sezione tributaria; sentenza 2 luglio 2003, n. 10433; Pres. Riggio, Est. Del Core, P.M. Frazzini(concl. conf.); Min. finanze e Ufficio imposte dirette di Pontedera (Avv. dello Stato DiMartino) c. Soc. Ruffo; Soc. Ruffo (Avv. Brini) c. Min. finanze e Ufficio imposte dirette diPontedera. Cassa Comm. trib. reg. Toscana 14 novembre 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2989/2990-2993/2994Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197866 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
1992, n. 11765, id., Rep. 1992, voce cit., n. 102, cui ha fatto
espresso riferimento l'avv. Angelini a pag. 6 del suo ricorso). 3.6. - A fronte di tale lettura dell'art. 15 del codice deontolo
gico e della valutazione da parte del Consiglio nazionale forense
dei fatti di causa, sorretta da una motivazione adeguata, priva di
salti logici e pienamente rispettosa delle regole ermeneutiche di
cui agli art. 1363 ss. c.c., il ricorrente non ha proceduto ad
un'accoglibile censura dell'interpretazione che il suddetto con
siglio ha dato del disposto dell'articolo richiamato, e non ha
fornito elementi idonei a denunziare un vizio suscettibile di es
sere censurato in questa sede.
3.7. - Deve, infatti, affermarsi che le disposizioni dei codici
deontologici predisposti dagli ordini professionali, se non rece
pite direttamente da una norma di legge (ad esempio in materia
di segreto professionale, tutelato anche nei confronti dell'auto
rità giudiziaria), non hanno né la natura né le caratteristiche di
norme di legge, come tali assoggettabili al criterio interpretativo di cui all'art. 12 preleggi, ma sono espressione dei poteri di au
torganizzazione degli ordini (o collegi) sì da ripetere la loro
autorità — come evidenziato in dottrina — oltre che da con
suetudini professionali anche da norme che i suddetti ordini (o
collegi) emanano per fissare gli obblighi di correttezza cui i
propri iscritti devono attenersi e per regolare la propria funzione
disciplinare. Alla stregua di quanto ora detto, quindi, le suddette disposi
zioni vanno interpretate nel rispetto dei canoni ermeneutici fis
sati dagli art. 1363 ss. c.p.c., sicché è denunziabile in Cassazio
ne ex art. 360, n. 3, c.p.c. la violazione o falsa applicazione dei
suddetti canoni — con la specifica indicazione di quelli tra essi
in concreto disattesi — oltre che il vizio di motivazione ex art.
360, n. 5, c.p.c. non riscontrabile allorquando — come nel caso
di specie — si intenda far prevalere sulla logica e coerente in
terpretazione seguita nel giudizio di merito una diversa opzione ermeneutica patrocinata dalla parte ricorrente.
3.8. - E opportuno, infine, su un piano più generale evidenzia
re come tutte le censure mosse in ricorso non possano trovare
ingresso in questa sede in ragione del consolidato principio se
condo cui ai sensi dell'art. 56 r.d.l. n. 1578 del 1933, convertito
nella 1. n. 36 del 1934, e dell'art. Ill Cost., le decisioni del
Consiglio nazionale forense in materia disciplinare sono ricorri
bili per cassazione soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, con la conseguenza che detto rimedio non
è esperibile per denunziare ex art. 360, n. 5, c.p.c. l'inadegua tezza o altri vizi della motivazione, ferma restando, peraltro, la
possibilità che essi stessi si risolvano in una violazione di legge, deducibile secondo il paradigma del n. 3 dell'art. 360 c.p.c. co
me nel caso — non ricorrente però, per quanto sinora detto, nella controversia in oggetto
— di totale mancanza o di mera
apparenza della motivazione, che concretano l'inosservanza
dell'obbligo, imposto al giudice, dall'art. 132, n. 4, c.p.c., di
esporre concisamente i motivi in fatto ed in diritto della deci
sione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. un., 25 maggio 1999, n.
289/SU, id., Rep. 1999, voce cit., n. 161; cui adde, negli stessi
termini, Cass., sez. un., 22 novembre 1999, n. 819/SU, ibid., n.
167, che ribadisce come non rientri nella previsione dell'art. 56,
3° comma, r.d.l. 1578/33, una verifica sulla sufficienza e razio
nalità della motivazione medesima in raffronto con le risultanze
probatorie non imposta neanche dall'art. Ill Cost.; 26 gennaio 1998, n. 764, id., Rep. 1998, voce cit., n. 57, e, infine, in epoca
più recente, Cass., sez. un., 7 febbraio 2002, n. 1732, id., Rep. 2002, voce cit., n. 152).
4. - Per concludere, le considerazioni sinora svolte inducono a
rigettare il ricorso.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 2 lu
glio 2003, n. 10433; Pres. Riggio, Est. Del Core, P.M. Fraz
zini (conci, conf.); Min. finanze e Ufficio imposte dirette di
Pontedera (Avv. dello Stato Di Martino) c. Soc. Ruffo; Soc.
Ruffo (Avv. Brini) c. Min. finanze e Ufficio imposte dirette
di Pontedera. Cassa Comm. trib. reg. Toscana 14 novembre
1998.
IIIUUU 111 gcucic L>3CIliJUIll CU age V Uld^lUHI iCIlUUll
depressi — Ampliamento di stabilimenti industriali — Mi sura dell'agevolazione (L. 22 luglio 1966 n. 614, interventi
straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia setten
trionale e centrale, art. 8).
Ai fini dell'esenzione decennale dai tributi diretti prevista dal
l'art. 8, 3° comma, l. 22 luglio 1966 n. 614 per il reddito de
rivante, tra l'altro, dall'ampliamento di stabilimenti indu
striali già esistenti, situati nei territori indicati dalla legge, il
«maggior reddito» cui l'esenzione risulta applicabile va indi
viduato non in quello comunque registrato in più a seguito
dell'ampliamento, ma nella componente strettamente ricon
ducibile agli effetti dell'investimento e'calcolata in termini
percentuali rispetto al reddito complessivamente prodotto. (1)
Svolgimento del processo. — Il 15 luglio 1983 la Ruffo s.p.a.
presentò, ai sensi dell'art. 30 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601, domanda di esenzione decennale dell'Ilor, in relazione all'am
pliamento dell'opificio di Calcinaia per il periodo dal 1° gen naio 1983 al 31 dicembre 1992.
Con provvedimento in data 3 luglio 1989, l'ufficio distret
tuale delle imposte dirette di Empoli, rilevato che l'amplia mento aveva comportato un incremento del potenziale produtti vo in ragione di circa il 50 per cento rispetto a quello preceden
te, concesse l'esenzione per il maggior reddito d'impresa pro dotto a seguito dell'ampliamento.
In sede di controllo della dichiarazione dei redditi presentata dalla società per l'anno di imposta 1986, l'ufficio distrettuale
delle imposte dirette di Pontedera, constatato che la Ruffo s.p.a. aveva dedotto dal proprio reddito complessivo un importo pari al 50 per cento per l'ampliamento in luogo del 33,33 per cento
del reddito complessivamente prodotto, emise avviso di accer
tamento applicando la percentuale di esenzione dall'imposta nella suddetta misura.
La Ruffo s.p.a. ricorse alla Commissione tributaria di I grado di Pisa chiedendo, tra l'altro, di essere ammessa alla maggiore esenzione nella misura dell'80 per cento del reddito complessi
vo, in considerazione dell'aumento, valutato ex post, del reddito
imponibile e del volume d'affari negli anni dal 1981 (anno di
inizio dei lavori di ampliamento) al 1992 (termine dell'esenzio
ne decennale). L'adita commissione rigettò il ricorso escludendo, tuttavia,
«data l'obiettiva incertezza della questione», l'applicazione delle pene pecuniarie.
(1) La diversa soluzione — che vuole l'estensione dell'esenzione al l'intero incremento di reddito verificatosi in seguito all'ampliamento degli stabilimenti preesistenti — presenterebbe, ad avviso della Supre ma corte, l'inconveniente di far dipendere il beneficio fiscale da circo stanze esterne ai fattori produttivi dell'impresa e variabili indipenden temente dal potenziamento voluto dalla 1. 22 luglio 1966 n. 614 (in termini analoghi, v. Comm. trib. centrale 29 settembre 1982, n. 6318, Foro it., Rep. 1983, voce Ricchezza mobile (imposta), n. 154, per la
quale non è rilevante e decisivo il maggior reddito che l'impresa ha avuto rispetto agli anni precedenti, perché non necessariamente colle
gato ad un ampliamento dell'attività industriale). La regnici iuris enunciata in massima è condivisa, nella giurispruden
za di merito, da Comm. trib. II grado Udine 1° febbraio 1988, id., Rep. 1988, voce Tributi in genere, n. 667.
Il criterio adottato dalla sentenza riflette quello proposto (seppur con
riferimento alla normativa concernente l'esenzione decennale dall'im
posta di ricchezza mobile per l'industrializzazione del Mezzogiorno) da
min. fin., circ. 10 aprile 1956, n. 350672, Giust. trib., 1956, 437, per la
quale «per potersi determinare ... il reddito derivante dall'amplia mento . . . occorre determinare, attraverso dati rigorosamente control
lati dagli uffici tecnici erariali, il rapporto intercorrente tra il potenziale
produttivo preesistente all'ampliamento ... e quello risultante dopo. In
base a tale rapporto, che rimane costante per tutto il decennio, si cal
cola la quota di reddito, da esentare annualmente, in quanto attribuibile
all'ampliamento».
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PARTE PRIMA 2992
Avverso la predetta decisione proposero appello sia la socie
tà, sia l'ufficio delle imposte dirette di Pontedera.
Con la decisione indicata in epigrafe la Commissione tributa
ria regionale della Toscana respingeva l'appello dell'ufficio ac
cogliendo quello della Ruffo s.p.a. sulla base della seguente motivazione. Stante l'inequivoco tenore letterale dell'art. 8 1.
614/66, l'esenzione si applica non solo al maggior investimento
ma anche al maggiore reddito derivante dall'ampliamento delle
aziende esistenti. Ciò che deve e può essere valutato con effetti
vità è l'investimento (già) operato dall'impresa: a seguito di es
so, l'amministrazione finanziaria valuta, con modalità precise stabilite dal d.m. 18 novembre 1966, l'impatto dell'investi
mento sul reddito e di qui la misura di quest'ultimo che ritiene
di dover esentare dall'Ilor. Una volta che il provvedimento am
ministrativo è stato emesso, l'esenzione decennale concessa si
cristallizza con riferimento al reddito prodotto prima dell'inve
stimento. A questo punto la pubblica amministrazione può an
che ritornare sul proprio operato ma ciò comporta obbligatoria mente il ritiro dell'atto (annullamento o revoca) di competenza della stessa autorità che lo ha emanato.
Avverso tale sentenza l'amministrazione finanziaria ha pro
posto ricorso per cassazione per tre motivi.
Resiste con controricorso la Ruffo s.p.a. che propone a sua
volta ricorso incidentale per un motivo.
Motivi della decisione. — In quanto rivolti contro la medesi
ma sentenza i due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell'art. 335
c.p.c. Con il primo complesso motivo, il ministero ricorrente de
nunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 8, 3° comma, 1.
22 luglio 1966 n. 614 e successive modificazioni ed integrazio ni, nonché insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione.
Sostiene che ratio della disposizione citata è quella di favorire
l'ampliamento, nei limiti stabiliti dalla norma, delle piccole e
medie imprese già esistenti. Ne deriva che il criterio da utilizza
re per la determinazione della percentuale di esenzione del red
dito è dato dalla misura dell'ampliamento realizzato. Di vero,
poiché l'investimento è il solo elemento determinabile in modo
certo prima della quantificazione del reddito, è evidente che la
percentuale di esenzione del reddito non può che essere corri
spondente a quella dell'ampliamento stesso.
Nel caso di specie, come espressamente risulta dal provvedi mento concessivo dell'esenzione, l'ampliamento realizzato
dalla società ha determinato un incremento del potenziale pro duttivo del 50 per cento in più rispetto a quello precedente
l'ampliamento stesso. Correttamente, pertanto, la percentuale di
esenzione dell'Ilor è stata calcolata nella misura del 33,33 per cento di tutto il reddito complessivamente prodotto, corrispon dente cioè ad 1/3 del totale del potenziale produttivo successivo
all'ampliamento. La conclusione alla quale è addivenuta la commissione tribu
taria regionale, secondo cui ai fini della determinazione della
percentuale di reddito da esentare l'amministrazione deve valu tare «l'impatto dell'investimento sul reddito», non è affatto giu stificata dal citato art. 8, 3° comma, 1. 614/66 che riconosce il
diritto all'esenzione in funzione della misura dell'ampliamento realizzato. Essa, peraltro, porterebbe a risultati incerti e appros simativi, se si considera che il risultato economico ben può es sere influenzato da variabili diverse dal nuovo investimento
produttivo (quali, ad es., l'inflazione, l'andamento più o meno
favorevole del mercato, la chiusura o apertura dei mercati este
ri). Errata è anche l'affermazione che nel caso di specie il prov
vedimento di esenzione già concesso avrebbe dovuto essere an
nullato o revocato, avendo l'amministrazione legittimamente
proceduto all'accertamento sulla base dei dati risultanti dalla di
chiarazione del contribuente e dal provvedimento concessivo
dell'esenzione, interpretandolo ed applicandolo in modo con forme a legge. L'art. 8, 3° comma, 1. 614/66 dispone infatti l'esenzione del maggior reddito derivante dall'ampliamento delle aziende esistenti: dovendo la valutazione del maggior red dito avvenire ex ante, il maggior reddito deve quantificarsi ne cessariamente in proporzione diretta all'ampliamento effettuato.
Il ricorso è in ogni suo aspetto fondato.
E anzitutto incomprensibile l'affermazione della sentenza se condo cui, una volta concessa l'esenzione in una determinata
misura, l'amministrazione finanziaria poteva «ritornare sul pro prio operato» ma soltanto attraverso l'obbligatorio «ritiro del
II Foro Italiano — 2003.
l'atto (annullamento o revoca) di competenza della stessa auto
rità che lo ha emanato». In realtà, l'ufficio delle imposte dirette
di Pontedera, divenuto competente per territorio, provvide le
gittimamente all'accertamento ai fini Ilor sulla base dei dati ri
sultanti dalla dichiarazione del contribuente, interpretando il
provvedimento concessivo dell'esenzione in modo ritenuto con
forme alla disposizione di cui al citato art. 8, 3° comma, I.
614/66. Non si riesce davvero a comprendere perché, prima di
rettificare la dichiarazione del contribuente, l'amministrazione
delle finanze avrebbe dovuto annullare o revocare in via di au
totutela il provvedimento con cui aveva concesso l'esenzione.
Nel «merito» va rilevato che l'art. 8 1. 614/66, dopo aver con
cesso per le imprese artigiane e le piccole e medie imprese in
dustriali aventi per oggetto produzione di beni, di nuovo im
pianto, l'esenzione da ogni tributo diretto sul reddito, per dieci
anni dalla loro attivazione (1° comma), prevede la stessa esen
zione per le nuove imprese industriali il cui investimento in im
pianti fissi non superi i due miliardi di lire (2° comma) e per il maggior reddito derivante dall'ampliamento di stabilimenti già esistenti il cui investimento sia contenuto entro il predetto limite
(3° comma). Avuto riguardo al fatto che la disposizione concede l'esen
zione per il reddito conseguente all'investimento, deve ritenersi
che quanto essa richiede è che si determini un aumento del red
dito industriale per effetto dell'ampliamento della capacità pro duttiva.
Pertanto, ciò che la legge esenta non è tutto il maggior reddito
comunque registrato dopo l'ampliamento ma solo la quota di
tale aumento riconducibile al potenziamento produttivo. D'altra parte, l'aumento in concreto del reddito può essere in
fluenzato da circostanze (mutamenti economici generali, anda
mento del mercato, fluttuazione dei tassi di cambio) che posso no verificarsi indipendentemente dall'assunzione, da parte del
l'imprenditore, di quelle iniziative che la legge intende agevola re per il solo fatto che siano state intraprese; e, se si accedesse
alla tesi sostenuta dalla sentenza impugnata, si farebbe dipende re la concessione dell'esenzione non più dal potenziamento de
gli impianti, ma da circostanze esterne ai fattori produttivi del
l'impresa e variabili indipendentemente dal potenziamento vo
luto dalla legge.
Appare, dunque, chiaro che la ratio legis va individuata —
coerentemente, del resto, con il dato testuale — nell'intento di
incentivare, come fatto in sé, l'attivazione di nuovi stabilimenti
ed il potenziamento di quelli già esistenti, per i benefici effetti, non necessariamente immediati, che ne sarebbero derivati, sul
piano socio-economico, nei territori indicati dalla legge ed an
cora poco attrezzati sul piano industriale.
In diversi termini, quello produttivistico era lo scopo fonda
mentale della 1. 614/66. Essa ha inteso favorire la realizzazione
o il potenziamento di impianti industriali; e per ciò stesso esenta
il reddito dalle imposte dirette, ma non estende tale esenzione
all'intero incremento di reddito verificatosi in seguito all'am
pliamento dato che l'aumento complessivo non è necessaria
mente conseguenza (e indice) delle maggiori dimensioni dello
stabilimento, arricchito di componenti quali-quantitative che si traducono in una più elevata potenzialità produttiva, ma può an
che ricondursi ad altri fattori estranei a dette componenti. È vero, quindi, che ampliamenti analoghi possono avere ef
fetti reddituali diversi, in relazione alla natura dell'attività e a
molteplici altre cause, ma è proprio per questo che l'esenzione è
calcolata in base a criteri uniformi predeterminati dalla legge e
non sulla scorta di valutazioni di fatto volte ad accertare, caso
per caso, il risultato reddituale post-investimento fino al termine
del periodo decennale.
In definitiva, in caso di ampliamento delle aziende indicate
nella norma ai fini dell'esenzione decennale dalle imposte di
rette sul reddito, la quota da esentare va calcolata con riferi
mento al rapporto intercorrente tra il potenziale produttivo pree sistente e quello risultante dopo l'ampliamento, tradotta in ter
mini percentuali rispetto al reddito complessivo. Nella specie, l'ampliamento degli impianti, secondo la valu
tazione effettuata dall'amministrazione finanziaria, era in grado d'incrementare presumibilmente il reddito in misura pari al 50
per cento di quello preesistente. In presenza di tale aumento, la
percentuale di esenzione rispetto al reddito complessivo non
poteva che individuarsi nel 33,33 per cento di detto valore corri
spondente a 1/3 del volume reddituale globalmente considerato.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
A titolo di esempio, infatti, se si assume pari a 1 il valore del
reddito anteriore all'investimento e a 1/2 (cioè al 50 per cento, come nel caso di specie) l'aumento conseguente all'amplia mento, si ottiene un risultato complessivo pari a 3/2, rispetto al
quale 1/2 rappresenta la terza parte, corrispondente appunto a
una percentuale del 33,33 per cento.
Con l'unico motivo del suo ricorso incidentale la Ruffo s.p.a. denuncia difetto assoluto di motivazione sul rigetto implicito della domanda tesa a ottenere l'ammissione alla maggior esen
zione nella misura dell'80 per cento del reddito complessivo, in
considerazione dell'aumento, valutato ex post, del reddito im
ponibile e del volume d'affari negli anni dal 1981 (anno di ini
zio dei lavori di ampliamento) al 1992 (termine dell'esenzione
decennale). Oltre che erronea alla luce dei principi sopra affermati, la
censura è del tutto infondata. La Ruffo s.p.a. non poteva chiede
re l'ammissione alla maggiore esenzione nella misura dell'80
per cento del reddito complessivo in un giudizio nel quale il te
ma controverso era costituito dalla spettanza o meno alla contri
buente dell'esenzione nella misura del 50 per cento o del 33,33
per cento. Al più, essa avrebbe dovuto far valere siffatta nuova
pretesa in separato e autonomo giudizio. Né rileva sotto il profilo del vizio denunziato che il giudice a
quo non abbia statuito sull'appello incidentale prodotto dalla
Ruffo s.p.a. Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non
basta infatti la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provve dimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso
concreto; il che non si verifica quando la decisione adottata in
contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti il ri
getto di tale pretesa anche se manchi in proposito una specifica
argomentazione (cfr. Cass. 1798/97, Foro it., Rep. 1997, voce
Sentenza civile, n. 23; 4317/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 12). Nel caso in esame, poiché i giudici d'appello dichiararono
spettante la percentuale di esenzione del 50 per cento, con ciò
stesso essi hanno statuito indirettamente anche sulla marchiana
inammissibilità di una richiesta che era fuori del thema deci
dendum. Invero, la riscontrata sussistenza di quella percentuale di esenzione è in rapporto di reciproca esclusione con la dedu
zione posta a base del motivo di gravame pretermesso, che deve
pertanto ritenersi rigettato per implicito. Conclusivamente, la sentenza deve essere cassata in relazione
al ricorso accolto e la causa rinviata ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale della Toscana che, nel proce dere a nuovo esame della controversia, si uniformerà al se
guente principio: «Ai fini dell'esenzione decennale dai tributi
diretti prevista dall'art. 8, 3° comma, 1. 22 luglio 1966 n. 614
per il reddito derivante, tra l'altro, dall'ampliamento di stabili
menti industriali già esistenti, situati nei territori indicati dalla
legge, il 'maggior reddito' cui si applica l'esenzione va indivi
duato non in quello comunque registrato in più a seguito del
l'ampliamento ma nella componente strettamente riconducibile
agli effetti dell'investimento e calcolata in termini percentuali
rispetto al reddito complessivamente prodotto, poiché solo tale
quota di aumento può considerarsi indice della maggiore pro duttività conseguente all'investimento, la cui incentivazione co
stituisce la ratio della norma agevolativa».
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 10 lu
glio 2003, n. 10335; Pres. Cristarella Orestano, Est. Del
Core, P.M. Matera (conci, diff.); Min. finanze e Ufficio del
registro di Pistoia (Avv. dello Stato Aiello) c. Soc. Coagen.
Conferma Comm. trib. reg. Toscana 9 marzo 1998.
Tributi in genere — Esenzioni ed agevolazioni — Edilizia —
Denuncia ultimazione lavori — Mancata presentazione —
Recupero dei tributi dovuti — Termine triennale — De
correnza (L. 2 luglio 1949 n. 408, disposizioni per l'incre
mento delle costruzioni edilizie; d.l. 11 dicembre 1967 n.
1150, proroga dei termini per l'applicazione delle agevolazio ni tributarie in materia di edilizia, art. 6; 1. 7 febbraio 1968 n.
26, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 11 di
cembre 1967 n. 1150, art. unico; d.l. 22 dicembre 1981 n.
790, ulteriore proroga delle agevolazioni fiscali a favore delle
zone del Friuli-Venezia Giulia colpite dal terremoto del 1976,
dei territori della provincia di Trieste e delle zone depresse del centro-nord. Elevazione dei limiti degli investimenti in
impianti fissi di cui agli art. 8 e 12 1. 22 luglio 1966 n. 614, art. 1; 1. 23 febbraio 1982 n. 47, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 22 dicembre 1981 n. 790, art. unico).
In tema di agevolazioni tributarie per l'edilizia abitativa di cui
alla l. 2 luglio 1949 n. 408, in caso di mancata presentazione da parte del contribuente della denuncia attestante l'adem
pimento degli obblighi richiesti per la conferma delle agevo
lazioni fruite in via provvisoria ali 'atto della registrazione, il
termine triennale per l'azione dell'amministrazione finanzia ria per il recupero dei tributi in misura ordinaria decorre dal
31 dicembre 1986. (1)
Svolgimento del processo. — Il 7 luglio 1990 l'ufficio del re
gistro di Pistoia notificò alla Sabatini costruzioni edili — in se
guito denominatasi Coagen s.r.l. — avviso di liquidazione per
recupero tasse, soprattasse e spese pecuniarie, ritenendola deca
duta dalle chieste agevolazioni tributarie previste dalla 1. 2 lu
glio 1949 n. 408 e successive modificazioni.
La società impugnò l'avviso deducendo che erano decorsi
ventidue anni dall'atto registrato e che il termine ultimo stabi
lito dalla legge per la denuncia di ultimazione dei lavori era
scaduto il 31 dicembre 1985.
La commissione tributaria di primo grado accolse il ricorso e
la decisione — appellata dall'ufficio sul duplice rilievo che il
contribuente non aveva mai presentato denuncia e che il corso
del termine decadenziale era stato interrotto con la notifica di
un'intimazione, in data 27 maggio 1987 — venne confermata
dalla Commissione tributaria regionale della Toscana, la quale ritenne tardiva la notifica dell'avviso di liquidazione osservando
che: a) la parte non aveva mai presentato denuncia di ultimazio
(1) Negli stessi termini, v., nella giurisprudenza della Suprema corte,
Cass. 21 giugno 2001, n. 8459, Foro it., Rep. 2002, voce Tributi in ge
nere, n. 1649: 11 settembre 2001, n. 11606, ibid., n. 1648, e Bollettino
trib., 2002, 1430 (m), con nota di Pace, In tema di agevolazioni condi
zionate: termini e modalità dei benefici e nascita dell'obbligazione tri
butaria-, più di recente, Cass. 4 luglio 2003, n. 10605, Foro it., Mass.,
970. Il conforme orientamento dell'amministrazione finanziaria si rinvie
ne in min. fin., circ. 24 febbraio 1988, n. 19/250617, Fisco, 1988, 190.
Contra, in dottrina, Pennarola, Mezzo secolo non è sufficiente per la
definizione delle agevolazioni tributarie contenute nella legge Tupini del 2 luglio 1949 n. 408 (disposizioni per l'incremento delle costruzio
ni edilizie), in Riv. giur. edilizia, 2000,1, 520, per il quale «il diritto del
fisco è salvo fino al terzo anno successivo a quello della presentazione della denuncia».
Prima che venisse fissato al 31 dicembre 1985 (giusta il d.l. 22 di
cembre 1981 n. 790, convertito, con modificazioni, nella 1. 23 febbraio
1982 n. 47) il termine per l'ultimazione dei lavori, la giurisprudenza individuava nella presentazione della relativa denuncia il dies a quo da
cui far decorrere il triennio concesso agli uffici finanziari per il recupe ro dell'imposta dovuta in misura ordinaria: in tal senso, v., ex plurimis, Cass. 3 luglio 1980, n. 4227, Foro it., Rep. 1980, voce Registro (impo
sta), n. 371.
Sull'obbligo di denuncia previsto dall'art. 6 d.l. 11 dicembre 1967 n.
1150, v. Cass. 19 dicembre 1986, n. 7734, id., 1987, I, 1802, con nota
di richiami.
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