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sezione lavoro; sentenza 8 aprile 1998, n. 3632; Pres. Pontrandolfi, Est. Vidiri, P.M. Nardi(concl. conf.); Ferraro (Avv. G. Romanelli, Capuzzi) c. Ispettorato provinciale del lavoro diPadova. Cassa Pret. Padova 14 giugno 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1841/1842-1843/1844Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192641 .
Accessed: 25/06/2014 04:39
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 aprile
1998, n. 3632; Pres. Pontrandolfi, Est. Vronu, P.M. Nardi
(conci, conf.); Ferraro (Aw. G. Romanelli, Capuzzi) c. Ispet torato provinciale del lavoro di Padova. Cassa Pret. Padova
14 giugno 1995.
Procedimento civile — Udienza di discussione — Sciopero degli avvocati — Adesione del difensore di una delle parti — Ri
spetto del principio del contraddittorio — Fattispecie (Cost., art. 3, 24; cod. proc. civ., art. 101).
Viola il principio del contraddittorio, determinando la nullità
della sentenza emessa, il giudice che, nell'udienza di discus
sione, impedisca al difensore di una delle parti di svolgere la sua difesa tecnica; a nulla rilevando che il difensore abbia
dichiarato, all'apertura dell'udienza, di voler aderire allo «scio
pero degli avvocati», atteso che egli è sempre libero, sin quando dura l'udienza di trattazione, di mutare condotta, spiegando
conseguentemente la sua attività difensiva. (1)
Svolgimento del giudizio. — Con ricorso depositato in data
4 settembre 1993 Graziano Ferrara proponeva opposizione
all'ordinanza-ingiunzione 9286/93, emessa dall'ispettorato pro vinciale del lavoro di Padova il 27 luglio 1993, e notificata in
data 5 agosto 1993, per avere assunto direttamente — e non
per il tramite dell'ufficio di collocamento — Agostino Voltolina
in violazione dell'art. 27, 2° comma, 1. n. 264 del 1949. Dedu
ceva il ricorrente l'insussistenza di un rapporto di lavoro subor
dinato con il Voltolina per avere instaurato con costui, titolare
di una impresa artigiana, un rapporto di lavoro autonomo atte
so che le sue prestazioni avevano carattere di saltuarietà ed in
dipendenza ed i compensi erano sempre commisurati all'attività
effettivamente svolta, con emissione di regolari fatture. In via
(1) Non constano precedenti specifici in termini.
La pronuncia si segnala per aver affrontato il tema del rispetto del
principio del contraddittorio con particolare riferimento al diritto del
difensore di astenersi dallo svolgere la propria attività difensiva per aderire
al c.d. «sciopero degli avvocati». Nel risolvere lo specifico problema
postosi in tal caso, con l'affermazione del principio di cui alla massima
sopra riportata, la Suprema corte ha peraltro sottolineato non solo che
il principio del contraddittorio «non è riferibile solo all'atto introdutti
vo del giudizio, ma deve realizzarsi nella sua piena effettività durante
tutto lo svolgimento del processo e, quindi, anche con riferimento ad
ogni atto o provvedimento ordinatorio, in relazione al quale si ponga
l'esigenza di assicurare la presenza in causa e la diretta difesa di tutti
gli interessati alla lite», ma anche che la reale portata di tale principio la si coglie ove lo stesso sia posto in relazione — oltre che con l'art.
3 Cost. — con l'art. 24, 2° comma, Cost. Su tale profilo, e più in generale sul principio del contraddittorio,
cfr., fra gli altri, Comoglio, Contraddittorio, voce del Digesto civ.,
Torino, 1989, IV, 1 ss.; Nasi, Contraddittorio, voce dt\V Enciclopedia del diritto, Milano, 1961, IX, 720 ss.; Martinetto, Contraddittorio, voce del Novissimo digesto, Torino, 1959, IV, 458 ss.; Scaparone, Rap
porti civili, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca,
Bologna-Roma, 1981; Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civi
le, Napoli, 1996, 225 ss.; Id., Dell'esercizio dell'azione, in Commenta
rio al c.p.c. diretto da Allorio, Torino, 1973, I, 2, 108 ss.; Tarzia, Problemi del contraddittorio nell'istruzione probatoria civile, in Riv.
dir. proc., 1984, 634 ss.; Id., Il contraddittorio nel processo esecutivo,
id., 1978, 193 ss.; Liebman, Il principio del contraddittorio nel proces so civile italiano, in Mon. trib., 1966, 607 ss.; Ferri, Sull'effettività del contraddittorio, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1988, 780 ss.; Id., Contraddittorio e poteri decisori del giudice, in Studi Urbinati, XLIX
L, 1980-1982 (ma 1984); Chiarloni, Questioni rilevabili d'ufficio, dirit
to di difesa e «formalismo delle garanzie», in Riv. trim. dir. e proc.
civ., 1987, 569 ss.; Colesanti, Principio del contraddittorio e procedi menti speciali, in Riv. dir. proc., 1975, 577 ss.; Mazza, Violazione del
contraddittorio e nullità del procedimento per mancata comunicazione
della riapertura del verbale d'udienza, in Nuova giur. civ., 1992, I, 261.
Sul dibattito relativo alla legittimità ed alle posibili modalità di asten
sione collettiva dall'attività giudiziaria da parte degli eserenti la profes sione forense, cfr., da ultimo, Corte cost. 27 maggio 1996, n. 171, Foro
it., 1997, I, 1027, con nota di Di Chiara e nota di Pino, La Corte
costituzionale e l'astensione dal lavoro degli avvocati: i margini di ap
plicazione della I. 146/90 e il dibattito in seno alla commissione di ga
ranzia, e le successive ordinanze 318 e 273/96 e 105/98, nonché le deli
berazioni della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo
sciopero nei servizi pubblici essenziali 5 e 12 giugno 1997, ibid., Ill,
411, con osservazioni di Pino.
Il Foro Italiano — 1998 — Parte I-35.
subordinata deduceva l'insussistenza ideila violazione perché l'a
zienda aveva solo tre dipendenti e, pertanto, non aveva l'obbli
go di procedere all'assunzione di un quarto dipendente attraver
so l'ufficio di collocamento.
Dopo la costituzione dell'ispettorato del lavoro, che chiedeva
il rigetto dell'opposizione deducendo che il Voltolina aveva la
vorato alle dipendenze del Ferraro in qualità di muratore unita
mente ad altri dipendenti, il Pretore di Padova con sentenza
del 30 maggio-14 giugno 1995 rigettava il ricorso e condannava
il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nel pervenire a tali conclusioni il pretore osservava che dalle risultanze testi
moniali era emerso che il Voltolina era organicamente inserito
nell'azienda tanto che operava unitamente agli altri lavoratori
e come questi era sottoposto alle direttive del Ferraro, e, in
mancanza, a quelle del Merlin.
Evidenziava, infine, il pretore che la disposizione di cui al
l'art. 11,3° comma, 1. 264/49 riguardava esclusivamente le as
sunzioni dirette ad integrare il limite organico di tre dipendenti e non poteva, quindi, trovare applicazione per le imprese che — come nella fattispecie in esame — avevano già raggiunto tale limite.
Avverso la sentenza pretorile Graziano Ferraro propone ri
corso per cassazione. Resiste con controricorso l'ispettorato pro vinciale del lavoro di Padova.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente
deduce violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ed
in particolare degli art. 3 e 40 Cost., nonché violazione e falsa
applicazione degli art. 3 e 24 Cost, e 6 della convenzione dei
diritti dell'uomo e della libertà fondamentali firmata a Roma
il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con 1. 848/55.
Il motivo è fondato e pertanto va accolto. All'udienza di di
scussione della causa, tenutasi il 30 maggio 1995 — in un perio do cioè di agitazione dell'avvocatura italiana decisa in sede na
zionale dall'assemblea generale degli ordini forensi — il pocura tore del Ferraro chiedeva al pretore il rinvio dell'udienza in
ragione della sua adesione alla proclamata agitazione. A seguito della richiesta di controparte di procedere egualmente alla trat
tazione, il suddetto difensore, pur ribadendo la propria posizio
ne, si era comunque dichiarato disposto a spiegare la propria attività difesiva. Il pretore aveva, così, autorizzato la discussio
ne ma aveva, però, escluso dalla stessa il procuratore del Ferra
ro, impedendogli di esporre le proprie ragioni e di spiegare le
proprie difese anche in relazione all'ampia istruttoria svolta.
Tale essendo stato l'andamento dell'udienza, quale risulta do
cumentato dal verbale di causa, non può revocarsi in dubbio
che vi sia stata una violazione del diritto di difesa del Ferraro.
L'art. 24, 2° comma, Cost, statuisce che «la difesa è diritto
inviolabile in ogni stato e grado del giudizio». Come ha osser
vato la dottrina processualistica, la vera portata ed il pieno si
gnificato del principio del contraddittorio di cui all'art. 101 c.p.c. si comprende pienamente se tale disposizione viene messa in
relazione, oltre che con la regola dell'eguaglianza proclamata dall'art. 3 Cost., anche con il diritto tutelato dal summenziona
to art. 24, 2° comma, Cost., la cui portata involge gli aspetti
tecnici della difesa e garantisce a ciascuno dei destinatari del
provvedimento del giudice di influire sul contenuto di tale prov vedimento.
Come ha più volte ribadito questa corte il suddetto principio del contraddittorio non è riferibile solo all'atto introduttivo del
giudizio, ma deve realizzarsi nella sua piena effettività durante
tutto lo svolgimento del processo e, quindi, anche con riferi
mento ad ogni atto o provvedimento ordinatorio, in relazione
al quale si ponga l'esigenza di assicurare la presenza in causa
e la diretta difesa di tutti gli interessati alla lite (cfr. in tali
sensi explurimis: Cass. 30 gennaio 1995, n. 1093, Foro it., Rep.
1995, voce Procedimento civile, n. 241; 5 luglio 1989, n. 3205,
id., Rep. 1989, voce cit., n. 120). Alla stregua di quanto detto, viola, quindi, il principio del
contraddittorio, determinando la nullità della sentenza emessa,
il giudice che impedisce al procuratore di una parte di svolgere
nella udienza di discussione la sua difesa tecnica, vietando allo
stesso di esporre le ragioni a sostegno delle sue richieste e di
contraddire quelle di controparte. Né una siffatta limitazione
del diritto del difensore può trovare una qualche giustificazione in una sua precedente dichiarazione di volere aderire al c.d.
«sciopero degli avvocati», atteso che egli è sempre libero, sin
quando dura l'udienza di trattazione, di mutare condotta, di
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1843 PARTE PRIMA 1844
spiegare cioè regolarmente la sua attività tecnica e di discutere
la causa.
L'accoglimento del primo motivo del ricorso comporta l'as
sorbimento di tutte le ulteriori censure con le quali il Ferraro
denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
un punto decisivo della controversia, lamentando che il pretore, facendo un non corretto uso delle risultanze istruttorie e non
dando adeguata giustificazione alle conclusioni cui era pervenu
to, aveva ritenuto sussistere tra esso Ferraro ed il Voltolina un
rapporto di lavoro subordinato.
Per concludere, va accolto il primo motivo e vanno dichiara
te assorbite le altre censure del ricorso. Alla stregua dell'art.
384 c.p.c., la sentenza impugnata va cassata e la causa va ri
messa ad un diverso giudice, che si designa nel Pretore di Vene
zia, il quale procederà ad un nuovo esame della controversia.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 27 mar
zo 1998, n. 3239; Pres. Patierno, Est. Paolini, P.M. Cafié
ro (conci, conf.); Dalmonego e altro (Avv. Antonelli, Tad
dei) c. Soc. Eliotermica (Avv. Calò, Margoni). Conferma
App. Trento 16 novembre 1994.
Appalto — Inadempimento dell'appaltatore — Verifica in cor
so d'opera — Fattispecie (Cod. civ., art. 1453, 1662, 1665).
Il committente che non abbia richiesto la verifica in corso d'o
pera, è legittimato a domandare giurisdizionalmente l'esecu
zione del contratto d'appalto. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 25 mar
zo 1998, n. 3150; Pres. Patierno, Est. Cioffi, P.M. Frazzi
ni (conci, conf.); Ciprietti e altro (Avv. T. Mancini) c. Ce
troni (Avv. Vitucci, Feleppa) e Capicciotti; Capicciotti (Avv.
Spinelli, Romanucci) c. Cetroni e altri. Conferma App. L'A
quila 29 luglio 1995.
Appalto — Costruzione in cemento armato — Omessa denun
cia dell'opera — Impossibilità di collaudo — Fattispecie (Cod. civ., art. 1453; 1. 5 novembre 1971 n. 1086, norme per la
disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, nor
male e precompresso ed a struttura metallica, art. 4, 7, 8).
Il collaudatore di una costruzione in cemento armato non può
procedere al collaudo quando l'appaltatore-costruttore non
abbia denunziato la costruzione prima dell'inizio dei lavori. (2)
(1-2) Entrambe le pronunce attengono a profili d'inadempimento del
l'appaltatore. Il primo problema affrontato dalla Suprema corte attiene al rapporto sussistente tra le norme generali in tema di risoluzione e la verifica in corso d'opera, prevista nell'ambito della disciplina del contratto d'appalto.
La giurisprudenza prevalente sostiene la tesi che il rimedio posto dal l'art. 1662, 2° comma, c.c. è da ritenersi facoltativo e, dunque, concor rente con quello generale ex art. 1453 e 1455 c.c.
Pertanto, nulla osta a che il committente agisca, in corso d'opera, direttamente per la risoluzione giudiziale del contratto: in tal senso, v. Cass. 23 maggio 1992, n. 6218, Foro it., 1993, I, 3148, per un'ipotesi insolita in tema di costruzioni navali, ove si registra l'opposizione del
l'appaltatore alla verifica del committente; 18 maggio 1988, n. 3465, id., Rep. 1988, voce Appalto, n. 74; 28 giugno 1986, n. 4311, id., Rep. 1987, voce cit., n. 103; Coli. arb. 10 agosto 1984, id., Rep. 1986, voce
cit., n. 41, per un caso in cui l'appaltatore aveva interdetto al commit tente l'accesso per la verifica in corso d'opera, integrando gli estremi di un inadempimento contrattuale; Cass. 6 agosto 1983, n. 5279, id., Rep. 1983, voce cit., n. 58; 9 gennaio 1980, n. 163, id., Rep. 1980,
Il Foro Italiano — 1998.
I
Svolgimento del processo. — Gianni Dalmonego ed Antonia
Ceolan, con atto del 19 aprile 1985, citarono dinanzi al Tribu
nale di Trento la «Eliotermica» s.n.c., e, premesso che la stes
sa, con «preventivo» del 26 aprile 1980, si era obbligata a rea
lizzare l'impianto di riscaldamento «a pavimento» di una loro
casa sita nella via Milano di Mezzolombardo, esponendo che
l'opera in questione non era mai stata completata e che i lavori
eseguiti «presentavano notevoli carenze», di guisa che la con
troparte, con nota del 26 ottobre 1981, si era impegnata ad
ultimare l'impianto, a renderlo idoneo a fornire le temperature
promesse ed a collaudarlo, nonché, nel caso di collaudo negati
vo, ad installare, a sue spese, «un impianto a termosifone anzi
ché a pavimento», facendo presente, quindi, essere rimasti ina
dempiuti tutti i considerati obblighi ed impegni sebbene essi istanti
avessero pagato la somma di lire 8.470.000, chiesero condan
narsi la convenuta a completare ed a regolarizzare l'impianto
voce cit., n. 78; 17 settembre 1980, n. 5285, ibid., n. 40, ove si sottoli nea che la garanzia per i difetti dell'opera rimane integra quando, pur avendo il committente accettato l'opera senza riserve, i vizi sono occulti ed a tal fine è irrilevante il fatto che il committente abbia effettuato la verifica in corso d'opera ex art. 1662; 5 dicembre 1978, n. 5726, id., Rep. 1979, voce cit., n. 63, e Arch, civ., 1979, 469, con la quale si ribadisce che il ripetuto art. 1662, nel prevedere la verifica in corso
d'opera, delinea una mera facoltà e non un onere a carico del commit
tente, in quanto ha la sola funzione di consentirgli di provocare l'auto matica risoluzione del contratto al momento dell'inutile compimento del decorso del termine, sì che il mancato esercizio di tale facoltà non
comporta alcuna preclusione o decadenza per il committente. V., infi
ne, Cass. 2 aprile 1974, n. 936, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n. 37; 11 dicembre 1974, n. 4185, ibid., n. 20, che distingue l'azione di cui
all'art. 1662 da quella diretta a far valere la garanzia per difformità e vizi; 20 ottobre 1972, n. 3166, id., 1973, I, 1496, con nota di richiami.
Secondo altra parte della giurisprudenza, il rimedio della risoluzione
giudiziale, concesso al committente che abbia accordato all'appaltatore un termine per regolarizzare la propria esecuzione senza ottenerla, de
roga all'azione ordinaria di risoluzione, la quale sarebbe inibita in cor so d'opera.
Tale indirizzo ammette il ricorso immediato all'azione di risoluzione
giudiziale solo quando i vizi siano irreparabili e compromettano insana bilmente l'esecuzione del contratto. Così Cass. 14 giugno 1990, n. 5828, id., Rep. 1990, voce cit., n. 56; 30 marzo 1985, n. 2236, id., Rep. 1986, voce cit., n. 34; 26 marzo 1983, n. 2153, id., Rep. 1983, voce
cit., n. 60, in cui la Suprema corte dispone che le norme generali rego lanti la risolubilità dei contratti per inadempimento sono derogate, per quanto concerne la risolubilità del contratto di appalto per inadempi mento dell'appaltatore, dalla disposizione particolare dell'art. 1662, 2°
comma, con la conseguenza che, qualora il termine fissato dal commit tente all'appaltatore per rimediare alle difformità dell'opera decorra senza che l'appaltatore abbia provveduto all'eliminazione degli inconvenienti
lamentati, si giungerà automaticamente alla risoluzione del contratto ed al risarcimento dei danni patiti dal committente; 5 febbraio 1979, n. 763, id., Rep. 1979, voce cit., n. 65; v. anche Cass. 5 febbraio 1971, n. 275, id., Rep. 1971, voce cit., n. 21.
In dottrina, negli stessi termini della pronuncia in epigrafe, v. Gian
nattasio, L'appalto, in Trattato diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1977, 162; O. Cagnasso, Appalto nel diritto privato, voce del Digesto comm., Torino, 1987, I, 165; P. Resciono, Appalto: I) diritto privato, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1988, II, passim-, M. De Tilla, L'appalto privato e pubblico, Milano, 1996, 554, passim. Sostengono, invece, che il legislatore ha voluto lasciare all'appaltatore la possibilità di salvare il contratto regolarizzando la propria esecuzione
(sottolineando che, se il committente potesse chiedere direttamente la risoluzione ex art. 1453 anche in corso d'opera, l'appaltatore non po trebbe adoperarsi per le possibili regolarizzazioni ed il contratto verreb be risolto anche per irregolarità non sufficientemente gravi ai sensi de
gli art. 1668, 2° comma, e 1455 c.c.) M. Della Rocca, L'appalto nella
giurisprudenza, Padova, 1972, 187, e Rubino, L'appalto, Torino, 1980, 398.
Per ciò che concerne l'inadempimento dell'appaltatore per impossibi lità di procedere al collaudo, conseguenza della mancata presentazione della denunzia di costruzione presso il genio civile, l'unico precedente in termini, peraltro risalente, risulta Pret. Napoli 13 maggio 1976, Foro it., 1977, II, 30, che si preoccupa del risvolto penalistico dell'inadempi mento de quo. Per un'ipotesi in cui l'osservanza delle prescrizioni di cui alla 1. 5 novembre 1971 n. 1086 rileva in sede di sospensione dei
lavori, v. Cons. Stato, sez. II, 6 dicembre 1989, n. 803, id., Rep. 1992, voce Edilizia e urbanistica, n. 665. In dottrina, v. F. Lubrano, Opere e prefabbricati in cemento armato e struttura metallica, in Riv. amm., 1973, 129.
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