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sezione tributaria; sentenza 2 luglio 2003, n. 10433; Pres. Riggio, Est. Del Core, P.M. Frazzini...

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sezione tributaria; sentenza 2 luglio 2003, n. 10433; Pres. Riggio, Est. Del Core, P.M. Frazzini (concl. conf.); Min. finanze e Ufficio imposte dirette di Pontedera (Avv. dello Stato Di Martino) c. Soc. Ruffo; Soc. Ruffo (Avv. Brini) c. Min. finanze e Ufficio imposte dirette di Pontedera. Cassa Comm. trib. reg. Toscana 14 novembre 1998 Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2989/2990-2993/2994 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197866 . Accessed: 25/06/2014 04:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.78.49 on Wed, 25 Jun 2014 04:53:54 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione tributaria; sentenza 2 luglio 2003, n. 10433; Pres. Riggio, Est. Del Core, P.M. Frazzini(concl. conf.); Min. finanze e Ufficio imposte dirette di Pontedera (Avv. dello Stato DiMartino) c. Soc. Ruffo; Soc. Ruffo (Avv. Brini) c. Min. finanze e Ufficio imposte dirette diPontedera. Cassa Comm. trib. reg. Toscana 14 novembre 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 2989/2990-2993/2994Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197866 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1992, n. 11765, id., Rep. 1992, voce cit., n. 102, cui ha fatto

espresso riferimento l'avv. Angelini a pag. 6 del suo ricorso). 3.6. - A fronte di tale lettura dell'art. 15 del codice deontolo

gico e della valutazione da parte del Consiglio nazionale forense

dei fatti di causa, sorretta da una motivazione adeguata, priva di

salti logici e pienamente rispettosa delle regole ermeneutiche di

cui agli art. 1363 ss. c.c., il ricorrente non ha proceduto ad

un'accoglibile censura dell'interpretazione che il suddetto con

siglio ha dato del disposto dell'articolo richiamato, e non ha

fornito elementi idonei a denunziare un vizio suscettibile di es

sere censurato in questa sede.

3.7. - Deve, infatti, affermarsi che le disposizioni dei codici

deontologici predisposti dagli ordini professionali, se non rece

pite direttamente da una norma di legge (ad esempio in materia

di segreto professionale, tutelato anche nei confronti dell'auto

rità giudiziaria), non hanno né la natura né le caratteristiche di

norme di legge, come tali assoggettabili al criterio interpretativo di cui all'art. 12 preleggi, ma sono espressione dei poteri di au

torganizzazione degli ordini (o collegi) sì da ripetere la loro

autorità — come evidenziato in dottrina — oltre che da con

suetudini professionali anche da norme che i suddetti ordini (o

collegi) emanano per fissare gli obblighi di correttezza cui i

propri iscritti devono attenersi e per regolare la propria funzione

disciplinare. Alla stregua di quanto ora detto, quindi, le suddette disposi

zioni vanno interpretate nel rispetto dei canoni ermeneutici fis

sati dagli art. 1363 ss. c.p.c., sicché è denunziabile in Cassazio

ne ex art. 360, n. 3, c.p.c. la violazione o falsa applicazione dei

suddetti canoni — con la specifica indicazione di quelli tra essi

in concreto disattesi — oltre che il vizio di motivazione ex art.

360, n. 5, c.p.c. non riscontrabile allorquando — come nel caso

di specie — si intenda far prevalere sulla logica e coerente in

terpretazione seguita nel giudizio di merito una diversa opzione ermeneutica patrocinata dalla parte ricorrente.

3.8. - E opportuno, infine, su un piano più generale evidenzia

re come tutte le censure mosse in ricorso non possano trovare

ingresso in questa sede in ragione del consolidato principio se

condo cui ai sensi dell'art. 56 r.d.l. n. 1578 del 1933, convertito

nella 1. n. 36 del 1934, e dell'art. Ill Cost., le decisioni del

Consiglio nazionale forense in materia disciplinare sono ricorri

bili per cassazione soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, con la conseguenza che detto rimedio non

è esperibile per denunziare ex art. 360, n. 5, c.p.c. l'inadegua tezza o altri vizi della motivazione, ferma restando, peraltro, la

possibilità che essi stessi si risolvano in una violazione di legge, deducibile secondo il paradigma del n. 3 dell'art. 360 c.p.c. co

me nel caso — non ricorrente però, per quanto sinora detto, nella controversia in oggetto

— di totale mancanza o di mera

apparenza della motivazione, che concretano l'inosservanza

dell'obbligo, imposto al giudice, dall'art. 132, n. 4, c.p.c., di

esporre concisamente i motivi in fatto ed in diritto della deci

sione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. un., 25 maggio 1999, n.

289/SU, id., Rep. 1999, voce cit., n. 161; cui adde, negli stessi

termini, Cass., sez. un., 22 novembre 1999, n. 819/SU, ibid., n.

167, che ribadisce come non rientri nella previsione dell'art. 56,

3° comma, r.d.l. 1578/33, una verifica sulla sufficienza e razio

nalità della motivazione medesima in raffronto con le risultanze

probatorie non imposta neanche dall'art. Ill Cost.; 26 gennaio 1998, n. 764, id., Rep. 1998, voce cit., n. 57, e, infine, in epoca

più recente, Cass., sez. un., 7 febbraio 2002, n. 1732, id., Rep. 2002, voce cit., n. 152).

4. - Per concludere, le considerazioni sinora svolte inducono a

rigettare il ricorso.

Il Foro Italiano — 2003.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 2 lu

glio 2003, n. 10433; Pres. Riggio, Est. Del Core, P.M. Fraz

zini (conci, conf.); Min. finanze e Ufficio imposte dirette di

Pontedera (Avv. dello Stato Di Martino) c. Soc. Ruffo; Soc.

Ruffo (Avv. Brini) c. Min. finanze e Ufficio imposte dirette

di Pontedera. Cassa Comm. trib. reg. Toscana 14 novembre

1998.

IIIUUU 111 gcucic L>3CIliJUIll CU age V Uld^lUHI iCIlUUll

depressi — Ampliamento di stabilimenti industriali — Mi sura dell'agevolazione (L. 22 luglio 1966 n. 614, interventi

straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia setten

trionale e centrale, art. 8).

Ai fini dell'esenzione decennale dai tributi diretti prevista dal

l'art. 8, 3° comma, l. 22 luglio 1966 n. 614 per il reddito de

rivante, tra l'altro, dall'ampliamento di stabilimenti indu

striali già esistenti, situati nei territori indicati dalla legge, il

«maggior reddito» cui l'esenzione risulta applicabile va indi

viduato non in quello comunque registrato in più a seguito

dell'ampliamento, ma nella componente strettamente ricon

ducibile agli effetti dell'investimento e'calcolata in termini

percentuali rispetto al reddito complessivamente prodotto. (1)

Svolgimento del processo. — Il 15 luglio 1983 la Ruffo s.p.a.

presentò, ai sensi dell'art. 30 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 601, domanda di esenzione decennale dell'Ilor, in relazione all'am

pliamento dell'opificio di Calcinaia per il periodo dal 1° gen naio 1983 al 31 dicembre 1992.

Con provvedimento in data 3 luglio 1989, l'ufficio distret

tuale delle imposte dirette di Empoli, rilevato che l'amplia mento aveva comportato un incremento del potenziale produtti vo in ragione di circa il 50 per cento rispetto a quello preceden

te, concesse l'esenzione per il maggior reddito d'impresa pro dotto a seguito dell'ampliamento.

In sede di controllo della dichiarazione dei redditi presentata dalla società per l'anno di imposta 1986, l'ufficio distrettuale

delle imposte dirette di Pontedera, constatato che la Ruffo s.p.a. aveva dedotto dal proprio reddito complessivo un importo pari al 50 per cento per l'ampliamento in luogo del 33,33 per cento

del reddito complessivamente prodotto, emise avviso di accer

tamento applicando la percentuale di esenzione dall'imposta nella suddetta misura.

La Ruffo s.p.a. ricorse alla Commissione tributaria di I grado di Pisa chiedendo, tra l'altro, di essere ammessa alla maggiore esenzione nella misura dell'80 per cento del reddito complessi

vo, in considerazione dell'aumento, valutato ex post, del reddito

imponibile e del volume d'affari negli anni dal 1981 (anno di

inizio dei lavori di ampliamento) al 1992 (termine dell'esenzio

ne decennale). L'adita commissione rigettò il ricorso escludendo, tuttavia,

«data l'obiettiva incertezza della questione», l'applicazione delle pene pecuniarie.

(1) La diversa soluzione — che vuole l'estensione dell'esenzione al l'intero incremento di reddito verificatosi in seguito all'ampliamento degli stabilimenti preesistenti — presenterebbe, ad avviso della Supre ma corte, l'inconveniente di far dipendere il beneficio fiscale da circo stanze esterne ai fattori produttivi dell'impresa e variabili indipenden temente dal potenziamento voluto dalla 1. 22 luglio 1966 n. 614 (in termini analoghi, v. Comm. trib. centrale 29 settembre 1982, n. 6318, Foro it., Rep. 1983, voce Ricchezza mobile (imposta), n. 154, per la

quale non è rilevante e decisivo il maggior reddito che l'impresa ha avuto rispetto agli anni precedenti, perché non necessariamente colle

gato ad un ampliamento dell'attività industriale). La regnici iuris enunciata in massima è condivisa, nella giurispruden

za di merito, da Comm. trib. II grado Udine 1° febbraio 1988, id., Rep. 1988, voce Tributi in genere, n. 667.

Il criterio adottato dalla sentenza riflette quello proposto (seppur con

riferimento alla normativa concernente l'esenzione decennale dall'im

posta di ricchezza mobile per l'industrializzazione del Mezzogiorno) da

min. fin., circ. 10 aprile 1956, n. 350672, Giust. trib., 1956, 437, per la

quale «per potersi determinare ... il reddito derivante dall'amplia mento . . . occorre determinare, attraverso dati rigorosamente control

lati dagli uffici tecnici erariali, il rapporto intercorrente tra il potenziale

produttivo preesistente all'ampliamento ... e quello risultante dopo. In

base a tale rapporto, che rimane costante per tutto il decennio, si cal

cola la quota di reddito, da esentare annualmente, in quanto attribuibile

all'ampliamento».

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PARTE PRIMA 2992

Avverso la predetta decisione proposero appello sia la socie

tà, sia l'ufficio delle imposte dirette di Pontedera.

Con la decisione indicata in epigrafe la Commissione tributa

ria regionale della Toscana respingeva l'appello dell'ufficio ac

cogliendo quello della Ruffo s.p.a. sulla base della seguente motivazione. Stante l'inequivoco tenore letterale dell'art. 8 1.

614/66, l'esenzione si applica non solo al maggior investimento

ma anche al maggiore reddito derivante dall'ampliamento delle

aziende esistenti. Ciò che deve e può essere valutato con effetti

vità è l'investimento (già) operato dall'impresa: a seguito di es

so, l'amministrazione finanziaria valuta, con modalità precise stabilite dal d.m. 18 novembre 1966, l'impatto dell'investi

mento sul reddito e di qui la misura di quest'ultimo che ritiene

di dover esentare dall'Ilor. Una volta che il provvedimento am

ministrativo è stato emesso, l'esenzione decennale concessa si

cristallizza con riferimento al reddito prodotto prima dell'inve

stimento. A questo punto la pubblica amministrazione può an

che ritornare sul proprio operato ma ciò comporta obbligatoria mente il ritiro dell'atto (annullamento o revoca) di competenza della stessa autorità che lo ha emanato.

Avverso tale sentenza l'amministrazione finanziaria ha pro

posto ricorso per cassazione per tre motivi.

Resiste con controricorso la Ruffo s.p.a. che propone a sua

volta ricorso incidentale per un motivo.

Motivi della decisione. — In quanto rivolti contro la medesi

ma sentenza i due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell'art. 335

c.p.c. Con il primo complesso motivo, il ministero ricorrente de

nunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 8, 3° comma, 1.

22 luglio 1966 n. 614 e successive modificazioni ed integrazio ni, nonché insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione.

Sostiene che ratio della disposizione citata è quella di favorire

l'ampliamento, nei limiti stabiliti dalla norma, delle piccole e

medie imprese già esistenti. Ne deriva che il criterio da utilizza

re per la determinazione della percentuale di esenzione del red

dito è dato dalla misura dell'ampliamento realizzato. Di vero,

poiché l'investimento è il solo elemento determinabile in modo

certo prima della quantificazione del reddito, è evidente che la

percentuale di esenzione del reddito non può che essere corri

spondente a quella dell'ampliamento stesso.

Nel caso di specie, come espressamente risulta dal provvedi mento concessivo dell'esenzione, l'ampliamento realizzato

dalla società ha determinato un incremento del potenziale pro duttivo del 50 per cento in più rispetto a quello precedente

l'ampliamento stesso. Correttamente, pertanto, la percentuale di

esenzione dell'Ilor è stata calcolata nella misura del 33,33 per cento di tutto il reddito complessivamente prodotto, corrispon dente cioè ad 1/3 del totale del potenziale produttivo successivo

all'ampliamento. La conclusione alla quale è addivenuta la commissione tribu

taria regionale, secondo cui ai fini della determinazione della

percentuale di reddito da esentare l'amministrazione deve valu tare «l'impatto dell'investimento sul reddito», non è affatto giu stificata dal citato art. 8, 3° comma, 1. 614/66 che riconosce il

diritto all'esenzione in funzione della misura dell'ampliamento realizzato. Essa, peraltro, porterebbe a risultati incerti e appros simativi, se si considera che il risultato economico ben può es sere influenzato da variabili diverse dal nuovo investimento

produttivo (quali, ad es., l'inflazione, l'andamento più o meno

favorevole del mercato, la chiusura o apertura dei mercati este

ri). Errata è anche l'affermazione che nel caso di specie il prov

vedimento di esenzione già concesso avrebbe dovuto essere an

nullato o revocato, avendo l'amministrazione legittimamente

proceduto all'accertamento sulla base dei dati risultanti dalla di

chiarazione del contribuente e dal provvedimento concessivo

dell'esenzione, interpretandolo ed applicandolo in modo con forme a legge. L'art. 8, 3° comma, 1. 614/66 dispone infatti l'esenzione del maggior reddito derivante dall'ampliamento delle aziende esistenti: dovendo la valutazione del maggior red dito avvenire ex ante, il maggior reddito deve quantificarsi ne cessariamente in proporzione diretta all'ampliamento effettuato.

Il ricorso è in ogni suo aspetto fondato.

E anzitutto incomprensibile l'affermazione della sentenza se condo cui, una volta concessa l'esenzione in una determinata

misura, l'amministrazione finanziaria poteva «ritornare sul pro prio operato» ma soltanto attraverso l'obbligatorio «ritiro del

II Foro Italiano — 2003.

l'atto (annullamento o revoca) di competenza della stessa auto

rità che lo ha emanato». In realtà, l'ufficio delle imposte dirette

di Pontedera, divenuto competente per territorio, provvide le

gittimamente all'accertamento ai fini Ilor sulla base dei dati ri

sultanti dalla dichiarazione del contribuente, interpretando il

provvedimento concessivo dell'esenzione in modo ritenuto con

forme alla disposizione di cui al citato art. 8, 3° comma, I.

614/66. Non si riesce davvero a comprendere perché, prima di

rettificare la dichiarazione del contribuente, l'amministrazione

delle finanze avrebbe dovuto annullare o revocare in via di au

totutela il provvedimento con cui aveva concesso l'esenzione.

Nel «merito» va rilevato che l'art. 8 1. 614/66, dopo aver con

cesso per le imprese artigiane e le piccole e medie imprese in

dustriali aventi per oggetto produzione di beni, di nuovo im

pianto, l'esenzione da ogni tributo diretto sul reddito, per dieci

anni dalla loro attivazione (1° comma), prevede la stessa esen

zione per le nuove imprese industriali il cui investimento in im

pianti fissi non superi i due miliardi di lire (2° comma) e per il maggior reddito derivante dall'ampliamento di stabilimenti già esistenti il cui investimento sia contenuto entro il predetto limite

(3° comma). Avuto riguardo al fatto che la disposizione concede l'esen

zione per il reddito conseguente all'investimento, deve ritenersi

che quanto essa richiede è che si determini un aumento del red

dito industriale per effetto dell'ampliamento della capacità pro duttiva.

Pertanto, ciò che la legge esenta non è tutto il maggior reddito

comunque registrato dopo l'ampliamento ma solo la quota di

tale aumento riconducibile al potenziamento produttivo. D'altra parte, l'aumento in concreto del reddito può essere in

fluenzato da circostanze (mutamenti economici generali, anda

mento del mercato, fluttuazione dei tassi di cambio) che posso no verificarsi indipendentemente dall'assunzione, da parte del

l'imprenditore, di quelle iniziative che la legge intende agevola re per il solo fatto che siano state intraprese; e, se si accedesse

alla tesi sostenuta dalla sentenza impugnata, si farebbe dipende re la concessione dell'esenzione non più dal potenziamento de

gli impianti, ma da circostanze esterne ai fattori produttivi del

l'impresa e variabili indipendentemente dal potenziamento vo

luto dalla legge.

Appare, dunque, chiaro che la ratio legis va individuata —

coerentemente, del resto, con il dato testuale — nell'intento di

incentivare, come fatto in sé, l'attivazione di nuovi stabilimenti

ed il potenziamento di quelli già esistenti, per i benefici effetti, non necessariamente immediati, che ne sarebbero derivati, sul

piano socio-economico, nei territori indicati dalla legge ed an

cora poco attrezzati sul piano industriale.

In diversi termini, quello produttivistico era lo scopo fonda

mentale della 1. 614/66. Essa ha inteso favorire la realizzazione

o il potenziamento di impianti industriali; e per ciò stesso esenta

il reddito dalle imposte dirette, ma non estende tale esenzione

all'intero incremento di reddito verificatosi in seguito all'am

pliamento dato che l'aumento complessivo non è necessaria

mente conseguenza (e indice) delle maggiori dimensioni dello

stabilimento, arricchito di componenti quali-quantitative che si traducono in una più elevata potenzialità produttiva, ma può an

che ricondursi ad altri fattori estranei a dette componenti. È vero, quindi, che ampliamenti analoghi possono avere ef

fetti reddituali diversi, in relazione alla natura dell'attività e a

molteplici altre cause, ma è proprio per questo che l'esenzione è

calcolata in base a criteri uniformi predeterminati dalla legge e

non sulla scorta di valutazioni di fatto volte ad accertare, caso

per caso, il risultato reddituale post-investimento fino al termine

del periodo decennale.

In definitiva, in caso di ampliamento delle aziende indicate

nella norma ai fini dell'esenzione decennale dalle imposte di

rette sul reddito, la quota da esentare va calcolata con riferi

mento al rapporto intercorrente tra il potenziale produttivo pree sistente e quello risultante dopo l'ampliamento, tradotta in ter

mini percentuali rispetto al reddito complessivo. Nella specie, l'ampliamento degli impianti, secondo la valu

tazione effettuata dall'amministrazione finanziaria, era in grado d'incrementare presumibilmente il reddito in misura pari al 50

per cento di quello preesistente. In presenza di tale aumento, la

percentuale di esenzione rispetto al reddito complessivo non

poteva che individuarsi nel 33,33 per cento di detto valore corri

spondente a 1/3 del volume reddituale globalmente considerato.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

A titolo di esempio, infatti, se si assume pari a 1 il valore del

reddito anteriore all'investimento e a 1/2 (cioè al 50 per cento, come nel caso di specie) l'aumento conseguente all'amplia mento, si ottiene un risultato complessivo pari a 3/2, rispetto al

quale 1/2 rappresenta la terza parte, corrispondente appunto a

una percentuale del 33,33 per cento.

Con l'unico motivo del suo ricorso incidentale la Ruffo s.p.a. denuncia difetto assoluto di motivazione sul rigetto implicito della domanda tesa a ottenere l'ammissione alla maggior esen

zione nella misura dell'80 per cento del reddito complessivo, in

considerazione dell'aumento, valutato ex post, del reddito im

ponibile e del volume d'affari negli anni dal 1981 (anno di ini

zio dei lavori di ampliamento) al 1992 (termine dell'esenzione

decennale). Oltre che erronea alla luce dei principi sopra affermati, la

censura è del tutto infondata. La Ruffo s.p.a. non poteva chiede

re l'ammissione alla maggiore esenzione nella misura dell'80

per cento del reddito complessivo in un giudizio nel quale il te

ma controverso era costituito dalla spettanza o meno alla contri

buente dell'esenzione nella misura del 50 per cento o del 33,33

per cento. Al più, essa avrebbe dovuto far valere siffatta nuova

pretesa in separato e autonomo giudizio. Né rileva sotto il profilo del vizio denunziato che il giudice a

quo non abbia statuito sull'appello incidentale prodotto dalla

Ruffo s.p.a. Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non

basta infatti la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provve dimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso

concreto; il che non si verifica quando la decisione adottata in

contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti il ri

getto di tale pretesa anche se manchi in proposito una specifica

argomentazione (cfr. Cass. 1798/97, Foro it., Rep. 1997, voce

Sentenza civile, n. 23; 4317/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 12). Nel caso in esame, poiché i giudici d'appello dichiararono

spettante la percentuale di esenzione del 50 per cento, con ciò

stesso essi hanno statuito indirettamente anche sulla marchiana

inammissibilità di una richiesta che era fuori del thema deci

dendum. Invero, la riscontrata sussistenza di quella percentuale di esenzione è in rapporto di reciproca esclusione con la dedu

zione posta a base del motivo di gravame pretermesso, che deve

pertanto ritenersi rigettato per implicito. Conclusivamente, la sentenza deve essere cassata in relazione

al ricorso accolto e la causa rinviata ad altra sezione della

Commissione tributaria regionale della Toscana che, nel proce dere a nuovo esame della controversia, si uniformerà al se

guente principio: «Ai fini dell'esenzione decennale dai tributi

diretti prevista dall'art. 8, 3° comma, 1. 22 luglio 1966 n. 614

per il reddito derivante, tra l'altro, dall'ampliamento di stabili

menti industriali già esistenti, situati nei territori indicati dalla

legge, il 'maggior reddito' cui si applica l'esenzione va indivi

duato non in quello comunque registrato in più a seguito del

l'ampliamento ma nella componente strettamente riconducibile

agli effetti dell'investimento e calcolata in termini percentuali

rispetto al reddito complessivamente prodotto, poiché solo tale

quota di aumento può considerarsi indice della maggiore pro duttività conseguente all'investimento, la cui incentivazione co

stituisce la ratio della norma agevolativa».

Il Foro Italiano — 2003.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 10 lu

glio 2003, n. 10335; Pres. Cristarella Orestano, Est. Del

Core, P.M. Matera (conci, diff.); Min. finanze e Ufficio del

registro di Pistoia (Avv. dello Stato Aiello) c. Soc. Coagen.

Conferma Comm. trib. reg. Toscana 9 marzo 1998.

Tributi in genere — Esenzioni ed agevolazioni — Edilizia —

Denuncia ultimazione lavori — Mancata presentazione —

Recupero dei tributi dovuti — Termine triennale — De

correnza (L. 2 luglio 1949 n. 408, disposizioni per l'incre

mento delle costruzioni edilizie; d.l. 11 dicembre 1967 n.

1150, proroga dei termini per l'applicazione delle agevolazio ni tributarie in materia di edilizia, art. 6; 1. 7 febbraio 1968 n.

26, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 11 di

cembre 1967 n. 1150, art. unico; d.l. 22 dicembre 1981 n.

790, ulteriore proroga delle agevolazioni fiscali a favore delle

zone del Friuli-Venezia Giulia colpite dal terremoto del 1976,

dei territori della provincia di Trieste e delle zone depresse del centro-nord. Elevazione dei limiti degli investimenti in

impianti fissi di cui agli art. 8 e 12 1. 22 luglio 1966 n. 614, art. 1; 1. 23 febbraio 1982 n. 47, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 22 dicembre 1981 n. 790, art. unico).

In tema di agevolazioni tributarie per l'edilizia abitativa di cui

alla l. 2 luglio 1949 n. 408, in caso di mancata presentazione da parte del contribuente della denuncia attestante l'adem

pimento degli obblighi richiesti per la conferma delle agevo

lazioni fruite in via provvisoria ali 'atto della registrazione, il

termine triennale per l'azione dell'amministrazione finanzia ria per il recupero dei tributi in misura ordinaria decorre dal

31 dicembre 1986. (1)

Svolgimento del processo. — Il 7 luglio 1990 l'ufficio del re

gistro di Pistoia notificò alla Sabatini costruzioni edili — in se

guito denominatasi Coagen s.r.l. — avviso di liquidazione per

recupero tasse, soprattasse e spese pecuniarie, ritenendola deca

duta dalle chieste agevolazioni tributarie previste dalla 1. 2 lu

glio 1949 n. 408 e successive modificazioni.

La società impugnò l'avviso deducendo che erano decorsi

ventidue anni dall'atto registrato e che il termine ultimo stabi

lito dalla legge per la denuncia di ultimazione dei lavori era

scaduto il 31 dicembre 1985.

La commissione tributaria di primo grado accolse il ricorso e

la decisione — appellata dall'ufficio sul duplice rilievo che il

contribuente non aveva mai presentato denuncia e che il corso

del termine decadenziale era stato interrotto con la notifica di

un'intimazione, in data 27 maggio 1987 — venne confermata

dalla Commissione tributaria regionale della Toscana, la quale ritenne tardiva la notifica dell'avviso di liquidazione osservando

che: a) la parte non aveva mai presentato denuncia di ultimazio

(1) Negli stessi termini, v., nella giurisprudenza della Suprema corte,

Cass. 21 giugno 2001, n. 8459, Foro it., Rep. 2002, voce Tributi in ge

nere, n. 1649: 11 settembre 2001, n. 11606, ibid., n. 1648, e Bollettino

trib., 2002, 1430 (m), con nota di Pace, In tema di agevolazioni condi

zionate: termini e modalità dei benefici e nascita dell'obbligazione tri

butaria-, più di recente, Cass. 4 luglio 2003, n. 10605, Foro it., Mass.,

970. Il conforme orientamento dell'amministrazione finanziaria si rinvie

ne in min. fin., circ. 24 febbraio 1988, n. 19/250617, Fisco, 1988, 190.

Contra, in dottrina, Pennarola, Mezzo secolo non è sufficiente per la

definizione delle agevolazioni tributarie contenute nella legge Tupini del 2 luglio 1949 n. 408 (disposizioni per l'incremento delle costruzio

ni edilizie), in Riv. giur. edilizia, 2000,1, 520, per il quale «il diritto del

fisco è salvo fino al terzo anno successivo a quello della presentazione della denuncia».

Prima che venisse fissato al 31 dicembre 1985 (giusta il d.l. 22 di

cembre 1981 n. 790, convertito, con modificazioni, nella 1. 23 febbraio

1982 n. 47) il termine per l'ultimazione dei lavori, la giurisprudenza individuava nella presentazione della relativa denuncia il dies a quo da

cui far decorrere il triennio concesso agli uffici finanziari per il recupe ro dell'imposta dovuta in misura ordinaria: in tal senso, v., ex plurimis, Cass. 3 luglio 1980, n. 4227, Foro it., Rep. 1980, voce Registro (impo

sta), n. 371.

Sull'obbligo di denuncia previsto dall'art. 6 d.l. 11 dicembre 1967 n.

1150, v. Cass. 19 dicembre 1986, n. 7734, id., 1987, I, 1802, con nota

di richiami.

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