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sezione tributaria; sentenza 22 settembre 2006, n. 20526; Pres. Favara, Est. Cicala, P.M....

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sezione tributaria; sentenza 22 settembre 2006, n. 20526; Pres. Favara, Est. Cicala, P.M. Gambardella (concl. diff.); Min. economia e finanze e altra (Avv. dello Stato) c. Soc. F.lli Santonocito e altri. Conferma Comm. trib. reg. Sicilia 20 settembre 2003 Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3333/3334-3335/3336 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23201785 . Accessed: 25/06/2014 06:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.38 on Wed, 25 Jun 2014 06:31:09 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione tributaria; sentenza 22 settembre 2006, n. 20526; Pres. Favara, Est. Cicala, P.M.Gambardella (concl. diff.); Min. economia e finanze e altra (Avv. dello Stato) c. Soc. F.lliSantonocito e altri. Conferma Comm. trib. reg. Sicilia 20 settembre 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3333/3334-3335/3336Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201785 .

Accessed: 25/06/2014 06:31

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G [UR IS PRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

si deduce violazione ed erronea applicazione dell'art. 156, 6°

comma, c.c. La formulazione dell'invocata disposizione codici

stica lascerebbe intendere, secondo il ricorrente, che l'imposi zione dell'ordine di pagamento da parte di terzi dell'importo

dell'assegno di mantenimento debba essere oggetto di prudente

apprezzamento del giudice, il quale non potrebbe prescindere, nella valutazione circa l'opportunità dell'emissione di tale ordi

ne, dalla comparazione tra le ragioni della richiesta da parte del

l'avente diritto e quelle del ritardo nell'adempimento. La corte

di merito non avrebbe affatto compiuto una siffatta valutazione,

limitandosi ad affermare l'irregolarità dell'adempimento e ad

avanzare dubbi sull'esattezza e puntualità dei futuri versamenti

sulla sola base del ritardo nella corresponsione di alcune mensi

lità. 2. - Con il secondo motivo, si lamenta omessa ed insuffi

ciente motivazione circa un punto decisivo della controversia.

La corte territoriale avrebbe omesso ogni considerazione in or

dine agli impegni già assunti dal S. con terzi ed all'elemento

psicologico della condotta dello stesso, limitandosi, al fine di

valutare l'opportunità dell'applicazione della disposizione del

l'art. 156, 6° comma, c.c., alla verifica della puntualità dei pa

gamenti, senza neanche considerare che l'ulteriore costrizione

cui il ricorrente era stato sottoposto finiva per pregiudicare un

rapporto coniugale che non era cessato per effetto della sola se

parazione. 3.-1 motivi, che, in quanto collegati da un'intima connessio

ne logica, vanno esaminati congiuntamente, non sono meritevoli

di accoglimento. 4.1. - L'art. 156, 6° comma, c.c. attribuisce al giudice la pos

sibilità, oltre che di disporre il sequestro di parte dei beni del

coniuge obbligato, di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere, anche periodicamente, somme di denaro all'obbligato, che una

parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto.

Questa corte ha, al riguardo, rilevato che la richiamata dispo sizione dev'essere interpretata non già nel senso che un tale or

dine debba indefettibilmente avere ad oggetto solo una parte delle somme dovute dal terzo, quale che in concreto ne sia la

misura e quale che, in concreto, sia l'importo dell'assegno di

mantenimento, bensì nel senso (ed in armonia con il più ampio «blocco» normativo costituito, in subiecta materia, dagli art.

148 ss. c.c.. dall'art. 8 1. div., dagli art. 3 e 30 Cost.) che il giu dice possa legittimamente disporre il pagamento diretto dell'in

tera somma dovuta dal terzo, quando questa non ecceda, ma an

zi realizzi pienamente, l'assetto economico determinato in sede

di separazione con la statuizione che, in concreto, ha quantifi cato il diritto del coniuge beneficiario (Cass. n. 12204 del 1998,

Foro it:, Rep. 1999, voce Separazione di coniugi, n. 95). Il quadro esegetico si completa con l'affermazione — riferita

da questa corte all'altra ipotesi prevista dallo stesso art. 156, 6°

comma, c.c., quella del sequestro di beni dell'obbligato, ma ap

plicabile anche a quella che ne occupa, accomunata alla prima nella formulazione della norma e nella finalità, ad entrambe le

ipotesi sottesa, dell'assicurazione dell'adempimento dell'obbli

gazione concernente la corresponsione dell'assegno di mante

nimento in favore del coniuge avente diritto — della subordina

zione della facoltà del giudice di ordinare la misura di cui si

tratta all'inadempimento dell'obbligato, ma non anche alla gra vità dello stesso o all'intento di eludere l'obbligo (Cass. n. 4861

del 1989, id.. Rep. 1989, voce cit., n. 68). 4.2. - La richiamata esegesi del disposto dell'art. 156, 6°

comma, c.c., porta a negare ogni fondamento all'ipotesi erme

neutica avanzata dal ricorrente, secondo il quale l'esercizio del

potere discrezionale del giudice di ordinare a terzi il versamento

diretto all'avente diritto di somme di denaro che costoro siano

tenuti a corrispondere all'obbligato postulerebbe la compara zione tra le ragioni della richiesta in tal senso avanzata dall'a

vente diritto a quelle dell'inadempimento. In realtà, il prudente apprezzamento del giudice va esercitato

con riguardo alla valutazione dell'idoneità dei comportamenti

dell'obbligato a frustrare la finalità dell'assegno di manteni

mento. e non, invece, alla considerazione delle esigenze del

l'obbligato. 4.3. - Nella specie, la corte partenopea ha fornito un'esaustiva

motivazione delle ragioni della ritenuta correttezza dell'uso da

parte del Tribunale di Torre Annunziata del potere attribuito al

giudice dal ricordato art. 156, 6° comma, c.c. Al riguardo, essa

ha analiticamente, e puntigliosamente, ricostruito, attraverso la

Il Foro Italiano — 2006.

documentazione esistente agli atti, le modalità dei pagamenti ef

fettuati dal S. alla N., rilevando che era stato omesso il versa

mento relativo al mese di novembre 2001. peraltro recuperato con doppio versamento nel successivo mese di dicembre, e che

era poi stata versata una somma inferiore a quella dovuta nei

mesi di gennaio e febbraio 2002, con parziale recupero nel suc

cessivo mese di marzo; e, ancora, che era stato versato meno del

dovuto nei mesi di maggio, giugno e luglio, con recupero solo

parziale con un versamento nel mese di agosto, un altro, di im

porto maggiore, nel mese di ottobre, ed un altro modesto versa

mento nel mese di novembre, sicché' complessivamente nei tre

dici mesi dall'ottobre 2002, nel quale era stato eseguito il pri mo, all'ottobre 2003, a fronte di versamenti dovuti per euro

7.385,30, erano stati versati solo euro 6.456,30. La corte ha poi osservato che, successivamente, essendo ma

turata la prima rivalutazione dell'assegno (passato, quindi, ad

euro 582,30), il S. non solo aveva omesso di provvedere al ver

samento delle somme non corrisposte per l'anno precedente, ma

aveva anche cominciato ad eseguire, peraltro con cadenza inco

stante, versamenti di entità variabile (euro 600 nel mese di di

cembre, euro 560 nel mese di gennaio 2003, euro 600 nel suc

cessivo mese di febbraio, euro 560 nel mese di marzo).

Dagli indicati elementi la corte territoriale ha, con apprezza mento insindacabile nella presente sede di legittimità siccome

congruamente e logicamente motivato, tratto il convincimento

della condivisibilità di quei dubbi circa l'esattezza e regolarità del futuro adempimento dell'obbligazione a carico del S., che

avevano indotto il Tribunale di Torre Annunziata ad adottare la

misura contestata.

5. - In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 22

settembre 2006, n. 20526; Pres. Favara, Est. Cicala, P.M.

Gambardella (conci, diff.); Min. economia e finanze e altra

(Avv. dello Stato) c. Soc. F.lli Santonocito e altri. Conferma Comm. trib. reg. Sicilia 20 settembre 2003.

Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti pubblici

— Annullamento dell'atto impositivo — Ri

scossione provvisoria — Esclusione (D.leg. 31 dicembre

1992 n. 546, disposizioni sul processo tributario in attuazione

della delega al governo contenuta nell'art. 30 1. 30 dicembre

1991 n. 413, art. 68). Contabilità e bilancio dello Stato — Credito erariale fondato

su atto impositivo annullato — Fermo amministrativo del

credito del contribuente — Illegittimità (R.d. 18 novembre

1923 n. 2440, nuove disposizioni sull'amministrazione del

patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, art. 69;

d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 68).

L'ufficio finanziario non può procedere alla riscossione del de

bito di imposta qualora l'atto impositivo sia stato annullato

dal giudice tributario, anche se la sentenza non è passata in

giudicato. (1) È illegittimo il fermo amministrativo di un credito d'imposta

(1) Conf. Cass. 2 luglio 2003, n. 10436, Foro it., Rep. 2004, voce Ri

scossione delle imposte, n. 214, e Riv. dir. trib.. 2004, II, 274, con nota

di Randazzo, secondo cui l'amministrazione finanziaria non può notifi

care un'ingiunzione fiscale nei confronti del contribuente, quando il

giudice tributario, davanti al quale sia stato portato l'esame del titolo

sottostante l'ingiunzione, l'abbia posto nel nulla, quand'anche con

sentenza non ancora passata in giudicato. Nella giurisprudenza tributaria, v. Comm. trib. centrale 9 luglio

2002, n. 5752, Foro it.. Rep. 2002, voce cit., n. 161, ad avviso della

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PARTE PRIMA 3336

(nella specie, Iva) del contribuente qualora il credito erariale

si fondi su un atto impositivo annullato dal giudice tributario,

anche se la sentenza non è passata in giudicato. (2)

Svolgimento del processo. — La società di fatto F.lli Santo

nocito impugnava l'avviso con cui l'ufficio Iva di Catania ave

va comunicato la sospensione, ai sensi dell'art. 69 r.d. 2440/23,

del rimborso di lire 18.900.000 richiesto ex art. 30 d.p.r. 633/72, in considerazione del credito vantato dal fisco per effetto di un

avviso di accertamento di maggiore imposta per l'anno di impo sta 1981.

La commissione tributaria adita accoglieva il ricorso, risul

tando che l'avviso di accertamento relativo all'anno 1981 era

stato annullato e la decisione veniva confermata dalla Commis

sione tributaria regionale della Sicilia (sezione distaccata di

Catania), che con sentenza n. 180/31/03 del 20 settembre 2003,

rigettava l'appello dell'ufficio.

Avverso la sentenza di secondo grado l'ufficio proponeva ri

corso per cassazione, articolato in due motivi, col primo dei

quali sollevava questione di giurisdizione, assumendo che in

relazione all'atto impugnato non sarebbe configurabile la giuris dizione delle commissioni tributarie. ■

Le sezioni unite di questa corte con sentenza 28 marzo 2006,

n. 7023 rigettavano il primo motivo di ricorso, dichiaravano la

giurisdizione del giudice tributario; rimettevano la controversia

al primo presidente per l'assegnazione alla sezione semplice in

ordine alle residue questioni. Motivi della decisione. — Il primo motivo di ricorso è già

stato deciso con la citata sentenza delle sezioni unite.

Con il secondo motivo di ricorso l'amministrazione deduce

una violazione dell'art. 69 r.d. 2440/23, sostiene cioè che solo il

passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dell'atto

impositivo farebbe venir meno le esigenze cautelari che giustifi cano l'adozione del «fermo amministrativo».

Il motivo deve essere rigettato. Ancorché l'amministrazione

invochi a sostegno della propria tesi la sentenza di questa corte

quale deve ritenersi illegittima l'ingiunzione di versamento della fra

zione di imposta dovuta per legge a seguito della decisione giurisdizio nale di primo grado, favorevole all'ufficio, se nelle more del paga mento sia sopravvenuta sentenza di secondo grado di totale annulla mento della pretesa tributaria: Comm. trib. prov. Modena 9 dicembre

1997. id.. Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 1900, secondo cui è il

legittimo qualsiasi atto dell'amministrazione diretto a ottenere la ri scossione del tributo successivamente alla sentenza della commissione tributaria provinciale ad essa sfavorevole: v. anche Comm. trib. prov. Milano 20 ottobre 1998. id.. Rep. 1999, voce Riscossione delle imposte, n. 133, per la quale l'iscrizione nel ruolo straordinario dell'intera impo sta accertata diviene inefficace qualora sopravvenga una sentenza della commissione di primo grado, che. accogliendo anche parzialmente il ri

corso. riduca l'imponibile accertato. In dottrina, v. Consolo, Sulla perdita di efficacia degli atti annullati

con decisione ancora non passata in giudicato e dei riflessi eli ciò sulla

riscossione, in Riv. dir. trib.. 1991. I, 32.

(2) Di contrario avviso, in motivazione, Cass. 2 marzo 2004. n. 4219. Foro it.. Rep. 2005, voce Contabilità dello Stato, nn. 41-43 (la sentenza è annotata da Sanasi, in Rass. ari'. Stato, 2004, 838).

Cfr. anche Cass. 5 dicembre 2001, n. 15388. Foro it., Rep. 2001, voce Valore aggiunto (imposta), n. 423. per la quale gli art. 68 e 69 d.leg. 546/92 sono espliciti nell'affermare che le sentenze delle commissioni tributarie sono provvisoriamente esecutive a favore del contribuente

(sia pure dopo notifica delle stesse da parte del contribuente) per quanto attiene agli esborsi che il contribuente abbia compiuto a favore del fisco in esecuzione del provvedimento impositivo, mentre diverso è il caso del credito d'imposta del contribuente chiesto a rimborso, in re lazione al quale la disciplina legislativa è improntata a cautele atte ad evitare che le somme rimborsate abbiano a non essere più recuperabili: tali cautele si concretano nella sospensione della disponibilità della somma per il contribuente, fino a quando il rapporto non sia definito.

Sui presupposti del fermo amministrativo, v. Cass. 5 marzo 2004, n.

4567, id.. Rep. 2004. voce Contabilità dello Stato, n. 38, e Guida al dir.. 2004, fase. 19, 38, con nota di Finocchiaro, secondo cui il prov vedimento di sospensione del pagamento previsto dall'art. 69, ultimo comma, r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 prescinde da qualsivoglia va lutazione circa la sussistenza o meno di un periculum in mora, mentre il

fumus boni iitris della ragione di credito vantata dall'amministrazione deve poi intendersi come mera non irragionevolezza della pretesa, e

quindi la misura può essere adottata a tutela di un credito non attual mente liquido ed esigibile, che l'amministrazione abbia, ovvero preten da di avere, nei confronti del suo creditore.

Il Foro Italiano — 2006.

n. 4219 del 2 marzo 2004 (Foro it., Rep. 2005, voce Contabilità

dello Stato, n. 41) in cui si afferma, per altro senza specifica motivazione, che il fermo amministrativo è giustificato pur in

presenza di una pretesa tributaria disattesa dalla commissione di

secondo grado. Ritiene invece il collegio che la sentenza che accoglie il ri

corso del contribuente e annulla l'atto impositivo priva, sia pure non in via definitiva (non essendosi ancora formato il giudicato) del supporto di un atto amministrativo legittimamente la pretesa

tributaria, che non può più formare oggetto di alcuna forma di

riscossione provvisoria. In sostanza viene meno il titolo su cui si

fonda la «ragione di credito». Ed il 2° comma dell'art. 68 d.leg. 546/92 stabilisce addirittura che se il ricorso viene accolto, il

tributo eventualmente corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale

(ma sembra logico che a maggior ragione il rimborso sia dovuto

ove sia intervenuta la sentenza d'appello) deve essere rimbor

sato d'ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della

sentenza (non ancora passata in giudicato), con i relativi interes

si previsti dalle leggi fiscali.

Dunque la legge vuole che la situazione patrimoniale del

contribuente non sia pregiudicata da un atto amministrativo che

il giudice competente ha valutato illegittimo; neppure sotto il

limitato profilo di un diritto dell'amministrazione a trattenere

quanto versato, magari spontaneamente, dal contribuente. E — a

maggior ragione — deve essere esclusa ogni forma di riscossio

ne coattiva del credito quale nella sostanza si realizzerebbe ove

il contribuente dovesse subire il «ferino» del rimborso di una

somma cui ha (in base alle procedure che disciplinano la mate

ria) diritto.

La conclusione così raggiunta, trova rispondenza nel princi

pio di «parità delle parti» sancita dall'art. 111 Cost.

Invero nella fase amministrativa dell'accertamento e della ri

scossione dei crediti tributari, la legge riconosce all'ammini

strazione pubblica poteri sopraordinati rispetto alle controparti; ed in questo quadro si collocano i vari istituti che consentono

all'amministrazione di tutelare i propri crediti adottando diret

tamente misure cautelari che invece i privati debbono richiedere

al giudice. Quando però si entra nell'ambito del processo, le parti deb

bono essere collocate «in condizioni di parità», davanti al giudi ce terzo e imparziale. E questa «parità» sarebbe lesa ove l'am

ministrazione potesse continuare a godere di una garanzia che,

lungi dall'essere avallata dal giudice, sia stata da questo disatte

sa e dichiarata illegittima.

Queste considerazioni di principio appaiono poi applicabili anche al caso di specie, ancorché la pretesa tributaria sia stata

disattesa con provvedimento della Commissione tributaria di se

condo grado (ora sostituita dalla Commissione tributaria regio

nale), cioè in epoca anteriore all'entrata in vigore del d.leg. 546/92, dal momento che il fermo è stato disposto nella vigenza del d.leg. 546/92.

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