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sezione lavoro; sentenza 9 novembre 1985, n. 5484; Pres. Franceschelli, Est. Onnis, P. M. Golia...

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sezione lavoro; sentenza 9 novembre 1985, n. 5484; Pres. Franceschelli, Est. Onnis, P. M. Golia (concl. diff.); Soc. Necchi (Avv. Gorla, Magrone, Ardau, Ceriani) c. Caldini (Avv. Ventura). Conferma Trib. Pavia 16 ottobre 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1377/1378-1379/1380 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187278 . Accessed: 28/06/2014 13:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.194.167 on Sat, 28 Jun 2014 13:00:54 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 9 novembre 1985, n. 5484; Pres. Franceschelli, Est. Onnis, P. M. Golia(concl. diff.); Soc. Necchi (Avv. Gorla, Magrone, Ardau, Ceriani) c. Caldini (Avv. Ventura).Conferma Trib. Pavia 16 ottobre 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1377/1378-1379/1380Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187278 .

Accessed: 28/06/2014 13:00

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Il tribunale, oltre a tutto, non ha tenuto conto che in conclu sione veniva ad ammettere la possibilità di una promozione automatica ed addirittura una promozione per saltum, in quanto il condirettore di servizi, con la promozione a direttore di servizi, una volta preposto ad uno dei servizi della direzione centrale

amministrativa, avrebbe dovuto conseguire, automaticamente ed

immediatamente, la ulteriore promozione alla qualifica di vice direttore centrale, il che appare anomalo: ed invece proprio tale situazione la impugnata sentenza ha inteso avallare, dato che ha riconosciuto al Candia la qualifica di vice direttore centrale

proprio dal 1971, dalla data stessa cioè in cui da condirettore di servizi era stato promosso alla qualifica di direttore di servizi.

Il tribunale, quindi, nell'accertamento dell'uso, sotto il profilo della attribuzione della qualifica, avrebbe dovuto valutare la situa zione in relazione a tutti i vice direttori centrali dell'azienda, con

riguardo ai posti di organico da essi ricoperti; avrebbe dovuto valutare cioè, in riferimento a tutti i dirigenti aventi quella qualifica, le modalità di attribuzione della stessa e se detta attribuzione era stata automatica nel senso che era stata conferita contestualmente a quella di direttore di servizi, ovvero dopo un determinato periodo di tempo, come apparirebbe logico.

Il tribunale, poi, anche adottando l'ordine di idee da esso

seguito, cioè di prendere in considerazione i servizi della direzio

ne centrale amministrativa e di affermare che ad ogni servizio, sulla base dell'uso, era preposto un vice direttore centrale, avrebbe dovuto approfondire la ricerca nel tempo dandone

contezza in sentenza ed indicando dettagliatamente la documenta

zione in tal senso. Soltanto cosi sarebbe stato ammissibile ritenere

sussistente l'uso, per rigida e mai contraddetta reiterazione della

relativa previsione, secondo cui l'organigramma della soc. R.a.i.

era tale che al posto (funzione) di direttore di servizi della

direzione centrale amministrativa corrispondeva un dirigente con

qualifica di vice direttore dei servizi; solo a seguito di tale

approfondita ricerca sarebbe stato possibile cioè ritenere provato che da epoca apprezzabile tale correlazione tra funzione e qua lifica sussisteva e non fosse invece una mera coincidenza che,

all'epoca che qui viene in considerazione, tutti gli otto preposti ai

servizi di quella direzione centrale avessero la qualifica di vice

direttore centrale.

E si sarebbe dovuto accertare altresì se, pur avendo i detti otto

preposti, nel 1971, quella qualifica, questa avessero conseguito

contemporaneamente alla preposizione al servizio, ovvero in un

secondo momento.

Ma, soprattutto, si sarebbe dovuto accertare, ripetesi, stante la

massiccia presenza in tutte le direzioni centrali di dirigenti aventi

quella qualifica creata dall'uso aziendale, se tale uso fosse tale che

quella qualifica era stata attribuita quale conferimento di una

promozione ai dirigenti più meritevoli, potere questo incontestabi

le ed esclusivo del datore di lavoro, ovvero effettivamente soltan

to in relazione ad una funzione (posto di organico) aziendale; e

tale accertamento avrebbe dovuto effettuarsi in relazione a tutte

le direzioni centrali e tenendo presente che soltanto alla metà dei

servizi erano preposti vice direttori centrali e che, soprattutto, non tutti i dirigenti aventi tale qualifica (23 su 36) erano preposti a servizi. (Omissis)

II

Motivi della decisione. — (Omissis). 2. - Ma il punto più delicato della causa è un altro, e cioè se dalla delibera (legittima) del 1961 prima richiamata sia scaturito un obbligo della convenu

ta di corresponsione del premio. Al riguardo sembra inutile risolvere il problema « in sé »

quando, come nella specie, a seguito di tale atto vi è stato un

successivo comportamento ultraventennale in conformità, che ha

senz'altro integrato un c.d. uso aziendale, come tale entrato a far

parte del contenuto negoziale dei singoli rapporti di lavoro (art. 1340 e 1374 c.c.). Anche molto recentemente (Cass 19 gennaio

1985, n.173, Foro it., Mass., 41) la giurisprudenza di legittimità ha

affermato che « quando non siano imposte dalla legge, dal con

tratto collettivo o da pattuizione individuale, le erogazioni del

datore di lavoro, quale che ne sia la denominazione, devono

considerarsi come facenti parte della retribuzione, se siano corri

sposte continuativamente e ad una generalità di dipendenti,

assumendo, per effetto della prassi, anche se limitata ad una sola

azienda, la natura di emolumento dovuto per uso aziendale; in

tal caso l'originaria spontaneità, frutto di unilaterale determina

zione, escludente, inizialmente, la stretta sinallagmaticità con la

prestazione lavorativa, si trasforma, per effetto di inequivoco

comportamento delle parti, che genera una legittima aspettativa nei lavoratori, in vincolo obbligatorio, privando l'emolumento

Il Foro Italiano — 1986.

dall'originaria funzione, per attribuirgli quella diversa di integra zione del corrispettivo di detta prestazione ». E sul punto si deve sottolineare che la continuità — momento essenziale della prassi — è appunto nel fatto che per oltre venti anni il premio sia

stato corrisposto a tutti i dipendenti che abbiano maturato i

tent'anni di anzianità di servizio (e l'uso può riguardare anche

un numero esiguo di dipendenti: Cass. 17 aprile 1984, n. 2498, id.,

Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 519), come del resto sono sta

ti e sono tutt'oggi consegnati il diploma di benemerenza e la meda

glia d'oro, aventi natura tutto sommato analoga. Sul punto è poi il caso di precisare che l'uso negoziale

pacificamente non necessita, ai fini della sua formazione, della c.d.

opinio iuris seu necessitatis (v., ad es., Cass. 6 febbraio 1982, n.

711, id., Rep. 1983, voce cit., n. 525), del resto considerata

irrilevante nel processo di formazione e di conservazione della

stessa consuetudine normativa dalla dottrina più prestigiosa. 3. - Nella memoria costitutiva è fatto cenno al mancato

recepimento del premio di fedeltà nella contrattazione collettiva. Ciò non significa, naturalmente, eliminazione di esso da parte dei

contraenti collettivi, ma, solo, che l'aspetto non è stato preso in

considerazione in tale sede. Si ricorda, del resto, che gli atti di

autonomia sindacale non possono derogare se non in melius su

quanto statuito dagli usi aziendali, proprio per la loro natura

negoziale e non normativa (ai riferimenti di cui antea, adde, ad

es., Cass. 19 aprile 1980, n. 2585, id., 1980, I, 2504) e quindi per la loro incidenza sul contratto individuale e non su quello collettivo. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 novembre

1985, n. 5484; Pres. Franceschelli, Est. Onnis, P. M. Golia

{conci, diff.); Soc. Necchi (Avv. Gorla, Magrone, Ardau,

Ceriani) c. Caldini (Avv. Ventura). Conferma Trib. Pavia

16 ottobre 1981.

Lavoro (rapporto) — Infrazione disciplinare — Genericità della

contestazione — Conseguenze (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e della dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di

lavoro e norme sul collocamento, art. 7). Lavoro (rapporto) — Infrazione disciplinare — Genericità della

contestazione — Successiva discolpa del lavoratore — Irrilevan

za (L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 7).

È nulla per violazione di norma imperativa la sanzione disciplinare la cui inflizione sia stata preceduta da contestazione ritenuta

generica dal giudice di merito con apprezzamento di fatto in

sindacabile, se congruamente motivato, in Cassazione (nella spe

cie, al lavoratore era stato addebitato « di essere stato trovato

a svolgere altro lavoro durante il periodo di assenza per as

serita malattia »). (1) La nullità della contestazione generica di infrazione disciplinare

non è sanata dall'avere il lavoratore presentato delle discol

pe. (2) ; ;-fj

Motivi della decisione. — (Omissis). Respinto cosi il primo motivo, si osserva che con il secondo la Soc. Necchi denunzia la violazione degli art. 1418, 1324 c.c., 156 e 159 c.p.c. (art. 360, n.

3, c.p.c.) e si duole che il tribunale abbia ritenuto non sufficien temente circostanziata la contestazione dell'addebito, sebbene

questa avesse consentito l'instaurarsi di un efficace contraddittorio caratterizzato dalle difese precise e puntuali, ancorché infondate, del Caldini, ed escluso che il raggiungimento dello scopo avesse sanato l'asserita nullità della contestazione.

Anche questo motivo è infondato. Nel procedimento per l'irroga zione al lavoratore dipendente di sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro, la preventiva contestazione dell'addebito a norma dell'art. 7, 2° comma, statuto lavoratori assolve le finalità:

(1) V., in senso conforme, da ultimo, Cass. 17 novembre 1984, n. 5876 e 7 giugno 1984, n. 3449, Foro it., Rep. 1984, voce Lavoro

(rapporto), nn. 991, 1987. Per i riferimenti della dottrina e della giurisprudenza di merito e

per una sintesi della questione, cfr. G. Cazzara, in Commentario breve allo statuto dei lavoratori, a cura di M. Grandi e G. Pera, Padova, 1985, 21. Adde, F. Carinci, R. De Luca Tamajo, P. Tosi, T. Treu, Diritto del lavoro. 2°. Il rapporto di lavoro subordinato, Torino, 1985, 188; E. D'Avossa, Il potere disciplinare nel rapporto di lavoro, Milano, 1983, 56, anche nota 19 (entrambi gli studi in senso conforme a Cass. 5484/85).

(2) Non si rinvengono precedenti in termini.

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1379 PARTE PRIMA 1380

a) di rendere l'incolpato edotto dei fatti a lui ascritti cosi da

consentirgli di esercitare compiutamente il proprio diritto di

difesa; b) di mettere il datore di lavoro nella condizione di

adottare la sanzione proporzionata, a norma dell'art. 2106 c.c., alla gravità dell'infrazione, dopo aver conosciuto le ragioni del

l'incolpato, e pertanto di esercitare il potere disciplinare secondo

i principi di correttezza e buona fede; c) di consentire, in base

ad un'esatta correlazione tra i fatti contestati e la sanzione

applicata, il controllo giurisdizionale circa la legittimità anche

sostanziale del provvedimento disciplinare impugnato. La contestazione dell'addebito non può pertanto essere generi

ca, ma deve essere precisa e puntuale., cioè eseguita mediante

l'indicazione chiara e specifica dei fatti attribuiti all'incolpato e, ove non soddisfi tali requisiti (alla stregua di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e insindacabile, se con

gniamente motivato, in sede di legittimità), è da ritenersi nulla

per violazione di una norma imperativa, con la conseguenza che

codesta nullità rende illegittimo l'esercizio da parte del datore di

lavoro del potere disciplinare, determinando l'invalidità del prov vedimento adottato.

Non vale peraltro a sanare la nullità di una contestazione di

contenuto generico la circostanza che il lavoratore abbia presenta to delle discolpe, giacché un tale comportamento non è idoneo a

dimostrare, neppure a seguito di un controllo ex post, che la

contestazione stessa abbia raggiunto tuttavia le sue finalità, man cando appunto un preciso termine di confronto, rispetto al quale possa commisurarsi la congruità ed adeguatezza delle difese

dell'incolpato. Nel caso in esame, riguardo all'affermazione del tribunale circa

l'intrinseca genericità della contestazione dell'addebito non è stata formulata dalla società ricorrente alcuna specifica censura, mentre deve ritenersi infondato, alla stregua degli enunciati principi, l'assunto della stessa società circa la sanatoria della nullità della detta contestazione per il raggiungimento dello scopo, in relazione alle discolpe presentate dal lavoratore, anch'esse, peraltro, generi camente richiamate nel motivo del ricorso.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; ordinanza 23 ottobre

1985, n. 571; Pres. Menichino, Rei. Frisina, P. M. Nicita

(conci, diff.); U.s.l. n. 3 Pesaro (Aw. Fabiani, Brusciotti) c.

Riccioli e altri (Avv. Scognamiglio) e Tomasini e Mari; U.s.l. n. 3 Pesaro (Avv. Fabiani, Belfatto) c. Sinibaldi (Avv. Sco

gnamiglio). Regolamento di competenza avverso Pret. Pe saro 22 maggio 1984.

Competenza civile — Opposizione all'esecuzione — Applicazione del rito del lavoro — Ordinanza del giudice dell'esecuzione —

Regolamento di competenza — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 409, 413, 420, 615, 616, 618 bis).

Il provvedimento, con il quale il giudice dell'esecuzione, adito in opposizione, ritenuta la competenza per materia dello stesso

ufficio giudiziario al quale egli appartiene, fissa l'udienza di discussione della causa secondo il rito del lavoro, ha forma e sostanza di ordinanza e, non potendo in alcun modo assumere valore di sentenza, non è soggetto all'istanza di regolamento di

competenza. (1)

(1) Con l'ordinanza in epigrafe, la Cassazione, adducendone la natura ordinatoria e la estraneità a questioni di competenza in senso

proprio, ha negato l'esperibilità del regolamento di competenza contro il provvedinlento, emesso ai sensi dell'art. 616, la parte, c.p.c., in applicazione dell'art. 426 c.p.c., provvedimento affermativo della com petenza dello stesso ufficio giudiziario cui appartiene il giudice dell'e secuzione, secondo gli art. 413 e 618 bis c.p.c.

In senso conforme per l'inammissibilità del regolamento di compe tenza, ritenuto che i provvedimenti che decidono sulla ripartizione delle cause all'interno dello stesso ufficio giudiziario (c.d. competenza interna) hanno contenuto meramente ordinatorio e non risolvono que stioni di competenza, bensì implicano solo mutamento del rito ex art. 426 o 427, 1° comma, 1" parte, c.p.c., v. Cass. 2 dicembre 1983, n. 7209, Foro it., Rep. 1983, voce Competenza civile, n. 172; 12 agosto 1982, n. 4597, id., Rep. 1982, voce cit., n. 155; 17 febbraio 1982, n. 1002, ibid., n. 156; 1° dicembre 1981, n. 6379, id., Rep. 1981, voce cit., n. 210; 3 marzo 1981, n. 1234, ibid., n. 239; 25 febbraio 1981, n.

1139, ibid., n. 236; 22 aprile 1980, n. 2605, id., Rep. 1980, voce cit., n. 183; 19 febbraio 1979, n. 1084, id., Rep. 1979, voce cit., n. 174; 28 aprile 1979, n. 2483, ibid., n. 176; 20 febbraio 1979, n. 1101, ibid., n. 204; 8 giugno 1979, n. 3272, id., 1979, I, 1688, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1986.

Svolgimento del processo. — Giorgio Sinibaldi e altri titolari di

farmacia, i cui nominativi sono trascritti in epigrafe, ottenevano

separatamente, in data 2 marzo 1984, decreti ingiuntivi provviso riamente esecutivi dal Pretore di Pesaro, in funzione di giudice del lavoro, nei confronti della U.s.l. n. 3 di Pesaro, con la condanna

della stessa al pagamento di somme per somministrazione di

medicinali effettuate dalle rispettive farmacie a favore degli assistiti e, in pendenza dei relativi giudizi di opposizione promos

In senso contrario all'ordinanza che si riporta, per l'ammissibilità dell'istanza di regolamento contro l'ordinanza con la quale il pretore dispone ex art. 426 c.p.c., il passaggio dal rito ordinario al rito

speciale del lavoro v. Cass. 28 gennaio 1978, n. 404, id., 1978, I, 1224, con nota di richiami, che sostiene, peraltro senza fondamento positi vo, che il provvedimento emesso ex art. 426 non risolve meramente una questione di rito, bensì risolve in via definitiva una questione di

competenza. In senso conforme all'argomentazione contenuta nella motivazione

della decisione in epigrafe, per l'inammissibilità del regolamento dì

competenza anche avverso l'ordinanza declinataria della competenza (cfr. art. 616, 2* parte, e 427, 1° comma, la parte, c.p.c.), v. Cass. 25 marzo 1980, n. 2000, id., Rep. 1980, voce cit., n. 195; 12 gennaio 1980, n. 277, ibid., n. 254.

Contra, con riferimento al provvedimento declinatorio. adducendo la sua natura di sentenza, nonostante la forma di ordinanza, v. in materia di lavoro e di opposizione all'esecuzione: Cass. 2 marzo 1984, n. 1497, id., Rep. 1984, voce cit., n. 138; 16 maggio 1984, n. 3011, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 129; 9 maggio 1983, n. 3197, id., Rep. 1983, voce cit., n. 178; 11 ottobre 1983, n. 5898, ibid., voce Competenza civile, n. 183; 14 giugno 1983, n. 4073, ibid., n. 184; 19 marzo 1983, n. 1963, ibid., n. 195; 27 maggio 1982, n. 3216, id., Rep. 1982, voce cit., n. 194; 17 giugno 1982, n. 3707, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 155; 6 febbraio 1982, n.

702, ibid., n. 156; 5 febbraio 1982, n. 673, ibid., n. 157; 12 marzo

1982, n. 1613, ibid., n. 158; 7 marzo 1981, n. 1287, id., Rep. 1981, voce Esecuzione forzata in genere, n. 55; 14 ottobre 1981, n. 5395, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 138; 19 marzo 1981, n. 1630, ibid., n. 140; 18 marzo 1981, n. 1611, ibid., n. 141; 10 maggio 1980, n. 3081, id., Rep. 1980, voce Competenza civile, n. 214; 21 maggio 1980, n. 3340. ibid., n. 203; 14 novembre 1980, n. 6102, ibid., n. 216; 21 giugno 1979, n. 3477, id., Rep. 1979, voce cit., n. 202; 14 settembre 1978, n. 4131, id., Rep. 1978, voce cit., n. 200; 22 settembre 1978, n. 4257, ibid., n. 201; 12 dicembre 1978, n. 5875, ibid., n. 202; 22 dicembre 1978, n. 6167, ibid., n. 203; in motivazione Cass. 28 gennaio 1978, n. 404, cit.; 3 febbraio 1977, n. 491, id., Rep. 1977, voce cit., n. 178; 18 febbraio 1977, n. 723, ibid., voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 154; 5 febbraio 1977, n. 510, ibid., n. 156; 14 gennaio 1977, n. 185, ibid., n. 157; 14 febbraio 1977, n. 673, id., 1977, I, 822, con nota di richiami.

Secondo una tesi intermedia, solo nel caso in cui sia sorta contro versia tra le parti circa il giudice competente per il merito, il

provvedimento che risolve la relativa questione ha natura di sentenza

(ex art. 420, 4° comma, c.p.c.) ed è impugnabile con regolamento di

competenza. In questo senso, per l'ipotesi in cui il giudice, disattenden do l'eccezione sollevata, afferma la propria competenza trattenendo davanti a sé la causa, v. Cass. 16 febbraio 1984, n. 1173, id., Rep.

1984, voce Competenza civile, n. 137 (in tema di causa agraria); 2

agosto 1984, n. 4609, ibid., n. 140; 23 gennaio 1984, n. 552, ibid., n. 151; 10 febbraio 1984, n. 1048, ibid., n. 156 (in tema di repressione di condotta antisindacale ex art. 28 statuto lavoratori); 19 aprile 1983, n. 2686, id., 1983, I, 1888; 28 settembre 1979, n. 4992, id., Rep. 1979, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 144; 18 ottobre 1977, n.

4455, id., 1978, I, 418, con nota di richiami (nella specie si trattava di

opposizione a decreto ingiuntivo emesso in materia previdenziale). Sempre nello stesso senso, ma per l'ipotesi di provvedimento

declinatorio, di rimessione ad altro giudice competente, cfr. Cass. 14

gennaio 1984, n. 309, id., Rep. 1984, voce Competenza civile, n. 152; in motivazione Cass. 30 maggio 1983, n. 3731, id., 1983, I, 2802; 12 marzo 1982, n. 1613, id., Rep. 1982, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 158; Pret. Potenza 1° dicembre 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 179.

In dottrina, in senso conforme all'ordinanza in epigrafe, nel ritenere che il provvedimento de quo, con cui il giudice trattiene la causa

presso di sé, non contenendo una decisione sulla competenza, ma risolvendo solo una questione di rito, ha natura di ordinanza ex art. 426 c.p.c. e pertanto non è soggetto ad istanza di regolamento cfr. Andrioli (A. Proto Pisani, G. Pezzano, C. M. Barone), Le controver sie in materia di lavoro, Bologna-Roma, 1975, 137 ss.; Ianniruberto, Il mutamento di rito e la dichiarazione di incompetenza nel processo del lavoro, in Riv. dir. proc., 1976, 534; Vocino-Verde, Appunti sul

processo del lavoro, Napoli, 1979, 33-4, 40; Tarzia, Manuale del

processo del lavoro, Milano, 1980, 149 e 152; Montesano-Vaccarella, Manuale di diritto processuale del lavoro, Napoli, 1984, 241 ss., che

argomentano dalla inesistenza di una questione di competenza quando trattasi di ripartizione delle cause tra organi dello stesso ufficio

giudiziario. Nello stesso senso, di riconoscere natura ordinatoria anche al provve

dimento, emesso ex art. 616, 2* parte, e 427, 1° comma. 2' parte, c.p.c., che declina la competenza ad altro giudice, oltre agli autori

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