sezione lavoro; sentenza 9 aprile 1998, n. 3694; Pres. Lanni, Est. Prestipino, P.M. Dettori (concl.conf.); Mancini (Avv. Borghesi, Valensise) c. Soc. Henkel chimica; Soc. Henkel (Avv. Fabbri,Ferzi) c. Mancini. Conferma Trib. Bologna 22 settembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 10 (OTTOBRE 1998), pp. 2909/2910-2913/2914Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192939 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
codice, con particolare riferimento al già ricordato principio se
condo cui il provvedimento discrezionale di riunione lascia im
mutata l'autonomia dei singoli giudizi e della posizione delle
parti in ciascuno di essi.
Da tale quadro normativo discende che: a) il consigliere istrut
tore, verificato che per la controversia relativa alla liquidazione dei danni i tempi erano destinati ad allungarsi, ben poteva ri
mettere il processo all'esame del collegio, affinché valutasse la
sussistenza degli estremi per far luogo all'applicazione dell'art.
279, 2° comma, n. 5, c.p.c. in ordine alla domanda ex art.
389 c.p.c., non richiedente attività istruttoria; b) tale potere gli derivava dall'art. 187, 1° comma, c.p.c., essendo il suo eserci
zio riferito all'autonoma domanda ex art. 389 c.p.c. (autono mia non pregiudicata dal provvedimento di riunione); c) non
occorreva la sospensione delle operazioni di consulenza in corso
di svolgimento attinenti alla diversa causa per la liquidazione dei danni.
Non è dunque esatta la tesi della Sapam, secondo cui sareb
bero mancati presupposti perché la causa fosse rimessa al colle
gio per la decisione, dovendosi replicare che tali presupposti
invece sussistevano ed erano costituiti dall'autonomia dell'azio
ne restitutoria, dall'assenza di esigenze istruttorie a questi ine
renti, dai poteri processuali demandati all'istruttore e al colle
gio in tema di riunione e di separazione delle cause, il tutto
nel quadro del principio d'interesse generale di pervenire solle
citamente alla decisione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 aprile
1998, n. 3694; Pres. Lanni, Est. Prestipino, P.M. Dettori
(conci, conf.); Mancini (Aw. Borghesi, Valensise) c. Soc.
Henkel chimica; Soc. Henkel (Aw. Fabbri, Ferzi) c. Manci
ni. Conferma Trib. Bologna 22 settembre 1994.
Impugnazioni civili in genere — Estinzione della parte persona
giurìdica dopo la pubblicazione della sentenza — Impugna
zione proposta contro la parte estinta — Inammissibilità (Cod.
proc. civ., art. 163, 164, 299, 300).
In caso di estinzione della parte persona giuridica (nella specie,
avvenuta per incorporazione) intervenuta dopo la pubblica
zione della sentenza, il giudizio di impugnazione deve essere instaurato da e contro i soggetti che siano parti sostanziali
attualmente interessate alla controversia; l'impugnazione pro
posta nei confronti della parte estinta è nulla per un vizio
attinente alla vocatio in ius, la cui sanatoria è disciplinata
dal vecchio testo dell'art. 164 c.p.c., in caso di controversia
iniziata in epoca precedente al 30 aprile 1995 (come nella spe
cie), e dai primi tre commi del nuovo testo dell'art. 164 c.p.c.,
in caso di causa iniziata dopo tale data. (1)
(1) La sentenza applica ad una fattispecie di estinzione di una società
per incorporazione il principio di diritto enunciato nella sentenza delle
sezioni unite 19 dicembre 1996, n. 11394, citata in motivazione e ripor
tata in Foro it., 1997, I, 2544, con osservazioni di R. Caponi, a cui
si rinvia per la ricostruzione del quadro dei contrasti giurisprudenziali
sui quali sono intervenute le sezioni unite.
La sentenza in epigrafe ribadisce che la sanatoria della nullità del
l'impugnazione proposta nei confronti della parte deceduta o estinta
dopo la pubblicazione della sentenza (o meglio: già dopo l'udienza di
precisazione delle conclusioni, cfr. art. 300, 5° comma, c.p.c.) ha effi
cacia retroattiva nelle cause iniziate dopo il 30 aprile 1995, trattandosi
di un vizio relativo alla vocatio in ius, sottoposto alla disciplina dei
primi tre commi dell'art. 164 c.p.c. Ciò significa che la costituzione
nel giudizio d'impugnazione del soggetto a cui spetta ormai di stare
in giudizio sana il vizio, indipendentemente dal fatto che essa avvenga
prima o dopo la scadenza del termine, breve o lungo, di impugnazione.
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore del lavo
ro di Bologna Luigi Aldo Mancini esponeva che, quale ammini
stratore unico o consigliere delegato, aveva prestato per lunghi
periodi di tempo attività di lavoro subordinato alle dipendenze di due diverse società, la s.p.a. Henkel Chimica (in precedenza denominata s.p.a. Reno) la s.p.a. Henkel Italiana (in preceden za denominata s.p.a. Persil), senza che nei suoi confronti fosse
ro stati versati i contributi previdenziali previsti dalla legge. Il
ricorrente chiedeva, quindi, che entrambe le società convenute
fossero condannate a risarcirgli il danno.
Instauratosi il contraddittorio e assunta la prova testimoniale
dedotta dalle parti, il pretore con sentenza del 25 marzo 1988
rigettava il ricorso.
Questa decisione, impugnata dal Mancini, veniva confermata
dal Tribunale di Bologna con sentenza del 22 settembre 1994,
in base al rilievo che dalle prove documentali e testimoniali ac
quisite alla causa non risultava l'esistenza del (duplice) rapporto di lavoro subordinato dedotto dall'appellante.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione
il Mancini sulla base di tre distinti motivi. Ha resistito con con troricorso la s.p.a. Henkel, incorporante le società Henkel chi
mica e Henkel italiana, che ha eccepito in via preliminare l'i
nammissibilità del ricorso e che ha formulato ricorso incidenta
le condizionato. Entrambe le parti hanno depositato una
memoria.
Motivi della decisione. — Preliminarmente, deve essere di
sposta, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, trat
tandosi di impugnazioni proposte contro la medesima sentenza.
Sempre in via preliminare, poi, deve essere esaminata l'ecce
zione di inammissibilità del ricorso principale dedotta dalla so cietà resistente.
Si tratta certamente di un obiter dictum, poiché la controversia de qua era sottoposta al vecchio rito (che prevedeva l'irretroattività della sana toria: infatti il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile, in quanto la nuova società si è costituita dopo che era ormai scaduto
il termine per l'impugnazione). Occorrerebbe poi verificare se la disci
plina della nullità (e quindi la correlativa disciplina della sanatoria) pos sa essere applicata, oltreché all'atto introduttivo del giudizio di appello, anche all'atto introduttivo del giudizio di cassazione (ciò è stato recen
temente negato da G. Tombam Fabbrini, Inammissibilità e improcedi bilità del ricorso per cassazione e possibili sanatorie per raggiungimento dello scopo, id., 1993, 1, 3021, spec. 3023). Vobiter dictum è tuttavia
importante perché vale a correggere uno sbandamento giurisprudenziale che sul punto si è verificato pur dopo la ricordata sentenza delle sezioni
unite: ci riferiamo in particolare a Cass. 9 agosto 1997, n. 7441, id.,
1998, I, 2235, con nota di R. Caponi, Conoscenza legale acquisita dalla
parte soccombente della morte della controparte e sorte dell'impugna zione proposta nei confronti della parte deceduta, anziché degli eredi.
Questa sentenza aveva affermato incidentalmente che la nullità dell'im
pugnazione notificata alla parte deceduta, anziché agli eredi, non po trebbe essere sanata dalla costituzione in giudizio degli eredi. Per la
dimostrazione che il vizio de quo attiene alla vocatio in ius e non all'e
ditio actionis, si rinvia alla nota di Caponi, appena citata.
Sull'incorporazione come fattispecie di successione a titolo universale
e quindi come fatto interruttivo del processo, v. Cass. 28 luglio 1986,
n. 4812, id., 1988, I, 1275, citata in motivazione al pari di Cass. 27
gennaio 1994, n. 833, id., 1995, I, 936, con nota di F. Pietrosanti,
secondo cui, estintasi per incorporazione una società nel corso del pri mo grado del giudizio e non dichiarato l'evento, è inammissibile l'im
pugnazione proposta dal procuratore della società incorporata a nome
dell'incorporante in difetto del conferimento di nuova procura. Fra le
tante altre nello stesso senso, cfr. anche Cass. 21 agosto 1996, n. 7704,
id., 1997, I, 1911, con nota di richiami, secondo cui la fusione della
società per incorporazione determina automaticamente, sul piano del
diritto sostanziale, l'estinzione della società assoggettata alla fusione ed
il subingresso, nei rapporti ad essa relativi, per successione a titolo uni
versale, della società incorporante, la quale può proseguire il processo di cui era parte la società estinta, costituendosi nel giudizio anche di
gravame, con esclusione di qualsiasi incidenza dell'incorporazione sulla
validità di quello; tale fenomeno estintivo va, agli effetti processuali, assimilato alla morte della persona fisica e, pertanto, produce l'interru
zione del processo nel quale sia parte la società estinta se il suo procu
ratore costituito abbia fatto dichiarazione (in udienza o con notificazio
ne alle altre parti, fino alla chiusura della discussione) dell'evento veri
ficatosi nella fase attiva del rapporto processuale. In dottrina, favorevole alla fusione e all'incorporazione come fatti
interruttivi del processo è C. Punzi, L'interruzione del processo, Mila
no, 1963, 221 ss.; contrario è A. Finocchiaro, Interruzione del proces
so civile, voce dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1972, XXII, 428
ss., spec. 434.
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2911 PARTE PRIMA 2912
Sostiene quest'ultima che le due società che avevano preso
parte al giudizio di appello (la Henkel chimica e la Henkel ita
liana), dopo il deposito in cancelleria della sentenza emessa dal
Tribunale di Bologna, sono state incorporate da essa s.p.a. Hen
kel con rogito notarile del 31 ottobre 1994, reso esecutivo ed
opponibile ai terzi, ai sensi degli art. 2457 ter, 2504 e 2504 sexies
c.c., mediante la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del 5
dicembre 1994. Aggiunge la medesima resistente che, essendo
la società Henkel chimica ed Henkel italiana, al tempo della
proposizione del ricorso per cassazione (19 settembre 1995), or
mai estinte, il ricorso in questione, a pena di inammissibilità, avrebbe dovuto essere formulato e notificato nei confronti non
già di tali società, ma di essa società incorporante, ormai dive
nuta unica legittimata a resistere all'altrui impugnazione. L'eccezione è fondata. In punto di fatto, risponde a verità
quanto deduce la resistente (v. i documenti ritualmente prodotti in questo giudizio di legittimità ai sensi degli art. 369, 1° com
ma, n. 4, e 372 c.p.c.), dal momento che le s.p.a. Henkel chi
mica ed Henkel italiana sono state incorporate dalla s.p.a. Henkel
con rogito notaio Giuliano di Milano del 31 ottobre 1994, pub blicato nella Gazzetta ufficiale il successivo 5 dicembre. E, sem
pre in punto di fatto, va precisato che la sentenza impugnata, emessa dal Tribunale di Bologna il 13 maggio 1994, è stata pub blicata mediante deposito nella cancelleria il 22 settembre 1994
(in epoca antecedente all'atto di incorporazione), mentre il ri
corso per cassazione è stato proposto dal Mancini, con atto
notificato il 19 settembre 1995 al procuratore costituito, contro
le società che avevano preso parte al giudizio di appello. Ciò premesso, debbono essere esposte le seguenti considera
zioni in diritto e debbono essere tratte le relative conclusioni.
I. - Sotto il profilo sostanziale, come questa corte ha da tem
po affermato, in caso di fusione pura e semplice o di fusione
per incorporazione le società oggetto della fusione o la società
incorporata si estinguono ai sensi dell'art. 2504 bis c.c. e la so
cietà che risulta dalla fusione o che ha effettuato l'incorpora zione subentra in qualità di successore a titolo universale nei diritti e nelle obbligazioni che facevano capo alle società estinte
(cfr., fra le tante sentenze, Cass., sez. un., 28 luglio 1986, n.
4812, Foro it., 1988, I, 1275, e Cass. 27 gennaio 1994, n. 833,
id., 1995, I, 936; v. anche Cass. 8 ottobre 1996 n. 7271, id.,
Rep. 1996, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 90, in
motivazione): la successione in tutti i rapporti, attivi e passivi, da parte della società incorporante o di quella che risulta dalla
fusione si realizza per effetto delle deliberazioni adottate sepa ratamente da ciascuna società a norma dell'art. 2502, 1° com
ma, c.c., mentre l'atto di fusione, previsto dall'art. 2504, 1°
comma, c.c., ha la natura di un mero atto esecutivo (così te
stualmente Cass. 6 luglio 1996, n. 6177, ibid., n. 89, in moti
vazione). II. - Anche dal punto di vista processuale l'estinzione delle
società che hanno formato oggetto di fusione o di incorporazio ne equivale al fenomeno della morte (o della perdita di capaci tà) della persona fisica. In proposito, questa corte ha avuto mo
do più volte di asserire che, se l'evento che esclude o menoma la capacità della parte (morte o perdita della capacità della per sona fisica, estinzione della persona giuridica) si verifica tra una
fase processuale e l'altra, dopo la pubblicazione della sentenza, il problema dalla notificazione dell'atto di impugnazione e della instaurazione della fase di gravame va risolto non già alla luce
del principio dell'ultrattività del mandato al procuratore costi tuito o della non automaticità dell'interruzione ex art. 300 c.p.c., bensì in base alle disposizioni contenute nell'art. 328 c.p.c., in
forza delle quali l'evento in questione esplica i suoi effetti non
più sul processo, ma esclusivamente sul termine per proporre
l'impugnazione (cfr., fra le tante sentenze risalenti nel tempo, Cass., sez. un., 21 luglio 1978, n. 3630, id., Rep. 1978, voce
Impugnazioni civili, n. 87). Di guisa che, fermo restando che il momento di quiescenza del rapporto processuale, successivo
all^ pubblicazione della sentenza e in pendenza del termine per proporre l'impugnazione, è unicamente regolato dall'art. 328
c.p.c., che stabilisce l'eventuale interruzione o proroga del ter
mine medesimo a seconda che la sentenza sia stata o meno noti ficata (Cass., sez. un., 21 febbraio 1984, n. 1228, id., 1984,
I, 664, seguita da numerose altre conformi, fra le quali v. Cass.
25 giugno 1990, n. 6404, id., Rep. 1990, voce cit., n. 36), si deve affermare, conformemente a quanto è stato sostenuto in
dottrina, che, verificatosi in tale fase un evento che cagiona
Il Foro Italiano — 1998.
la morte o la perdita di capacità (o l'estinzione, trattandosi di
società) della parte già vittoriosa nella fase precedente, «in te
ma di legittimazione passiva si impone l'adeguamento della di
rezione soggettiva degli atti alla nuova situazione che si è deter
minata», dal momento che nel giudizio di impugnazione la vo
catio in ius deve essere rivolta al successore (o al soggetto che ha assunto la rappresentanza legale dell'incapace), specificamente
individuato, al quale compete la partecipazione al giudizio stes
so (Cass. 16 luglio 1992, n. 8616, id., Rep. 1992, voce Fallimen to, n. 507, specie in motivazione, e 29 marzo 1995, n. 3762,
id., Rep. 1995, voce Impugnazioni civili, n. 12). III. - Da parte di questa corte, con riferimento all'ipotesi esa
minata nel precedente punto II, era stato in più occasioni asse
rito che, se è vero che non si può prescindere dalla nuova situa
zione che si è verificata nella fase successiva alla pubblicazione della sentenza in relazione ad una delle parti e se è vero, quindi, che l'impugnazione deve essere rivolta (e notificata) al soggetto «attualmente» legittimato a partecipare al giudizio, è altrettan
to vero che la situazione predetta deve essere conosciuta dal
l'impugnante: con diverse pronunce era stato al riguardo soste
nuto che la nullità dell'atto di impugnazione, rivolto e notifica
to alla parte originaria ormai deceduta o estinta e non al
successore «ben può essere rilevata anche d'ufficio, salvo che
la controparte non abbia senza sua colpa ignorato l'evento, nel
qual caso opera la disciplina dell'art. 291 c.p.c.» (cfr., fra le
altre, Cass. 25 giugno 1990, n. 6404, cit.; v. pure, quanto alla
conoscibilità che l'impugnante ha dell'estinzione ex lege di un
ente pubblico e della successione al medesimo di un altro ente,
Cass., sez. un., 22 novembre 1996, n. 10328, id., Rep. 1996, voce Impiegato dello Stato, n. 1122).
Nella materia sono intervenute, per sanare un contrasto che
si era verificato nella giurisprudenza di legittimità in ordine al
l'applicabilità, o meno, del suddetto art. 291 c.p.c., le sezioni
unite della corte con la sentenza n. 11394 del 19 dicembre 1996
(id., 1997, I, 2544). In tale sentenza, dopo che è stato ribadito
il principio secondo cui, in caso di morte della parte-persona fisica (o, come si deve aggiungere, di estinzione della parte
persona giuridica), intervenuta dopo la pubblicazione della sen
tenza, l'impugnazione deve essere instaurata contro i soggetti «che siano parti sostanziali attualmente interessate alla contro
versia», è stato osservato che, se l'impugnazione è proposta nei
confronti della parte deceduta (o estinta), si verifica la nullità della medesima e non già l'inesistenza, trattandosi di un vizio
che, attenendo all'errata identificazione del soggetto passivo della
vocatio in ius, è riconducibile al combinato disposto degli art.
163, n. 2, e 164 c.p.c. e la cui riparazione risponde «ad una
esigenza di autocorrezione del processo, per cui non v'è motivo
di farla dipendere, come fa la giurisprudenza che richiama l'art. 291 c.p.c., dall'incolpevolezza del comportamento che ha deter
minato la nullità stessa». E tale nullità, a norma dell'art. 164
c.p.c., nel testo anteriore alla modifica introdotta dalla 1. n. 353 del 1990 in caso di controversia promossa in epoca prece dente al 30 aprile 1995, è suscettibile di sanatoria, a causa della
costituzione in giudizio del successore a titolo universale, con efficacia ex nunc, sicché di sanatoria si può parlare solamente
se la costituzione stessa «avvenga quando ancora non sia matu
rato il termine, breve o annuale, di cui agli art. 325 e 327 c.p.c. (a seconda che la sentenza sia stata o meno notificata)», mentre la sanatoria è in ogni caso operante, attesa l'efficacia ex tunc
prevista dal nuovo testo del medesimo art. 164 nell'ipotesi di costituzione in giudizio del soggetto cui compete di stare in giu
dizio, in relazione alle cause iniziate dopo il 30 aprile 1995 (v. gli art. 9 1. 26 novembre 1990 n. 353 e 9 d.l. 18 ottobre 1995
n. 432, convertito in 1. 20 dicembre 1995 n. 534). IV. - A tutti i principi di diritto richiamati nei punti che pre
cedono, e soprattutto al principio enunciato nella sentenza delle sezioni unite n. 11394 del 19 dicembre 1996, da ultimo indicata, si deve fare riferimento per la decisione della presente contro
versia.
Poiché delle due società che avevano preso parte al giudizio di appello, dopo la pubblicazione della sentenza emssa dal Tri
bunale di Bologna (22 settembre 1994), era avvenuta l'estinzio ne per effetto della loro incorporazione nella s.p.a. Henkel, il
ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere rivolto e notificato a quest'ultima società. Di guisa che l'evocazione in questo giu dizio di legittimità delle due società originarie, ormai estinte, con la notifica presso il procuratore costituito davanti al tribù
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
naie, ha determinato la nullità dell'impugnazione, che non è
stata sanata dalla costituzione della società incorporante, effet
tiva legittimata, essendo tale costituzione avvenuta dopo che era
ormai scaduto il termine per l'impugnazione (v. la notifica del
controricorso, eseguita il 27 ottobre 1995 e il deposito dell'atto, ovviamente effettuato in epoca successiva).
Al riguardo, come è necessario sottolineare, avendo avuto la
presente controversia inizio prima del 30 aprile 1995, occorre
fare riferimento al vecchio testo dell'art. 164 c.p.c., il cui 2°
comma stabiliva che, in caso di nullità, «la costituzione del con
venuto sana ogni vizio della citazione, ma restano salvi i diritti
anteriormente quesiti»; al contrario, non può trovare ingresso il nuovo testo dell'art. 164, risultante dalle modifiche apportate dal suddetto art. 9 1. 26 novembre 1990 n. 353 e applicabile alle cause iniziate dopo il 30 aprile 1995, il cui 3° comma stabi
lisce — come conseguenza di una scelta discrezionale operata
per il futuro dal legislatore, il che induce ad esprimere un giudi zio di manifesta infondatezza dell'eventuale questione di legitti mità costituzionale del suddetto vecchio testo del medesimo ar
ticolo — che la costituzione del convenuto sana i vizi della cita
zione in base a quanto previsto dal 2° comma e cioè «sin dal
momento della prima notificazione».
Pertanto, a parte che il Mancini, in base alla vecchia giuris
prudenza e attesa la pubblicità realizzata a norma di legge, ave
va avuto la possibilità di conoscere l'avvenuta estinzione della
s.p.a. Henkel chimica ed Henkel italiana e la successione a tali
società della s.p.a. Henkel, resta il fatto che il ricorso per cassa
zione, essendo stato proposto contro le due società ormai estin
te, deve essere considerato nullo ai sensi del combinato disposto
degli art. 163, 3° comma, n. 2, e 164 c.p.c.; né tale nullità, come si è detto, è stata sanata dalla costituzione della società
che aveva proceduto all'incorporazione delle altre due, dal mo
mento che tale costituzione è avvenuta dopo che era scaduto
il termine per impugnare la sentenza emessa dal Tribunale di
Bologna. Tenuto conto di tutti i rilievi che precedono, il ricorso propo
sto dal Mancini deve essere dichiarato inammissibile e in questa decisione resta assorbito il ricorso incidentale condizionato pro
posto dalla società Henkel.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 30 marzo
1998, n. 3330; Pres. ed est. Sgroi, Rei. Borre, P.M. Nardi
(conci, conf.); Carella (Aw. Gadaleta) c. Siciliani (Aw. Qua
ranta). Cassa App. Bari 15 aprile 1994.
Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il
penale) e pregiudizialità penale — Giudicato penale — Sen
tenza resa prima dell'entrata in vigore del nuovo codice di
procedura penale — Effetti (Cod. proc. pen., art. 652, 654;
norme attuaz., coord, e trans, cod. proc. pen., art. 260; cod.
proc. pen. del 1930, art. 25). Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il
penale) e pregiudizialità penale — Giudicato penale di assolu
zione — Efficacia — Limiti (Cod. proc. pen., art. 652, 654;
cod. proc. pen. del 1930, art. 25).
Ai sensi dell'art. 260 norme attuaz., coord, e trans, c.p.p., le
disposizioni che regolano l'efficacia del giudicato penale nei
giudizi civili si applicano anche alle sentenze rese prima del l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. (1)
(1, 3) Sull'operatività delle norme che disciplinano l'efficacia del giu dicato penale negli altri giudizi, v. Cass. 5 febbraio 1996, n. 956, Foro
it., Rep. 1996, voce Giudizio (rapporto), n. 33, per la quale «in tema
di rapporti fra giudicato penale e giudizio civile, l'art. 652 del nuovo
c.p.p., in quanto norma compresa nel libro dieci del codice, deve trova
re applicazione nei giudizi civili in corso, ai sensi della disposizione transitoria dell'art. 260 d.leg. 28 luglio 1989 n. 271, ancorché la senten
za penale sia stata emessa e passata in giudicato nella vigenza del prece dente c.p.p.»; 9 aprile 1997, n. 3084, id., Rep. 1997, voce cit., n. 7,
che, sia pure in via incidentale, riconosce che gli art. 651-652 c.p.p.
It Foro Italiano — 1998.
Il giudicato penale di assoluzione, ai sensi degli art. 652 e 654
c.p.p., è idoneo a produrre effetti preclusivi nel processo civi
le solo quando contenga un positivo accertamento della in
sussistenza del fatto o che l'imputato non l'abbia commesso, non anche quando l'assoluzione dipenda dall'esistenza di un
dubbio non risolvibile. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 luglio
1997, n. 6373; Pres. Santojanni, Est. Dell'Anno, P.M. Mar
tone (conci, conf.); Patisso (Avv. Magaraggia) c. Servizio
contributi agricoli unificati (Avv. Fabrizio, Mulas, Liron
curti). Conferma Trib. Brindisi 31 marzo 1995.
Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il
penale) e pregiudizialità penale — Giudicato penale — Nuo
vo codice di procedura penale — Effetti (Cod. proc. pen., art. 654; norme attuaz., coord, e trans, cod. proc. pen., art.
260; cod. proc. pen. del 1930, art. 25). Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il
penale) e pregiudizialità penale — Giudicato penale — Effi
cacia nel giudizio civile (Cod. proc. pen., art. 652, 654).
Le disposizioni che regolano l'efficacia del giudicato penale nei
giudizi civili si applicano alle sentenze passate in giudicato successivamente all'entrata in vigore del nuovo codice di pro
cedura penale, ancorché sia in questione una fattispecie so
stanziale storicamente precedente. (3) La sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione
pronunciata a seguito del dibattimento ha efficacia di giudi cato nel giudizio civile nei confronti della parte offesa o dan
neggiata dal reato se questa si sia costituita parte civile nel
processo penale e comunque limitatamente all'accertamento
dei fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale; in
mancanza, la sentenza penale costituisce un documento che
deve essere valutato dal giudice civile per trarne elementi di
giudizio, sia pure non vincolanti. (4)
sono «applicabili anche alle sentenze emesse prima dell'entrata in vigo re del nuovo c.p.p., ai sensi dell'art. 260 d.leg. 28 luglio 1989 n. 271 . . .»; 13 dicembre 1996, n. 11162, id., Rep. 1996, voce cit., n. 19, secondo
cui l'art. 652 nuovo c.p.p. «è applicabile non solo quando la sentenza
penale sia passata in giudicato dopo l'entrata in vigore di detto codice, ma anche quando lo sia anteriormente . . .»; 12 ottobre 1996, n. 8935,
ibid., n. 22, la quale pone in evidenza che «agli art. 651-654 nuovo
c.p.p. concernenti le relazioni tra il giudicato penale e il giudizio civile
o disciplinare si applica l'art. 260 norme attuaz., coord, e trans, (d.leg. 28 luglio 1989 n. 271), secondo cui le disposizioni del libro decimo del
codice trovano applicazione anche relativamente ai provvedimenti emessi
anteriormente alla data di entrata in vigore del codice e ai procedimenti
già iniziati a tale data . . .»; 20 febbraio 1996, n. 1319, id., 1996, I,
2123, secondo cui «. . . le nuove disposizioni in materia di giudicato, che riconoscono l'efficacia di giudicato alle sole sentenze dibattimentali
irrevocabili di condanna o di assoluzione, trovano applicazione anche
ai provvedimenti emessi prima della data di entrata in vigore del codice
di rito penale». (2) Negli stessi sensi, v. Cass. 13 dicembre 1996, n. 11162, cit., secon
do cui «in virtù dell'art. 652 nuovo c.p.p. ... il giudicato penale di
assoluzione è idoneo a produrre gli effetti preclusivi previsti dalla nor
ma stessa solo quando contenga, in termini categorici, un effettivo ac
certamento circa l'insussistenza del fatto o l'impossibilità di attribuire
questo all'imputato, non anche quando l'assoluzione sia determinata
dall'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione
del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato». V. altresì Cass. 22 gennaio 1998, n. 570, Foro it., Mass., 1998, 62,
«. . . la sentenza di assoluzione successivamente intervenuta perché il
fatto non è più previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 654
c.p.p. ... ha efficacia di giudicato sull'accertamento di tali fatti ove
la sentenza sia in concreto fondata su tale accertamento e non sull'a
stratta sopraggiunta mancata previsione del fatto come reato»; 9 aprile
1997, n. 3084, cit., per la quale «poiché la sentenza dibattimentale di
proscioglimento dell'imputato per amnistia, pur se anteriore all'entrata
in vigore del nuovo c.p.p., non ha efficacia di giudicato (esterno) . . .
nel giudizio civile promosso per il risarcimento del danno, il giudice
civile deve rivalutare il fatto, pur tenendo conto di tutti gli elementi
di prova acquisiti nel processo penale, nel rispetto del contraddittorio
tra le parti». (4) Negli stessi termini, v. Cass. 12 agosto 1994, n. 7405, Foro it.,
Rep. 1994, voce Giudizio (rapporto), n. 25, sia pure nei confronti del
responsabile civile. V., altresì, Cass. 12 ottobre 1996, n. 8935, id., Rep.
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