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sezione lavoro; sentenza 8 maggio 2001, n. 6421; Pres. Ianniruberto, Est. Vidiri, P.M. Palmieri...

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sezione lavoro; sentenza 8 maggio 2001, n. 6421; Pres. Ianniruberto, Est. Vidiri, P.M. Palmieri (concl. conf.); Dente (Avv. Ripoli, Rimoldi) c. Soc. Artegraf Legnano di Marchiotto L. &C.; Soc. Artegraf Legnano di Marchiotto L. &C. (Avv. Gutterez, Valesini) c. Dente. Cassa Trib. Milano 31 ottobre 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2477/2478-2481/2482 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197805 . Accessed: 28/06/2014 17:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.106.124 on Sat, 28 Jun 2014 17:14:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 8 maggio 2001, n. 6421; Pres. Ianniruberto, Est. Vidiri, P.M. Palmieri(concl. conf.); Dente (Avv. Ripoli, Rimoldi) c. Soc. Artegraf Legnano di Marchiotto L. &C.; Soc.Artegraf Legnano di Marchiotto L. &C. (Avv. Gutterez, Valesini) c. Dente. Cassa Trib. Milano31 ottobre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2477/2478-2481/2482Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197805 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

vinciale, non si limita a prevedere un mero indice di abbatti

mento del valore venale, ma introduce un differente e più com

plesso sistema di determinazione dell'indennità, risultante dalla

concorrenza di più fattori complementari, e quindi non un mero

obiettivo del precedente criterio ma un altro criterio, nella con

formazione del quale è proprio la combinazione prescelta tra i

vari elementi (positivi e negativi) del meccanismo liquidatorio che è, nel suo complesso, coessenziale all'obiettivo perseguito dal legislatore statale di determinare l'indennizzo espropriativo in misura particolarmente contenuta nell'attuale congiuntura economica.

E tuttavia successivamente a tale decisione, il legislatore pro vinciale di Bolzano è nuovamente intervenuto nella materia de

qua con la citata 1. n. 1 del 1997 che ha sostituito il criterio sud

detto con quello della semisomma del prezzo di mercato e del

prezzo agricolo calcolato dalla commissione di cui al successivo

art. 11 di cui si è detto: perciò introducendo un criterio del tutto

analogo ed adeguato a quello previsto dall'art. 5 bis, dato che ne

è stato recepito sostanzialmente il meccanismo ed il primo pa rametro di calcolo, e solo il secondo, quello cioè del reddito

dominicale rivalutato stabilito dagli art. 24 ss. t.u. approvato con

d.p.r. n. 917 del 1986 è stato sostituito dal prezzo agricolo ta

bellare avanti evidenziato, senza comportare quindi alcun'ap

prezzabile maggiorazione ed anzi non potendosi escludere che

per alcune zone e per alcune colture i prezzi agricoli siano addi

rittura inferiori al reddito dominicale suddetto. Sicché la sola

divergenza fra i due criteri risulta essere soltanto l'ulteriore de

curtazione del quaranta per cento prevista dalla legge statale pe raltro nella sola ipotesi in cui l'ente espropriante abbia formu

lato un'offerta seria e congrua dell'indennità, e ciò malgrado

l'espropriato abbia proposto opposizione giudiziale. In conclusione ed in conseguenza delle considerazioni svolte,

la corte deve: —

rigettare il primo, terzo e quarto motivo del ricorso princi

pale, nonché il terzo motivo del ricorso incidentale; —

accogliere nei limiti avanti precisati il secondo motivo del

ricorso principale, nonché il primo e secondo motivo di quello

incidentale; — dichiarare assorbito il quinto motivo del ricorso principale; — cassare la sentenza impugnata e rinviare alla Corte d'ap

pello di Trento che si atterrà ai principi esposti.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 mag

gio 2001, n. 6421; Pres. Ianniruberto, Est. Vidiri, P.M.

Palmieri (conci, conf.); Dente (Avv. Ripoli, Rimoldi) c. Soc.

Artegraf Legnano di Marchiotto L. & C.; Soc. Artegraf Le

gnano di Marchiotto L. & C. (Avv. Gutterez, Valesini) c.

Dente. Cassa Trib. Milano 31 ottobre 1997.

Lavoro (rapporto di) — Licenziamento — Tutela reale o

obbligatoria — Limiti numerici — Accertamento — Fatti

specie (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della li

bertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'at

tività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento,

art. 18, 35).

Per individuare il tipo di tutela da riconoscere al lavoratore li

cenziato, conseguente, ai sensi degli art. 18 e 35 l. 20 maggio 1970 n. 300, al numero dei dipendenti che prestano la pro

pria attività presso l'impresa (o la singola unità produttiva della medesima in cui ha avuto luogo il licenziamento), il

giudice di merito deve accertare, con indagine di fatto insin

dacabile in Cassazione se adeguatamente motivata, la nor

male produttività dell'impresa (o della singola sede, stabili

1l Foro Italiano — 2002.

mento, filiale, ufficio o reparto autonomo) facendo riferi mento agli elementi significativi al riguardo, e in primo luogo alla consistenza numerica del personale dell'impresa stessa

(o dell'unità produttiva) in un periodo di tempo, antecedente

al licenziamento, che sia idoneo, in ragione della sua durata

e della specifica attività e natura dell 'impresa, a disvelare la

suddetta produttività, a tal fine potendo acquisire rilievo de

cisivo anche la riduzione del numero dei dipendenti operata in prossimità del licenziamento ove sia conseguente non a

condotte elusive del datore di lavoro ma ad oggettive condi

zioni di mercato e/o a comprovate esigenze economiche del

l'impresa tali da far ragionevolmente ritenere una ormai sta

bile contrazione dell 'attività produttiva, e, conseguentemente, anche una definitiva riduzione della manodopera al di sotto

del numero previsto. ( 1 )

Motivi della decisione. — (Omissis). 4. - I due motivi del ri

corso principale da esaminarsi congiuntamente, per comportare la soluzione di questioni tra loro strettamente connesse, risulta

no, invece, fondati e, pertanto, meritano accoglimento. È principio più volte affermato dalla giurisprudenza, e condi

viso unanimemente in dottrina, che in materia di licenziamenti

individuali un'interpretazione degli art. 18 e 35 statuto dei lavo

ratori diretta a consentire un accertamento del numero dei di

pendenti al fine della determinazione della natura della tutela

(reale o obbligatoria) del posto di lavoro ad essi spettante non

può basarsi su di un criterio meramente letterale (cfr., al riguar

do, ex plurimis, Cass. 12 novembre 1999, n. 12592, Foro it.,

Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 1957; 22 aprile 1997, n.

3450, id., Rep. 1997, voce cit., n. 1553; 20 febbraio 1996, n. 1298, id., Rep. 1996, voce cit., n. 1409). Una siffatta statuizione

va ribadita perché sorretta da evidenti ragioni logico

sistematiche, emergendo con evidenza l'illogicità di un'opzione

interpretativa che proprio in una materia, caratterizzata dall'ap

(1) Con la sentenza in epigrafe la Corte di cassazione, facendo leva

sulla composita ratio sottesa agli art. 18 e 35 1. 20 maggio 1970 n. 300, utilizza la nozione di «normale produttività» dell'impresa (o dell'unità

produttiva) ai fini di individuare il criterio numerico di cui agli art. 18 e

35 medesimi, e, sottolineando l'impossibilità di fissare una regola vali

da per ogni genere d'impresa, enuclea le regole «flessibili ed elasti

che», come definite nella stessa sentenza, riportate in massima. Nel fare

ciò viene a distinguersi dall'elaborazione giurisprudenziale precedente, ricostruita approfonditamente e richiamata con puntualità, della quale fa integralmente proprio il solo principio per il quale ai fini d'interpre tare gli art. 18 e 35 cit. non ci si può basare sul mero dato letterale che

implica la cristallizzazione del dato numerico al momento del licenzia

mento (alle sentenze richiamate da Cass. 6421/01 in epigrafe, adde, da

ultimo, Cass. 20 gennaio 2000, n. 609, Foro it., Rep. 2000, voce Lavo

ro (rapporto), n. 1615; tra quelle richiamate, cfr., in particolare, Cass.

27 marzo 1996, n. 2756, id., 1996, 1, 2427, con nota di richiami). La

sentenza in epigrafe disattende le varie impostazioni che agganciano il

dato occupazionale ad una media e ad un preciso arco temporale, ivi

compresa quella che si avvale del riferimento semestrale di cui all'art.

1,1° comma, 1. 23 luglio 1991 n. 223 (cfr. Cass. 12 novembre 1999, n.

12592, id., Rep. 2000, voce cit., n. 1957; per le altre impostazioni che

utilizzano il riferimento trimestrale o annuale, v. i richiami in senten

za). Cass. 6421/01 si discosta altresì dalle tesi meno rigide che utilizza

no il criterio c.d. dell'organico oggettivo, e, nel dare valore anche, sia

pure nei soli casi evidenziati in massima, alla riduzione del numero dei

dipendenti operata in prossimità del licenziamento, viene a caratteriz

zarsi (ma cfr. già Cass. 29 luglio 1998, n. 7448, id., Rep. 1999, voce

cit., n. 1665, e, per esteso, Giust. civ., 1999, I, 3411, con nota di L.

Ferluga, Disciplina limitativa dei licenziamenti e momento di calcolo

dei dipendenti, non richiamata dalla sentenza in epigrafe) dall'imposta zione che richiama le medie e normali esigenze produttive dell'azienda, in riferimento anche ad un periodo antecedente alla data del licenzia

mento e alla necessità di tenere conto non tanto della consistenza occu

pazionale a tale data ma piuttosto di una consistenza normale, correlata

non ad un momento transeunte, ma ad un periodo di tempo congruo e

significativo (ad es., Cass. 609/00, cit.; 2756/96, cit.). Per esaurienti riepiloghi delle varie opinioni dottrinali e dell'elabora

zione giurisprudenziale in materia, cfr. G. De Simone, in AA.VV., I li

cenziamenti, commentario a cura di O. Mazzotta, 2" ed., Milano, 1999, 759 ss.; L. Corazza, li campo di applicazione delle tutele, in AA.VV., Diritto del lavoro. Commentario diretto da F. Carinci, III. II rapporto di lavoro subordinato: garanzie del reddito, estinzione e tutela dei di

ritti a cura di M. Miscione, Torino, 1998, 160 ss.

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2479 PARTE PRIMA

prestamento di garanzie a tutela della parte più debole del rap

porto di lavoro, si mostri suscettibile di facile elusione nell'im

minenza del licenziamento (ad esempio, attraverso trasferimenti

o dimissioni incentivate), nonché capace di determinare, sulla

base di un mero dato numerico rigidamente cristallizzato nel

tempo — e senza alcuna giustificazione sul piano sostanziale —

trattamenti differenziati tra soggetti che, pur versando in con

creto in un'identica situazione, siano destinatari di diversi prov vedimenti di licenziamento.

Ma — al di là dell'accordo riscontrabile nei limiti innanzi in

dicati sulla lettura del dato normativo — il problema dell'indi

viduazione del momento e dei criteri di valutazione dei presup

posti dimensionali dell'impresa è stato oggetto, non solo in dot

trina, ma anche in giurisprudenza di un ventaglio di contrastanti

orientamenti e di posizioni variamente articolate.

4.1. - La difformità degli approdi giurisprudenziali — cui è opportuno accennare per procedere con un ordinato iter motiva

zionale — attesta la difficoltà, se non l'impossibilità, di enun

ciare principi di diritto che risultino capaci di regolamentare una

realtà estremamente differenziata, quale quella rappresentata dalle imprese, molte delle quali spiegano attività economiche,

comportanti una consistente fluttuazione nel tempo dell'organi co, come è dato riscontrare specialmente per le attività di carat

tere stagionale o per altre attività che presentano picchi di pro duzioni in predeterminati archi temporali.

Orbene, il legittimo rifiuto di scelte dirette a privilegiare acriticamente il solo dato letterale ha spinto un orientamento

dottrinario e giurisprudenziale a suggerire l'adozione nella ma

teria in oggetto del c.d. criterio dell'«organico oggettivo», che

fa riferimento a quel numero di dipendenti necessario per il

«normale esercizio dell'attività aziendale», e che in particolare la giurisprudenza ha tradotto come «disegno organizzativo rea

lizzato dall'imprenditore, che dà ragione delle posizioni nor

malmente necessarie all'andamento dell'apparato produttivo» (cfr„ in tali testuali sensi, Cass. 9 settembre 1982, n. 4864, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 2146). Ed in questa direzione, la giuris

prudenza ha ancora ribadito che per l'individuazione del requi sito risulti necessario un «riferimento all'organigramma produt tivo o, in mancanza, alle unità produttive necessarie secondo la

normale produttività dell'impresa, valutata con riguardo al pe riodo occupazionale antecedente la data del recesso», perché detto momento temporale rileva «qualora poco prima del prov vedimento espulsivo vi sia stata una reale, ossia non episodica né simulata riduzione di personale per ragioni organizzative tale

da mutare effettivamente le dimensioni dell'azienda» (cfr., al

riguardo, Cass. 27 marzo 1996, n. 2756, id., 1996, I, 2427, cui

adde Cass. 20 febbraio 1996, n. 1298, cit.). A sostegno di quest'ultimo indirizzo la dottrina ha fatto rife

rimento all'equivalenza delle espressioni usate dal legislatore nella formulazione dell'art. 24 1. 23 luglio 1991 n. 223 e negli art. 18 (anche dopo la novella operata dalla 1. 11 maggio 1990 n.

108) e 35 1. 20 maggio 1970 n. 300 (equivalenza che induce ad un identico approccio alla problematica in esame a prescindere dalla natura del licenziamento), ed ha poi affermato che tale

equivalenza consentirebbe appunto di ritenere applicabile il criterio della «normale occupazione», intesa quale «occupazione stabile» nel periodo antecedente i licenziamenti, come risultante

dall'«organigramma aziendale» e, in difetto di quest'ultimo, da una media occupazionale determinata in relazione alle concrete

esigenze produttive. 4.2. - Diversità di opinioni si riscontrano però anche in rela

zione all'arco temporale in relazione al quale deve trovare ap plicazione il criterio dell'«occupazione media», allorquando manchi nell'impresa un organigramma aziendale, anche con ri ferimento alle singole unità produttive. Ed invero, lo spazio

temporale su cui parametrare il numero dei dipendenti richiesto

per il riconoscimento della tutela reale del posto di lavoro è

stato dai giudici di legittimità talvolta fissato in tre mesi (cfr. Cass. 22 aprile 1997, n. 3450, cit., che ha ritenuto «ragionevole» la valutazione della media occupazionale con riferimento ai tre mesi antecedenti al recesso), altra volta in un anno (cfr. Cass. 30 dicembre 1974, n. 4394, id., Rep. 1975, voce cit., n. 784, che ha

fatto riferimento al personale normalmente occupato nell'anno in cui era stato intimato il licenziamento), altra volta nel periodo

temporale in cui si consuma il normale ciclo produttivo (cfr., al

riguardo, in tema di stabilità reale del rapporto di lavoro delle

Il Foro Italiano — 2002.

imprese agricole, Cass. 17 novembre 1987, n. 8434, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2288, e 3 marzo 1987, n. 2241, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1956, che hanno in concreto fatto coincidere

il normale ciclo produttivo con l'annata agraria), altra volta ge nericamente nel periodo antecedente al licenziamento (cfr., al

riguardo, Cass. 27 marzo 1996, n. 2756, cit.; 3 novembre 1989, n. 4579, id., 1989, I, 3420, che precisa come il criterio della

normale occupazione imponga la necessità di operare un'armo

nica media «non rigidamente e meramente quantitativa», ma che

approfondisca il fenomeno nei suoi aspetti economici, con

giunturali e sociali con riferimento anche alle esigenze e op

portunità produttive, con la conseguente necessità di un'indagi ne la quale «senza trascurare le risultanze dei libri paga e matri

cola, si estenda ad elementi presuntivi, validi a stabilire il rap

porto tra esigenze produttive ed indici occupazionali»).

Questa corte, infine, sulla problematica in oggetto, dopo ave

re escluso la legittimità di un'individuazione istantanea del dato

dimensionale e dopo avere denunziato come poco sicuro anche

il criterio «dell'organigramma produttivo necessario, secondo la

normale produttività dell'impresa», ha statuito che la regola per valutare il requisito dimensionale dell'unità produttiva

— ai fini

dell'individuazione della natura della tutela spettante al lavora

tore licenziato — vada rinvenuta nel disposto dell'art. 1 1. n.

223 del 1991 che, seppure per quanto attiene all'integrazione salariale, fa riferimento alle imprese che abbiano occupato me

diamente più di quindici lavoratori nel semestre precedente la

data di presentazione della relativa richiesta di integrazione

(cfr., in questi esatti termini, Cass. 12 novembre 1999, n. 12592,

cit.). Una tale decisione, che fissa, come si è visto, in sei mesi il

tempo nel cui ambito valutare il requisito numerico, e che si ba

sa su di un'operazione di «interpretazione sistematica» interna

alla legge e funzionale alle esigenze di coerenza ordinamentale, ha trovato seguito anche in parte della dottrina, che ha sottoli

neato come tale opzione ermeneutica meriti apprezzamento per ché capace di recuperare margini di certezza di fondamentale

importanza per tutti coloro che rimangono coinvolti da scelte

destinate ad incidere sulle sorti e, talvolta, sulla stessa sopravvi venza dell'impresa.

5. - La diversità delle posizioni riscontrate in dottrina e giu

risprudenza è chiara dimostrazione della scarsa tenuta di ogni criterio che pretenda di misurare in maniera costante e rigida nel

tempo il dato occupazionale, i cui mutamenti dipendono rigoro samente dalle variabili esigenze economiche del mercato, risul

tando inoltre condizionati in molti casi anche dalla specifica natura dell'attività dell'impresa.

Ed invero, il fare riferimento alla sola epoca del licenzia

mento presenta il già evidenziato inconveniente di incentivare

condotte elusive in prossimità del licenziamento.

11 c.d. criterio dell'«organico oggettivo» mostra la propria

inadeguatezza sotto altro versante, risultando l'uso della relativa nozione congeniale al pubblico impiego ma non certo alle im

prese private, dove non sono riscontrabili — a differenza di

quanto avviene per la pubblica amministrazione — organi

grammi destinati a perdurare nel tempo. Il che emerge con mag giore evidenza con riferimento proprio alle medie e piccole im

prese (rispetto alle quali si presenta con maggiore frequenza la

necessità di accertare il dato numerico al fine dell'individuazio ne della tutela da assicurare al lavoratore licenziato), che nella

quasi totalità dei casi non presentano, infatti, una suddivisione del personale in piante organiche idonee a fungere da strumento di misurazione del normale andamento produttivo dell'impresa.

Ed infine le opinioni che condividono regole valutative di rette ad agganciare la nozione di media occupazionale ad un

preciso arco temporale (posto in tre o in sei mesi, o in un anno

prima del licenziamento) si presta su un piano generale a censu

re, sia perché non precisano se la media debba essere rigida mente aritmetica ed in termini statistici debba essere modale

(con il termine «moda» si intende un valore che si presenta con

maggiore frequenza in un arco temporale di osservazione), sia

perché l'utilizzazione di un termine predeterminato e rigido si

appalesa come strumento di valutazione del dato occupazionale non ugualmente significativo sempre e per tutte le molteplici attività aziendali. Più in particolare non può sottacersi che il

termine annuale richiamato per le imprese agricole, in conside razione del normale e naturale ciclo produttivo (cfr. Cass. 17 novembre 1987, n. 8434, cit.; 3 marzo 1987, n. 2241, cit.), non è

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

suscettibile di immediata e diretta estensione ad altre differenti

realtà produttive; che il criterio del termine semestrale ex art. 1

1. n. 223 del 1991 (cfr. Cass. 12 novembre 1999, n. 12592, cit.), se appare rispondere a criteri di razionalità per lo specifico isti

tuto dell'integrazione salariale in relazione al quale è stato indi

cato, non appare suscettibile di indiscriminata applicazione sia

per le imprese che per loro natura vivono del lavoro stagionale in certi periodi dell'anno (si pensi alle imprese termali o alber

ghiere), sia per le altre imprese che non presentano in analoghi termini e con identica intensità il problema dell'oscillazione

della manodopera; che limiti in buona misura simili mostra il ri

ferimento al minore tempo di tre mesi, che allorquando è stato

utilizzato (cfr. Cass. 20 febbraio 1996, n. 1298, cit.) si è prov veduto a definirlo ragionevole senza però un'esaustiva giustifi cazione.

6. - E noto che la normativa che prescrive il superamento di

un predeterminato limite numerico, da provare dal lavoratore,

per usufruire di una più efficace tutela del posto di lavoro, trova

la sua ratio, da un lato, nelle onerose ricadute scaturenti dal li

cenziamento illegittimo operante nell'area della tutela reale e,

dall'altro, nell'esigenza di ridurre, per quanto possibile, la con

flittualità nei posti di lavoro, capace di manifestarsi con mag

giore intensità nelle piccole unità produttive dove gli strascichi

scaturenti da una «reintegra» nello stesso posto di lavoro del di

pendente licenziato può determinare, proprio per le ridotte di

mensioni dell'impresa, un'irreversibile compromissione del le

game fiduciario e collaborativo tra le parti del rapporto, desti

nato a riflettersi in termini negativi sulla stessa produttività del

l'azienda. Situazione quest'ultima non riscontrabile in termini

ugualmente accentuati nelle imprese in cui il numero dei dipen denti nell'impresa ed in ogni singola unità produttiva assicura

una maggiore spersonalizzazione del rapporto lavorativo.

È evidente allora che il criterio sulla cui base computare il

numero dei dipendenti dalla legge richiesti per la tutela reale del

posto di lavoro deve risultare «coerente» con le ragioni che

hanno indotto il legislatore a differenziare con l'art. 18 statuto

dei lavoratori detta tutela da quella obbligatoria. In tale ottica è

innegabile che la determinazione del criterio numerico non può farsi sulla base del solo momento in cui viene irrogato il licen

ziamento, dovendo l'arco di osservazione per misurare la «nor

male produttività» dell'impresa — e le conseguenti «normali

esigenze di manodopera» richiesta da tale produttività — ri

guardare significativi spazi temporali che detta normale produt tività fanno emergere e dalla quale sia consentito, appunto, de

sumere l'abituale rapporto tra esigenze produttive ed indici oc

cupazionali. Corollario di quanto ora detto è l'impossibilità di fissare una

regola valida per ogni genere d'impresa perché un periodo di

osservazione può risultare ragionevole in relazione ad imprese, la cui produzione si caratterizza per essere — in condizioni

normali di mercato — costante nel tempo, mentre lo stesso pe riodo può presentarsi, invece, privo di qualsiasi giustificazione

per imprese — come molte di quelle operanti nel terziario — la

cui attività viene condizionata da fattori stagionali o da fisiolo

giche oscillazioni della domanda.

Ed ulteriore corollario di un siffatto approccio è la constata

zione della impossibilità di fissare in materia una regola rigida,

predeterminata ed immutabile — su cui parametrare, sempre ed

in ogni caso, il numero dei lavoratori richiesto dai citati art. 18 e

35 statuto dei lavoratori per l'attribuzione della tutela reale — e

la necessità di seguire, invece, delle regole flessibili ed elasti

che, che risultino di volta in volta adeguate alla specifica natura

dell'attività dell'impresa, che ha proceduto al licenziamento, e

sempre che le stesse risultino, alla stregua delle considerazioni

sinora svolte, sorrette da coerenza logica nei termini innanzi

esplicitati. In un siffatto contesto la tutela reale del lavoratore

licenziato può essere legittimamente negata anche allorquando si sia in presenza di una progressiva riduzione della forza lavo

ro, che abbia portato i dipendenti dell'impresa (o della singola unità produttiva cui era addetto il lavoratore licenziato) al di

sotto dei quindici dipendenti in prossimità del licenziamento, sempre però che tutto ciò sia determinato non sulla base della

sola libera ed immotivata volontà del datore di lavoro (potendo detta volontà nascondere l'intento di eludere le garanzie appre state a favore dei lavoratori dal sistema della tutela reale), ma da

Il Foro Italiano — 2002.

ragioni oggettive attestanti una definitiva e non reversibile con

trazione dell'attività produttiva ed un conseguenziale ridimen

sionamento anche della forza lavoro.

7. - Nel caso di specie la decisione impugnata si presenta pri va di adeguata motivazione laddove nel negare la tutela reale

alla Angela Dente, licenziata in data 13 ottobre 1995, ha mo

strato di ritenere decisivo il fatto che nei primi di ottobre il nu

mero dei lavoratori impiegati presso l'impresa cui era addetta la

Dente era sceso sotto i quindici, e sulla base di tale circostanza, ha poi negato l'invocata tutela reale nel posto di lavoro. Ed in

vero, a fronte di una manodopera di venti dipendenti ad agosto del 1995 ed ancora di sedici dipendenti a settembre 1995, il tri

bunale non ha spiegato in modo esauriente e logico i motivi per i quali ha dato rilievo ad una riduzione del personale operata dalla società solo in prossimità del licenziamento della Dente e

per effetto della quale il personale della società era sceso al di

sotto delle quindici unità. In altri termini, il tribunale non ha

spiegato come il criterio in concreto seguito fosse idoneo a di

mostrare la «normale produttività dell'impresa» sulla cui base

poi determinare — ai fini dell'individuazione della tutela da ga rantire alla lavoratrice — l'effettivo numero dei dipendenti co

stituenti la «normale manodopera» dell'impresa. 8. - Il ricorso principale per le argomentazioni sinora svolte

va accolto e la sentenza impugnata va cassata. Alla stregua del

l'art. 384 c.p.c. essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto

la causa non può essere decisa nel merito e va, dunque, rimessa

ad un nuovo giudice d'appello, che si designa nella Corte d'ap

pello di Milano. Detto giudice, nell'esaminare nuovamente la controversia in

esame, dovrà attenersi al seguente principio: al fine di indivi

duare il tipo di tutela da riconoscere al lavoratore licenziato,

conseguente ai sensi degli art. 18 e 35 statuto dei lavoratori al

numero dei dipendenti che prestano la propria attività presso

l'impresa (o la singola unità produttiva) in cui ha avuto luogo il

licenziamento, il giudice di merito deve accertare — con un'in

dagine di fatto insindacabile in sede di legittimità se adeguata mente motivata — la normale produttività dell'impresa (o della

singola sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo) facendo riferimento agli elementi significativi al riguardo, ed in

primo luogo alla consistenza numerica del personale dell'impre sa stessa (o della singola unità produttiva) in un periodo di tem

po, antecedente al disposto licenziamento, che sia idoneo — in

ragione della sua durata e della specifica attività e della natura

dell'impresa — a disvelare la suddetta produttività, con l'av

vertenza però che può acquisire rilievo decisivo anche la ridu

zione del numero dei dipendenti operata in prossimità del dispo sto licenziamento, allorquando essa risulti conseguenza non di

condotte elusive del datore di lavoro ma di oggettive ed accer

tate condizioni di mercato e/o di comprovate esigenze economi

che dell'impresa tali da far ragionevolmente ritenere un'ormai

stabile contrazione dell'attività produttiva e, conseguentemente, anche una definitiva riduzione della manodopera al di sotto del

numero di quindici dipendenti.

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