sezione tributaria; sentenza 23 maggio 2005, n. 10864; Pres. Riggio, Est. Cicala, P.M.Gambardella (concl. diff.); Min. economia e finanze (Avv. dello Stato De Stefano) c. Merlo (Avv.Sibilio, Sabbatucci). Conferma Comm. trib. reg. Lazio 20 luglio 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 10 (OTTOBRE 2005), pp. 2711/2712-2713/2714Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201541 .
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PARTE PRIMA
pendenti pubblici, e sia pure attraverso un iter non altrettanto
organico, ma al fine di dare concreta e puntuale applicazione al
2° comma dell'art. 103 Cost., alla stregua del quale le norme
ordinarie sopra indicate devono essere interpretate. 9. - Il Panzone, non amministratore né dipendente del consor
zio, ma presidente della società che curò l'investimento finan
ziario in questione, è stato citato in giudizio quale funzionario di
fatto del consorzio stesso: sul punto, l'atto di citazione eviden
zia il suo «ruolo di esclusivo dominus assoluto dell'operazione da lui condotta in assenza di alcuna seria valutazione e cono
scenza dei fatti da parte degli organi di amministrazione del
consorzio, che si erano spogliati di ogni possibilità di scelta e di intervento anche in conseguenza della delega a rappresentare l'ente con procura illimitata, conferita ad un funzionario ignaro di questioni finanziarie, a firmare impegni e contratti di cui pa radossalmente ignorava il contenuto essendo redatti in lingua a
lui sconosciuta».
Al riguardo, e con il secondo motivo del proprio ricorso, lo
stesso Panzone, nel denunciare la violazione degli art. 2472,
2487, 2392 e 2394 c.c. e dell'art. 93 t.u. 267/00, rileva che egli non ha mai agito in proprio, ma solo quale presidente della so
cietà, e che non ricorrono i presupposti per potersi ravvisare un
rapporto di servizio con il consorzio.
Il motivo è inammissibile. L'atto di citazione non ha infatti trascurato di considerare la
qualità rivendicata dal ricorrente, ma afferma che, nonostante
essa, il Panzone è egualmente assoggettabile alla giurisdizione contabile per le ragioni sopra esposte.
Essendo lo stesso atto ispirato a criteri giuridici in astratto del
tutto esatti, l'accertamento dell'effettiva sussistenza dei relativi
presupposti involge una questione di fatto, che dovrà essere
esaminata e decisa dal giudice investito della competenza giu risdizionale.
10. - Dichiarata, pertanto, la giurisdizione della Corte dei
conti essendo stati commessi i fatti, di cui all'atto di citazione, successivamente all'entrata in vigore dell'art. 1, ultimo comma, 1. n. 20 del 1994 e successive modifiche.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 23
maggio 2005, n. 10864; Pres. Riggio, Est. Cicala, P.M. Gambardella (conci, diff.); Min. economia e finanze (Avv. dello Stato De Stefano) c. Merlo (Avv. Sibilio, Sabbatucci).
Conferma Comm. trib. reg. Lazio 20 luglio 1998.
Tributi in genere — Commissioni tributarie — Domanda nuova in appello —
Fattispecie (D.p.r. 29 settembre 1973 n.
600, disposizioni comuni in materia di accertamento delle im
poste sui redditi, art. 36 bis; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602,
disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art.
17; d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al governo contenuta nel l'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413, art. 57).
Tributi in genere — Liquidazione delle imposte in base alla dichiarazione — Rettifica dei risultati della dichiarazione — Termine (D.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, art. 36 bis, 43;
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, art. 17).
Il contribuente che abbia chiesto alla commissione tributaria
provinciale l'annullamento di una cartella di pagamento de ducendo l'intervenuta decadenza dell'amministrazione finan ziaria sotto il profilo del mancato rispetto del termine di cui all'art. 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, può, in sede di
appello, dolersi della violazione (anche) del termine di cui all'art. 17 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, senza con ciò
Il Foro Italiano — 2005.
violare il divieto dei nova in appello di cui all'art. 57 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546. (1)
I ruoli predisposti a seguito delle rettifiche eseguite in forza dell'art. 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 debbono esse
re notificati al contribuente entro il termine derivante dal
combinato disposto degli art. 17 d.p.r. 29 settembre 1973 n.
602 e 43, 1° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 (appli cabile ratione temporis) e non è sufficiente siano pervenuti nel medesimo termine all'intendenza di finanza o all'esatto
re. (2)
Svolgimento del processo. — L'amministrazione finanziaria
con atto notificato il 25 giugno 1999 ricorre per cassazione de
ducendo un unico motivo avverso la sentenza n. 98110171 de
positata il 20 luglio 1998 e notificata all'ufficio il 27 aprile 1999 con cui la Commissione tributaria regionale per il Lazio rigettava l'appello dell'ufficio avverso la sentenza di primo
grado che aveva dichiarato la nullità della cartella di pagamento emessa a carico della contribuente Rosa Merlo, in quanto emes
sa oltre la scadenza del termine di cui all'art. 36 bis d.p.r. 600/73.
La contribuente resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso
l'amministrazione deduce, in via principale, violazione di legge
per avere la commissione regionale accolto il motivo di impu
gnazione dell'ufficio e tuttavia confermato la sentenza di primo
grado sulla base di un principio non dedotto dalla contribuente
in primo grado, ma solo con l'atto di appello (decorso del ter
mine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 17 d.p.r. 602/73).
Il profilo risulta infondato.
( 1 ) Non si rinvengono, nella giurisprudenza della Suprema corte,
precedenti editi in termini. Sul divieto dello ius novorum nell'appello proposto avverso le sen
tenze delle commissioni tributarie provinciali, v. Cass. 26 marzo 2002, n. 4335, Foro it., 2003, I, 1232, secondo cui si ha domanda nuova, ai sensi dell'art. 57, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, quando il
contribuente, nell'atto di appello, introduce una causa petendi diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema di indagine.
Più di recente, cfr. Cass. !2 agosto 2004, n. 15646, id., Rep. 2004, voce Tributi in genere, n. 1422, per la quale nei processo tributario la
preclusione della possibilità di sollevare eccezioni nuove in appello, posta dall'art. 57 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, non comporta l'im
proponibilità dell'illustrazione con nuovi argomenti di eccezioni già formulate, laddove non venga violato il divieto di ampliamento in ap pello del thema decidendum né della nuova prospettazione di c.d. ecce zioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a sollecitare il rilievo
d'ufficio, da parte del giudice, dell'inesistenza di fatti costitutivi del di ritto fatto valere in giudizio, della cui prova è onerata l'altra parte.
E opinione condivisa in giurisprudenza che è improponibile per la
prima volta in appello la deduzione (non prospettata, sotto nessun pro filo, in primo grado) con la quale si affermi la decadenza dell'ammini strazione finanziaria: v. Cass. 22 novembre 2004, n. 22015, ibid., n.
1421; 20 febbraio 2003, n. 2552, id., Rep. 2003, voce cit., n. 1671, e Corriere trib., 2003, 1903, con nota di Ianniello; 12 giugno 2002, n. 8352, Foro it.. Rep. 2002, voce cit., n. 1971; 8 giugno 1999, n. 5634, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1670; 16 gennaio 1999, n. 404, ibid., n. 1441, e Corriere trib., 1999, 1909, con nota di Randazzo, Decadenza dal potere di accertamento per mancato esercizio nei termini, e Giur.
imp., 1999, 252, con nota di Berliri, Termini di decadenza e rilevabi lità nel giudizio tributario: due pesi e due misure.
La sentenza in epigrafe è annotata da Pistolesi, lì mutamento della norma posta a fondamento della domanda non configura «fatti nuovi»
vietati, in Corriere trib., 2005, 2785.
(2) In termini, v. Cass., sez. un., 23 dicembre 2004, n. 23826, Foro it.. Rep. 2004, voce Tributi in genere, n. 1071; 12 novembre 2004, n.
21498, id., 2005, I, 716, con nota di riferimenti; conf., nella giurispru denza di merito, Comm. trib. prov. Macerata 14 settembre 2004, Riv.
giur. trib., 2005, 267, con nota di Taglioni. In dottrina, cfr., da ultimo, Glendi, Sui termini per la liquidazione ex
art. 36 bis d.p.r. 600/73 e per la notifica del ruolo, ibid., 219. Sui termini per la notifica delle cartelle di pagamento, v. Corte cost.
15 luglio 2005, n. 280, in questo fascicolo, I. 2629, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 25 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, come modificato dal d.leg. 27 aprile 2001 n. 193, nella parte in cui non pre vede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il conces sionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle
imposte liquidate ai sensi dell'art. 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Invero la commissione tributaria regionale ha preso in consi
derazione circostanze di fatto dedotte fin dall'atto introduttivo e
provate in causa in quanto non contestate.
E cioè indiscusso che il 13 marzo 1995 è stata notificata alla
contribuente cartella di pagamento relativa all'Irpef 1988. Ed è
del pari indiscusso che la contribuente ha impugnato la cartella
stessa deducendo l'intervenuta decadenza dell'amministrazione; sotto il profilo giuridico ha sorretto la sua tesi, in primo grado, adducendo il mancato rispetto del termine di cui all'art. 36 bis
d.p.r. 600/73, in sede di appello ha (anche) sottolineato il man
cato rispetto del termine di cui all'art. 17 d.p.r. 602/73.
Questa ulteriore considerazione è stata condivisa dalla com
missione tributaria regionale, osservando (esattamente) che il
termine di cui all'art. 17 scadeva il 31 dicembre 1994.
Ritiene il collegio che così operando il giudice di secondo
grado non ha preso in considerazione fatti nuovi e differenti ri
spetto a quelli dedotti (ed accertati) in primo grado; ed ha sol
tanto qualificato in termini giuridici diversi la deduzione di de cadenza, già proposta con il ricorso introduttivo.
Non è dunque stato violato l'art. 57 d.leg. 546/92 (che ricalca
l'art. 345 c.p.c.) e secondo cui nel giudizio d'appello non pos sono proporsi domande nuove e non possono proporsi nuove
eccezioni che non siano rilevabili anche d'ufficio. Si ha infatti
domanda nuova, inammissibile in appello, per modificazione
della causa petendi solo quando i nuovi elementi, dedotti innan
zi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei
fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l'oggetto so
stanziale dell'azione ed i termini della controversia, in modo da
porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è
svolto in quella sede il contraddittorio (Cass. 25 giugno 2003, n.
10128, Foro it., Rep. 2003, voce Appello civile, n. 57). Ed in tema di contenzioso tributario, si ha violazione dell'art. 57, 1°
comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, quando il contribuente, nell'atto di appello, introduce, al fine di ottenere l'eliminazione — o la riduzione delle conseguenze dell'atto impugnato, una
causa petendi diversa, fondata su situazioni giuridiche non pro
spettate in primo grado, sicché risulti inserito nel processo un
nuovo tema di indagine (Cass. 26 marzo 2002, n. 4335, id.,
2003,1, 1232). Questa violazione si sarebbe certo realizzata se l'argomenta
zione relativa alla decadenza dell'ufficio dai poteri impositivi fosse stata proposta solo con l'atto di appello (Cass. 20 febbraio
2003, n. 2552, id., Rep. 2003, voce Tributi in genere, n. 1671; ed in relazione alla nullità dell'avviso di accertamento, Cass. 8
settembre 2003, n. 13087, ibid., n. 1720). Mentre la violazione suddetta non si è verificata nel, ben di
verso, caso in esame.
La tesi accolta dal giudice d'appello era poi fondata dal mo
mento che le sezioni unite di questa corte hanno affermato che
l'esercizio dei poteri impositivi dell'amministrazione finanzia
ria deve essere sottoposto a termini certi, e quindi i ruoli predi
sposti a seguito delle rettifiche eseguite in forza dell'art. 36 bis
d.p.r. 600/73 debbono essere notificati al contribuente entro il
termine derivante dal combinato disposto degli art. 17 d.p.r. n.
602 del 1973 e 43, 1° comma, d.p.r. n. 600 del 1973 (applicabile ratione temporis), e non è sufficiente siano pervenuti nel mede
simo termine all'intendente di finanza, o all'esattore (sentenza 12 novembre 2004, n. 21498, id., 2005,1, 716).
Deve quindi essere respinto anche il secondo e subordinato
profilo di impugnazione proposto dall'avvocatura dello Stato.
Ed il ricorso nel suo insieme deve essere rigettato.
Il Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 4 mag
gio 2005, n. 9213; Pres. Pontorieri, Est. Settimi, P.M. Ca
fiero (conci, conf.); Calafiore e altri (Avv. Ruberto, De
Palma) c. Cutrignelli (Avv. Ferrigni, Giannuzzi Cardone), Condominio via Napoli 199, Bari. Dichiara inammissibile ri corso avverso Giud. pace Bari 3 agosto 2001.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Controversie — Partecipazione dei singoli condomini —
Legittimazipne ad impugnare — Limiti — Fattispecie (Cod. civ., art. 1131).
Il singolo condomino, che non abbia partecipato al giudizio
promosso nei confronti dell'amministratore ed avente ad
oggetto l'obbligo di altro condomino di contribuire alle spe se relative alla tubatura comune di adduzione del gas, non ha
legittimazione ad impugnare la relativa sentenza. (1)
(1) In senso conforme, v. Cass. 3 luglio 1998, n. 6480, Foro it., Rep. 1998, voce Comunione e condominio, n. 64; 29 agosto 1997, n. 8257, ibid., n. 73 (per esteso, in Arch, locazioni, 1997, 982, che ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione proposto da alcuni condomini, rimasti estranei ai precedenti gradi di giudizio, avverso sentenza in te ma di impugnazione di delibera assembleare relativa alla ripartizione delle spese di pulizia del fabbricato condominiale); 12 marzo 1994, n.
2393, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n, 237 (e Giust. civ., 1994, I, 3159, con nota di M. De Tilla, con riferimento a controversia avente ad og getto l'impugnazione di delibera dell'assemblea condominiale riguar dante la gestione del servizio di ascensore). Secondo Cass. 27 febbraio
1998, n. 2158, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 162 (riportata per esteso in Ross, locazioni, 1998, 393, con nota di M. De Tilla), tuttavia, nella lite instaurata da un singolo condomino contro il condominio in perso na dell'amministratore, volta ad ottenere dal giudice la pronunzia di
annullamento, per contrarietà al regolamento condominiale contrattua
le, di una certa ripartizione di spesa, ciascun condomino può opporsi in
via autonoma alla domanda di annullamento, intervenendo in giudizio ex art. 105 c.p.c., per far valere il suo diritto di partecipare alle spese comuni in misura corrispondente alla sua quota di proprietà sulle cose e
sui servizi comuni. Cfr. anche Cass. 19 novembre 1992, n. 12379, Foro it., Rep. 1993, vo
ce cit., n. 216 (e Arch, locazioni, 1993, 533), secondo la quale nelle cause promosse da uno dei condomini per impugnare le deliberazioni
assembleari, ove queste non attengano a diritti sulle cose comuni, la le
gittimazione passiva spetta esclusivamente all'amministratore del con
dominio, e quindi va ricoposciuta agli altri condomini la capacità di de
porre come testi, non essendo essi portatori di un interesse che li abiliti a partecipare al giudizio. La capacità a testimoniare dei condomini non
personalmente coinvolti nella vicenda processuale viene, invece, esclu
sa da Cass. 16 luglio 1997, n. 6483, Foro it., Rep. 1997, voce Prova te
stimoniale, n. 38 (che si legge in Arch, locazioni, 1997, 793), nel caso
di azione promossa dall'amministratore nei confronti di uno dei con
domini per la riscossione dei contributi dovuti per le spese comuni, sul
rilievo che in tale ipotesi, attesa la posizione di mandatario e rappre sentante dei condomini assunta dall'amministratore, i condomini stessi
devono ritenersi parti in causa.
Circa il principio della «rappresentanza reciproca» e della «legitti mazione sostitutiva» dei condomini, in base al quale essi devono rite nersi legittimati ad agire, anche singolarmente, a difesa di diritti con nessi alla partecipazione condominiale e ad impugnare eventuali sen tenze sfavorevoli pronunziate nei confronti del condominio rappresen tato dall'amministratore, cfr., tra le tante, Cass. 7 dicembre 2004, n.
22942, Foro it.. Rep. 2004, voce Comunione e condominio, n. 91; 7
agosto 2002, n. 11882, id., Rep. 2002, voce cit., n. 55; 4 luglio 2001, n.
9033, ibid., n. 56; 28 giugno 2001, n. 8842, id., Rep. 2001, voce cit., n.
62; 25 maggio 2001, n. 7130, ibid., n. 154; 6 ottobre 2000, n. 13331, ibid., n. 61 (annotata da M. De Tilla, in Arch, locazioni, 2001, 413), la
quale puntualizza che il principio in discorso vale allorché i condomini
«si contrappongano globalmente, come parte unitaria, ad un terzo
estraneo, a tutela di un interesse collettivo che accomuna indifferen
ziatamente tutti i proprietari delle singole unità immobiliari dell'edifi
cio», ma non, invece, «quando essi assumano la veste di parti contrap
poste al condominio o quando si tratta di tutelare interessi individuali e
personali, anche se analoghi, di alcuni»; 9 giugno 2000, n. 7891, Foro
it.. Rep. 2001, voce cit., n. 155; 6 agosto 1999, n. 8479, id., Rep. 2000, voce cit., n. 69; 29 aprile 1999, n. 4354, ibid., n. 73 (e Rass. locazioni,
1999, 657, con nota di M. De Tilla); 7 dicembre 1999, n. 13716„ Foro
it., Rep. 1999, voce Impugnazioni civilian. 16; 22 ottobre 1998, n.
10478, ibid., voce Comunione e condominio, n. 76; 28 agosto 1998, n.
8546, ibid., voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 18; 27 marzo
1998, n. 3238, ibid., voce Comunione e condominio, n. 104 (per esteso, in Rass. locazioni, 1998, 390, con nota di T. De Fusco); 5 maggio
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