sezione tributaria; sentenza 26 ottobre 2005, n. 20828; Pres. Favara, Est. Meloncelli, P.M.Cafiero (concl. conf.); Melano (Avv. Pedullà) c. Min. economia e finanze; Min. economia efinanze (Avv. dello Stato) c. Melano. Cassa Comm. trib. reg. Lazio 14 novembre 2003 e decidenel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 11 (NOVEMBRE 2006), pp. 3165/3166-3173/3174Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201221 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
civile, n. 40), che, allorché, in sede di individuazione del dies a
quo relativo alla decorrenza del termine breve per l'impugna zione, emerga una difformità di date fra la relata di notifica di
una sentenza in possesso della parte notificante e quella conse
gnata al destinatario dell'atto notificato, la tempestività dell'im
pugnazione deve essere valutata con riferimento alla data risul
tante dalla relata di notifica consegnata a quest'ultimo, che non
è tenuto a provare l'esattezza delle risultanze dell'atto ricevuto
(sul quale soltanto poteva fare affidamento nel computare il
termine utile per ricorrere), spettando invece al soggetto che ec
cepisca la decadenza, secondo i normali principi di distribuzio
ne dell'onere probatorio, di provare, mediante querela di falso, trattandosi di contrasto tra due atti pubblici, la corrispondenza della relata stilata sull'atto in suo possesso all'effettivo svolgi mento (quoad tempus) delle formalità di notifica.
Quanto alla considerazione che la seconda copia della senten
za notificata, a differenza della prima, non reca in calce la stam
pigliatura della copia conforme all'originale apposta dal can
celliere, si osserva che tale argomentazione avrebbe l'effetto di
rendere nullo anche l'originale nelle mani della controparte, nullità che non è stata rilevata dalla corte d'appello, che avrebbe
dovuto eventualmente dichiararne l'inefficacia ai fini della noti
fica, ma che comunque non avrebbe inciso sulla validità e quin di tempestività dell'atto d'appello, ai sensi degli art. 325 ss.
c.p.c. In conclusione in accoglimento del ricorso del Giannetti la
sentenza della Corte d'appello di Napoli va cassata ed il giudi zio rimesso ad altra sezione della stessa corte perché provveda al nuovo processo in ordine all'appello proposto dal Giannetti
ed al contrapposto gravame incidentale.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 26 ottobre 2005, n. 20828; Pres. Favara, Est. Meloncelli, P.M.
Cafiero (conci, conf.); Melano (Avv. Pedullà) c. Min. eco
nomia e finanze; Min. economia e finanze (Avv. dello Stato) c. Melano. Cassa Comm. trib. reg. Lazio 14 novembre 2003 e
decide nel merito.
Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti pubblici — Rimborso — Domanda proposta ad ufficio incompetente — Conseguenze (D.p.r. 29 settembre 1973 n.
602. disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art. 38),
La presentazione della domanda di rimborso di tributi indebi
tamente corrisposti ad un ufficio incompetente impedisce la
formazione del silenzio-rifiuto e fa incorrere il contribuente
nella decadenza di cui all'art. 38 d.p.r. 29 settembre 1973 n.
602. (1)
(1, 3-4) Pacifica la giurisprudenza nel senso che la presentazione di istanza di rimborso di imposta ad ufficio incompetente osta alla forma
zione del silenzio-rifiuto, suscettibile di essere impugnato dinanzi alle
commissioni tributarie (v. Cass. 26 gennaio 2005, n. 1570, Foro it.,
Rep. 2005, voce Tributi in genere, n. 1280; 16 luglio 2004, n. 13221,
ibid., voce Riscossione delle imposte, n. 156; 16 luglio 2004, n. 13194, ibid., n. 157; 29 marzo 2004, n. 6258, id., Rep. 2004, voce cit., n. 146; 21 giugno 2002, n. 9096, id., Rep. 2002, voce cit., n. 119; 19 marzo
2002, n. 3954, ibid., n. 120; 2 agosto 2000, n. 10141, id., Rep. 2000, voce Registro (imposta), n. 175; 3 novembre 1998, n. 10979, id., 1999,
I, 889 (in motivazione); sez. un. 13 novembre 1997, n. 11217, id.,
1998,1, 480, con nota di richiami, e Riv. giur. trib., 1998, 427, con note di Calcagno e Lonardi, Sull'istanza di rimborso presentata ad organo incompetente, e Pace, Sulla presentazione dell'istanza di rimborso ad
ufficio incompetente: profili processuali', Tributi, 1998, 344, con nota
di Izzi; Corriere trib., 1998, 3203, con nota di Porcaro).
Il Foro Italiano — 2006.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 7 ot tobre 2005, n. 19605; Pres. Favara, Est. D'Alonzo, P.M.
Cafiero (conci, diff.); Min. economia e finanze e Agenzia delle entrate (Avv. dello Stato) c. Doris (Avv. SciumÈ, Trifo
ni). Cassa Comm. trib. reg. Lombardia 12 novembre 2003 e
decide nel merito.
Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti pubblici — Rimborso — Domanda — Ufficio compe tente (D.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, art. 38).
Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti pubblici — Rimborso — Domanda proposta ad ufficio incompetente — Conseguenze (D.p.r. 29 settembre 1973 n.
602, art. 38).
L'istanza di rimborso dei versamenti diretti che si assumono
indebiti deve essere presentata all'ufficio finanziario nel
l'ambito della cui competenza territoriale si trova il comune
nel quale il contribuente ha il suo domicilio fiscale e non già in quello nella cui giurisdizione è compresa la sede della
banca o dell'ufficio postale presso cui è stato eseguito il pa
gamento. (2) La presentazione della domanda di rimborso di tributi indebi
tamente corrisposti ad un ufficio incompetente impedisce la
formazione del silenzio-rifiuto e determina /'improponibilità — rilevabile d'ufficio dal giudice, anche in sede di gravame, salvo che si sia già formato sul punto un giudicato interno —
del ricorso alla commissione tributaria. (3)
III
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 6
maggio 2005, n. 9407; Pres. Papa, Est. Virgilio, P.M. Ab
brutì (conci, conf.); Agenzia delle entrate e Min. economia e
finanze (Avv. dello Stato) c. Soc. Carcano (Avv. Camosci,
Pettinato). Conferma Comm. trib. reg. Lombardia 15 aprile 2002.
Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti pubblici — Rimborso — Domanda proposta ad ufficio
incompetente — Conseguenze (D.p.r. 29 settembre 1973 n.
602, art. 38).
La presentazione della domanda di rimborso di tributi indebi
tamente corrisposti ad un ufficio incompetente impedisce la
formazione del silenzio-rifiuto e determina l'improponibilità del ricorso alla commissione tributaria, ma è idonea ad im
pedire la consumazione del termine di decadenza di cui al
l'art. 38 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602. (4)
La massima sub (4) — il cui principale risultato pratico risiede in ciò
che, una volta presentata istanza di rimborso nel termine (prima di di
ciotto, ora di quarantotto mesi) di cui all'art. 38 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, il diritto di credito del contribuente rimane soggetto alla
prescrizione decennale anche se l'istanza sia stata proposta ad un uffi cio finanziario incompetente — trova un precedente in Cass. 28 luglio 2004, n. 14212, Foro it., Rep. 2004, voce Riscossione delle imposte, n.
143, ed è condivisa, in dottrina, da Grassotti, Istanza di rimborso a
ufficio fiscale incompetente, in Ri v. giur. trib., 2006, 129; Miscau, L'i
stanza di rimborso ad ufficio fiscale incompetente esclude il rifiuto di
restituzione impugnabile ma impedisce la decadenza dal rimborso, ibid., 64; Ferlazzo Natoli e Ingrao, Lo statuto dei diritti del contri buente nella recente giurisprudenza della Cassazione, in Rass. trib., 2005, 1275.
Ad avviso di Cass. 9407/05 la soluzione nel senso di impedire il con
sumarsi della decadenza in capo al contribuente trova sostegno nel
principio di diritto (affermato da Cass. 14 aprile 2004, n. 7080, Foro it.,
2004, I, 3112; Forum fiscale, 2004, fase. 1, 77, con nota di Pezzuto; Corriere trib., 2004, 2287, con nota di Marongiu; Riv. dir. trib., 2004,
II, 661, con nota di Mastroiacovo; Dir. e pratica trib., 2004, II, 847, con nota di De Mita; Riv. giur. trib., 2004, 949, con nota di Logozzo;
Dialoghi dir. tributario, 2004, 993, con note di Grippa Salvetti, Lom
bardi, Lupi) per cui qualora sia possibile fornire due interpretazioni al
ternative di una disposizione tributaria deve essere preferita quella più conforme ai principi espressi dalla 1. n. 212 del 2000 (c.d. statuto del
contribuente). (2) Una massima tralaticia (ribadita, di recente, da Cass. 26 ottobre
2005, n. 20828, in epigrafe) attribuisce invece all'ufficio finanziario
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PARTE PRIMA
I
Motivi della decisione. — (Omissis). 10. - L'eccezione d'i nammissibilità del ricorso introduttivo sollevata dal ministero
riguarda il rispetto del termine decadenziale della domanda di
rimborso e può essere rilevata d'ufficio ex art. 2969 C.c. in ogni stato e grado del giudizio.
Essa è fondata, perché risulta dagli atti di causa:
a) che la ritenuta di lire 57.920.255, operata dall'Enel sul l'indennità di mancato preavviso pagata al sig. Melano è stata
versata all'esattoria di Roma;
b) che il 7 aprile 1999 il sig. Melano ha presentato al centro
di servizio di Torino un'istanza di rimborso di quella ritenuta,
mentre l'ufficio competente era quello di Roma;
c) che egli, assumendo che sull'istanza si fosse formato il
silenzio-rifiuto, lo ha impugnato dinanzi alla Commissione tri butaria provinciale di Torino;
d) che tale commissione ha dichiarato l'incompetenza territo
riale propria e la competenza territoriale della Commissione tri
butaria provinciale di Roma.
Ne deriva che, contrariamente a quel che ha ritenuto la Com
missione tributaria provinciale di Torino, il ricorso introduttivo
avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per mancanza di
un atto da impugnare o per la mancata verificazione del com
portamento, ad esso equiparabile, del silenzio-rifiuto. Infatti, la
presentazione dell'istanza di rimborso ad un organo tributario
incompetente ha impedito la formazione del silenzio-rifiuto da
parte dell'organo competente e il decorso del tempo ha fatto in
correre il contribuente nella decadenza prescritta dall'art. 38
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602.
11. - Sulla base delle precedenti considerazioni il ricorso in
cidentale condizionato del ministero dell'economia e delle fi
nanze deve riconoscersi fondato e dev'essere, quindi, accolto.
Ne deriva l'assorbimento del ricorso principale e la cassazione
della sentenza impugnata.
nella cui circoscrizione ha sede il concessionario (ovvero l'esattoria)
presso cui è stato eseguito il versamento la competenza sulle istanze di
rimborso dei versamenti diretti, ma, "nella parte in cui si presènta come
mera parafrasi dell'art. 38, 1° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, non è, di per sé, indicativa di un orientamento antitetico a quello
espresso dalla sentenza in epigrafe, se non nei casi in cui la stessa viene
enunciata all'esito di una controversia in cui alla competenza fondata
sulla sede del concessionario (o dell'esattore) si contrapponga quella determinata dal domicilio fiscale del contribuente (v., in proposito, Cass. 16 luglio 2004, n. 13221, Foro it., Rep. 2005, voce Riscossione delle imposte, n. 156, per la quale la legge non prevede uno specifico criterio di collegamento fra l'istanza di rimborso del percipiente ed il
suo domicilio fiscale). Nella giurisprudenza tributaria, v., conf. alla massima in epigrafe,
Comm. trib. centrale 27 gennaio 1996, n. 329, id., Rep. 1996, voce cit. n. 172; 28 novembre 1995, n. 3998, ibid., n. 175; contra, Comm. trib. centrale 1° marzo 1996, n. 923, id., Rep. 1997, vóce Tributi in genere, n. 1392, secondo la quale in caso di versamento diretto delle imposte sui redditi, tramite aziende di credito delegate, l'istanza di rimborso deve essere presentata all'intendenza di finanza (ora direzione regio nale delle entrate) competente in relazione alla sede dell'istituto di cre dito presso cui il versamento è stato eseguito; pertanto, l'istanza di rimborso erroneamente presentata all'intendenza di finanza competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente osta alla formazione del silenzio-rifiuto. V. anche Comm. trib. centrale 18 febbraio 1997. n.
456, ibid., voce Riscossione delle imposte, n. 154; 21 dicembre 1995, n.
4466, id., Rep. 1996, voce cit. n. 173; 18 ottobre 1995, n. 3351, ibid., n.
176; 2 ottobre 1995, n. 3156, ibid., n. 177; 6 settembre 1995, n. 3030, id., Rep. 1995, voce cit., n. 142, secondo cui la competenza ammini strativa a provvedere sulla domanda di rimborso di ritenute effettuate a titolo di acconto proposta dal sostituito d'imposta spetta all'ufficio fi nanziario del domicilio fiscale dello stesso, e non del luogo del versa mento effettuato ad opera del sostituto.
Un altro tentativo nel senso di ridurre la portata della previsione di cui all'art. 38, 1° comma, nella parte in cui collega la competenza del l'ufficio tenuto a pronunciarsi sulle istanze di rimborso alla sede della
esattoria, era stato fatto in passato da Cass. 18 novembre 1988, n. 6236, id., 1989, I, 1148; 28 ottobre 1988, n. 5866, ibid., per le quali nell'ipo tesi di imposte versate (non all'esattoria, ma) alla sezione provinciale di tesoreria non sussiste la competenza dell'intendente di finanza previ sta dalla medesima disposizione; tale isolato orientamento è stato poi risolutamente abbandonato: v. riferimenti in nota a Cass. sez. un., 13 novembre 1997, n. 11217, id., 1998,1, 480. [M. Annecchino]
Il Foro Italiano — 2006.
Inoltre, poiché per la risoluzione della controversia non si ri
chiedono ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere de
cisa nel inerito, ex art. 384, 1° comma, c.p.c., con la dichiara
zione d'inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuen
te.
II
Svolgimento del processo. — Con ricorso notificato il 20
gennaio 2004 a Doris Ennio (depositato il 9 febbraio 2004), il ministero dell'economia e delle finanze e l'agenzia delle entrate —
premesso che il Doris, il quale nell'anno 1998 aveva domi
cilio fiscale in Tombolo (PD), aveva chiesto alla direzione re
gionale delle entrate della Lombardia ed a quella del Veneto la
restituzione dell'Irpef (pari a lire 2.019.378.940) versata «pres so un istituto di credito nella località di Milano» perché «rite
nuta eccedente rispetto a quella dovuta sulla base ... della nor
mativa di cui all'art. 29 1. 27 dicembre 1997 n. 449» («la quale prevedeva un trattamento fiscale agevolato consistente nell'ap
plicazione a carico della società di un'imposta sostitutiva pari al
dieci per cento del valore rappresentativo della plusvalenza rea
lizzata a causa di assegnazione di quote di partecipazione dalla
società ai soci che inglobava anche i tributi a carico dei soci as
segnatari con riferimento alla tassazione delle quote di parteci
pazione») assumendo aver egli calcolato detta imposta «con il
metodo ordinario» —, in forza di un solo motivo chiedevano,
«con vittoria di spese, competenze ed onorari», di cassare la
sentenza 91/01/03 depositata il 12 novembre 2003 dalla Com
missione tributaria regionale della Lombardia (notificata il 24
novembre 2003) la quale aveva respinto il gravame avanzato
dall'amministrazione finanziaria dello Stato avverso la decisio
ne (400/02/02) con cui la Commissione tributaria provinciale di Milano aveva accolto il ricorso proposto dal Doris avverso il
silenzio-rifiuto formatosi su detta istanza di rimborso.
Nel controricorso notificato il 24 febbraio 2004 (depositato il
12 marzo 2004) il contribuente, «con vittoria di spese, diritti ed
onorari», instava per il rigetto del contrario ricorso e per la con
danna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali del
«presente grado di giudizio». Motivi della decisione. — (Omissis). 4. - Il ricorso deve esse
re accolto perché fondato.
A) La modalità, prevista dal 1° comma dell'art. 19 d.leg. 9
luglio 1997 n. 241 (recante «norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione
del sistema di gestione delle dichiarazioni»), di effettuazione,
con un unico «versamento unitario», del pagamento «delle im
poste, dei contributi, dei premi previdenziali ed assistenziali e delle altre somme» (nonché della eventuale omogenea «com
pensazione») mediante «delega irrevocabile ad una banca con
venzionata» o (ultimo periodo dell'ultimo comma) «all'Ente
poste italiane» (poi Poste italiane s.p.a.), invero, non consente
affatto di ritenere che, a norma dell'art. 38 d.p.r. n. 602 del 1973
(e, di conseguenza, per gli effetti dell'art. 10 d.leg. 546/92 [«uf ficio ... che ha emanato l'atto impugnato o non emanato l'atto
richiesto»]), l'ufficio finanziario competente a decidere (anche con la scelta del silenzio) su di un'istanza di rimborso possa es
sere identificato in quello la cui circoscrizione comprenda la se
de dello sportello della banca o dell'ufficio delle Poste italiane
s.p.a. presso il quale il contribuente ha scelto, per sua esclusiva
comodità, di effettuare materialmente il versamento.
B) Il senso vero e compiuto della disposizione contenuta nel
1° comma dell'art. 38 d.p.r. n. 602 del 1973 — secondo cui «il
soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all'intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede l'esat
toria presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di
rimborso ...» —, invero, va desunto dal coordinamento con la
previsione dell'art. 5 medesimo d.p.r., per il cui 1° comma «il
versamento diretto di cui al 1° comma dell'art. 3 si esegue al
l'esattoria nella cui circoscrizione il contribuente ha il domicilio
fiscale» e per il 2° comma del quale «il versamento eventual
mente effettuato all'esattoria incompetente è valido salva l'ap
plicazione della sanzione di cui all'art. 93. L'esattoria che ha ri
cevuto il versamento deve informare l'ufficio delle imposte nella cui circoscrizione ha sede e darne contemporaneamente notizia al contribuente»: tale coordinamento (considerata, per
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
l'espressa salvaguardia dell'«applicazione della sanzione di cui
all'art. 93» [poi abrogato dall'art. 16 d.leg. 18 dicembre 1997 n.
471], la previsione di una sanzione a carico del contribuente e
tenuto conto dell'obbligo imposto all'esattore di informare del
l'operato versamento l'ufficio «nella cui circoscrizione ha sede» e di dare «notizia al contribuente» di tale informativa) evidenzia
il nesso indissolubile che il legislatore aveva posto tra l'esatto
ria e «il domicilio fiscale» del contribuente e, di logica conse
guenza, il nesso tra il domicilio fiscale detto e l'ufficio erariale
al quale soltanto poteva e, quindi, doveva essere richiesto il
rimborso.
C) L'individuazione dell'ufficio erariale competente a rice
vere un'istanza di rimborso sulla base della sede dell'esattoria
presso la quale è stato effettuato il versamento che si assume in
debito, in verità, era soltanto apparente perché, in realtà, in base
alle norme richiamate, era la competenza dell'esattoria a riceve
re il versamento che discendeva dalla sede dell'ufficio del do
micilio fiscale del contribuente e non viceversa per cui era sem
pre e solo l'ufficio del domicilio fiscale del contribuente quello
competente a riceverle ed a deliberare sulle istanze di rimborso
di quei versamenti.
D) La regolamentazione non può dirsi modificata per effetto
dell'introduzione dell'art. 19 d.leg. n. 241 del 1997: diversa
mente opinando, infatti, si finisce con il consentire al contri
buente di alterare completamente il pubblico interesse al buon
andamento della pubblica amministrazione sotteso — Cass. 27
marzo 1987, n. 2998, Foro it., 1987, I, 3077; 7 marzo 1986, n.
1506, id., Rep. 1987, voce Tributi in genere, n. 510, per la quale «la competenza territoriale degli uffici delle imposte ha caratte
re inderogabile, essendo determinata dall'interesse generale che
gli accertamenti degli imponibili siano compiuti da quegli orga ni dell'amministrazione tributaria che, secondo la presunzione derivante dalle norme di legge in materia, sono i più idonei per lo svolgimento dell'attività accertatrice»; 5 luglio 1980, n.
4277, id., Rep. 1980, voce Valore aggiunto (imposta), n. 321 —
anche al riparto territoriale delle attribuzioni tra i singoli uffici e
si finisce col conferire al contribuente il potere di imporre un
onere di risposta a carico di un ufficio da lui determinato ma di
verso da quello del suo domicilio fiscale fissato dal legislatore. E) In definitiva va affermato il principio secondo cui, anche
nel vigore del sistema di «versamento unitario» delle imposte (oltre che dei contributi, dei premi, ecc. indicati dalla norma)
previsto dall'art. 19 d.leg. n. 241 del 1997, l'ufficio competente a ricevere, ai sensi dell'art. 38 d.p.r. n. 602 del 1973, le istanze
di rimborso dei «versamenti diretti» che si assumono indebiti va
individuato non già in quello nella cui giurisdizione è compresa la sede della banca o dell'ufficio postale presso cui è stato ese
guito il pagamento dell'imposta ma unicamente nell'ufficio era
riale nell'ambito della cui competenza territoriale si trova il
comune nel quale il contribuente ha il suo domicilio fiscale.
F) In ordine al rimborso dei c.d. «versamenti diretti» rego lato dall'art. 38 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602 si è rettamente
affermato (Cass. 13 novembre 1997, n. 11217, id., 1998,1, 480, invocata dal ministero) e ribadito (Cass. 21 giugno 2002, n.
9096, id.. Rep. 2002, voce Riscossione delle imposte, n. 119; 6
febbraio 1998, n. 1222, id., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 1524; 16 giugno 1990, nn. 6103-6105; id., Rep. 1991, voce cit., n. 1311, e id., Rep. 1990, voce Redditi (imposte), nn. 604 e
605) il principio — che in totale carenza di qualsivoglia contra
ria argomentazione convincente deve essere confermato — se
condo cui la presentazione di un'istanza di rimborso ad un uffi
cio incompetente osta alla formazione del provvedimento nega tivo, anche nella forma del silenzio-rifiuto, e determina l'im
proponibilità — rilevabile d'ufficio dal giudice, anche in sede di gravame, salvo che si sia già formato sul punto un giudicato in
terno — del ricorso presentato alla commissione tributaria per difetto di provvedimento impugnabile.
G) La rilevabilità ex officio dell'improponibilità detta evi denzia che la relativa deduzione ad opera di una parte non co
stituisce proposizione di un'eccezione in senso tecnico
giuridico — ovverosia enunciazione di una ragione su cui il giudice non può pronunciarsi se ne manchi l'allegazione ad
opera delle parti stesse (Cass. 23 aprile 2002, n. 5895, id., Rep. 2002, voce Appello civile, n. 52) —, come tale soggetta a pre clusioni processuali, ma una semplice sollecitazione rivolta al
giudice affinché questi accerti, come suo potere-dovere, la pro
li. Foro Italiano — 2006.
ponibilità della domanda, ovverosia, nel caso, se il ricorso del
contribuente sia stato proposto contro un atto (anche sub specie di silenzio) validamente formato, trattandosi di un accerta
mento sottratto a qualsiasi potere dispositivo delle parti atteso
che la giurisdizione tributaria può essere esercitata solo se vie
ne impugnato uno degli specifici atti indicati nell'art. 19 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546.
H) L'evidenziata indisponibilità delle parti sulla materia re
golante la competenza amministrativa a pronunciarsi sull'istan
za di rimborso esclude, altresì,, che possano riconnettersi conse
guenze giuridiche all'«atteggiamento di silenzio» mantenuto nel
caso dalla direzione regionale delle entrate della Lombardia, in
vestita da una delle due istanze di rimborso, nella cui circoscri
zione (come pacifico) il contribuente non aveva il proprio domi
cilio fiscale, perché tale ufficio non aveva nessun potere di
adottare nessun provvedimento sull'istanza stessa.
I) È appena il caso (1) di porre in rilievo che la distribuzione della competenza tra i vari uffici in ragione della ubicazione di
ognuno («competenza territoriale») è del tutto diversa dalla
competenza territoriale del giudice tributario e (2) di ricordare
(Cass. 16 luglio 1992, n. 8655, id., Rep. 1992, voce Tributi in genere, n. 1043) che la competenza territoriale delle commis
sioni tributarie provinciali, per il combinato disposto degli art.
4, 1° comma, e 10 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, si determina
sulla base della sede dell'ufficio finanziario che ha adottato
l'atto o il provvedimento contro cui si ricorre; di conseguenza,
nell'ipotesi di azione proposta (come nel caso) dal contribuente, a seguito del silenzio mantenuto dall'amministrazione finanzia
ria su una istanza di rimborso, competente a conoscere del ri
corso è la commissione tributaria nella cui circoscrizione ha se
de l'ufficio cui l'istanza è stata presentata e che, con il silenzio
rifiuto, l'ha implicitamente rigettata, rimanendo irrilevante, ai
fini della competenza giurisdizionale, la questione attinente al
merito, circa la competenza di quell'ufficio sul rapporto tributa
rio e la sua legittimazione a disporre il rimborso.
5. - Le considerazioni fin qui esposte impongono di cassare la
sentenza impugnata perché la stessa si è discostata dai principi di diritto innanzi richiamati e, intuitivamente, rendono del tutto
superfluo l'esame del secondo motivo di ricorso — con il quale il ministero denuncia, ancora in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5,
c.p.c., «violazione e falsa applicazione» degli art. 6, 16 e 49
d.p.r. 917/86 e dell'art. 2697 c.c. nonché «omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su un punto essenziale della con
troversia» in ordine alla statuizione, contenuta nella sentenza
gravata, secondo la quale, non essendoci «obbligo per la società
che ha corrisposto la somma di procedere alla ritenuta come so
stituto d'imposta», il diniego opposto dall'ufficio all'istanza di
rimborso del contribuente doveva essere «riconosciuto illegitti mo» — atteso che l'esame del merito (cui tale statuizione affe
risce) suppone di necessità l'esistenza di un atto impugnabile. 6. - La causa non abbisogna di ulteriori accertamenti di fatto
e. quindi, la stessa deve essere decisa nel merito ai sensi del
l'art. 374 c.p.c. con declaratoria di inammissibilità del ricorso
introduttivo del giudizio di primo grado del Doris a causa della mancata formazione di un valido atto impugnabile discendente
dal fatto che la direzione regionale delle entrate della Lombar
dia alla quale è stata presentata l'istanza di rimborso, essendo
diversa da quella (direzione regionale delle entrate del Veneto) nella cui circoscrizione egli aveva il suo domicilio fiscale, non
era competente a pronunciarsi sulla stessa per cui non si è for
mato nessun valido atto (anche di silenzio-rifiuto) impugnabile ai sensi del richiamato art. 19 d.leg. n. 546 del 1992.
Ili
Svolgimento del processo. — 1. - La Antonio Carcano s.p.a.
presentò, nel dicembre 1994, all'ufficio distrettuale delle impo ste dirette di Lecco istanza di esenzione decennale dall'Ilor e di
riduzione alla metà dell'Irpeg, ai sensi dell'art. 11 1. 2 maggio 1990 n. 102 (recante agevolazioni fiscali per le imprese operanti in Valtellina), con contestuale richiesta di rimborso delle mag
giori somme versate per dette imposte per l'anno 1993.
Successivamente, nel luglio 1996, la stessa società presentò ulteriore istanza, indirizzata questa volta anche alla direzione
regionale delle entrate, integrativa e rettificativa della prece
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PARTE PRIMA
dente, con la quale chiese nuovamente il rimborso delle somme
versate per il 1993, nonché il rimborso di quelle pagate per il
1994. Avverso il silenzio-rifiuto formatosi su dette istanze, la so
cietà contribuente propose ricorso alla Commissione tributaria
provinciale di Como, che lo accolse.
L'appello proposto — limitatamente al rimborso delle somme
relative al 1993 — dalla direzione regionale delle entrate fu re
spinto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia
con sentenza depositata il 15 aprile 2002. La commissione, da
un lato, ritenne non sussistente l'eccepita tardività dell'istanza
di rimborso, ex art. 38 d.p.r. n. 602 del 1973, rispetto alla data
del versamento (maggio 1994), dovendosi far riferimento alla
data della presentazione dell'istanza originaria (dicembre 1994),
anziché, come sostenuto dall'appellante, a quella di inoltro del
l'istanza integrativa (luglio 1996); dall'altro, escluse la dedotta
improcedibilità del ricorso introduttivo per presentazione dell'i
stanza ad organo incompetente (e, quindi, secondo l'appellante, ostativa alla formazione del silenzio-rifiuto), considerando tale
circostanza ininfluente in ragione dell'obbligo dell'ufficio in
competente, ma pur sempre appartenente alla stessa ammini
strazione, di trasmettere l'istanza all'organo competente ai sensi
dell'art. 5 1. n. 249 del 1968.
2. - Avverso tale sentenza il ministero dell'economia e delle
finanze e l'agenzia delle entrate propongono ricorso per cassa
zione, basato su un unico motivo.
Resiste con controricorso la Antonio Carcano s.p.a., che ha
anche depositato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo formulato,
i ricorrenti — denunciando violazione dell'art. 38 d.p.r. 29 set
tembre 1973 n. 602 — censurano la sentenza impugnata per avere il giudice d'appello ritenuto che l'istanza di rimborso pre sentata dalla società contribuente ad organo incompetente (uffi cio delle imposte dirette, anziché direzione generale delle en
trate, ex intendenza di finanza) fosse da considerare valida
mente proposta sia ai fini della formazione di un provvedimento
negativo (sotto forma di silenzio-rifiuto) impugnabile, sia ai fini
dell'osservanza del termine di decadenza (all'epoca, di diciotto
mesi) stabilito dalla norma indicata.
Osservano, in contrario, che quest'ultima fissa in favore del
l'intendenza di finanza una competenza funzionale ed inderoga
bile, con la conseguenza che la presentazione dell'istanza all'uf
ficio delle imposte (la quale non può essere in alcun modo sup
plita mediante la semplice trasmissione interna della richiesta) è
da ritenere irricevibile e, come tale, da un lato osta alla configu rabilità del silenzio-rifiuto e determina l'improponibilità della
domanda giudiziale per carenza di provvedimento impugnabile, e, dall'altro, non è idonea ad impedire la consumazione del ter
mine di decadenza stabilito dal citato art. 38 (già scaduto, nella
fattispecie, alla data di presentazione dell'istanza integrativa al
l'organo competente). 2. - La società contribuente, nel controricorso e nella memo
ria illustrativa, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibi
le, o comunque infondato, anche, fra l'altro, in ragione della
inapplicabilità, nella specie, dell'art. 38 d.p.r. n. 602 del 1973 in
base all'orientamento giurisprudenziale di questa corte, secondo
il quale, in tema di agevolazioni fiscali per il Mezzogiorno (alla cui disciplina sarebbe in tutto assimilabile quella concernente i
benefici previsti nella 1. n. 102 del 1990, applicabile nella fatti
specie), la domanda di agevolazione, ritualmente e tempestiva mente presentata da parte del contribuente, assume anche il va
lore di richiesta di rimborso, con esclusione dell'onere di for
mulazione di una distinta istanza ai sensi del citato art. 38.
L'eccezione deve essere disattesa, considerata la novità della
questione con essa posta, che non ha mai formato oggetto di di
battito nelle fasi di merito, nelle quali — come risulta dalla
sentenza impugnata — il thema decidendum è stato esclusiva
mente quello della determinazione degli effetti della presenta zione di un'istanza di rimborso ad organo incompetente, in base
alla disciplina dettata dall'art. 38 d.p.r. n. 602 del 1973, la cui
applicazione nel caso di specie non è mai stata oggetto di conte
stazione.
3. - Il ricorso è infondato.
Va, innanzitutto, ribadito il costante orientamento di questa corte — dal quale il collegio non ha motivo di discostarsi — se
condo il quale, con riguardo a somme direttamente versate dal
Il Foro Italiano — 2006.
contribuente per imposte sui redditi, l'istanza di rimborso deve
essere presentata, ai sensi dell'art. 38 d.p.r. 29 settembre 1973
n. 602, che fissa al riguardo una competenza funzionale ed inde
rogabile, all'intendente di finanza (al quale è poi subentrata la
direzione regionale delle entrate) nella cui circoscrizione ha se
de il concessionario presso il quale è stato eseguito il pagamen
to, con la conseguenza che la presentazione di detta istanza al
l'ufficio delle imposte, o comunque ad altro organo incompe tente (anche solo territorialmente), osta alla formazione del
provvedimento negativo, anche nella forma del silenzio-rifiuto,
e determina l'inammissibilità del ricorso al giudice tributario —
che va comunque individuato nella commissione nella cui circo
scrizione ha sede l'ufficio, ancorché incompetente, destinatario
dell'istanza — per difetto di provvedimento impugnabile (Cass.,
sez. un., n. 11217 del 1997, Foro it., 1998, I, 480, seguita da
Cass. nn. 3954 e 9096 del 2002, id., Rep. 2002, voce Riscossio
ne delle imposte, nn. 120 e 119; n. 6258 del 2004, id.. Rep.
2004, voce cit., n. 146; n. 13194 del 2004, id., Rep. 2005, voce
cit., n. 157; n. 13221 del 2004, ibid., n. 156, e n. 14212 del 2004, id., Rep. 2004, voce cit., n. 143).
Ciò posto, va osservato che tale questione, nella fattispecie, si
rivela, in realtà, irrilevante, atteso che, come risulta dalla sen
tenza impugnata — né la circostanza è contestata dai ricorrenti
—, la società contribuente ha impugnato il rifiuto tacito forma
tosi sull'istanza di rimborso del luglio 1996 (o, comunque, an
che tale provvedimento, unitamente a quello formatosi sulla
domanda originaria), istanza correttamente indirizzata all'orga no competente e comprensiva anche — nuovamente — delle
somme versate per l'anno 1993.
Ne consegue che la questione posta in questa sede è, in defi
nitiva, esclusivamente quella consistente nello stabilire, fermo
rimanendo che la seconda istanza è stata presentata oltre il ter
mine decadenziale all'epoca prescritto, se e quali effetti possano riconnettersi alla prima istanza, prodotta nel termine ma ad or
gano incompetente. Ad avviso del collegio, detta istanza deve ritenersi idonea a
produrre l'effetto di impedire la decadenza del contribuente dal
diritto al rimborso.
Inducono a tale conclusione alcune disposizioni contenute
nello statuto dei diritti del contribuente (1. 27 luglio 2000 n.
212), le quali, ai sensi dell'art. 1, sono state emanate «in attua
zione degli art. 3, 23, 53 e 97 Cost.» e «costituiscono principi
generali dell'ordinamento tributario», con la conseguenza che, in sede di interpretazione ed applicazione delle norme tributarie
(anche anteriormente vigenti), il giudice deve ad esse far riferi
mento e risolvere eventuali dubbi ermeneutici nel senso più conforme ai principi dalle stesse espressi (cfr. Cass. n. 7080 del
2004, id., 2004, I, 3112). Vengono qui in considerazione, in particolare, quelle norme dello statuto (art. 5 ss.) che, indirizzate
essenzialmente all'amministrazione finanziaria, dettano alcuni
principi di «buona amministrazione», a tutela dei diritti del
contribuente: v., ad esempio, l'art. 5 (diritto del contribuente ad
essere informato ai fini della migliore conoscenza delle disposi zioni legislative e amministrative in materia tributaria), l'art. 6
(diritto all'effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, con obbligo, fra l'altro, dell'amministrazione
di informare il contribuente «di ogni fatto o circostanza a sua
conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento
di un credito»), l'art. 10 (secondo il quale «i rapporti tra contri
buente e amministrazione finanziaria sono improntati al princi
pio della collaborazione e della buona fede»), l'art. 12 (che, nel
quadro delle garanzie del contribuente in sede di verifiche fi
scali ma con portata che può ritenersi generale, contempla il
«principio di cooperazione» tra amministrazione e cittadino). Ne deriva, nel complesso, un nuovo assetto dei rapporti tra
amministrazione e contribuente, ispirato essenzialmente a prin
cipi di collaborazione, di cooperazione e di buona fede, che
permeano tutto il tessuto normativo dello statuto e che, se pur non sono in grado, in linea di principio, di produrre veri e propri
obblighi a carico dell'amministrazione anteriormente all'entrata
in vigore della legge, costituiscono, tuttavia, come si è detto, criteri guida per orientare l'interprete nell'esegesi delle norme
tributarie, anche anteriormente vigenti. Per quanto riguarda, in particolare, la questione in esame, da
gli anzidetti principi generali — a loro volta attuativi dei ri
chiamati principi costituzionali — non può non farsi derivare la
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
conseguenza che, così come, dopo l'entrata in vigore dello sta
tuto, non sembra dubbio che l'istanza prodotta ad ufficio in
competente debba ritenersi idonea ad impedire la decadenza
(essendo, peraltro, pienamente configurabile l'obbligo dell'uffi
cio destinatario di un'istanza di rimborso, che si ritenga incom
petente, di trasmettere l'atto all'organo competente — infor
mandone il contribuente —, o, quanto meno, di comunicare al
l'istante quale sia l'ufficio a cui indirizzare la domanda), ad
analoga conclusione occorra pervenire per il passato, privile
giando in ogni caso — anche in considerazione della comples sità e non facile conoscibilità della normativa fiscale — l'inten
zione manifestata dal contribuente (in tal senso, v. già Cass. n.
14212 del 2004, cit., la quale si fonda anche sul principio det tato dall'art. 5 1. 18 marzo 1968 n. 249, che, tuttavia, appare di
dubbia applicabilità, per più versi, alla materia tributaria ed in
particolare alle istanze di rimborso: cfr., in senso negativo, Cass. n. 6258 del 2004, cit.). Una volta verificatosi l'effetto im
peditivo della decadenza, il diritto del contribuente al rimborso
resterà soggetto, secondo i principi generali, alle norme in tema
di prescrizione (art. 2967 c.c.), con conseguente possibilità, per il contribuente stesso, di rinnovare l'istanza, entro l'ordinario
termine prescrizionale, all'organo competente (a meno che non
abbia avuto prova della trasmissione a quest'ultimo della do
manda originaria). In conclusione, deve affermarsi il principio secondo il quale,
in tema di rimborso delle imposte sui redditi, disciplinato dal
l'art. 38 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, la presentazione della
relativa istanza ad organo incompetente — funzionalmente o
territorialmente — a provvedere, pur ostando alla formazione di
un provvedimento di diniego, anche nella forma del silenzio
rifiuto, con conseguente inammissibilità del ricorso al giudice tributario per difetto di provvedimento impugnabile, tuttavia,
alla luce dei principi di cooperazione, collaborazione e buona
fede che, ai sensi della 1. 27 luglio 2000 n. 212, devono im
prontare i rapporti tra amministrazione finanziaria e contri
buente, costituisce (purché l'istanza sia rivolta, ovviamente, ad
un ufficio dell'amministrazione finanziaria) atto idoneo ad im
pedire la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso pre vista dal citato art. 38, anche anteriormente alla data di entrata
in vigore di detta legge. 4. - In applicazione di tale principio, l'istanza presentata dalla
società ricorrente nel dicembre 1994 ad ufficio incompetente fu
nondimeno idonea ad impedire la consumazione del termine di
decadenza di diciotto mesi (allora vigente) e rese valida, per
tanto, la successiva domanda presentata, nel luglio 1996, entro il
termine prescrizionale, all'ufficio competente ed avverso la
quale fu proposto il ricorso giurisdizionale. In tali termini corretta, ai sensi dell'art. 384, 2° comma,
c.p.c., la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositi vo è conforme a diritto, il ricorso deve essere rigettato.
Il Foro Italiano — 2006.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 ago sto 2005, n. 16577; Pres. Vittoria, Est. Preden, P.M. Uccel
la (conci, conf.); Banca di Napoli (Avv. Izzo) c. Coscia
(Avv. Faraone). Cassa App. Potenza 19 ottobre 2000.
Procedimento civile — Rilievo d'ufficio di questione —
Mancata sottoposizione al contraddittorio delle parti —
Nullità della sentenza (Cost., art. 24, 111; cod. proc. civ., art.
183). Procedimento civile — Rilievo d'ufficio in appello di que
stione di nullità non sottoposta dal giudice al contraddit torio delle parti — Nullità della sentenza — Cassazione
con rinvio (Cost., art. 24, 111; cod. proc. civ., art. 183, 353,
354, 394).
È nulla la sentenza che si fonda su una questione rilevata d'uf
ficio che il giudice non abbia preventivamente sottoposto al
contraddittorio delle parti. (1) La nullità di un atto rilevata d'ufficio in appello senza che il
giudice l'abbia preventivamente sottoposta al contraddittorio
delle parti, determina la nullità della sentenza, la quale, se
dedotta nel giudizio di cassazione, comporta la cassazione
con rinvio, affinché sia dato spazio alle attività processuali che la parte abbia lamentato di non aver potuto svolgere a
causa della decisione adottata dal giudice senza il contrad
dittorio delle parti. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 27 lu
glio 2005, n. 15705; Pres. Pontorieri, Est. Mazziotti Di
Celso, P.M. Marinelli (conci, conf.); M. Maurino e altra
(Avv. Ferri, Maero) c. N. Maurino (Avv. Fidenzio, Pome
ro). Cassa App. Torino 23 maggio 2001.
Procedimento civile — Rilievo d'ufficio di questione — Mancata sottoposizione al contraddittorio delle parti —
Nullità della sentenza — Esclusione (Cost., art. 24, 111;
cod. proc. civ., art. 183).
Non è affetta da nullità e non è suscettibile di alcuna censura la
sentenza che si fonda su una questione rilevata d'ufficio, al
momento dell'assunzione della decisione, ma non sottoposta dal giudice al preventivo contraddittorio delle parti. (3)
(1-3) La nullità della sentenza in quanto fondata su una questione ri
levata d'ufficio dal giudice e non sottoposta dallo stesso al preventivo contraddittorio delle parti era stata affermata per la prima volta dalla
Cassazione civile con la sentenza 21 novembre 2001, n. 14637 (Foro
it., Rep. 2002, voce Procedimento civile, n. 249, e, per esteso, Giust.
civ., 2002, I, 1611, con nota di Luiso, Questione rilevata d'ufficio e
contraddittorio: una sentenza «rivoluzionaria»?, e Giur. it., 2002, 1363
con nota di Chiarloni, La sentenza «della terza via» in Cassazione: un
altro caso di formalismo delle garanzie?). Ed è stata riaffermata, nei
medesimi termini di cui alla sentenza in epigrafe n. 16577, da Cass. 31 ottobre 2005, n. 21108, Foro it., Rep. 2005, voce cit., n. 235.
All'opposto, in passato, la Suprema corte aveva ritenuto che «l'art.
183, 2° comma, quando autorizza il giudice istruttore a indicare le que stioni rilevabili d'ufficio» prevede «una facoltà il cui mancato esercizio
non può formare motivo di ricorso in Cassazione» (così Cass. 10 agosto 1953, n. 2694, id., 1954, 1, 1276). Pur essendo, in realtà, ben pochi i
precedenti in tal senso, non risultando pertinenti, o al più l'espressione di un mero obiter dictum, quelli invocati dall'altra pronuncia della Cas
sazione in epigrafe, ossia la n. 15705 (come puntualmente evidenziato
anche da Comoglio, «Terza via» e processo «giusto», in Riv. dir. proc.,
2006, spec. 756-757), posto che: — Cass. 29 aprile 1982, n. 2712 (Foro it.. Rep. 1982, voce cit., n.
136) ha ad oggetto la «richiesta alle parti, ad opera del giudice istrutto
re, dei chiarimenti necessari prevista dal 2° comma dell'art. 183 c.p.c.»
(e non dunque, più specificamente, l'indicazione da parte dello stesso
alle parti delle questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportu na la trattazione), che qualifica come «attività squisitamente discrezio
nale, il cui mancato uso, lungi dal poter formare oggetto di un nuovo
motivo d'impugnazione per violazione della legge processuale, com
porta soltanto una maggiore attivazione probatoria della parte che
avrebbe avuto interesse a rendere i chiarimenti stessi»; — Cass. 18 aprile 1998, n 3940 (id., Rep. 1998, voce cit., n. 196) si
occupa, in punto di decisione, di diversa problematica (quale quella
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