sezione lavoro; sentenza 9 marzo 1987, n. 2452; Pres. Mollica, Est. Onnis, P. M. Iannelli (concl.diff.); Union des assurances de Paris (Avv. Marino, Pugliese) c. Narica (Avv. Ventura, Paolillo).Conferma Trib. Genova 12 ottobre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3081/3082-3083/3084Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179123 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
il 7 gennaio 1976, del quale il Tribunale di Mondovì con sentenza del 18 gennaio 1979, divenuta irrevocabile il 23 maggio 1980, aveva
ritenuto responsabili il Piazzi e il Conti, condannandoli per omi
cidio colposo. Si costituiva il solo Piazzi che rilevava che l'operaio deceduto
era dipendente del Conti, verso il quale soltanto l'I.n.a.i.l. pote va agire in via di regresso, ex art. 10, 11 t.u. 1124/65 mentre
nei suoi confronti l'azione andava ritenuta surrogatoria ex art.
1916 c.c., con la conseguenza che poteva opporre all'I.n.a.i.l.
l'exceptio de soluto dato che aveva integralmente risarcito il dan
no anteriormente a qualsiasi comunicazione dell'ente.
In via pregiudiziale chiedeva la declaratoria di incompetenza del giudice del lavoro adito e, in subordine, l'assoluzione da ogni domanda.
Il pretore adito con sentenza dell'11 giugno 1983, condannava
il Conti, contumace, e il Piazzi, in solido al pagamento della som
ma di lire 62.887.843, oltre alle spese processuali e il Tribunale
di Cuneo, in sede di gravame proposto dal solo Piazzi contro
l'I.n.a.i.l., che proponeva appello incidentale, per interessi e mi
glioramenti della rendita, con sentenza del 6-30 novembre 1984,
rigettava l'appello principale e, accogliendo la domanda proposta con quello incidentale, pur dicendolo inammissibile, condannava
il Piazzi al pagamento della somma di lire 117.595.022 con gli interessi sui miglioramenti qualificando di regresso l'azione eser
citata dall'I.n.a.i.l. contro di lui, e ritenendo ininfluente l'inam
missibilità dell'appello incidentale dedotta da quest'ultimo. Avverso la sentenza del tribunale Costantino Piazzi propone
ricorso davanti a questa corte, affidato a due mezzi di annulla
mento. Resiste l'I.n.a.i.l. con controricorso illustrato con memoria.
Motivi della decisione. — (Omissis). Passando all'esame dei
motivi del ricorso, con il primo si denunzia violazione e falsa
applicazione degli art. 1 1. 23 ottobre 1960 n. 1369, 9, 10 e 11
d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, 1916 c.c. Deduce, il ricorrente,
dopo aver premesso la sentenza del Tribunale di Mondovì del
18 gennaio 1979, divenuta definitiva il 23 maggio 1980 (che gli aveva attribuito, come colpevole di violazione del divieto di inter
posizione e intermediazione nelle prestazioni di lavoro di cui agli art. 1 e 2 1. 23 ottobre 1960 n. 1369, la qualifica di effettivo
datore di lavoro dell'operaio infortunato Ettore Vero) e il testo
dell'art. 1, 5° comma, 1. 23 ottobre 1960 n. 1369 e dell'art. 9,
penultimo comma, t.u. n. 1124/65, che l'espressione «a tutti gli effetti» e «a tutti gli effetti del presente decreto», contenuta ri
spettivamente nel testo delle norme anzidette, che delimita l'am
bito entro il quale i lavoratori occupati in violazione del divieto
sono considerati alle dipendenze del datore di lavoro che abbia
effettivamente utilizzato le loro prestazioni, non consente di rite
nere sulla base della fictio iuris voluta dalla legge, anche la sua
legittimazione passiva, in ordine alla azione di regresso di cui
all'art. 11 del t.u.
Infatti, egli, restando terzo rispetto al rapporto assicurativo, instaurato dal Conti, poteva essere convenuto solo con l'azione
surrogatoria di cui all'art. 1916 c.c., con riguardo alla quale, po teva eccepire il risarcimento del danno anteriore alla comunica
zione dell'ente.
Il motivo non risulta fondato. Il testo delle norme in questio ne, non contestata la violazione del divieto di intermediazione,
non consente la lettura riduttiva che ne suggerisce il ricorrente
il quale pretende di limitare gli «effetti» previsti agganciandoli allo scopo di assicurare al lavoratore i trattamenti praticati da
chi ne utilizza l'opera e la copertura assicurativa a carico di que st'ultimo che resterebbe (non si capisce come) estraneo al rappor to assicurativo, e come tale non legittimato passivamente in via
di regresso ex art. 11 t.u.
Invero basta osservare come dalla espressione più generica «a
tutti gli effetti» contenuta nell'art. 1, 5° comma, 1. n. 1369/60,
nella quale, pur tuttavia si può far rientrare l'intera gamma degli
obblighi del «datore di lavoro», ivi compresi quelli previsti dal t.u. n. 1124/65, si passa a quella più specifica del 4° comma,
dell'art. 9 di questo: «a tutti gli effetti del presente decreto»,
la quale risulta inequivocabile, inserita com'è in un testo che usa
quasi le stesse parole con le quali si esprime la prima. E il decreto in questione disciplina l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali e nell'ambito di
essa contempla gli obblighi del datore di lavoro, che sono, in
virtù delle norme anzidette, anche di quello che utilizza effettiva
mente le prestazioni dei prestatori occupati in violazione dei di
vieti di cui alla 1. n. 1369/60 da datori di lavoro di cui allo stesso
art. 9.
Il Foro Italiano — 1987.
E tra gli obblighi del «datore di lavoro» ci sono quelli di assi
curazione, di denuncia, di pagamento dei premi e di rimborso
delle prestazioni effettuate dall'I.n.a.i.l. agli infortunati, nei casi
previsti, tra i quali, in mancanza di espresse previsioni (che con la disposizione specifica dell'art. 9 sono allo stato di segno con
trario) non è consentito fare discriminazione nei confronti di chi
risulta datore di lavoro per aver violato il divieto di intermedia
zione di manodopera. A fronte di tali obblighi, poi, lo stesso decreto prevede le azio
ni esperibili ed in particolare, per il rimborso delle prestazioni,
prevede quella di regresso di cui all'art. 11 (nei confronti del da
tore di lavoro) che è quella, secondo la corretta qualificazione datale dai giudici di merito (pretore e tribunale) esercitata dal
l'I.n.a.i.l. contro il Piazzi e che resta nella area della competenza del giudice del lavoro. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 marzo
1987, n. 2452; Pres. Mollica, Est. Onnis, P. M. Iannelli
(conci, diff.); Union des assurances de Paris (Avv. Marino,
Pugliese) c. Narica (Aw. Ventura, Paolillo). Conferma Trib.
Genova 12 ottobre 1982.
Lavoro (rapporto) — Malattia — Lavoratore uscito di casa senza
necessità — Mancato pregiudizio dell'adempimento della futu
ra prestazione lavorativa — Sanzione disciplinare — Illegittimi tà — Fattispecie (Cod. civ., art. 1175, 1176, 1375, 2104, 2105).
L'inosservanza delta precauzione di non uscire di casa durante
la malattia, in difetto di certificazione medica circa la compati bilità dell'uscita con l'infermità, può assumere rilievo discipli nare per il lavoratore assente dal servizio solo quando abbia
determinato un aggravamento dello stato di malattia o ritarda
to la guarigione impedendo la pronta ripresa dei lavoro, o quan do sia colpita da autonoma sanzione prevista dalla legge o dalla
contrattazione collettiva. (1)
(1) I quotidiani del 17 e 18 marzo 1987 hanno dato risalto ingiustificato a questa sentenza che si allinea ad un consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, dal quale si distingue solo perché nella parte motiva si fa riferimento ai principi di buona fede e correttezza e non invece a quello di diligenza: cfr. appunto in senso conforme Cass. 1°
agosto 1986, n. 4957, Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro (rapporto), n.
1778, in cui è però posto a carico del lavoratore l'onere di provare la
compatibilità di altra attività svolta dal lavoratore assente dal servizio
per malattia appunto con l'infermità da cui è affetto e la sua inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie lavorative; 8 ottobre 1985, n. 4866, ibid., n. 2145; 14 giugno 1985, n. 3578, ibid., n. 1780; 24 mag
gio 1985, n. 3155, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1721; 17 aprile 1985 n.
2559, ibid., n. 1722; e altre Cass. 11 febbraio 1985, n. 1158, id., 1985, I, 1710, con nota di M. Prestipino (e anche in Mass. giur. lav., 1985, 41, con nota di G. Ardau, Eccessi gurisprudenziali di «favor»: la pretesa esistenza di «malattie» che consentirebbero l'attività lavorativa a favore di terzi), ha ritenuto illegittimo il licenziamento di dipendente malato sor
preso a prestare altra attività lavorativa, ove non risulti provato che que st'ultima sia incompatibile con il suo stato di salute.
Cass. 12 aprile 1985, n. 2434, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 2049, e in Giust. civ., 1985, I, 1913, con nota di G. Pera e in Mass. giur. lav., 1985, 410, con nota di G. Ardau, pur aderendo all'indirizzo per il quale non può essere svolta dal lavoratore ammalato un'altra attività
che ne comprometta la guarigione, ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un dipendente che affetto da un'infermità oculare, svolgeva l'attività
di istruttore di judo, sul rilievo del particolare interesse posto dal lavora
tore da sempre «nella pratica e nell'insegnamento di tale disciplina sporti va e, quindi, in considerazione del suo stato soggettivo di non porre in
essere né una violazione dei suoi doveri di fedeltà, né un'attività che po tesse aggravare le proprie minorate condizioni visive». Per l'affermazione
che lo svolgimento di un lavoro più faticoso e usurante e comunque con
trario ad un corretto adeguarsi alle prescrizioni mediche, integra un com
portamento scorretto e sleale costituente giusta causa di licenziamento
in tronco, cfr. Cass. 29 luglio, 1986, n. 4868, Foro it., Rep. 1986, voce
cit., n. 2144, e in Riv. it. dir. lav., 1987, I, 127, con nota di G. Trioni, Due fattispecie extratestuali di infedeltà: la denigrazione e la «frode in
malattia». Va comunque segnalato, che, come risulta dalla massima, l'afferma
zione di principio contenuta in sentenza circa la inesistenza di un divieto
in sé del lavoratore assente dal servizio per malattia di svolgere altra atti
vità è derogata nell'ipotesi in cui esista una previsione legale o contrat
tuale in tal senso. [L. de Angelis]
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3083 PARTE PRIMA 3084
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso, de
nunciando violazione e falsa applicazione degli art. 2104, 2105,
1175, 1176, 1375 c.c., carenza e contraddittorietà di motivazione,
la Union de Assurances de Paris si duole che il tribunale abbia
ritenuto che il dovere del prestatore di lavoro di non uscire dalla
propria abitazione durante la malattia in mancanza di certificato
medico che ne dia l'autorizzazione, non sia desumibile dai gene rali obblighi di correttezza e buona fede.
Sostiene che i doveri di diligenza e fedeltà e gli obblighi di correttezza e buona fede impongono al lavoratore ammalato di
non tenere durante lo stato di malattia un comportamento anche
solo potenzialmente idoneo ad aggravare l'entità o a prolungare la durata della malattia stessa, così da frustrare la legittima aspet tativa del datore di lavoro al pronto reinserimento del dipendente nel ciclo produttivo aziendale.
Il ricorso è infondato. Il lavoratore ammalato ha certo il dove
re, in virtù degli obblighi di correttezza e buona fede nell'esecu
zione del contratto (art. 1175 e 1375 c.c.), di osservare le opportune cautele che gli consentono di recuperare al più presto le sue ener
gie fisio-psichiche al fine di riprendere senza ritardo l'attività la
vorativa. In particolare, la permanenza in casa (al di fuori
dell'obbligo di reperibilità connesso ai controlli sanitari, che non
forma oggetto della controversia) può rientrare tra siffatte cautele.
Senonché l'inosservanza della precauzione di non uscire di casa
durante la malattia, in difetto di alcuna certificazione medica cir
ca la compatibilità dell'uscita con l'infermità (la quale avrebbe
peraltro un valore meramente terapeutico), può assumere rilevan
za sotto il profilo disciplinare, come violazione dei doveri, di ca
rattere accessorio e strumentale, preparatori al futuro
adempimento, solo quando abbia determinato un aggravamento dello stato di malattia o ritardato la guarigione, impedendo la
pronta ripresa del lavoro.
Pertanto, ove nessuna conseguenza negativa si sia prodotta, non può costituire illecito disciplinare, al di fuori di un'espressa
previsione legislativa o contrattuale, la mera circostanza dell'usci
ta del lavoratore ammalato dalla propria abitazione che non ab
bia concretamente inciso sulla prontezza dell'adempimento della
futura prestazione lavorativa.
Invero, gli obblighi integrativi e strumentali, preparatori della
esatta esecuzione del contratto, siccome strettamente connessi con
la prestazione dovuta, non possono essere scissi da questa, sicché
non sono esigibili di per se stessi, e la loro eventuale inosservan
za, ove non sia colpita da autonoma sanzione in forza di una
norma di legge o dell'autonomia collettiva (il che, nella specie è stato escluso dal tribunale ed al riguardo non è stato proposto alcuno specifico motivo di ricorso), perde di rilevanza quando
l'adempimento sia esattamente avvenuto. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 feb
braio 1987, n. 1952; Pres. Tamburrino, Est. Sensale, P.M.
Sgroi V. (conci, conf.); Castagnino (Avv. Mirigliani) c. E.n.el.
(Avv. Cicciotti). Conferma App. Catanzaro 25 settembre 1982.
Energia elettrica — Imprese elettriche — Nazionalizzazione —
Indennizzo in base a valore di stima — Impugnazione — Disci
plina — Giurisdizione (L. 18 marzo 1968 n. 412, modificazioni all'art. 5, n. 5, 1. 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 1, 2).
Energia elettrica — Imprese elettriche — Nazionalizzazione —
Indennizzo in base a valore di stima — Impugnazione — Ter
mini (L. 6 dicembre 1962 n. 1643, istituzione dell'Ente nazio
nale energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche, art. 5).
Energia elettrica — Imprese elettriche — Nazionalizzazione —
Indennizzo in base a valore di stima — Impugnazione — Nulli
tà della citazione — Sanatoria (Cod. proc. civ., art. 163, 164; 1. 18 marzo 1968 n. 412, art. 1, 2).
L'art. 1 l. n. 412/68, che ha abrogato per le imprese indennizza bili in base a valore di stima la competenza della commissione
per i relativi ricorsi, ha sancito, Quale unico rimedio contro
i provvedimenti di liquidazione dell'E.n.el., la proposizione del
l'azione innanzi al giudice ordinario, riconoscendo a quest'ulti mo, anziché al giudice amministrativo, la competenza anche
Il Foro Italiano — 1987.
per il caso in cui la controversia sull'indennità sia già stata
rimessa alla citata commissione. (1) Il termine di un anno dalla proposizione del ricorso alla commis
sione indennizzi, previsto, per il caso in cui la stessa non abbia
comunicato al ricorrente la propria decisione entro sei mesi,
dal 3° comma dell'art. 5 I. n. 1643/62, abrogato dalla nuova
disciplina per le impugnazioni dei provvedimenti di liquidazio ne dell'indennizzo determinato dall'E.n.el. in base al valore di
stima sancita con la I. n. 412/68, non è applicabile all'azione
che l'E.n.e.l. può esperire a tutela dei propri interessi contro
le decisioni della commissione stessa, in quanto organo indi
pendente e sovraordinato. (2) La costituzione del convenuto, nel giudizio di impugnazione della
liquidazione dell'indennizzo determinato dall'E.n.el. in base a
valore di stima, sana l'eventuale nullità della citazione per in
certezza nella individuazione dei destinatari, quando non siano
decorsi i termini di decadenza previsti con la l. n. 412/68 (nella
specie, citata l'impresa anziché personalmente e singolarmente
gli eredi dell'imprenditore defunto, si era costituito in termini
uno di questi, per sé e quale procuratore generale dei ri
manenti). (3)
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo la ricorren
te denuncia la violazione degli art. 163 e 164 c.p.c. e dell'art.
2248 c.c., nonché il vizio di omesso esame e insufficiente motiva
zione su un punto decisivo della controversia, censurando la sen
tenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di poter superare l'eccezione di nullità della citazione, in quanto diretta alla «Im
presa elettrica del Soleo V. Castagnino», e non singolarmente ai suoi titolari, con l'argomentazione che la Castagnino aveva
avanzato ricorso alla commissione indennizzi agendo in proprio e quale procuratrice dei germani «essendo costoro eredi dell'ori
ginario titolare dell'impresa stessa e, quindi, evidentemente soci
della società di fatto che era venuta ad esistenza fra gli stessi
eredi, a seguito della morte dell'originario titolare». Secondo la
(1) La sentenza chiarisce, una volta di più, che, successivamente alla 1. n. 412/68, la tutela prevista contro il provvedimento dell'E.n.e.l. che
liquida l'indennizzo in base a valore di stima è unicamente il ricorso al l'autorità giudiziaria ordinaria. In questo senso, v. Cass. 20 gennaio 1982, n. 349, Foro it., Rep. 1982, voce Energia elettrica, n. 34; 24 luglio 1981, n. 4784, id., Rep. 1981, voce cit., n. 50, che ribadisce, tra l'altro, la
legittimità costituzionale della nuova disciplina rispetto ai precetti degli art. 3 e 24 Cost., conformemente a quanto asserito in motivazione dalla sentenza in epigrafe; Cass. 10 marzo 1980, n. 1580, id., Rep. 1980, voce
cit., n. 48, e 4 gennaio 1978, n. 14, id., 1978, I, 632.
Quanto alla questione della sussistenza della competenza della commis sione ricorsi per le valutazioni a stima dopo l'entrata in vigore della 1. n. 412/68 (questione agitata, nonostante il chiaro tenore della norma, dall'insistita rivendicazione della stessa commissione nell'affermare la pro pria competenza: v., infatti, tra le altre, Commiss, liquidaz. indennizzi
impr. elettr. nazionalizzate 20 giugno 1975, n. 350, id., Rep. 1977, voce
cit., n. 70; 28 gennaio 1972, n. 321, id., Rep. 1973, voce cit., n. 67; 12 dicembre 1969, n. 297, id., Rep. 1972, voce cit., n. 103; 29 novembre
1968, n. 284, id., Rep. 1970, voce cit., n. 89), è ormai consolidato l'o rientamento nel senso della sua abrogazione. Infatti, numerose sentenze di giudici di merito esplicitamente negano ogni efficacia alle decisioni eventualmente emesse dalla citata commissione: cfr. Trib. Oristano 6 feb braio 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 20; App. Roma 7 marzo 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 64; Trib. Benevento 16 dicembre 1976, ibid., n. 65; App. Catania 17 dicembre 1975, ibid., n. 67, e altre, avallate auto ritativamente da Cass. n. 14/78 e, indirettamente, da Cass. 21 ottobre
1976, n. 3691, id., 1976, I, 2579.
(2) Non constano precedenti in termini. La sentenza si limita a precisare un dato terminologico già evincibile
dal tenore letterale della norma, la quale, accordando il termine annuale
per la proposizione dell'azione giudiziaria contro le liquidazioni dell'in dennizzo operate dall'E.n.el., evidentemente non intende riferirsi all'azio ne che l'ente stesso può esperire contro le decisioni della commissione.
In merito alla legittimazione dell'E.n.el. ad agire dinanzi all'autorità
giudiziaria dopo la decisione della commissione dei ricorsi avverso la li
quidazione dell'indennizzo, v. Trib. Roma 30 maggio 1967, Foro it., Rep. 1967, voce Energia elettrica, n. 180, e 11 maggio 1966, id., 1966, I, 1185.
(3) Non constano precedenti. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che la costituzione in giudi
zio nei termini, quando non sia unicamente diretta ad eccepire la nullità della citazione, sana l'eventuale invalidità della stessa: cfr. Cass. 23 gen naio 1982, n. 466, Foro it., Rep. 1982, voce Procedimento civile, n. 117; 13 gennaio 1982, n. 171, ibid., n. 126, e 8 luglio 1981, n. 4474, id., 1982, I, 1120, con nota di Lotti.
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