sezione tributaria; sentenza 19 dicembre 2002, n. 18067; Pres. A. Finocchiaro, Est. Merone,P.M. Cafiero (concl. diff.); Min. finanze e Direzione regionale entrate Lazio c. Sorgi (Avv.Luceri). Conferma Comm. trib. reg. Lazio 7 novembre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 783/784-785/786Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197950 .
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PARTE PRIMA 784
Al fine di accertare la data a partire dalla quale decorre il pe riodo sospetto ai fini dell'azione revocatoria, se, cioè, dal prov vedimento amministrativo di messa in liquidazione o dalla di
chiarazione d'insolvenza, occorre rifarsi a quanto già affermato
da questa corte che ha ritenuto che, secondo l'espressa enuncia
zione dell'art. 202 1. fall., lo stato di insolvenza deve essere ri
scontrato con riferimento al momento del decreto di messa in li
quidazione (v. Cass. 17 marzo 1989, n. 1321, id., 1989,1, 1452). Tale stato, infatti, essendo estraneo all'attività di amministra
zione o di gestione dei liquidatori nominati con il provvedi mento di messa in liquidazione, la cui funzione è necessaria
mente successiva, non può che riferirsi alla stessa società ed es
sere la conseguenza dell'attività gestoria dei suoi organi (Cass.
9881/97, id.. Rep. 1997, voce Liquidazione coatta amministrati
va, n. 26). Discende da ciò che lo stato d'insolvenza dichiarato in epoca
successiva al momento della messa in liquidazione coatta della
società viene accertato in riferimento a quest'ultimo momento
(Cass. 5858/99, id., 1999, I, 2515) con l'ulteriore conseguenza che il termine sospetto per la proposizione dell'azione revocato
ria decorre necessariamente dalla data di emanazione del prov vedimento amministrativo di messa in liquidazione poiché è
sempre in relazione a tale momento che viene accertata la sussi
stenza dello stato d'insolvenza anche se ciò avviene con senten
za emanata in epoca successiva.
A tale principio si è correttamente attenuta la sentenza impu
gnata che, dopo aver osservato che, ai sensi dell'art. 203 1. fall.,
la dichiarazione dello stato d'insolvenza costituisce la condizio
ne per la proposizione dell'azione revocatoria, ha esattamente
rilevato che, essendo tale stato riferibile soltanto agli organi della società in bonis, l'insolvenza successivamente dichiarata
rispetto alla messa in liquidazione non può che rapportarsi al
momento finale della gestione dei predetti organi coincidente
con il provvedimento amministrativo che dispone la liquidazio ne.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La revocatoria proposta ai sensi dell'art. 67, 1° comma, 1.
fall, pone una presunzione di conoscenza dello stato d'insolven
za a carico dell'acquirente che deve essere da quest'ultimo vinta
fornendo la prova della propria mancanza di conoscenza.
La sentenza impugnata ha rilevato che nel caso di specie ciò
non è avvenuto e che, anzi, erano rilevabili dagli atti di causa
elementi probatori che confermavano la conoscenza dell'insol
venza da parte della società ricorrente.
In riferimento a tale motivazione, la società ricorrente deduce
che la corte d'appello non ha tenuto conto del fatto che all'atto
della cessione non vi erano a carico di essa ricorrente protesti, esecuzioni o procedure monitorie.
Tale argomentazione è priva di fondamento poiché omette di
considerare l'aspetto determinante costituito dal fatto che gra vava sulla società ricorrente fornire la prova di tali asserzioni e
tale prova, in base a quanto risulta dalla sentenza impugnata, non sembra che sia stata fornita. Trattasi è vero di prova negati va che presenta una qualche difficoltà, ma che tuttavia può esse
re adeguatamente prodotta tramite l'allegazione di certificati
negativi di iscrizione nel bollettino dei protesti ovvero di esecu
zioni mobiliari o immobiliari a carico.
La società ricorrente deduce inoltre che non vi sarebbe stato
alcuno sbilancio patrimoniale all'epoca dell'atto revocato per ché ciò sarebbe stato rilevato dai commissari liquidatori.
Tale censura, oltre ad essere puramente generica ed a far rife
rimento a circostanze di fatto non verificabili da parte di questa corte, attiene al merito delle valutazioni fornite dalla sentenza
d'appello e come tale non è proponibile in sede di legittimità. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 19 di
cembre 2002, n. 18067; Pres. A. Finocchiaro, Est. Merone,
P.M. Cafiero (conci, diff.); Min. finanze e Direzione regio nale entrate Lazio c. Sorgi (Avv. Luceri). Conferma Comm.
trib. reg. Lazio 7 novembre 1997.
Redditi (imposte sui) — Reddito assimilato a quello di lavo
ro dipendente — Corresponsione tardiva di compensi —
Tassazione separata (D.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, appro vazione del t.u. delle imposte sui redditi, art. 16, 47).
Ai fini dell'applicazione dell' Irpef la disciplina in tema di tas
sazione separata di cui all'art. 16 d.p.r. 22 dicembre 1986 n.
917 — nel testo vigente anteriormente alle modifiche di cui al
d.leg. 2 settembre 1997 n. 314 — si applicava anche ai redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendente diversi da quelli di cui
all'art. 47, 1° comma, lett. a) e g), d.p.r. n. 917 (nella specie, la Suprema corte ha affermato che potesse beneficiare di tale
forma di tassazione il componente di una commissione tribu
taria i cui compensi erano stati corrisposti in ritardo). (1)
Fatto, svolgimento del processo e motivi del ricorso. — 1.1.
II ministero delle finanze, in persona del ministro pro tempore, ricorre contro Sorgi Paolo, che resiste con controricorso, per la
cassazione della sentenza specificata in epigrafe. 1.2. - In fatto, il sig. Sorgi Paolo ha impugnato il silenzio
rigetto, formatosi a seguito della presentazione di istanza di
rimborso della trattenuta Irpef, effettuata nel 1992 con applica zione dell'aliquota corrente del 33 per cento, sui compensi per
cepiti in qualità di componente di commissione tributaria, per
gli anni 1990/1991. La tesi del contribuente è che dovesse esse
re applicata la disciplina della tassazione separata con applica zione dell'aliquota del 26,20 per cento, corrispondente a quella media del biennio di riferimento.
La commissione tributaria provinciale adita ha accolto il ri
corso, sul rilievo che la disciplina della tassazione separata, di
cui all'art. 16 Tuir, trova applicazione in relazione a tutti gli
(1) I. - La Suprema corte dà atto dell'esistenza di un orientamento contrario espresso da Cass. 28 novembre 1996, n. 10577, Foro it., Rep. 1997, voce Redditi (imposte), n. 476. e Tributi, 1997, 765, con nota di De Gregorio, per la quale, nella vigenza del d.p.r. 29 settembre 1973 n.
597, i compensi arretrati dei membri delle commissioni tributarie, pur essendo assimilati ai redditi di lavoro dipendente ai sensi dell'art. 47. lett. c), d.p.r. 597/73, non erano soggetti a tassazione separata, in
quanto l'art. 12 d.p.r. n. 597 cit., nell'elencare tassativamente i redditi
soggetti a tassazione separata, non richiamava quelli di cui all'art. 47, lett. c), cit. In senso contrario all'odierna sentenza, v. anche — seppure con riferimento (non ai compensi dei giudici tributari, ma) ai compensi dei componenti dei collegi arbitrali — Cass. 23 marzo 1993, n. 3450, Foro it., 1993,1, 1839, con nota di richiami.
II. - Nella giurisprudenza tributaria, la massima in epigrafe è fatta
propria da Comm. trib. I grado Novara 16 gennaio 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 299 (con espresso riferimento ai compensi erogati ai giudi ci tributari).
III. - A favore del precedente orientamento, v. invece Comm. trib. centrale 10 maggio 1991, n. 3732, id.. Rep. 1991, voce cit., n. 442.
IV. - Per ulteriori riferimenti, cfr. nota a Cass. 3450/93, cit., e nota a Comm. trib. centrale 4 settembre 1991, n. 5986, id., 1992, III, 253.
V. - L'art. 5, 1° comma, lett. c), d.leg. 2 settembre 1997 n. 314 ha modificato l'art. 16, 1° comma, lett. b), d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, nel senso di prevedere espressamente la generale possibilità di applica re il regime di tassazione separata in presenza di compensi assimilati ai redditi di lavoro dipendente corrisposti in anni successivi a quello di ri ferimento.
VI. - Nel senso che tale norma avrebbe — diversamente da quanto ora affermato implicitamente dalla Suprema corte — portata innovati
va, v. min. fin., circ. 23 luglio 1998, n. 191 /E, in Circolari e risoluzioni min. fin., 1998, 715.
VII. - Sulla problematica dell'inquadramento dei compensi dei giu dici tributari tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (prima dell'entrata in vigore dell'art.. 2 d.leg. 314/97, che, modificando l'art. 47 d.p.r. 917/86, ha espressamente disciplinato la fattispecie), v. Comm. trib. 5986/91, cit.; Comm. trib. I grado Macerata 25 ottobre
1994, Foro it.. Rep. 1996, voce cit., n. 420, e Bollettino trib., 1996, 244, con nota di Perrucci; Comm. trib. centrale 20 luglio 1992, n.
4665, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 459; nonché min. fin., circ. 25
luglio 1997, n. 212/E, Corriere trib., 1997, 2607, e, in dottrina, Veroi, Assimilati ai redditi di lavoro dipendente i compensi ai componenti delle commissioni tributarie, in Fisco, 1997, 11662.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
emolumenti arretrati senza che incida in alcun modo la causa
del ritardo. L'ufficio ha proposto appello eccependo che, nella
specie, non può trovare applicazione il regime della tassazione
separata per emolumenti arretrati, di cui all'art. 16, 1° comma, lett. b), Tuir, percepiti per prestazioni di lavoro dipendente, per ché trattasi di attività prestata in forma coordinata e continuati
va, e non nel quadro di un rapporto di lavoro dipendente. La commissione tributaria regionale ha confermato la deci
sione di primo grado. 1.3. - A sostegno dell'odierno ricorso, il ministero eccepisce
la violazione e falsa applicazione degli art. 16, 47 e 48 d.p.r. 917/86, dei principi generali della disciplina Irpef, dell'art. 2697, e vizi di motivazione, in quanto sfuggirebbero al regime della tassazione separata tutti gli emolumenti arretrati, percepiti
per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato, che non rien
trino in quelli elencati alle lett. a) e g) del 1° comma dell'art. 47
Tuir.
Diritto e motivi della decisione. — 2.1. - Il ricorso appare in
fondato.
2.2. - Come è noto, l'art. 16 Tuir, vigente nel 1992, dispone va: «L'imposta si applica separatamente sui seguenti redditi: ...
b) emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti percepiti per
prestazioni di lavoro dipendente, compresi i compensi e le in
dennità di cui alle lett. a) e g) del 1° comma dell'art. 47 e le
pensioni e gli assegni di cui al 2° comma dell'art. 46».
L'art. 47 Tuir, poi, stabilisce quali sono i redditi che, pur non
rientrando, a stretto rigore, nella categoria dei redditi di lavoro
dipendente (specificamente individuati e definiti dal precedente art. 46), sono assimilati ad essi e, quindi, ne condividono la di
sciplina fiscale. Nell'originaria elencazione dell'art. 47 cit., fi
guravano, alla lett. f), anche «le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle
province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni», nel cui ambito ricadevano già, in maniera evidente, i compensi
per i componenti di commissioni tributarie. Tant'è che la suc
cessiva riscrittura della norma ha eliminato ogni incertezza, in
serendo espressamente «i compensi corrisposti ai membri delle
commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del tri
bunale di sorveglianza» (integrazione apportata dall'art. 2 d.l.
314/97). Quindi, sulla base dell'assetto normativo vigente ratione
temporis, appare corretto il seguente sillogismo: — sono soggetti a tassazione separata gli emolumenti arre
trati relativi ad anni precedenti percepiti per prestazioni di lavo
ro dipendente (art. 16, 1° comma, lett. b, Tuir); — i compensi corrisposti dallo Stato per l'esercizio di pub
bliche funzioni (compresi i compensi dei componenti di com
missioni tributarie) sono equiparati agli emolumenti percepiti
per prestazione di lavoro dipendente, e, quindi, sono assogget tati alla medesima disciplina fiscale (art. 47, 1° comma, lett./,
Tuir); —
ergo, i compensi arretrati dei componenti delle commis
sioni tributarie devono essere assoggettati al regime della tassa
zione separata. 2.3. - Resta da esaminare se l'inciso «compresi i compensi e
le indennità di cui alle lett. a) e g) del 1° comma dell'art. 47», contenuto nella lett. b) del 1° comma dell'art. 16 Tuir, abbia ca
rattere rafforzativo ovvero di specificazione ad escludendum.
Ritiene il collegio che si tratti di un'indicazione rafforzativa, fornita per evitare dubbi interpretativi, sul trattamento fiscale di
redditi che, benché equiparati ex lege a quelli di lavoro dipen dente, presentano particolari caratteri di disomogeneità rispetto alla categoria di riferimento, che avrebbero potuto far sorgere dubbi interpretativi. Non ignora il collegio il diverso orienta
mento giurisprudenziale, secondo il quale il richiamo alle lett.
a) e g) dell'art. 47, 1° comma, Tuir, avrebbe il senso di limitare
l'equiparazione ai soli compensi elencati nelle citate lettere, ai
fini della tassazione separata (v. Cass. 28 novembre 1996, n.
10577, Foro it., Rep. 1997, voce Redditi (imposte), n. 476). Tale orientamento, però (emerso in relazione ad un ricorso
che dava per scontata l'interpretazione del richiamo ad esclu
dendum, per eccepirne l'incostituzionalità), non appare convin
cente, perché, sul piano letterale, attribuisce alla parola «com
presi» la funzione semantica, che non le è propria, della limita
zione dell'area dell'equiparazione affermata in via di principio dall'art. 47 Tuir. Se il legislatore avesse inteso escludere del
l'equiparazione, ai soli fini della tassazione separata, di catego
II Foro Italiano — 2003.
rie reddituali equiparate, avrebbe potuto e dovuto dirlo chiara
mente, usando espressioni chiare, del tipo: «esclusi i compensi e
le indennità di cui alle lett. b), c), d), ecc.». Ovvero avrebbe
potuto specificare che l'equiparazione prevista dall'art. 47 cit., non trovava applicazione se non con riferimento alle fattispecie di cui alle lett. a) e g), del medesimo articolo. Ritiene il collegio che il significato chiaro, di «inglobamento» e non di esclusione, della parola «compresi», non consente dubbi di sorta sulla cor
retta interpretazione delle disposizioni in esame. Per cui, non
occorre andare alla ricerca di altri significati. Tanto più che la necessità di un'indicazione rafforzativa del
l'equiparazione non è fuori luogo, attesa l'assoluta disomoge neità dei redditi equiparati, evidenziata anche nella citata sen
tenza 10577/96 e che, poi, l'evoluzione legislativa ha privile
giato la tesi sposata dal collegio. 2.4. -
Conseguentemente, il ricorso deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 14 di
cembre 2002, n. 17952; Pres. Nicastro, Est. Favara, P.M.
Russo (conci, diff.); Vallespir (Avv. Capozio) c. Colombo; Colombo (Avv. Garibaldi) c. Vallespir. Cassa Trib. Genova
12 maggio 1998.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Comuni fino a cinquemila abitanti — Equo canone —
Applicabilità — Condizioni — Decorrenza (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 26).
In tema di locazioni abitative riguardanti immobili siti in comu
ni che al censimento del 1971 avevano un numero di abitanti
non superiore a cinquemila, le variazioni della popolazione nel quinquennio precedente Ventrata in vigore della l.
392/78, e successivamente ogni quinquennio, da cui l'art. 26, 2° comma, stessa legge fa dipendere l'applicabilità o meno
dell'equo canone, non incidono sulla disciplina dei contratti
in corso, che rimane —fino alla scadenza — quella vigente al
momento genetico del rapporto. (1)
(1) La giurisprudenza di merito edita ha avuto modo di occuparsi della questione con riferimento al caso — inverso a quello ricorrente nella specie — del sopravvenire delle condizioni comportanti, ai sensi del 2° comma dell'art. 26 1. 392/78, l'applicazione dell'equo canone,
giungendo a conclusioni opposte rispetto a quelle indicate dalla Cassa zione: nel senso dell'immediata applicabilità delle disposizioni di cui
agli art. 12-25 1. 392/78 anche ai contratti in corso, ove successiva mente alla loro stipulazione si fosse verificato un aumento della popo lazione nei termini richiesti dall'art. 26 cit., v., infatti, Pret. Bergamo 3 ottobre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce Locazione, n. 126 (per esteso, Arch, locazioni, 1997, 290), e Pret. Lecco 7 maggio 1994, Foro it., 1995, I, 403, con nota di richiami (la quale, per affermare la riduzione alla misura legale del canone pattuito in regime di libera contrattazione, fa ricorso al concetto di «nullità sopravvenuta»).
Circa la pubblicazione da parte dei comuni dei dati relativi alla con sistenza numerica della popolazione residente ed alle sue variazioni
percentuali rispetto al tasso di incremento medio nazionale, prescritta dal 3° comma del citato art. 26, si è ritenuto che, essendo la sua funzio ne semplicemente quella di agevolare la conoscenza dei dati in questio ne, la sua mancanza non possa in alcun modo incidere sulla disciplina applicabile al contratto di locazione: v. Cass. 25 novembre 1998, n.
11965, id., Rep. 1999, voce cit., n. 177; 22 febbraio 1995, n. 1957, id.,
Rep. 1995, voce cit., n. 112; Trib. Milano 14 luglio 1994, ibid., n. 114; Pret. Lecco 7 maggio 1994, cit.; di diverso avviso v., peraltro, Trib.
Roma 21 settembre 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 124.
Mette conto osservare che, nonostante l'intervenuta abrogazione de
gli art. 12-26 1. 392/78, ad opera della 1. 431/98 (entrata in vigore il 30
dicembre 1998), che ha profondamente modificato la disciplina in ma teria di locazioni abitative, la questione ora esaminata dalla Corte di cassazione ha conservato qualche rilievo, in ragione del fatto che i contratti in corso alla data di entrata in vigore della nuova legge hanno continuato ad essere regolati, per tutta la loro durata, dalle norme pre vigenti (ex art. 14, 5° comma, 1. 431/98). [D. Piombo]
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