sezione lavoro; sentenza 9 ottobre 1985, n. 4922; Pres. Brancaccio, Est. Vaccaro, P. M. Gazzara(concl. conf.); Soc. G.T.E. telecomunicazioni (Avv. Vianello, Fabozzi) c. Mariani e altri; Mariani ealtri (Avv. Zavattaro Ardizzi, Campari, Leon) c. Soc. G.T.E. telecomunicazioni. Cassa Trib.Milano 15 dicembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 6 (GIUGNO 1986), pp. 1625/1626-1627/1628Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180416 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dante causa del Giorgetti e dalla prescrizione del relativo diritto,
quanto per il decisivo rilievo che la sentenza impugnata, pur riconoscendo che il rogito Butti del 25 novembre 1942, cui hanno
partecipato gli acquirenti dei mappali sui quali si snoda la
stradella, nonché Gandola Giuseppe, allora proprietario di tutto il
mappale 861 (il frazionamento di questo e la vendita a Giorgetti
Luigi dante causa di Giorgetti Alessandro della parte di mappale
specificata col n. 861 /b sono successivi) aveva previsto la costru
zione della stradella allo scopo di consentire l'accesso anche al
mappale 861, ha considerato che il Giorgetti senza uno specifico titolo costitutivo non poteva raggiungerla passando sui nuovi
mappali 861/a e 861/c, poiché la norma che dispone che se il
fondo dominante viene diviso la servitù è dovuta a ciascuna
porzione si riferisce al rapporto tra le varie parti divise del fondo
dominante e il fondo servente e non anche ai rapporti tra le
varie parti divise dello stesso fondo dominante.
Quanto alla contestazione circa la scelta del percorso è da
precisare che il giudice di merito ha portato la sua indagine su
tutte le soluzioni alternative prospettate dagli attuali ricorrenti
escludendole con motivazione logica e coerente per modo che
non gli si può addebitare di avere trascurato i requisiti fonda
mentali fissati dell'art. 1051 c.c. del percorso più breve e del
minor danno al fondo servente, per cui il suo apprezzamento
comportando la valutazione di elementi di fatto si sottrae al
sindacato di legittimità. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione
dell'art. 1051, 4° comma, c.c. per avere la corte di merito
costituito la servitù su di un'area destinata a giardino e come tale
esentata dalla imposizione di servitù coattiva.
La censura è infondata. Giova premettere che il giudice del
merito ha anzitutto escluso che dalla planimetria approntata dal
consulente tecnico risultasse di certo che la parte del fondo
servente su cui insisteva il passaggio fosse adibita a giardino. In ogni caso la corte del merito ha esattamente posto in risalto
sotto il profilo di diritto che l'esclusione della servitù di passaggio
coattivo va limitata al caso in cui sussista una possibilità di
scelta tra più fondi sui quali può essere effettuato il passaggio,
mentre non può essere rispettata quando ne deriverebbe il
permanere dello stato di interclusione (v. in proposito Cass. 29
marzo 1979, n. 1816, Foro it., Rep. 1979, voce Servitù, n. 18; 24
ottobre 1983, n. 6230, id., Rep. 1984, voce cit., n. 24).
Infine del tutto irrilevante è la censura prospettata col quarto
motivo di ricorso con la quale si addebita alla sentenza impugna ta di avere ritenuto, senza alcuna prova, la sussistenza di un
passaggio pedonale pacificamente adoperato dell'attore del quale
poi è stato disposto l'ampliamento. La questione dalla preesistenza di un diritto della servitù di
passo pedonale a favore del fondo Giorgetti non ha avuto in
effetti concreta rilevanza nella ratio decidendi, come appare
evidente dalla stessa premessa dalla sentenza impugnata che ha
esplicitamente affermato che la servitù di passaggio coattivo
doveva essere costituita a norma del 1° comma dell'art. 1051, cioè
a favore del fondo intercluso e non per ampliamento coattivo del
passaggio già esistente.
Peraltro la sentenza impugnata ha precisato il carattere inciden
tale della questione volta ad apportare ulteriori elementi di
conforto alla scelta operata ed alla adeguatezza dei criteri di
stima dell'indennità determinata dal tribunale, ma ne ha anche
delineato i limiti di approssimazione rilevando che se poteva ritenersi in via indiziaria l'esistenza di una servitù di passaggio a
favore del mappale 861, attualmente appartenente al Giorgetti
Alessandro, non era affatto certo che la servitù sussistesse per il
tratto ancora rimanente per raggiungere l'attuale proprietà del
Giorgetti. In definitiva il ricorso deve essere rigettato. (Omissis)
CASSAZIONE CIVILE; sezione lavoro; sentenza 9 ottobre 1985,
n. 4922; Pres. Brancaccio, Est. Vaccaro, P. M. Gazzara
(conci, conf.); Soc. G.T.E. telecomunicazioni (Avv. Vianello,
Fabozzi) c. Mariani e altri; Mariani e altri (Avv. Zavattaro
Ardizzi, Campari, Leon) c. Soc. G.T.E. telecomunicazioni.
Cassa Trib. Milano 15 dicembre 1982.
CASSAZIONE CIVILE;
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Appello —
Valore della controversia — Determinazione (Cod. proc. civ.,
art. 10, 440).
La determinazione del valore della controversia individuale di
lavoro, ai fini di stabilirne l'appellabilità o meno ai sensi
Il Foro Italiano — 1986.
dell'art. 440 c.p.c., deve operarsi con riferimento al valore della
lite fissato nell'atto introduttivo della causa, secondo le prospet tazioni del ricorrente, senza che possano esplicare alcuna in
fluenza i mutamenti successivi — ed in particolare la rinuncia
ad alcuna delle domande originariamente proposte — che
possano eventualmente verificarsi nel corso del giudizio. (1)
Motivi della decisione. — I due processi vanno preliminarmen te riuniti a norma dell'art. 151 disp. att. c.p.c. e di essi merita
trattazione preliminare quello proposto avverso la sentenza del
tribunale in quanto solo nell'ipotesi di rigetto dello stesso la corte
potrebbe esaminare quello proposto avverso la sentenza del
pretore. Con l'unico motivo del suddetto gravame la società
ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli art. 5,
10, 440 ss. c.p.c. (360, n. 3, c.p.c.) e deduce che il tribunale, nel
dichiarare inammissibile l'appello, ha tenuto conto della modifica
apportata alla domanda nel corso del giudizio di primo grado erroneamente disattendendo il principio secondo il quale, anche ai
fini dell'appellabilità o meno delle sentenze, deve aversi riguardo al valore della lite fissato nell'atto di citazione tenuto conto della
causa petendi e del petitum. Il motivo è fondato. La pluralità delle domande proposte
dinanzi al pretore (a) accertamento del diritto dei dipendenti ad
(1) Principio pacifico nella giurisprudenza (Cass. 3 luglio ,1979, n.
3713, Foro it., Rep. 1979, Lavoro e previdenza {controversie), n. 382, e
in Giur. it., 1980, I, 1, 646, con nota di T. Segrè, Il valore della
controversia come condizione di appellabilità della sentenza), che ne
ha determinato la portata precisando: — che il principio trova normale applicazione anche nei casi in cui
il valore della domanda, pur non determinato, sia quantificabile in una
somma inferiore alle lire 50.000 mediante opportuni conteggi (Cass. 13
agosto 1981, n. 4908, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 384; 14 marzo
1980, n. 1728, id., Rep. 1980, voce cit., n. 318; 29 agosto 1979, n.
4709, id., 1979, I, 2312; 22 settembre 1979, n. 4910, id., Rep. 1979, voce cit., n. 381; 3 febbraio 1978, n. 515, id., Rep. 1978, voce cit., n. 377);
— che è in ogni caso appellabile la sentenza del giudice del lavoro
che abbia deciso una controversia nella quale, insieme alla domanda
di pagamento di una somma inferiore alle 50.000 lire, sia formulata
una domanda di mero accertamento di valore indeterminabile (Cass. 25
ottobre 1979, n. 5576, id., Rep. 1979, voce Appello civile, n. 9; 13
giugno 1981, n. 3843, id., Rep. 1981, voce Lavoro e previdenza
(controversie), n. 385). Sono cause di valore indeterminabile quelle in
cui la pretesa azionata sia insuscettibile di valutazione economica,
quali, ad esempio, quelle relative all'accertamento della legittimità o
meno dei provvedimenti disciplinari (Cass. 26 febbraio 1983, n. 1488,
id., Rep. 1983, voce cit., n. 459; 22 febbraio 1983, n. 1320, ibid., n.
460; 17 dicembre 1981, n. 6696, ibid., n. 461); — che la determinazione del valore della domanda deve operarsi
con riferimento all'importo del capitale, degli interessi, delle spese e
dei danni anteriori alla domanda ivi compresi gli importi dovuti a
titolo di rivalutazione monetaria, nonché di ogni altro accessorio
richiesto con decorrenza anteriore alla domanda giudiziale (Cass. 1°
settembre 1982, n. 4768, id., Rep. 1982, voce cit., n. 387; 3 dicembre
1981, n. 6411, id., Rep. 1981, voce cit., n. 381); e, pertanto, con
esclusione delle spese giudiziali (Cass. 20 luglio 1983, n. 5008, id.,
Rep. 1983 voce cit., n. 462). Con la sentenza 2 luglio 1980, n. 4197
(id., Rep. 1980, voce cit., n. 319) la Cassazione precisa che concorre a
determinare il valore della controversia anche l'importo afferente alla
domanda riconvenzionale del convenuto; — che qualora più cause di lavoro fra loro connesse proposte da
più attori o contro più convenuti siano state cumulate nello stesso
processo ex art. 103, 40, 274 c.p.c. e 151 disp. att. c.p.c., ai fini del 440
c.p.c. deve farsi riferimento al valore di ogni causa presa singolarmen te (Cass. 27 febbraio 1984, n. 1416, id., Rep. 1984, voce cit., n. 362; 30 ottobre 1982, n. 5730, id., Rep. 1982, voce cit., n. 389; 1°
settembre 1982 n. 4768, ibid., n. 388; 13 maggio 1982, n. 2989, ibid., n. 390; 13 agosto 1981, n. 4908, id., Rep. 1981, voce cit., n. 382; 3
luglio 1979, n. 3713, id., Rep. 1979, voce cit., n. 382; 29 agosto 1979, n. 4709, id., 1979, I, 2312).
Con riferimento al problema dei rapporti fra ricorso per cassazione e appello la Suprema corte ha ritenuto inammissibile, in quanto notificato fuori termine, il ricorso per cassazione proposto dopo la declaratoria di inammissibilità dell'appello ex art. 440 c.p.c. (Cass. 9
novembre 1984, n. 5666, id., Rep. 1984, voce Impugnazioni civili, n.
12), sancendone, al contrario, l'ammissibilità ove proposto nel termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza e — nella specie — prima della declaratoria di inammissibilità dell'appello contestualmente pro posto (Cass. 13 maggio 1983, n. 3290, id., Rep. 1983, voce Cassazione
civile, n. 29). Anche la dottrina è conforme al principio enunciato nella massima:
v. per tutti C. M. Barone (A. Proto Pisani, G. Pezzano, Andrioli), Le controversie in materia di lavoro Bologna, 1974, 391; Montesa
no-Vaccarella, Manuale di diritto processuale del lavoro, Napoli, 1984, 206; Andrioli, Diritto processuale civile, Napoli, 1979, 813.
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1627 PARTE (PRIMA 1628
un periodo di ferie proporzionato all'interruzione dell'attività
lavorativa in regime di cassa integrazione ordinaria; b) accerta
mento del reclamato diritto a che la maturazione delle ferie fosse
calcolata a giornate e non ad ore; c) condanna della società al
pagamento delle somme illegittimamente trattenute sulla retribu
zione) costituisce circostanza che non può essere pretermessa dalla verifica dell'appellabilità o meno delle sentenze del pretore
giudice del lavoro come è stato invece fatto dal tribunale il
quale ha ritenuto di poter cogliere il significato della norma di
cui all'art. 440 c.p.c. nel senso che debba essere tenuto conto del
valore risultante a seguito della specificazione della domanda in
corso di causa.
Codesta conclusione non è condivisibile al lume della suddetta
norma la quale, raccordando il « valore » alla « controversia » e
non già ad altri elementi, si inserisce nel sistema processuale
vigente, che ai fini dell'appellabilità delle sentenze considera non
già il quod decisum ma il quod disputatum quale criterio
discretivo per fissare il « valore » della « controversia » come ha
modo di precisare questa corte (Cass. 3 febbraio 1971, n. 245, Foro it., Rep. 1971, voce Cassazione civile, n. 403; 11 maggio 1976, n. 1652, id., Rep. 1976, voce Competenza civile, n. 15).
Questa corte ha già avuto modo di sottolineare la non inin fluenza dei mutamenti successivi che possono eventualmente ve rificarsi nel corso del giudizio dovendosi tener fermo il principio che la lite resta radicata secondo le prospettazioni dell'attore al momento della introduzione del libello (Cass. 23 giugno 1971, n.
1990, id., Rep. 1971, voce cit., n. 113; 14 ottobre 1974, n. 2846, id., Rep. 1974, voce cit., n. 26; 4 febbraio 1975, n. 420, id., Rep. 1975, voce cit., n. 61; 18 febbraio 1975, n. 643, ibid., n. 37; per l'ipotesi specifica della rinunzia, 20 gennaio 1982, n. 364, id., Rep. 1982, voce Competenza civile, n. 11; 16 marzo 1982, n. 1698, ibid., n. 9; 30 novembre 1982, n. 6512, ibid., n. 12). Discende de plano l'applicabilità dei suddetti concetti nel rito dal lavoro nel quale l'appellabilità delle sentenze è stata ancorata dalla legge al valore della controversia, come si è già detto, la cui determinazione deve essere fatta secondo i principi del codice di rito, in mancanza di norme regolatrici.
È quindi necessario ai fini di cui all'art. 440 c.p.c., cosi come ai fini dell'individuazione del giudice competente per valore, operare il cumulo delle domande proposte da un solo attore nei confronti della stessa persona in applicazione dell'art. 10, 2"
comma, c.p.c. (Cass. 31 dicembre 1981, n. 6411, id., Rep. 1981, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 381; 1° settembre
1982, n. 4768, id., Rep. 1982, voce cit., n. 387, sul cumulo tra ca
pitale interessi ed accessori; sez. un. 25 ottobre 1979, n. 5576, id., Rep. 1979, voce Appello civile, n. 9).
Il tribunale, pertanto, non avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto della condanna della società al pagamento di due ore e
mezza di retribuzione a titolo di indennità sostitutiva di quota ferie non godute (di valore « senz'altro inferiore a lire 50.000 »)
per dichiarare, quindi, inammissibile l'appello, ma avrebbe dovuto tenere presente anche le altre domande proposte.
A questa corte, investita della questione anche direttamente con
ricorso avverso la sentenza del pretore, è riservato il compito di rilevare il valore della controversia (Cass. 26 febbraio 1983, n.
515, id., Rep. 1983, voce cit., n. 457) applicando il principio secondo cui anche nel processo del lavoro la causa di valore indeterminato non va compresa con la causa di valore indetermi nabile in quanto quella, a differenza di questa, consente un
agevole individuazione degli importi in contestazione in base alle risultanze degli atti (3 febbraio 1978, n. 515, id., Rep. 1978, voce
cit., n. 377; 20 giugno 1978, n. 3048, ibid., voce Competenza civile, n. 39; 29 agosto 1979, n. 4709, id., Rep. 1979, I, 2312; 22 settembre 1979, n. 4910, ibid., voce Lavoro e previdenza (con
troversie), n. 381; 25 ottobre 1979, n. 4576, cit.; 26 febbraio 1983, n. 1488, id., Rep. 1983, voce cit., n. 459).
Nel caso in esame non è possibile dedurre sulla scorta degli atti il contenuto economico dell'altra domanda non presa in esame dal tribunale sicché, proposta questa dal ricorrente (peral tro insieme all'altra di valore inferiore a lire 50.000), si determina
l'ipotesi dell'appellabilità della sentenza del pretore giudice del
lavoro. Va quindi cassata la sentenza del Tribunale di Milano ed il processo rinviato ad altro tribunale il quale deciderà anche in ordine alle spese di questo giudizio.
Il ricorso avverso la sentenza del Pretore di Milano deve essere dichiarato inammissibile.
Il Foro Italiano — 1986.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione il civile; sentenza 6 settem
bre 1985, n. 4640; iPres. Virgilio, Est. Di Salvo, P. M.
Morozzo Della Rocca (conci, parz. difl.); Fall. Garozzo (Avv. Grasso Romeo) c. Comune di Catania (Avv. Nicolosi). Cassa
App. Catania 21 settembre 1981.
CORTE DI CASSAZIONE;
Arricchimento senza causa — Contratto con la p.a. — Esito
negativo dell'azione contrattuale — Ammissibilità dell'« actio de
in rem verso » (Cod. civ., art. 2042).
L'azione di arricchimento senza causa è proponibile contestual
mente all'azione contrattuale senza che venga meno la sua
sussidiarietà, qualora l'esperimento dell'azione tipica dia esito
negativo per carenza ab origine, in difetto del titolo posto a
suo fondamento (nella specie, da parte di appaltatore che
abbia eseguito opere in favore della p.a. in base a con
tratto nullo per difetto di deliberazione degli organi compe
tenti). (1)
(1) Sul profilo della carenza ab origine del titolo a base dell'azione contrattuale si è pronunciata in termini analoghi Cass. 22 giugno 1983, n. 4275, Foro it., Rep. 1983, voce Arricchimento senza causa, n. 14: nella specie, una società aveva eseguito forniture di merci in favore della p.a. in difetto di un atto negoziale valido, per mancanza di forma scritta ad substantiam; la corte ha ritenuto esperibile 1 'actio de in rem verso da parte di detta società, pur dopo il rigetto della domanda di adempimento contrattuale. Proprio l'accertata inesistenza del vincolo negoziale fa si, come si afferma in motivazione, che « concretamente scatti lo strumento della sussidiarietà, la cui caratteri stica tipica è quella non già di ovviare all'esito infausto dell'esercizio dell'azione, ma di attribuire uno strumento di recupero a chi altrimenti si troverebbe sprovveduto, proprio perché a tutela del danno patito, con arricchimento altrui, non potrebbe reagire in alcun modo ». In
un'ipotesi simile, in riferimento alla invalidità dei contratto concluso con la p^a. quando la controparte abbia già adempiuto alla propria prestazione, v. Trib. Roma 14 febbraio 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 15, che si è attenuta ai medesimi principi: ad un professio nista che aveva eseguito la propria prestazione (progettazione di
opere pubbliche), dovendosi escludere l'esistenza di un obbligo con trattuale validamente assunto dal comune per mancanza di delibe razione degli organi competenti, è stata riconosciuta la possibilità di
proporre in via sussidiaria l'azione di arricchimento senza causa
(domanda poi rigettata perché non era stata fornita la prova che l'ente
pubblico avesse implicitamente o esplicitamente riconosciuto di aver tratto vantaggio dalla menzionata prestazione professionale). Benché al
di fuori dell'ambito contrattuale e della necessità di ristabilire un
equilibrio tra i soggetti del rapporto, cfr., in riferimento all'incidenza
degli esiti dell'azione tipica sul successivo esperimento dell'azione di in
giustificato arricchimento, Cass. 1° ottobre 1975, n. 3097, id., 1976, I, 386: l'ideatore di un sistema di gioco di dodici pronostici, collegato all'estrazione settimanale del lotto, aveva presentato la sua opera al
ministero delle finanze chiedendo di ottenere la concessione per la
gestione del relativo concorso; il ministero istituiva l'Enalotto affidan done la gestione all'E.n.a.l. L'ideatore del sistema, dopo aver infruttuo samente convenuto l'amministrazione sia per « l'approvazione che per l'illecita utilizzazione dell'idea creativa », costituitosi nuovamente in
giudizio chiedeva la condanna al pagamento di una somma di denaro a titolo di arricchimento senza causa ex art. 2041. A detta della corte 10 schema di gioco, non integrando gli estremi dell'opera dell'ingegno, non poteva essere considerato un bene giuridico {e, perciò, non era suscettibile di valutazione economica), sicché dalla sua ingiustificata appropriazione non era derivato al suo ideatore un depauperamento e correlativamente un ingiustificato arricchimento per il percettore.
Più in generale, sul requisito della sussidiarietà cfr. Cass. 20
maggio 1977, n. 2075, id., Rep. 1977, voce cit., n. 6; 8 giugno 1981, n. 3682, id., Rep. 1981, voce cit., n. 19; 4 giugno 1983, n. 3860 id., Rep. 1983, voce cit., n. 12.
In una recente controversia, al di fuori del contenzioso tipo tra privato e p.a., la Cassazione, con sentenza 13 dicembre 1984, n. 6537, (id., Rep. 1984, voce cit. nn. 9, M), ha avuto modo di pronunciarsi sulla sussidiarietà dell'azione e sulla tutelabilità degli interessi: erano stati acquistati, da parte di una banca straniera, titoli azionari ed
obbligazioni emessi all'estero, per conto di un cittadino italiano. Dopo aver provveduto alla vendita dei titoli, la banca conveniva in giudizio 11 oliente con azione ex contractu perché fosse condannato al rimborso di quanto dovuto, ma tale domanda veniva respinta data la nullità del contratto per frode valutaria. L'istituto bancario, allora, ritentava il
recupero delle somme anticipate per il cliente mediante l'esercizio dell'azione de in rem verso. La corte, affermando che «... l'accerta mento — con sentenza passata in giudicato — della inutilizzabilità degli schemi predisposti a tutela dell'obbligazione di origine contrattua le dischiude e non preclude la possibilità del ricorso al rimedio residuale di cui all'art. 2041 e lascia àdito alla verifica della ricorrenza o meno dei suoi presupposti », negava l'azione di ingiustificato arric chimento proprio sulla base della mancanza di tali presupposti di fatto e di diritto; in particolare per la già rilevata illiceità dell'operazione economica, s'imponeva il rigetto di qualsiasi tentativo di recuperare Vutilitas mediante un « veicolo surrettizio ed aggiratorio per il conse guimento di beni o prestazioni, direttamente vietati da un principio o
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