Date post: | 27-Jan-2017 |
Category: |
Documents |
Upload: | duongtuyen |
View: | 216 times |
Download: | 3 times |
sezione lavoro; sentenza 7 febbraio 1996, n. 977; Pres. Buccarelli, Est. Signani, P.M. Martone(concl. conf.); Prati e Zuffa (Avv. Assennato) c. Inpdap (Avv. Bova). Cassa Trib. Bologna 20gennaio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1261/1262-1265/1266Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190288 .
Accessed: 28/06/2014 13:46
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zionale ai nuovi valori emergenti della personalità in correlazio
ne anche all'obiettivo primario di tutela del «pieno sviluppo della persona umana», di cui al successivo art. 3, cpv.
Per cui la concreta disciplina positiva del diritto in esame
effettivamente può mutuarsi dalle disposizioni codicistiche e dalle
disposizioni sul diritto di autore, in apertura richiamate: appli cabili in via diretta — e non analogica — proprio per l'interpre tazione evolutiva ed adeguatrice, di quelle norme che gli indica
ti precetti costituzionali consentono e, anzi, impongono. 4. - La riconosciuta base e garanzia costituzionale del diritto
alla identità personale va però incontro a limiti, di pari rango
primario, che derivano dalla peculiare natura «antagonista» del diritto medesimo, al suo dover coesistere, cioè, nell'ordinamen
to, con diritti contenutisticamente di segno inverso, pure essi
fondamentali e costituzionalizzati.
Si riflette infatti nella dialettica che viene ad instaurarsi tra
il diritto alla identità personale ed i contrapposti diritti di criti ca di cronaca e di creazione artistica (a loro volta riconducibili
alla comune matrice costituzionale dell'art. 21) quel fenomeno
di confliggenza di interessi, di cui la casistica è ricchissima (si pensi alla libertà sindacale confliggente con la libertà di impre
sa; al diritto alla salute confliggente con l'interesse della produ
zione, ecc.) e che trova soluzione attraverso il contemperamen to e l'equo bilanciamento delle libertà antagoniste, per modo che la tutela dell'una non sia esclusiva di quella dell'altra.
5. - Nel conflitto, in particolare, che qui ne interessa un tale
bilanciamento degli opposti valori costituzionali si risolve nel
riconoscimento della libera esplicabilità del diritto di cronaca
e nella sua prevalenza sul diritto alla identità personale ove ri
corra la triplice condizione: a) della utilità sociale della notizia;
b) della verità dei fatti divulgati; c) della forma civile della espo sizione dei fatti e della loro valutazione, non eccedente rispetto allo scopo informativo ed improntata a serena obiettività, con
esclusione di ogni preconcetto intento denigratorio (cfr. già Cass.
1984 n. 5259, id., 1984, I, 2711). Prevalendo altrimenti — in difetto di alcuna di tali condizio
ni — la garanzia della identità personale: intesa, peraltro, tale
«identità» non in senso soggettivo, come opinione cioè che il
soggetto abbia del «proprio io», bensì' in senso oggettivo, in
riferimento appunto alla «identità» dell'individuo che, nella realtà
sociale generale o particolare, è percepita e conosciuta o poteva essere conosciuta con l'applicazione dei criteri della normale di
ligenza o della buona fede soggettiva. 6. - Ora appunto — secondo i ricorrenti — per un verso sa
rebbe mancato, nel filmato in questione, alcun apprezzabile in
teresse sociale alla cognizione dei fatti privati in esso divulgati
e, per altro verso, innegabile ne sarebbe stato l'intento (o co
munque il risultato) denigratorio e deformante della identità di
essi protagonisti: essendo stato, in particolare, il Tabocchini de
scritto come individuo incolto, impacciato, attaccato ai suoi averi
ed al denaro, e la moglie riduttivamente rappresentata come
donna unicamente intenta a riporre oggetti negli scaffali.
E sarebbe proprio la mancata rilevazione di questi elementi
e presupposti — risolutivi del conflitto in favore del diritto alla
identità degli attori e deponenti per la fondatezza della correla
tiva domanda di tutela — che vizierebbe la sentenza impugnata. Ma la censura, cosi formulata, come già si é anticipato, non
coglie nel segno: né sul piano della violazione di legge, perché la corte di Roma ha avuto sostanzialmente presente ed ha argo
mentato, comunque, in sintonia con il quadro di principi in
nanzi delineato; né nella prospettiva del vizio di motivazione,
ex art. 360, n. 5, sui punti in questione. Per un verso non hanno mancato, infatti, quei giudici di veri
ficare l'esistenza di un attuale interesse sociale del filmato (già dal tribunale, del resto, riconosciuto),{>er il carattere emblema
tico che la vicenda assume nella rappresentazione di un partico lare periodo storico segnato, nella comune memoria, da una
diffusa violenza ed attitudine aggressiva, che appunto l'opera vede del pari manifestate sia nel comportamento dell'aggressore che in quello stesso (lo Scherzo «violento») della vittima.
E, per altro verso, ben articolata, diffusa e coerente (per cui
resiste al vaglio di legittimità) è la motivazione in ordine all'e scluso carattere denigratorio o deformante della descrizione del
la personalità degli attori.
Avendo invero, al riguardo, il collegio di appello puntual
mente, tra l'altro, osservato che «tutti i fatti narrati sono veri»;
che fu, in effetti, lo stesso Tabocchini a presentarsi alla stampa
Il Foro Italiano — 1996.
come uomo di scarsa cultura, per non aver potuto egli studiare,
pressato dalla necessità di guadagnare; che egli non poteva poi dolersi della raffigurazione di un suo comportamento «impac ciato» nei momenti susseguenti alla tragedia, poiché sarebbe stato
altrimenti per lui ben più negativa l'inversa manifestazione di
un atteggiamento di freddezza o cinismo nella circostanza; che «l'attaccamento al denaro», che il filmato suggeriva come dato
nel suo carattere, oltre ad inquadrarsi in una più ampia critica
di costume si ricollegava comunque ad obiettivi e reali compor tamenti pregressi del Tabocchini, che già altra volta aveva feri
to gravemente un rapinatore e, in una ulteriore occasione, ave
va fatto ricorso alle armi per evitare uno scippo alla moglie; che, infine, neppure l'attrice poteva seriamente lamentarsi di
essere stata rappresentata nell'atto di riporre oggetti negli scaf
fali per essere questo un «gesto connaturale all'attività svolta
nel negozio» e per nulla trasfigurante della sua personalità. 7. - L'impugnazione va pertanto integralmente respinta.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 febbraio
1996, n. 977; Pres. Buccarelli, Est. Signani, P.M. Marto
ne (conci, conf.); Prati e Zuffa (Avv. Assennato) c. Inpdap
(Avv. Bova). Cassa Trib. Bologna 20 gennaio 1993.
Impiegato degli enti locali — Trattamento di buonuscita — Scelta
della prestazione più favorevole — Termine quinquennale di
prescrizione — Decorrenza (Cod. civ., art. 2935, 2948; 1. 11
agosto 1973 n. 533, disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di
assistenza obbligatorie, art. 7; 1. 14 giugno 1974 n. 303, trat
tamento di previdenza, di quiescenza e di assistenza contro
le malattie del personale delle istituzioni sanitarie dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, della Croce rossa
italiana e dell'Istituto superiore di odontoiatria, costituite in
enti ospedalieri, art. 1,' 3).
Per il personale degli enti contemplati dall'art. 1 l. n. 303 del
1974, il termine quinquennale per la prescrizione del diritto di scelta del trattamento di buonuscita più favorevole, previ sto dal successivo art. 3, decorre dal centoventunesimo gior no dopo il collocamento a riposo. (1)
(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Come si legge nella motivazione, sono molteplici, invece, le pronunce
della Suprema corte che, a proposito di altri aspetti del trattamento di buonuscita dei dipendenti degli enti locali, hanno applicato il combi nato disposto degli art. 2935, 2948, n. 5, c.c. e 7 1. 533/73, norme tutte di ordine generale (ma l'ultima soltanto in tema di assistenza e
previdenza obbligatorie), facendo coincidere il dies a quo del termine
quinquennale di prescrizione con il verificarsi delle condizioni legali di
responsabilità dell'istituto previdenziale debitore. Si vedano, in particolare, Cass. 3 febbraio 1995, n. 1267, (Foro it.,
1995, I, 1176), con riguardo all'indennità premio di servizio — obbliga zione principale — e al credito accessorio da rivalutazione monetaria, nonché Cass. 28 maggio 1990, n. 4947 (id., 1991, 1, 175), e 30 gennaio 1990, n. 615 (id., 1990, I, 1544), relativamente agli interessi morato»
sulla medesima prestazione, alle cui note di richiami si rinvia.
Oggi lo stesso collaudato criterio toma buono per fissare le coordina te dell'esercizio, nei confronti dell'Inpdap (ente successore all'Inadel, la cui gestione commissariale avrebbe dovuto concludersi sin dal 31 mag
gio 1982 ai sensi della 1. 23 aprile 1981 n. 155 e del d.l. 26 novembre
1981 n. 681, convertito in 1. 27 gennaio 1982 n. 14), del diritto di scelta
tra l'indennità premio di servizio ex lege 151/68 e, ove esso sia più favorevole e l'interessato ne abbia fatto richiesta, il trattamento di buo
nuscita dell'ente di provenienza (con rivalsa, per la differenza, tra i due enti). Conviene sottolineare che il beneficio di tale alternativa spet ta esclusivamente al personale di cui all'art. 1 1. n. 303 del 1974, cioè
i dipendenti a rapporto di impiego e a rapporto di lavoro dell'Inps, dell'Inail, della Croce rossa italiana e dell'Istituto superiore di odon
toiatria «George Eastman». Nella parte non riportata, la sentenza in epigrafe ribadisce il consoli
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1263 PARTE PRIMA 1264
Svolgimento del processo. — Virginia Mongardi, Anna Ma
ria Sabbatani, Rosa Salamida, Ada Prati e Giuditta Zuffa, già
dipendenti di istituzione sanitaria soppressa, transitate alla Usi
n. 23 di Imola e collocate a riposo nell'anno 1983, con ricorso
al Pretore di Bologna chiedevano che l'Istituto nazionale assi
stenza dipendenti enti locali (Inadel) venisse condannato a rili
quidare in loro favore l'indennità premio di servizio, con paga mento della differenza tra quanto corrisposto al momento del
collocamento in quiescenza e quanto dovuto.
Le ricorrenti a sostegno della domanda precisavano di aver
optato, ai sensi dell'art. 3 1. 14 giugno 1974 n. 303, per il
trattamento calcolato secondo le norme dell'ente di provenien za sull'erroneo presupposto che tale trattamento fosse più fa
vorevole rispetto a quello derivante dalla normativa Inadel (aven do l'istituto erroneamente omesso di computare per intero l'in
dennità integrativa speciale nel calcolo dell'indennità premio di servizio).
L'Inadel costituendosi in giudizio chiedeva il rigetto delle do mande per prescrizione, e, comunque, nel merito perché in
fondate.
Il Pretore di Bologna, con sentenza 14 maggio-8 luglio 1991,
accoglieva le domande delle ricorrenti Virginia Mongardi, Anna
Maria Sabbatani e Rosa Salamida, condannando l'istituto a ri
liquidare in loro favore l'indennità premio di servizio secondo le norme applicabili all'Inadel; respingeva, invece, le domande
delle altre ricorrenti, Ada Prati e Giuditta Zuffa, per intervenu
ta prescrizione dei diritti dedotti in giudizio. Tale decisione veniva integralmente confermata dal Tribuna
le di Bologna, con sentenza del 2 dicembre 1992-20 gennaio 1993, su appello dell'Inadel e di Ada Prati e Giuditta Zuffa.
(Omìssis) Con riferimento all'appello proposto dalla Prati e dalla Zuf
fa per contestare l'affermata prescrizione del loro diritto alla
riliquidazione dell'indennità premio di servizio, il tribunale rile
vava che la prescrizione quinquennale nella materia in esame
decorre dal momento della cessazione del rapporto di lavoro, come affermato anche dal giudice di primo grado, precisando,
inoltre, che detta prescrizione poteva essere interrotta soltanto
dalle richieste effettuate per iscritto da parte delle interessate
all'ente previdenziale. (Omissis)
Propongono, altresì, ricorso per cassazione in via principale Ada Prati e Giuditta Zuffa, rimaste soccombenti nei giudizi di
merito, formulando un unico complesso motivo di censura, il
lustrato anche da una memoria.
Con riferimento a quest'ultimo ricorso (n. 555/94) l'Istituto
nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione
pubblica (Inpdap), quale ente successore dell'Inadel, ha deposi tato la procura speciale al difensore.
Motivi della decisione. — (Omissis). Va, quindi, esaminato il ricorso n. 555/94, con il quale Giuditta Zuffa e Ada Prati
denunciano la violazione e la falsa applicazione degli art. 2935 e 2948 c.c., dell'art. 7 1. 11 agosto 1973 n. 533, degli art. 1362
ss. c.c., nonché carente e contraddittoria motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), sostenendo che erroneamente il Tribunale di Bologna ha ritenuto che la prescrizione quinquennale, in re
lazione al diritto di scelta del trattamento più favorevole di cui
all'art. 3 1. 14 giugno 1974 n. 303, decorre «dalla cessazione
dato principio (generatore dell'odierna dipendente questione) secondo
cui, «mentre la mancata richiesta del trattamento più favorevole accor dato dall'ente di provenienza si risolve in un'implicita rinuncia di tale
trattamento, l'esercizio della richiesta prevista dalla legge non può ri solversi nella sostituzione del trattamento Inadel con altro meno favo
revole, essendo la corrispondente domanda da considerare inefficace
perché priva del contenuto legale tipico; con l'ulteriore conseguenza che, nel caso in cui all'interessato sia stato attribuito il trattamento dell'ente di provenienza in quanto ritenuto più favorevole ed esso sia poi risulta to invece meno favorevole, l'interessato medesimo può (con successiva domanda del trattamento Inadel) rettificare — entro il termine quin quennale di prescrizione — l'originaria richiesta, non essendo configu rabile acquiescenza per l'accettazione della somma inferiore precedente mente liquidatagli ed essendo esclusa l'applicabilità della disciplina co dicistica in tema di obbligazioni alternative o facoltative o sull'opzione» (cfr., fra le altre, Cass. 2 novembre 1995, n. 11363, id., Mass., 1187; 20 gennaio 1994, n. 510, id., Rep. 1994, voce Impiegato degli enti loca
li, n. 244; 29 maggio 1993, n. 6001, id., Rep. 1993, voce cit., n. 281; 5 maggio 1993, n. 5204, ibid., n. 282; 12 gennaio 1993, n. 251, ibid., n. 283).
Il Foro Italiano — 1996.
del rapporto di servizio» e che valgono ad interrompere la pre scrizione soltanto le richieste effettuate per iscritto.
Secondo le ricorrenti la prescrizione decorre, invece, dal mo
mento della dichiarazione di volontà di non adempiere espressa dall'ente e, quindi, dalla comunicazione formale, con il succes
sivo pagamento dell'indennità di fine rapporto senza l'indenni tà integrativa speciale.
D'altra parte — si precisa nel ricorso — il fatto giuridico
«pagamento» comporta da un lato il riconoscimento esplicito del diritto dell'indennità e dall'altro la manifestazione di volon
tà di non adempiere al disposto dell'art. 3 1. 303/74. Inoltre, anche la giurisprudenza più favorevole all'Inadel, che equipara il termine di prescrizione per l'indennità con quello per gli ac
cessori (interessi e rivalutazione) e che afferma che la prescri zione non è interrotta dal pagamento del credito principale, fa
decorrere il termine prescrizionale dalla scadenza del centoven
tesimo giorno da tale data, non essendo ipotizzabile azione giu diziaria durante il decoro del termine di cui all'art. 7 1. n. 533 del 1973.
Infine, si sostiene nel ricorso che il tribunale non ha motivato
adeguatamente in ordine alla esistenza o meno degli atti inviati
nel 1984 dall'Inadel, nonché sull'eventuale loro contenuto (co municazione di volontà negoziale relativa al riconoscimento dei
diritti), non avendo affatto esaminato «il dato letterale» delle comunicazioni Inadel, come avrebbe dovuto, ai sensi dell'art.
1362 c.c., comunicazioni contenenti il riconoscimento del dirit
to di cui all'art. 3 1. 303/74, con il calcolo però errato in merito
a quanto spettante alle ricorrenti.
Questo ricorso è fondato. La questione della decorrenza della
prescrizione del diritto alla scelta del trattamento più favorevole di cui all'art. 3 1. 14 giugno 1974 n. 303, deve essere risolta
tenendo presente la norma dettata dall'art. 7 1. 11 agosto 1973
n. 533, che ha stabilito che «In materia di previdenza e di assi
stenza obbligatoria, la richiesta all'istituto assicuratore si inten
de respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi
centoventi giorni dalla data della presentazione, senza che l'isti tuto si sia pronunciato».
Tale disposizione stabilisce una regola generale (Cass., sez.
un., 17 febbraio 1988, n. 1680, Foro it., Rep. 1988, voce Impie
gato degli enti locali, n. 218) applicabile non solo quando vi
sia la richiesta di una determinata prestazione di previdenza o
di assistenza da parte dell'interessato, ma anche nel caso in cui l'istituto assicuratore debba di ufficio provvedere a determinare
e liquidare una certa prestazione, in base a specifiche norme, come nel caso in esame, in materia di trattamento di buonuscita
spettante al personale di cui all'art. 1 1. 14 giugno 1974 n. 303.
Pertanto, il termine di centoventi giorni, concesso all'istituto
assicuratore per provvedere alla liquidazione della prestazione, sia su richiesta che di ufficio, comporta che il ritardo all'ina
dempimento, oltre il termine dell'indicato spatium deliberandi, risulta colpevole e suscettibile di produrre interessi moratori, ove si accertino in sede giudiziale ex tunc le condizioni di legge per il sorgere del diritto alla prestazione.
Questo principio, specificamente sulla decorrenza degli inte
ressi, ormai consolidato, in quanto affermato innumerevoli vol
te da questa corte (explurimis, v. Cass. 16 marzo 1990, n. 2153, id., Rep. 1990, voce cit., n. 533; 27 aprile 1990, n. 3521, ibid., n. 529; 16 maggio 1990, n. 4227, ibid., n. 527; 18 luglio 1990, n. 7337, ibid., voce Termini processuali civili, n. 8; 24 maggio 1994, n. 5044, id., Rep. 1994, voce Impiegato degli enti locali, n. 215; 3 febbraio 1995, n. 1267, id., 1995, I, 1176, proprio in materia di crediti dei dipendenti degli enti locali nei confronti dell'Inadel), comporta necessariamente che una eventuale richiesta
non può avere alcun effetto prima della scadenza del termine di centoventi giorni, con la ulteriore conseguenza che il diritto
nella specifica materia qui trattata può essere fatto valere solo dal centoventunesimo giorno dal momento del suo sorgere.
Pertanto, se è vero che il diritto alla scelta del trattamento
più favorevole può essere esercitato al momento della cessazio
ne dal servizio («a fine carriera» secondo l'espressione usata
dall'art. 3, 2° comma, 1. n. 303 del 1974), tuttavia la domanda
relativa anche se presentata prima dello scadere dei centoventi
giorni dalla maturazione del diritto ha il solo effetto di solleci
tare il provvedimento dell'istituto assicuratore, al quale è con
cesso appunto tale termine, quale spatium deliberandi, oltre il
quale sono dovuti per il ritardo dell'adempimento gli interessi
moratori.
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Come corollario di quanto esposto consegue che il termine
per la prescrizione del diritto alla scelta del trattamento più fa
vorevole ex art. 3 1. n. 303 del 1974 (termine che è di cinque
anni, ai sensi dell'art. 2948, n. 5, c.c.) decorre dallo scadere
del centoventesimo giorno dalla maturazione del diritto dell'as
sicurato (maturazione che — come sopra precisato — per il trat tamento di buonuscita, dovuto dall'Inadel al personale di cui
all'art. 1 1. 303/74, corrisponde alla data del collocamento a
riposo del dipendente). Da quanto esposto appare evidente l'errore del Tribunale di
Bologna, che ha affermato che la decorrenza della prescrizione ha inizio dal momento della cessazione del servizio, senza tene re presente il disposto dell'art. 7 1. 11 agosto 1973 n. 533.
Il ricorso proposto da Ada Prati e Giuditta Zuffa va, quindi, accolto per quanto di ragione (non essendo del tutto condivisi
bili le altre argomentazioni svolte nell'atto di impugnazione) e
la sentenza impugnata deve essere cassata sul punto della decor
renza del termine prescrizionale, con rinvio della causa, per un nuovo esame, ad altro giudice di pari grado, che si designa nel
Tribunale di Modena (sezione lavoro), il quale applicherà con
cretamente il principio sopra enunciato (l'accertamento di fatto
in merito alla scadenza o meno del termine di cui trattasi non
può essere eseguito da questa corte, non ricorrendo i presuppo sti di cui all'art. 384 c.p.c.).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 7 feb
braio 1996, n. 973; Pres. Taddeucci, Est. Occhionero, P.M.
Carnevali (conci, conf.); Consorzio raggruppamento auto
trasportatori fiorentini-Raf (Aw. Miceli) c. Soc. Assicura
zioni generali (Avv. Guglielmi, Parenti). Conferma App.
Firenze 22 maggio 1992.
Assicurazione (contratto di) — Perdita della cosa trasportata — Responsabilità del vettore — Surrogazione legale dell'assi
curatore — Prova dell'adempimento (Cod. civ., art. 1693,
1916, 2697). Assicurazione (contratto di) — Assicurazione contro i danni —
Surrogazione legale dell'assicuratore — Rivalutazione mone
taria (Cod. civ., art. 1916).
Qualora l'assicuratore agisca in surrogazione del soggetto tito
lare dell'azione risarcitoria per la perdita della cosa trasporta
ta, spetta al debitore (nella specie, il vettore), convenuto in
giudizio, dare la prova del proprio adempimento, che si con
figura come fatto estintivo del diritto per la cui tutela agisce il creditore. (1)
(1) Onus probandi incumbit ei qui dicit. Alle strette, il senso della
decisione potrebbe arrestarsi qui. Purtuttavia, appare utile, quantome no, riferire l'iter logico seguito dalla corte.
Pacificamente, la giurisprudenza ritiene che la surrogazione dell'assi
curatore nei diritti dell'assicurato, ex art. 1916 c.c., integri una forma
di successione a titolo particolare nel credito alla prestazione risarcito
ria, con deduzione di un diritto proprio: dunque, con esercizio dello
stesso diritto dell'assicurato nei confronti del terzo responsabile, dacché
l'assicuratore subentra nella stessa posizione giuridica. Ciò significa che
quest'ultimo è soggetto a tutte le eccezioni opponibili all'assicurato stesso
da parte del terzo responsabile (per una panoramica, v. G. Fanelli, Assicurazione. II. Assicurazione contro i danni, voce dell' Enciclopedia
giuridica Treccani, Roma, 1988, III, 20-21). Il punto nodale della que stione sta proprio qui, perché è necessario distinguere tra le ipotesi che
ricadono sotto il disposto dell'art. 1218 c.c. e quelle abbracciate del
l'art. 2697 c.c. Infatti, in caso di perdita o di avaria delle cose traspor tate, esclusi i casi di dolo o colpa grave del vettore, questi può elimina
re la presunzione di responsabilità a suo carico solo fornendo la prova
(positiva) liberatoria della non imputabilità dell'inadempimento («nel senso che la perdita o avaria sia derivata da caso fortuito, dalla natura
o dai vizi delle cose trasportate e del loro imballaggio, ovvero da fatto
del mittente o da quello del destinatario»: App. Milano 2 ottobre 1987,
Il Foro Italiano — 1996.
Nell'assicurazione contro i danni, all'assicuratore che abbia in
dennizzato il danneggiato e agisca in surroga nei confronti del terzo responsabile va riconosciuta la svalutazione moneta
ria sopravvenuta a partire da tale pagamento. (2)
Svolgimento del processo. — La s.p.a. Assicurazioni genera li, pagata la indennità per la perdita durante un trasporto di
un nefelometro, imballato in tre colli, in adempimento della
obbligazione assunta con un contratto di assicurazione, stipula to con l'Istituto di ricerca sulle onde elettromagnetiche di Firen
ze, surrogandosi nei diritti del proprio assicurato ai sensi del
l'art. 1916 c.c., con citazione del 1° febbraio 1984 ha tratto in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze il vettore Consorzio
raggruppamento autotrasporti fiorentini (Raf), assumendo che
il convenuto, al quale la s.p.a. Panalpina aveva affidato diversi
colli da trasportare da Firenze al suo magazzino di Milano, non
aveva consegnato quelli contenenti l'apparecchio sopra indicato
ed era, pertanto, responsabile della perdita delle cose consegna tegli per il trasporto.
Il consorzio convenuto si è costituito e si è difeso: — eccependo la propria carenza di legittimazione passiva poi
ché aveva stipulato il contratto di trasporto in rappresentanza di una delle imprese consorziate, che lo aveva effettivamente
eseguito; — eccependo, comunque, la estinzione dell'azione nei con
fronti del vettore, ai sensi dell'art. 1698 c.c., perché le merci
erano state ricevute senza riserva con il pagamento di quanto dovuto allo stesso vettore.
Il tribunale ha ritenuto fondata la seconda eccezione e riget tato la domanda.
La decisione è stata riformata, con sentenza del 22 maggio
1992, dalla Corte di appello di Firenze.
La corte ha, infatti, ritenuto che spettava al consorzio l'onere
di provare di avere effettivamente consegnato in Milano il nefe
lometro alla destinataria (s.p.a. Panalpina), dinanzi alla conte
stazione del suo inadempimento a questa obbligazione, e che, non avendolo fatto, a maggior ragione erano indimostrati i pre
supposti di fatto (del ricevimento senza riserva della cosa tra
sportata e del pagamento di quanto dovuto), che lo avrebbero
legittimato ad eccepire la estinzione dell'azione nei suoi con
fronti, quale vettore, ai sensi dell'art. 1698 c.c.
Ha, perciò, accolto la domanda e condannato il consorzio
a pagare alle Assicurazioni generali la somma di lire 10.250.000
con rivalutazione e interessi, oltre le spese processuali. Ricorre per cassazione il soccombente con quattro motivi. Re
Foro it., Rep. 1989, voce Trasporto (contratto di), n. 20): siamo, cioè, nel campo dell'art. 1218 c.c. Diverso è invece il caso in cui l'eccezione di inesistenza del proprio debito (non riguardi l'esclusione di responsa bilità, ma) si riferisca all'adempimento in sé (la cui mancanza, peraltro,
genera il danno). Il ragionamento seguito prende le mosse dal pacifico orientamento gius-dottrinale secondo cui il creditore, che chiede l'a
dempimento, deve provare l'esistenza dei fatti costitutivi del suo diritto
di credito, ma non l'inadempimento. L'adempimento, infatti, quale fatto estintivo dell'obbligazione, dev'essere provato dal debitore. La corte ha dunque ritenuto applicabile questo generale principio della responsa bilità contrattuale, «oltre che alla domanda di adempimento della ob
bligazione, anche alla domanda di risarcimento del danno per inadem
pimento contrattuale». Il criterio di riferibilità della prova, cui pure si riporta l'art. 2697 c.c., vuole (per conformità a questa stessa norma) che la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto per la cui tu
tela agisce il creditore, spetti al debitore, convenuto in giudizio (si chie
de, in sostanza, la prova diretta e positiva di un fatto riferibile alla
propria sfera d'azione). E, d'altro canto, occorre considerare anche «la
distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità da fatto ille
cito, che comporta oneri probatori del tutto diversi, in ordine alla indi
viduazione di quelli che sono i fatti costitutivi della pretesa»: nel primo
caso, è il debitore che deve provare il suo adempimento di una obbliga zione specifica, in genere di natura negoziale; nel secondo, sarà il credi tore a dover provare interamente il fatto colposo o doloso compiuto dal danneggiarne in violazione dell'art. 2043 c.c.
(2) La primogenitura dell'ammissibilità della rivalutazione monetaria
del credito in questione si deve a Cass., sez. un., 13 marzo 1987, n.
2639, Foro it., 1987, I, 1738, con osservazioni di Pardolesi, che a
suo tempo ricostruì la divaricazione di orientamenti prospettatasi nella
giurisprudenza di legittimità. Il problema della natura del credito del l'assicuratore è oggi unanimemente risolto a favore della natura valori
stica: v., da ultimo, le osservazioni di Montaruli a Cass. 24 giugno 1994, n. 6091, id., 1995, I, 2518.
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 13:46:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions