sezione tributaria; sentenza 15 marzo 2004, n. 5270; Pres. Saccucci, Est. Marinucci, P.M.Gambardella (concl. conf.); Min. economia e finanze c. Soc. Luxottica (Avv. Di Gravio).Conferma Comm. trib. reg. Veneto 21 maggio 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 11 (NOVEMBRE 2004), pp. 3127/3128-3129/3130Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200309 .
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PARTE PRIMA
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 15
marzo 2004, n. 5270; Pres. Saccucci, Est. Marinucci, P.M.
Gambardella (conci, conf.); Min. economia e finanze c. Soc.
Luxottica (Avv. Di Gravio). Conferma Comm. trib. reg. Ve
neto 21 maggio 1998.
Tributi in genere — Commissioni tributarie — Appello del
l'ufficio — Rinuncia da parte del funzionario — Legitti mità (D.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, disposizioni sul pro cesso tributario in attuazione della delega al governo conte nuta nell'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413, art. 44).
Nel giudizio innanzi alle commissioni tributarie, al funzionario
rappresentante dell'amministrazione finanziaria deve essere
riconosciuto il potere di rinunciare al ricorso in appello, an
che in assenza di delega specifica al riguardo, con conse
guente legittimità, in caso di accettazione della rinuncia da
parte del contribuente, della dichiarazione di estinzione del
processo ex art. 44 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546. (1)
Svolgimento del processo. — L'ufficio delle imposte dirette di Belluno, con avviso d'accertamento 5/94 notificato alla
Luxottica, recuperava a tassazione l'imponibile di lire
73.355.000 quale quota d'accantonamento fondo rischi su cre
diti eseguita in misura eccedente a quella consentita dall'art. 66
d.p.r. 597/73. Avverso tale atto la società proponeva ricorso dinanzi alla
Commissione tributaria di primo grado di Belluno, che lo acco
glieva con decisione del 10 ottobre 1994.
Avverso detta sentenza proponeva appello l'ufficio distret tuale delle imposte dirette di Belluno davanti alla Commissione tributaria regionale di Venezia che, con decisione 20 aprile 1998, depositata il 21 maggio 1998, dichiarava estinto il giudi zio.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il ministero con un unico motivo.
Resisteva con controricorso l'intimata società.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso il ministero ha denunciato la «violazione e falsa applicazione de
gli art. 36, 44, 4° comma, e 11, 2° comma, d.leg. 30 dicembre 1992 n. 546 in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.»; atteso che la commissione tributaria regionale ha dichiarato l'estinzione del
giudizio prendendo atto della rinuncia del rappresentante del l'ufficio all'impugnazione accettata dalla controparte.
Il ministero rileva invece come il funzionario presente in udienza era stato delegato solo all'esposizione dei fatti, senza il riconoscimento di alcun potere di rinuncia. La commissione,
pertanto, non avrebbe potuto dichiarare l'estinzione del giudizio attesa l'evidente carenza del relativo potere del soggetto pre sente in udienza.
Il ricorso è infondato.
(1) La regula iuris di cui in massima si fonda sul presupposto che, in sede di pubblica udienza, non è in linea di principio vietato alle parti di rendere dichiarazioni di rinuncia in ordine alla materia del contendere nella forma della dichiarazione a verbale ed è enunciata dalla Suprema corte tenendo conto che la stessa appare coerente con i principi di col laborazione e buona fede tra contribuente e fisco sanciti dall'art. 10 I. 27 luglio 2000 n. 212 (c.d. statuto del contribuente).
Sul potere di rinuncia del funzionario, la giurisprudenza della Su
prema corte non è omogenea. Nel senso che, nel processo tributario, il funzionario autorizzato a
rappresentare l'amministrazione finanziaria presso la commissione tri butaria regionale, senza alcuna specificazione limitativa o restrittiva di
poteri, ha anche la facoltà di rinunciare all'appello proposto dall'ufficio finanziario (nella specie, il funzionario era stato «incaricato di rappre sentare» l'amministrazione «nella seduta presso» una determinata se zione della Commissione tributaria regionale di Venezia in un determi nato giorno, e la rinunzia all'appello si era resa conseguente all'allega zione ex adverso di copia di un contratto — e quindi di prova docu mentale precostituita — avente un contenuto diverso da quello ritenuto dall'amministrazione in precedenza), v. Cass. 14 aprile 2004, n. 7082, Foro it., Mass., 541, e Fisco 1, 2004, 2790.
Contra, Cass. 27 giugno 2003, n. 10215, Foro it., Rep. 2003, voce Tributi in genere, n. 1670, per la quale il funzionario delegato a rappre sentare in udienza l'amministrazione finanziaria non ha il potere, in mancanza di delega specifica, di disporre della pretesa fiscale e, quindi, di rinunciare al ricorso in appello proposto dall'ufficio.
In dottrina, v. M.A. Russo, Rappresentanza legale dell'amministra zione finanziaria, in <http://rivista.ssef.it/site.php?page=20040614084 950271 &edition=2004-08-01 >.
Il Foro Italiano — 2004.
Nel verbale d'udienza del 20 aprile 1998, dinanzi alla Com
missione tributaria regionale di Venezia, si legge che il rappre sentante dell'ufficio (dott. Volpe) dichiara di «rinunciare al
l'appello riconosciuta la fondatezza della sentenza di primo
grado e data la complessità della materia del contendere chiede
la compensazione delle spese». Il ricorrente eccepisce che il funzionario presente in udienza
per conto della direzione regionale delle entrate per il Veneto
era stato delegato soltanto all'esposizione nell'udienza pubblica dei fatti che avevano dato origine alla vertenza senza il ricono
scimento di alcun potere di rinuncia all'appello proposto. Va in primo luogo precisato che, in sede di udienza, non è in
linea di principio vietato alle parti di rendere dichiarazioni di ri nuncia in ordine alla materia del contendere, nella forma della
dichiarazione «a verbale». Posto che la norma prevede la forma
scritta, una dichiarazione resa in udienza, alla presenza del se
gretario e del collegio, integra gli estremi del verbale - atto pub blico, fidefaciente, talché siffatta dichiarazione assume la forma — e la garanzia
— dell'atto di fede privilegiata, quindi un quid
pluris rispetto all'altro scritto. La sostituzione della forma
scritta con la dichiarazione a verbale nel corso dell'udienza
pubblica è pertanto da considerarsi ammissibile.
Nel ricorso vengono contestati i poteri conferiti al rappresen tante dell'ufficio.
Al riguardo si osserva.
Tra l'amministrazione e la persona che agisce al suo servizio
intercorre una relazione giuridica complessa, nell'ambito della
quale, in particolare, sono talora compresenti due aspetti che è
importante non confondere: l'uno, il c.d. rapporto di ufficio, ha
carattere organizzatorio, e assume rilievo esterno rispetto alle
parti della relazione; l'altro, il c.d. rapporto di servizio, ha ca
rattere patrimoniale e rilievo interno.
Il rapporto di ufficio attiene alle imputazioni giuridiche; sulla base di esso, la persona fisica acquista la capacità di esercitare i
poteri e le funzioni che le norme attribuiscono agli uffici delle
pubbliche amministrazioni, ad esse imputando i relativi effetti. In base al rapporto di ufficio è stata in passato identificata la
categoria dei funzionari, cioè del personale cui risultava confe rita una funzione pubblica. Chiara nella sua formulazione
astratta, la definizione di funzionario appariva, però, di incerta
applicazione a causa della difficoltà di individuare l'effettiva
estensione del concetto di funzione pubblica. La disciplina del rapporto di ufficio — cioè il complesso
delle norme sulla sua costituzione, modificazione ed estinzione — varia infatti notevolmente secondo il tipo di ufficio che si
prenda in esame, sicché risulta impossibile fornirne una illustra zione completa. t
Il termine «funzionario» ha così progressivamente perduto pressoché ogni utilità scientifica. Nella pratica esso è, talvolta,
impropriamente utilizzato per identificare i dipendenti di quali fica più elevata, in tal modo traslocando dall'area del rapporto di ufficio a quella del rapporto di servizio: ad esempio, è quali ficato funzionario il dirigènte, anche se non titolare di ufficio di
rigenziale, il prefetto, anche se non titolare di prefettura, ecc. Le considerazioni sopra esposte sono state formulate al solo
fine di precisare che la controversia che ne occupa non può es sere risolta sulla base di una rigida e puntigliosa disamina dei
poteri del funzionario presente in udienza. Ma è invece necessa rio valutare il rilievo esterno dell'attività del funzionario stesso
rispetto alle parti con cui entra in relazione nella qualifica, so
prattutto in un momento in cui anche attraverso lo statuto dei di ritti del contribuente, si stanno facendo i massimi sforzi per ave re anche in Italia un fisco «civile» e per introdurre un sano rap porto di dialogo e di aperta collaborazione tra contribuenti e uf fici dell'amministrazione.
Recita al riguardo l'art. 10 1. 212/00: «I rapporti tra contri buente e amministrazione finanziaria sono improntati al princi pio della collaborazione e della buona fede». Concetti fatti pro pri da questa corte con costante giurisprudenza (cfr., ex pluri mis, Cass. 17576/02, Foro it., 2003,1, 1104).
Alla luce delle norme e dei principi sopra richiamati, in pre senza di un funzionario che dichiara di rinunciare al ricorso chiedendo la compensazione delle spese, esercitando il potere di valutare lo svolgimento del processo, prendendo le decisioni ri tenute più opportune in ordine al possibile esito dello stesso, an che valutando i conseguenti oneri che potrebbero gravare sul l'amministrazione in caso di soccombenza, il ricorso si appalesa infondato.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Non è inopportuno, in questa sede, ricordare la normativa di
cui all'art. 46 d.leg. 546/92, che permette all'amministrazione
di definire le controversie incautamente coltivate senza l'aggra vio delle spese di giudizio. Al riguardo si ricorda che detta nor
mativa (art. 46, 3° comma) è stata portata all'esame del giudice delle leggi per una presunta illegittimità costituzionale, e che la
stessa corte, con sentenza 368/98 {id., Rep. 1999, voce Tributi
in genere, n. 1559), ha rigettato l'eccezione di incostituzionali
tà. Circostanze che necessariamente hanno ingenerato nel con
tribuente la convinzione che il funzionario in udienza si preoc
cupasse di evitare la soccombenza e di qui l'accettazione della
rinuncia al giudizio. Del resto questa corte ha avuto modo di af
fermare che, in tema di contenzioso tributario, la rinuncia al ri
corso per cassazione a seguito di provvedimento di sgravio delle
somme iscritte a ruolo, a titolo di Ilor, nelle cartelle esattoriali
oggetto di impugnazione alle commissioni tributarie, che non
sia stata ritualmente accettata dal controricorrente, comporta la
cessazione della materia del contendere e che, conseguente mente, ai sensi dell'art. 46, 2° comma, d.leg. 31 dicembre 1992
n. 546, deve dichiararsi l'estinzione del processo, senza disporre alcunché per le spese del giudizio estinto, che, per il 3° comma
del citato articolo, restano a carico delle parti che le hanno anti
cipate (Cass. 5817/99, ibid., n. 1656). Alla luce delle motivazioni sopra richiamate il ricorso va ri
gettato.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 11
marzo 2004, n. 4993; Pres. Duva, Est. Segreto, P.M. Ian
nelli (conci, parz. diff.); Pirosa (Avv. Cersosimo) c. Leggio e
altri; Leggio e altri (Avv. Distefano) c. Pirosa e altra. Con
ferma App. Catania 10 maggio 2000.
Circolazione stradale — Cinture di sicurezza — Obbligo —
Inosservanza da parte del trasportato — Omissione del
conducente — Responsabilità — Fattispecie (Cod. civ., art.
1227, 2043, 2054, 2056).
La messa in circolazione dell'autoveicolo da parte del condu
cente senza che il soggetto trasportato abbia allacciato le
cinture di sicurezza integra gli estremi della cooperazione nel fatto colposo altrui e rende il conducente stesso corre
sponsabile del danno derivante al soggetto trasportato dal
mancato uso dei sistemi di ritenzione (nella specie, la Su
prema corte ha confermato la decisione dei giudici di merito
secondo cui la parte di danno derivante dal mancato uso
delle cinture di sicurezza era pari al cinquanta per cento, poi ulteriormente suddivisa fra il conducente ed il soggetto tra
sportato addebitando agli stessi, rispettivamente, il venti per cento e il trenta per cento del pregiudizio complessivo subito
dalla vittima). (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 18 feb
braio 2004, n. 3213; Pres. ed est. Miani Canevari, P.M.
Nardi (conci, conf.); Soc. Ditta Landini (Avv. Tardella,
Corsi) c. Mellini e altri; Mellini (Avv. Di Meglio, Bonazzi)
c. Soc. Ditta Landini e altri. Cassa Trib. Reggio Emilia 5
gennaio 2001.
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Infortunio —
Concorso di colpa del lavoratore — Limitazione della re
ti) La sentenza si legge in Foro it., 2004, I, 2108. con nota di ri
chiami. Cfr. ora la nota di S. Di Paola che segue.
Il Foro Italiano — 2004.
sponsabilità del datore di lavoro — Esclusione — Condi
zioni (Cod. civ., art. 1227).
In caso di infortunio sul lavoro verificatosi per violazione delle
norme poste a tutela dell'integrità fisica del lavoratore, il
datore di lavoro non può invocare il concorso di colpa del
danneggiato che non abbia fatto uso delle misure protettive
imposte dalla legge, salvo che il comportamento del dipen dente, per i caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbi
tanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ri
cevute, si ponga come causa esclusiva dell'evento. (2)
(2) In ordine ai criteri di applicazione della disciplina del concorso di
colpa del danneggiato nell'ambito del contenzioso relativo agli infortu ni sul lavoro, la decisione in epigrafe si richiama espressamente ad un indirizzo giurisprudenziale del tutto uniforme: cfr. Cass. 24 marzo
2004, n. 5920, Foro it., Mass., 440; 21 maggio 2002, n. 7454, id., Rep. 2003, voce Infortuni sul lavoro, n. 129; 8 aprile 2002, n. 5024, id., Rep. 2002, voce Lavoro (rapporto), n. 1088; 13 ottobre 2000, n. 13690, id.,
Rep. 2001, voce Infortuni sul lavoro, n. 120; 17 marzo 1999, n. 2432, id., Rep. 1999, voce Lavoro (rapporto), n. 1440; 17 febbraio 1999, n.
1331. ibid., voce Infortuni sul lavoro, n. 198; 16 luglio 1998, n. 6993, id., Rep. 1998, voce Lavoro (rapporto), n. 1297; 19 agosto 1996. n.
7636. id., Rep. 1997, voce Infortuni sul lavoro, n. 102; 15 aprile 1996, n. 3510, id., Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 1068; 17 novembre
1993, n. 11351, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 1113; 21 novembre 1983, n. 6950, id.. Rep. 1983, voce Infortuni sul lavoro, n. 322.
Identica posizione assumono le decisioni delle sezioni penali della corte di legittimità; v. Cass. 28 febbraio 2001, Brambilla, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 135; 11 marzo 1999, Di Spirito, id., Rep. 1999, voce
cit., n. 200; 19 giugno 1997, Crema, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 246; 27
novembre 1985, De Luca, id., Rep. 1986, voce cit., n. 283.
Egualmente coesa risulta la giurisprudenza di merito: v. App. Vene
zia 28 maggio 2002, id., Rep. 2003, voce cit., n. 201; Trib. Vicenza 16 febbraio 2001, id., Rep. 2002, voce cit., n. 137; Pret. Terni 30 aprile 1999, id., Rep. 2000, voce cit., n. 266 (dell'infortunio occorso ad una lavoratrice risponde il datore di lavoro anche quando consegua alla violazione da parte della stessa di limiti contrattuali afferenti alle mo dalità esecutive dell'attività lavorativa); Pret. Busto Arsizio-Gallarate 10 febbraio 1999, id., Rep. 1999, voce Lavoro (rapporto), n. 1470; Pret. Fermo 10 giugno 1997, ibid., voce Infortuni sul lavoro, n. 144 (perma nenza della responsabilità del datore di lavoro quando il comporta mento negligente del lavoratore non è idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra l'evento e l'obbligo datoriale di garantire la sicurezza dei macchinari); Pret. Milano 18 aprile 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 185.
Per una recente riconsiderazione del rapporto tra obblighi del datore
di lavoro, doveri di informazione del prestatore d'opera, effettività del
l'assolvimento di quegli obblighi e negligenza del lavoratore, v. Trib.
Vicenza 3 giugno 2004, giud. Perina, inedita (che ha ritenuto di ricono scere il concorso di colpa del lavoratore che, richiesto di eseguire la
pulizia di un miscelatore di vernici, aveva eseguito l'operazione prima a motore fermo e poi azionando la parte meccanica da pulire, così ri
manendo ferito alle braccia). In dottrina, cons. G. Visintini, Infortuni sul lavoro e tutela del terzo -
Concorso di cause - Concorso di colpa del danneggiato, in Nuova giur. civ., 1988, I, 628; G. Veca, Osservazioni in materia di infortunio sul
lavoro e concorso della condotta del lavoratore, in Resp. civ., 2003. 1070.
* * *
Il concorso di colpa del danneggiato e gli obblighi di «protezio ne» del danneggiante: alla ricerca di una nuova identità?
1. - Che le disposizioni contenute nell'art. 1227 c.c. fossero destinate
a fornire ampio materiale per discussioni scientifiche non era un miste
ro sin dall'esordio della nuova norma del codice civile (1); e le senten
ze su riportate ne sono testimonianza esemplare. Lascia perplessi, forse, che uno dei pochi punti fermi condiviso da dottrina e giurisprudenza —
11 danneggiato non può richiedere il ristoro per le conseguenze dannose
che siano effetto della propria condotta negligente (2) — venga messo
(1) La dottrina più autorevole dell'epoca denunciò subito il carattere
«frastagliato e incoerente» della disposizione normativa (così si espri meva R. Sacco, La buona fede nella teoria dei fatti giuridici di diritto
privato, Torino, 1949, 225 s., nota 15), giungendo a definire la norma
«un inutile rompicapo» (D. Barbero, Sistema istituzionale del diritto
privato italiano, Milano, 1946,1, 706). (2) La teorizzazione del principio di autoresponsabilità da parte di S.
Pugliatti, Autoresponsabilità, voce dell' Enciclopedia del diritto, Mi
lano, 1959, IV, 452, che prendeva le mosse dal principio della compen sazione delle colpe per giungere alla formulazione della norma conte
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