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sezione lavoro; sentenza 9 giugno 1995, n. 6532; Pres. Micali, Est. Aliberti, P.M. Arena (concl....

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Page 1: sezione lavoro; sentenza 9 giugno 1995, n. 6532; Pres. Micali, Est. Aliberti, P.M. Arena (concl. conf.); Losacco e altri (Avv. Candiano) c. Ente ferrovie dello Stato (Avv. R. Scognamiglio).

sezione lavoro; sentenza 9 giugno 1995, n. 6532; Pres. Micali, Est. Aliberti, P.M. Arena (concl.conf.); Losacco e altri (Avv. Candiano) c. Ente ferrovie dello Stato (Avv. R. Scognamiglio).Conferma Trib. Bari 7 aprile 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 1 (GENNAIO 1996), pp. 179/180-183/184Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190594 .

Accessed: 28/06/2014 11:06

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PARTE PRIMA

ma («la risoluzione del contratto... può essere pronunciata nel

caso in cui...»). Certo, oltre ogni ragionevole dubbio, che nella specie la riso

luzione del contratto inter partes è stata chiesta (dai concedenti)

e pronunciata (dal tribunale) per un inadempimento dei mezza

dri diverso da quelli indicati nel 2° comma dell'art. 5 (ed in forza di tutt'altra disposizione normativa) è evidente che nessun

onere sussisteva, a carico dei concedenti, di contestare l'ina

dempimento di cui si discute (mancata realizzazione, nei termi

ni, del piano di sviluppo approvato dalla pubblica ammini

strazione). Anche a prescindere dai pur pertinenti, ed assorbenti, rilievi

che precedono non può non tacersi, ancora, che in tutte le ipo

tesi di inadempimento contemplate dall'art. 5, vi è — costante

mente — una lesione dei diritti del concedente.

Con la propria condotta l'affittuario, venendo meno gli ob

blighi assunti al momento della stipulazione del contratto, ha

leso le aspettative del concedente che, pertanto, è tenuto non

solo a dimostrare di ritenere grave la violazione degli accordi

liberamente sottoscritti, ma è tenuto, per legge, a concedere al

l'affittuario una ulteriore possibilità di «sanare» le proprie ina

dempienze. Totalmente diversa è la situazione che viene a crearsi nel caso

il mezzadro o il colono abbia chiesto, a norma dell'art. 31 1.

3 maggio 1982 n. 203, l'autorizzazione ad eseguire un determi

nato «piano di sviluppo aziendale» (al fine di rendere «idonea»

l'unità produttiva oggetto di rapporto associativo) e invece, non

vi provveda. In questo caso non vi è tanto la lesione delle aspettative del

concedente (come nelle ipotesi di cui all'art. 5) ma una inosser

vanza delle prescrizioni della pubblica amministrazione (cui è

rimesso, in via esclusiva, di assegnare un termine perentorio

entro il quale il piano deve essere realizzato) e, conseguente

mente, una lesione degli interessi della generalità, alla forma

zione di imprese agricole valide, sotto il profilo tecnico ed eco

nomico si che mancano gli stessi presupposti in fatto, che giu stificano nella diversa ipotesi prevista dall'art. 5, l'obbligo della

previa contestazione dell'inadempimento e dell'indicazione delle

«motivate richieste» (specie considerato che nella specie non sus

siste alcun potere discrezionale del concedente in ordine alle «ri

chieste», essendo la condotta del concessionario imposta da un

provvedimento amministrativo e le conseguenze di una condot

ta non conforme previste espressamente dalla legge: «la manca

ta attuazione del piano comporta la risoluzione del rapporto»). 3. - Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano, ancora,

violazione e falsa applicazione dell'art. 48, 1° comma, e del

l'art. 31, 4° comma, 1. 3 maggio 1982 n. 203, in relazione al

l'art. 360, n. 3, c.p.c., atteso che il parere del settore decentrato

agricoltura della regione Lazio per la provincia di Frosinone,

favorevole all'esecuzione del piano di sviluppo previsto, interes

sante il fondo per cui è controversia, è stato inviato al solo

Calao Tommaso Antonio, senza alcuna indicazione, circa la sua

qualità di rappresentante degli altri familiari, quindi, a costui

in proprio, con conseguente insussistenza, nei confronti dei fa

miliari, dell'obbligo di eseguire il piano stesso, mai portato a

loro conoscenza.

4. - Anche tale motivo è infondato. In tema di rappresentan za della famiglia coltivatrice di cui all'art. 48 1. 3 maggio 1982

n. 203, nel caso in cui per mancanza della richiesta del conce

dente non si sia provveduto alla nomina del rappresentante, la

rappresentanza stessa — come assolutamente pacifico in sede

di legittimità come presso la più autorevole dottrina — spetta a ciascun membro della famiglia (Cass. 21 luglio 1993, n. 8123,

id., Rep. 1993, voce cit., n. 58) e, pertanto, la volontà di con

versione del contratto di mezzadria in affitto può essere effica

cemente comunicata al concedente anche da uno solo dei com

ponenti della famiglia coltivatrice ed il giudizio per l'accerta

mento della conversione può svolgersi tra il concedente ed il

componente della famiglia coltivatrice che abbia assunto l'ini

ziativa della conversione, senza necessità della partecipazione

degli altri, perché, come si desume dall'art. 48 1. 3 maggio 1982

n. 203 (che detta disposizione conforme a quella dell'art. 2267

c.c. in tema di responsabilità per le obbligazioni sociali), all'im presa familiare coltivatrice, se non vi è stata la nomina di un

rappresentante, sono applicabili le norme sulla società semplice, che consentono a ciascun socio di agire, anche sul piano proces

II Foro Italiano — 1996.

suale, in nome e per conto degi altri (Cass. 14 ottobre 1992,

n. 11203, id., Rep. 1992, voce cit., n. 99). Pacifico che alla famiglia coltivatrice, equiparabile alla socie

tà semplice, si applica il principio dell'amministrazione disgiun tiva da parte di tutti i partecipanti, con la conseguenza che quan

do non vi è stata nomina del rappresentante ai sensi dell'art.

48 1. 3 maggio 1982 n. 203 ciascun componente può agire anche

sul piano processuale in nome e per conto della suddetta fami

glia nei confronti del concedente, con effetti per gli altri fami

liari, relativamente ai quali non è pertanto necessaria l'integra

zione del contraddittorio (Cass. 16 aprile 1992, n. 4689, ibid., n. 84) è evidente che nessuna violazione vi è stata, degli art.

31 e 48 1. 3 maggio 1982 n. 203, allorché il parere favorevole,

all'esecuzione del piano di sviluppo agricolo per cui è causa,

è stato notificato esclusivamente a Calao Tommaso Antonio e

non anche agli altri familiari, partecipi dell'impresa familiare

e nonostante faccia difetto, nella relata di notifica, qualsiasi

riferimento alla qualità di rappresentante dell'impresa spettante al Calao Tommaso Antonio.

Specie tenuto presente, come esattamente rilevato dalla Corte

d'appello di Roma, che nella specie la richiesta di approvazione

del piano di sviluppo aziendale era stata presentata dal solo

Calao Tommaso Antonio (e non anche dagli altri familiari, cui,

pertanto, nessuna notifica era dovuta). La richiesta, inoltre, pro veniva dal predetto Calao Tommaso Antonio non nella sua ora

vantata qualità di rappresentante (o di partecipe) di una impre

sa familiare, ma «nella sua qualità di concessionario dell'a

zienda».

Risultato totalmente infondato, il proposto ricorso deve ri

gettarsi.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 giugno

1995, n. 6532; Pres. Micali, Est. Aliberti, P.M. Arena

(conci, conf.); Losacco e altri (Avv. Candiano) c. Ente fer

rovie dello Stato (Avv. R. Scognamiglio). Conferma Trib.

Bari 7 aprile 1993.

Cosa giudicata civile — Limiti oggettivi — Presupposti logici necessari della decisione — Estensione — Fattispecie (Cod.

civ., art. 2909; cod. proc. civ., art. 34; 1. 24 dicembre 1986

n. 958, norme sul servizio militare di leva e sulla firma di

leva prolungata, art. 20; 1. 30 dicembre 1991 n. 412, disposi zioni in materia di finanza pubblica, art. 7).

L'autorità della cosa giudicata si estende all'accertamento di que

gli elementi che, in quanto collegati da nessi di pregiudizialità

logica con la situazione sostanziale dedotta in causa quale

petitum della domanda giudiziale, fungono da presupposti ne

cessari della statuizione finale; per contro, essa non colpisce la soluzione delle questioni che non costituiscono il fonda mento della sentenza, quale quella concernente l'applicabilità all'ente Ferrovie dello Stato della normativa che considera il

periodo militare prestato prima dell'assunzione valido a tutti

gli effetti ai fini dell'anzianità di servizio, una volta che il

provvedimento di rigetto dell'istanza tesa a! riconoscimento

del diritto in capo a taluni lavoratori sia basato sulla non

estensibilità di tale benefìcio al lavoro effettuato prima del

l'entrata in vigore della legge che lo abbia istituito. (1)

(1) 11 giudice di appello, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda proposta da alcuni dipendenti dell'ente Ferro vie dello Stato diretta al riconoscimento del periodo militare di leva

prestato prima della loro assunzione come valido per l'inquadramento economico e per la determinazione dell'anzianità lavorativa ai fini del

trattamento previdenziale, ai sensi dell'art. 20 1. 24 dicembre 1986 n.

958. Il rigetto è fondato sulla esclusione dell'applicabilità della norma

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con separati ricorsi gli attuali

ricorrenti (oltre ad altri lavoratori) adivano il Pretore di Bari

perché fosse dichiarato il loro diritto al riconoscimento del pe riodo militare di leva prestato prima della loro assunzione alle

dipendenze dell'ente Ferrovie dello Stato come valido a tutti

gli effetti per l'inquadramento economico e per la determina zione dell'anzianità lavorativa ai fini del trattamento previden ziale ai sensi dell'art. 20 1. 958/86 e perché fosse condannato

l'ente al pagamento delle relative differenze retributive oltre in

teressi legali ed alla svalutazione monetaria.

Le domande, alle quali resisteva il convenuto, venivano ac

colte dall'adito pretore.

Interponeva appello il soccombente ente con distinti ricorsi;

gli appellati non si costituivano.

Il Tribunale di Bari disponeva la riunione degli appelli; quin di con sentenza 2 marzo/7 aprile 1993, accoglieva gli appelli

e, in riforma della sentenza, rigettava le domande.

Il tribunale riteneva che, escluso che i destinatari dell'art. 20

1. 958/86 siano i datori di lavoro ed i lavoratori privati, doveva

si necessariamente escludere l'applicabilità della norma agli enti

pubblici economici ed ai relativi dipendenti (e, quindi, anche ai dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato).

In ogni caso, essendo pacifico nella specie che il servizio mili

tare era stato prestato in epoca antecedente la 1. 958/86, era

decisivo ed assorbente il rilievo l'interpretazione autentica data

agli enti pubblici economici ed ai relativi dipendenti, nonché sul fatto, ritenuto dal tribunale «decisivo ed assorbente», che, essendo il servizio militare stato prestato dai ricorrenti in epoca anteriore alla 1. n. 958 del 1986, in forza dell'interpretazione autentica di questa legge data

dal legislatore con l'art. 7 1. n. 412 del 1991, dovesse comunque essere

negato il diritto di quei dipendenti che, come accaduto nel caso di spe cie, avessero prestato il servizio militare prima dell'entrata in vigore della 1. n. 958 del 1986. Gli attori risultati soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione, denunciando la erronea interpretazione dell'art. 20 1. n. 958 del 1986, da ritenere applicabile, a loro avviso, anche agli enti pubblici economici; l'interesse alla riforma della sentenza di appel lo sarebbe stato dato da ciò che l'eventuale riconoscimento dell'applica bilità della norma all'ente in questione, in quanto assistito dall'autorità di cosa giudicata, avrebbe vincolato il datore di lavoro, secondo quanto

previsto dall'art. 7 1. n. 412 del 1991, in ordine ai tempi e ai modi

del rimborso delle somme erogate ai dipendenti in attuazione della sen tenza di primo grado, poi riformata in appello.

La Corte di cassazione ha dichiarato la carenza di interesse ad impu

gnare, non derivando ai ricorrenti alcun pregiudizio da! giudicato pro manante dalla sentenza impugnata, considerato che l'accertamento in

essa contenuto circa la non applicabilità all'ente Ferrovie' dello Stato

della disciplina contenuta nella 1. n. 958 del 1986 non è vincolante in

futuri ed autonomi giudizi riguardanti situazioni sostanziali diverse ri

spetto a quella oggetto della decisione, quale indubbiamente è il diritto

alla restituzione delle somme indebitamente percepite. Da segnalare che

la Suprema corte, nel formulare tale giudizio, ha ribadito la propria adesione a quegli indirizzi che estendono l'oggetto del giudicato civile

al di là della pretesa fatta valere come petitum, richiamando vuoi l'o

rientamento che ritiene assistiti dall'autorità del giudicato anche gli ac certamenti relativi al rapporto giuridico fondamentale (cosiddetta pre giudizialità logica) (cfr. S. Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, 63 ss.; Pret. Napoli 10 agosto 1988, Foro it., Rep. 1989, voce Cosa giudicata civile, nn. 15, 19, e Giust. civ., 1989, I,

1003) vuoi l'interpretazione che sostiene che l'efficacia del giudicato

ricomprende la soluzione delle questioni che si presentano come pre messa necessaria o come presupposto logico-giuridico della pronuncia finale (Cass. 27 ottobre 1994, n. 8865, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 16; 22 novembre 1990, n. 11277, id., Rep. 1990, voce cit., n. 19; 23 gennaio 1989, n. 381, id., Rep. 1989, voce cit., n. 9). Peraltro, la

Cassazione è giunta alla conclusione che, pur applicandosi tali teorie

estensive, la sentenza di rigetto della domanda dei lavoratori volta al

riconoscimento, ai fini economici e giuridici, come attività lavorativa

del servizio militare prestato anteriormente all'assunzione non fa stato

in ordine alla decisione della questione (di diritto) concernente l'appli cabilità o meno agli enti pubblici economici della normativa istitutiva

di siffatti benefici, atteso che tale questione non è inquadrabile né nella

categoria della pregiudizialità logica, né in quella dei presupposti logici necessari della pronuncia.

Nel caso di specie, la valutazione della sussistenza dell'interesse ad

impugnare in capo ai ricorrenti va compiuta sotto un duplice profilo;

invero, ci si deve chiedere: a) se, come sembra essere prospettato dalla difesa degli attori, l'eventuale declaratoria di applicabilità della 1. n.

958 del 1986 all'ente Ferrovie dello Stato, compiuta dalla Cassazione

nel giudizio relativo al riconoscimento ai fini dell'anzianità lavorativa

del servizio militare prestato, sia vincolante rispetto al (differente) dirit

II Foro Italiano — 1996.

dal legislatore con l'art. 7 1. 412/91 che la norma in esame va

intesa nel senso che «il servizio militare valutabile ai sensi del

l'art. 20 1. 24 dicembre 1986 n. 958, è esclusivamente quello in corso alla data di entrata in vigore della predetta legge non

ché quello prestato successivamente», [s/'c] Avverso detta sentenza ricorrono con separati ricorsi Losacco

Giacomo, Renna Bruno, Spada Stefano, Di Benedetto Giusep

pe e Di Graci Giuseppe. Resistono con separati controricorsi, le Ferrovie dello Stato, società di trasporti e servizi per azioni,

subentrata all'ente Ferrovie dello Stato.

Motivi della decisione. — Vanno, anzitutto riuniti i ricorsi ex art. 335 c.p.c. (Omissis)

Con il secondo mezzo denunciano violazione e falsa applica zione dell'art. 20 1. 958/86 (art. 360, n. 3, c.p.c.) deducendo

che l'espressione «settore pubblico» usato dal suddetto art. 20

va riferita non alla natura del rapporto, ma a quella dell'ente.

Deducono, poi, che il loro interesse alla riforma della senten

za, là dove ritiene non applicabile all'ente Ferrovie dello Stato

la detta normativa, interesse dato dal fatto che un giudicato, che sancisce l'applicabilità della norma all'ente, costringerà questo ad applicare per le restituzioni il 2° comma dell'art. 7 1. 412/91

(rimborsi attraverso compensazione con futuri miglioramenti), mentre il passaggio in giudicato della impugnata sentenza (che ritiene l'inapplicabilità) esporrebbe essi ricorrenti a trattenute

to alle restituzioni, imponendo il ricorso ad un peculiare meccanismo

di rimborso; ti) se la sentenza impugnata, una volta passata in giudica to, abbia o meno effetti pregiudizievoli per il soccombente, imponendo, con riferimento alle modalità di rimborso, di escludere l'applicabilità all'ente in questione del sistema (per lui più favorevole) previsto dalla 1. n. 412 del 1991. È evidente quali siano le differenze tra le due pro

spettazioni: l'interesse ad impugnare, nel secondo caso, sarebbe rappre sentato dalla semplice liberazione da un effetto sfavorevole originato dalla sentenza impugnata, restando poi il giudice del successivo proces so libero rispetto alla soluzione della questione ai fini della pronuncia in ordine al differente oggetto di esso, mentre, nel primo caso, sarebbe

costituito dall'acquisizione di un risultato maggiore, perché promane rebbe dalla sentenza del giudice dell'impugnazione un'efficacia vinco

lante di contenuto positivo per il reclamante circa la ricostruzione, con

riguardo ad un diverso tema, dell'elemento rilevante deciso.

Orbene, per ciò che concerne il problema sub a), non si vede come la decisione della Corte di cassazione potrebbe produrre gli effetti au

spicati dai ricorrenti. L'accertamento dell'applicabilità all'ente Ferrovie

dello Stato della 1. n. 958 del 1986 non costituirebbe né un presupposto

logico né il motivo portante della decisione di merito di rigetto; questa, risultante dalla combinazione della sentenza della Cassazione con quella del giudice di appello, avrebbe infatti come contenuto la declaratoria

dell'inesistenza del diritto vantato dall'attore sulla base della ricono sciuta non valutabilità del servizio militare prestato anteriormente alla

data di entrata in vigore della legge, mentre la questione la cui soluzio

ne si vorrebbe dotata della forza del giudicato sarebbe oggetto di un

mero obiter dictum, del tutto ininfluente per la individuazione del pre cetto risultante dall'esercizio della funzione giurisdizionale. Una volta

che l'esistenza del diritto fatto valere sia negata per la sussistenza di

un fatto impeditivo, modificativo od estintivo o per l'inesistenza di un fatto costitutivo, è assolutamente irrilevante stabilire il modo di essere

degli altri elementi della fattispecie; la pronuncia in ordine ad essi resta

assorbita e se anche venisse resa non sarebbe comunque dotata della

forza del giudicato, in quanto non assurgerebbe al ruolo di antecedente

logico o di motivo portante della statuizione finale.

Riguardo poi all'aspetto delineato sub ti), si deve negare che l'accer

tamento de quo possa produrre effetti rispetto a diritti soggettivi diversi da quello accertato; esso ha ad oggetto non un'entità che potrebbe rap

presentare il contenuto di un'autonoma domanda giudiziale, ma una

semplice questione di diritto, riguardante l'ambito di operatività di una

disposizione normativa. Poiché è pacifico che l'autorità del giudicato non si estende alla soluzione delle questioni che concernono l'interpre tazione di una norma di legge (Chiovenda, Istituzioni di diritto proces suale civile, 2a ed., Napoli, 1935, I, 341 ss., spec. 345; A. Proto Pisa

ni, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 1994, 65; Menchini, Il giudicato civile, in Giur. sist. dir. proc. civ. diretta da A. Proto

Pisani, Torino, 1988, 25), è escluso che la decisione resa dal giudice di appello riguardo alla questione de qua possa produrre efficacia vin

colante in giudizi successivi tra le stesse parti riguardanti diritti diversi

rispetto a quello anteriormente accertato.

In conclusione, da qualsivoglia punto di vista si esamini il problema, si deve escludere la formazione del giudicato, con effetti relativi a giu dizi aventi un differente oggetto, in ordine alla soluzione della questio ne (di diritto) concernente la determinazione dell'ambito di applicazio ne di una disposizione di legge. [S. Menchini]

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PARTE PRIMA

arbitrarie, dal momento che l'ente agirebbe sulla base di un

titolo esecutivo svincolato dalla 1. 412/91. (Omissis) Esaminando il secondo motivo, la corte osserva che, confor

memente a quanto afferma una autorevole dottrina, va in pri mo luogo rilevato che l'art. 34 c.p.c., il quale disciplina la ma

teria dell'accertamento incidentale, non riguarda soltanto le mo

dificazioni della competenza per ragione di connessione e

l'eventuale rimessione di tutta la causa al giudice superiore com

petente per materia o per valore a conoscere la questione pre

giudiziale, ma attiene anche alla efficacia della pronuncia che

deve essere emessa dal giudice. Il giudicato sulla questione pre

giudiziale, infatti, si forma solamente se in tal senso vi sia stata

una esplicita domanda di una delle parti o se sia la legge a

pretenderlo. Va in secondo luogo precisato, sempre in aderenza all'opinio

ne manifestata dalla medesima dottrina, che con l'espressione

«questione pregiudiziale», contenuta nel suddetto articolo del

codice di rito, il legislatore ha inteso fare riferimento solamente

alla pregiudizialità in senso tecnico e non anche alla pregiudi

zialità in senso logico. Premesso che con la locuzione «pregiudiziale in senso logico»

si indica il fatto costitutivo del diritto che si fa valere davanti

al giudice (c.d. punto pregiudiziale) o, come si sostiene in dot

trina, «il rapporto giuridico dal quale nasce l'effetto dedotto

in giudizio» (ad esempio, la compravendita rispetto alla richie

sta di pagamento del prezzo della cosa venduta), è indubbio

che, in base a una tesi costantemente affermata dalla giurispru

denza di legittimità, l'efficacia del giudicato copre, in ogni ca

so, non soltanto la pronuncia finale, ma anche l'accertamento

che si presenta come necessaria premessa o come presupposto

logico-giuridico della pronuncia medesima (c.d. giudicato im

plicito: cfr. Cass. 13 febbraio 1993, n. 1811, Foro it., Rep. 1993,

voce Cosa giudicata civile, n. 8; 18 gennaio 1992, n. 576, id.,

Rep. 1992, voce cit., n. 4). Secondo una opinione dottrinaria

che merita adesione, infatti, in tal caso la necessità della forma

zione del giudicato anche sul punto pregiudiziale (e anche in

assenza di una apposita richiesta) deriva dal fatto che oggetto

della decisione è in primo luogo l'indagine circa l'esistenza del

rapporto giuridico sul quale la pretesa si fonda.

Diversamente è a dirsi per la pregiudiziale in senso tecnico,

con la quale si indica una situazione che, pur rappresentando un presupposto dell'effetto dedotto in giudizio, è tuttavia di

stinta e indipendente dal fatto costitutivo sul quale si fonda

tale effetto (ad esempio, la qualità di erede del creditore rispet

to alla domanda di pagamento del prezzo oggetto del contratto

di compravendita stipulato dal defunto). Tale situazione, poi ché non concerne l'oggetto del processo, è solamente passibile di accertamento in via incidentale, ammenoché, come si è detto

sopra, per legge o a seguito di apposita domanda formulata

da una delle parti non sia richiesta una decisione con efficacia

di giudicato (nel qual caso, qualora tutta la decisione apparten

ga alla competenza di un giudice superiore, la questione pregiu diziale assume la denominazione di causa pregiudiziale).

Nella specie, mentre il rapporto giuridico sul quale era stato

fondato il diritto vantato dai ricorrenti era rappresentato dal

servizio militare di leva (pregiudiziale in senso logico), la que stione circa l'appartenenza dell'ente Ferrovie dello Stato al set

tore pubblico riguardava una mera pregiudiziale in senso tecni

co, trattandosi di una situazione giuridica che, pur condizio

nando la pretesa dedotta in giudizio, era tuttavia indipendente dal suddetto fatto costitutivo. Ne deriva che, in assenza di una

espressa domanda di una delle parti (come ora deve ritenersi,

stante la mancanza di una contraria allegazione da parte dei

ricorrenti) ed escluso che la legge lo richiedesse, l'accertamento

compiuto dal giudice di merito su tale situazione non può pas sare in giudicato essendo stata la situazione stessa conosciuta

incidenter tantum e ben potendo, quindi, la medesima essere

decisa ex novo (addirittura, in ipotesi, in modo difforme dalla

conclusione cui è pervenuto il tribunale) in un diverso e autono

mo giudizio instaurato fra le stesse parti. Da quanto precede risulta evidente la carenza di interesse dei

ricorrenti ad impugnare la pronuncia del tribunale limitatamen

te alla suddetta questione pregiudiziale, non potendo tale pro nuncia fare stato in un eventuale futuro giudizio e non potendo

conseguentemente la stessa causare ai lavoratori, come a torto

si deduce nel ricorso per cassazione, alcun nocumento; ed il

motivo quindi, è inammissibile. Conclusivamente, i ricorsi vanno rigettati.

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 mag

gio 1995, n. 5902; Pres. Corda, Est. Marziale, P.M. Mac

carone (conci, conf.); Soc. Ips (Avv. Sartorio) c. Costanti

ni (Avv. Bresmes, Moreno). Conferma App. Genova 29 ot

tobre 1990.

Separazione di coniugi — Assegnazione della casa familiare —

Opponibilità al terzo acquirente (Cod. civ., art. 155).

Il provvedimento di assegnazione della casa familiare è opponi

bile al terzo acquirente dell'immobile in virtù di atto trascrit

to successivamente alla trascrizione dell'assegnazione. (1)

Svolgimento del processo. — 1.1. - Con atto di citazione no

tificato il 21 febbraio 1987 la Ips s.r.l., conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Imperia, Marzia Costantini, chiedendo ne la condanna al rilascio dell'appartamento sito in Imperia

Oneglia, via Fanny Roncati Carli, n. 37. L'attrice esponeva di

aver acquistato, in data 14 giugno 1982, l'appartamento da Mar

cello Menconi e che esso era occupato dalla convenuta, cui era

stato assegnato all'atto della separazione personale del Menconi.

La Costantini si opponeva all'accoglimento della domanda,

deducendo che il verbale della separazione consensuale, conte

nente la clausola relativa all'assegnazione, era stato omologato

dal Tribunale di Imperia il 17 ottobre 1977 e quindi trascritto

nella conservatoria dei registri immobiliari di Imperia il 28 set

tembre 1981.

La domanda era accolta dal tribunale con sentenza del 21

marzo 1987, osservando che l'assegnazione della casa coniugale

al coniuge separato non fa sorgere in capo all'assegnatario un

diritto opponibile al terzo acquirente dell'immobile.

1.2. - Tale decisione veniva però riformata dalla Corte d'ap

pello di Genova che, accogliendo l'appello proposto dalla Co

stantini, rigettava la domanda proposta dalla società Ips. Nella

sentenza, depositata il 29 ottobre 1990, si affermava che, a dif

ferenza del provvedimento giudiziale di assegnazione adottato

a norma dell'art. 155 c.c., la volontà delle parti, espressa nel

verbale di separazione consensuale, è invece idonea a costituire

un diritto reale, assimilabile all'usufrutto, in favore del coniuge

assegnatario e che tale effetto si era realizzato anche nel caso

di specie, rendendo, a seguito della trascrizione del verbale, pie

namente opponibile il diritto della Costantini al successivo ac

quirente dell'immobile.

La società Ips s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione nei

confronti di detta sentenza, chiedendone la cassazione con tre

motivi. La Costantini resiste con controricorso. Entrambe le parti

hanno presentato memorie.

Motivi della decisione. — 2.1. - Con il primo motivo la ricor rente denunzia violazione dell'art. 112 c.p.c., deducendo che

la corte territoriale, configurando la posizione giuridica dell'as

segnataria come diritto di usufrutto anziché come diritto di abi

tazione, secondo la prospettazione avanzata dalla stessa benefi

ciaria, avrebbe pronunciato ultra petita. È agevole però replicare che la reiezione della domanda pro

posta dalla società Ips non è stata fondata su fatti diversi da

quelli dedotti dalla Costantini e che, pertanto, la diversa quali

ficazione data alla posizione giuridica dell'assegnataria non ha

inciso sul contenuto e sulla portata della pronuncia adottata,

(1) Dopo la dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale del

l'art. 155, 4° comma, c.c., nella parte in cui non prevede la trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare ai fini

dell'opponibilità ai terzi, pronunciata da Corte cost. 27 luglio 1989, n. 454, Foro it., 1989, I, 3336, con nota di Jannarelli, e R. Del Con

te, in Arch, civ., 1990, 661 (la stessa questione è stata dichiarata mani

festamente inammissibile, perché già dichiarata fondata, da Corte cost., ord. 23 gennaio 1990, n. 20, Foro it., Rep. 1990, voce Separazione di coniugi, n. 58, con nota di L. De Rita, in Giur. costit., 1990, 1917), la Cassazione ha continuato a ritenere non opponibile ai terzi il provve dimento di assegnazione: v. Cass. 28 marzo 1990, n. 2529, Foro it.,

Rep. 1991, voce cit., n. 58, con nota di Di Nardo, in Dir. famiglia,

1991, 73; 17 ottobre 1992, n. 11424, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 64.

Hanno fatto invece applicazione dei principi dettati dalla Corte costi

tuzionale, Cass. 2 febbraio 1993, n. 1258, id., Rep. 1993, voce cit., n. 54; 27 maggio 1994, n. 5236, id., Rep. 1994, voce cit., n. 59.

In dottrina, v., da ultimo, Andreola, Sulla opponibilità dell'asse

gnazione della casa familiare nella separazione coniugale, in Riv. dir.

civ., 1994, II, 341.

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