sezione lavoro; sentenza 8 maggio 2001, n. 6421; Pres. Ianniruberto, Est. Vidiri, P.M. Palmieri(concl. conf.); Dente (Avv. Ripoli, Rimoldi) c. Soc. Artegraf Legnano di Marchiotto L. &C.; Soc.Artegraf Legnano di Marchiotto L. &C. (Avv. Gutterez, Valesini) c. Dente. Cassa Trib. Milano31 ottobre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2477/2478-2481/2482Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197805 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
vinciale, non si limita a prevedere un mero indice di abbatti
mento del valore venale, ma introduce un differente e più com
plesso sistema di determinazione dell'indennità, risultante dalla
concorrenza di più fattori complementari, e quindi non un mero
obiettivo del precedente criterio ma un altro criterio, nella con
formazione del quale è proprio la combinazione prescelta tra i
vari elementi (positivi e negativi) del meccanismo liquidatorio che è, nel suo complesso, coessenziale all'obiettivo perseguito dal legislatore statale di determinare l'indennizzo espropriativo in misura particolarmente contenuta nell'attuale congiuntura economica.
E tuttavia successivamente a tale decisione, il legislatore pro vinciale di Bolzano è nuovamente intervenuto nella materia de
qua con la citata 1. n. 1 del 1997 che ha sostituito il criterio sud
detto con quello della semisomma del prezzo di mercato e del
prezzo agricolo calcolato dalla commissione di cui al successivo
art. 11 di cui si è detto: perciò introducendo un criterio del tutto
analogo ed adeguato a quello previsto dall'art. 5 bis, dato che ne
è stato recepito sostanzialmente il meccanismo ed il primo pa rametro di calcolo, e solo il secondo, quello cioè del reddito
dominicale rivalutato stabilito dagli art. 24 ss. t.u. approvato con
d.p.r. n. 917 del 1986 è stato sostituito dal prezzo agricolo ta
bellare avanti evidenziato, senza comportare quindi alcun'ap
prezzabile maggiorazione ed anzi non potendosi escludere che
per alcune zone e per alcune colture i prezzi agricoli siano addi
rittura inferiori al reddito dominicale suddetto. Sicché la sola
divergenza fra i due criteri risulta essere soltanto l'ulteriore de
curtazione del quaranta per cento prevista dalla legge statale pe raltro nella sola ipotesi in cui l'ente espropriante abbia formu
lato un'offerta seria e congrua dell'indennità, e ciò malgrado
l'espropriato abbia proposto opposizione giudiziale. In conclusione ed in conseguenza delle considerazioni svolte,
la corte deve: —
rigettare il primo, terzo e quarto motivo del ricorso princi
pale, nonché il terzo motivo del ricorso incidentale; —
accogliere nei limiti avanti precisati il secondo motivo del
ricorso principale, nonché il primo e secondo motivo di quello
incidentale; — dichiarare assorbito il quinto motivo del ricorso principale; — cassare la sentenza impugnata e rinviare alla Corte d'ap
pello di Trento che si atterrà ai principi esposti.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 mag
gio 2001, n. 6421; Pres. Ianniruberto, Est. Vidiri, P.M.
Palmieri (conci, conf.); Dente (Avv. Ripoli, Rimoldi) c. Soc.
Artegraf Legnano di Marchiotto L. & C.; Soc. Artegraf Le
gnano di Marchiotto L. & C. (Avv. Gutterez, Valesini) c.
Dente. Cassa Trib. Milano 31 ottobre 1997.
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento — Tutela reale o
obbligatoria — Limiti numerici — Accertamento — Fatti
specie (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della li
bertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'at
tività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento,
art. 18, 35).
Per individuare il tipo di tutela da riconoscere al lavoratore li
cenziato, conseguente, ai sensi degli art. 18 e 35 l. 20 maggio 1970 n. 300, al numero dei dipendenti che prestano la pro
pria attività presso l'impresa (o la singola unità produttiva della medesima in cui ha avuto luogo il licenziamento), il
giudice di merito deve accertare, con indagine di fatto insin
dacabile in Cassazione se adeguatamente motivata, la nor
male produttività dell'impresa (o della singola sede, stabili
1l Foro Italiano — 2002.
mento, filiale, ufficio o reparto autonomo) facendo riferi mento agli elementi significativi al riguardo, e in primo luogo alla consistenza numerica del personale dell'impresa stessa
(o dell'unità produttiva) in un periodo di tempo, antecedente
al licenziamento, che sia idoneo, in ragione della sua durata
e della specifica attività e natura dell 'impresa, a disvelare la
suddetta produttività, a tal fine potendo acquisire rilievo de
cisivo anche la riduzione del numero dei dipendenti operata in prossimità del licenziamento ove sia conseguente non a
condotte elusive del datore di lavoro ma ad oggettive condi
zioni di mercato e/o a comprovate esigenze economiche del
l'impresa tali da far ragionevolmente ritenere una ormai sta
bile contrazione dell 'attività produttiva, e, conseguentemente, anche una definitiva riduzione della manodopera al di sotto
del numero previsto. ( 1 )
Motivi della decisione. — (Omissis). 4. - I due motivi del ri
corso principale da esaminarsi congiuntamente, per comportare la soluzione di questioni tra loro strettamente connesse, risulta
no, invece, fondati e, pertanto, meritano accoglimento. È principio più volte affermato dalla giurisprudenza, e condi
viso unanimemente in dottrina, che in materia di licenziamenti
individuali un'interpretazione degli art. 18 e 35 statuto dei lavo
ratori diretta a consentire un accertamento del numero dei di
pendenti al fine della determinazione della natura della tutela
(reale o obbligatoria) del posto di lavoro ad essi spettante non
può basarsi su di un criterio meramente letterale (cfr., al riguar
do, ex plurimis, Cass. 12 novembre 1999, n. 12592, Foro it.,
Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 1957; 22 aprile 1997, n.
3450, id., Rep. 1997, voce cit., n. 1553; 20 febbraio 1996, n. 1298, id., Rep. 1996, voce cit., n. 1409). Una siffatta statuizione
va ribadita perché sorretta da evidenti ragioni logico
sistematiche, emergendo con evidenza l'illogicità di un'opzione
interpretativa che proprio in una materia, caratterizzata dall'ap
(1) Con la sentenza in epigrafe la Corte di cassazione, facendo leva
sulla composita ratio sottesa agli art. 18 e 35 1. 20 maggio 1970 n. 300, utilizza la nozione di «normale produttività» dell'impresa (o dell'unità
produttiva) ai fini di individuare il criterio numerico di cui agli art. 18 e
35 medesimi, e, sottolineando l'impossibilità di fissare una regola vali
da per ogni genere d'impresa, enuclea le regole «flessibili ed elasti
che», come definite nella stessa sentenza, riportate in massima. Nel fare
ciò viene a distinguersi dall'elaborazione giurisprudenziale precedente, ricostruita approfonditamente e richiamata con puntualità, della quale fa integralmente proprio il solo principio per il quale ai fini d'interpre tare gli art. 18 e 35 cit. non ci si può basare sul mero dato letterale che
implica la cristallizzazione del dato numerico al momento del licenzia
mento (alle sentenze richiamate da Cass. 6421/01 in epigrafe, adde, da
ultimo, Cass. 20 gennaio 2000, n. 609, Foro it., Rep. 2000, voce Lavo
ro (rapporto), n. 1615; tra quelle richiamate, cfr., in particolare, Cass.
27 marzo 1996, n. 2756, id., 1996, 1, 2427, con nota di richiami). La
sentenza in epigrafe disattende le varie impostazioni che agganciano il
dato occupazionale ad una media e ad un preciso arco temporale, ivi
compresa quella che si avvale del riferimento semestrale di cui all'art.
1,1° comma, 1. 23 luglio 1991 n. 223 (cfr. Cass. 12 novembre 1999, n.
12592, id., Rep. 2000, voce cit., n. 1957; per le altre impostazioni che
utilizzano il riferimento trimestrale o annuale, v. i richiami in senten
za). Cass. 6421/01 si discosta altresì dalle tesi meno rigide che utilizza
no il criterio c.d. dell'organico oggettivo, e, nel dare valore anche, sia
pure nei soli casi evidenziati in massima, alla riduzione del numero dei
dipendenti operata in prossimità del licenziamento, viene a caratteriz
zarsi (ma cfr. già Cass. 29 luglio 1998, n. 7448, id., Rep. 1999, voce
cit., n. 1665, e, per esteso, Giust. civ., 1999, I, 3411, con nota di L.
Ferluga, Disciplina limitativa dei licenziamenti e momento di calcolo
dei dipendenti, non richiamata dalla sentenza in epigrafe) dall'imposta zione che richiama le medie e normali esigenze produttive dell'azienda, in riferimento anche ad un periodo antecedente alla data del licenzia
mento e alla necessità di tenere conto non tanto della consistenza occu
pazionale a tale data ma piuttosto di una consistenza normale, correlata
non ad un momento transeunte, ma ad un periodo di tempo congruo e
significativo (ad es., Cass. 609/00, cit.; 2756/96, cit.). Per esaurienti riepiloghi delle varie opinioni dottrinali e dell'elabora
zione giurisprudenziale in materia, cfr. G. De Simone, in AA.VV., I li
cenziamenti, commentario a cura di O. Mazzotta, 2" ed., Milano, 1999, 759 ss.; L. Corazza, li campo di applicazione delle tutele, in AA.VV., Diritto del lavoro. Commentario diretto da F. Carinci, III. II rapporto di lavoro subordinato: garanzie del reddito, estinzione e tutela dei di
ritti a cura di M. Miscione, Torino, 1998, 160 ss.
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2479 PARTE PRIMA
prestamento di garanzie a tutela della parte più debole del rap
porto di lavoro, si mostri suscettibile di facile elusione nell'im
minenza del licenziamento (ad esempio, attraverso trasferimenti
o dimissioni incentivate), nonché capace di determinare, sulla
base di un mero dato numerico rigidamente cristallizzato nel
tempo — e senza alcuna giustificazione sul piano sostanziale —
trattamenti differenziati tra soggetti che, pur versando in con
creto in un'identica situazione, siano destinatari di diversi prov vedimenti di licenziamento.
Ma — al di là dell'accordo riscontrabile nei limiti innanzi in
dicati sulla lettura del dato normativo — il problema dell'indi
viduazione del momento e dei criteri di valutazione dei presup
posti dimensionali dell'impresa è stato oggetto, non solo in dot
trina, ma anche in giurisprudenza di un ventaglio di contrastanti
orientamenti e di posizioni variamente articolate.
4.1. - La difformità degli approdi giurisprudenziali — cui è opportuno accennare per procedere con un ordinato iter motiva
zionale — attesta la difficoltà, se non l'impossibilità, di enun
ciare principi di diritto che risultino capaci di regolamentare una
realtà estremamente differenziata, quale quella rappresentata dalle imprese, molte delle quali spiegano attività economiche,
comportanti una consistente fluttuazione nel tempo dell'organi co, come è dato riscontrare specialmente per le attività di carat
tere stagionale o per altre attività che presentano picchi di pro duzioni in predeterminati archi temporali.
Orbene, il legittimo rifiuto di scelte dirette a privilegiare acriticamente il solo dato letterale ha spinto un orientamento
dottrinario e giurisprudenziale a suggerire l'adozione nella ma
teria in oggetto del c.d. criterio dell'«organico oggettivo», che
fa riferimento a quel numero di dipendenti necessario per il
«normale esercizio dell'attività aziendale», e che in particolare la giurisprudenza ha tradotto come «disegno organizzativo rea
lizzato dall'imprenditore, che dà ragione delle posizioni nor
malmente necessarie all'andamento dell'apparato produttivo» (cfr„ in tali testuali sensi, Cass. 9 settembre 1982, n. 4864, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 2146). Ed in questa direzione, la giuris
prudenza ha ancora ribadito che per l'individuazione del requi sito risulti necessario un «riferimento all'organigramma produt tivo o, in mancanza, alle unità produttive necessarie secondo la
normale produttività dell'impresa, valutata con riguardo al pe riodo occupazionale antecedente la data del recesso», perché detto momento temporale rileva «qualora poco prima del prov vedimento espulsivo vi sia stata una reale, ossia non episodica né simulata riduzione di personale per ragioni organizzative tale
da mutare effettivamente le dimensioni dell'azienda» (cfr., al
riguardo, Cass. 27 marzo 1996, n. 2756, id., 1996, I, 2427, cui
adde Cass. 20 febbraio 1996, n. 1298, cit.). A sostegno di quest'ultimo indirizzo la dottrina ha fatto rife
rimento all'equivalenza delle espressioni usate dal legislatore nella formulazione dell'art. 24 1. 23 luglio 1991 n. 223 e negli art. 18 (anche dopo la novella operata dalla 1. 11 maggio 1990 n.
108) e 35 1. 20 maggio 1970 n. 300 (equivalenza che induce ad un identico approccio alla problematica in esame a prescindere dalla natura del licenziamento), ed ha poi affermato che tale
equivalenza consentirebbe appunto di ritenere applicabile il criterio della «normale occupazione», intesa quale «occupazione stabile» nel periodo antecedente i licenziamenti, come risultante
dall'«organigramma aziendale» e, in difetto di quest'ultimo, da una media occupazionale determinata in relazione alle concrete
esigenze produttive. 4.2. - Diversità di opinioni si riscontrano però anche in rela
zione all'arco temporale in relazione al quale deve trovare ap plicazione il criterio dell'«occupazione media», allorquando manchi nell'impresa un organigramma aziendale, anche con ri ferimento alle singole unità produttive. Ed invero, lo spazio
temporale su cui parametrare il numero dei dipendenti richiesto
per il riconoscimento della tutela reale del posto di lavoro è
stato dai giudici di legittimità talvolta fissato in tre mesi (cfr. Cass. 22 aprile 1997, n. 3450, cit., che ha ritenuto «ragionevole» la valutazione della media occupazionale con riferimento ai tre mesi antecedenti al recesso), altra volta in un anno (cfr. Cass. 30 dicembre 1974, n. 4394, id., Rep. 1975, voce cit., n. 784, che ha
fatto riferimento al personale normalmente occupato nell'anno in cui era stato intimato il licenziamento), altra volta nel periodo
temporale in cui si consuma il normale ciclo produttivo (cfr., al
riguardo, in tema di stabilità reale del rapporto di lavoro delle
Il Foro Italiano — 2002.
imprese agricole, Cass. 17 novembre 1987, n. 8434, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2288, e 3 marzo 1987, n. 2241, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1956, che hanno in concreto fatto coincidere
il normale ciclo produttivo con l'annata agraria), altra volta ge nericamente nel periodo antecedente al licenziamento (cfr., al
riguardo, Cass. 27 marzo 1996, n. 2756, cit.; 3 novembre 1989, n. 4579, id., 1989, I, 3420, che precisa come il criterio della
normale occupazione imponga la necessità di operare un'armo
nica media «non rigidamente e meramente quantitativa», ma che
approfondisca il fenomeno nei suoi aspetti economici, con
giunturali e sociali con riferimento anche alle esigenze e op
portunità produttive, con la conseguente necessità di un'indagi ne la quale «senza trascurare le risultanze dei libri paga e matri
cola, si estenda ad elementi presuntivi, validi a stabilire il rap
porto tra esigenze produttive ed indici occupazionali»).
Questa corte, infine, sulla problematica in oggetto, dopo ave
re escluso la legittimità di un'individuazione istantanea del dato
dimensionale e dopo avere denunziato come poco sicuro anche
il criterio «dell'organigramma produttivo necessario, secondo la
normale produttività dell'impresa», ha statuito che la regola per valutare il requisito dimensionale dell'unità produttiva
— ai fini
dell'individuazione della natura della tutela spettante al lavora
tore licenziato — vada rinvenuta nel disposto dell'art. 1 1. n.
223 del 1991 che, seppure per quanto attiene all'integrazione salariale, fa riferimento alle imprese che abbiano occupato me
diamente più di quindici lavoratori nel semestre precedente la
data di presentazione della relativa richiesta di integrazione
(cfr., in questi esatti termini, Cass. 12 novembre 1999, n. 12592,
cit.). Una tale decisione, che fissa, come si è visto, in sei mesi il
tempo nel cui ambito valutare il requisito numerico, e che si ba
sa su di un'operazione di «interpretazione sistematica» interna
alla legge e funzionale alle esigenze di coerenza ordinamentale, ha trovato seguito anche in parte della dottrina, che ha sottoli
neato come tale opzione ermeneutica meriti apprezzamento per ché capace di recuperare margini di certezza di fondamentale
importanza per tutti coloro che rimangono coinvolti da scelte
destinate ad incidere sulle sorti e, talvolta, sulla stessa sopravvi venza dell'impresa.
5. - La diversità delle posizioni riscontrate in dottrina e giu
risprudenza è chiara dimostrazione della scarsa tenuta di ogni criterio che pretenda di misurare in maniera costante e rigida nel
tempo il dato occupazionale, i cui mutamenti dipendono rigoro samente dalle variabili esigenze economiche del mercato, risul
tando inoltre condizionati in molti casi anche dalla specifica natura dell'attività dell'impresa.
Ed invero, il fare riferimento alla sola epoca del licenzia
mento presenta il già evidenziato inconveniente di incentivare
condotte elusive in prossimità del licenziamento.
11 c.d. criterio dell'«organico oggettivo» mostra la propria
inadeguatezza sotto altro versante, risultando l'uso della relativa nozione congeniale al pubblico impiego ma non certo alle im
prese private, dove non sono riscontrabili — a differenza di
quanto avviene per la pubblica amministrazione — organi
grammi destinati a perdurare nel tempo. Il che emerge con mag giore evidenza con riferimento proprio alle medie e piccole im
prese (rispetto alle quali si presenta con maggiore frequenza la
necessità di accertare il dato numerico al fine dell'individuazio ne della tutela da assicurare al lavoratore licenziato), che nella
quasi totalità dei casi non presentano, infatti, una suddivisione del personale in piante organiche idonee a fungere da strumento di misurazione del normale andamento produttivo dell'impresa.
Ed infine le opinioni che condividono regole valutative di rette ad agganciare la nozione di media occupazionale ad un
preciso arco temporale (posto in tre o in sei mesi, o in un anno
prima del licenziamento) si presta su un piano generale a censu
re, sia perché non precisano se la media debba essere rigida mente aritmetica ed in termini statistici debba essere modale
(con il termine «moda» si intende un valore che si presenta con
maggiore frequenza in un arco temporale di osservazione), sia
perché l'utilizzazione di un termine predeterminato e rigido si
appalesa come strumento di valutazione del dato occupazionale non ugualmente significativo sempre e per tutte le molteplici attività aziendali. Più in particolare non può sottacersi che il
termine annuale richiamato per le imprese agricole, in conside razione del normale e naturale ciclo produttivo (cfr. Cass. 17 novembre 1987, n. 8434, cit.; 3 marzo 1987, n. 2241, cit.), non è
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
suscettibile di immediata e diretta estensione ad altre differenti
realtà produttive; che il criterio del termine semestrale ex art. 1
1. n. 223 del 1991 (cfr. Cass. 12 novembre 1999, n. 12592, cit.), se appare rispondere a criteri di razionalità per lo specifico isti
tuto dell'integrazione salariale in relazione al quale è stato indi
cato, non appare suscettibile di indiscriminata applicazione sia
per le imprese che per loro natura vivono del lavoro stagionale in certi periodi dell'anno (si pensi alle imprese termali o alber
ghiere), sia per le altre imprese che non presentano in analoghi termini e con identica intensità il problema dell'oscillazione
della manodopera; che limiti in buona misura simili mostra il ri
ferimento al minore tempo di tre mesi, che allorquando è stato
utilizzato (cfr. Cass. 20 febbraio 1996, n. 1298, cit.) si è prov veduto a definirlo ragionevole senza però un'esaustiva giustifi cazione.
6. - E noto che la normativa che prescrive il superamento di
un predeterminato limite numerico, da provare dal lavoratore,
per usufruire di una più efficace tutela del posto di lavoro, trova
la sua ratio, da un lato, nelle onerose ricadute scaturenti dal li
cenziamento illegittimo operante nell'area della tutela reale e,
dall'altro, nell'esigenza di ridurre, per quanto possibile, la con
flittualità nei posti di lavoro, capace di manifestarsi con mag
giore intensità nelle piccole unità produttive dove gli strascichi
scaturenti da una «reintegra» nello stesso posto di lavoro del di
pendente licenziato può determinare, proprio per le ridotte di
mensioni dell'impresa, un'irreversibile compromissione del le
game fiduciario e collaborativo tra le parti del rapporto, desti
nato a riflettersi in termini negativi sulla stessa produttività del
l'azienda. Situazione quest'ultima non riscontrabile in termini
ugualmente accentuati nelle imprese in cui il numero dei dipen denti nell'impresa ed in ogni singola unità produttiva assicura
una maggiore spersonalizzazione del rapporto lavorativo.
È evidente allora che il criterio sulla cui base computare il
numero dei dipendenti dalla legge richiesti per la tutela reale del
posto di lavoro deve risultare «coerente» con le ragioni che
hanno indotto il legislatore a differenziare con l'art. 18 statuto
dei lavoratori detta tutela da quella obbligatoria. In tale ottica è
innegabile che la determinazione del criterio numerico non può farsi sulla base del solo momento in cui viene irrogato il licen
ziamento, dovendo l'arco di osservazione per misurare la «nor
male produttività» dell'impresa — e le conseguenti «normali
esigenze di manodopera» richiesta da tale produttività — ri
guardare significativi spazi temporali che detta normale produt tività fanno emergere e dalla quale sia consentito, appunto, de
sumere l'abituale rapporto tra esigenze produttive ed indici oc
cupazionali. Corollario di quanto ora detto è l'impossibilità di fissare una
regola valida per ogni genere d'impresa perché un periodo di
osservazione può risultare ragionevole in relazione ad imprese, la cui produzione si caratterizza per essere — in condizioni
normali di mercato — costante nel tempo, mentre lo stesso pe riodo può presentarsi, invece, privo di qualsiasi giustificazione
per imprese — come molte di quelle operanti nel terziario — la
cui attività viene condizionata da fattori stagionali o da fisiolo
giche oscillazioni della domanda.
Ed ulteriore corollario di un siffatto approccio è la constata
zione della impossibilità di fissare in materia una regola rigida,
predeterminata ed immutabile — su cui parametrare, sempre ed
in ogni caso, il numero dei lavoratori richiesto dai citati art. 18 e
35 statuto dei lavoratori per l'attribuzione della tutela reale — e
la necessità di seguire, invece, delle regole flessibili ed elasti
che, che risultino di volta in volta adeguate alla specifica natura
dell'attività dell'impresa, che ha proceduto al licenziamento, e
sempre che le stesse risultino, alla stregua delle considerazioni
sinora svolte, sorrette da coerenza logica nei termini innanzi
esplicitati. In un siffatto contesto la tutela reale del lavoratore
licenziato può essere legittimamente negata anche allorquando si sia in presenza di una progressiva riduzione della forza lavo
ro, che abbia portato i dipendenti dell'impresa (o della singola unità produttiva cui era addetto il lavoratore licenziato) al di
sotto dei quindici dipendenti in prossimità del licenziamento, sempre però che tutto ciò sia determinato non sulla base della
sola libera ed immotivata volontà del datore di lavoro (potendo detta volontà nascondere l'intento di eludere le garanzie appre state a favore dei lavoratori dal sistema della tutela reale), ma da
Il Foro Italiano — 2002.
ragioni oggettive attestanti una definitiva e non reversibile con
trazione dell'attività produttiva ed un conseguenziale ridimen
sionamento anche della forza lavoro.
7. - Nel caso di specie la decisione impugnata si presenta pri va di adeguata motivazione laddove nel negare la tutela reale
alla Angela Dente, licenziata in data 13 ottobre 1995, ha mo
strato di ritenere decisivo il fatto che nei primi di ottobre il nu
mero dei lavoratori impiegati presso l'impresa cui era addetta la
Dente era sceso sotto i quindici, e sulla base di tale circostanza, ha poi negato l'invocata tutela reale nel posto di lavoro. Ed in
vero, a fronte di una manodopera di venti dipendenti ad agosto del 1995 ed ancora di sedici dipendenti a settembre 1995, il tri
bunale non ha spiegato in modo esauriente e logico i motivi per i quali ha dato rilievo ad una riduzione del personale operata dalla società solo in prossimità del licenziamento della Dente e
per effetto della quale il personale della società era sceso al di
sotto delle quindici unità. In altri termini, il tribunale non ha
spiegato come il criterio in concreto seguito fosse idoneo a di
mostrare la «normale produttività dell'impresa» sulla cui base
poi determinare — ai fini dell'individuazione della tutela da ga rantire alla lavoratrice — l'effettivo numero dei dipendenti co
stituenti la «normale manodopera» dell'impresa. 8. - Il ricorso principale per le argomentazioni sinora svolte
va accolto e la sentenza impugnata va cassata. Alla stregua del
l'art. 384 c.p.c. essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto
la causa non può essere decisa nel merito e va, dunque, rimessa
ad un nuovo giudice d'appello, che si designa nella Corte d'ap
pello di Milano. Detto giudice, nell'esaminare nuovamente la controversia in
esame, dovrà attenersi al seguente principio: al fine di indivi
duare il tipo di tutela da riconoscere al lavoratore licenziato,
conseguente ai sensi degli art. 18 e 35 statuto dei lavoratori al
numero dei dipendenti che prestano la propria attività presso
l'impresa (o la singola unità produttiva) in cui ha avuto luogo il
licenziamento, il giudice di merito deve accertare — con un'in
dagine di fatto insindacabile in sede di legittimità se adeguata mente motivata — la normale produttività dell'impresa (o della
singola sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo) facendo riferimento agli elementi significativi al riguardo, ed in
primo luogo alla consistenza numerica del personale dell'impre sa stessa (o della singola unità produttiva) in un periodo di tem
po, antecedente al disposto licenziamento, che sia idoneo — in
ragione della sua durata e della specifica attività e della natura
dell'impresa — a disvelare la suddetta produttività, con l'av
vertenza però che può acquisire rilievo decisivo anche la ridu
zione del numero dei dipendenti operata in prossimità del dispo sto licenziamento, allorquando essa risulti conseguenza non di
condotte elusive del datore di lavoro ma di oggettive ed accer
tate condizioni di mercato e/o di comprovate esigenze economi
che dell'impresa tali da far ragionevolmente ritenere un'ormai
stabile contrazione dell'attività produttiva e, conseguentemente, anche una definitiva riduzione della manodopera al di sotto del
numero di quindici dipendenti.
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