sezione tributaria; sentenza 18 agosto 2004, n. 16125; Pres. Riggio, Est. Bielli, P.M. Destro(concl. conf.); Min. economia e finanze (Avv. dello Stato Del Gaizo) c. Andolfi (Avv. DeGennaro). Cassa Comm. trib. reg. Campania 28 marzo 2001 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 11 (NOVEMBRE 2004), pp. 2997/2998-3003/3004Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200288 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 18
agosto 2004, n. 16125; Pres. Riggio, Est. Bielli, P.M. Destro
(conci, conf.); Min. economia e finanze (Avv. dello Stato Del
Gaizo) c. Andolfi (Avv. De Gennaro). Cassa Comm. trib.
reg. Campania 28 marzo 2001 e decide nel merito.
Redditi (imposte sui) — Irpef — Redditi di lavoro dipenden te — Incentivo all'esodo — Imponibilità (D.p.r. 22 dicem bre 1986 n. 917, approvazione del t.u. delle imposte sui red
diti, art. 16, 46, 48).
Sono soggette a Irpef le somme corrisposte dal datore di lavoro
a titolo di incentivo all'esodo dei dipendenti in relazione alla
chiusura di uno stabilimento industriale (nella specie, il cen
tro siderurgico di Bagnoli). (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 28 lu
glio 2004, n. 14204; Pres. Costarella Orestano, Est. Mo
naci, P.M. Cafiero (conci, diff.); Agenzia delle entrate e
Min. economia e finanze c. Adriani Guastini (Avv. Tieghi,
Giuliani). Cassa Comm. trib. reg. Piemonte 3 ottobre 2001 e
decide nel merito.
Redditi (imposte sui) — Irpef — Redditi di lavoro dipenden te — Incentivo all'esodo — Tassazione in forma ridotta — Limiti (D.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 17; d.leg. 2 settembre 1997 n. 314, armonizzazione, razionalizzazione e
semplificazione delle disposizioni fiscali e previdenziali con cernenti i redditi di lavoro dipendente e dei relativi adempi menti da parte dei datori di lavoro, art. 5).
(1) Ad avviso della Suprema corte l'indennità di incentivo all'esodo
(altrimenti denominata indennità di «prepensionamento» o di «incenti
vo alle dimissioni») non può essere compresa tra le erogazioni liberali
eccezionali e non ricorrenti a favore della generalità dei dipendenti —
che l'art. 48, 2° comma, lett./), d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 (nel te
sto vigente anteriormente alle modifiche di cui all'art. 3 d.leg. 2 set
tembre 1997 n. 314) escludeva dall'imponibile Irpef del lavoratore di
pendente — atteso che, da un lato, la somma risulta corrisposta nel
l'interesse del datore di lavoro alla cessazione anticipata del rapporto, e, da un altro, la chiusura di uno stabilimento industriale non è evento
in sé eccezionale, ma rientra nella normale vicenda della dislocazione e
sviluppo delle attività produttive. Nel senso della tassabilità dell'indennità in questione, la giurispru
denza della Suprema corte appare oramai consolidata: v. Cass. 12 ago sto 2004, n. 15660, Foro it., Mass., 1228 (ove si sottolinea come gli in
centivi all'esodo costituiscono reddito imponibile da lavoro dipendente, in quanto rivolti a sollecitare e remunerare, mediante una vera e propria
controprestazione, il consenso del lavoratore alla risoluzione anticipata del rapporto); 22 settembre 2003, n. 14001, id., Rep. 2003, voce Cassa
zione civile, n. 174 (in motivazione); 14 aprile 2003, n. 5865, ibid., vo
ce Redditi (imposte), n. 656, e Corriere trib., 2003, 2397, con nota di
Marchetti; 26 febbraio 2002, n. 2817, Foro it., Rep. 2002, voce cit., n.
691; 22 gennaio 2001, n. 864, id., Rep. 2001, voce cit.. n. 621; 13 otto
bre 2000, n. 13715, id., Rep. 2000, voce cit., n. 672; 29 maggio 2000, n. 7083, ibid., n. 601; 8 maggio 2000, n. 5775, ibid., n. 599, e Riv. dir.
trib., 2000, II, 425, con nota di Petrucci, Il reddito di lavoro dipen dente risponde (ormai) a criteri di onnicomprensività', 8 maggio 2000, n. 5774, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 600, e Riv. dir. trib., 2000, II,
323, con nota di Petrucci, Ancora su esodi e prepensionamenti - La
Suprema corte conferma la tassabilità delle relative indennità erogate ai dipendenti-, 5 maggio 2000, n. 5724, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n.
673; 5 maggio 2000, n. 5719, ibid., n. 674; 19 febbraio 2000, n. 1900,
ibid., n. 675; 19 febbraio 2000, n. 1899, ibid., n. 676; 5 gennaio 2000,
n. 51, ibid., n. 598; 21 gennaio 2000, n. 670, ibid., n. 671, e Mass. giur.
lav., 2000, 930, con nota di Petrucci, Giurisprudenza in tema di tassa
bilità delle somme erogate per incentivare la risoluzione del rapporto di lavoro', 21 gennaio 2000, n. 669, Foro it.. Rep. 2000, voce cit., n.
560.
Qualche voce dissonante si registra nella giurisprudenza di merito: il
principio di diritto enunciato in massima è condiviso da Comm. trib. I
grado Pordenone 9 luglio 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 491; riten
gono invece che l'indennità percepita da un dirigente industriale a ti
tolo di incentivazione per rinuncia al posto dì lavoro, non essendo cor
risposta in dipendenza del rapporto di lavoro, non possa essere soggetta a tassazione, Comm. trib. prov. Milano 8 dicembre 1997, id.. Rep.
1998, voce cit., n. 379, e 25 novembre 1997, ibid., n. 380.
Il Foro Italiano —■ 2004.
Ai fini dell'applicazione dell'Irpef sulle somme corrisposte dal
datore di lavoro a titolo di incentivo all'esodo, non gode della riduzione a metà dell'aliquota prevista dall'art. 5 d.leg. 2 settembre 1997 n. 314 (che ha introdotto il comma 4 bis al
l'art. 17 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917) il lavoratore cui sia
stata riconosciuta la relativa indennità prima del 1 ° gennaio 1998 (data di entrata in vigore del d.leg. 314/97), anche se la
percezione della somma sia avvenuta in epoca successiva. (2)
I
Svolgimento del processo. — 1. - Pietro Andolfi impugnava
davanti alla Commissione tributaria provinciale di Napoli il si
lenzio-rifiuto formatosi sulla sua richiesta (avanzata alla dire
zione regionale delle entrate per la Campania) di rimborso, oltre
interessi, della ritenuta Irpef (pari a lire 19.627.021) effettuata
sulla somma di lire 109.039.009, corrispostagli nel 1993 dal
datore di lavoro s.p.a. Ilva, nella prospettiva dell'imminente
chiusura dello stabilimento siderurgico di Bagnoli, che il ricor
rente asseriva essere stata erogata quale spontanea ed eccezio
nale liberalità, non imposta da un obbligo contrattuale.
2. - Con sentenza n. 343/02/99, l'adita commissione tributaria
provinciale accoglieva il ricorso, compensando le spese di lite e
riconoscendo che la somma corrisposta dalla s.p.a. non concor
reva a formare il reddito imponibile, ai sensi dell'art. 48, 2°
comma, lett./), d.p.r. n. 917 del 1986.
3. - Avverso tale sentenza interponeva appello l'ufficio tri
butario, deducendo che l'indennità, corrisposta in occasione
della risoluzione del rapporto di lavoro, non integrava l'ipotesi di cui alla norma invocata dal contribuente, non costituendo una
liberalità (dato l'interesse economico all'esodo del lavoratore)
offerta alla generalità (essendo rivolta a singoli lavoratori, in
corrispettivo del prepensionamento).
(2) Contra, Cass. 23 luglio 2004. n. 13866, Bollettino trib., 2004,
1426, per la quale l'aliquota agevolata spetta per le somme liquidate a
titolo di incentivo all'esodo successivamente al 1° gennaio 1998, anche
se relative a rapporti cessati anteriormente. Nel senso che l'art. 5 d.leg. 2 settembre 1997 n. 314 — a tenore del
quale le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori che abbiano supe rato l'età di cinquantacinque anni se uomini, e di cinquanta anni se
donne, sono soggette ad imposizione con aliquota pari alla metà di
quella applicata per il trattamento di fine rapporto — si applica solo nei
riguardi delle somme corrisposte per cessazioni del rapporto di lavoro
intervenute dal 1° gennaio 1998, v. Comm. trib. prov. Torino 6 dicem
bre 1999, Foro it., Rep. 2000, voce Redditi (imposte), n. 602 (che rap
presenta la sentenza di primo grado nel giudizio conclusosi con la sen
tenza in epigrafe); contra, Comm. trib. prov. Torino 23 settembre 1999,
ibid., n. 566, e Riv. dir. trib., 2000, II, 177, secondo cui la disciplina introdotta con l'art. 5 d.leg. 314/97 deve applicarsi nei riguardi di tutte
le somme corrisposte a partire dal 1° gennaio 1998 per facilitare l'eso
do dal posto di lavoro. La tesi fatta propria dalla sentenza in epigrafe è condivisa dal mini
stero delle finanze con circolare 23 dicembre 1997, n. 326/E, par. 9,
Circolari e risoluzioni min. fin., 1997, 913, ma criticata da Petrucci, Incentivi per l'esodo: cassa o competenza?, in Corriere trib., 2004,
2994, e da Ferraù, Il regime fiscale degli incentivi all'esodo, ibid.,
1813. In argomento, cfr. anche Comm. trib. prov. Milano 27 aprile 2000,
Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 565, e Bollettino trib., 2000, 1582 (m), con nota di Rosa e Jacopucci, Il concetto di esodo nella disciplina fi
scale, e 5 aprile 2000, Foro it., Rep. 2001, voce cit., n. 578, e Riv. dir.
trib., 2000, II, 671, con nota di Petrucci, per le quali la disciplina fi
scale dettata in tema di trattamento delle somme corrisposte per incen
tivare l'esodo dal posto di lavoro è applicabile anche nel caso in cui
l'esodo interessi un solo lavoratore (nel senso che la nozione di esodo
comprende anche il recesso individuale dal posto di lavoro, v. anche
Trib. Milano 8 gennaio 2001, Foro it., Rep. 2001, voce cit., n. 579, e 21
ottobre 1999, id., Rep. 2000, voce cit., n. 564). Sull'art. 5 d.leg. 314/97, v., in dottrina, Mandarino, Note in tema di
somme erogate per incentivi all'esodo ed assoggettamento ad imposi
zione fiscale e contributiva, in Fisco /, 2003, 423; Grassi, Il premio in
centivante all'esodo: dubbi in ordine alla sua tassabilità, ibid., 2691;
Salvatore, Brevi note sul trattamento degli incentivi all'esodo, in
Bollettino trib., 2002, 1701; Rocchi, Il regime fiscale delle incentiva
zioni all'esodo di personale in esubero (profili generali e particolarità del settore bancario), in Riv. dir. trib., 2002,1, 179; Petrucci, Incenti
vazione per l'esodo dal posto di lavoro - Ipotesi di applicabilità (diri
genti, mobilità, tontratti senza accredito contributivo), ibid., II, 176.
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2999 PARTE PRIMA 3000
Resisteva l'appellato. 4. - Con sentenza n. 76/06/01 del 20 febbraio 2001, depositata
il 28 marzo 2001 e non notificata, la Commissione tributaria re
gionale della Campania rigettava l'appello, compensando le
spese di lite, affermando che il primo giudice, con ineccepibile motivazione, aveva rilevato l'esistenza dei presupposti di ecce
zionalità e di non ricorrenza richiesti dal legislatore per l'esclu
sione dall'imponibile: per il giudice regionale, la corresponsio ne della somma era avvenuta per incentivare l'esodo di dipen denti, a causa dell'insindacabile chiusura di sedi secondarie
(nella specie, per l'evento eccezionale rappresentato dalla chiu
sura dello stabilimento di Bagnoli), con erogazione di carattere
non ricorrente (in mancanza di un obbligo, non previsto dal
contratto collettivo di lavoro, a carico della s.p.a.). 5. - Avverso la sentenza di appello, il ministero delle finanze
propone ricorso per cassazione (notificato 1' 11 maggio 2002 e
depositato il 27 successivo), affidato ad un unico motivo.
6. - Il contribuente resiste con controricorso (notificato il 19
giugno 2002 e depositato l'8 luglio 2002). Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico mezzo di impu
gnazione proposto, la parte ricorrente, sotto il profilo della vio
lazione e falsa applicazione degli art. 16, 1° comma, lett. a), e
48 d.p.r. n. 917 del 1986 e sotto il profilo del difetto di motiva
zione su punti decisivi della controversia, si duole che il giudice di appello: a) non abbia riconosciuto, in base alle predette nor
me, come interpretate anche nella sentenza della Corte di cassa
zione n. 2817 del 2002 (Foro it., Rep. 2002, voce Redditi (im poste), n. 691), che l'indennità in esame è compresa tra i redditi
percepiti, anche se una volta tanto, in dipendenza di lavoro di
pendente, assoggettati a tassazione separata (non trattandosi
dell'erogazione liberale eccezionale e non ricorrente prevista dall'art. 48, 2° comma, lett./, d.p.r. n. 917 del 1986, difettando
il requisito della liberalità, perché la somma costituiva una con
troprestazione effettuata per ottenere il consenso del dipendente alla risoluzione anticipata, integrando il trattamento di fine rap porto); b) abbia omesso di motivare sulla configurabilità, nella
specie, dell'ulteriore requisito della generalità dell'erogazione, requisito da ritenersi insussistente, perché l'indennità era pacifi camente destinata solo ai dipendenti in possesso di determinate
anzianità di servizio.
La parte controricorrente chiede dichiararsi inammissibile od infondato il motivo di ricorso, opponendo: a) che l'ufficio tri butario (non costituitosi in primo grado), dopo aver affermato, in appello, che sono liberali, ai sensi dell'art. 48, 2° comma,
lett./), d.p.r. n. 917 del 1986, le erogazioni non previste da con
tratti, accordi o regolamenti aziendali, non aveva poi indicato la
fonte, nella specie, di tale obbligo; b) che la chiusura dello sta bilimento siderurgico di Bagnoli non era prevedibile, trattandosi di decisione imposta allo Stato italiano dalla Comunità econo mica europea, in conseguenza della grave crisi del settore side
rurgico europeo; c) che era inconferente il richiamo del ricor rente all'art. 16 d.p.r. n. 917 del 1986, relativo solo alle moda lità di calcolo dell'imposta; d) che l'indennità in esame, quale erogazione liberale eccezionale e non ricorrente a favore della
generalità o di categorie di dipendenti, non concorreva alla for mazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell'art. 48, 2° comma, lett./), d.p.r. n. 917 del 1986, non potendo essere ri ferite al caso di specie né la sentenza della Corte di cassazione n. 2817 del 2002, cit. (relativa all'ipotesi di incentivo di prepen sionamento e non già a quella di incentivo all'esodo), né le sentenze della stessa corte n. 670 del 2000 (id.. Rep. 2000, voce
cit., n. 671) e n. 864 del 2001 (id., Rep. 2001, voce cit., n. 621) (relative alla diversa ipotesi, non collegata ad un evento ecce
zionale, di incentivo alle dimissioni); e) che era inammissibile la deduzione, prospettata per la prima volta in sede di giudizio di legittimità (e comunque infondata in punto di fatto, posto che la cessazione del rapporto non era ascrivibile alla volontà delle
parti, ma alla decisione della Cee di far chiudere lo stabilimen
to), di un'intesa intervenuta tra il lavoratore e l'azienda per l'anticipata risoluzione del rapporto di lavoro verso il corrispet tivo dell'indennità; f) che il datore di lavoro non aveva l'obbli
go di erogare l'incentivo all'esodo; g) che era pacifico in causa che l'incentivo all'esodo era stato offerto alla generalità dei la
voratori, mentre solo nel ricorso per cassazione si rinviene l'af
fermazione di un'indennità destinata esclusivamente ai dipen denti in possesso di determinate anzianità di servizio; h) che,
comunque, l'incentivo all'esodo va considerato o come sussidio
Il Foro Italiano — 2004.
occasionale concesso in considerazione delle rilevanti esigenze
personali e familiari del dipendente conseguenti alla cessazione
ante tempus del rapporto di lavoro (con soggezione alla mede
sima disciplina dell'art. 48, 2° comma, lett./, d.p.r. n. 917 del
1986) o come risarcimento dei «danni morali» da disoccupazio ne.
2. - Il motivo di ricorso è fondato.
2.1. - L'art. 46, 1° comma, del d.p.r. n. 917 del 1986 definisce
redditi di lavoro dipendente soggetti ad imposta quelli che deri
vano da rapporti di lavoro dipendente. L'art. 48, 1° comma, del d.p.r. (nella versione anteriore alla
sostituzione disposta dall'art. 3, 1° comma, d.leg. n. 314 del
1997, inapplicabile, ratione temporis, alla fattispecie di causa) ribadisce che il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutti
i compensi in denaro o in natura percepiti in dipendenza del
rapporto di lavoro, «comprese (...) le erogazioni liberali».
Occorre al riguardo sottolineare che siffatta assoggettabilità ad Irpef sussiste sia anteriormente che successivamente alla
modifica — efficace dal 24 febbraio 1995 — apportata all'art.
16, 1° comma, lett. a), citato d.p.r. dall'art. 32 d.l. n. 41 del
1995, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 85 del 1995:
l'innovazione ora menzionata non tocca la disciplina dell'art.
16, 1° comma, lett. a), là dove questa prevede in generale il re
gime della tassazione separata, per quanto qui interessa, alle in
dennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della
cessazione dei rapporti di lavoro dipendente. 2.2. - Nella specie, non è controverso l'accertamento com
piuto dal giudice d'appello, secondo il quale l'erogazione della
somma aveva lo scopo — come si legge nella sentenza impu
gnata — di incentivare l'esodo di dipendenti in relazione alla
chiusura dello stabilimento siderurgico di Bagnoli della datrice
di lavoro: si trattava, cioè, di un incentivo economico (in ag
giunta al trattamento di fine rapporto) per indurre il dipendente ad una risoluzione consensuale anticipata del rapporto lavorati
vo. Il rilievo della natura incentivante dell'indennità, dunque, non è stato prospettato per la prima volta con il ricorso per cas
sazione, ma risulta già indicato (come è precisato nella parte narrativa della sentenza del giudice regionale) nell'istanza di
rimborso presentata dal contribuente alla competente direzione
regionale delle entrate.
2.3. - È poi noto che, per consolidata giurisprudenza di questa corte, la somma corrisposta dal datore di lavoro a titolo di in
centivo alle dimissioni, in aggiunta alle spettanze di fine rap
porto, trova giustificazione nell'ambito del rapporto lavorativo e
della sua risoluzione consensuale e non presenta i requisiti del
l'erogazione liberale eccezionale e non ricorrente a favore della
generalità dei dipendenti, che l'art. 48, 2° comma, lett./), d.p.r. n. 917 del 1986 esclude dal reddito di lavoro dipendente impo nibile (v., tra le molte, Cass. 51/00, id., Rep. 2000, voce cit., n.
598; 669/00, ibid., n. 560; 670/00, cit.; 5774/00, ibid., n. 600; 5775/00, ibid., n. 599; 864/01, cit.; 2817/02, cit.).
Al riguardo — una volta che si sia riscontrata identica, nelle
varie ipotesi, la funzione di agevolare, mediante una erogazione da parte del datore di lavoro (integrante una vera e propria con
troprestazione rispetto all'ottenimento del consenso del dipen dente: v. la citata Cass. n. 864 del 2001), la cessazione consen suale anticipata del rapporto di lavoro dipendente — non ha senso distinguere, ai fini dell'imponibilità in esame, tra inden nità definite «di prepensionamento» o «di incentivo alle dimis sioni» o «di incentivo all'esodo»: lo stesso art. 48, 1° comma,
d.p.r. n. 917 del 1986 (nella formulazione dell'epoca) accomuna «tutti i compensi in denaro o in natura percepiti».
E opportuno sottolineare che le c.d. dimissioni incentivate
(comunque denominate), in quanto fondate pur sempre sulla volontà del lavoratore di risolvere il rapporto, non sono equipa rabili al licenziamento (v., ad esempio, Cass. n. 3068 del 2003, id., Rep. 2003, voce Lavoro (rapporto), n. 1461).
In particolare, l'impossibilità di ricondurre l'indennità per cui è causa alla citata ipotesi, descritta nell'art. 48, 2° comma, lett.
/, d.p.r. n. 917 del 1986 (nel testo vigente anteriormente al 1°
gennaio 1998, prima, cioè, della sostituzione apportata dall'art. 3 d.leg. n. 314 del 1997), di erogazione liberale eccezionale e non ricorrente a favore della generalità dei dipendenti, emerge dalla duplice e convergente considerazione che, da un lato, la somma risulta corrisposta (come sopra accennato) non già per mera liberalità, ma nell'interesse del datore di lavoro di ottenere il consenso del dipendente alla cessazione anticipata dal rap
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
porto (evitando, così, controversie ed il rischio di risarcimenti o
di impieghi del lavoratore in altre strutture produttive dell'im
prenditore stesso) e che, dall'altro, la chiusura di uno stabili
mento industriale non è evento in sé eccezionale, ma rientra
nella normale vicenda della dislocazione e sviluppo dell'attività
produttiva o commerciale, osservati sia i vincoli normativi (an
che se sopravvenuti) nazionali o comunitari, sia le regole eco
nomiche del mercato del settore, la cui applicazione comporta
conseguenze da imputarsi all'imprenditore secondo il (fisiologi
co) principio della responsabilità per rischio d'impresa (e quindi anche per l'eventuale riscontrata incongruità qualitativa o
quantitativa delle forze lavorative che l'imprenditore medesimo
abbia preventivamente scelto di impegnare contrattualmente).
Quanto precede rende irrilevante l'osservazione del controri
corrente che il datore di lavoro non aveva l'obbligo giuridico
(legale o convenzionale) di corrispondere l'indennità.
2.4. - Né può qualificarsi l'indennità per cui è causa come un
sussidio occasionale (escluso dall'imponibile in base allo stesso
art. 48, 2° comma, lett./, d.p.r. n. 917 del 1986, nel testo appli cabile ratione temporis) o come un risarcimento di danni morali
« (parimenti escluso dall'imponibile): l'esame di siffatte prospet tazioni è impedito in questa sede sia dalla novità delle questioni
(mai dedotte o trattate in precedenza), sia dalla funzione di «in
centivo all'esodo» consensuale anticipato, attribuita all'inden
nità, come si è visto, sin nella istanza di rimborso del contri
buente ed incompatibile con le ora (tardivamente) prospettate
qualificazioni, sia dalla mancata deduzione di un illecito idoneo
ad obbligare il datore di lavoro al risarcimento di danni «mora
li» derivanti dalla disoccupazione dell'odierno controricorrente.
2.5. - Sarebbe, infine, inconferente — data l'autonomia del
settore impositivo previdenziale da quello tributario — richia
mare l'art. 4, comma 2 bis, d.l. n. 173 del 1988, convertito, con
modificazioni, dalla 1. n. 291 del 1988 (che, nell'interpretare l'art. 12, 2° comma, n. 3, 1. n. 153 del 1969, nel testo vigente anteriormente al 1° gennaio 1998, esclude dalla retribuzione
imponibile, ai fini contributivi, anche le somme corrisposte in
occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di in
centivare l'esodo dei lavoratori) o (ove si potesse non conside
rarne l'inapplicabilità ratione temporis) l'art. 12, 3° comma,
lett. b), 1. n. 153 del 1969, quale sostituito (con effetto dal 1°
gennaio 1998) dall'art. 6 d.leg. n. 314 del 1997 (che, parimenti, esclude dai redditi da lavoro dipendente, ai fini contributivi, le
somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di
lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori). Non solo la
portata di tali norme, dettate in materia previdenziale, è espres
samente limitata «ai fini contributivi», ma la stessa necessità
della loro formulazione sembra implicare che, in difetto, le
somme in discorso, in base alla normativa tributaria generale,
dovrebbero considerarsi di natura reddituale e, quindi, imponi
bili. 2.6. - Alla evidente natura incentivante alle dimissioni e,
dunque, sostanzialmente reddituale (in funzione del ristoro di un
lucro cessante) della somma in discorso consegue la sua assog
gettabilità ad Irpef (non è in contestazione la correttezza quan
titativa dell'imposizione). 2.7. - Restano assorbite le altre censure sollevate nel ricorso.
2.8. - La sentenza impugnata, nella quale non sono stati os
servati i principi sopra menzionati, va perciò cassata.
3. - Il fondamento di questa pronuncia (incentrata su una va
lutazione in punto di diritto) comporta la possibilità di decidere
la causa nel merito, ai sensi dell'art. 384, 1° comma, c.p.c., non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto: l'impugnazio ne del silenzio-rifiuto sulla domanda di rimborso va, perciò, ri
gettata, tenuto conto dell'infondatezza della pretesa restitutoria
avanzata dal contribuente.
II
Svolgimento del processo. — La controversia ha ad oggetto
l'applicazione dell'imposta Irpef sulla somma corrisposta dal
datore di lavoro alla contribuente signora Adriani Guastini Isa
bella nel 1998, in occasione delle dimissioni dal posto di lavoro,
avvenute nel novembre del 1997, a complemento della liquida
zione a titolo di incentivo all'esodo volontario.
La contribuente presentava istanza di rimborso e proponeva
successivamente ricorso alla commissione provinciale contro il
silenzio-rifiuto formatosi su di essa.
Il Foro Italiano — 2004.
Secondo la ricorrente l'aliquota sarebbe stata applicata nella
misura del 32,25 per cento all'intera somma, anziché al 50 per cento della medesima, secondo quanto previsto dall'art. 17,
comma 4 bis, d.p.r. 917/86, come modificato dal d.leg. 314/97.
Il ricorso veniva respinto dal giudice di primo grado, mentre,
in grado di appello, la Commissione tributaria regionale del
Piemonte andava in contrario avviso, e, con sentenza n. 49/7/01,
in data 27 giugno - 3 ottobre 2001, accoglieva l'appello del
contribuente.
La sentenza riteneva che la tassazione dell'indennità corri
sposta a titolo di incentivo all'esodo fosse quella vigente al
momento in cui vengono erogate le somme oggetto della pretesa
creditoria, e che pertanto si applicasse la riduzione del 50 per cento introdotta a decorrere dal 1° gennaio 1998.
Proponevano ricorso per cassazione, notificato il 14 novem
bre 2002, con un motivo, l'agenzia delle entrate ed il ministero
dell'economia e delle finanze.
La contribuente intimata resisteva con controricorso notifi
cato il 16 dicembre 2002. Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo l'ammini
strazione finanziaria deduce la violazione dell'art. 17 d.p.r.
917/86, come modificato dal d.leg. 314/97. Secondo il ricorso l'imposta si applicherebbe con riferimento
all'anno in cui è sorto il diritto alla percezione, vale a dire nel
caso di specie nel 1997.
Occorrerebbe, peraltro, distinguere tra le somme corrisposte a
tutti i dipendenti, senza distinzione di qualifica, con l'unico
scopo di costituire la contropartita economica per la risoluzione
del rapporto di lavoro, e quelle corrisposte ai dirigenti a titolo di
indennità sostitutiva del preavviso.
Queste ultime rientravano tra quelle previste dall'art. 16, 1°
comma, lett. a), Tuir e dovevano essere tassate ai sensi dell'art.
17, 1° comma (come avrebbe fatto correttamente il sostituto
d'imposta). Ai fini dell'applicazione della nuova disciplina prevista per la
tassazione delle somme aggiuntive per gli incentivi all'esodo
dei dipendenti sarebbe irrilevante la data dell'esodo concordato,
perché rivelerebbe unicamente il momento in cui sorge il diritto
alla percezione. Perciò le somme aggiuntive relative alle cessazioni di rap
porti che decorrevano da una data anteriore al 1° gennaio 1998,
come quello in esame, sarebbero state da assoggettare alla di
sciplina vigente nel 1997, anche se corrisposte nel corso del
1998. 2. - Nel controricorso la resistente contrasta questa imposta
zione, nega ogni valore alla distinzione, affermata nel ricorso,
tra le somme corrisposte a tutti i dipendenti e quelle corrisposte,
invece, ai soli dirigenti a titolo di indennità sostitutiva del pre
avviso, e precisa comunque che le somme in questione sarebbe
ro state erogate a titolo di incentivo all'esodo e non già di in
dennità sostitutiva del preavviso. Sottolinea anche, sempre allo stesso proposito, che la senten
za impugnata qualificava la somma come «incentivo all'esodo»,
e che la sentenza stessa non era stata censurata sul punto dai ri
correnti cui non era più possibile mettere in dubbio la «qualifi
cazione» in essa contenuta.
Sostiene anche che le somme in questione dovevano essere
assoggettate a tassazione con l'aliquota ridotta del 50 per cento
indipendentemente dal fatto che fossero soggette, sotto un diffe
rente profilo, anche a tassazione separata, e che il riferimento,
contenuto nell'art. 17, all'anno in cui è sorto il diritto alla per
cezione, varrebbe solo al fine della determinazione dell'aliquota
da applicare, ma non a derogare al generale principio di cassa
vigente in materia di tassazione del reddito da lavoro dipenden
te: una volta che — come nel caso di specie — veniva intro
dotto un nuovo regime di tassazione, quest'ultimo era applica
bile anche alle somme percepite dopo la sua entrata in vigore.
Il diritto dell'amministrazione finanziaria all'applicazione
dell'imposta sul reddito conseguiva, del resto, unicamente al
l'erogazione della somma, e perciò nel caso di specie nel 1998 e
non nel 1997.
3. - Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Non appare superabile, infatti, il dato letterale contenuto nel
l'art. 17, 1° comma, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, nella for
mulazione in vigore all'epoca dei fatti.
Nel testo allora in vigore, infatti, vi si leggeva, inequivoca
bilmente, che «l'imposta si applica con l'aliquota, con riferi
mento all'anno in cui è sorto il diritto alla percezione ...».
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3003 PARTE PRIMA 3004
Il criterio allora applicato a questi fini dal legislatore era dun
que quello di competenza, e non quello di cassa; l'anno di rife
rimento per la determinazione dell'aliquota di tassazione era
perciò quello della maturazione del diritto, e non quello della
materiale percezione della somma.
4. - Quando, come nel caso di specie, il legislatore sia stato
esplicito non appare possibile nell'interpretazione della legge
(da effettuare ai sensi del 1° comma dell'art. 12 preleggi) fare
prevalere sul senso letterale delle parole considerazioni generali di sistema tese ad individuare quale fosse l'intenzione del legi slatore.
Questa considerazione appare assorbente rispetto a tutte le
argomentazioni svolte in senso contrario dalla difesa della resi
stente nel controricorso.
Né appare possibile limitare gli effetti del riferimento norma
tivo all'aliquota vigente all'anno della nascita del diritto, limi
tandola all'individuazione delle aliquote base, ma escludendola
per quel che concerne l'eventuale abbattimento delle aliquote. 5. - Nella formulazione allora in vigore dell'art. 17 d.p.r.
917/86 era contenuto, infatti, anche un comma 4 bis, introdotto
dall'art. 5, 1° comma, lett. d), d.leg. 2 settembre 1997 n. 314, in
base a: qi ab «per le so nme corrisposte in occasione della ces
sazioni (lei rapporto al line di incentivare l'esodo dei lavoratori
che abbiano superato l'età di cinquanta anni se donne e di cin
quantacinque se uomini, di cui all'art. 16, 1° comma, lett. a),
l'imposta si applica con l'aliquota pari alla metà di quella appli cata per la tassazione del trattamento di fine rapporto e delle al
tre indennità e somme indicate alla richiamata lett. a) del 1°
comma dell'art. 16».
Non va dimenticato, innanzi tutto, che quest'ultima costitui
sce una disposizione eccezionale, che deroga a quella generale, ed è perciò di stretta interpretazione (art. 14 preleggi).
Inoltre, sul piano logico, se il legislatore del 1997 — che con
10 stesso d.leg. n. 314 non si è limitato ad un intervento occa
sionale, ma, attraverso una serie di modifiche del testo del d.p.r. 917/86 e di immissioni di inserti all'interno di esso, ha rinno
vato in buona parte la normativa in materia di tassazione del
reddito da lavoro subordinato — avesse voluto anche a questi fini adottare il principio di cassa, e fare riferimento, anche a
questi fini dell'applicazione dell'imposta sulle somme soggette a tassazione separata, all'anno della percezione della somma, e
non a quello della maturazione del diritto (o addirittura — come
astrattamente possibile — a quello tra essi in cui vigeva la nor
mativa più favorevole per il contribuente), lo avrebbe precisato
espressamente. Il fatto che, pur all'interno di una normativa di carattere si
stematico quale quella del 1997, manchi, invece, una indicazio
ne in questo senso induce a ritenere che il legislatore abbia vo
luto consapevolmente mantenere fermo, a questi fini della de
terminazione dell'aliquota di tassazione, il criterio preesistente, ed il riferimento all'anno della maturazione del diritto.
6. - Deve essere affermato, perciò, il seguente principio di di
ritto: «in caso di risoluzione anticipata di un rapporto di lavoro
subordinato intervenuta nel periodo anteriore al 1° gennaio 1998 — data di entrata in vigore del d.leg. n. 314 — ma di erogazione soltanto nel periodo successivo della relativa indennità di in
centivo all'esodo, la normativa applicabile ai fini della determi
nazione dell'aliquota Irpef è quella in vigore prima di quella data di riferimento, e non quella successiva, in quanto
— anche
nella formulazione allora vigente — l'art. 17, 1° comma, Tuir
faceva espresso riferimento ai fini della determinazione dell'a
liquota all'anno in cui è sorto il diritto alla percezione. Va escluso, perciò, che il prestatore di lavoro subordinato cui
sia stata riconosciuta un'indennità di incentivo all'esodo a com
pletamento della liquidazione prima della data di riferimento del
1° gennaio 1998, ma che abbia percepito la somma soltanto suc
cessivamente, abbia diritto alla riduzione alla metà delle ali
quote, prevista dal d.leg. 314/97».
Sulla base di questo principio il ricorso dell'amministrazione
appare fondato e deve essere accolto, mentre deve essere cassata
la sentenza della commissione tributaria regionale. Non occorrendo ulteriori indagini o apprezzamenti di fatto, la
corte può, e deve, decidere nel merito, in applicazione dell'ul
tima parte del 1° comma dell'art. 384 c.p.c., e, sostituendosi al
giudice del merito, rigettare l'atto di appello della contribuente
contro la prima sentenza, di reiezione, della commissione tribu
taria provinciale (sentenza che riprende così pienamente la pro
pria efficacia e passa in giudicato).
11 Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 30 lu
glio 2004, n. 14560; Pres. Calfapietra, Est. Malpica, P.M.
Marinelli (conci, conf.); Condominio via Pozzuoli 106, Na
poli (Avv. Gagliardi) c. Rinaldi (Avv. Meo). Conferma App.
Napoli 4 luglio 2000.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — As semblea dei condomini — Deliberazione — Impugnazione — Forma — Tempestività
— Valutazione (Cod. civ., art.
1137). Comunione e condominio — Condominio negli edifici — As
semblea dei condomini — Ordine del giorno — Delibera
zione su argomento non indicato — Invalidità — Fattispe cie (Cod. civ., art. 1105, 1136, 1137).
L'impugnazione della delibera dell'assemblea condominiale,
benché ai sensi dell'art. 1137, 3° comma, c.c. debba essere
proposta con ricorso depositato nel termine di trenta giorni dalla data dell 'adozione o della comunicazione della delibera
stessa, deve, tuttavia, ritenersi tempestiva anche quando sia
stata proposta con atto di citazione notificato entro il sud
detto termine, non rilevando che l'iscrizione a ruolo sia av
venuta successivamente. (1) Nel caso dì impugnazione della delibera dell'assemblea con
(1) La sentenza in epigrafe, pur riconoscendo che il termine «ricor
so» adoperato dall'art. 1137 c.c. deve essere inteso in senso tecnico
(sicché questa è la forma che dovrebbe rivestire, di regola, l'atto di im
pugnazione delle delibere condominiali: in tal senso v., da ultimo, Cass.
9 luglio 1997, n. 6205, Foro it., 1998,1, 178, con nota di richiami di D.
Piombo, cui si rinvia, e nota di A. Celeste), giunge alla conclusione ri
assunta in massima facendo applicazione del principio generale di con servazione degli atti «in virtù dell'equipollenza e del conseguimento dello scopo» e bollando come eccessivamente formalistica la tesi (se
guita da Cass. 27 febbraio 1988, n. 2081, id., Rep. 1988, voce Comu nione e condominio, n. 148, annotata da G. Giancotti, in Nuova giur. civ., 1989, I, 135; e più recentemente, tra i giudici di merito, da Trib.
Nocera Inferiore 7 maggio 2003, Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 166, e Arch, locazioni, 2003, 828) secondo cui la tempestività dell'impugna zione della delibera condominiale, ove proposta (erroneamente) con atto di citazione notificato, anziché con ricorso, andrebbe valutata te nendo conto della data di deposito dell'atto in cancelleria in sede di
iscrizione a ruolo della causa.
Conformemente, nel senso che le esigenze di celerità sottese alla forma del ricorso prescelta dal legislatore «debbono intendersi senza dubbio rispettate anche allorché l'impugnazione sia proposta con atto di citazione, purché questo venga notificato al condominio entro i trenta giorni . ..» di cui all'art. 1137, 3° comma, c.c., v. Cass. 16 feb braio 1988, n. 1662, Foro it.. Rep. 1988, voce cit., n. 149 (e Arch, loca
zioni, 1988, 570, con nota di E. Baio); ed analogamente, nel senso che
l'impugnazione in questione può essere indifferentemente proposta con ricorso o con atto di citazione, Trib. Torino 31 marzo 1998, Foro it.,
Rep. 1999, voce cit., n. 247 (riportata in Riv. giur. edilizia, 1999, I, 288, con nota di Barbanera). La tesi secondo cui la forma rituale del
l'impugnazione ex art. 1137 c.c. sarebbe l'atto di citazione a udienza fissa (secondo la regola generale di cui all'art. 163 c.p.c.), seguita dalla
prevalente giurisprudenza di merito, è condivisa, invece, da Trib. Ge
nova, decr. 30 giugno 1998, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 169 (e Arch, locazioni, 1998, 567, con nota di G. Terzago, secondo il quale, in caso di proposizione con ricorso, il giudice deve fissare l'udienza di
prima comparizione ex art. 180 c.p.c., invitando l'attore a citare in giu dizio il condominio per tale udienza nel rispetto del termine di cui al l'art. 163 bis c.p.c.), e Pret. Genova 13 agosto 1998, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 248 (e Arch, locazioni. 1998, 740, con nota di San
guineti). Nel senso che la decadenza dal diritto ad impugnare la delibera con
dominiale, conseguente all'inosservanza del termine ex art. 1137, 3°
comma, c.c. (che viene in rilievo, peraltro, solo in ipotesi di annullabi
lità, e non anche nel caso di nullità assoluta della delibera), non può es sere rilevata d'ufficio dal giudice, v. Cass. 28 novembre 2001, n.
15131, Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 145 (annotata da A. Scarpa, in Rass. locazioni, 2002, 445).
Sulla inibitoria dell'esecuzione della delibera condominiale impu gnata, ex art. 1137, 2° comma, c.c., con particolare riferimento alla re clamabilità ex art. 669 terdecies c.p.c. del relativo provvedimento reso dal giudice monocratico, v., da ultimo, Trib. Padova, ord. 11 luglio 2003, Foro it., 2004, I, 290, con nota di richiami, nonché Trib. Bolo
gna, ord. 18 aprile 2003, id., Rep. 2003, voce Procedimenti cautelari, n. 93, e Trib. Napoli, ord. 19 novembre 2003, Rass. locazioni, 2003, 613, con nota di A. Celeste.
In dottrina, tra i contributi più recenti sull'argomento, v. G. Vidiri, li condominio nella dottrina e nella giurisprudenza, Milano, 1999, 315
ss.; A. Celeste, L'assemblea, Milano, 2003, 416 ss.; G. Terzago, Il
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