sezione lavoro; sentenza 7 giugno 1995, n. 6396; Pres. Mollica, Est. Ciciretti, P.M. Arena (concl.conf.); Enel (Avv. Iaccarino, Paternò, Calandrelli) c. Schiano (Avv. Matrone). Conferma Trib.Napoli 12 settembre 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 993/994-999/1000Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190867 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Paolo Azzimondi e Flaviana Ar
gelli acquistavano da Gino Casadio un immobile in Cotignola, costituito da un locale ed un ripostiglio, nonché da un cortile.
Il locale era censito nel N.c.e.u. quale deposito, tuttavia per
esso era stata chiesta concessione edilizia per ristrutturazione
ad uso abitativo. Nell'atto di acquisto lo Azzimondi e la Argelli dichiaravano di voler beneficiare del trattamento fiscale agevo
lato di cui all'art. 1 1. n. 168 del 1982. Conseguentemente, l'uf
ficio del registro di Faenza applicava l'imposta nella misura ri
dotta del 2°7o, e la tassa fissa di trascrizione. Successivamente,
emetteva avviso di liquidazione per il recupero della differenza
di registro fino alla concorrenza della aliquota dell'SVo, sulla
base del rilievo che l'immobile non costituitva «casa di abi
tazione».
Paolo Azzimondi e Flaviana Argelli proponevano ricorso alla
commissione tributaria di primo grado che lo accoglieva. La
decisione veniva confermata nei successivi gradi del processo
tributario. La Commissione tributaria centrale, in particolare, riteneva che al fine di stabilire la spettanza della agevolazione
in questione deve farsi riferimento alla destinazione giuridica dell'immobile, quale risulta eventualmente dall'atto di compra
vendita, e non deve farsi riferimento esclusivo, quindi, alla si
tuazione attuale dell'immobile medesimo. Riteneva pertanto de
cisiva la concessione edilizia rilasciata per la trasformazione del
locale oggetto della compravendita in casa di abitazione. Con
tro questa decisione l'amministrazione finanziaria ricorre in Cas
sazione con un motivo.
Motivi della decisione. — 1. - L'amministrazione ricorrente
lamenta la violazione dell'art. 1, 6° comma, 1. n. 168 del 1982.
Afferma che l'immobile in questione non poteva beneficiare della
agevolazione della minore aliquota prevista per le abitazioni,
non essendo esso tale. La ricorrente ritiene che la circostanza
del rilascio di una autorizzazione amministrativa per la ristrut
turazione dell'immobile, fino a renderne possibile la utilizzazio
ne quale casa di abitazione, sia irrilevante.
2. - Osserva la corte che non può condividersi la interpreta zione della norma agevolativa in questione proposta dall'ammi
nistrazione finanziaria. In particolare, non può condividersi la
tesi della irrilevanza della destinazione giuridica emergente dalla
concessione edilizia. La 1. n. 168 del 1982, contenente misure
fiscali per lo sviluppo della edilizia abitativa, ha inteso, tra l'al
tro, attraverso un meccanismo di agevolazioni e di sgravi, ren
dere meno costosa la acquisizione della casa di abitazione da
parte dei cittadini sprovvisti. Pertanto, con la espressa esclusio
ne degli acquisti di case di lusso, la legge considera utili a risol
vere la esigenza sociale considerata tutti i trasferimenti che ren
dono possibile l'entrata nel patrimonio di un soggetto, di un
immobile «destinato ad abitazione».
La lettera della legge consente di intendere l'espressione «de
stinato» come riferentesi tanto ad un immobile già adibito, al
momento in cui viene acquistato dal contribuente, ad abitazio
ne, quanto ad un immobile che venga acquistato per essere suc
cessivamente adibito a tale scopo. Tuttavia, non vi sono ragioni
ni, che l'acquirente dichiari che intende adibire l'immobile a propria
abitazione, a nulla rilevando l'ubicazione dello stesso. III. - La normativa attualmente vigente in materia di agevolazioni
fiscali per l'acquisto della prima casa, si rinviene nella nota II bis), art.
1, tariffa, parte prima, allegato A, d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (testo
unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), cosi come
modificata dall'art. 3, 131° comma, 1. 28 dicembre 1995 n. 549 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica, Le leggi, 1996, I, 97). In
particolare, la norma prevede che: — le agevolazioni si applichino, oltre che agli atti traslativi della pro
prietà di abitazioni non di lusso, anche agli «atti traslativi o costitutivi
della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione»; — l'acquirente trasferisca la propria residenza nel comune sede del
l'immobile entro un anno dall'acquisto; — la dichiarazione di volere stabilire la residenza nel comune sede
dell'immobile debba essere resa, a pena di decadenza dalle agevolazio
ni, nello stesso atto d'acquisto; — l'acquirente dichiari, sempre nell'atto di acquisto, «di non essere
titolare esclusivo o in regime di comunione legale dei diritti» oggetto
dell'agevolazione di un'altra casa nello stesso territorio del comune se
de dell'immobile oggetto dell'acquisto agevolato; — l'acquirente, o il coniuge in regime di comunione legale, dichiari
no di non avere già usufruito delle precedenti norme agevolative.
Il Foro Italiano — 1996.
per intendere restrittivamente la fattispecie delineata dal legisla
tore, come riferentesi, cioè, alla sola ipotesi dell'immobile già
costituente casa di abitazione. Una tale interpretazione, infatti
non sarebbe coerente con il fine del legislatore di agevolare la
acquisizione di case da parte di soggetti sprovvisti ed aventi spe cifiche caratteristiche reddituali, giacché esso è perseguito non
solo da una meno costosa circolazione, verso tali soggetti, di
case per abitazione, ma altresì da meno costosi acquisti di im
mobili aventi caratteristiche diverse, ma trasformabili anch'essi
in case di abitazione. La intepretazione restrittiva sostenuta dal
la ricorrente non sarebbe peraltro ragionevole, ove si rifletta
ai casi, del tutto comuni, dell'acquisto di un immobile non com
pleto, e dunque certamente non costituente ancora casa di abi
tazione, per completarlo e successivamente abitarlo; oppure del
l'acquisto di un immobile, al momento assoggettato ad uso di
verso da quello abitativo, allo scopo di farne, da parte
dell'acquirente, la propria abitazione. Ipotesi queste che la let
tera della legge consente di comprendere nella previsione agevo
lativa, giacché il termine «destinato», di per sé indica un atteg
giamento, oggettivo e concreto, del contribuente, mediante il
quale l'acquisto viene indirizzato a soddisfare la esigenza consi
derata dalla legge degna di sostegno.
Pertanto il fatto che il contribuente possa avvalersi di una
concessione edilizia, già al momento dell'acquisto dell'immobi
le per trasformare il medesimo in casa di abitazione, non può
essere considerato senza rilievo al fine di individuare la destina
zione voluta dalla legge. Invece, in assenza di ulteriori circo
stanze che possano far ritenere mendace la dichiarazione, esso
deve essere considerato capace di imprimere all'immobile la de
stinazione giuridica voluta dalla legge. 3. - Il ricorso va pertanto respinto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 giugno
1995, n. 6396; Pres. Mollica, Est. Ciciretti, P.M. Arena
(conci, conf.); Enel (Aw. Iaccarino, Paterno, Calandrel
li) c. Schiano (Aw. Matrone). Conferma Trib. Napoli 12
settembre 1991.
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento — Età pensionabile —
Indennità sostitutiva del preavviso (Cod. civ., art. 2118; 1.
15 luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art. 11).
È correttamente motivata la sentenza del giudice di merito che
abbia ritenuto dovuta al dipendente licenziato in ragione del
raggiungimento dell'età pensionabile l'erogazione delle quat tro mensilità di retribuzione previste dall'art. 43 ccnl dei di
pendenti Enel a titolo di indennità sostitutiva del preavviso
e non di trattamento di fine rapporto. (1)
(1) La questione affrontata dalla sentenza che si riporta, più volte
sottoposta all'esame della corte dai giudici del foro di Napoli, concerne
l'interpretazione dell'art. 43 ccnl Enel nonché la individuazione del tito
lo della erogazione delle quattro mensilità di retribuzione previste da
detto articolo in caso di cessazione del rapporto di lavoro per raggiun
gimento del limite di età pensionabile da parte del dipendente. La Suprema corte, sul presupposto della legittimità della manifesta
zione datoriale di recesso ad effetto differito al compimento dell'età
pensionabile e del carattere inderogabile della normativa concernente
il preavviso (per cui un'eventuale clausola, c.d. di stabilità relativa, che
stabilisse l'automatica cessazione del rapporto di lavoro al raggiungi
mento di detto evento, dovrebbe necessariamente prevedere secondo la
corte, per essere legittima, l'obbligo di preavviso o di forme sostituti
ve), conferma la pronuncia del giudice di merito secondo cui le quattro
mensilità aggiuntive corrisposte al lavoratore in occasione della cessa
zione del rapporto di lavoro vanno imputate a titolo di indennità di
mancato preavviso, disattendendo l'eccezione proposta dall'ente datore
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Napo li in data 8 gennaio 1987 Schiano Giovanni — premesso di aver
lavorato alle dipendenze dell'Enel dal 17 giugno 1964 al 31 lu
glio 1986 con mansioni di operaio di squadra e di aver ricevuto
una indennità di fine rapporto in misura inferiore al dovuto
in quanto calcolata (con riferimento all'anzianità maturata a tutto il 31 maggio 1982) senza tener conto degli importi percepi
ti, con continuità, a titolo di indennità di «trasferta forfetizza
ta» e di «guida auto», nonché a titolo di lavoro straordinario — conveniva in giudizio detto ente per sentirlo condannare, per la suddetta causale, al pagamento della somma di lire 6.585.908, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali.
Con sentenza del 2 aprile 1987 l'adito pretore rigettava la
domanda.
Il Tribunale di Napoli, pronunciandosi — per quel che qui interessa — sul gravame principale proposto dallo Schiano, ri
teneva invece, la natura retributiva delle due indennità sopra richiamate e la loro conseguente computabilità, unitamente al
compenso per lavoro straordinario, nella determinazione del trat
tamento di fine rapporto. Talché condannava l'Enel, in riforma
dell'impugnata sentenza, al pagamento, in favore dell'appellan
te, della somma di lire 4.571.144 oltre ad interessi e rivalutazio
ne monetaria. In particolare, disattendeva l'assunto dell'Enel
secondo il quale, anche a voler computare le suddette indennità ed il compenso per lavoro straordinario nella determinazione
del trattamento di fine rapporto, comunque nulla potesse rico
noscersi allo Schiano avendo questi goduto di un trattamento
convenzionale di fine rapporto complessivamente più vantag
gioso di quello legale, con la percezione d'ulteriore importo di
quattro mensilità di retribuzione ai sensi dell'art. 43, 11° com
ma, ccnl. Motivava tale reiezione, sul rilievo che le suddette
di lavoro di ritenere compensate tali somme con quelle ulteriori dovute al dipendente a titolo di indennità di trasferta forfetizzata, di guida auto e compenso per lavoro straordinario.
V., sostanzialmente nello stesso senso, Cass. 18 dicembre 1993, n.
12558, Foro it., Rep. 1994, voce Lavoro (rapporto), n. 1545, e Mass.
giur. lav., 1994, 60. Per l'identica qualificazione delle quattro mensilità di retribuzione
in termini di indennità sostitutiva del preavviso, ma sul presupposto della nullità/illegittimità dell'art. 43 del contratto collettivo Enel in quanto escludente l'operatività del preavviso nei confronti dei lavoratori licen ziati prima del raggiungimento del limite di età pensionabile, v. Cass. 25 luglio 1994, n. 6901, Foro it., Rep. 1994, voce cit-, n. 1540; 27
giugno 1994, n. 6179, ibid., n. 1541, e Mass. giur. lav., 1994, 580 (che, pur escludendo nel caso di specie la sussistenza, in base alla disciplina contrattuale, di un'ipotesi di automatica estinzione del rapporto di la
voro, sembra ammettere, al contrario della sentenza in epigrafe, la pos sibilità che le parti possano escludere l'operatività del preavviso me diante la clausola di stabilità relativa); 12 marzo 1994, n. 2409, Foro
it., Rep. 1994, voce cit., n. 1544; nonché Cass. 1° febbraio 1993, n. 1186, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1531; 26 gennaio 1993, n. 933, ibid., n. 1532, e Giust. civ., 1993, I, 2453, con nota di G. Mammone, Tempe stiva impugnazione del licenziamento e richiesta dell'indennità di preav viso, che, pur attribuendo alla corresponsione delle mensilità aggiuntive funzione incentivante al pensionamento al fine del rinnovamento del
personale aziendale, ritengono che detta erogazione assolva la stessa funzione dell'indennità di preavviso.
V., anche, con riferimento a fattispecie di dimissioni del lavoratore, Cass. 7 febbraio 1994, n. 1222, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 1643; 4 aprile 1990, n. 2765, id., Rep. 1990, voce cit., n. 2010.
In senso contrario, per la tesi secondo cui le quattro mensilità costi tuiscono parte del trattamento di fine rapporto e per la irrilevanza di un eventuale aspetto incentivante che a tale funzione principale possa aggiungersi, in concreto e in singole fattispecie, cfr. Cass. 7 maggio 1991, n. 5068, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1776; 13 agosto 1987, n.
6934, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2718; 15 settembre 1987, n. 7254, ibid., n. 2716.
Sul principio della illegittimità del licenziamento intimato in regime di stabilità del rapporto anche qualora gli effetti di questo siano stati differiti al compimento dell'età pensionabile del lavoratore, cfr. Cass. 27 giugno 1994, n. 6179, cit.; 18 dicembre 1993, n. 12558, cit.; 26 gen naio 1993, n. 933, cit.; 10 giugno 1992, n. 7111, id., 1992, I, 2650, con nota di G. Amoroso.
Per il recente orientamento che ritiene dovuta l'indennità di preavvi so in caso di licenziamento intimato in previsione e con effetto dal rag giungimento dell'età pensionabile anche quando il provvedimento dato
riale, illegittimo perché emesso in costanza di rapporto assistito da sta
bilità, non sia stato impugnato dal lavoratore, v. Cass. 1° febbraio
1993, n. 1186, cit.; 10 giugno 1992, n. 7111, cit.
Il Foro Italiano — 1996.
mensilità, corrisposte in aggiunta al trattamento di fine rappor
to, non costituivano una integrazione di tale trattamento, do
vendo essere considerate come corrisposte a titolo di indennità
sostitutiva del preavviso. Indennità, questa, che spetta, in ogni caso ai dipendenti Enel, in quanto, legati da rapporto di lavoro
di natura privatistica. Il loro collocamento a riposo non conse
gue, infatti, automaticamente al raggiungimento del limite di
età previsto dalla legge, ma richiede una apposita manifestazio
ne di volontà del datore di lavoro. Ed aggiungeva che sarebbe,
conseguentemente, affetta da nullità, per violazione delle nor
me di cui agli art. 2118 e 2119 c.c., una disciplina pattizia che dispensasse l'Enel dall'obbligo di intimare il preavviso; che, in
fine, quanto all'obbligo di pagare l'indennità sostitutiva, esso
sussisterebbe comunque, anche a voler sostenere la presenza di
una norma contrattuale legittimante l'Enel a risolvere il rappor to di lavoro col dipendente al compimento da parte di questo di una determinata età.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l'Enel
formulando due motivi di impugnazione. Resiste con controri
corso lo Schiano. Entrambe le parti depositano memoria di
fensiva.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, l'ente ricor
rente denuncia «violazione e falsa applicazione degli art. 2118
e 2119 c.c.; degli art. 1 e 11 1. 15 luglio 1966 n. 604; dell'art.
6 1. 26 febbraio 1982 n. 54; omessa o insufficiente motivazione
su un punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5,
c.p.c.)». Ciò, per avere il tribunale ritenuto sussistente, nella
specie, l'obbligo di corrispondere l'indennità sostitutiva del
preavviso. Sostiene che il tribunale avrebbe dovuto considerare che lad
dove — come nella specie — il regime contrattualistico di stabi
lità garantito ai dipendenti è più favorevole rispetto a quello
legale (ad esempio non è consentito il licenziamento per giustifi cato motivo oggettivo) non può esservi obbligo, in applicazione delle clausole contrattuali relative alla risoluzione automatica
del rapporto, di corrispondere l'indennità sostitutiva del preav viso: il contrario avviso espresso dal tribunale è fondato su pre cedenti giurisprudenziali inconferenti, in quanto relativi a licen
ziamenti intimati prima del raggiungimento dell'età pensionabi
le, sia pure con preavviso che scade alla data stessa.
Contesta, comunque, quell'orientamento giurisprudenziale se
condo il quale, non essendo prevista per i dipendenti degli enti
pubblici economici la cessazione automatica del rapporto di la
voro, v'è, comunque, la necessità di intimare il preavviso, e, secondo il quale, anche in presenza di una clausola di stabilità
relativa (che prevede cioè la cessazione automatica del rapporto di lavoro al compimento dell'età pensionabile), sussiste tale ob
bligo del preavviso. Trattasi — sottolinea il ricorrente — di orientamento minori
tario ed ormai superato, che considerava nulla la c.d. clausola
di stabilità relativa per violazione delle norme sul contratto a
tempo determinato e non teneva conto che, a differenza di quanto avviene nelle fattispecie disciplinate dall'art. 11 1. n. 604 del
1966, nella quali il lavoratore non sa se al raggiungimento del l'età pensionabile gli verrà intimato o meno il licenziamento, il preavviso nel caso di clausola che preveda la risoluzione auto
matica del rapporto non ha alcuna ragion d'essere, dato che
il lavoratore conosce perfettamente la data di risoluzione del
rapporto. A conferma della tesi esposta, il ricorrente richiama l'art. 6
1. n. 54 del 1982 che, all'ultimo comma, dispone che, ove venga esercitata l'opzione, la cessazione del rapporto di lavoro per avvenuto raggiungimento del requisito di anzianità contributiva
avviene in ogni caso senza obblighi di preavviso per alcuna del
le parti. Tale norma — conclude il ricorrente — ha recepito un sistema di cessazione del rapporto di lavoro per anzianità
che era già contenuto in alcune contrattazioni collettive partico larmente avanzate, fra cui quella in questione, la quale anzi
prevede la protrazione del rapporto di lavoro fino al raggiungi mento della anzianità contributiva massima in modo automati
co e cioè senza la necessità dell'esercizio di opzione da parte del lavoratore, confermando cosi di prevedere un regime di sta bilità più favorevole al lavoratore rispetto alle disposizioni di legge.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia «violazione e
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
falsa applicazione degli art. 1362 ss. c.c. in relazione agli art.
42 e 43 ceni 1979, e dell'art. 2118 c.c., nonché contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360,
nn. 3 e 5, c.p.c.)». Lamenta che il tribunale, dopo aver ritenuto la nullità della
clausola contrattuale collettiva nella parte in cui esclude il dirit
to al preavviso del lavoratore licenziato per raggiunti limiti di
età, abbia imputato le mensilità aggiuntive corrisposte dall'Enel ex art. 43, 11° comma, ad indennità sostitutiva del preavviso;
ciò, però, senza accertare se le parti collettive, nel prevedere
la corresponsione delle suddette mensilità, avessero inteso im
putarle effettivamente a tale titolo. Cosi operando il tribunale — osserva il ricorrente — ha attribuito prevalenza al criterio
interpretativo di cui all'art. 1367 c.c. (principio della conserva zione del contratto) omettendo tuttavia ogni indagine sulla co
mune intenzione delle parti, costituente criterio ermeneutico pre
valente.
Sotto altro profilo osserva che la soluzione adottata dal tri
bunale appare in contrasto con una interpretazione sistematica
delle clausole contrattuali: da un lato, infatti, si ritiene la nulli
tà del contratto nella parte in cui non prevede il diritto al preav
viso e, dall'altro, che le mensilità aggiuntive siano imputabili ad indennità di mancato preavviso.
Entrambi i motivi — che per ragione di connessione vanno
trattati congiuntamente — sono infondati.
La statuizione — che, riconoscendo il carattere retributivo
ai compensi corrisposti per lavoro straordinario (fisso e conti
nuativo) nonché per indennità di «trasferta forfetizzata» e «gui
da auto-moto», ha attribuito allo Schiano il diritto di vedersi calcolati quei compensi ai fini della determinazione dell'inden nità di anzianità (come maturata fino alla data del 31 maggio 1982) — risulta impugnata soltanto indirettamente. Nel senso
che l'Enel, muovendo censure unicamente in ordine alla natura
del titolo di erogazione delle quattro mensilità aggiuntive di cui all'art. 43 del contratto collettivo, si è limitato, opponendo una
sorta di compensazione, a paralizzare gli effetti di tale diritto.
L'oggetto d'indagine resta circoscritto al seguente quesito: sta
bilire, cioè, se detta erogazione sia rientrata — come sostiene
l'ente — nell'ambito della liquidazione del trattamento conven
zionale di fine rapporto, più favorevole rispetto a quello legale
e, perciò, prevalente su quest'ultimo per via di assorbimento
di ogni altra pretesa propria del regime legale od abbia costitui to — come, invece, afferma il tribunale — pagamento del'lin
dennità sostitutiva del preavviso.
Sicché, non è tanto il diritto al computo, come originaria
mente invocato dall'attore, a porsi ancora in discussione quan
to la sua idoneità a produrre, nel caso concreto, i propri effetti.
Ciò premesso, in relazione appunto al caso che ne occupa,
in cui il rapporto di lavoro è cessato sotto il vigore della 1.
297/82 e per licenziamento intimato (con lettera 25 giugno -
2 luglio 1986, ossia) appena trenta giorni prima ed in ragione
del raggiungimento del limite di età, da parte del dipendente,
esclude la corte che il tribunale sia incorso nelle violazioni e vizi denunciati avendo correttamente «imputato» l'erogazione delle mensilità aggiuntive ad indennità di preavviso non appa
rendo, comunque, valida l'argomentazione di un'integrazione
di trattamento (convenzionale) di fine rapporto più favorevole.
È ius receptum, nella giurisprudenza di questa corte, la rego
la dell'illegittimità di una manifestazione datoriale di recesso ad effetto differito al compimento dell'età pensionabile, da par
te del dipendente e del conseguente obbligo, una volta resa tale
manifestazione, di corresponsione dell'indennità di preavviso (v.
Cass. 7111/92, Foro it., Rep. 1992, voce Lavoro (rapporto),
n. 1728; 933/93, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1532; 11986/93, ibid., n. 1531; 2409/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 1544).
La ragione è che, a differenza di quanto avviene nel pubblico
impiego, in cui è automatica la risoluzione del rapporto di lavo
ro per effetto del raggiungimento del limite di età da parte del
dipendente, che proprio a tale momento, per ciò stesso, è collo
cato a riposo, nel campo privatistico non opera detta automati
cità, ben potendo il rapporto di lavoro subordinato protrarsi
anche dopo quel limite di età ed occorrendo, ai fini della sua cessazione, comunque, una manifestazione di volontà, sia essa
di recesso da parte del datore di lavoro ovvero di dimissioni
o di mutuo consenso.
Il Foro Italiano — 1996.
Per cui, ove intimato al dipendente con preavviso scadente
in coincidenza del giorno in cui questi raggiungerà l'età utile
per il pensionamento di vecchiaia e sarà in possesso dei requisiti
relativi, il licenziamento — proprio cioè in quanto anteriore a
siffatta data — è illegittimo, in applicazione degli art. 1, 2, 3 ed 11 1. 15 luglio 1966 n. 604.
In altri termini, il potere di recesso (ad nutum) del datore
di lavoro sorge solo al momento in cui il lavoratore è nel pos
sesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vec
chiaia (v. Cass. 2868/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1225, e 7151/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2224) — o meglio, nel momento in cui, dato il compimento del 60° anno di età (come
previsto dal contratto collettivo) viene a cessare il regime della
stabilità (che certamente assiste un rapporto di lavoro subordi
nato, qual è quello in oggetto, alle dipendepze dell'Enel) esclu
dente la risoluzione se non per giusta causa o giustificato moti
vo — ed è esercitabile a norma dell'art. 2118 c.c., ossia con
pravviso decorrente da esso evento ovvero versando, al lavora
tore che l'accetti, la relativa indennità sostitutiva (v. Cass.
12558/93, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1526). Tutto ciò, orbene, sta a significare che se, da un lato, non
si può, peraltro, negare, in via di principio la facoltà alle parti — che, invero, fruiscono della piena autonomia — di convenire
l'automatica cessazione del rapporto al raggiungimento, da par
te del dipendente, dell'età pensionabile, dall'altro, occorre che
— ove opposta — una siffatta clausola (c.d. di durata massima
del contratto) preveda — stante, come si è detto la naturale
espansione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato non
ché il sacrificio che ne deriva dei diritti, per il lavoratore, con nessi al periodo di preavviso (v. Cass. 4624/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1328) — l'obbligo di preavviso o di forme compen sative e la rilevanza delle cause di sospensione di cui all'art.
2110 c.c. Ciò, pena la nullità di essa clausola, per contrasto
con le norme sui contratti a tempo indeterminato (che vietano
la prefissione di una data scadenza, produttiva di risoluzione
automatica del rapporto) e per violazione di norme inderogabi
li, quali solo quelle che vietano la preventiva rinuncia al preav
viso (v. Cass. 3572/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1698). È quanto, appunto, correttamente statuito dal tribunale che,
ritenendo in sostanza «legale» per l'ente l'obbligo di risolvere
con preavviso il rapporto di lavoro coi dipendenti, ha deciso
la controversia a prescindere da una disciplina, in materia, pat
tizia, da qualificarsi — se esistente ed in quanto contraria alla
legge — comunque, illegittima per violazione degli art. 2118 e 2119 c.c. E l'ha fatto, ritenendo l'erogazione delle mensilità
aggiuntive in questione dovuta a titolo di pagamento dell'inden
nità sostitutiva del preavviso. Individuazione, questa, che si sot
trae alle mosse censure, in quanto operata in ordine a forme
di compensi collegate a casi, comunque, di cessazione del rap
porto, causata da dimissioni ante tempus nonché dal raggiungi
mento del limite di età ed anzianità contributiva del dipendente;
sul rilievo non già dell'esistenza in concreto di una clausola esclu
dente il preavviso ma di una ipotizzabile nullità di siffatta clau
sola, ove opposta e, quindi, nel convincimento di una volontà
delle parti collettive certamente non diretta a negare l'indennità
sostitutiva in oggetto, che è dovuta, per legge, ancorché abbia
a ritenersi consentita, dalla stessa disciplina pattizia, l'automa
tica risoluzione del rapporto di lavoro al compimento dell'età
pensionabile. A ciò aggiungasi il disposto dell'art. 4, 5° com
ma, 1. n. 297 del 1992, secondo cui «restano salve le indennità
corrisposte alla cessazione del rapporto aventi natura e funzio
ne diverse da quelle dell'indennità di anzianità, di fine lavoro,
di buonuscita, comunque, denominate». Con tale previsione il
legislatore ha inteso precisare che gli aspetti inderogabili della
disciplina sono attinenti solo al «titolo» del trattamento di fine
rapporto, sussistendo la possibilità del datore di lavoro di corri
spondere al lavoratore, in occasione della cessazione del rap
porto, erogazioni aggiuntive, distinte dal trattamento di fine rap
porto ed a diverso titolo si da collocarsi a latere. In via esempli
ficativa (come indicato nella circolare del ministero delle finanze
n. 2 del 5 febbraio 1986 e nella circolare Inps n. 170 del 19
luglio 1990) nell'ambito delle erogazioni aggiunte al trattamen to di fine rapporto possono rientrare i premi, le incentivazioni,
le liberalità, il c.d. premio di prepensionamento, gli importi ero
gati in caso di cessazione anticipata del rapporto a tempo inde
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PARTE PRIMA 1000
terminato, nelle ipotesi in cui la disciplina contrattuale o legale
ponga al datore di lavoro limitazioni al potere di recesso dal
rapporto, ecc.
Assumere, come fa il ricorrente, che l'esistenza di una clau
sola di «stabilità relativa» è tale da comportare risoluzione au
tomatica del rapporto senza preavviso né effetti sospensivi rela tivi e che la previsione di una contrattazione, assicurante mag
giore stabilità, è tale da escludere l'invocabilità della legge, è
inammissibile, non pertinente ed errato. Perché: a) tali argo mentazioni pongono per la prima volta, in questa sede, questio ni che, inerendo all'interpretazione di norme collettive, non rien
trano nella cognizione di questa corte, se non sotto il profilo del controllo del procedimento logico-giuridico seguito dal giu dice del merito e dell'osservanza, da parte dello stesso, dei ca
noni legali d'ermeneutica. Né è dato a questa corte di procedere al riesame degli atti processuali, atteso che il motivo di ricorso
non è formulato in termini di error in procedendo; b) non basta
richiamarsi ad una clausola se non se ne afferma, poi, l'esisten za in concreto per avvenuta apposizione in una data norma del
contratto collettivo. Il che tanto più rileva se si considera che
trattasi di clausola che, abbisognando di specifica pattuizione dal significato inequivoco, non può essere desunta dalla sempli ce previsione di una durata massima contrattuale (v. Cass.
4322/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 2460) e che opera riguar do a dipendenti non assistiti (a differenza di quelli dell'Enel) da stabilità reale; c) anche nell'ambito del regime di stabilità
convenzionale un conto è la previsione del potere di recesso
correlata alla verificazione di un dato evento ed un conto è —
salvo, ovviamente, patto contrario — l'intimazione (come è sta
ta nella specie) del licenziamento prima di essa verificazione. Né vale il riferimento alla fattispecie di esonero dal preavviso
ex art. 6, ultimo comma, 1. n. 54 del 1982, posto che qui non
si versa in caso di continuazione del rapporto a seguito di op zione del dipendente (sul punto cfr. Cass. 5047/89, id., Rep.
1989, voce cit., n. 1885). Detto ciò, ossia ritenuta corretta «l'imputazione», operata dal
giudice, delle mensilità aggiuntive ad indennità sostitutiva del
preavviso anziché ad integrazione dell'indennità di fine rappor
to, non ha più ragion d'essere la questione di comparazione di trattamento di fine rapporto — convenzionale e legale —
prospettata dall'Enel ai fini dell'asserito carattere assorbente e
prevalente dell'uno rispetto all'altro. Il confronto, a tali fini, tra la disciplina legale e quella convenzionale, che impone la
considerazione unitaria nell'unico istituto di tutte le disposizio ni che incidono sulla determinazione della base di calcolo e sul
la previsione delle varie maggiorazioni aggiuntive, è applicabile soltanto se all'esito dell'operazione di ermeneutica contrattuale
si giunga a qualificare la maggioranza aggiuntiva come compo nente del trattamento di fine rapporto. Talché ove, come nella
specie, sia individuato un titolo diverso, la conseguenza è che il datore di lavoro deve corrispondere sia il trattamento di fine
rapporto (come calcolato ai sensi di legge e, quindi, col calcolo
dei compensi retributivi suindicati) sia l'erogazione aggiuntiva, senza decurtazioni di sorta.
Cioè, come ha fatto il tribunale.
Il ricorso, perciò, non è meritevole di accoglimento.
Il Foro Italiano — 1996.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 giugno
1995, n. 6265; Pres. O. Fanelli, Est. Ravagnani, P.M. Mar
tone (conci, diff.); Pantaleoni (Avv. D'Aloisio) c. Soc. Ali
talia; Soc. Alitalia (Aw. Marazza) c. Pantaleoni. Cassa Trib.
Roma 7 dicembre 1993.
Lavoro (rapporto di) — Diritto all'esecuzione della prestazione — Violazione — Danni — Risarcibilità — Limiti (Cod. civ., art. 2103).
Il diritto del lavoratore all'esecuzione della prestazione trova
limite nella liceità del comportamento del datore di lavoro,
configurabile laddove l'inattività cui questi costringa il lavo
ratore trovi giustificazione nell'esercizio dei poteri garantiti al datore stesso dall'art. 41 Cost., o in quello dei poteri disci
plinari, in queste ultime ipotesi non dovendo essere risarciti
gli eventuali danni derivati dalla lesione del diritto stesso, al
trimenti potenziale fonte di danni risarcibili, patrimoniali e di altra natura (alla professionalità). (1)
Motivi della decisione. — Devesi anzitutto disporre la riunio
ne dei due ricorsi, siccome proposti avverso la medesima sen
tenza (art. 335 c.p.c.). Con il primo motivo del ricorso principale, deducendosi vio
lazione dell'art. 2112 c.c. e vizi della motivazione, si lamenta
che non sia stato accertato il diritto al risarcimento del danno
professionale derivante dalla forzata inattività, che ha compor
(1) A quel che consta, è la prima volta (v. però il rapidissimo spunto in Cass. 13 agosto 1991, n. 8835, Foro it., Rep. 1992, voce Lavoro (rapporto), n. 721, e Riv. it. dir. lav., 1992, II, 954, con nota di F.
Focareta, Sottrazione di mansioni e risarcimento del danno, e Riv. critica dir. lav., 1992, 390, con nota di R. Muggia, Dequalificazione, inattività e danni risarcibili), che la giurisprudenza di legittimità ricono
sce, con la sentenza in epigrafe, il diritto del lavoratore tout court all'e secuzione della prestazione, tradizionalmente riconosciuto solo con rife rimento a particolari rapporti (su questi ultimi, v., per tutti, F. Carin ci, R. De Luca Tamajo, P. Tosi, T. Treu, Diritto del lavoro. 2. Il
rapporto di lavoro subordinato, 3a ed., Torino, Utet, 1992, 280). In dottrina, appunto per l'affermazione dell'esistenza generalizzata
di tale diritto, cfr., tra gli altri, con percorsi argomentativi vari, S.
Chiarioni, Statuto dei lavoratori e tecniche di attuazione dei diritti, in Quaderni dir. lav. e relazioni ind., 1989, 60; P. G. Corrias, Lavoro subordinato e interesse alla prestazione, ed. prow., Editar, Cagliari, 1983, 138 ss.; F. Mazzotti, Il licenziamento illegittimo, Liguori, Napo li, 1982, 242 ss.; G. Santoro Passarelli, in AA.VV., Le sanzioni nella tutela del lavoro subordinato, Giuffrè, Milano, 1979, 129 ss.; Chiario
ni, Dal diritto alla retribuzione al diritto di lavorare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 1461 ss.; ma già R. Scognamiglio, in AA.VV., Man sioni e qualifiche dei lavoratori. Evoluzione e crisi dei criteri tradiziona li, Giuffrè, Milano, 1975, 34; G. Giugni, ibid., 161 ss., con qualche distinguo; L. de Angelis, Considerazioni sul diritto al lavoro e sulla sua tutela, in Riv. giur. lav., 1973, I, 223 ss. Per più completi riferi menti e per un'articolata ricostruzione delle varie tesi, cfr., di recente, V. Speziale, Mora del creditore e contratto di lavoro, Cacucci, Bari, 1992, 204 ss.
Contra, tra i molti, A. Vallebona, Tutele giurisdizionali e autotutela individuale del lavoratore, Cedam, Padova, 1995, 117 ss.; Speziale, cit., 210 ss.; E. Balletti, La cooperazione del datore all'adempimento dell'obbligazione di lavoro, Cedam, Padova, 1990, 76 ss., spec. 147; S. Magrini, in AA.VV., Licenziamenti illegittimi e provvedimenti giu diziari, Giuffrè, Milano, 1988, 149 ss.; M. Grandi, Rapporto di lavo
ro, voce de\VEnciclopedia del diritto, 1987, XXXVIII, 337-338; M. Del
l'Olio, Licenziamento, reintegrazione, retribuzione, risarcimento, in Mass. giur. lav., 1979, 543. Per ulteriori richiami ad altri scritti, sempre di impostazione contraria, cfr., ancora, Speziale, cit., 210 ss.
Sul connesso problema della risarcibilità del danno da dequalificazio ne sub specie della violazione dell'art. 13 1. n. 300 del 1970 (quest'ulti mo utilizzato anche ai fini della risoluzione del problema in questione dalla sentenza in epigrafe e da molti dei citati autori favorevoli alla tesi da essa ora accolta), cfr. Cass. 26 febbraio 1994, n. 1982, Foro
it., Rep. 1994, voce cit., n. 730; 26 gennaio 1993, n. 931, ibid., n. 731, e Riv. it. dir. lav., 1994, II, 149, con nota di A. Pizzoferrato, Tutela della professionalità e organizzazione produttiva-, 16 dicembre 1992, n. 13299, Foro it., 1993, I, 2883, con nota di richiami (in ipotesi di dequalificazione per motivi di ordine politico); nella giurisprudenza di merito, tra le altre, Pret. Napoli 10 ottobre 1992, ibid.; Pret. Roma 17 aprile 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 795, e Riv. it. dir. lav., 1992, 543, con nota di V. A. Poso, Dequalificazione professionale e risarcimento del danno biologico-, Pret. Milano 8 aprile 1992, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 677; Pret. Roma 3 ottobre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 798, e Riv. critica dir. lav., 1992, 390, con la citata nota di Muggia.
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