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sezione lavoro; sentenza 9 aprile 1998, n. 3694; Pres. Lanni, Est. Prestipino, P.M. Dettori (concl....

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sezione lavoro; sentenza 9 aprile 1998, n. 3694; Pres. Lanni, Est. Prestipino, P.M. Dettori (concl. conf.); Mancini (Avv. Borghesi, Valensise) c. Soc. Henkel chimica; Soc. Henkel (Avv. Fabbri, Ferzi) c. Mancini. Conferma Trib. Bologna 22 settembre 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 10 (OTTOBRE 1998), pp. 2909/2910-2913/2914 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192939 . Accessed: 28/06/2014 08:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.151 on Sat, 28 Jun 2014 08:41:42 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione lavoro; sentenza 9 aprile 1998, n. 3694; Pres. Lanni, Est. Prestipino, P.M. Dettori (concl. conf.); Mancini (Avv. Borghesi, Valensise) c. Soc. Henkel chimica; Soc. Henkel (Avv.

sezione lavoro; sentenza 9 aprile 1998, n. 3694; Pres. Lanni, Est. Prestipino, P.M. Dettori (concl.conf.); Mancini (Avv. Borghesi, Valensise) c. Soc. Henkel chimica; Soc. Henkel (Avv. Fabbri,Ferzi) c. Mancini. Conferma Trib. Bologna 22 settembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 10 (OTTOBRE 1998), pp. 2909/2910-2913/2914Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192939 .

Accessed: 28/06/2014 08:41

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

codice, con particolare riferimento al già ricordato principio se

condo cui il provvedimento discrezionale di riunione lascia im

mutata l'autonomia dei singoli giudizi e della posizione delle

parti in ciascuno di essi.

Da tale quadro normativo discende che: a) il consigliere istrut

tore, verificato che per la controversia relativa alla liquidazione dei danni i tempi erano destinati ad allungarsi, ben poteva ri

mettere il processo all'esame del collegio, affinché valutasse la

sussistenza degli estremi per far luogo all'applicazione dell'art.

279, 2° comma, n. 5, c.p.c. in ordine alla domanda ex art.

389 c.p.c., non richiedente attività istruttoria; b) tale potere gli derivava dall'art. 187, 1° comma, c.p.c., essendo il suo eserci

zio riferito all'autonoma domanda ex art. 389 c.p.c. (autono mia non pregiudicata dal provvedimento di riunione); c) non

occorreva la sospensione delle operazioni di consulenza in corso

di svolgimento attinenti alla diversa causa per la liquidazione dei danni.

Non è dunque esatta la tesi della Sapam, secondo cui sareb

bero mancati presupposti perché la causa fosse rimessa al colle

gio per la decisione, dovendosi replicare che tali presupposti

invece sussistevano ed erano costituiti dall'autonomia dell'azio

ne restitutoria, dall'assenza di esigenze istruttorie a questi ine

renti, dai poteri processuali demandati all'istruttore e al colle

gio in tema di riunione e di separazione delle cause, il tutto

nel quadro del principio d'interesse generale di pervenire solle

citamente alla decisione. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 aprile

1998, n. 3694; Pres. Lanni, Est. Prestipino, P.M. Dettori

(conci, conf.); Mancini (Aw. Borghesi, Valensise) c. Soc.

Henkel chimica; Soc. Henkel (Aw. Fabbri, Ferzi) c. Manci

ni. Conferma Trib. Bologna 22 settembre 1994.

Impugnazioni civili in genere — Estinzione della parte persona

giurìdica dopo la pubblicazione della sentenza — Impugna

zione proposta contro la parte estinta — Inammissibilità (Cod.

proc. civ., art. 163, 164, 299, 300).

In caso di estinzione della parte persona giuridica (nella specie,

avvenuta per incorporazione) intervenuta dopo la pubblica

zione della sentenza, il giudizio di impugnazione deve essere instaurato da e contro i soggetti che siano parti sostanziali

attualmente interessate alla controversia; l'impugnazione pro

posta nei confronti della parte estinta è nulla per un vizio

attinente alla vocatio in ius, la cui sanatoria è disciplinata

dal vecchio testo dell'art. 164 c.p.c., in caso di controversia

iniziata in epoca precedente al 30 aprile 1995 (come nella spe

cie), e dai primi tre commi del nuovo testo dell'art. 164 c.p.c.,

in caso di causa iniziata dopo tale data. (1)

(1) La sentenza applica ad una fattispecie di estinzione di una società

per incorporazione il principio di diritto enunciato nella sentenza delle

sezioni unite 19 dicembre 1996, n. 11394, citata in motivazione e ripor

tata in Foro it., 1997, I, 2544, con osservazioni di R. Caponi, a cui

si rinvia per la ricostruzione del quadro dei contrasti giurisprudenziali

sui quali sono intervenute le sezioni unite.

La sentenza in epigrafe ribadisce che la sanatoria della nullità del

l'impugnazione proposta nei confronti della parte deceduta o estinta

dopo la pubblicazione della sentenza (o meglio: già dopo l'udienza di

precisazione delle conclusioni, cfr. art. 300, 5° comma, c.p.c.) ha effi

cacia retroattiva nelle cause iniziate dopo il 30 aprile 1995, trattandosi

di un vizio relativo alla vocatio in ius, sottoposto alla disciplina dei

primi tre commi dell'art. 164 c.p.c. Ciò significa che la costituzione

nel giudizio d'impugnazione del soggetto a cui spetta ormai di stare

in giudizio sana il vizio, indipendentemente dal fatto che essa avvenga

prima o dopo la scadenza del termine, breve o lungo, di impugnazione.

Il Foro Italiano — 1998.

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore del lavo

ro di Bologna Luigi Aldo Mancini esponeva che, quale ammini

stratore unico o consigliere delegato, aveva prestato per lunghi

periodi di tempo attività di lavoro subordinato alle dipendenze di due diverse società, la s.p.a. Henkel Chimica (in precedenza denominata s.p.a. Reno) la s.p.a. Henkel Italiana (in preceden za denominata s.p.a. Persil), senza che nei suoi confronti fosse

ro stati versati i contributi previdenziali previsti dalla legge. Il

ricorrente chiedeva, quindi, che entrambe le società convenute

fossero condannate a risarcirgli il danno.

Instauratosi il contraddittorio e assunta la prova testimoniale

dedotta dalle parti, il pretore con sentenza del 25 marzo 1988

rigettava il ricorso.

Questa decisione, impugnata dal Mancini, veniva confermata

dal Tribunale di Bologna con sentenza del 22 settembre 1994,

in base al rilievo che dalle prove documentali e testimoniali ac

quisite alla causa non risultava l'esistenza del (duplice) rapporto di lavoro subordinato dedotto dall'appellante.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione

il Mancini sulla base di tre distinti motivi. Ha resistito con con troricorso la s.p.a. Henkel, incorporante le società Henkel chi

mica e Henkel italiana, che ha eccepito in via preliminare l'i

nammissibilità del ricorso e che ha formulato ricorso incidenta

le condizionato. Entrambe le parti hanno depositato una

memoria.

Motivi della decisione. — Preliminarmente, deve essere di

sposta, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, trat

tandosi di impugnazioni proposte contro la medesima sentenza.

Sempre in via preliminare, poi, deve essere esaminata l'ecce

zione di inammissibilità del ricorso principale dedotta dalla so cietà resistente.

Si tratta certamente di un obiter dictum, poiché la controversia de qua era sottoposta al vecchio rito (che prevedeva l'irretroattività della sana toria: infatti il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile, in quanto la nuova società si è costituita dopo che era ormai scaduto

il termine per l'impugnazione). Occorrerebbe poi verificare se la disci

plina della nullità (e quindi la correlativa disciplina della sanatoria) pos sa essere applicata, oltreché all'atto introduttivo del giudizio di appello, anche all'atto introduttivo del giudizio di cassazione (ciò è stato recen

temente negato da G. Tombam Fabbrini, Inammissibilità e improcedi bilità del ricorso per cassazione e possibili sanatorie per raggiungimento dello scopo, id., 1993, 1, 3021, spec. 3023). Vobiter dictum è tuttavia

importante perché vale a correggere uno sbandamento giurisprudenziale che sul punto si è verificato pur dopo la ricordata sentenza delle sezioni

unite: ci riferiamo in particolare a Cass. 9 agosto 1997, n. 7441, id.,

1998, I, 2235, con nota di R. Caponi, Conoscenza legale acquisita dalla

parte soccombente della morte della controparte e sorte dell'impugna zione proposta nei confronti della parte deceduta, anziché degli eredi.

Questa sentenza aveva affermato incidentalmente che la nullità dell'im

pugnazione notificata alla parte deceduta, anziché agli eredi, non po trebbe essere sanata dalla costituzione in giudizio degli eredi. Per la

dimostrazione che il vizio de quo attiene alla vocatio in ius e non all'e

ditio actionis, si rinvia alla nota di Caponi, appena citata.

Sull'incorporazione come fattispecie di successione a titolo universale

e quindi come fatto interruttivo del processo, v. Cass. 28 luglio 1986,

n. 4812, id., 1988, I, 1275, citata in motivazione al pari di Cass. 27

gennaio 1994, n. 833, id., 1995, I, 936, con nota di F. Pietrosanti,

secondo cui, estintasi per incorporazione una società nel corso del pri mo grado del giudizio e non dichiarato l'evento, è inammissibile l'im

pugnazione proposta dal procuratore della società incorporata a nome

dell'incorporante in difetto del conferimento di nuova procura. Fra le

tante altre nello stesso senso, cfr. anche Cass. 21 agosto 1996, n. 7704,

id., 1997, I, 1911, con nota di richiami, secondo cui la fusione della

società per incorporazione determina automaticamente, sul piano del

diritto sostanziale, l'estinzione della società assoggettata alla fusione ed

il subingresso, nei rapporti ad essa relativi, per successione a titolo uni

versale, della società incorporante, la quale può proseguire il processo di cui era parte la società estinta, costituendosi nel giudizio anche di

gravame, con esclusione di qualsiasi incidenza dell'incorporazione sulla

validità di quello; tale fenomeno estintivo va, agli effetti processuali, assimilato alla morte della persona fisica e, pertanto, produce l'interru

zione del processo nel quale sia parte la società estinta se il suo procu

ratore costituito abbia fatto dichiarazione (in udienza o con notificazio

ne alle altre parti, fino alla chiusura della discussione) dell'evento veri

ficatosi nella fase attiva del rapporto processuale. In dottrina, favorevole alla fusione e all'incorporazione come fatti

interruttivi del processo è C. Punzi, L'interruzione del processo, Mila

no, 1963, 221 ss.; contrario è A. Finocchiaro, Interruzione del proces

so civile, voce dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1972, XXII, 428

ss., spec. 434.

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2911 PARTE PRIMA 2912

Sostiene quest'ultima che le due società che avevano preso

parte al giudizio di appello (la Henkel chimica e la Henkel ita

liana), dopo il deposito in cancelleria della sentenza emessa dal

Tribunale di Bologna, sono state incorporate da essa s.p.a. Hen

kel con rogito notarile del 31 ottobre 1994, reso esecutivo ed

opponibile ai terzi, ai sensi degli art. 2457 ter, 2504 e 2504 sexies

c.c., mediante la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del 5

dicembre 1994. Aggiunge la medesima resistente che, essendo

la società Henkel chimica ed Henkel italiana, al tempo della

proposizione del ricorso per cassazione (19 settembre 1995), or

mai estinte, il ricorso in questione, a pena di inammissibilità, avrebbe dovuto essere formulato e notificato nei confronti non

già di tali società, ma di essa società incorporante, ormai dive

nuta unica legittimata a resistere all'altrui impugnazione. L'eccezione è fondata. In punto di fatto, risponde a verità

quanto deduce la resistente (v. i documenti ritualmente prodotti in questo giudizio di legittimità ai sensi degli art. 369, 1° com

ma, n. 4, e 372 c.p.c.), dal momento che le s.p.a. Henkel chi

mica ed Henkel italiana sono state incorporate dalla s.p.a. Henkel

con rogito notaio Giuliano di Milano del 31 ottobre 1994, pub blicato nella Gazzetta ufficiale il successivo 5 dicembre. E, sem

pre in punto di fatto, va precisato che la sentenza impugnata, emessa dal Tribunale di Bologna il 13 maggio 1994, è stata pub blicata mediante deposito nella cancelleria il 22 settembre 1994

(in epoca antecedente all'atto di incorporazione), mentre il ri

corso per cassazione è stato proposto dal Mancini, con atto

notificato il 19 settembre 1995 al procuratore costituito, contro

le società che avevano preso parte al giudizio di appello. Ciò premesso, debbono essere esposte le seguenti considera

zioni in diritto e debbono essere tratte le relative conclusioni.

I. - Sotto il profilo sostanziale, come questa corte ha da tem

po affermato, in caso di fusione pura e semplice o di fusione

per incorporazione le società oggetto della fusione o la società

incorporata si estinguono ai sensi dell'art. 2504 bis c.c. e la so

cietà che risulta dalla fusione o che ha effettuato l'incorpora zione subentra in qualità di successore a titolo universale nei diritti e nelle obbligazioni che facevano capo alle società estinte

(cfr., fra le tante sentenze, Cass., sez. un., 28 luglio 1986, n.

4812, Foro it., 1988, I, 1275, e Cass. 27 gennaio 1994, n. 833,

id., 1995, I, 936; v. anche Cass. 8 ottobre 1996 n. 7271, id.,

Rep. 1996, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 90, in

motivazione): la successione in tutti i rapporti, attivi e passivi, da parte della società incorporante o di quella che risulta dalla

fusione si realizza per effetto delle deliberazioni adottate sepa ratamente da ciascuna società a norma dell'art. 2502, 1° com

ma, c.c., mentre l'atto di fusione, previsto dall'art. 2504, 1°

comma, c.c., ha la natura di un mero atto esecutivo (così te

stualmente Cass. 6 luglio 1996, n. 6177, ibid., n. 89, in moti

vazione). II. - Anche dal punto di vista processuale l'estinzione delle

società che hanno formato oggetto di fusione o di incorporazio ne equivale al fenomeno della morte (o della perdita di capaci tà) della persona fisica. In proposito, questa corte ha avuto mo

do più volte di asserire che, se l'evento che esclude o menoma la capacità della parte (morte o perdita della capacità della per sona fisica, estinzione della persona giuridica) si verifica tra una

fase processuale e l'altra, dopo la pubblicazione della sentenza, il problema dalla notificazione dell'atto di impugnazione e della instaurazione della fase di gravame va risolto non già alla luce

del principio dell'ultrattività del mandato al procuratore costi tuito o della non automaticità dell'interruzione ex art. 300 c.p.c., bensì in base alle disposizioni contenute nell'art. 328 c.p.c., in

forza delle quali l'evento in questione esplica i suoi effetti non

più sul processo, ma esclusivamente sul termine per proporre

l'impugnazione (cfr., fra le tante sentenze risalenti nel tempo, Cass., sez. un., 21 luglio 1978, n. 3630, id., Rep. 1978, voce

Impugnazioni civili, n. 87). Di guisa che, fermo restando che il momento di quiescenza del rapporto processuale, successivo

all^ pubblicazione della sentenza e in pendenza del termine per proporre l'impugnazione, è unicamente regolato dall'art. 328

c.p.c., che stabilisce l'eventuale interruzione o proroga del ter

mine medesimo a seconda che la sentenza sia stata o meno noti ficata (Cass., sez. un., 21 febbraio 1984, n. 1228, id., 1984,

I, 664, seguita da numerose altre conformi, fra le quali v. Cass.

25 giugno 1990, n. 6404, id., Rep. 1990, voce cit., n. 36), si deve affermare, conformemente a quanto è stato sostenuto in

dottrina, che, verificatosi in tale fase un evento che cagiona

Il Foro Italiano — 1998.

la morte o la perdita di capacità (o l'estinzione, trattandosi di

società) della parte già vittoriosa nella fase precedente, «in te

ma di legittimazione passiva si impone l'adeguamento della di

rezione soggettiva degli atti alla nuova situazione che si è deter

minata», dal momento che nel giudizio di impugnazione la vo

catio in ius deve essere rivolta al successore (o al soggetto che ha assunto la rappresentanza legale dell'incapace), specificamente

individuato, al quale compete la partecipazione al giudizio stes

so (Cass. 16 luglio 1992, n. 8616, id., Rep. 1992, voce Fallimen to, n. 507, specie in motivazione, e 29 marzo 1995, n. 3762,

id., Rep. 1995, voce Impugnazioni civili, n. 12). III. - Da parte di questa corte, con riferimento all'ipotesi esa

minata nel precedente punto II, era stato in più occasioni asse

rito che, se è vero che non si può prescindere dalla nuova situa

zione che si è verificata nella fase successiva alla pubblicazione della sentenza in relazione ad una delle parti e se è vero, quindi, che l'impugnazione deve essere rivolta (e notificata) al soggetto «attualmente» legittimato a partecipare al giudizio, è altrettan

to vero che la situazione predetta deve essere conosciuta dal

l'impugnante: con diverse pronunce era stato al riguardo soste

nuto che la nullità dell'atto di impugnazione, rivolto e notifica

to alla parte originaria ormai deceduta o estinta e non al

successore «ben può essere rilevata anche d'ufficio, salvo che

la controparte non abbia senza sua colpa ignorato l'evento, nel

qual caso opera la disciplina dell'art. 291 c.p.c.» (cfr., fra le

altre, Cass. 25 giugno 1990, n. 6404, cit.; v. pure, quanto alla

conoscibilità che l'impugnante ha dell'estinzione ex lege di un

ente pubblico e della successione al medesimo di un altro ente,

Cass., sez. un., 22 novembre 1996, n. 10328, id., Rep. 1996, voce Impiegato dello Stato, n. 1122).

Nella materia sono intervenute, per sanare un contrasto che

si era verificato nella giurisprudenza di legittimità in ordine al

l'applicabilità, o meno, del suddetto art. 291 c.p.c., le sezioni

unite della corte con la sentenza n. 11394 del 19 dicembre 1996

(id., 1997, I, 2544). In tale sentenza, dopo che è stato ribadito

il principio secondo cui, in caso di morte della parte-persona fisica (o, come si deve aggiungere, di estinzione della parte

persona giuridica), intervenuta dopo la pubblicazione della sen

tenza, l'impugnazione deve essere instaurata contro i soggetti «che siano parti sostanziali attualmente interessate alla contro

versia», è stato osservato che, se l'impugnazione è proposta nei

confronti della parte deceduta (o estinta), si verifica la nullità della medesima e non già l'inesistenza, trattandosi di un vizio

che, attenendo all'errata identificazione del soggetto passivo della

vocatio in ius, è riconducibile al combinato disposto degli art.

163, n. 2, e 164 c.p.c. e la cui riparazione risponde «ad una

esigenza di autocorrezione del processo, per cui non v'è motivo

di farla dipendere, come fa la giurisprudenza che richiama l'art. 291 c.p.c., dall'incolpevolezza del comportamento che ha deter

minato la nullità stessa». E tale nullità, a norma dell'art. 164

c.p.c., nel testo anteriore alla modifica introdotta dalla 1. n. 353 del 1990 in caso di controversia promossa in epoca prece dente al 30 aprile 1995, è suscettibile di sanatoria, a causa della

costituzione in giudizio del successore a titolo universale, con efficacia ex nunc, sicché di sanatoria si può parlare solamente

se la costituzione stessa «avvenga quando ancora non sia matu

rato il termine, breve o annuale, di cui agli art. 325 e 327 c.p.c. (a seconda che la sentenza sia stata o meno notificata)», mentre la sanatoria è in ogni caso operante, attesa l'efficacia ex tunc

prevista dal nuovo testo del medesimo art. 164 nell'ipotesi di costituzione in giudizio del soggetto cui compete di stare in giu

dizio, in relazione alle cause iniziate dopo il 30 aprile 1995 (v. gli art. 9 1. 26 novembre 1990 n. 353 e 9 d.l. 18 ottobre 1995

n. 432, convertito in 1. 20 dicembre 1995 n. 534). IV. - A tutti i principi di diritto richiamati nei punti che pre

cedono, e soprattutto al principio enunciato nella sentenza delle sezioni unite n. 11394 del 19 dicembre 1996, da ultimo indicata, si deve fare riferimento per la decisione della presente contro

versia.

Poiché delle due società che avevano preso parte al giudizio di appello, dopo la pubblicazione della sentenza emssa dal Tri

bunale di Bologna (22 settembre 1994), era avvenuta l'estinzio ne per effetto della loro incorporazione nella s.p.a. Henkel, il

ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere rivolto e notificato a quest'ultima società. Di guisa che l'evocazione in questo giu dizio di legittimità delle due società originarie, ormai estinte, con la notifica presso il procuratore costituito davanti al tribù

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

naie, ha determinato la nullità dell'impugnazione, che non è

stata sanata dalla costituzione della società incorporante, effet

tiva legittimata, essendo tale costituzione avvenuta dopo che era

ormai scaduto il termine per l'impugnazione (v. la notifica del

controricorso, eseguita il 27 ottobre 1995 e il deposito dell'atto, ovviamente effettuato in epoca successiva).

Al riguardo, come è necessario sottolineare, avendo avuto la

presente controversia inizio prima del 30 aprile 1995, occorre

fare riferimento al vecchio testo dell'art. 164 c.p.c., il cui 2°

comma stabiliva che, in caso di nullità, «la costituzione del con

venuto sana ogni vizio della citazione, ma restano salvi i diritti

anteriormente quesiti»; al contrario, non può trovare ingresso il nuovo testo dell'art. 164, risultante dalle modifiche apportate dal suddetto art. 9 1. 26 novembre 1990 n. 353 e applicabile alle cause iniziate dopo il 30 aprile 1995, il cui 3° comma stabi

lisce — come conseguenza di una scelta discrezionale operata

per il futuro dal legislatore, il che induce ad esprimere un giudi zio di manifesta infondatezza dell'eventuale questione di legitti mità costituzionale del suddetto vecchio testo del medesimo ar

ticolo — che la costituzione del convenuto sana i vizi della cita

zione in base a quanto previsto dal 2° comma e cioè «sin dal

momento della prima notificazione».

Pertanto, a parte che il Mancini, in base alla vecchia giuris

prudenza e attesa la pubblicità realizzata a norma di legge, ave

va avuto la possibilità di conoscere l'avvenuta estinzione della

s.p.a. Henkel chimica ed Henkel italiana e la successione a tali

società della s.p.a. Henkel, resta il fatto che il ricorso per cassa

zione, essendo stato proposto contro le due società ormai estin

te, deve essere considerato nullo ai sensi del combinato disposto

degli art. 163, 3° comma, n. 2, e 164 c.p.c.; né tale nullità, come si è detto, è stata sanata dalla costituzione della società

che aveva proceduto all'incorporazione delle altre due, dal mo

mento che tale costituzione è avvenuta dopo che era scaduto

il termine per impugnare la sentenza emessa dal Tribunale di

Bologna. Tenuto conto di tutti i rilievi che precedono, il ricorso propo

sto dal Mancini deve essere dichiarato inammissibile e in questa decisione resta assorbito il ricorso incidentale condizionato pro

posto dalla società Henkel.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 30 marzo

1998, n. 3330; Pres. ed est. Sgroi, Rei. Borre, P.M. Nardi

(conci, conf.); Carella (Aw. Gadaleta) c. Siciliani (Aw. Qua

ranta). Cassa App. Bari 15 aprile 1994.

Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il

penale) e pregiudizialità penale — Giudicato penale — Sen

tenza resa prima dell'entrata in vigore del nuovo codice di

procedura penale — Effetti (Cod. proc. pen., art. 652, 654;

norme attuaz., coord, e trans, cod. proc. pen., art. 260; cod.

proc. pen. del 1930, art. 25). Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il

penale) e pregiudizialità penale — Giudicato penale di assolu

zione — Efficacia — Limiti (Cod. proc. pen., art. 652, 654;

cod. proc. pen. del 1930, art. 25).

Ai sensi dell'art. 260 norme attuaz., coord, e trans, c.p.p., le

disposizioni che regolano l'efficacia del giudicato penale nei

giudizi civili si applicano anche alle sentenze rese prima del l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. (1)

(1, 3) Sull'operatività delle norme che disciplinano l'efficacia del giu dicato penale negli altri giudizi, v. Cass. 5 febbraio 1996, n. 956, Foro

it., Rep. 1996, voce Giudizio (rapporto), n. 33, per la quale «in tema

di rapporti fra giudicato penale e giudizio civile, l'art. 652 del nuovo

c.p.p., in quanto norma compresa nel libro dieci del codice, deve trova

re applicazione nei giudizi civili in corso, ai sensi della disposizione transitoria dell'art. 260 d.leg. 28 luglio 1989 n. 271, ancorché la senten

za penale sia stata emessa e passata in giudicato nella vigenza del prece dente c.p.p.»; 9 aprile 1997, n. 3084, id., Rep. 1997, voce cit., n. 7,

che, sia pure in via incidentale, riconosce che gli art. 651-652 c.p.p.

It Foro Italiano — 1998.

Il giudicato penale di assoluzione, ai sensi degli art. 652 e 654

c.p.p., è idoneo a produrre effetti preclusivi nel processo civi

le solo quando contenga un positivo accertamento della in

sussistenza del fatto o che l'imputato non l'abbia commesso, non anche quando l'assoluzione dipenda dall'esistenza di un

dubbio non risolvibile. (2)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 luglio

1997, n. 6373; Pres. Santojanni, Est. Dell'Anno, P.M. Mar

tone (conci, conf.); Patisso (Avv. Magaraggia) c. Servizio

contributi agricoli unificati (Avv. Fabrizio, Mulas, Liron

curti). Conferma Trib. Brindisi 31 marzo 1995.

Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il

penale) e pregiudizialità penale — Giudicato penale — Nuo

vo codice di procedura penale — Effetti (Cod. proc. pen., art. 654; norme attuaz., coord, e trans, cod. proc. pen., art.

260; cod. proc. pen. del 1930, art. 25). Giudizio (rapporto tra il giudizio civile o amministrativo e il

penale) e pregiudizialità penale — Giudicato penale — Effi

cacia nel giudizio civile (Cod. proc. pen., art. 652, 654).

Le disposizioni che regolano l'efficacia del giudicato penale nei

giudizi civili si applicano alle sentenze passate in giudicato successivamente all'entrata in vigore del nuovo codice di pro

cedura penale, ancorché sia in questione una fattispecie so

stanziale storicamente precedente. (3) La sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione

pronunciata a seguito del dibattimento ha efficacia di giudi cato nel giudizio civile nei confronti della parte offesa o dan

neggiata dal reato se questa si sia costituita parte civile nel

processo penale e comunque limitatamente all'accertamento

dei fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale; in

mancanza, la sentenza penale costituisce un documento che

deve essere valutato dal giudice civile per trarne elementi di

giudizio, sia pure non vincolanti. (4)

sono «applicabili anche alle sentenze emesse prima dell'entrata in vigo re del nuovo c.p.p., ai sensi dell'art. 260 d.leg. 28 luglio 1989 n. 271 . . .»; 13 dicembre 1996, n. 11162, id., Rep. 1996, voce cit., n. 19, secondo

cui l'art. 652 nuovo c.p.p. «è applicabile non solo quando la sentenza

penale sia passata in giudicato dopo l'entrata in vigore di detto codice, ma anche quando lo sia anteriormente . . .»; 12 ottobre 1996, n. 8935,

ibid., n. 22, la quale pone in evidenza che «agli art. 651-654 nuovo

c.p.p. concernenti le relazioni tra il giudicato penale e il giudizio civile

o disciplinare si applica l'art. 260 norme attuaz., coord, e trans, (d.leg. 28 luglio 1989 n. 271), secondo cui le disposizioni del libro decimo del

codice trovano applicazione anche relativamente ai provvedimenti emessi

anteriormente alla data di entrata in vigore del codice e ai procedimenti

già iniziati a tale data . . .»; 20 febbraio 1996, n. 1319, id., 1996, I,

2123, secondo cui «. . . le nuove disposizioni in materia di giudicato, che riconoscono l'efficacia di giudicato alle sole sentenze dibattimentali

irrevocabili di condanna o di assoluzione, trovano applicazione anche

ai provvedimenti emessi prima della data di entrata in vigore del codice

di rito penale». (2) Negli stessi sensi, v. Cass. 13 dicembre 1996, n. 11162, cit., secon

do cui «in virtù dell'art. 652 nuovo c.p.p. ... il giudicato penale di

assoluzione è idoneo a produrre gli effetti preclusivi previsti dalla nor

ma stessa solo quando contenga, in termini categorici, un effettivo ac

certamento circa l'insussistenza del fatto o l'impossibilità di attribuire

questo all'imputato, non anche quando l'assoluzione sia determinata

dall'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione

del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato». V. altresì Cass. 22 gennaio 1998, n. 570, Foro it., Mass., 1998, 62,

«. . . la sentenza di assoluzione successivamente intervenuta perché il

fatto non è più previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 654

c.p.p. ... ha efficacia di giudicato sull'accertamento di tali fatti ove

la sentenza sia in concreto fondata su tale accertamento e non sull'a

stratta sopraggiunta mancata previsione del fatto come reato»; 9 aprile

1997, n. 3084, cit., per la quale «poiché la sentenza dibattimentale di

proscioglimento dell'imputato per amnistia, pur se anteriore all'entrata

in vigore del nuovo c.p.p., non ha efficacia di giudicato (esterno) . . .

nel giudizio civile promosso per il risarcimento del danno, il giudice

civile deve rivalutare il fatto, pur tenendo conto di tutti gli elementi

di prova acquisiti nel processo penale, nel rispetto del contraddittorio

tra le parti». (4) Negli stessi termini, v. Cass. 12 agosto 1994, n. 7405, Foro it.,

Rep. 1994, voce Giudizio (rapporto), n. 25, sia pure nei confronti del

responsabile civile. V., altresì, Cass. 12 ottobre 1996, n. 8935, id., Rep.

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