+ All Categories
Home > Documents > sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino...

sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino...

Date post: 29-Jan-2017
Category:
Upload: buinhi
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
8
sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi &Pietro Anconetani (Avv. Mercatali). Conferma Comm. trib. reg. Marche 13 maggio 1998 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 3 (MARZO 2002), pp. 727/728-739/740 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196903 . Accessed: 28/06/2014 11:32 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani (Avv.

sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M.Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi &Pietro Anconetani (Avv.Mercatali). Conferma Comm. trib. reg. Marche 13 maggio 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 3 (MARZO 2002), pp. 727/728-739/740Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196903 .

Accessed: 28/06/2014 11:32

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani (Avv.

727 PARTE PRIMA 728

cenda ed avviando la procedura prevista e regolata dall'art. 27

delle condizioni generali allegate alla polizza infortuni, tanto da

procedere, in tale contesto, a nominare il proprio medico;

c) che a ciò aveva fatto seguito il medesimo assicuratore con

lettera raccomandata del 30 dicembre 1994, procedendo a desi

gnare il medico di propria spettanza, ovvero senza evidente

mente rifiutare la possibilità di instaurare la suddetta procedura nonostante la «natura della controversia conseguente alla conte

stazione mossa dall'assicurazione».

In questo senso, l'impugnata sentenza non ha fatto applica zione del principio secondo il quale la richiesta di perizia con

trattuale, ancorché prevista (come nella specie) ai soli fini della

composizione della controversia «sulla natura, sulle conse

guenze delle lesioni» (precisamente «sulla natura e sulle conse

guenze delle lesioni, sul grado di invalidità permanente, sul gra do o durata dell'inabilità temporanea, nonché sull'applicazione dei criteri di indennizzabilità di cui all'art. 22 e negli altri casi

previsti in polizza») ovvero ai soli fini della determinazione del

quantum debeatur, la quale risulti avanzata (come nella specie) in replica alla comunicazione dell'assicuratore di non voler cor

rispondere alcunché per il sinistro, può costituire domanda di

arbitrato (irrituale) altresì sull'a» dell'indennizzo assicurativo, là dove manifesti alla controparte la volontà di tutelare il pro prio diritto e sia seguita dalla corrispondente prosecuzione, ex

adverso, del procedimento così intrapreso dall'assicurato la

quale si realizzi mediante la nomina del proprio rispettivo peri to, in tal modo denotando l'adesione dell'assicuratore all'as sunto dell'assicurato in mancanza di alcun rifiuto opposto dal

primo al secondo con riferimento all'estraneità della procedura anzidetta rispetto alla determinazione dell'a/7 debeatur, ovvero in mancanza di alcuna contestazione o riserva circa la stessa ammissibilità nel caso concreto del ricorso alla procedura mede

sima, indipendentemente dal fatto che quest'ultima non si sia

poi conclusa con lodo definitivo non avendo le parti provveduto alla nomina del terzo membro del collegio peritale ed indipen dentemente dal fatto che gli arbitri risultino incompetenti per essere appunto la previsione contrattuale afferente unicamente il

profilo relativo al quantum debeatur. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 3 di cembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sor rentino (conci, conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale

Luigi & Pietro Anconetani (Avv. Mercatali). Conferma Comm. trib. reg. Marche 13 maggio 1998.

Tributi in genere — Accertamento — Perquisizione — Au

torizzazione — Sindacabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art.

52; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, art. 33).

Tributi in genere — Accertamento — Perquisizione — Au

torizzazione — Motivazione — Necessità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 52; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, art. 33).

Tributi in genere — Accertamento — Perquisizione

— Au torizzazione — Riferimento a fonti anonime —

Illegittimi tà (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 52; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, art. 33).

Tributi in genere — Accertamento — Accesso illegittimo —

Dati acquisiti — Inutilizzabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n.

633, art. 52; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, art. 33).

Il decreto del procuratore della repubblica che, ai sensi del l'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e dell'art. 33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, autorizza la perquisizione de! domici

li. Foro Italiano — 2002.

lio del contribuente è suscettibile di essere sindacato dal giu dice tributario. (1)

L 'assenza, l'abnormità, l'insufficienza e l'incongruenza della

motivazione del decreto del procuratore della repubblica che, ai sensi dell'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e dell'art.

33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, autorizza la perquisizione del domicilio del contribuente, rende lo stesso illegittimo. (2)

Non è suscettibile di integrare effettiva, sufficiente e congrua motivazione del decreto del procuratore della repubblica che, ai sensi dell'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e dell'art.

33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, autorizza la perquisizione del domicilio del contribuente, il richiamo, diretto o indiretto, ali 'esistenza di una o più fonti confidenziali anonime denun

cianti l'esistenza di violazione delle norme tributarie. (3)

(1) In giurisprudenza, è generalmente riconosciuta la possibilità di sindacato da parte del giudice tributario del provvedimento con cui si autorizza ex art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e art. 33 d.p.r. 29 set tembre 1973 n. 600 l'accesso degli organi verificatori nell'abitazione del contribuente. In questo senso, v. Cass. 27 novembre 1998, n. 12050, Foro it.. Rep. 1999, voce Tributi in genere, n. 1124; 27 ottobre 1998, n.

10664, id., Rep. 1998, voce Valore aggiunto (imposta), n. 470; sez. un. 8 agosto 1990, n. 8062, id., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 590, e Bollettino trib., 1990, 1418, con nota di Brighenti, La legittimità delle motivazioni sintetiche o implicite: l idtima volta della Cassazione; Riv. dir. trib., 1991, II, 383, con nota di Albanello, Accesso in abitazioni

private: ammissibilità di tutela giurisdizionale, anche immediata, della libertà di domicilio', Comm. trib. centrale 15 aprile 1998, n. 1972, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 971; Comm. trib. II grado Venezia 14 no vembre 1988, id., Rep. 1989, voce Valore aggiunto (imposta), n. 155, e Rass. trib., 1989, II, 977, con nota di Dragone, Accesso nel domicilio e sindacato della commissione tributaria: la inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita', Comm. trib. II grado Matera 8 maggio 1982, Foro it., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 736.

La regula iuris di cui in massima è poi implicitamente condivisa dalla giurisprudenza che dispone l'annullamento dell'accertamento che abbia utilizzato atti acquisiti nel corso di un accesso reputato illegitti mo: v. nota 4-5.

In giurisprudenza, si esclude che il decreto autorizzativo, stante la sua natura amministrativa, sia soggetto al sindacato di legittimità del

giudice penale: v. Cass. 5 maggio 2000, n. 5644, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 1222; 19 giugno 1996, Grendene, id., Rep. 1997, voce cit., n.

1019; 29 novembre 1994, D'A., id., Rep. 1995, voce Valore aggiunto (imposta), n. 341, e Fisco, 1995, 9381, con nota di Fiandaca; ord. 11

aprile 1991, D.G.D., Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 228; 22 maggio 1990, id., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 2394.

(2) La necessità che il provvedimento che autorizza la perquisizione domiciliare del contribuente sia motivato non è mai stata revocata in dubbio dalla giurisprudenza (v. Cass. 27 novembre 1998, n. 12050, sez. un. 8 agosto 1990, n. 8062, Comm. trib. centrale 15 aprile 1998, n.

1972, tutte citate alla nota 1; 29 aprile 1997, n. 2023, Foro it., Rep. 1997, voce Tributi in genere, n. 1023; G.i.p. Trib. Catanzaro 6 dicem bre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 795, e Bollettino trib., 1992, 475, con nota di Muleo; Comm. trib. II grado Treviso 1° giugno 1990, Foro it.. Rep. 1990, voce Valore aggiunto (imposta), n. 198; Comm. trib. I

grado Venezia 1° febbraio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 159; 17 dicembre 1988, ibid., n. 160; Comm. trib. I grado Verona 24 aprile 1986, id.. Rep. 1987, voce Tributi in genere, n. 537; Comm. trib. II

grado Gorizia 4 luglio 1986, ibid., voce Valore aggiunto (imposta), n. 173, e Bollettino trib., 1987, 420 (m), con nota di Aiudi, Accesso in abitazioni — Quali limiti alla acquisizione di prove), discutendosi, semmai, della legittimità di una motivazione che consista in espressioni sintetiche e di significato implicito (ammessa da Cass. 12050/98, cit.; 8062/90, cit.; Comm. trib. centrale 1972/98, cit.; 2023/97, cit.; diver

samente, Comm. trib. II grado Venezia 14 novembre 1988, cit. alla nota che precede, per la quale deve ritenersi insufficiente, perché meramente

tautologica, la motivazione dell'autorizzazione rilasciata dal procurato re della repubblica che si limiti al riferimento della esistenza dei gravi indizi richiesti dalla legge, giacché, invece, ne è richiesta la loro speci ficazione in concreto, al di là del rinvio alla formula astratta ed ellittica dell'art. 52 d.p.r. 633/72, quantomeno per dimostrare che è stato in concreto effettuato il controllo che la legge prevede; Comm. trib. I gra do Venezia 1° febbraio 1989, cit., che ravvisa la carenza motivazionale del decreto che manchi di qualsivoglia accenno ai gravi indizi di viola zione di norme fiscali).

V. anche Comm. trib. 1 grado Treviso 20 maggio 1991, Foro it.. Rep. 1991, voce cit., n. 236, per la quale l'autorizzazione del magistrato per l'accesso in locali diversi da quelli in cui è esercitata l'attività e in par ticolare nelle abitazioni ai fini fiscali non richiede l'emissione di un

apposito decreto.

(3) Non si rinvengono, nella giurisprudenza della Suprema corte, precedenti editi in tali esatti termini. Nella giurisprudenza penale, v., in

This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

In materia di imposte dirette e di Iva, sono illegittimi e privi di

effetto gli avvisi di accertamento motivati con riferimento a

dati acquisiti dall'amministrazione finanziaria a seguito di

accesso nell'abitazione del contribuente non (o illegittima

mente) autorizzato da! procuratore della repubblica. (4)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 19

giugno 2001, n. 8344; Pres. Carbone, Est. Merone, P.M. Se

pe (conci, conf.); Soc. Consulfin di Berton Adriano & C.

(Avv. Garcea) c. Min. finanze. Cassa Comm. trib. reg. Ve

neto 7 luglio 1997.

Tributi in genere — Accertamento — Prove acquisite illegit

timamente — Utilizzabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 52).

L 'acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell 'accer

tamento fiscale non comporta l'inutilizzabilità degli stessi in

mancanza di una specifica previsione in tal senso. (5)

argomento, Cass. 18 giugno 1997, Sirica, Foro it.. Rep. 1998, voce De

nunzia, n. 5, e Cass, pen., 1998, 2081, con nota di Rombi, Anonimo,

perquisizione, sequestro', 8 marzo 1995, Ceroni, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 7, e Cass, pen., 1996, 1876, con nota di Zappulla, Le inda

gini per la formazione della «notitia criminis»: il caso della perquisi zione seguita da sequestro, per le quali le denunce anonime o le notizie

confidenziali possono dar luogo all'effettuazione di attività investigati va, ma non possono legittimare l'adozione di provvedimenti incidenti

sui diritti della persona (fra i quali anche perquisizioni). (4-5) Nel senso che l'illegittimità dell'accesso determina la nullità

dell'accertamento che utilizzi i documenti invalidamente acquisiti, v.

Cass. 29 novembre 2001, n. 15209, Foro it., Mass., 1216; 27 novembre

1998, n. 12050, e 27 ottobre 1998, n. 10664, citate alla nota 1; 27 luglio 1998, n. 7368, id., 1999, 1, 1996, e Riv. giur. trib., 1999, 97, con nota di

Stufano, Tassatività della riserva giurisdizionale in materia di accessi

domiciliari; Tributi, 1998, 1155, con nota di Lzzi; Dir. e pratica trib.,

1999, II, 178, con nota di Piccardo, Sulla nullità di avvisi di accerta

mento o di irrogazione di sanzioni fondati su prove illegittimamente

acquisite; Bollettino trib., 1998, 1660, con nota di Ardito, Illegittimità dell'accesso e conseguente inutilizzabilità dei dati; 3 dicembre 1997,

Riberti, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 2120 (come obi

ter dictum); per la giurisprudenza della Commissione tributaria cen

trale, v. dee. 4 marzo 1998, n. 1150, ibid., voce Valore aggiunto (impo sta), n. 472; 15 gennaio 1996, n. 80, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 362, e

Corriere trib., 1996, 2189, con nota di Stufano, e Fisco, 1996, 7312, con nota di Gradi (in motivazione); 8 giugno 1993, n. 2069, Foro it..

Rep. 1993, voce Tributi in genere, n. 644 (in motivazione); 22 marzo

1993, n. 1275, ibid., n. 645; 9 ottobre 1989, n. 5901, id., Rep. 1990, vo

ce cit., n. 596 (in motivazione); 28 settembre 1989, n. 5615, id., Rep. 1989, voce Valore aggiunto (imposta), n. 153; in termini sostanzial

mente conformi, v. poi Comm. trib. reg. Toscana 19 gennaio 1998, id.,

Rep. 2000, voce cit., n. 300, e Foro toscano, 1999, 372, con nota di

Borgioli, La riserva giurisdizionale in materia di accessi domiciliari;

App. Trieste 22 ottobre 1996, Foro it.. Rep. 1997, voce cit., n. 461, e

Riv. dir. trib., 1997, II, 476, con nota di Redi (in motivazione); Comm.

trib. I grado Padova 12 aprile 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Tributi in

genere, n. 799; Comm. trib. II grado Treviso 1° giugno 1990, id., Rep. Ì990, voce Valore aggiunto (imposta), n. 198; Comm. trib. I grado Ve

nezia 17 dicembre 1988, cit. alla nota 2; Comm. trib. II grado Pesaro 28

marzo 1988, id., Rep. 1989, voce cit., n. 157; Comm. trib. II grado Go

rizia 4 luglio 1986, cit. alla nota 2; Comm. trib. I grado Verona 24 apri le 1986, cit. alla nota 2; Comm. trib. II grado Gorizia 10 marzo 1986,

id., Rep. 1987, voce cit., n. 202; Comm. trib. II grado Padova 17 set

tembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 200, e Rass. trib., 1985, II,

824, con nota di Mandò, Ancora sull'autorizzazione del procuratore della repubblica ex art. 52, 2° comma, d.p.r. 633/72; Comm. trib. II

grado Matera 8 maggio 1982, cit. alla nota 1; Comm. trib. II grado Pescara 23 aprile 1982, Foro it.. Rep. 1983, voce Tributi in genere, n.

430; Comm. trib. II grado Roma 19 aprile 1982, ibid., n. 464; Comm.

trib. II grado Udine 15 marzo 1982, ibid., voce Valore aggiunto

(imposta), n. 133; Comm. trib. II grado Ancona 14 dicembre 1981,

id.. Rep. 1982, voce cit., n. 158, e Bollettino trib., 1982, 1420, con

nota di Aiudi, Accesso in abitazione e reperimento di prove; Comm.

trib. I grado Ancona 23 giugno 1981, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n.

160; Comm. trib. I grado Matera 26 maggio 1981, id., Rep. 1981, vo

ce Tributi in genere, n. 347; Comm. trib. I grado Firenze 23 aprile 1981, ibid., voce Valore aggiunto (imposta), n. 155; Comm. trib. I

grado Ancona 31 gennaio 1981, ibid., voce Tributi in genere, n. 354, e Dir. e pratica trib., 1981, lì, 763, con nota di Basili, La legittimità

Il Foro Italiano — 2002.

Ill

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 16

marzo 2001, n. 3852; Pres. Papa, Est. Altieri, P.M. Apice

(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Quadri) c. Soc.

Edilcem (Avv. Gueli). Cassa Comm. trib. reg. Lazio 8 otto

bre 1998.

Tributi in genere — Accertamento — Prove acquisite in se

de penale — Trasmissione agli uffici finanziari — Auto

rizzazione — Mancanza — Utilizzabilità degli atti (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 63; d.p.r. 29 settembre 1973 n.

600, art. 33).

Sono legittimamente utilizzabili ai fini dell'accertamento tri

butario gli elementi probatori raccolti nel corso di un 'inda

gine penale pur in mancanza del provvedimento del giudice

penale che ne autorizza la trasmissione agli uffici finanzia ri. (6)

della perquisizione compiuta ex art. 52 legge Iva come condizione per l'uso dei documenti sequestrati.

L'illegittimità dell'accertamento emesso sulla scorta di documenti

illegittimamente acquisiti è affermata anche da Comm. trib. prov. Mi

lano 30 maggio 2000, Foro it.. Rep. 2000, voce cit., n. 1166; Comm.

trib. centrale 20 ottobre 1987, n. 7504, id.. Rep. 1987, voce Valore ag

giunto (imposta), n. 171, e Bollettino trib., 1988, 1053, con nota di F.V.

Albertino, Nullità dell'accertamento fondato su prove raccolte in vio

lazione dell'art. 52, 2° comma, d.p.r. n. 633 del 1972: una conferma della commissione centrale; Comm. trib. reg. Friuli-Venezia Giulia 5

novembre 1997, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 1009, e

Rass. trib.. 1998, 1683, con nota di Mastroiacovo, Spunti sui rapporti tra autorizzazione dell autorità giudiziaria e acquisizione di prove', Comm. trib. Il grado Venezia 30 maggio 1988, Foro it., Rep. 1990, vo

ce cit., n. 599, e Rass. trib., 1990, 11, 85, con nota di Stevanato; Comm. trib. I grado Genova 17 dicembre 1981, Foro it., Rep. 1983, voce Valore aggiunto (imposta), n. 138, e Fisco, 1983, 782, con nota di

Lamberti (entrambe in ipotesi di perquisizione domiciliare autorizzata

dal magistrato per scoprire eventuali frodi valutarie); Comm. trib. I

grado Pescara 4 novembre 1981, Foro it.. Rep. 1982, voce Tributi in

genere, n. 469.

Contra, Comm. trib. II grado Modena 31 marzo 1981, ibid., n. 471,

per cui le prove precostituite, comprese quelle documentali, esplicano la propria efficacia probatoria, a nulla rilevando l'eventuale vizio della

loro acquisizione. (6) Analogamente, Cass. 8 giugno 2001, n. 7791, Foro it., Mass.,

681, e Fisco, 2001, 13847.

Contra, e cioè nel senso che l'utilizzo, per le indagini fiscali, di ele

menti raccolti a fini penali è legittimo solo se preceduto dall'autorizza

zione dell'autorità giudiziaria, v., nella giurisprudenza tributaria, Comm. trib. prov. Mantova 23 aprile 1997, Foro it.. Rep. 1997, voce

Valore aggiunto (imposta), n. 475, e Fisco, 1997, 7997, con nota di

Veroi; Comm. trib. I grado Forlì 28 marzo 1994, Foro it., Rep. 1994, voce Tributi in genere, n. 936, e Riv. giur. trib., 1994, 1035, con nota di

Schiavolin, Sui limiti all'impiego fiscale di prove penali, e Corriere

trib.. 1994, 1309, con nota di Stufano; Comm. trib. Il grado Milano 12

maggio 1993, Foro it.. Rep. 1993, voce cit., n. 651, e Bollettino trib.,

1993, 1820, con nota di Cobau; Comm. trib. Il grado Livorno 7 luglio 1990, Foro it.. Rep. 1990, voce cit., n. 597, e Bollettino trib.. 1990, 1342 (m), con nota di Brighenti; Comm. trib. 1 grado Treviso 11 feb

braio 1984, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 435, e Bollettino trib.,

1984, 1284, con nota di Aiudi, Il segreto istruttorio e utilizzazione per

fini tributari delle risultanze processuali. Sull'autorizzazione concessa — ai sensi dell'art. 33 d.p.r. n. 600 del

1973 e dell'art. 63 d.p.r. n. 633 del 1972, anteriormente alle modifiche

di cui all'art. 23 d.leg. 74/00 (sulle quali, v. Bersani, Le modifiche re

lative ali 'utilizzazione in sede tributaria della documentazione ottenuta

nel procedimento penale da parte della guardia di finanza (art. 23

d.leg. 74/00), in Fisco, 2000, 8443; Carrarini-Di Gregorio, Utilizza

zione dì documenti da parte della guardia di finanza: le modifiche in

trodotte da! d.leg. 10 marzo 2000 n. 74, ibid., 7523) — dall'autorità

giudiziaria alla guardia di finanza di utilizzare e trasmettere agli uffici

competenti documenti, dati e notizie acquisiti nei confronti dell'impu tato nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria, v. Cass. 26 gennaio

1990, B., Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 592, e Rass. trib., 1990, II,

915, con nota di Fortuna, per la quale la stessa è illegittima qualora non risulti sufficientemente motivata sia in assenza di una preventiva deliberazione sulla valutazione della possibilità di non compromettere l'ulteriore esito delle indagini, violando, così, il principio di garanzia tutelato dall'obbligo del segreto istruttorio, sia laddove non distingua tra i dati emersi dall'attività della guardia di finanza, genericamente de

This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani (Avv.

PARTE PRIMA 732

I

Svolgimento del processo. — L'ufficio distrettuale imposte

dirette di Macerata, con avviso di accertamento n. 87/88, rettifi

cò la dichiarazione presentata per il 1988 dalla Cantiere navale

Luigi & Pietro Anconetani s.r.l., contestando a questa il realiz

zato conseguimento di redditi assoggettabili a Irpeg e ad llor

maggiori di quelli dichiarati sulla base di elementi acquisiti nel

corso di accessi eseguiti dalla guardia di finanza nelle abitazioni

dei soci su autorizzazione data ai sensi dell'art. 52, 2° comma,

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 dal procuratore della repubblica

presso il Tribunale di Macerata con decreto del 13 aprile 1989.

La Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani s.r.l. impugnò ai termini degli art. 15 ss. d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 l'atto

impositivo cennato dinanzi alla Commissione tributaria di primo

grado di Macerata, all'epoca operante, e tale commissione, con

decisione n. 431/02/92, accolse l'impugnativa.

finibili di polizia giudiziaria ed altri dati acquisiti su delega dell'auto rità giudiziaria; Comm. trib. I grado Forlì 21 ottobre 1994, Foro it.,

Rep. 1994, voce cit., n. 934, per la quale la motivazione del provvedi mento con il quale il giudice penale, ex art. 63 d.p.r. 633/72 e 33 d.p.r. 600/73, autorizza la trasmissione di documenti, dati e notizie acquisiti dalla guardia di finanza nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria non è sindacabile da parte della commissione tributaria.

V. anche Cass. 30 agosto 1994, n. 7581, id.. Rep. 1995, voce cit., n.

1021, e Riv. giur. trib.. 1995, 125, con nota di Schiavolin, Sul valore dell'autorizzazione all'impiego fiscale di prove penali, per la quale è nullo l'avviso di rettifica (nella specie, in tema di Iva) fondato sulla do cumentazione bancaria acquisita dalla guardia di finanza nell'esercizio dei suoi poteri di polizia giudiziaria ed utilizzata per fini fiscali sulla base di un'autorizzazione del giudice penale anteriore all'entrata in vi

gore del d.p.r. 15 luglio 1982 n. 463; più di recente, in argomento, cfr. Cass. 30 marzo 2000, n. 3880, Foro it., Rep. 2000, voce Valore ag giunto (imposta), n. 305, per cui l'art. 7 d.p.r. 15 luglio 1982 n. 463, il

quale, riformulando l'art. 63, 1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, consente verifiche fiscali sulla base di documentazione, anche di pro venienza bancaria, sequestrata dalla guardia di finanza nel corso di in

dagini di polizia giudiziaria, sempre che vi sia l'autorizzazione del giu dice penale, trova applicazione con riguardo ad avviso di accertamento che sia stato notificato in data posteriore alla sua entrata in vigore, in

dipendentemente dall'anteriorità dell'acquisizione di quei documenti e di quel provvedimento autorizzatorio, dal momento che l'utilizzazione dei documenti stessi, nel rapporto con il contribuente, è costituita dalla formazione dell'atto impositivo, rilevante per il riscontro della legitti mità dell'operato dell'amministrazione finanziaria. Sul punto, v. Corte cost. 18 febbraio 1992, n. 51, id.. 1992,1, 1038, con nota di Amoroso, e Mondo bancario, 1992, fase. 2, 41 (m), con nota di Carcelli; Giur. co stit., 1992, 285, con nota di Pace; Riv. dir. trib.. 1992, II, 561, con nota di Falsitta; Riv. dir. fin., 1992, II, 55, con nota di Albertini; Giur. it., 1992, 1, 1, 2087, con nota di Comba, che ha respinto come infondata la

questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli art. 76 e 77, 1° comma, Cost., degli art. 63 d.p.r. 633/72 e 33 d.p.r. 600/73, come modificati rispettivamente dagli art. 7 e 2 d.p.r. 463/82, nella parte in cui prevedono che la guardia di finanza, previa autorizzazione dell'au torità giudiziaria in relazione alle norme che disciplinano il segreto istruttorio, utilizza e trasmette agli uffici dell'amministrazione finanzia ria dati e notizie acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei

poteri e facoltà di polizia giudiziaria e valutaria. In dottrina, v. Gambogi, Utilizzo di prove raccolte in sede penale e

principio di legalità, in Corriere trib., 2001, 2083; Screpanti, Gli ef fetti delle indagini penali sull 'accertamento fiscale: situazione attuale e prospettive, in Fisco. 1998, 8681; Mifsud, L'utilizzazione a fini fi scali delle risultanze delle indagini di polizia giudiziaria e l'esigenza di colmare un vuoto normativo, id., 1997, 13647; Bersani, I rapporti tra accertamento tributario ed indagine penale: compiti e prerogative degli organi accertatoli tra garanzie del cittadino e rispetto del proce dimento di acquisizione probatoria, in Rass. trib., 1996, 552; Vecchio, Acquisizione in sede penale di documentazione bancaria ed accerta mento tributario, in Fisco, 1995, 3977; Floriani, Ancora sull'utilizza bilità dei dati fiscali acquisiti dalla guardia di finanza in sede penale, id.. 1994, 10250; Schiavolin, L'utilizzazione fiscale delle risultanze

penali, Milano, 1994; Mambriani, Utilizzo di dati e notizie raccolti nel

processo penale, in Corriere trib.. 1993, suppl. al fase. 18; Pace, L'u tilizzabilità delle prove acquisite in sede penale ai fini dell'accerta mento tributario, in Bollettino trib., 1993, 1767; Del Torchio, Accer tamento delle imposte e utilizzabilità di dati acquisiti in sede penale, id., 1990, 1571; Tinti, Legittimità della trasmissione agli uffici finan ziari degli atti e documenti acquisiti in sede penale, in Fisco, 1987, 2706; Peri, Utilizzabilità dei dati acquisiti nei confronti dell'imputato: è una facoltà l'imitatrice dei poteri della guardia di finanza?, id., 1983, 3932; Id., Accertamento: utilizzabilità dei dati acquisiti a fini penali e valutari, ibid.. 2480.

Il Foro Italiano — 2002.

Sull'appello dell'ufficio distrettuale imposte dirette di Mace

rata, la Commissione tributaria regionale delle Marche, cui la

controversia era stata attribuita a mente dell'art. 72 d.leg. 31 di

cembre 1992 n. 546, con sentenza del 13 maggio 1998, disatteso

il gravame, confermò la pronuncia del primo giudice. La commissione tributaria regionale, dopo aver fatto presente

che «l'art. 52, 2° comma, d.p.r. 633/72 prescrive chiaramente

che l'accesso in locali diversi da quelli in cui si svolge l'attività

può essere eseguito, previa autorizzazione del procuratore della

repubblica, soltanto in presenza di gravi indizi di violazione

delle norme tributarie», evidenziò che «nella fattispecie in esa

me il documento di richiesta della guardia di finanza conteneva

il seguente testo: si è appreso da fonte confidenziale che la ditta

perpetrerebbe gravi violazioni in materia di Iva ... detenendo

documentazione extracontabile», e che «il provvedimento auto

rizzativo laconicamente indicava che la società deve essere sot

toposta a controllo fiscale e che per tali interventi i militi devo

no accedere all'abitazione dei soci»; rilevato, quindi, doversi

«valutare sotto l'aspetto di legittimità se una fonte confidenziale

mantenuta anonima di perpetrata evasione da parte della società

inquisita sia una prova sufficiente per autorizzare i militi ad ac

cedere presso le abitazioni dei soci», considerò, al riguardo, che

«nessun valore probante può essere attribuito a una fonte confi

denziale anonima», non essendo suscettibile questa di «costitui

re da sola uno di quei gravi indizi di violazione della norma tri

butaria per concedere ai militi la perquisizione domiciliare», e

che, perciò, «la richiesta non poteva essere ammessa dalla pro cura della repubblica che svolgendo attività di volontaria giuris dizione deve motivare e indicare in questa motivazione quali sono i gravi indizi», concluse osservando che «il fatto che la

guardia di finanza ha agito su una denuncia anonima e il fatto

che tale denuncia abbia dato un esito favorevole non evita il vi

zio di fondo di tale autorizzazione che deve essere redatta ex

ante e non ex post». Il ministero delle finanze ricorre, con tre motivi, per la cassa

zione della sentenza di secondo grado surrichiamata, notificata

gli il 15 giugno 1998. La Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani s.r.l. resiste al

ricorso, notificatole I'll agosto 1998, con controricorso del 30

settembre 1998.

La controricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Il ministero delle finanze, con

il primo motivo di ricorso, critica la pronuncia nei sensi illu

strati resa sulla fattispecie dalla Commissione tributaria regio nale delle Marche, denunciandola inficiata da «violazione e fal

sa applicazione dell'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e del

l'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., ed all'art. 62, 1° comma, d.leg. 31 di

cembre 1992 n. 546»: più specificamente, sostiene che la pro nuncia contestata, che ha sanzionato la reiezione della discussa

pretesa erariale sul rilievo della ravvisata illegittimità del «de creto autorizzatorio del procuratore della repubblica» integrante il presupposto dall'avviso di accertamento di cui in narrativa, andrebbe ritenuta erronea e passibile di cassazione perché «il

giudice tributario non ha il potere giurisdizionale né di sindaca

re, né di annullare, né di disapplicare tale provvedimento auto

rizzatorio, che ... ha natura formale non già di atto amministra

tivo ma di atto giurisdizionale»; soggiunge che il provvedi mento di cui trattasi «non ha nulla a che fare con il rapporto tri

butario ... ma tende ad assicurare che le esigenze di accerta

mento fiscale si concilino con il diritto costituzionale del citta

dino al rispetto del domicilio» e «è posto a tutela dei diritti di

personalità del contribuente e non a tutela della correttezza del

rapporto tributario», sicché l'eventuale relativa adozione in casi

diversi da quelli consentiti potrebbe rilevare solo ai fini della ri

cerca di «qualche ulteriore forma di garanzia del potere autoriz

zatorio del procuratore della repubblica o (di) qualche forma di

ristoro della lesione subita, ma non potrà giustificare l'ulteriore

violazione del contrapposto obbligo costituzionale di contribuire

alle esigenze collettive in proporzione con la propria capacità contributiva», e non potrà mai comportare «la penalizzazione del diritto dell'erario a riscuotere le imposte evase».

La doglianza è infondata.

Cass., sez. un., 8 agosto 1990, n. 8062 (Foro it., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 590)

— a sproposito invocata dalla

pubblica amministrazione ricorrente a supporto dei propri as sunti — ha enunciato il principio, condivisibile, e dal quale non

This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

vi è ragione di discostarsi, per cui il decreto del procuratore della repubblica autorizzativo della perquisizione del domicilio

del contribuente previsto dagli art. 52, 2° comma, d.p.r. 26 otto

bre 1972 n. 633 e 33, 1° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600

è un atto che, inserendosi in un tipico procedimento ammini

strativo, attraverso il quale l'amministrazione finanziaria eser

cita il potere impositivo notificando al contribuente l'avviso di

accertamento, partecipa direttamente della natura amministrati

va del procedimento considerato, nel quale si inserisce, condi

zionandone la legittimità ed è, perciò, sindacabile dal giudice civile, e da quello tributario, in base ai principi generali che re

golano l'attività amministrativa dello Stato: cfr., nello stesso

senso, più recentemente, Cass., sez. I, 27 novembre 1998, n.

12050 (id., Rep. 1998, voce cit., n. 969). Alla stregua della riportata enunciazione, pertanto, la verifica

della legittimità dell'autorizzazione in argomento va ritenuta

ortodossamente operata dal giudice del merito, e la pronuncia da

questo resa in ordine all'attitudine dell'atto cennato a condizio

nare la legittimità dell'avviso di accertamento in controversia

deve essere ravvisata, in linea di principio, corretta.

2. - Il ministero ricorrente, con il terzo motivo di gravame, da

riscontrarsi diretto a prospettare questione logicamente pregiu diziale rispetto a quella posta con il precedente secondo mezzo

di ricorso, e che, perciò, va esaminato prima di questo, sostiene

risaltare nella sentenza impugnata «violazione e falsa applica zione degli art. 52 d.p.r. 633/72 e 23 e 33 d.p.r. 600/73 e moti

vazione insufficiente ed illogica su punti decisivi della contro

versia, in relazione all'art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c. ed

all'art. 62, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546», conte

stando la pronuncia anzidetta «nella parte in cui ha ritenuto ille

gittima l'autorizzazione all'accesso domiciliare concessa dalla

procura della repubblica sulla base di informative confidenzia

li ... che hanno trovato pieno riscontro e precisa conferma nelle

risultanze dell'indagine»: deduce, al riguardo, che «l'anonimato

della fonte informativa, che risponde ad ovvie ed imprescrivibili

esigenze investigative ... non esclude la serietà e l'attendibilità

della notizia che il procuratore della repubblica è legittimato a

valutare con giudizio discrezionale e insindacabile», non essen

do «logico pretendere che i gravi indizi che possono autorizzare

l'accesso siano idoneamente documentati, ove si consideri che

l'accesso tende proprio ad acquisire gli elementi di prova dei

quali ancora non si può disporre, perché illegittimamente sot

tratti dai locali aziendali, in cui dovrebbero essere custoditi».

La censura è destituita di pregio.

A) L'autorizzazione del procuratore della repubblica di cui

all'art. 52, 2° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e, per ciò

che qui specificamente rileva, all'art. 33, 1° comma, d.p.r. 29

settembre 1973 n. 600, giusta quanto evidenziato sub 1) inte

grante atto amministrativo condizionante la legittimità dell'ac

certamento, sindacabile in sede di contenzioso tributario, deve,

imprescindibilmente, essere motivata, ancorché la relativa moti

vazione possa essere concisa ed esaurirsi anche nel semplice ri

chiamo alla nota della pubblica amministrazione contenente la

richiesta della relativa adozione, facendo riferimento ad indizi

di violazione della norma tributaria che tale richiesta giustifica no (cfr., in terminis, Cass., sez. I, n. 12050 del 1998, già citata, recante puntualizzazione di postulati ricavabili dalla dianzi ri

cordata Cass., sez. un., n. 8062 del 1990).

B) L'assenza, l'abnormità, l'insufficienza e l'incongruenza della motivazione addotta per supportarlo, consequenzialmente, si riflettono, escludendola, sulla legittimità dell'atto in argo mento e comportano, perciò, il potere-dovere del giudice tribu

tario che le rilevi di dichiarare l'invalidità, dedotta, dell'atto

medesimo e, derivatamente, dell'intero procedimento di accer

tamento basato su prove acquisite a seguito della relativa esecu

zione, atteso che attività compiute illegittimamente ed in ingiu stificata violazione del diritto, costituzionalmente garantito, al

l'inviolabilità del domicilio non possono essere assunte a basa

mento di atti impositivi a carico di chi quelle attività illegittime abbia suo malgrado subito.

C) Tanto premesso, con specifico riguardo alla situazione

controversa, è da dire che non può ritenersi suscettibile di inte

grare effettiva, sufficiente e congrua motivazione dell'autoriz

zazione di cui trattasi il richiamo, diretto o indiretto (correlato,

cioè, al contenuto della richiesta degli organi dell'amministra

zione finanziaria) all'esistenza di una o più fonti confidenziali

li. Foro Italiano — 2002.

anonime denuncianti l'esistenza di violazione delle norme tri

butarie.

Ed invero, posto che la ridetta autorizzazione è rilasciabile

soltanto «nel caso di gravi indizi» che possano giustificare l'adozione del considerato mezzo di ricerca di prove di, pre sunte, evasioni fiscali, nella sicura totale inettitudine indiziante

delle notizie anonime, pertanto incontrollabili, è da escludere

che il richiamo all'esistenza di tali notizie possa, da solo, costi

tuire valida motivazione del provvedimento autorizzativo.

Sul tema, è opportuno puntualizzare soltanto che è del tutto

inconsistente l'accento contenuto nel ricorso all'esigenza del

l'amministrazione finanziaria di mantenere riservate le fonti

delle ricevute informazioni sugli illeciti tributari in funzione

dell'efficacia dell'azione repressiva dell'evasione fiscale: l'esi

genza considerata, difatti, non può valere nei rapporti fra pub blica amministrazione ed autorità giudiziaria competente ad

autorizzare gli accessi e le ispezioni domiciliari, alla quale non

vi sarebbe ragione di tener celati gli elementi idonei a legittima re l'adozione dei provvedimenti che viene chiamata a rendere.

D) Da ultimo, va rilevato che la declaratoria resa dalla com

missione tributaria regionale circa l'inesistenza nel decreto con

siderato di un'adeguata e congrua motivazione si risolve nella

risultante di un accertamento di fatto che, in quanto sufficiente

mente e non contraddittoriamente motivata, è destinata a restare

insindacabile nella presente sede di legittimità perché in questa censurata solo con deduzioni intese a denunciarne la concreta

erroneità sostanziale e a prospettare, quindi, questioni che im

pingono manifestamente nel merito.

3. - Il ministero delle finanze, infine, con il secondo motivo

di ricorso, lamenta essere stata pronunciata la sentenza impu

gnata in «violazione e falsa applicazione degli art. 52 d.p.r. 26

ottobre 1972 n. 633, dell'art. 33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, dell'art. 115, 1° comma, c.p.c. e dell'art. 191 c.p.p., nonché del

l'art. 23 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, in relazione all'art.

360, 1° comma, nn. 3 e 4, c.p.c. ed all'art. 62, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546», segnatamente accampando che «ille

gittimamente i giudici tributari hanno omesso di esaminare le

prove addotte dall'amministrazione a sostegno delle sue ragioni, nell'asserito presupposto che esse siano state acquisite» non

ortodossamente, ignorando che «le norme procedurali impongo no al giudice di giudicare il merito della causa in base alle prove addotte dalle parti e non gli concedono di operare una valuta

zione preventiva della legittimità dell'acquisizione delle prove stesse al fine di ammetterle o non ammetterle», ed inoltre che

«l'art. 52 d.p.r. 633/72, che regola gli accessi domiciliari diretti a ricercare le prove dell'evasione fiscale ... non prevede nessu

na sanzione d'inutilizzabilità delle prove acquisite nel corso

dell'ispezione, ancorché illegittimamente autorizzata».

Neppure la cosi articolata deduzione è meritevole di ingresso. In proposito, va richiamato e ribadito il fermo, e condivisibi

le, orientamento giurisprudenziale, già altrove ricordato, secon

do il quale, in tema di imposte dirette e di Iva, gli avvisi di ac

certamento e di rettifica motivati con riferimento a dati acquisiti dall'amministrazione finanziaria a seguito di accessi nell'abita

zione dei contribuenti non, o illegittimamente, autorizzati dal

procuratore della repubblica, sono invalidi ed insuscettibili di

produrre effetti, atteso che attività compiute in dispregio del

fondamentale diritto all'inviolabilità del domicilio non possono essere assunte, di per sé, a giustificazione ed a fondamento di

atti impositivi a carico dei soggetti che quelle attività illegittime hanno dovuto subire: dovendosi soggiungere, al riguardo, che

costituisce principio generale immanente al vigente sistema

giusprocessualistico quello per il quale il giudice, prima di uti

lizzare ai fini della decisione una qualsiasi emergenza probato

ria, deve verificare la regolarità della relativa acquisizione re

stando tenuto a non porre a base della sua pronuncia prove che

riscontri indebitamente raccolte.

4. - Conclusivamente, il ricorso, siccome riscontrato sorretto

da motivi tutti inaccoglibili, deve essere rigettato.

II

Fatto e svolgimento del processo. — 1.1. - La Consulfin di

Berton Adriano & C. s.n.c., rappresentata e difesa come in atti,

ricorre contro il ministero delle finanze, in persona del ministro

This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 6: sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani (Avv.

735 PARTE PRIMA 736

pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'avvocatura ge nerale dello Stato, per la cassazione della sentenza specificata in

epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale di

Venezia ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto del

ricorso della società.

1.2. - In fatto, la controversia ha ad oggetto due avvisi di ret

tifica delle dichiarazioni Iva relative agli anni 1991 e 1992, noti

ficati alla società a seguito di controlli fiscali disposti nell'am

bito di indagini di polizia giudiziaria a carico del dott. Adriano Berton, legale rappresentante della società ricorrente. In parti colare, a seguito di accesso domiciliare, regolarmente autoriz

zato, militari della guardia di finanza hanno acquisito copiosa documentazione extracontabile, relativa alla società, sulla base

della quale iniziavano una verifica fiscale nei confronti della

stessa, conclusasi con processo verbale di constatazione del 24

luglio 1992. Alla società sono state contestate le seguenti violazioni:

a) per l'anno 1991, omesso versamento Iva per errata appli cazione di aliquota su due fatture, per dichiarazione infedele e

per indebita detrazione d'imposta, e presentazione della dichia

razione con dati inesatti;

b) per l'anno 1992, omessa auto fatturazione, dichiarazione

infedele e contenente dati inesatti.

L'odierna ricorrente ha impugnato entrambi gli avvisi di ac

certamento eccependo:

a) l'illegittima utilizzazione degli elementi acquisiti in sede

penale, sotto vari profili;

b) il difetto di motivazione degli avvisi di rettifica e viola zione delle regole sull'onere della prova;

c) la violazione dell'art. 52, 3° e 6° comma, d.p.r. 633/72, ri

ferita alla redazione del processo verbale di constatazione e al

l'apertura di due borse contenenti la documentazione seque strata, senza preventiva autorizzazione;

d) l'infondatezza, nel merito, dei rilievi contestati;

e) l'indebita applicazione delle sanzioni a carico dell'ammi

nistratore della società.

Riuniti i ricorsi, entrambe le commissioni di merito li hanno

respinti. 1.3. - A sostegno del ricorso, la società deduce sette mezzi,

variamente articolati.

1.4. - 11 ministero resiste con controricorso. La società ha de

positato memoria difensiva ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Diritto e motivi della decisione. — 2.1. - Il ricorso appare

privo di fondamento.

2.2. - La società ricorrente lamenta l'illegittimità dell'attività

istruttoria svolta dalla guardia di finanza, sia rispetto alle norme del codice di procedura penale che rispetto alle regole dell'ac

certamento; conseguentemente lamenta l'illegittima utilizzazio ne fiscale degli elementi acquisiti irritualmente. La censura è

prospettata anche sotto il profilo del vizio di motivazione.

Sul punto vi è congrua motivazione dei giudici d'appello, i

quali ricordano il principio di autonomia delle regole dell'ac certamento tributario rispetto alle regole che disciplinano le in

dagini ed il giudizio di responsabilità penale. Come è noto, «gli elementi di conoscenza raccolti secondo le regole che vincolano l'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria ben possono essere

impiegati ai fini dell'accertamento tributario se non ne derivi

pregiudizio alle esigenze interne al processo penale (onde la ne cessità della previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria cbj di quegli elementi di prova abbia la disponibilità funzionale), senza alcuna limitazione che derivi dalla mancata coincidenza tra la persona indagata ('l'imputato') e contribuente o dalla na tura non tributaria dell'illecito perseguito. Le garanzie intrinse che alle regole dell'attività di polizia giudiziaria e del processo penale non consentono cioè alcuna limitazione di questo tipo e non c'è ragione di negare ad una qualificata fonte di conoscenza l'idoneità a fondare l'accertamento tributario» (Cass., sez. 1, 27 dicembre 1999, n. 14585, Foro it., Rep. 2000, voce Tributi in

genere, n. 1241). Pertanto, correttamente i giudici d'appello hanno rilevato che se, come nella specie, la «guardia di finanza nel corso di una perquisizione di carattere penale rinviene do cumentazione utilizzabile nel procedimento tributario, la vali dità dell'acquisizione di tale documentazione, in quanto utiliz zata nell'accertamento tributario, va giudicata sulla base delle norme disciplinanti i modi di tale accertamento e non di quelle che disciplinano il procedimento penale. Non può, dunque, trar si argomento dal mancato rispetto delle norme di procedura pe

li Foro Italiano — 2002.

naie riguardanti l'intervento del difensore nel corso della per

quisizione per sostenere la nullità dell'accertamento tributario

perché tale intervento non è previsto dagli art. 52 ss. d.p.r.

633/72, che disciplinano le modalità dell'accesso nei luoghi di

abitazione da parte della polizia tributaria: l'autonomia dei due

procedimenti consente l'esistenza di una situazione per cui una

nullità afferente un atto del procedimento penale non ha rilievo

nel procedimento tributario».

2.3. - La ricorrente insiste nel riproporre le eccezioni e dedu

ce:

a) che la documentazione trovata in possesso dell'ammini

stratore della società è stata comunque acquisita senza la pre ventiva autorizzazione prevista dall'art. 52, 2° comma, d.p.r.

633/72, che, tra l'altro, richiede la sussistenza di gravi indizi di

violazione della normativa fiscale;

b) che la documentazione è stata rinvenuta in armadi e borse

chiusi, senza che venisse prodotta la specifica autorizzazione al

l'apertura degli stessi, prevista dal 3° comma del medesimo art.

52.

Entrambi i rilievi appaiono non condivisibili. In linea di prin

cipio, dalla lettura degli art. 54, 2° e 3° comma, e 63, 1° comma,

d.p.r. 633/72, si ricavano le seguenti regole di carattere genera le:

a) il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle

registrazioni può e deve essere effettuato sulla scorta di qualsia si documento e scrittura rilevante ai fini della contabilità (art. 54, 2° comma);

b) l'ufficio può comunque utilizzare, ai fini dell'accerta

mento, gli «atti e documenti in suo possesso» (art. 54, 4° com

ma);

c) la guardia di finanza, fatta salva l'autorizzazione dell'au

torità giudiziaria competente «utilizza e trasmette agli uffici do

cumenti, dati e notizie acquisiti, direttamente ed ottenuti dalle

altre forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di polizia giudi ziaria» (art. 63, 1° comma).

Gii organi di controllo, dunque, possono utilizzare tutti i do

cumenti dei quali siano venuti in possesso, salvo la verifica del

l'attendibilità, in considerazione della natura e del contenuto dei

documenti stessi, e dei limiti d'utilizzabilità derivanti da even

tuali preclusioni di carattere specifico. La violazione delle re

gole dell'accertamento tributario non comporta come conse

guenza necessaria l'inutilizzabilità degli elementi acquisiti. Si

pensi al caso in cui, nel corso di una verifica fiscale, vengano

acquisiti elementi determinanti ai fini dell'accertamento, sol

tanto il trentunesimo (o sessantunesimo) giorno lavorativo dal

l'inizio della verifica stessa, in violazione del precetto di cui al

l'art 12, 5° comma, 1. 27 luglio 2000 n. 212. Non esiste, cioè, nell'ordinamento tributario un principio generale d'inutilizzabi

lità delle prove illegittimamente acquisite. Tale principio è stato

introdotto nel «nuovo» codice di procedura penale, e vale, ov

viamente, soltanto all'interno di tale specifico sistema procedu rale (v. art. 191 c.p.p.). L'acquisizione irrituale di elementi rile

vanti ai fini dell'accertamento fiscale non comporta l'inutilizza

bilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal

senso.

Il fatto che talune violazioni non comportano la sanzione spe cifica dell 'inutilizzabilità degli elementi irritualmente acquisiti, non significa che la violazione sia priva di conseguenze e che,

quindi, la norma sia tamquam non esset. In casi del genere, in

fatti, le conseguenze sanzionatorie ricadono direttamente sul

l'autore dell'illecito, sul piano disciplinare e, se del caso, sul

piano della responsabilità civile e penale. Non sarebbe giusto che una prova oggettivamente ammissibile, non possa essere utilizzata a causa della negligenza di chi l'ha acquisita. Questo ne dovrà rispondere nelle sedi competenti, mentre la prova non

subisce gli effetti dell'illegittimità, come conseguenza necessa ria dell'eventuale illiceità dell'acquisizione. Si tratta di due di versi profili (uno soggettivo e l'altro oggettivo) che non vanno

confusi.

In punto di fatto, i giudici d'appello hanno precisato che «gli atti processuali attestano che la procura della repubblica conces se l'autorizzazione di cui all'art. 63 d.p.r. 633/72 per l'utilizzo in sede di accertamento tributario della documentazione acqui sita in sede di polizia giudiziaria. È vero che la guardia di finan za effettuò l'accesso presso la sede della società prima di avere

ottenuto l'autorizzazione, ma tale accesso rientrava nei poteri

This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 7: sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dell'organo che l'ha effettuato indipendentemente dal fatto che

fosse stata rilasciata la suddetta autorizzazione».

Sulla base di tali considerazioni restano assorbiti tutti gli altri

rilievi intesi a dimostrare l'inutilizzabilità della documentazione

acquisita in sede penale. Anche con riferimento alla pretesa violazione dell'art. 52, 3° comma, d.p.r. 633/72, relativamente

all'apertura di armadi e borse contenenti la documentazione ac

quisita. Infatti, le prescrizioni del citato art. 52 operano nel

l'ambito degli accessi fiscali e non riguardano le indagini penali che si sviluppano a seguito di notitia criminis. D'altra parte, una

volta che la documentazione sia stata acquisita, la stessa, in for

za dell'art. 63, 1° comma, può essere utilizzata a prescindere dal

rispetto delle disposizioni dell'art. 52.

Infatti, l'art. 63, 1° comma, d.p.r. 633/72 prevede due distinte

ipotesi di collaborazione della guardia di finanza con gli uffici

tributari.

La prima parte della norma attribuisce alla guardia di finanza

gli stessi poteri istruttori degli uffici, da esercitare nel rispetto delle stesse regole («La guardia di finanza coopera con gli uffici

dell'imposta sul valore aggiunto per l'acquisizione e il reperi mento degli elementi utili ai fini dell'accertamento dell'imposta e per la repressione delle violazioni del presente decreto, proce dendo di propria iniziativa o su richiesta degli uffici, secondo le

norme e con le facoltà di cui agli art. 51 e 52, alle operazioni ivi

indicate e trasmettendo agli uffici stessi i relativi verbali e rap

porti»). La seconda parte, invece, prevede una sorta di collabo

razione «esterna», «aggiuntiva», della guardia di finanza, la

quale può «riciclare» in sede fiscale, incondizionatamente, gli elementi acquisiti con procedure estranee a quelle dell'accerta

mento tributario («Essa [guardia di finanza] inoltre previa auto

rizzazione dell'autorità giudiziaria ... utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie acquisiti, direttamente o riferiti

ed ottenuti da altre forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di

polizia giudiziaria»), 2.4. - Anche la censura relativa alla pretesa nullità dell'avviso

di accertamento come conseguenza dell'illegittimità delle ac

quisizioni effettuate dalla guardia di finanza (secondo motivo di

censura), è superato dalle considerazioni già svolte. (Omissis) 2.7. -

Conseguentemente, applicando lo ius superveniens, la

sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice a

quo.

Ili

Svolgimento del processo. — Il secondo ufficio Iva di Roma

notificava alla Edilcem s.r.l., con sede in Roma, avviso di retti

fica per il 1991, sulla base di un processo verbale di constata

zione sottoscritto dall'amministratore, Di Cino Stefano, nel

quale si contestava alla società di aver utilizzato quattro fatture

emesse dalla Avion s.n.c. per operazioni che erano risultate ine

sistenti.

L'utilizzazione era avvenuta mediante registrazione nei libri

contabili e, ai fini della detrazione, nel registro di cui all'art. 25

d.p.r. 633/72. L'iniziativa dell'ufficio Iva aveva avuto origine da una se

gnalazione del nucleo centrale di polizia tributaria, nella quale si comunicava che, nel corso di una verifica eseguita, nell'eser

cizio di funzioni di polizia giudiziaria, nei confronti della Avion

era risultato che la stessa aveva emesso le predette quattro fattu

re per operazioni inesistenti, come ammesso dall'amministrato

re Troiani Luigi, che non risultavano contabilizzate.

La Edilcem proponeva ricorso alla commissione tributaria

provinciale di Roma, deducendo che i documenti e le notizie

acquisite dalla guardia di finanza nell'espletamento di funzioni

di polizia giudiziaria, non potevano essere utilizzate ai fini del

l'accertamento tributario, in quanto non era stata rilasciata

l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente, secondo il

combinato disposto degli art. 33 d.p.r. 600/73 e 63 d.p.r. 633/72.

Deduceva, inoltre, la nullità dell'avviso di rettifica per caren

za di motivazione, in quanto basato sui risultati di una verifica

eseguita nei confronti della Avion, contenuti in un processo verbale di constatazione non notificato alla Edilcem.

Svolgeva, inoltre, difese nel merito.

La commissione provinciale rigettava il ricorso.

La Edilcem proponeva appello, riproponendo tutte le questio ni di nullità dell'accertamento svolte nel ricorso introduttivo. La

Il Foro Italiano — 2002.

Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva il gra vame con sentenza 29 settembre - 8 ottobre 1998, sulla conside

razione che il mancato rilascio dell'autorizzazione dell'autorità

giudiziaria a trasmettere notizie e documenti acquisiti nell'eser

cizio di attività di polizia giudiziaria, elementi sui quali si era

fondato l'accertamento, comportava violazione del segreto istruttorio e, per conseguenza, nullità dell'avviso di rettifica, in

relazione agli art. 33 d.p.r. 600/73 e 63 d.p.r. 633/72, così come

modificato dall'art. 18 1.413/91.

Avverso tale sentenza il ministero delle finanze ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un mezzo d'annullamento.

La Edilcem s.r.l. resiste con controricorso.

Il motivo di ricorso. — Denunciando violazione e falsa appli cazione degli art. 33 d.p.r. 600/73 e 63 d.p.r. 633/72; motivazio

ne inesistente o comunque insufficiente ed illogica su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, in relazione

agli art. 62 d.leg. 546/92 e 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c., l'amministrazione finanziaria deduce che, come aveva esatta

mente ritenuto la sentenza di primo grado, nella specie non era

no applicabili le disposizioni che subordinano ad autorizzazione

dell'autorità giudiziaria penale l'utilizzazione di notizie e di do

cumenti acquisiti nell'ambito di un procedimento penale. Secondo l'avvocatura, il citato art. 63 prevede, al 1° comma,

una cooperazione tra guardia di finanza e uffici finanziari ai fini

di un efficace svolgimento dell'attività accertatrice dell'imposta eventualmente evasa e delle violazioni connesse. La seconda

parte dello stesso comma prevede che possano essere trasmessi

agli uffici, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, anche

dati e notizie acquisiti in occasione dell'esercizio dei poteri di

polizia giudiziaria. La norma non può avere il senso sostenuto dalla sentenza im

pugnata, e cioè che, ogniqualvolta i militari della guardia di fi

nanza s'imbattono, nel corso di verifiche, in fatti penalmente

rilevanti, debbano necessariamente ottenere la detta autorizza

zione per trasmettere i risultati degli accertamenti agli uffici fi

nanziari. Tale interpretazione, infatti, finirebbe col paralizzare

ogni attività di accertamento, soprattutto in materia di Iva, nella

quale si verificano con frequenza ipotesi di reato.

La necessità dell'autorizzazione dovrebbe, perciò, involgere soltanto quegli elementi strettamente attinenti al processo pe nale (già iniziato) e all'attività istruttoria del medesimo.

La sentenza impugnata non si è data carico di tali problemi, limitandosi a constatare che non risultava il rilascio dell'auto

rizzazione.

Motivi della decisione. — Il ricorso merita accoglimento, an

che se per ragioni giuridiche non coincidenti con quelle svolte

dalla difesa dell'amministrazione.

La necessità dell'autorizzazione dell'autorità giudiziaria per la trasmissione di atti, documenti e notizie acquisite nell'ambito

di un'indagine o un processo penali, disposta dall'art. 63, 1°

comma, d.p.r. n. 633 del 1972, il cui contenuto è stato riprodotto ad litteram nell'art. 33, 3° comma, d.p.r. n. 600 del 1973, è pre vista a salvaguardia del segreto delle indagini penali (art. 329

c.p.p.), e non ha — diversamente da quella del procuratore della

repubblica, prevista per l'accesso ai fini fiscali dall'art. 52, 2° e

3° comma, d.p.r. 633/72 — alcuna finalità di tutela nei confronti

del contribuente. Proprio la commistione — praticamente ine

vitabile — tra attività di polizia tributaria e di polizia giudiziaria rende necessario, una volta che nel corso di verifiche venga ravvisata l'esistenza di reati (con conseguente obbligo d'infor

mazione dell'autorità giudiziaria) e sia stata avviata un'indagine

penale, che sia l'autorità competente per il procedimento penale a valutare se ricorrano i presupposti per mantenere il segreto su

gli elementi acquisiti e, nel caso negativo, autorizzare la loro

utilizzazione nell'accertamento tributario e nell'eventuale

proiezione processuale dello stesso. L'accertamento demandato

all'autorità giudiziaria penale, d'altra parte, non può in alcun

modo concernere la rilevanza degli elementi ai fini dell'accer

tamento tributario.

In tal modo il legislatore ha inteso, evidentemente, privilegia re il corretto esercizio della giurisdizione penale (e di quelle at

tività a tale esercizio finalizzate) sull'accertamento tributario.

Deve, pertanto, escludersi che, come sostenuto dalla difesa

dell'amministrazione finanziaria, sia rimessa agli organi della

stessa, o al giudice tributario, la valutazione se determinate in

formazioni o documenti acquisiti nell'indagine penale siano co

perti dal segreto di cui all'art. 329 c.p.p.

This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 8: sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani (Avv.

739 PARTE PRIMA 740

Da quanto premesso non deriva però automaticamente che gli elementi acquisiti senza la previa autorizzazione del giudice pe nale competente siano inutilizzabili ai fini tributari, sì da viziare

l'accertamento che sugli stessi sia stato fondato.

L'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di divieti

posti dalla legge, introdotta dall'art. 191 c.p.p. del 1988, non

costituisce una categoria processuale generale, operante anche

nel processo tributario.

La particolare rilevanza degli interessi coinvolti nell'esercizio

della giurisdizione penale non fa, d'altra parte, nascere sospetti d'incostituzionalità circa una mancata previsione di tale catego ria in altri processi, e in particolare in quello tributario.

Pertanto, la violazione dell'art. 63, 1° comma, d.p.r. 633/72, a

parte le conseguenze di ordine penale o disciplinare, non deter

mina l'inutilizzabilità degli elementi probatori sui quali sia stato

fondato l'accertamento tributario, rendendo invalidi gli atti del

suo esercizio o la decisione del giudice tributario.

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con

rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

I giudici di rinvio dovranno, pertanto, uniformandosi al prin

cipio di diritto sopra enunciato in riferimento all'utilizzabilità

dei documenti e delle notizie acquisite all'indagine penale, de

cidere sulle altre questioni dedotte nel ricorso introduttivo.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 no

vembre 2001, n. 15197; Pres. Losavio, Est. Panebianco, P.M. Russo (conci, conf.); Arditi (Avv. Piccolini, Cignitti) c. Bolonotto (Avv. Mannocchi, Scialuga) e altri. Cassa sen za rinvio App. Milano 18 gennaio 2000.

Società — Società in accomandita semplice — Esclusione

dell'unico accomandatario — Fattispecie (Cod. civ., art.

2287, 2293, 2315).

Nella società in accomandita semplice con un unico socio ac

comandatario, l'esclusione di questi può essere soltanto deli

berata dalla maggioranza dei soci accomandanti, non es sendo proponibile la domanda di esclusione in via giudiziale a! di fuori dell'ipotesi contemplata dall'art. 2287, 3° comma, c.c. (1)

(1) Con la pronuncia in epigrafe, la Suprema corte capovolge l'esito del giudizio di appello: cfr. App. Milano 18 gennaio 2000, Foro it., 2000, I, 2970, con nota parzialmente adesiva di L. D'Ascia, cui si rin via per i precedenti nella giurisprudenza di merito, e per i riferimenti dottrinari sul tema.

Contrariamente a quanto asserito dai giudici milanesi, la Cassazione esclude che possa trovare applicazione, nel caso di specie, l'art. 2287, 3° comma, c.c., in questo modo attenendosi alla lettera della norma, che fa riferimento esclusivamente all'ipotesi in cui la società sia composta di due soli soci, tanto da rendere materialmente impossibile il formarsi di una maggioranza, e quindi l'emanazione di una delibera di esclusio ne del socio. A dire della Suprema corte, in tutti i casi in cui il numero dei soci è superiore a due, invece, si può (rectius, si deve) necessaria mente ricorrere al procedimento di esclusione per via assembleare pre conizzato dall'art. 2287, 1° comma, c.c. A tale soluzione non si porreb bero come ostacolo le ragioni di incompatibilità dedotte dalla corte milanese con gli art. 2319 e 2320 c.c. (il primo richiedendo il consenso dei soci accomandatari per la revoca di un amministratore, il secondo

ponendo un divieto di ingerenza dei soci accomandanti nell'attività di

amministrazione), o con le modalità di scioglimento volontario della società prescritte dall'art. 2272, n. 3, c.c.

La Cassazione sottolinea infatti che l'esclusione del socio accoman datario costituisce esercizio del potere di controllo riservato ai soci ac

II Foro Italiano — 2002.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

in data 29 ottobre 1991 Alessio Bolonotto conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano la società Corvetto centro dodice

simo s.a.s. di Mariano Arditi & C. nonché i soci Mariano Arditi

(accomandatario) e Roberto Giunchiglia (accomandante), chie

dendo l'esclusione dalla società di Mariano Arditi, unico socio

accomandatario e amministratore della società, per gravi ina

dempienze, costituite in particolare da assunzioni irregolari di

dipendenti, omessa informazione ai soci sui bilanci e sulla con

tabilità sociale, mancata corresponsione degli utili risultanti dai

bilanci, omissioni presso il competente ministero in ordine al

l'espletamento delle pratiche riguardanti il rimborso delle spese sociali, delega della gestione a terzi in conflitto di interessi,

proiezioni di pellicole e cassette prive del visto di censura e del

contrassegno Siae.

Si costituivano i convenuti che eccepivano l'improponibilità della domanda in quanto, trattandosi di società composta da più soci, l'esclusione avrebbe dovuto essere deliberata a maggio ranza degli stessi ai sensi dell'art. 2287 c.c.

Con sentenza del 25 maggio 1998 (Foro it., Rep. 1998, voce

Società, n. 817) il tribunale accoglieva la domanda, disponendo l'esclusione del socio accomandatario Mariano Arditi dalla so

cietà.

L'Arditi proponeva impugnazione ed all'esito del giudizio, nel quale si costituiva il Bolonotto mentre il socio Giunchiglia e

la società rimanevano contumaci, la Corte d'appello di Milano

con sentenza del 18 gennaio 2000 (id., 2000, I, 2970) rigettava il gravame, condannando l'Arditi al pagamento delle ulteriori

spese del grado. Relativamente alla proponibilità della domanda, dopo aver ri

cordato che nelle società in accomandita semplice il rinvio alle

disposizioni riguardanti la società in nome collettivo, ivi incluse

quelle della società semplice, è subordinato alla loro compatibi lità (art. 2315 c.c.) con la struttura particolare della prima, ca

ratterizzata dalla presenza di due categorie di soci, vale a dire

degli accomandatari — che quali illimitatamente responsabili

possono assumerne l'amministrazione — e degli accomandanti — che invece tale amministrazione non possono assumere es

sendo la loro responsabilità limitata alla quota conferita — rile

vava la corte d'appello che nell'ipotesi, come quella in esame, in cui la società ha un unico socio accomandatario, che assume

quindi di diritto la carica di amministratore, la sua esclusione ad

opera degli accomandanti comporterebbe l'impossibilità di am

ministrare la società e realizzerebbe una delle cause di sciogli mento senza il consenso del socio accomandatario e con l'attri

buzione agli accomandanti di poteri incompatibili con il divieto

generale di una loro ingerenza nell'amministrazione previsto dall'art. 2320 c.c.

Osservava poi che una diversa interpretazione si porrebbe in

contrasto con l'art. 2319 c.c., il quale prescrive che per la revo

ca della nomina degli amministratori devono concorrere le vo

lontà sia dei soci accomandanti che di quelli accomandatari, nonché con il sistema di accertamento delle cause di sciogli mento della società, che prevede, in caso di controversia, la

proposizione di un'azione in via ordinaria, con la conseguenza che la delibera di esclusione, costituendo un'ipotesi più grave rispetto alla revoca dell'amministratore per i suoi più radicali

effetti, non potrebbe essere disposta a condizioni diverse ri

spetto a quella prevista dall'art. 2319 c.c., che richiede il con senso dei soci accomandatari, e con l'ulteriore conseguenza che il procedimento di esclusione, nel caso di un unico accomanda

tario, non potrebbe che avvenire in via giudiziaria.

comandanti sull'attività del socio accomandatario, che non implica certo un'ingerenza nell'amministrazione della società. Quanto alla de dotta sovrapposizione di esclusione del socio accomandatario e revoca della facoltà di amministrare, il Supremo collegio osserva come le ra

gioni che possono spingere all'esclusione del socio non necessaria mente coincidono con quelle che integrano la giusta causa della revoca della facoltà di amministrare, e pertanto il procedimento di esclusione di cui all'art. 2287, 1° comma, c.c. non può essere assorbito in quello di revoca dell'amministratore: la revoca della facoltà di amministrare, in fatti, non determina necessariamente l'esclusione come socio. Per

quanto concerne infine lo scioglimento della società che si verrebbe a determinare con l'esclusione dell'unico socio accomandatario in virtù dell'art. 2323, 1° comma, c.c., la Cassazione evidenzia che lo sciogli mento non è automatico, essendo comunque previsto un periodo di sei mesi per la ricostituzione della categoria dei soci accomandatari.

This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 11:32:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended