sezione lavoro; sentenza 8 novembre 1996, n. 9776; Pres. Panzarani, Est. Prestipino, P.M.Cennicola (concl. diff.); Burel (Avv. Cabibbo) c. Inps (Avv. De Angelis, Barbuto, Pescosolido).Regolamento di competenza avverso Pret. Pordenone 3 ottobre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1895/1896-1897/1898Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192035 .
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1895 PARTE PRIMA . 1896
ziato sospetto di incostituzionalità connesso alla diversa solu
zione propugnata dal ricorrente, imponendo un ulteriore inter
vento della Corte costituzionale) può trarsi dal riferimento al
legale rappresentante dell'ente, contenuto nella norma in esa
me, poiché non sussiste una necessaria e generale coincidenza
tra individuazione della competenza territoriale e luogo di noti
fica della citazione. A nulla rileva, quindi, che la notifica di
cui all'art. 543 c.p.c. vada eseguita al legale rappresentante del
l'ente, nella sua sede di Roma. Né possono richiamarsi, a con
trario, le norme generali sulla esecuzione presso terzi, applicabi li solo in quanto non derogate dalla legislazione speciale, quale — come si è sottolineato — il d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180.
Nella specie va dichiarata, pertanto, la competenza territoria
le del Pretore di Firenze, sicché il ricorso dev'essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 novem
bre 1996, n. 9776; Pres. Panzarani, Est. Prestipino, P.M.
Cennicola (conci, diff.); Burel (Avv. Cabibbo) c. Inps (Avv. De Angelis, Barbuto, Pescosolido). Regolamento di com
petenza avverso Pret. Pordenone 3 ottobre 1994.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Errata co
municazione dell'Inps circa i contributi versati — Risarcimento
del danno — Competenza del pretore quale giudice del lavo
ro (Cod. civ., art. 1173; cod. proc. civ., art. 442, 444).
La controversia promossa dall'assicurato contro l'Inps avente
ad oggetto il risarcimento del danno provocato dalla antici
pata cessazione dell'attività lavorativa, sull'erroneo presup
posto di aver maturato la pensione di anzianità in conseguen
za dell'errata comunicazione da parte dell'istituto del numero
dei contributi versati, rientra nella competenza del pretore quale
giudice del lavoro. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso dell'11 novembre
1993 Pietro Burel conveniva davanti al Pretore del lavoro di
Pordenone l'Inps e, premesso che a causa dell'errata comunica
zione da parte dell'istituto sul numero dei contributi previden
(1) La sentenza, cui è conforme la n. 9775 (Foro it., Mass., 859), anch'essa dell'8 novembre 1996, richiama in motivazione e conferma l'orientamento espresso da Cass. 11 agosto 1993, n. 8613 (id., 1994, I, 2197, con nota adesiva di S. Menchini).
La decisione odierna ha dapprima ribadito che già il tenore letterale e la ratio dell'art. 442 c.p.c. conducono ad ampliare la competenza del giudice del lavoro, quale giudice altamente specializzato nella mate ria previdenziale, e quindi a ricomprendervi tutte le controversie in cui si discute direttamente della interpretazione e applicazione di disposi zioni di legge riguardanti le assicurazioni sociali; ha poi ulteriormente
evidenziato, approfondendo l'interpretazione del rapporto già sintetica mente operata da Cass. 8613/93, che l'obbligazione dell'istituto nei con fronti dell'assicurato trova fonte negli «altri atti o fatti» previsti, quale categoria residuale rispetto ai contratti ed ai fatti illeciti, dall'art. 1173 c.c.: conseguentemente la responsabilità dell'istituto, nell'ambito del rap porto di assicurazione sociale, ha natura contrattuale e non aquiliana.
L'errata comunicazione in ordine ai contributi versati, da cui sia de rivato l'erroneo convincimento dell'assicurato di aver maturato la pen sione di anzianità, configura quindi violazione dei principi di correttez za e diligenza ex art. 1175, 1176 c.c. che, nei rapporti tra cittadini e
pubblica amministrazione, trovano il loro completamento negli art. 22 ss. 1. 241/90.
L'orientamento contrario, espresso da ultimo da Cass. 19 agosto 1993, n. 8782, id., Rep. 1994, voce Lavoro e previdenza (controversie), n.
263, nonché dalle altre sentenze richiamate in motivazione dalla senten za in rassegna, assume invece la natura aquiliana della responsabilità in oggetto con sottrazione della relativa controversia alla competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro, che sussisterebbe (solo) ove l'assicurato aspiri al riconoscimento di una prestazione assicurativa ovvero contesti la revoca della pensione per insufficiente contribuzione.
Il Foro Italiano — 1997.
ziali versati a suo nome e del conseguente suo erroneo convinci
mento di avere maturato la pensione di anzianità aveva antici
pato la cessazione dell'attività lavorativa con evidente suo dan
no per non avere ricevuto la relativa retribuzione, chiedeva che
l'istituto medesimo fosse condannato a risarcirgli il danno in
questione, nella somma complessiva di lire 9.030.972 o in quel la minore che fosse risultata in corso di causa.
Costituitosi in giudizio, l'Inps in via preliminare eccepiva l'in
competenza per materia del pretore in funzione di giudice del
lavoro e, nel merito, contestava la fondatezza della pretesa av
versaria di cui chiedeva il rigetto. Con sentenza del 3 ottobre 1994 il pretore dichiarava la pro
pria incompetenza per materia, in base al rilievo che, essendo
stata dedotta in giudizio la responsabilità aquiliana dell'Inps, la controversia, non avente natura previdenziale, rientrava nella
competenza del giudice individuato secondo i criteri ordinari.
Contro questa sentenza ha proposto ricorso per regolamento di competenza il Burel. L'Inps ha disposto la procura speciale alla lite. Il p.m. ha concluso come in atti.
Motivi della decisione. — Sostiene il Burel che il pretore avreb
be errato a dichiarare la propria incompetenza per materia e
a fare leva sul tradizionale indirizzo giurisprudenziale che asse
gna alla competenza del giudice in sede ordinaria e non a quella del pretore in funzione di giudice del lavoro le controversie pro mosse contro l'Inps per ottenere la condanna dell'istituto al ri
sarcimento dei danni conseguenti a errate informazioni sulla po sizione contributiva dell'assicurato, dal momento che, vicever
sa, nella materia deve farsi riferimento al contrario indirizzo
seguito dalla Corte di cassazione nella isolata sentenza n. 8613
dell'I 1 agosto 1993 (Foro it., 1994, I, 2197), nella quale è stato
asserito che l'art. 442 c.p.c. — il quale attribuisce alla compe tenza del giudice del lavoro, quale organo altamente specializ
zato, tutte le controversie in materia di previdenza e di assisten
za obbligatorie — individua tali controversie con una formula
ampia che tutto comprende, innegabile essendo, per altro verso,
che la responsabilità dell'Inps trova origine non solo nell'obbli
go generico della correttezza amministrativa, ma anche in un
comportamento dell'isituto posto in essere in modo difforme
dalle finalità volute dalla legge. Il ricorso è fondato. Questa corte, in forza di un orientamen
to che si è tramandato nel tempo, ha più volte affermato il
principio secondo cui esula dalla competenza del giudice del
lavoro ed appartiene alla competenza del giudice individuato
secondo i criteri ordinari la controversia promossa dall'assicu
rato nei confronti dell'Inps al fine di ottenere il risarcimento
del danno provocato dalla anticipata cessazione dell'attività la
vorativa in conseguenza dell'errata comunicazione da parte del
l'istituto del numero dei contributi versati, dal momento che
la domanda dell'assicurato non è rivolta al riconoscimento di
una prestazione assicurativa, ma attiene ad una ordinaria azio
ne di responsabilità extracontrattuale per danni (v., fra le tante
sentenze, tutte indicate dal pretore nella sentenza impugnata, Cass. 12 dicembre 1986, n. 7445, id., Rep. 1986, voce Lavoro
e previdenza (controversie), n. 549; 16 luglio 1987, n. 6283, id.,
Rep. 1987, voce cit., n. 568; 2 febbraio 1989, n. 638, id., Rep.
1989, voce cit., n. 62; 9 marzo 1992, n. 2820, id., Rep. 1992, voce Previdenza sociale, n. 810; 11 agosto 1993, n. 8619, id.,
Rep. 1993, voce cit., n. 882, e 19 agosto 1993, n. 8782, id.,
Rep. 1994, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 263). Come bene deduce il ricorrente, peraltro, tale principio, non
è stato seguito da questa corte nella sentenza n. 8613 dell'11
agosto 1993, cit., con la quale è stato deciso che nelle contro
versie sopra indicate sussiste la competenza per materia del giu dice del lavoro ai sensi dell'art. 442 c.p.c., dovendosi a tale
conclusione pervenire in base a tre ordini di ragioni: a) poiché l'assicurato fonda la sua pretesa risarcitoria sulla violazione di
uno specifico obbligo comportamentale da parte dell'istituto pre
videnziale, quest'ultimo non può essere considerato alla stregua di un terzo che abbia leso un'altrui posizione giuridica, essendo
invece il suddetto comportamento sostanzialmente ascrivibile al
piano della responsabilità contrattualle ti) le controversie in que stione rientrano fra quelle «riguardanti le assicurazioni sociali»
che il suddetto art. 442 c.p.c., cui rimanda il successivo art.
444, attribuisce alla competenza per materia del giudice del la
voro; c) l'ampia nozione utilizzata dalla disposizione di legge
(«controversia previdenziale») è stata dal legislatore adottata a
ragion veduta, allo scopo di assegnare tutte le cause, aventi una
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
medesima natura, alla cognizione di un giudice altamente spe
cializzato, appositamente istituito.
Dovendo essere interamente condivise le tre ragioni che ne
costituiscono il fondamento, questo nuovo indirizzo giurispru denziale merita piena adesione.
Deve essere, in primo luogo, sottolineata l'ampia formulazio
ne adottata dall'art. 442 c.p.c., al quale rinvia il successivo art.
444 per indicare la competenza del pretore in funzione di giudi ce del lavoro e che menziona «i procedimenti relativi a contro
versie derivanti dall'applicazione delle norme riguardanti le as
sicurazioni sociali» (. . .) «nonché ogni altra forma di previden za e di assistenza obbligatorie». Come bene sostiene l'attuale
ricorrente, non è dubbio che nella controversia avente per og
getto la domanda di risarcimento dei danni, proposta dall'assi
curato contro l'ente previdenziale in conseguenza di una errata
informazione sulla posizione contributiva dell'interessato, diret
tamente si discute della interpretazione e della applicazione di
disposizioni di legge riguardanti le assicurazioni sociali, «se non
altro per individuare, quali necessari presupposti della dedotta
responsabilità, l'obbligo violato dal comportamento tenuto dal
l'istituto, la difformità tra tale comportamento e quello impo sto dalla norma e la stessa valutazione del preteso danno». E,
parimenti, non è dubbio che l'attribuzione della controversia
in questione alla cognizione del giudice del lavoro corrisponde ad uno dei principi-guida tenuti presenti dal legislatore nella
riforma della disciplina relativa alle controversie individuali di
lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie (1. 11 agosto 1973 n. 533), con la quale, come è noto, si è voluto devolvere
la cognizione di una materia, avente contenuto altamente spe
cialistico, a un organo giurisdizionale particolarmente esperto e qualificato e, quindi, maggiormente idoneo ad interpretare e applicare una normativa in continua evoluzione e non sempre di agevole lettura.
Ma, a parte questi rilievi, che dimostrano come la soluzione
adottata in base al nuovo indirizzo sia aderente al tenore lette
rale e alla ratio della disposizione contenuta nell'art. 442 c.p.c., ciò che vieppiù induce ad aderirvi è la constatazione che nelle
controversie di che trattasi si discute non tanto della responsa bilità aquiliana dell'istituto previdenziale, quanto della respon sabilità contrattuale del medesimo.
Secondo la dottrina specialistica tradizionale (e a parte qual che contraria opinione), il complesso rapporto giuridico previ denziale fra l'ente pubblico e l'assicurato sorge, unitamente a
quello contributivo, nel momento stesso in cui vengono in esse
re quei presupposti di fatto — consistenti in determinati atti
giuridici leciti compiuti da particolari soggetti — presi in consi
derazione dalla legge, come, ad esempio, l'inizio di una attività
lavorativa, subordinata o autonoma, o l'iscrizione in particolari
albi, o la costituzione di un rapporto di parentela o di coniugio con un soggetto già assicurato. In tale situazione, che realizza
una delle fattispecie previste dall'art. 1173 c.c. e che si colloca, in base alla definizione datane da una parte della dottrina, nel
l'ampia categoria delle obbligazioni che trovano la loro fonte
«in una attribuzione normativa pubblica o in un atto ammini
strativo», la responsabilità che deriva a carico di una delle parti dalla violazione di uno specifico dovere o di un determinato
obbligo oggetto del rapporto, non è aquiliana o extracontrat
tuale, ma contrattuale. La responsabilità contrattuale, infatti, come giustamente viene precisato dalla dottrina civilistica, qua le espressione di un'ampia accezione non limitata alle fonti ne
goziali «è generalmente impiegata per indicare non solo la re
sponsabilità da contratto, ma anche ogni altra responsabilità — da altri atti o fatti, ai sensi del suddetto art. 1173 — diversa
dalla responsabilità da fatto illecito». Di guisa che, quando l'as
scicurato lamenta, secondo la locuzione usata nelle massime giu
risprudenziali che si sono succedute nel tempo, «l'errata comu
nicazione da parte dell'ente previdenziale del numero dei contri
buti versati, in modo tale da indurre l'assicurato stesso all'erroneo
convincimento di aver maturato la pensione di anzianità» e,
sulla base di tale doglianza — con la quale, in sostanza, viene
addebitata alla controparte la violazione delle ordinarie regole di correttezza e di diligenza (art. 1175 e 1176 c.c., i quali, nei
rapporti fra i privati e la pubblica amministrazione, trovano
il loro completamento negli art. 22 ss. 1. 7 agosto 1990 n. 241) — chiede che l'ente sia condannato a risarcirgli il danno deriva
togli dall'anticipata cessazione dell'attività lavorativa, la domanda
attiene non già «ad una ordinaria azione di responsabilità per
Il Foro Italiano — 1997.
danni», come si sostiene nelle sentenze che hanno contribuito
a formare il tradizionale filone giurisprudenziale, bensì, come
è stato affermato nella per ora isolata pronuncia n. 8613 del
1993, sopra indicata, a una tipica azione di responsabilità con
trattuale.
Anche per questa via, quindi, trova conferma l'interpretazio ne estensiva che deve essere data al suddetto art. 442 c.p.c., in modo da comprendere nella sua previsione, con tutte le con
seguenze che derivano in tema di ripartizione della competenza
per materia ai sensi del successivo art. 444, anche le controver
sie di cui si discute. Tenuto conto di tutte le argomentazioni svolte, la decisione
impugnata — facente leva, come si è detto, sull'indirizzo giuris
prudenziale che non può essere condiviso — non può essere
tenuta ferma e, in accoglimento del ricorso, deve essere dichia
rata la competenza per materia del Pretore di Pordenone in
funzione di giudice del lavoro.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 8 novem
bre 1996, n. 9755; Pres. F. E. Rossi, Est. Baldassarre, P.M.
Gambardella (conci, conf.); Soc. Molino Fiocchi (Avv. Ci
gna) c. Usl/65 Sesto San Giovanni e Cologno Monzese (Avv.
Sinibaldi). Cassa Pret. Monza 1° ottobre 1992.
Alimenti e bevande (igiene e commercio) — Prodotti non al
dettaglio — Indicazioni obbligatorie — Consumatore finale — Nozione — Fattispecie (D.p.r. 18 maggio 1982 n. 322, at
tuazione della direttiva Cee n. 79/112 relativa alla etichetta
tura dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale
ed alla relativa pubblicità nonché della direttiva Cee n. 77/94
relativa ai prodotti alimentari destinati ad una alimentazione
particolare, art. 12).
Ai fini della disciplina delle indicazioni obbligatorie relative ai prodotti alimentari preconfezionati non commercializzati ai
dettaglio, non vanno compresi nel concetto di consumatore
finale di cui all'ultimo comma dell'art. 12 d.p.r. 18 maggio 1982 n. 322 i soggetti che impiegano i prodotti preconfezio nati quali componenti di altro prodotto alimentare su scala
industriale o artigianale (nella specie trattavasi di farina in
sacchi, privi della indicazione della data di scadenza, forniti a un panificio). (1)
(1) In termini, v. Cass. 17 ottobre 1995, n. 10821, Foro it., Rep. 1995, voce Alimenti e bevande, n. 57.
In argomento, v. Cass. 15 marzo 1993, n. 3049, id., Rep. 1993, voce cit., n. 50, e Dir. e giur. agr. e ambiente, 1993, 542, con nota di Sca
bardi, Sulle indicazioni obbligatorie da apporre sull'etichettatura degli alimenti - La diversa disciplina applicabile ai prodotti preconfezionati, sfusi o venduti previo frazionamento, che ha precisato che tra i prodot ti alimentari non preconfezionati vanno inclusi i prodotti generalmente venduti previo frazionamento, anche se essi sono stati posti dal produt tore in un imballaggio preconfezionato; per desumere se uno specifico prodotto confezionato in imballaggio è generalmente venduto previo frazionamento occorre tenere conto, oltre che delle caratteristiche del
singolo prodotto e delle condizioni in cui esso è stato posto in commer cio (entità della confezione, diciture apposte, ecc.), della destinazione dello stesso (a singoli o a collettività) e dei comportamenti tenuti dalla
generalità dei commercianti e dei consumatori del prodotto medesimo. Sullo stesso tema, Cass. 3 agosto 1992, n. 9212, Foro it., Rep. 1992,
voce cit., n. 69, ha chiarito altresì che perché un prodotto alimentare sia considerato «preconfezionato», e quindi soggetto all'obbligo dell'in dicazione sull'etichetta del quantitativo netto e del termine minimo di
conservazione, occorre, oltre alla esistenza di un imballaggio avente de terminate caratteristiche, che l'unità di vendita sia destinata ad essere
presentata come tale al consumatore finale, e non venduta previo fra zionamento (nella specie, si trattava di prosciutto cotto intero in sta
gnola sigillata sotto vuoto sul quale il produttore aveva apposto la dici tura «da vendersi a peso previo frazionamento»).
Secondo Cass. 10 novembre 1992, n. 12088, id., Rep. 1994, voce
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