erroneamente omesso di computare per intero l'in

dennità integrativa speciale nel calcolo dell'indennità premio di servizio).

L'Inadel costituendosi in giudizio chiedeva il rigetto delle do mande per prescrizione, e, comunque, nel merito perché in

fondate.

Il Pretore di Bologna, con sentenza 14 maggio-8 luglio 1991,

accoglieva le domande delle ricorrenti Virginia Mongardi, Anna

Maria Sabbatani e Rosa Salamida, condannando l'istituto a ri

liquidare in loro favore l'indennità premio di servizio secondo le norme applicabili all'Inadel; respingeva, invece, le domande

delle altre ricorrenti, Ada Prati e Giuditta Zuffa, per intervenu

ta prescrizione dei diritti dedotti in giudizio. Tale decisione veniva integralmente confermata dal Tribuna

le di Bologna, con sentenza del 2 dicembre 1992-20 gennaio 1993, su appello dell'Inadel e di Ada Prati e Giuditta Zuffa.

(Omìssis) Con riferimento all'appello proposto dalla Prati e dalla Zuf

fa per contestare l'affermata prescrizione del loro diritto alla

riliquidazione dell'indennità premio di servizio, il tribunale rile

vava che la prescrizione quinquennale nella materia in esame

decorre dal momento della cessazione del rapporto di lavoro, come affermato anche dal giudice di primo grado, precisando,

inoltre, che detta prescrizione poteva essere interrotta soltanto

dalle richieste effettuate per iscritto da parte delle interessate

all'ente previdenziale. (Omissis)

Propongono, altresì, ricorso per cassazione in via principale Ada Prati e Giuditta Zuffa, rimaste soccombenti nei giudizi di

merito, formulando un unico complesso motivo di censura, il

lustrato anche da una memoria.

Con riferimento a quest'ultimo ricorso (n. 555/94) l'Istituto

nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione

pubblica (Inpdap), quale ente successore dell'Inadel, ha deposi tato la procura speciale al difensore.

Motivi della decisione. — (Omissis). Va, quindi, esaminato il ricorso n. 555/94, con il quale Giuditta Zuffa e Ada Prati

denunciano la violazione e la falsa applicazione degli art. 2935 e 2948 c.c., dell'art. 7 1. 11 agosto 1973 n. 533, degli art. 1362

ss. c.c., nonché carente e contraddittoria motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), sostenendo che erroneamente il Tribunale di Bologna ha ritenuto che la prescrizione quinquennale, in re

lazione al diritto di scelta del trattamento più favorevole di cui

all'art. 3 1. 14 giugno 1974 n. 303, decorre «dalla cessazione

dato principio (generatore dell'odierna dipendente questione) secondo

cui, «mentre la mancata richiesta del trattamento più favorevole accor dato dall'ente di provenienza si risolve in un'implicita rinuncia di tale

trattamento, l'esercizio della richiesta prevista dalla legge non può ri solversi nella sostituzione del trattamento Inadel con altro meno favo

revole, essendo la corrispondente domanda da considerare inefficace

perché priva del contenuto legale tipico; con l'ulteriore conseguenza che, nel caso in cui all'interessato sia stato attribuito il trattamento dell'ente di provenienza in quanto ritenuto più favorevole ed esso sia poi risulta to invece meno favorevole, l'interessato medesimo può (con successiva domanda del trattamento Inadel) rettificare — entro il termine quin quennale di prescrizione — l'originaria richiesta, non essendo configu rabile acquiescenza per l'accettazione della somma inferiore precedente mente liquidatagli ed essendo esclusa l'applicabilità della disciplina co dicistica in tema di obbligazioni alternative o facoltative o sull'opzione» (cfr., fra le altre, Cass. 2 novembre 1995, n. 11363, id., Mass., 1187; 20 gennaio 1994, n. 510, id., Rep. 1994, voce Impiegato degli enti loca

li, n. 244; 29 maggio 1993, n. 6001, id., Rep. 1993, voce cit., n. 281; 5 maggio 1993, n. 5204, ibid., n. 282; 12 gennaio 1993, n. 251, ibid., n. 283).

Il Foro Italiano — 1996.

del rapporto di servizio» e che valgono ad interrompere la pre scrizione soltanto le richieste effettuate per iscritto.

Secondo le ricorrenti la prescrizione decorre, invece, dal mo

mento della dichiarazione di volontà di non adempiere espressa dall'ente e, quindi, dalla comunicazione formale, con il succes

sivo pagamento dell'indennità di fine rapporto senza l'indenni tà integrativa speciale.

D'altra parte — si precisa nel ricorso — il fatto giuridico

«pagamento» comporta da un lato il riconoscimento esplicito del diritto dell'indennità e dall'altro la manifestazione di volon

tà di non adempiere al disposto dell'art. 3 1. 303/74. Inoltre, anche la giurisprudenza più favorevole all'Inadel, che equipara il termine di prescrizione per l'indennità con quello per gli ac

cessori (interessi e rivalutazione) e che afferma che la prescri zione non è interrotta dal pagamento del credito principale, fa

decorrere il termine prescrizionale dalla scadenza del centoven

tesimo giorno da tale data, non essendo ipotizzabile azione giu diziaria durante il decoro del termine di cui all'art. 7 1. n. 533 del 1973.

Infine, si sostiene nel ricorso che il tribunale non ha motivato

adeguatamente in ordine alla esistenza o meno degli atti inviati

nel 1984 dall'Inadel, nonché sull'eventuale loro contenuto (co municazione di volontà negoziale relativa al riconoscimento dei

diritti), non avendo affatto esaminato «il dato letterale» delle comunicazioni Inadel, come avrebbe dovuto, ai sensi dell'art.

1362 c.c., comunicazioni contenenti il riconoscimento del dirit

to di cui all'art. 3 1. 303/74, con il calcolo però errato in merito

a quanto spettante alle ricorrenti.

Questo ricorso è fondato. La questione della decorrenza della

prescrizione del diritto alla scelta del trattamento più favorevole di cui all'art. 3 1. 14 giugno 1974 n. 303, deve essere risolta

tenendo presente la norma dettata dall'art. 7 1. 11 agosto 1973

n. 533, che ha stabilito che «In materia di previdenza e di assi

stenza obbligatoria, la richiesta all'istituto assicuratore si inten

de respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi

centoventi giorni dalla data della presentazione, senza che l'isti tuto si sia pronunciato».

Tale disposizione stabilisce una regola generale (Cass., sez.

un., 17 febbraio 1988, n. 1680, Foro it., Rep. 1988, voce Impie

gato degli enti locali, n. 218) applicabile non solo quando vi

sia la richiesta di una determinata prestazione di previdenza o

di assistenza da parte dell'interessato, ma anche nel caso in cui l'istituto assicuratore debba di ufficio provvedere a determinare

e liquidare una certa prestazione, in base a specifiche norme, come nel caso in esame, in materia di trattamento di buonuscita

spettante al personale di cui all'art. 1 1. 14 giugno 1974 n. 303.

Pertanto, il termine di centoventi giorni, concesso all'istituto

assicuratore per provvedere alla liquidazione della prestazione, sia su richiesta che di ufficio, comporta che il ritardo all'ina

dempimento, oltre il termine dell'indicato spatium deliberandi, risulta colpevole e suscettibile di produrre interessi moratori, ove si accertino in sede giudiziale ex tunc le condizioni di legge per il sorgere del diritto alla prestazione.

Questo principio, specificamente sulla decorrenza degli inte

ressi, ormai consolidato, in quanto affermato innumerevoli vol

te da questa corte (explurimis, v. Cass. 16 marzo 1990, n. 2153, id., Rep. 1990, voce cit., n. 533; 27 aprile 1990, n. 3521, ibid., n. 529; 16 maggio 1990, n. 4227, ibid., n. 527; 18 luglio 1990, n. 7337, ibid., voce Termini processuali civili, n. 8; 24 maggio 1994, n. 5044, id., Rep. 1994, voce Impiegato degli enti locali, n. 215; 3 febbraio 1995, n. 1267, id., 1995, I, 1176, proprio in materia di crediti dei dipendenti degli enti locali nei confronti dell'Inadel), comporta necessariamente che una eventuale richiesta

non può avere alcun effetto prima della scadenza del termine di centoventi giorni, con la ulteriore conseguenza che il diritto

nella specifica materia qui trattata può essere fatto valere solo dal centoventunesimo giorno dal momento del suo sorgere.

Pertanto, se è vero che il diritto alla scelta del trattamento

più favorevole può essere esercitato al momento della cessazio

ne dal servizio («a fine carriera» secondo l'espressione usata

dall'art. 3, 2° comma, 1. n. 303 del 1974), tuttavia la domanda

relativa anche se presentata prima dello scadere dei centoventi

giorni dalla maturazione del diritto ha il solo effetto di solleci

tare il provvedimento dell'istituto assicuratore, al quale è con

cesso appunto tale termine, quale spatium deliberandi, oltre il

quale sono dovuti per il ritardo dell'adempimento gli interessi

moratori.

This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Come corollario di quanto esposto consegue che il termine

per la prescrizione del diritto alla scelta del trattamento più fa

vorevole ex art. 3 1. n. 303 del 1974 (termine che è di cinque

anni, ai sensi dell'art. 2948, n. 5, c.c.) decorre dallo scadere

del centoventesimo giorno dalla maturazione del diritto dell'as

sicurato (maturazione che — come sopra precisato — per il trat tamento di buonuscita, dovuto dall'Inadel al personale di cui

all'art. 1 1. 303/74, corrisponde alla data del collocamento a

riposo del dipendente). Da quanto esposto appare evidente l'errore del Tribunale di

Bologna, che ha affermato che la decorrenza della prescrizione ha inizio dal momento della cessazione del servizio, senza tene re presente il disposto dell'art. 7 1. 11 agosto 1973 n. 533.

Il ricorso proposto da Ada Prati e Giuditta Zuffa va, quindi, accolto per quanto di ragione (non essendo del tutto condivisi

bili le altre argomentazioni svolte nell'atto di impugnazione) e

la sentenza impugnata deve essere cassata sul punto della decor

renza del termine prescrizionale, con rinvio della causa, per un nuovo esame, ad altro giudice di pari grado, che si designa nel

Tribunale di Modena (sezione lavoro), il quale applicherà con

cretamente il principio sopra enunciato (l'accertamento di fatto

in merito alla scadenza o meno del termine di cui trattasi non

può essere eseguito da questa corte, non ricorrendo i presuppo sti di cui all'art. 384 c.p.c.).

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 7 feb

braio 1996, n. 973; Pres. Taddeucci, Est. Occhionero, P.M.

Carnevali (conci, conf.); Consorzio raggruppamento auto

trasportatori fiorentini-Raf (Aw. Miceli) c. Soc. Assicura

zioni generali (Avv. Guglielmi, Parenti). Conferma App.

Firenze 22 maggio 1992.

Assicurazione (contratto di) — Perdita della cosa trasportata — Responsabilità del vettore — Surrogazione legale dell'assi

curatore — Prova dell'adempimento (Cod. civ., art. 1693,

1916, 2697). Assicurazione (contratto di) — Assicurazione contro i danni —

Surrogazione legale dell'assicuratore — Rivalutazione mone

taria (Cod. civ., art. 1916).

Qualora l'assicuratore agisca in surrogazione del soggetto tito

lare dell'azione risarcitoria per la perdita della cosa trasporta

ta, spetta al debitore (nella specie, il vettore), convenuto in

giudizio, dare la prova del proprio adempimento, che si con

figura come fatto estintivo del diritto per la cui tutela agisce il creditore. (1)

(1) Onus probandi incumbit ei qui dicit. Alle strette, il senso della

decisione potrebbe arrestarsi qui. Purtuttavia, appare utile, quantome no, riferire l'iter logico seguito dalla corte.

Pacificamente, la giurisprudenza ritiene che la surrogazione dell'assi

curatore nei diritti dell'assicurato, ex art. 1916 c.c., integri una forma

di successione a titolo particolare nel credito alla prestazione risarcito

ria, con deduzione di un diritto proprio: dunque, con esercizio dello

stesso diritto dell'assicurato nei confronti del terzo responsabile, dacché

l'assicuratore subentra nella stessa posizione giuridica. Ciò significa che

quest'ultimo è soggetto a tutte le eccezioni opponibili all'assicurato stesso

da parte del terzo responsabile (per una panoramica, v. G. Fanelli, Assicurazione. II. Assicurazione contro i danni, voce dell' Enciclopedia

giuridica Treccani, Roma, 1988, III, 20-21). Il punto nodale della que stione sta proprio qui, perché è necessario distinguere tra le ipotesi che

ricadono sotto il disposto dell'art. 1218 c.c. e quelle abbracciate del

l'art. 2697 c.c. Infatti, in caso di perdita o di avaria delle cose traspor tate, esclusi i casi di dolo o colpa grave del vettore, questi può elimina

re la presunzione di responsabilità a suo carico solo fornendo la prova

(positiva) liberatoria della non imputabilità dell'inadempimento («nel senso che la perdita o avaria sia derivata da caso fortuito, dalla natura

o dai vizi delle cose trasportate e del loro imballaggio, ovvero da fatto

del mittente o da quello del destinatario»: App. Milano 2 ottobre 1987,

Il Foro Italiano — 1996.

Nell'assicurazione contro i danni, all'assicuratore che abbia in

dennizzato il danneggiato e agisca in surroga nei confronti del terzo responsabile va riconosciuta la svalutazione moneta

ria sopravvenuta a partire da tale pagamento. (2)

Svolgimento del processo. — La s.p.a. Assicurazioni genera li, pagata la indennità per la perdita durante un trasporto di

un nefelometro, imballato in tre colli, in adempimento della

obbligazione assunta con un contratto di assicurazione, stipula to con l'Istituto di ricerca sulle onde elettromagnetiche di Firen

ze, surrogandosi nei diritti del proprio assicurato ai sensi del

l'art. 1916 c.c., con citazione del 1° febbraio 1984 ha tratto in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze il vettore Consorzio

raggruppamento autotrasporti fiorentini (Raf), assumendo che

il convenuto, al quale la s.p.a. Panalpina aveva affidato diversi

colli da trasportare da Firenze al suo magazzino di Milano, non

aveva consegnato quelli contenenti l'apparecchio sopra indicato

ed era, pertanto, responsabile della perdita delle cose consegna tegli per il trasporto.

Il consorzio convenuto si è costituito e si è difeso: — eccependo la propria carenza di legittimazione passiva poi

ché aveva stipulato il contratto di trasporto in rappresentanza di una delle imprese consorziate, che lo aveva effettivamente

eseguito; — eccependo, comunque, la estinzione dell'azione nei con

fronti del vettore, ai sensi dell'art. 1698 c.c., perché le merci

erano state ricevute senza riserva con il pagamento di quanto dovuto allo stesso vettore.

Il tribunale ha ritenuto fondata la seconda eccezione e riget tato la domanda.

La decisione è stata riformata, con sentenza del 22 maggio

1992, dalla Corte di appello di Firenze.

La corte ha, infatti, ritenuto che spettava al consorzio l'onere

di provare di avere effettivamente consegnato in Milano il nefe

lometro alla destinataria (s.p.a. Panalpina), dinanzi alla conte

stazione del suo inadempimento a questa obbligazione, e che, non avendolo fatto, a maggior ragione erano indimostrati i pre

supposti di fatto (del ricevimento senza riserva della cosa tra

sportata e del pagamento di quanto dovuto), che lo avrebbero

legittimato ad eccepire la estinzione dell'azione nei suoi con

fronti, quale vettore, ai sensi dell'art. 1698 c.c.

Ha, perciò, accolto la domanda e condannato il consorzio

a pagare alle Assicurazioni generali la somma di lire 10.250.000

con rivalutazione e interessi, oltre le spese processuali. Ricorre per cassazione il soccombente con quattro motivi. Re

Foro it., Rep. 1989, voce Trasporto (contratto di), n. 20): siamo, cioè, nel campo dell'art. 1218 c.c. Diverso è invece il caso in cui l'eccezione di inesistenza del proprio debito (non riguardi l'esclusione di responsa bilità, ma) si riferisca all'adempimento in sé (la cui mancanza, peraltro,

genera il danno). Il ragionamento seguito prende le mosse dal pacifico orientamento gius-dottrinale secondo cui il creditore, che chiede l'a

dempimento, deve provare l'esistenza dei fatti costitutivi del suo diritto

di credito, ma non l'inadempimento. L'adempimento, infatti, quale fatto estintivo dell'obbligazione, dev'essere provato dal debitore. La corte ha dunque ritenuto applicabile questo generale principio della responsa bilità contrattuale, «oltre che alla domanda di adempimento della ob

bligazione, anche alla domanda di risarcimento del danno per inadem

pimento contrattuale». Il criterio di riferibilità della prova, cui pure si riporta l'art. 2697 c.c., vuole (per conformità a questa stessa norma) che la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto per la cui tu

tela agisce il creditore, spetti al debitore, convenuto in giudizio (si chie

de, in sostanza, la prova diretta e positiva di un fatto riferibile alla

propria sfera d'azione). E, d'altro canto, occorre considerare anche «la

distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità da fatto ille

cito, che comporta oneri probatori del tutto diversi, in ordine alla indi

viduazione di quelli che sono i fatti costitutivi della pretesa»: nel primo

caso, è il debitore che deve provare il suo adempimento di una obbliga zione specifica, in genere di natura negoziale; nel secondo, sarà il credi tore a dover provare interamente il fatto colposo o doloso compiuto dal danneggiarne in violazione dell'art. 2043 c.c.

(2) La primogenitura dell'ammissibilità della rivalutazione monetaria

del credito in questione si deve a Cass., sez. un., 13 marzo 1987, n.

2639, Foro it., 1987, I, 1738, con osservazioni di Pardolesi, che a

suo tempo ricostruì la divaricazione di orientamenti prospettatasi nella

giurisprudenza di legittimità. Il problema della natura del credito del l'assicuratore è oggi unanimemente risolto a favore della natura valori

stica: v., da ultimo, le osservazioni di Montaruli a Cass. 24 giugno 1994, n. 6091, id., 1995, I, 2518.

This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended