sezione tributaria; sentenza 1° agosto 2000, n. 10047; Pres. Cantillo, Est. Marziale, P.M.Buonajuto (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Braguglia) c. Bisesi e Dell'Orco; Bisesi eDell'Orco (Avv. Leone, Mocci) c. Min. finanze. Conferma App. Trieste 22 maggio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 4 (APRILE 2001), pp. 1293/1294-1295/1296Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196997 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 1° agosto 2000, n. 10047; Pres. Cantillo, Est. Marziale, P.M.
Buonajuto (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato
Braguglia) c. Bisesi e Dell'Orco; Bisesi e Dell'Orco (Avv.
Leone, Mocci) c. Min. finanze. Conferma App. Trieste 22
maggio 1997.
Dogana — Iva all'importazione — Spedizioniere doganale — Responsabilità sussidiaria — Esclusione (D.p.r. 23 gen naio 1973 n. 43, approvazione del t.u. delle disposizioni legis lative in materia doganale, art. 41; regolamento 18 aprile 1988
n. 1031/88/Cee del consiglio, concernente la determinazione
delle persone tenute all'adempimento di una obbligazione do
ganale, art. 2; regolamento 12 ottobre 1992 n. 2913/92/Cee
del consiglio, che istituisce un codice doganale comunitario, art. 201).
Va disapplicato, perché in contrasto con l'art. 2.1 del regola mento Cee 1031/88 (riprodotto nell'art. 201.3 del regola mento Cee 2913/92, istitutivo del c.d. codice doganale comu
nitario), l'art. 41, 2° comma, d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, nella parte in cui, con riguardo ad operazioni effettuate in
epoca successiva al 1° gennaio 1989, prevede che lo spedi zioniere doganale sia chiamato a rispondere in via sussidia
ria del mancato pagamento dell'Iva dovuta per le importa zioni di merci da lui effettuate in nome e per conto della ditta
importatrice. (1)
Svolgimento del processo. — 1. - Con due atti, notificati il 5
aprile 1993, il ricevitore della dogana principale di Gorizia «in vitava» i sig. Giovanni Bisesi e Claudio Dell'Orco al paga mento, rispettivamente, di lire 291.726.100 e di lire 125.428.780, oltre interessi, «per Iva dovuta e fraudolentemente
non corrisposta», quali obbligati in via sussidiaria della società Vostro Import s.r.l. ai sensi dell'art. 41 t.u. delle disposizioni in
(1) L'orientamento espresso dalla Suprema corte fa eco a quanto re
centemente disposto dall'art. 8, 3° comma, 1. 25 luglio 2000 n. 213
(norme di adeguamento dell'attività degli spedizionieri doganali alle
mutate esigenze dei traffici e dell'interscambio internazionale delle
merci, Le leggi, 2000,1, 2743), che ha interpretato autenticamente l'art.
2, 1° comma, d.l. 29 dicembre 1983 n. 746, convertito, con modifica
zioni, dalla 1. 27 febbraio 1984 n. 17, nel senso che «dell'omesso pa
gamento dell'imposta sul valore aggiunto a fronte di dichiarazione di
intento presentata in dogana rispondono soltanto i cessionari, i com
mittenti e gli importatori che hanno sottoscritto la dichiarazione d'in
tento, e non anche lo spedizioniere doganale che l'ha presentata». La vicenda oggetto della presente decisione — di cui non si ravvisa
no precedenti editi in termini nella giurisprudenza della Suprema corte — ripropone la delicata questione relativa alla sussistenza della respon sabilità sussidiaria dello spedizioniere doganale, prevista dall'art. 41, 2° comma, del t.u. delle disposizioni in materia doganale (abrogato dal
l'art. 28 1. 8 maggio 1998 n. 146) per l'utilizzo di dichiarazione d'in
tento falsa. Al dubbio che tale disposizione potesse contrastare con la normativa
comunitaria era stata data risposta positiva dalla stessa amministrazione
finanziaria, che con circ. 8 luglio 1997, n. 194/D, id., 1997, II, 427
(emanata dopo che la commissione dell'Unione europea aveva avviato
nei confronti dello Stato italiano la procedura di infrazione n. 95/2239,
per non aver quest'ultimo adeguato la normativa doganale nazionale a
quella comunitaria) ha affermato che «il 2° comma dell'art. 41 del t.u.
delle disposizioni in materia doganale va interamente disapplicato e
pertanto lo si ha per non operante», in quanto in contrasto con i principi contenuti nel regolamento 2913/92.
Di diverso avviso, invece, Trib. Milano 28 novembre 1994, Foro it.,
Rep. 1996, voce Valore aggiunto (imposta), n. 237, e Bollettino trib.,
1996, 85, con nota critica di C. Salvatores, che ha considerato, nell'i
potesi di evasione dell'Iva all'importazione a mezzo di false dichiara
zioni di intento, lo spedizioniere doganale responsabile per il paga mento dell'imposta e della relativa penalità.
Sull'ambito di responsabilità dello spedizioniere doganale, v., per ulteriori profili, Cass. 26 giugno 1990, n. 6500, Foro it., 1991,1, 2831, con nota di E. Natoli, e 7 marzo 1998, n. 2528, id., 1999,1, 255.
Sull'evasione dell'Iva all'importazione, v„ in giurisprudenza, Cass.
2 luglio 1999, n. 6823, id., Rep. 1999, voce cit., n. 383, che ha ritenuto
questa alla stregua di un diritto doganale, con conseguente assoggetta mento al relativo sistema sanzionatorio; App. Venezia 7 ottobre 1986,
id., Rep. 1988, voce cit., n. 264, che ha parimenti affermato che l'Iva
all'importazione ha natura giuridica di diritto di confine, onde la sua
elusione configura il delitto di contrabbando.
Il Foro Italiano — 2001.
materia doganale approvato con il d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43,
per aver utilizzato, quali spedizionieri doganali, «dichiarazioni d'intento» relative ad operazioni di importazione effettuate nel
1991 risultate false.
2. - Con atto notificato il 20 aprile 1993 gli intimati conveni vano in giudizio l'amministrazione finanziaria innanzi al Tribu nale di Trieste, deducendo:
— che la responsabilità «sussidiaria» degli spedizionieri do ganali sancita dall'art. 41, 2° comma, del citato t.u. presuppone l'esistenza di una rettifica dell'accertamento o di una revisione
della liquidazione e che tali presupposti non si erano nella spe cie realizzati, in quanto la pretesa avanzata dall'amministrazio
ne finanziaria traeva il suo fondamento nella revoca del regime di sospensione dell'esigibilità dei «diritti» liquidati in occasione del compimento dell'operazione;
— che tale responsabilità, inoltre, è prevista (solo) in relazio
ne al pagamento dei diritti «doganali», ai quali l'Iva non può in
alcun modo essere assimilata.
Chiedevano, pertanto, che il tribunale dichiarasse che essi
non erano ad alcun titolo tenuti al pagamento delle somme che
erano stati «invitati» a pagare.
Replicava l'amministrazione finanziaria affermando, da un
lato, che la natura di «diritto doganale» dell'Iva all'importazio ne risulta «incontestabilmente» dall'art. 34 del t.u,; dall'altro, che la responsabilità sussidiaria degli spedizionieri doganali opera anche nelle ipotesi in cui la pretesa dell'amministrazione
doganale faccia seguito all'accertamento dell'inesistenza delle
condizioni per l'ammissione della ditta importatrice al regime di sospensione di esigibilità del tributo ai sensi degli art. 68 e 8 d.p.r. 633/72.
2.1. - La domanda veniva respinta dal tribunale con sentenza
del 10 maggio 1995. La sentenza era però riformata dalla corte
territoriale che, pur ritenendo l'Iva all'importazione assimilabile
ai diritti «doganali», escludeva che ricorressero i presupposti
per affermare la responsabilità degli intimati, ponendo in evi denza, in particolare, che gli spedizionieri doganali rispondono del pagamento del tributo e sono soggetti al pagamento delle
pene pecuniarie solo quando la dichiarazione d'intenti non sia
stata rilasciata e non anche quando, come nel caso di specie, detta dichiarazione sia stata, invece, rilasciata (art. 2 d.l. 29 di
cembre 1983 n. 746, convertito, con modificazioni, nella 1. 27
febbraio 1984 n. 17). 2.2. - L'amministrazione finanziaria chiede la cassazione di
tale sentenza con un unico motivo di ricorso. Gli intimati resi
stono e propongono, a loro volta, ricorso incidentale in via con
dizionata, illustrato con memoria. L'amministrazione finanzia
ria resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — 3. - Deve essere preliminarmente
disposta la riunione dei due ricorsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. 4. - Con il ricorso principale l'amministrazione finanziaria —
denunziando violazione e falsa applicazione degli art. 1 e 2 d.l.
29 dicembre 1983 n. 746, convertito, con modificazioni, nella 1.
27 febbraio 1984 n. 17; nonché dell'art. 41, 2° comma, t.u. delle
disposizioni in materia doganale, approvato con d.p.r. 23 gen naio 1973 li. 43 — censura la sentenza impugnata per aver
escluso che gli intimati potessero essere ritenuti responsabili in
via sussidiaria, ai sensi dell'art. 41, 2° comma, citato d.p.r. 43/73, del mancato pagamento dell'Iva dovuta per le importa zioni doganali da essi effettuate, quali spedizionieri doganali, in
nome e per conto della società Vostro s.r.l., senza considerare: — che la revoca della sospensione della esigibilità del tributo,
conseguente all'accertamento della falsità della dichiarazione
d'intenti rilasciata ai sensi degli art. 8 e 68 d.p.r. 633/72, impli ca una revisione della liquidazione del tributo ed integra, per
tanto, i presupposti per l'affermazione della responsabilità sus
sidiaria degli spedizionieri doganali, a norma dell'art. 41, 2° comma, citato d.p.r. 43/73;
— che lo spedizioniere doganale ha il dovere professionale di
verificare la regolarità della dichiarazione d'intenti sottoscritta
dall'importatore e degli altri documenti che presenta alle auto
rità doganali; — che l'art. 2, 1° comma, d.l. 746/83, se esclude la responsa
bilità principale dello spedizioniere doganale (che, in difetto di tale previsione, dovrebbe essere affermata in forza di quanto stabilito dagli art. 56 e 38 d.p.r. 43/73) lascia ferma quella sus sidiaria sancita dall'art. 41, 2° comma, d.p.r. 43/73.
5. - La sentenza impugnata resiste a tali censure per il motivo,
di carattere assorbente, che il citato art. 41, nel momento in cui
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1295 PARTE PRIMA 1296
le operazioni di importazione furono compiute, non poteva esse
re ulteriormente applicato, essendo divenuto incompatibile con
norme di diritto comunitario «direttamente» applicabili «in cia
scuno degli Stati membri».
Ciò, per la verità, era stato fatto presente dai resistenti nella
precedente fase di giudizio, ma la deduzione non è stata presa in
considerazione dalla corte di merito che, avendo ritenuto la
pretesa dall'amministrazione finanziaria infondata sotto altro
profilo, l'ha evidentemente considerata assorbita. La questione è
stata da essi riproposta con il ricorso incidentale, ma sarebbe
comunque rilevabile d'ufficio, essendo inerente all'operatività della norma (l'art. 41, 2° comma, d.p.r. 43/73) posta a fonda
mento della pretesa avanzata dall'amministrazione finanziaria.
5.1. - Con i regolamenti 3632/85, 2144/87, 1031/88 (le cui di sposizioni sono state poi trasfuse nel regolamento 2913/92, che
ha istituito il c.d. codice doganale comunitario), la Comunità eu ropea ha delineato la disciplina della rappresentanza in dogana, stabilendo — tra l'altro — che «la persona tenuta all'adempi mento dell'obbligazione doganale è quella in nome della quale è
stata effettuata la dichiarazione o qualsiasi altro atto avente gli stessi effetti giuridici» (art. 2.1 reg. 1031/88).
Tale previsione, riprodotta nell'art. 201.3 del codice (emanato — come si precisa nel secondo 'considerando' — al fine di «re
cepire» la normativa preesistente in materia doganale, con le
modifiche e le integrazioni necessarie al fine di renderla più compieta e, al tempo stesso, più chiara e coerente) esclude che
possa essere chiamato a rispondere dell'adempimento dell'ob
bigazione doganale chi, come lo spedizioniere, abbia agito in i»o«e e per conto del proprietario delle merci transitate in doga ita.
Ne deriva che il principio posto dall'art. 41, 2° comma, d.p.r. 43/73 — secondo cui lo spedizioniere è tenuto, sia pure in via
sussidiaria, «al pagamento dei maggiori diritti doganali dovuti a segwto di rettifica dell'accertamento o di revisione della liqui datene» — è incompatibile con le norme regolamentari sopra ricordate e deve conseguentemente essere disapplicato, dal mo
mento che esse, al pari di ogni altra disposizione di diritto co munitario «direttamente applicabile», prevalgono su quella di
diritte interno incompatibile, anche se successiva, ed impedi scono che possa ricevere applicazione (Corte cost. 8 giugno 1994, n. 170, Foro it., 1984,1, 2062; 26 marzo 1993, n. 115, id., Rep. 1993, voce Cooperativa, nn. 34, 41).
Ciò, del resto, è stato esplicitamente riconosciate dalla stessa
amministrazione finanziaria con la circolare ministeriale 8 lu
ffe 1997, n. 194/D, nella quale si afferma che la disposizione citata «va disapplicata» e deve ritenersi come «non operante».
5.1.1. - L'amministrazione finanziaria oppone: — che la circolare ha specifico riferimento all'art. 201.3 del
c.d. codice doganale, le cui disposizioni sono divenute applica te® solo a partire dal 1° gennaio 1994;
— che la «disapplicazione» del citato art. 41, 2° comma,
d.p.r. 43/73, disposta con detta circolare, è divenuta quindi ope rante solo a partire da tale data;
— che, comunque, l'art. 201.3 del c.d. codice doganale con cerne l'adempimento della «obbligazione doganale» ed è quindi estraneo alla disciplina dell'Iva all'importazione, che non rien tra nella categoria dei dazi o dei prelievi, essendo il suo ambito di operatività limitato alla «fiscalità interna».
5.1.2- - È però agevole replicare: — che il regolamento Cee 2913/91, istitutivo del codice do
ganale comunitario, è stato emanato proprio al fine di raccoglie re in unico testo la normativa comunitaria previgente in materia
doganale e che, comunque, il principio sancito dall'art. 201.3 era stato già formulato con l'art. 2.1 del regolamento 1031/88, entrato in vigore fin dal 1° gennaio 1989 e, quindi, in epoca ben anteriore al compimento delle operazioni doganali che vengono in considerazione nel presente giudizio (retro, sub 1);
— che l'inapplicabilità delle disposizioni di diritto interno in compatibili con norme di diritto comunitario «direttamente ap plicabili» (e tali certamente sono quelle regolamentari: art. 249
[già 189] del trattato Ce) si determina per il solo fatto e nel momento in cui detta situazione di incompatibilità si manifesta, senza necessità di alcuna declaratoria formale (Corte cost. 8
giugno 1984, n. 170; 26 marzo 1993, n. 115, citate); — che, pertanto, il 2° comma del citato art. 41 d.p.r. 43/73 è
divenuto inapplicabile fin dalla data di entrata in vigore del re
golamento Cee 1031/88, vale a dire dal 1° gennaio 1989;
Il Foro Italiano — 2001.
— che l'incidenza di tale mutamento normativo anche sulla
disciplina dell'Iva all'importazione discende dal preciso dispo sto dell'art. 70 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, che richiama, in
materia, «le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine»;
— che, conseguentemente, la sopravvenuta impossibilità (per le ragioni già indicate) di applicare ulteriormente l'art. 41, 2° comma, d.p.r. 43/73 — al pari di ogni altro mutamento delle di sposizioni doganali riguardanti la violazione dei diritti di confi ne — non può non riflettersi (anche) in tema di Iva all'importa zione, il cui regime, per gli aspetti che vengono in considerazio
ne nel presente giudizio, è stato assimilato, dal citato art. 70
d.p.r. 633/72, a quello dei diritti di confine. 6. - Deve quindi escludersi che, in relazione ad operazioni ef
fettuate in epoca successiva al 1° gennaio 1989, possa esser fat
ta valere, ai sensi dell'art. 41, 2° comma, d.p.r. 43/73, la re
sponsabilità sussidiaria dello spedizioniere doganale per il pa
gamento dell'Iva all'importazione. Né, per altro verso, la re
sponsabilità (questa volta diretta) dello spedizioniere potrebbe essere argomentata dagli art. 38 e 56, posto che, per quanto si è
detto, egli agisce in nome e per conto altrui e, quindi, non po trebbe mai, alla stregua delle disposizioni ricordate nel prece dente paragrafo, essere considerato «proprietario» della merce
presentata in dogana e, come tale, tenuto al pagamento dell'ob
bligazione doganale e degli altri diritti ad essa assimilati: pro prio in considerazione di ciò, con la citata circolare 8 luglio 1997, n. 194/D si è dichiarato che anche l'art. 56 d.p.r. 43/73 doveva essere (non diversamente dall'art. 41, 2° comma, dello
stesso decreto) disapplicato in parte qua. 1. - Il ricorso incidentale resta conseguentemente assorbito.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 26 lu glio 2000, n. 9796; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Russo
(conci, conf.); Fall. soc. Fornace laterizi Crestini (Avv. Caia
fa) c. Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia (Avv. Libonati,
Pappalardo). Cassa App. Roma 24 marzo 1997 e decide nel merito.
Fallimento — Azione revocatoria fallimentare — Atti solu tori compiuti da società incorporata — Ammissibilità (Cod. civ., art. 2504 bis\ r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 67).
È ammissibile l'azione revocatoria fallimentare proposta dal curatore del fallimento della società incorporante contro gli atti solutori compiuti, prima dell'incorporazione, dalla so
cietà incorporata, salva la possibilità per il convenuto di pro vare la mancata conoscenza, o l'insussistenza, dello stato
d'insolvenza di quest'ultima. (1)
(1) I. - La Cassazione affronta, per la prima volta, il quesito se la re voca fallimentare possa colpire atti e pagamenti compiuti non da una società fallita, bensì da altra società che in essa era stata fusa per incor
porazione, se poi la incorporante viene dichiarata fallita (e, ovviamente, se l'atto o il pagamento che si vuole impugnare furono effettuati nei termini di cui all'art. 67 1. fall, computati con riferimento al fallimento dell'incorporante).
Nel caso di specie, si era trattato dell'estinzione di un debito me diante la cessione pro soluto di un credito verso terzi, dunque di un pa gamento con mezzo anomalo, suscettibile di revoca ai sensi del 1° comma, n. 2, dell'art. 67 1. fall.
A tale interrogativo i due giudici di merito avevano dato risposte fra loro discordanti, il tribunale per l'impugnabilità, la corte d'appello in
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