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sezione lavoro; sentenza 7 giugno 1995, n. 6396; Pres. Mollica, Est. Ciciretti, P.M. Arena (concl....

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sezione lavoro; sentenza 7 giugno 1995, n. 6396; Pres. Mollica, Est. Ciciretti, P.M. Arena (concl. conf.); Enel (Avv. Iaccarino, Paternò, Calandrelli) c. Schiano (Avv. Matrone). Conferma Trib. Napoli 12 settembre 1991 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 993/994-999/1000 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190867 . Accessed: 24/06/2014 21:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.214 on Tue, 24 Jun 2014 21:48:07 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 7 giugno 1995, n. 6396; Pres. Mollica, Est. Ciciretti, P.M. Arena (concl.conf.); Enel (Avv. Iaccarino, Paternò, Calandrelli) c. Schiano (Avv. Matrone). Conferma Trib.Napoli 12 settembre 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 993/994-999/1000Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190867 .

Accessed: 24/06/2014 21:48

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Paolo Azzimondi e Flaviana Ar

gelli acquistavano da Gino Casadio un immobile in Cotignola, costituito da un locale ed un ripostiglio, nonché da un cortile.

Il locale era censito nel N.c.e.u. quale deposito, tuttavia per

esso era stata chiesta concessione edilizia per ristrutturazione

ad uso abitativo. Nell'atto di acquisto lo Azzimondi e la Argelli dichiaravano di voler beneficiare del trattamento fiscale agevo

lato di cui all'art. 1 1. n. 168 del 1982. Conseguentemente, l'uf

ficio del registro di Faenza applicava l'imposta nella misura ri

dotta del 2°7o, e la tassa fissa di trascrizione. Successivamente,

emetteva avviso di liquidazione per il recupero della differenza

di registro fino alla concorrenza della aliquota dell'SVo, sulla

base del rilievo che l'immobile non costituitva «casa di abi

tazione».

Paolo Azzimondi e Flaviana Argelli proponevano ricorso alla

commissione tributaria di primo grado che lo accoglieva. La

decisione veniva confermata nei successivi gradi del processo

tributario. La Commissione tributaria centrale, in particolare, riteneva che al fine di stabilire la spettanza della agevolazione

in questione deve farsi riferimento alla destinazione giuridica dell'immobile, quale risulta eventualmente dall'atto di compra

vendita, e non deve farsi riferimento esclusivo, quindi, alla si

tuazione attuale dell'immobile medesimo. Riteneva pertanto de

cisiva la concessione edilizia rilasciata per la trasformazione del

locale oggetto della compravendita in casa di abitazione. Con

tro questa decisione l'amministrazione finanziaria ricorre in Cas

sazione con un motivo.

Motivi della decisione. — 1. - L'amministrazione ricorrente

lamenta la violazione dell'art. 1, 6° comma, 1. n. 168 del 1982.

Afferma che l'immobile in questione non poteva beneficiare della

agevolazione della minore aliquota prevista per le abitazioni,

non essendo esso tale. La ricorrente ritiene che la circostanza

del rilascio di una autorizzazione amministrativa per la ristrut

turazione dell'immobile, fino a renderne possibile la utilizzazio

ne quale casa di abitazione, sia irrilevante.

2. - Osserva la corte che non può condividersi la interpreta zione della norma agevolativa in questione proposta dall'ammi

nistrazione finanziaria. In particolare, non può condividersi la

tesi della irrilevanza della destinazione giuridica emergente dalla

concessione edilizia. La 1. n. 168 del 1982, contenente misure

fiscali per lo sviluppo della edilizia abitativa, ha inteso, tra l'al

tro, attraverso un meccanismo di agevolazioni e di sgravi, ren

dere meno costosa la acquisizione della casa di abitazione da

parte dei cittadini sprovvisti. Pertanto, con la espressa esclusio

ne degli acquisti di case di lusso, la legge considera utili a risol

vere la esigenza sociale considerata tutti i trasferimenti che ren

dono possibile l'entrata nel patrimonio di un soggetto, di un

immobile «destinato ad abitazione».

La lettera della legge consente di intendere l'espressione «de

stinato» come riferentesi tanto ad un immobile già adibito, al

momento in cui viene acquistato dal contribuente, ad abitazio

ne, quanto ad un immobile che venga acquistato per essere suc

cessivamente adibito a tale scopo. Tuttavia, non vi sono ragioni

ni, che l'acquirente dichiari che intende adibire l'immobile a propria

abitazione, a nulla rilevando l'ubicazione dello stesso. III. - La normativa attualmente vigente in materia di agevolazioni

fiscali per l'acquisto della prima casa, si rinviene nella nota II bis), art.

1, tariffa, parte prima, allegato A, d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (testo

unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), cosi come

modificata dall'art. 3, 131° comma, 1. 28 dicembre 1995 n. 549 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica, Le leggi, 1996, I, 97). In

particolare, la norma prevede che: — le agevolazioni si applichino, oltre che agli atti traslativi della pro

prietà di abitazioni non di lusso, anche agli «atti traslativi o costitutivi

della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione»; — l'acquirente trasferisca la propria residenza nel comune sede del

l'immobile entro un anno dall'acquisto; — la dichiarazione di volere stabilire la residenza nel comune sede

dell'immobile debba essere resa, a pena di decadenza dalle agevolazio

ni, nello stesso atto d'acquisto; — l'acquirente dichiari, sempre nell'atto di acquisto, «di non essere

titolare esclusivo o in regime di comunione legale dei diritti» oggetto

dell'agevolazione di un'altra casa nello stesso territorio del comune se

de dell'immobile oggetto dell'acquisto agevolato; — l'acquirente, o il coniuge in regime di comunione legale, dichiari

no di non avere già usufruito delle precedenti norme agevolative.

Il Foro Italiano — 1996.

per intendere restrittivamente la fattispecie delineata dal legisla

tore, come riferentesi, cioè, alla sola ipotesi dell'immobile già

costituente casa di abitazione. Una tale interpretazione, infatti

non sarebbe coerente con il fine del legislatore di agevolare la

acquisizione di case da parte di soggetti sprovvisti ed aventi spe cifiche caratteristiche reddituali, giacché esso è perseguito non

solo da una meno costosa circolazione, verso tali soggetti, di

case per abitazione, ma altresì da meno costosi acquisti di im

mobili aventi caratteristiche diverse, ma trasformabili anch'essi

in case di abitazione. La intepretazione restrittiva sostenuta dal

la ricorrente non sarebbe peraltro ragionevole, ove si rifletta

ai casi, del tutto comuni, dell'acquisto di un immobile non com

pleto, e dunque certamente non costituente ancora casa di abi

tazione, per completarlo e successivamente abitarlo; oppure del

l'acquisto di un immobile, al momento assoggettato ad uso di

verso da quello abitativo, allo scopo di farne, da parte

dell'acquirente, la propria abitazione. Ipotesi queste che la let

tera della legge consente di comprendere nella previsione agevo

lativa, giacché il termine «destinato», di per sé indica un atteg

giamento, oggettivo e concreto, del contribuente, mediante il

quale l'acquisto viene indirizzato a soddisfare la esigenza consi

derata dalla legge degna di sostegno.

Pertanto il fatto che il contribuente possa avvalersi di una

concessione edilizia, già al momento dell'acquisto dell'immobi

le per trasformare il medesimo in casa di abitazione, non può

essere considerato senza rilievo al fine di individuare la destina

zione voluta dalla legge. Invece, in assenza di ulteriori circo

stanze che possano far ritenere mendace la dichiarazione, esso

deve essere considerato capace di imprimere all'immobile la de

stinazione giuridica voluta dalla legge. 3. - Il ricorso va pertanto respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 giugno

1995, n. 6396; Pres. Mollica, Est. Ciciretti, P.M. Arena

(conci, conf.); Enel (Aw. Iaccarino, Paterno, Calandrel

li) c. Schiano (Aw. Matrone). Conferma Trib. Napoli 12

settembre 1991.

Lavoro (rapporto di) — Licenziamento — Età pensionabile —

Indennità sostitutiva del preavviso (Cod. civ., art. 2118; 1.

15 luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art. 11).

È correttamente motivata la sentenza del giudice di merito che

abbia ritenuto dovuta al dipendente licenziato in ragione del

raggiungimento dell'età pensionabile l'erogazione delle quat tro mensilità di retribuzione previste dall'art. 43 ccnl dei di

pendenti Enel a titolo di indennità sostitutiva del preavviso

e non di trattamento di fine rapporto. (1)

(1) La questione affrontata dalla sentenza che si riporta, più volte

sottoposta all'esame della corte dai giudici del foro di Napoli, concerne

l'interpretazione dell'art. 43 ccnl Enel nonché la individuazione del tito

lo della erogazione delle quattro mensilità di retribuzione previste da

detto articolo in caso di cessazione del rapporto di lavoro per raggiun

gimento del limite di età pensionabile da parte del dipendente. La Suprema corte, sul presupposto della legittimità della manifesta

zione datoriale di recesso ad effetto differito al compimento dell'età

pensionabile e del carattere inderogabile della normativa concernente

il preavviso (per cui un'eventuale clausola, c.d. di stabilità relativa, che

stabilisse l'automatica cessazione del rapporto di lavoro al raggiungi

mento di detto evento, dovrebbe necessariamente prevedere secondo la

corte, per essere legittima, l'obbligo di preavviso o di forme sostituti

ve), conferma la pronuncia del giudice di merito secondo cui le quattro

mensilità aggiuntive corrisposte al lavoratore in occasione della cessa

zione del rapporto di lavoro vanno imputate a titolo di indennità di

mancato preavviso, disattendendo l'eccezione proposta dall'ente datore

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Napo li in data 8 gennaio 1987 Schiano Giovanni — premesso di aver

lavorato alle dipendenze dell'Enel dal 17 giugno 1964 al 31 lu

glio 1986 con mansioni di operaio di squadra e di aver ricevuto

una indennità di fine rapporto in misura inferiore al dovuto

in quanto calcolata (con riferimento all'anzianità maturata a tutto il 31 maggio 1982) senza tener conto degli importi percepi

ti, con continuità, a titolo di indennità di «trasferta forfetizza

ta» e di «guida auto», nonché a titolo di lavoro straordinario — conveniva in giudizio detto ente per sentirlo condannare, per la suddetta causale, al pagamento della somma di lire 6.585.908, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali.

Con sentenza del 2 aprile 1987 l'adito pretore rigettava la

domanda.

Il Tribunale di Napoli, pronunciandosi — per quel che qui interessa — sul gravame principale proposto dallo Schiano, ri

teneva invece, la natura retributiva delle due indennità sopra richiamate e la loro conseguente computabilità, unitamente al

compenso per lavoro straordinario, nella determinazione del trat

tamento di fine rapporto. Talché condannava l'Enel, in riforma

dell'impugnata sentenza, al pagamento, in favore dell'appellan

te, della somma di lire 4.571.144 oltre ad interessi e rivalutazio

ne monetaria. In particolare, disattendeva l'assunto dell'Enel

secondo il quale, anche a voler computare le suddette indennità ed il compenso per lavoro straordinario nella determinazione

del trattamento di fine rapporto, comunque nulla potesse rico

noscersi allo Schiano avendo questi goduto di un trattamento

convenzionale di fine rapporto complessivamente più vantag

gioso di quello legale, con la percezione d'ulteriore importo di

quattro mensilità di retribuzione ai sensi dell'art. 43, 11° com

ma, ccnl. Motivava tale reiezione, sul rilievo che le suddette

di lavoro di ritenere compensate tali somme con quelle ulteriori dovute al dipendente a titolo di indennità di trasferta forfetizzata, di guida auto e compenso per lavoro straordinario.

V., sostanzialmente nello stesso senso, Cass. 18 dicembre 1993, n.

12558, Foro it., Rep. 1994, voce Lavoro (rapporto), n. 1545, e Mass.

giur. lav., 1994, 60. Per l'identica qualificazione delle quattro mensilità di retribuzione

in termini di indennità sostitutiva del preavviso, ma sul presupposto della nullità/illegittimità dell'art. 43 del contratto collettivo Enel in quanto escludente l'operatività del preavviso nei confronti dei lavoratori licen ziati prima del raggiungimento del limite di età pensionabile, v. Cass. 25 luglio 1994, n. 6901, Foro it., Rep. 1994, voce cit-, n. 1540; 27

giugno 1994, n. 6179, ibid., n. 1541, e Mass. giur. lav., 1994, 580 (che, pur escludendo nel caso di specie la sussistenza, in base alla disciplina contrattuale, di un'ipotesi di automatica estinzione del rapporto di la

voro, sembra ammettere, al contrario della sentenza in epigrafe, la pos sibilità che le parti possano escludere l'operatività del preavviso me diante la clausola di stabilità relativa); 12 marzo 1994, n. 2409, Foro

it., Rep. 1994, voce cit., n. 1544; nonché Cass. 1° febbraio 1993, n. 1186, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1531; 26 gennaio 1993, n. 933, ibid., n. 1532, e Giust. civ., 1993, I, 2453, con nota di G. Mammone, Tempe stiva impugnazione del licenziamento e richiesta dell'indennità di preav viso, che, pur attribuendo alla corresponsione delle mensilità aggiuntive funzione incentivante al pensionamento al fine del rinnovamento del

personale aziendale, ritengono che detta erogazione assolva la stessa funzione dell'indennità di preavviso.

V., anche, con riferimento a fattispecie di dimissioni del lavoratore, Cass. 7 febbraio 1994, n. 1222, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 1643; 4 aprile 1990, n. 2765, id., Rep. 1990, voce cit., n. 2010.

In senso contrario, per la tesi secondo cui le quattro mensilità costi tuiscono parte del trattamento di fine rapporto e per la irrilevanza di un eventuale aspetto incentivante che a tale funzione principale possa aggiungersi, in concreto e in singole fattispecie, cfr. Cass. 7 maggio 1991, n. 5068, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1776; 13 agosto 1987, n.

6934, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2718; 15 settembre 1987, n. 7254, ibid., n. 2716.

Sul principio della illegittimità del licenziamento intimato in regime di stabilità del rapporto anche qualora gli effetti di questo siano stati differiti al compimento dell'età pensionabile del lavoratore, cfr. Cass. 27 giugno 1994, n. 6179, cit.; 18 dicembre 1993, n. 12558, cit.; 26 gen naio 1993, n. 933, cit.; 10 giugno 1992, n. 7111, id., 1992, I, 2650, con nota di G. Amoroso.

Per il recente orientamento che ritiene dovuta l'indennità di preavvi so in caso di licenziamento intimato in previsione e con effetto dal rag giungimento dell'età pensionabile anche quando il provvedimento dato

riale, illegittimo perché emesso in costanza di rapporto assistito da sta

bilità, non sia stato impugnato dal lavoratore, v. Cass. 1° febbraio

1993, n. 1186, cit.; 10 giugno 1992, n. 7111, cit.

Il Foro Italiano — 1996.

mensilità, corrisposte in aggiunta al trattamento di fine rappor

to, non costituivano una integrazione di tale trattamento, do

vendo essere considerate come corrisposte a titolo di indennità

sostitutiva del preavviso. Indennità, questa, che spetta, in ogni caso ai dipendenti Enel, in quanto, legati da rapporto di lavoro

di natura privatistica. Il loro collocamento a riposo non conse

gue, infatti, automaticamente al raggiungimento del limite di

età previsto dalla legge, ma richiede una apposita manifestazio

ne di volontà del datore di lavoro. Ed aggiungeva che sarebbe,

conseguentemente, affetta da nullità, per violazione delle nor

me di cui agli art. 2118 e 2119 c.c., una disciplina pattizia che dispensasse l'Enel dall'obbligo di intimare il preavviso; che, in

fine, quanto all'obbligo di pagare l'indennità sostitutiva, esso

sussisterebbe comunque, anche a voler sostenere la presenza di

una norma contrattuale legittimante l'Enel a risolvere il rappor to di lavoro col dipendente al compimento da parte di questo di una determinata età.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l'Enel

formulando due motivi di impugnazione. Resiste con controri

corso lo Schiano. Entrambe le parti depositano memoria di

fensiva.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, l'ente ricor

rente denuncia «violazione e falsa applicazione degli art. 2118

e 2119 c.c.; degli art. 1 e 11 1. 15 luglio 1966 n. 604; dell'art.

6 1. 26 febbraio 1982 n. 54; omessa o insufficiente motivazione

su un punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5,

c.p.c.)». Ciò, per avere il tribunale ritenuto sussistente, nella

specie, l'obbligo di corrispondere l'indennità sostitutiva del

preavviso. Sostiene che il tribunale avrebbe dovuto considerare che lad

dove — come nella specie — il regime contrattualistico di stabi

lità garantito ai dipendenti è più favorevole rispetto a quello

legale (ad esempio non è consentito il licenziamento per giustifi cato motivo oggettivo) non può esservi obbligo, in applicazione delle clausole contrattuali relative alla risoluzione automatica

del rapporto, di corrispondere l'indennità sostitutiva del preav viso: il contrario avviso espresso dal tribunale è fondato su pre cedenti giurisprudenziali inconferenti, in quanto relativi a licen

ziamenti intimati prima del raggiungimento dell'età pensionabi

le, sia pure con preavviso che scade alla data stessa.

Contesta, comunque, quell'orientamento giurisprudenziale se

condo il quale, non essendo prevista per i dipendenti degli enti

pubblici economici la cessazione automatica del rapporto di la

voro, v'è, comunque, la necessità di intimare il preavviso, e, secondo il quale, anche in presenza di una clausola di stabilità

relativa (che prevede cioè la cessazione automatica del rapporto di lavoro al compimento dell'età pensionabile), sussiste tale ob

bligo del preavviso. Trattasi — sottolinea il ricorrente — di orientamento minori

tario ed ormai superato, che considerava nulla la c.d. clausola

di stabilità relativa per violazione delle norme sul contratto a

tempo determinato e non teneva conto che, a differenza di quanto avviene nelle fattispecie disciplinate dall'art. 11 1. n. 604 del

1966, nella quali il lavoratore non sa se al raggiungimento del l'età pensionabile gli verrà intimato o meno il licenziamento, il preavviso nel caso di clausola che preveda la risoluzione auto

matica del rapporto non ha alcuna ragion d'essere, dato che

il lavoratore conosce perfettamente la data di risoluzione del

rapporto. A conferma della tesi esposta, il ricorrente richiama l'art. 6

1. n. 54 del 1982 che, all'ultimo comma, dispone che, ove venga esercitata l'opzione, la cessazione del rapporto di lavoro per avvenuto raggiungimento del requisito di anzianità contributiva

avviene in ogni caso senza obblighi di preavviso per alcuna del

le parti. Tale norma — conclude il ricorrente — ha recepito un sistema di cessazione del rapporto di lavoro per anzianità

che era già contenuto in alcune contrattazioni collettive partico larmente avanzate, fra cui quella in questione, la quale anzi

prevede la protrazione del rapporto di lavoro fino al raggiungi mento della anzianità contributiva massima in modo automati

co e cioè senza la necessità dell'esercizio di opzione da parte del lavoratore, confermando cosi di prevedere un regime di sta bilità più favorevole al lavoratore rispetto alle disposizioni di legge.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia «violazione e

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

falsa applicazione degli art. 1362 ss. c.c. in relazione agli art.

42 e 43 ceni 1979, e dell'art. 2118 c.c., nonché contraddittoria

motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360,

nn. 3 e 5, c.p.c.)». Lamenta che il tribunale, dopo aver ritenuto la nullità della

clausola contrattuale collettiva nella parte in cui esclude il dirit

to al preavviso del lavoratore licenziato per raggiunti limiti di

età, abbia imputato le mensilità aggiuntive corrisposte dall'Enel ex art. 43, 11° comma, ad indennità sostitutiva del preavviso;

ciò, però, senza accertare se le parti collettive, nel prevedere

la corresponsione delle suddette mensilità, avessero inteso im

putarle effettivamente a tale titolo. Cosi operando il tribunale — osserva il ricorrente — ha attribuito prevalenza al criterio

interpretativo di cui all'art. 1367 c.c. (principio della conserva zione del contratto) omettendo tuttavia ogni indagine sulla co

mune intenzione delle parti, costituente criterio ermeneutico pre

valente.

Sotto altro profilo osserva che la soluzione adottata dal tri

bunale appare in contrasto con una interpretazione sistematica

delle clausole contrattuali: da un lato, infatti, si ritiene la nulli

tà del contratto nella parte in cui non prevede il diritto al preav

viso e, dall'altro, che le mensilità aggiuntive siano imputabili ad indennità di mancato preavviso.

Entrambi i motivi — che per ragione di connessione vanno

trattati congiuntamente — sono infondati.

La statuizione — che, riconoscendo il carattere retributivo

ai compensi corrisposti per lavoro straordinario (fisso e conti

nuativo) nonché per indennità di «trasferta forfetizzata» e «gui

da auto-moto», ha attribuito allo Schiano il diritto di vedersi calcolati quei compensi ai fini della determinazione dell'inden nità di anzianità (come maturata fino alla data del 31 maggio 1982) — risulta impugnata soltanto indirettamente. Nel senso

che l'Enel, muovendo censure unicamente in ordine alla natura

del titolo di erogazione delle quattro mensilità aggiuntive di cui all'art. 43 del contratto collettivo, si è limitato, opponendo una

sorta di compensazione, a paralizzare gli effetti di tale diritto.

L'oggetto d'indagine resta circoscritto al seguente quesito: sta

bilire, cioè, se detta erogazione sia rientrata — come sostiene

l'ente — nell'ambito della liquidazione del trattamento conven

zionale di fine rapporto, più favorevole rispetto a quello legale

e, perciò, prevalente su quest'ultimo per via di assorbimento

di ogni altra pretesa propria del regime legale od abbia costitui to — come, invece, afferma il tribunale — pagamento del'lin

dennità sostitutiva del preavviso.

Sicché, non è tanto il diritto al computo, come originaria

mente invocato dall'attore, a porsi ancora in discussione quan

to la sua idoneità a produrre, nel caso concreto, i propri effetti.

Ciò premesso, in relazione appunto al caso che ne occupa,

in cui il rapporto di lavoro è cessato sotto il vigore della 1.

297/82 e per licenziamento intimato (con lettera 25 giugno -

2 luglio 1986, ossia) appena trenta giorni prima ed in ragione

del raggiungimento del limite di età, da parte del dipendente,

esclude la corte che il tribunale sia incorso nelle violazioni e vizi denunciati avendo correttamente «imputato» l'erogazione delle mensilità aggiuntive ad indennità di preavviso non appa

rendo, comunque, valida l'argomentazione di un'integrazione

di trattamento (convenzionale) di fine rapporto più favorevole.

È ius receptum, nella giurisprudenza di questa corte, la rego

la dell'illegittimità di una manifestazione datoriale di recesso ad effetto differito al compimento dell'età pensionabile, da par

te del dipendente e del conseguente obbligo, una volta resa tale

manifestazione, di corresponsione dell'indennità di preavviso (v.

Cass. 7111/92, Foro it., Rep. 1992, voce Lavoro (rapporto),

n. 1728; 933/93, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1532; 11986/93, ibid., n. 1531; 2409/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 1544).

La ragione è che, a differenza di quanto avviene nel pubblico

impiego, in cui è automatica la risoluzione del rapporto di lavo

ro per effetto del raggiungimento del limite di età da parte del

dipendente, che proprio a tale momento, per ciò stesso, è collo

cato a riposo, nel campo privatistico non opera detta automati

cità, ben potendo il rapporto di lavoro subordinato protrarsi

anche dopo quel limite di età ed occorrendo, ai fini della sua cessazione, comunque, una manifestazione di volontà, sia essa

di recesso da parte del datore di lavoro ovvero di dimissioni

o di mutuo consenso.

Il Foro Italiano — 1996.

Per cui, ove intimato al dipendente con preavviso scadente

in coincidenza del giorno in cui questi raggiungerà l'età utile

per il pensionamento di vecchiaia e sarà in possesso dei requisiti

relativi, il licenziamento — proprio cioè in quanto anteriore a

siffatta data — è illegittimo, in applicazione degli art. 1, 2, 3 ed 11 1. 15 luglio 1966 n. 604.

In altri termini, il potere di recesso (ad nutum) del datore

di lavoro sorge solo al momento in cui il lavoratore è nel pos

sesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vec

chiaia (v. Cass. 2868/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1225, e 7151/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2224) — o meglio, nel momento in cui, dato il compimento del 60° anno di età (come

previsto dal contratto collettivo) viene a cessare il regime della

stabilità (che certamente assiste un rapporto di lavoro subordi

nato, qual è quello in oggetto, alle dipendepze dell'Enel) esclu

dente la risoluzione se non per giusta causa o giustificato moti

vo — ed è esercitabile a norma dell'art. 2118 c.c., ossia con

pravviso decorrente da esso evento ovvero versando, al lavora

tore che l'accetti, la relativa indennità sostitutiva (v. Cass.

12558/93, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1526). Tutto ciò, orbene, sta a significare che se, da un lato, non

si può, peraltro, negare, in via di principio la facoltà alle parti — che, invero, fruiscono della piena autonomia — di convenire

l'automatica cessazione del rapporto al raggiungimento, da par

te del dipendente, dell'età pensionabile, dall'altro, occorre che

— ove opposta — una siffatta clausola (c.d. di durata massima

del contratto) preveda — stante, come si è detto la naturale

espansione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato non

ché il sacrificio che ne deriva dei diritti, per il lavoratore, con nessi al periodo di preavviso (v. Cass. 4624/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1328) — l'obbligo di preavviso o di forme compen sative e la rilevanza delle cause di sospensione di cui all'art.

2110 c.c. Ciò, pena la nullità di essa clausola, per contrasto

con le norme sui contratti a tempo indeterminato (che vietano

la prefissione di una data scadenza, produttiva di risoluzione

automatica del rapporto) e per violazione di norme inderogabi

li, quali solo quelle che vietano la preventiva rinuncia al preav

viso (v. Cass. 3572/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1698). È quanto, appunto, correttamente statuito dal tribunale che,

ritenendo in sostanza «legale» per l'ente l'obbligo di risolvere

con preavviso il rapporto di lavoro coi dipendenti, ha deciso

la controversia a prescindere da una disciplina, in materia, pat

tizia, da qualificarsi — se esistente ed in quanto contraria alla

legge — comunque, illegittima per violazione degli art. 2118 e 2119 c.c. E l'ha fatto, ritenendo l'erogazione delle mensilità

aggiuntive in questione dovuta a titolo di pagamento dell'inden

nità sostitutiva del preavviso. Individuazione, questa, che si sot

trae alle mosse censure, in quanto operata in ordine a forme

di compensi collegate a casi, comunque, di cessazione del rap

porto, causata da dimissioni ante tempus nonché dal raggiungi

mento del limite di età ed anzianità contributiva del dipendente;

sul rilievo non già dell'esistenza in concreto di una clausola esclu

dente il preavviso ma di una ipotizzabile nullità di siffatta clau

sola, ove opposta e, quindi, nel convincimento di una volontà

delle parti collettive certamente non diretta a negare l'indennità

sostitutiva in oggetto, che è dovuta, per legge, ancorché abbia

a ritenersi consentita, dalla stessa disciplina pattizia, l'automa

tica risoluzione del rapporto di lavoro al compimento dell'età

pensionabile. A ciò aggiungasi il disposto dell'art. 4, 5° com

ma, 1. n. 297 del 1992, secondo cui «restano salve le indennità

corrisposte alla cessazione del rapporto aventi natura e funzio

ne diverse da quelle dell'indennità di anzianità, di fine lavoro,

di buonuscita, comunque, denominate». Con tale previsione il

legislatore ha inteso precisare che gli aspetti inderogabili della

disciplina sono attinenti solo al «titolo» del trattamento di fine

rapporto, sussistendo la possibilità del datore di lavoro di corri

spondere al lavoratore, in occasione della cessazione del rap

porto, erogazioni aggiuntive, distinte dal trattamento di fine rap

porto ed a diverso titolo si da collocarsi a latere. In via esempli

ficativa (come indicato nella circolare del ministero delle finanze

n. 2 del 5 febbraio 1986 e nella circolare Inps n. 170 del 19

luglio 1990) nell'ambito delle erogazioni aggiunte al trattamen to di fine rapporto possono rientrare i premi, le incentivazioni,

le liberalità, il c.d. premio di prepensionamento, gli importi ero

gati in caso di cessazione anticipata del rapporto a tempo inde

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Page 5: sezione lavoro; sentenza 7 giugno 1995, n. 6396; Pres. Mollica, Est. Ciciretti, P.M. Arena (concl. conf.); Enel (Avv. Iaccarino, Paternò, Calandrelli) c. Schiano (Avv. Matrone). Conferma

PARTE PRIMA 1000

terminato, nelle ipotesi in cui la disciplina contrattuale o legale

ponga al datore di lavoro limitazioni al potere di recesso dal

rapporto, ecc.

Assumere, come fa il ricorrente, che l'esistenza di una clau

sola di «stabilità relativa» è tale da comportare risoluzione au

tomatica del rapporto senza preavviso né effetti sospensivi rela tivi e che la previsione di una contrattazione, assicurante mag

giore stabilità, è tale da escludere l'invocabilità della legge, è

inammissibile, non pertinente ed errato. Perché: a) tali argo mentazioni pongono per la prima volta, in questa sede, questio ni che, inerendo all'interpretazione di norme collettive, non rien

trano nella cognizione di questa corte, se non sotto il profilo del controllo del procedimento logico-giuridico seguito dal giu dice del merito e dell'osservanza, da parte dello stesso, dei ca

noni legali d'ermeneutica. Né è dato a questa corte di procedere al riesame degli atti processuali, atteso che il motivo di ricorso

non è formulato in termini di error in procedendo; b) non basta

richiamarsi ad una clausola se non se ne afferma, poi, l'esisten za in concreto per avvenuta apposizione in una data norma del

contratto collettivo. Il che tanto più rileva se si considera che

trattasi di clausola che, abbisognando di specifica pattuizione dal significato inequivoco, non può essere desunta dalla sempli ce previsione di una durata massima contrattuale (v. Cass.

4322/83, id., Rep. 1983, voce cit., n. 2460) e che opera riguar do a dipendenti non assistiti (a differenza di quelli dell'Enel) da stabilità reale; c) anche nell'ambito del regime di stabilità

convenzionale un conto è la previsione del potere di recesso

correlata alla verificazione di un dato evento ed un conto è —

salvo, ovviamente, patto contrario — l'intimazione (come è sta

ta nella specie) del licenziamento prima di essa verificazione. Né vale il riferimento alla fattispecie di esonero dal preavviso

ex art. 6, ultimo comma, 1. n. 54 del 1982, posto che qui non

si versa in caso di continuazione del rapporto a seguito di op zione del dipendente (sul punto cfr. Cass. 5047/89, id., Rep.

1989, voce cit., n. 1885). Detto ciò, ossia ritenuta corretta «l'imputazione», operata dal

giudice, delle mensilità aggiuntive ad indennità sostitutiva del

preavviso anziché ad integrazione dell'indennità di fine rappor

to, non ha più ragion d'essere la questione di comparazione di trattamento di fine rapporto — convenzionale e legale —

prospettata dall'Enel ai fini dell'asserito carattere assorbente e

prevalente dell'uno rispetto all'altro. Il confronto, a tali fini, tra la disciplina legale e quella convenzionale, che impone la

considerazione unitaria nell'unico istituto di tutte le disposizio ni che incidono sulla determinazione della base di calcolo e sul

la previsione delle varie maggiorazioni aggiuntive, è applicabile soltanto se all'esito dell'operazione di ermeneutica contrattuale

si giunga a qualificare la maggioranza aggiuntiva come compo nente del trattamento di fine rapporto. Talché ove, come nella

specie, sia individuato un titolo diverso, la conseguenza è che il datore di lavoro deve corrispondere sia il trattamento di fine

rapporto (come calcolato ai sensi di legge e, quindi, col calcolo

dei compensi retributivi suindicati) sia l'erogazione aggiuntiva, senza decurtazioni di sorta.

Cioè, come ha fatto il tribunale.

Il ricorso, perciò, non è meritevole di accoglimento.

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 giugno

1995, n. 6265; Pres. O. Fanelli, Est. Ravagnani, P.M. Mar

tone (conci, diff.); Pantaleoni (Avv. D'Aloisio) c. Soc. Ali

talia; Soc. Alitalia (Aw. Marazza) c. Pantaleoni. Cassa Trib.

Roma 7 dicembre 1993.

Lavoro (rapporto di) — Diritto all'esecuzione della prestazione — Violazione — Danni — Risarcibilità — Limiti (Cod. civ., art. 2103).

Il diritto del lavoratore all'esecuzione della prestazione trova

limite nella liceità del comportamento del datore di lavoro,

configurabile laddove l'inattività cui questi costringa il lavo

ratore trovi giustificazione nell'esercizio dei poteri garantiti al datore stesso dall'art. 41 Cost., o in quello dei poteri disci

plinari, in queste ultime ipotesi non dovendo essere risarciti

gli eventuali danni derivati dalla lesione del diritto stesso, al

trimenti potenziale fonte di danni risarcibili, patrimoniali e di altra natura (alla professionalità). (1)

Motivi della decisione. — Devesi anzitutto disporre la riunio

ne dei due ricorsi, siccome proposti avverso la medesima sen

tenza (art. 335 c.p.c.). Con il primo motivo del ricorso principale, deducendosi vio

lazione dell'art. 2112 c.c. e vizi della motivazione, si lamenta

che non sia stato accertato il diritto al risarcimento del danno

professionale derivante dalla forzata inattività, che ha compor

(1) A quel che consta, è la prima volta (v. però il rapidissimo spunto in Cass. 13 agosto 1991, n. 8835, Foro it., Rep. 1992, voce Lavoro (rapporto), n. 721, e Riv. it. dir. lav., 1992, II, 954, con nota di F.

Focareta, Sottrazione di mansioni e risarcimento del danno, e Riv. critica dir. lav., 1992, 390, con nota di R. Muggia, Dequalificazione, inattività e danni risarcibili), che la giurisprudenza di legittimità ricono

sce, con la sentenza in epigrafe, il diritto del lavoratore tout court all'e secuzione della prestazione, tradizionalmente riconosciuto solo con rife rimento a particolari rapporti (su questi ultimi, v., per tutti, F. Carin ci, R. De Luca Tamajo, P. Tosi, T. Treu, Diritto del lavoro. 2. Il

rapporto di lavoro subordinato, 3a ed., Torino, Utet, 1992, 280). In dottrina, appunto per l'affermazione dell'esistenza generalizzata

di tale diritto, cfr., tra gli altri, con percorsi argomentativi vari, S.

Chiarioni, Statuto dei lavoratori e tecniche di attuazione dei diritti, in Quaderni dir. lav. e relazioni ind., 1989, 60; P. G. Corrias, Lavoro subordinato e interesse alla prestazione, ed. prow., Editar, Cagliari, 1983, 138 ss.; F. Mazzotti, Il licenziamento illegittimo, Liguori, Napo li, 1982, 242 ss.; G. Santoro Passarelli, in AA.VV., Le sanzioni nella tutela del lavoro subordinato, Giuffrè, Milano, 1979, 129 ss.; Chiario

ni, Dal diritto alla retribuzione al diritto di lavorare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 1461 ss.; ma già R. Scognamiglio, in AA.VV., Man sioni e qualifiche dei lavoratori. Evoluzione e crisi dei criteri tradiziona li, Giuffrè, Milano, 1975, 34; G. Giugni, ibid., 161 ss., con qualche distinguo; L. de Angelis, Considerazioni sul diritto al lavoro e sulla sua tutela, in Riv. giur. lav., 1973, I, 223 ss. Per più completi riferi menti e per un'articolata ricostruzione delle varie tesi, cfr., di recente, V. Speziale, Mora del creditore e contratto di lavoro, Cacucci, Bari, 1992, 204 ss.

Contra, tra i molti, A. Vallebona, Tutele giurisdizionali e autotutela individuale del lavoratore, Cedam, Padova, 1995, 117 ss.; Speziale, cit., 210 ss.; E. Balletti, La cooperazione del datore all'adempimento dell'obbligazione di lavoro, Cedam, Padova, 1990, 76 ss., spec. 147; S. Magrini, in AA.VV., Licenziamenti illegittimi e provvedimenti giu diziari, Giuffrè, Milano, 1988, 149 ss.; M. Grandi, Rapporto di lavo

ro, voce de\VEnciclopedia del diritto, 1987, XXXVIII, 337-338; M. Del

l'Olio, Licenziamento, reintegrazione, retribuzione, risarcimento, in Mass. giur. lav., 1979, 543. Per ulteriori richiami ad altri scritti, sempre di impostazione contraria, cfr., ancora, Speziale, cit., 210 ss.

Sul connesso problema della risarcibilità del danno da dequalificazio ne sub specie della violazione dell'art. 13 1. n. 300 del 1970 (quest'ulti mo utilizzato anche ai fini della risoluzione del problema in questione dalla sentenza in epigrafe e da molti dei citati autori favorevoli alla tesi da essa ora accolta), cfr. Cass. 26 febbraio 1994, n. 1982, Foro

it., Rep. 1994, voce cit., n. 730; 26 gennaio 1993, n. 931, ibid., n. 731, e Riv. it. dir. lav., 1994, II, 149, con nota di A. Pizzoferrato, Tutela della professionalità e organizzazione produttiva-, 16 dicembre 1992, n. 13299, Foro it., 1993, I, 2883, con nota di richiami (in ipotesi di dequalificazione per motivi di ordine politico); nella giurisprudenza di merito, tra le altre, Pret. Napoli 10 ottobre 1992, ibid.; Pret. Roma 17 aprile 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 795, e Riv. it. dir. lav., 1992, 543, con nota di V. A. Poso, Dequalificazione professionale e risarcimento del danno biologico-, Pret. Milano 8 aprile 1992, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 677; Pret. Roma 3 ottobre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 798, e Riv. critica dir. lav., 1992, 390, con la citata nota di Muggia.

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