sezione tributaria; sentenza 3 dicembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M.Sorrentino (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale Luigi &Pietro Anconetani (Avv.Mercatali). Conferma Comm. trib. reg. Marche 13 maggio 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 3 (MARZO 2002), pp. 727/728-739/740Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196903 .
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727 PARTE PRIMA 728
cenda ed avviando la procedura prevista e regolata dall'art. 27
delle condizioni generali allegate alla polizza infortuni, tanto da
procedere, in tale contesto, a nominare il proprio medico;
c) che a ciò aveva fatto seguito il medesimo assicuratore con
lettera raccomandata del 30 dicembre 1994, procedendo a desi
gnare il medico di propria spettanza, ovvero senza evidente
mente rifiutare la possibilità di instaurare la suddetta procedura nonostante la «natura della controversia conseguente alla conte
stazione mossa dall'assicurazione».
In questo senso, l'impugnata sentenza non ha fatto applica zione del principio secondo il quale la richiesta di perizia con
trattuale, ancorché prevista (come nella specie) ai soli fini della
composizione della controversia «sulla natura, sulle conse
guenze delle lesioni» (precisamente «sulla natura e sulle conse
guenze delle lesioni, sul grado di invalidità permanente, sul gra do o durata dell'inabilità temporanea, nonché sull'applicazione dei criteri di indennizzabilità di cui all'art. 22 e negli altri casi
previsti in polizza») ovvero ai soli fini della determinazione del
quantum debeatur, la quale risulti avanzata (come nella specie) in replica alla comunicazione dell'assicuratore di non voler cor
rispondere alcunché per il sinistro, può costituire domanda di
arbitrato (irrituale) altresì sull'a» dell'indennizzo assicurativo, là dove manifesti alla controparte la volontà di tutelare il pro prio diritto e sia seguita dalla corrispondente prosecuzione, ex
adverso, del procedimento così intrapreso dall'assicurato la
quale si realizzi mediante la nomina del proprio rispettivo peri to, in tal modo denotando l'adesione dell'assicuratore all'as sunto dell'assicurato in mancanza di alcun rifiuto opposto dal
primo al secondo con riferimento all'estraneità della procedura anzidetta rispetto alla determinazione dell'a/7 debeatur, ovvero in mancanza di alcuna contestazione o riserva circa la stessa ammissibilità nel caso concreto del ricorso alla procedura mede
sima, indipendentemente dal fatto che quest'ultima non si sia
poi conclusa con lodo definitivo non avendo le parti provveduto alla nomina del terzo membro del collegio peritale ed indipen dentemente dal fatto che gli arbitri risultino incompetenti per essere appunto la previsione contrattuale afferente unicamente il
profilo relativo al quantum debeatur. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 3 di cembre 2001, n. 15230; Pres. Reale, Est. Paolini, P.M. Sor rentino (conci, conf.); Min. finanze c. Soc. Cantiere navale
Luigi & Pietro Anconetani (Avv. Mercatali). Conferma Comm. trib. reg. Marche 13 maggio 1998.
Tributi in genere — Accertamento — Perquisizione — Au
torizzazione — Sindacabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art.
52; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, art. 33).
Tributi in genere — Accertamento — Perquisizione — Au
torizzazione — Motivazione — Necessità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 52; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, art. 33).
Tributi in genere — Accertamento — Perquisizione
— Au torizzazione — Riferimento a fonti anonime —
Illegittimi tà (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 52; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, art. 33).
Tributi in genere — Accertamento — Accesso illegittimo —
Dati acquisiti — Inutilizzabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n.
633, art. 52; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, art. 33).
Il decreto del procuratore della repubblica che, ai sensi del l'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e dell'art. 33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, autorizza la perquisizione de! domici
li. Foro Italiano — 2002.
lio del contribuente è suscettibile di essere sindacato dal giu dice tributario. (1)
L 'assenza, l'abnormità, l'insufficienza e l'incongruenza della
motivazione del decreto del procuratore della repubblica che, ai sensi dell'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e dell'art.
33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, autorizza la perquisizione del domicilio del contribuente, rende lo stesso illegittimo. (2)
Non è suscettibile di integrare effettiva, sufficiente e congrua motivazione del decreto del procuratore della repubblica che, ai sensi dell'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e dell'art.
33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, autorizza la perquisizione del domicilio del contribuente, il richiamo, diretto o indiretto, ali 'esistenza di una o più fonti confidenziali anonime denun
cianti l'esistenza di violazione delle norme tributarie. (3)
(1) In giurisprudenza, è generalmente riconosciuta la possibilità di sindacato da parte del giudice tributario del provvedimento con cui si autorizza ex art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e art. 33 d.p.r. 29 set tembre 1973 n. 600 l'accesso degli organi verificatori nell'abitazione del contribuente. In questo senso, v. Cass. 27 novembre 1998, n. 12050, Foro it.. Rep. 1999, voce Tributi in genere, n. 1124; 27 ottobre 1998, n.
10664, id., Rep. 1998, voce Valore aggiunto (imposta), n. 470; sez. un. 8 agosto 1990, n. 8062, id., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 590, e Bollettino trib., 1990, 1418, con nota di Brighenti, La legittimità delle motivazioni sintetiche o implicite: l idtima volta della Cassazione; Riv. dir. trib., 1991, II, 383, con nota di Albanello, Accesso in abitazioni
private: ammissibilità di tutela giurisdizionale, anche immediata, della libertà di domicilio', Comm. trib. centrale 15 aprile 1998, n. 1972, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 971; Comm. trib. II grado Venezia 14 no vembre 1988, id., Rep. 1989, voce Valore aggiunto (imposta), n. 155, e Rass. trib., 1989, II, 977, con nota di Dragone, Accesso nel domicilio e sindacato della commissione tributaria: la inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita', Comm. trib. II grado Matera 8 maggio 1982, Foro it., Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 736.
La regula iuris di cui in massima è poi implicitamente condivisa dalla giurisprudenza che dispone l'annullamento dell'accertamento che abbia utilizzato atti acquisiti nel corso di un accesso reputato illegitti mo: v. nota 4-5.
In giurisprudenza, si esclude che il decreto autorizzativo, stante la sua natura amministrativa, sia soggetto al sindacato di legittimità del
giudice penale: v. Cass. 5 maggio 2000, n. 5644, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 1222; 19 giugno 1996, Grendene, id., Rep. 1997, voce cit., n.
1019; 29 novembre 1994, D'A., id., Rep. 1995, voce Valore aggiunto (imposta), n. 341, e Fisco, 1995, 9381, con nota di Fiandaca; ord. 11
aprile 1991, D.G.D., Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 228; 22 maggio 1990, id., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 2394.
(2) La necessità che il provvedimento che autorizza la perquisizione domiciliare del contribuente sia motivato non è mai stata revocata in dubbio dalla giurisprudenza (v. Cass. 27 novembre 1998, n. 12050, sez. un. 8 agosto 1990, n. 8062, Comm. trib. centrale 15 aprile 1998, n.
1972, tutte citate alla nota 1; 29 aprile 1997, n. 2023, Foro it., Rep. 1997, voce Tributi in genere, n. 1023; G.i.p. Trib. Catanzaro 6 dicem bre 1991, id., Rep. 1992, voce cit., n. 795, e Bollettino trib., 1992, 475, con nota di Muleo; Comm. trib. II grado Treviso 1° giugno 1990, Foro it.. Rep. 1990, voce Valore aggiunto (imposta), n. 198; Comm. trib. I
grado Venezia 1° febbraio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 159; 17 dicembre 1988, ibid., n. 160; Comm. trib. I grado Verona 24 aprile 1986, id.. Rep. 1987, voce Tributi in genere, n. 537; Comm. trib. II
grado Gorizia 4 luglio 1986, ibid., voce Valore aggiunto (imposta), n. 173, e Bollettino trib., 1987, 420 (m), con nota di Aiudi, Accesso in abitazioni — Quali limiti alla acquisizione di prove), discutendosi, semmai, della legittimità di una motivazione che consista in espressioni sintetiche e di significato implicito (ammessa da Cass. 12050/98, cit.; 8062/90, cit.; Comm. trib. centrale 1972/98, cit.; 2023/97, cit.; diver
samente, Comm. trib. II grado Venezia 14 novembre 1988, cit. alla nota che precede, per la quale deve ritenersi insufficiente, perché meramente
tautologica, la motivazione dell'autorizzazione rilasciata dal procurato re della repubblica che si limiti al riferimento della esistenza dei gravi indizi richiesti dalla legge, giacché, invece, ne è richiesta la loro speci ficazione in concreto, al di là del rinvio alla formula astratta ed ellittica dell'art. 52 d.p.r. 633/72, quantomeno per dimostrare che è stato in concreto effettuato il controllo che la legge prevede; Comm. trib. I gra do Venezia 1° febbraio 1989, cit., che ravvisa la carenza motivazionale del decreto che manchi di qualsivoglia accenno ai gravi indizi di viola zione di norme fiscali).
V. anche Comm. trib. 1 grado Treviso 20 maggio 1991, Foro it.. Rep. 1991, voce cit., n. 236, per la quale l'autorizzazione del magistrato per l'accesso in locali diversi da quelli in cui è esercitata l'attività e in par ticolare nelle abitazioni ai fini fiscali non richiede l'emissione di un
apposito decreto.
(3) Non si rinvengono, nella giurisprudenza della Suprema corte, precedenti editi in tali esatti termini. Nella giurisprudenza penale, v., in
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
In materia di imposte dirette e di Iva, sono illegittimi e privi di
effetto gli avvisi di accertamento motivati con riferimento a
dati acquisiti dall'amministrazione finanziaria a seguito di
accesso nell'abitazione del contribuente non (o illegittima
mente) autorizzato da! procuratore della repubblica. (4)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 19
giugno 2001, n. 8344; Pres. Carbone, Est. Merone, P.M. Se
pe (conci, conf.); Soc. Consulfin di Berton Adriano & C.
(Avv. Garcea) c. Min. finanze. Cassa Comm. trib. reg. Ve
neto 7 luglio 1997.
Tributi in genere — Accertamento — Prove acquisite illegit
timamente — Utilizzabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 52).
L 'acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell 'accer
tamento fiscale non comporta l'inutilizzabilità degli stessi in
mancanza di una specifica previsione in tal senso. (5)
argomento, Cass. 18 giugno 1997, Sirica, Foro it.. Rep. 1998, voce De
nunzia, n. 5, e Cass, pen., 1998, 2081, con nota di Rombi, Anonimo,
perquisizione, sequestro', 8 marzo 1995, Ceroni, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 7, e Cass, pen., 1996, 1876, con nota di Zappulla, Le inda
gini per la formazione della «notitia criminis»: il caso della perquisi zione seguita da sequestro, per le quali le denunce anonime o le notizie
confidenziali possono dar luogo all'effettuazione di attività investigati va, ma non possono legittimare l'adozione di provvedimenti incidenti
sui diritti della persona (fra i quali anche perquisizioni). (4-5) Nel senso che l'illegittimità dell'accesso determina la nullità
dell'accertamento che utilizzi i documenti invalidamente acquisiti, v.
Cass. 29 novembre 2001, n. 15209, Foro it., Mass., 1216; 27 novembre
1998, n. 12050, e 27 ottobre 1998, n. 10664, citate alla nota 1; 27 luglio 1998, n. 7368, id., 1999, 1, 1996, e Riv. giur. trib., 1999, 97, con nota di
Stufano, Tassatività della riserva giurisdizionale in materia di accessi
domiciliari; Tributi, 1998, 1155, con nota di Lzzi; Dir. e pratica trib.,
1999, II, 178, con nota di Piccardo, Sulla nullità di avvisi di accerta
mento o di irrogazione di sanzioni fondati su prove illegittimamente
acquisite; Bollettino trib., 1998, 1660, con nota di Ardito, Illegittimità dell'accesso e conseguente inutilizzabilità dei dati; 3 dicembre 1997,
Riberti, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 2120 (come obi
ter dictum); per la giurisprudenza della Commissione tributaria cen
trale, v. dee. 4 marzo 1998, n. 1150, ibid., voce Valore aggiunto (impo sta), n. 472; 15 gennaio 1996, n. 80, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 362, e
Corriere trib., 1996, 2189, con nota di Stufano, e Fisco, 1996, 7312, con nota di Gradi (in motivazione); 8 giugno 1993, n. 2069, Foro it..
Rep. 1993, voce Tributi in genere, n. 644 (in motivazione); 22 marzo
1993, n. 1275, ibid., n. 645; 9 ottobre 1989, n. 5901, id., Rep. 1990, vo
ce cit., n. 596 (in motivazione); 28 settembre 1989, n. 5615, id., Rep. 1989, voce Valore aggiunto (imposta), n. 153; in termini sostanzial
mente conformi, v. poi Comm. trib. reg. Toscana 19 gennaio 1998, id.,
Rep. 2000, voce cit., n. 300, e Foro toscano, 1999, 372, con nota di
Borgioli, La riserva giurisdizionale in materia di accessi domiciliari;
App. Trieste 22 ottobre 1996, Foro it.. Rep. 1997, voce cit., n. 461, e
Riv. dir. trib., 1997, II, 476, con nota di Redi (in motivazione); Comm.
trib. I grado Padova 12 aprile 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Tributi in
genere, n. 799; Comm. trib. II grado Treviso 1° giugno 1990, id., Rep. Ì990, voce Valore aggiunto (imposta), n. 198; Comm. trib. I grado Ve
nezia 17 dicembre 1988, cit. alla nota 2; Comm. trib. II grado Pesaro 28
marzo 1988, id., Rep. 1989, voce cit., n. 157; Comm. trib. II grado Go
rizia 4 luglio 1986, cit. alla nota 2; Comm. trib. I grado Verona 24 apri le 1986, cit. alla nota 2; Comm. trib. II grado Gorizia 10 marzo 1986,
id., Rep. 1987, voce cit., n. 202; Comm. trib. II grado Padova 17 set
tembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 200, e Rass. trib., 1985, II,
824, con nota di Mandò, Ancora sull'autorizzazione del procuratore della repubblica ex art. 52, 2° comma, d.p.r. 633/72; Comm. trib. II
grado Matera 8 maggio 1982, cit. alla nota 1; Comm. trib. II grado Pescara 23 aprile 1982, Foro it.. Rep. 1983, voce Tributi in genere, n.
430; Comm. trib. II grado Roma 19 aprile 1982, ibid., n. 464; Comm.
trib. II grado Udine 15 marzo 1982, ibid., voce Valore aggiunto
(imposta), n. 133; Comm. trib. II grado Ancona 14 dicembre 1981,
id.. Rep. 1982, voce cit., n. 158, e Bollettino trib., 1982, 1420, con
nota di Aiudi, Accesso in abitazione e reperimento di prove; Comm.
trib. I grado Ancona 23 giugno 1981, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n.
160; Comm. trib. I grado Matera 26 maggio 1981, id., Rep. 1981, vo
ce Tributi in genere, n. 347; Comm. trib. I grado Firenze 23 aprile 1981, ibid., voce Valore aggiunto (imposta), n. 155; Comm. trib. I
grado Ancona 31 gennaio 1981, ibid., voce Tributi in genere, n. 354, e Dir. e pratica trib., 1981, lì, 763, con nota di Basili, La legittimità
Il Foro Italiano — 2002.
Ill
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 16
marzo 2001, n. 3852; Pres. Papa, Est. Altieri, P.M. Apice
(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Quadri) c. Soc.
Edilcem (Avv. Gueli). Cassa Comm. trib. reg. Lazio 8 otto
bre 1998.
Tributi in genere — Accertamento — Prove acquisite in se
de penale — Trasmissione agli uffici finanziari — Auto
rizzazione — Mancanza — Utilizzabilità degli atti (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 63; d.p.r. 29 settembre 1973 n.
600, art. 33).
Sono legittimamente utilizzabili ai fini dell'accertamento tri
butario gli elementi probatori raccolti nel corso di un 'inda
gine penale pur in mancanza del provvedimento del giudice
penale che ne autorizza la trasmissione agli uffici finanzia ri. (6)
della perquisizione compiuta ex art. 52 legge Iva come condizione per l'uso dei documenti sequestrati.
L'illegittimità dell'accertamento emesso sulla scorta di documenti
illegittimamente acquisiti è affermata anche da Comm. trib. prov. Mi
lano 30 maggio 2000, Foro it.. Rep. 2000, voce cit., n. 1166; Comm.
trib. centrale 20 ottobre 1987, n. 7504, id.. Rep. 1987, voce Valore ag
giunto (imposta), n. 171, e Bollettino trib., 1988, 1053, con nota di F.V.
Albertino, Nullità dell'accertamento fondato su prove raccolte in vio
lazione dell'art. 52, 2° comma, d.p.r. n. 633 del 1972: una conferma della commissione centrale; Comm. trib. reg. Friuli-Venezia Giulia 5
novembre 1997, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 1009, e
Rass. trib.. 1998, 1683, con nota di Mastroiacovo, Spunti sui rapporti tra autorizzazione dell autorità giudiziaria e acquisizione di prove', Comm. trib. Il grado Venezia 30 maggio 1988, Foro it., Rep. 1990, vo
ce cit., n. 599, e Rass. trib., 1990, 11, 85, con nota di Stevanato; Comm. trib. I grado Genova 17 dicembre 1981, Foro it., Rep. 1983, voce Valore aggiunto (imposta), n. 138, e Fisco, 1983, 782, con nota di
Lamberti (entrambe in ipotesi di perquisizione domiciliare autorizzata
dal magistrato per scoprire eventuali frodi valutarie); Comm. trib. I
grado Pescara 4 novembre 1981, Foro it.. Rep. 1982, voce Tributi in
genere, n. 469.
Contra, Comm. trib. II grado Modena 31 marzo 1981, ibid., n. 471,
per cui le prove precostituite, comprese quelle documentali, esplicano la propria efficacia probatoria, a nulla rilevando l'eventuale vizio della
loro acquisizione. (6) Analogamente, Cass. 8 giugno 2001, n. 7791, Foro it., Mass.,
681, e Fisco, 2001, 13847.
Contra, e cioè nel senso che l'utilizzo, per le indagini fiscali, di ele
menti raccolti a fini penali è legittimo solo se preceduto dall'autorizza
zione dell'autorità giudiziaria, v., nella giurisprudenza tributaria, Comm. trib. prov. Mantova 23 aprile 1997, Foro it.. Rep. 1997, voce
Valore aggiunto (imposta), n. 475, e Fisco, 1997, 7997, con nota di
Veroi; Comm. trib. I grado Forlì 28 marzo 1994, Foro it., Rep. 1994, voce Tributi in genere, n. 936, e Riv. giur. trib., 1994, 1035, con nota di
Schiavolin, Sui limiti all'impiego fiscale di prove penali, e Corriere
trib.. 1994, 1309, con nota di Stufano; Comm. trib. Il grado Milano 12
maggio 1993, Foro it.. Rep. 1993, voce cit., n. 651, e Bollettino trib.,
1993, 1820, con nota di Cobau; Comm. trib. Il grado Livorno 7 luglio 1990, Foro it.. Rep. 1990, voce cit., n. 597, e Bollettino trib.. 1990, 1342 (m), con nota di Brighenti; Comm. trib. 1 grado Treviso 11 feb
braio 1984, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 435, e Bollettino trib.,
1984, 1284, con nota di Aiudi, Il segreto istruttorio e utilizzazione per
fini tributari delle risultanze processuali. Sull'autorizzazione concessa — ai sensi dell'art. 33 d.p.r. n. 600 del
1973 e dell'art. 63 d.p.r. n. 633 del 1972, anteriormente alle modifiche
di cui all'art. 23 d.leg. 74/00 (sulle quali, v. Bersani, Le modifiche re
lative ali 'utilizzazione in sede tributaria della documentazione ottenuta
nel procedimento penale da parte della guardia di finanza (art. 23
d.leg. 74/00), in Fisco, 2000, 8443; Carrarini-Di Gregorio, Utilizza
zione dì documenti da parte della guardia di finanza: le modifiche in
trodotte da! d.leg. 10 marzo 2000 n. 74, ibid., 7523) — dall'autorità
giudiziaria alla guardia di finanza di utilizzare e trasmettere agli uffici
competenti documenti, dati e notizie acquisiti nei confronti dell'impu tato nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria, v. Cass. 26 gennaio
1990, B., Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 592, e Rass. trib., 1990, II,
915, con nota di Fortuna, per la quale la stessa è illegittima qualora non risulti sufficientemente motivata sia in assenza di una preventiva deliberazione sulla valutazione della possibilità di non compromettere l'ulteriore esito delle indagini, violando, così, il principio di garanzia tutelato dall'obbligo del segreto istruttorio, sia laddove non distingua tra i dati emersi dall'attività della guardia di finanza, genericamente de
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PARTE PRIMA 732
I
Svolgimento del processo. — L'ufficio distrettuale imposte
dirette di Macerata, con avviso di accertamento n. 87/88, rettifi
cò la dichiarazione presentata per il 1988 dalla Cantiere navale
Luigi & Pietro Anconetani s.r.l., contestando a questa il realiz
zato conseguimento di redditi assoggettabili a Irpeg e ad llor
maggiori di quelli dichiarati sulla base di elementi acquisiti nel
corso di accessi eseguiti dalla guardia di finanza nelle abitazioni
dei soci su autorizzazione data ai sensi dell'art. 52, 2° comma,
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 dal procuratore della repubblica
presso il Tribunale di Macerata con decreto del 13 aprile 1989.
La Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani s.r.l. impugnò ai termini degli art. 15 ss. d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 l'atto
impositivo cennato dinanzi alla Commissione tributaria di primo
grado di Macerata, all'epoca operante, e tale commissione, con
decisione n. 431/02/92, accolse l'impugnativa.
finibili di polizia giudiziaria ed altri dati acquisiti su delega dell'auto rità giudiziaria; Comm. trib. I grado Forlì 21 ottobre 1994, Foro it.,
Rep. 1994, voce cit., n. 934, per la quale la motivazione del provvedi mento con il quale il giudice penale, ex art. 63 d.p.r. 633/72 e 33 d.p.r. 600/73, autorizza la trasmissione di documenti, dati e notizie acquisiti dalla guardia di finanza nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria non è sindacabile da parte della commissione tributaria.
V. anche Cass. 30 agosto 1994, n. 7581, id.. Rep. 1995, voce cit., n.
1021, e Riv. giur. trib.. 1995, 125, con nota di Schiavolin, Sul valore dell'autorizzazione all'impiego fiscale di prove penali, per la quale è nullo l'avviso di rettifica (nella specie, in tema di Iva) fondato sulla do cumentazione bancaria acquisita dalla guardia di finanza nell'esercizio dei suoi poteri di polizia giudiziaria ed utilizzata per fini fiscali sulla base di un'autorizzazione del giudice penale anteriore all'entrata in vi
gore del d.p.r. 15 luglio 1982 n. 463; più di recente, in argomento, cfr. Cass. 30 marzo 2000, n. 3880, Foro it., Rep. 2000, voce Valore ag giunto (imposta), n. 305, per cui l'art. 7 d.p.r. 15 luglio 1982 n. 463, il
quale, riformulando l'art. 63, 1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, consente verifiche fiscali sulla base di documentazione, anche di pro venienza bancaria, sequestrata dalla guardia di finanza nel corso di in
dagini di polizia giudiziaria, sempre che vi sia l'autorizzazione del giu dice penale, trova applicazione con riguardo ad avviso di accertamento che sia stato notificato in data posteriore alla sua entrata in vigore, in
dipendentemente dall'anteriorità dell'acquisizione di quei documenti e di quel provvedimento autorizzatorio, dal momento che l'utilizzazione dei documenti stessi, nel rapporto con il contribuente, è costituita dalla formazione dell'atto impositivo, rilevante per il riscontro della legitti mità dell'operato dell'amministrazione finanziaria. Sul punto, v. Corte cost. 18 febbraio 1992, n. 51, id.. 1992,1, 1038, con nota di Amoroso, e Mondo bancario, 1992, fase. 2, 41 (m), con nota di Carcelli; Giur. co stit., 1992, 285, con nota di Pace; Riv. dir. trib.. 1992, II, 561, con nota di Falsitta; Riv. dir. fin., 1992, II, 55, con nota di Albertini; Giur. it., 1992, 1, 1, 2087, con nota di Comba, che ha respinto come infondata la
questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli art. 76 e 77, 1° comma, Cost., degli art. 63 d.p.r. 633/72 e 33 d.p.r. 600/73, come modificati rispettivamente dagli art. 7 e 2 d.p.r. 463/82, nella parte in cui prevedono che la guardia di finanza, previa autorizzazione dell'au torità giudiziaria in relazione alle norme che disciplinano il segreto istruttorio, utilizza e trasmette agli uffici dell'amministrazione finanzia ria dati e notizie acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei
poteri e facoltà di polizia giudiziaria e valutaria. In dottrina, v. Gambogi, Utilizzo di prove raccolte in sede penale e
principio di legalità, in Corriere trib., 2001, 2083; Screpanti, Gli ef fetti delle indagini penali sull 'accertamento fiscale: situazione attuale e prospettive, in Fisco. 1998, 8681; Mifsud, L'utilizzazione a fini fi scali delle risultanze delle indagini di polizia giudiziaria e l'esigenza di colmare un vuoto normativo, id., 1997, 13647; Bersani, I rapporti tra accertamento tributario ed indagine penale: compiti e prerogative degli organi accertatoli tra garanzie del cittadino e rispetto del proce dimento di acquisizione probatoria, in Rass. trib., 1996, 552; Vecchio, Acquisizione in sede penale di documentazione bancaria ed accerta mento tributario, in Fisco, 1995, 3977; Floriani, Ancora sull'utilizza bilità dei dati fiscali acquisiti dalla guardia di finanza in sede penale, id.. 1994, 10250; Schiavolin, L'utilizzazione fiscale delle risultanze
penali, Milano, 1994; Mambriani, Utilizzo di dati e notizie raccolti nel
processo penale, in Corriere trib.. 1993, suppl. al fase. 18; Pace, L'u tilizzabilità delle prove acquisite in sede penale ai fini dell'accerta mento tributario, in Bollettino trib., 1993, 1767; Del Torchio, Accer tamento delle imposte e utilizzabilità di dati acquisiti in sede penale, id., 1990, 1571; Tinti, Legittimità della trasmissione agli uffici finan ziari degli atti e documenti acquisiti in sede penale, in Fisco, 1987, 2706; Peri, Utilizzabilità dei dati acquisiti nei confronti dell'imputato: è una facoltà l'imitatrice dei poteri della guardia di finanza?, id., 1983, 3932; Id., Accertamento: utilizzabilità dei dati acquisiti a fini penali e valutari, ibid.. 2480.
Il Foro Italiano — 2002.
Sull'appello dell'ufficio distrettuale imposte dirette di Mace
rata, la Commissione tributaria regionale delle Marche, cui la
controversia era stata attribuita a mente dell'art. 72 d.leg. 31 di
cembre 1992 n. 546, con sentenza del 13 maggio 1998, disatteso
il gravame, confermò la pronuncia del primo giudice. La commissione tributaria regionale, dopo aver fatto presente
che «l'art. 52, 2° comma, d.p.r. 633/72 prescrive chiaramente
che l'accesso in locali diversi da quelli in cui si svolge l'attività
può essere eseguito, previa autorizzazione del procuratore della
repubblica, soltanto in presenza di gravi indizi di violazione
delle norme tributarie», evidenziò che «nella fattispecie in esa
me il documento di richiesta della guardia di finanza conteneva
il seguente testo: si è appreso da fonte confidenziale che la ditta
perpetrerebbe gravi violazioni in materia di Iva ... detenendo
documentazione extracontabile», e che «il provvedimento auto
rizzativo laconicamente indicava che la società deve essere sot
toposta a controllo fiscale e che per tali interventi i militi devo
no accedere all'abitazione dei soci»; rilevato, quindi, doversi
«valutare sotto l'aspetto di legittimità se una fonte confidenziale
mantenuta anonima di perpetrata evasione da parte della società
inquisita sia una prova sufficiente per autorizzare i militi ad ac
cedere presso le abitazioni dei soci», considerò, al riguardo, che
«nessun valore probante può essere attribuito a una fonte confi
denziale anonima», non essendo suscettibile questa di «costitui
re da sola uno di quei gravi indizi di violazione della norma tri
butaria per concedere ai militi la perquisizione domiciliare», e
che, perciò, «la richiesta non poteva essere ammessa dalla pro cura della repubblica che svolgendo attività di volontaria giuris dizione deve motivare e indicare in questa motivazione quali sono i gravi indizi», concluse osservando che «il fatto che la
guardia di finanza ha agito su una denuncia anonima e il fatto
che tale denuncia abbia dato un esito favorevole non evita il vi
zio di fondo di tale autorizzazione che deve essere redatta ex
ante e non ex post». Il ministero delle finanze ricorre, con tre motivi, per la cassa
zione della sentenza di secondo grado surrichiamata, notificata
gli il 15 giugno 1998. La Cantiere navale Luigi & Pietro Anconetani s.r.l. resiste al
ricorso, notificatole I'll agosto 1998, con controricorso del 30
settembre 1998.
La controricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Il ministero delle finanze, con
il primo motivo di ricorso, critica la pronuncia nei sensi illu
strati resa sulla fattispecie dalla Commissione tributaria regio nale delle Marche, denunciandola inficiata da «violazione e fal
sa applicazione dell'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e del
l'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., ed all'art. 62, 1° comma, d.leg. 31 di
cembre 1992 n. 546»: più specificamente, sostiene che la pro nuncia contestata, che ha sanzionato la reiezione della discussa
pretesa erariale sul rilievo della ravvisata illegittimità del «de creto autorizzatorio del procuratore della repubblica» integrante il presupposto dall'avviso di accertamento di cui in narrativa, andrebbe ritenuta erronea e passibile di cassazione perché «il
giudice tributario non ha il potere giurisdizionale né di sindaca
re, né di annullare, né di disapplicare tale provvedimento auto
rizzatorio, che ... ha natura formale non già di atto amministra
tivo ma di atto giurisdizionale»; soggiunge che il provvedi mento di cui trattasi «non ha nulla a che fare con il rapporto tri
butario ... ma tende ad assicurare che le esigenze di accerta
mento fiscale si concilino con il diritto costituzionale del citta
dino al rispetto del domicilio» e «è posto a tutela dei diritti di
personalità del contribuente e non a tutela della correttezza del
rapporto tributario», sicché l'eventuale relativa adozione in casi
diversi da quelli consentiti potrebbe rilevare solo ai fini della ri
cerca di «qualche ulteriore forma di garanzia del potere autoriz
zatorio del procuratore della repubblica o (di) qualche forma di
ristoro della lesione subita, ma non potrà giustificare l'ulteriore
violazione del contrapposto obbligo costituzionale di contribuire
alle esigenze collettive in proporzione con la propria capacità contributiva», e non potrà mai comportare «la penalizzazione del diritto dell'erario a riscuotere le imposte evase».
La doglianza è infondata.
Cass., sez. un., 8 agosto 1990, n. 8062 (Foro it., Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 590)
— a sproposito invocata dalla
pubblica amministrazione ricorrente a supporto dei propri as sunti — ha enunciato il principio, condivisibile, e dal quale non
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
vi è ragione di discostarsi, per cui il decreto del procuratore della repubblica autorizzativo della perquisizione del domicilio
del contribuente previsto dagli art. 52, 2° comma, d.p.r. 26 otto
bre 1972 n. 633 e 33, 1° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600
è un atto che, inserendosi in un tipico procedimento ammini
strativo, attraverso il quale l'amministrazione finanziaria eser
cita il potere impositivo notificando al contribuente l'avviso di
accertamento, partecipa direttamente della natura amministrati
va del procedimento considerato, nel quale si inserisce, condi
zionandone la legittimità ed è, perciò, sindacabile dal giudice civile, e da quello tributario, in base ai principi generali che re
golano l'attività amministrativa dello Stato: cfr., nello stesso
senso, più recentemente, Cass., sez. I, 27 novembre 1998, n.
12050 (id., Rep. 1998, voce cit., n. 969). Alla stregua della riportata enunciazione, pertanto, la verifica
della legittimità dell'autorizzazione in argomento va ritenuta
ortodossamente operata dal giudice del merito, e la pronuncia da
questo resa in ordine all'attitudine dell'atto cennato a condizio
nare la legittimità dell'avviso di accertamento in controversia
deve essere ravvisata, in linea di principio, corretta.
2. - Il ministero ricorrente, con il terzo motivo di gravame, da
riscontrarsi diretto a prospettare questione logicamente pregiu diziale rispetto a quella posta con il precedente secondo mezzo
di ricorso, e che, perciò, va esaminato prima di questo, sostiene
risaltare nella sentenza impugnata «violazione e falsa applica zione degli art. 52 d.p.r. 633/72 e 23 e 33 d.p.r. 600/73 e moti
vazione insufficiente ed illogica su punti decisivi della contro
versia, in relazione all'art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c. ed
all'art. 62, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546», conte
stando la pronuncia anzidetta «nella parte in cui ha ritenuto ille
gittima l'autorizzazione all'accesso domiciliare concessa dalla
procura della repubblica sulla base di informative confidenzia
li ... che hanno trovato pieno riscontro e precisa conferma nelle
risultanze dell'indagine»: deduce, al riguardo, che «l'anonimato
della fonte informativa, che risponde ad ovvie ed imprescrivibili
esigenze investigative ... non esclude la serietà e l'attendibilità
della notizia che il procuratore della repubblica è legittimato a
valutare con giudizio discrezionale e insindacabile», non essen
do «logico pretendere che i gravi indizi che possono autorizzare
l'accesso siano idoneamente documentati, ove si consideri che
l'accesso tende proprio ad acquisire gli elementi di prova dei
quali ancora non si può disporre, perché illegittimamente sot
tratti dai locali aziendali, in cui dovrebbero essere custoditi».
La censura è destituita di pregio.
A) L'autorizzazione del procuratore della repubblica di cui
all'art. 52, 2° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e, per ciò
che qui specificamente rileva, all'art. 33, 1° comma, d.p.r. 29
settembre 1973 n. 600, giusta quanto evidenziato sub 1) inte
grante atto amministrativo condizionante la legittimità dell'ac
certamento, sindacabile in sede di contenzioso tributario, deve,
imprescindibilmente, essere motivata, ancorché la relativa moti
vazione possa essere concisa ed esaurirsi anche nel semplice ri
chiamo alla nota della pubblica amministrazione contenente la
richiesta della relativa adozione, facendo riferimento ad indizi
di violazione della norma tributaria che tale richiesta giustifica no (cfr., in terminis, Cass., sez. I, n. 12050 del 1998, già citata, recante puntualizzazione di postulati ricavabili dalla dianzi ri
cordata Cass., sez. un., n. 8062 del 1990).
B) L'assenza, l'abnormità, l'insufficienza e l'incongruenza della motivazione addotta per supportarlo, consequenzialmente, si riflettono, escludendola, sulla legittimità dell'atto in argo mento e comportano, perciò, il potere-dovere del giudice tribu
tario che le rilevi di dichiarare l'invalidità, dedotta, dell'atto
medesimo e, derivatamente, dell'intero procedimento di accer
tamento basato su prove acquisite a seguito della relativa esecu
zione, atteso che attività compiute illegittimamente ed in ingiu stificata violazione del diritto, costituzionalmente garantito, al
l'inviolabilità del domicilio non possono essere assunte a basa
mento di atti impositivi a carico di chi quelle attività illegittime abbia suo malgrado subito.
C) Tanto premesso, con specifico riguardo alla situazione
controversa, è da dire che non può ritenersi suscettibile di inte
grare effettiva, sufficiente e congrua motivazione dell'autoriz
zazione di cui trattasi il richiamo, diretto o indiretto (correlato,
cioè, al contenuto della richiesta degli organi dell'amministra
zione finanziaria) all'esistenza di una o più fonti confidenziali
li. Foro Italiano — 2002.
anonime denuncianti l'esistenza di violazione delle norme tri
butarie.
Ed invero, posto che la ridetta autorizzazione è rilasciabile
soltanto «nel caso di gravi indizi» che possano giustificare l'adozione del considerato mezzo di ricerca di prove di, pre sunte, evasioni fiscali, nella sicura totale inettitudine indiziante
delle notizie anonime, pertanto incontrollabili, è da escludere
che il richiamo all'esistenza di tali notizie possa, da solo, costi
tuire valida motivazione del provvedimento autorizzativo.
Sul tema, è opportuno puntualizzare soltanto che è del tutto
inconsistente l'accento contenuto nel ricorso all'esigenza del
l'amministrazione finanziaria di mantenere riservate le fonti
delle ricevute informazioni sugli illeciti tributari in funzione
dell'efficacia dell'azione repressiva dell'evasione fiscale: l'esi
genza considerata, difatti, non può valere nei rapporti fra pub blica amministrazione ed autorità giudiziaria competente ad
autorizzare gli accessi e le ispezioni domiciliari, alla quale non
vi sarebbe ragione di tener celati gli elementi idonei a legittima re l'adozione dei provvedimenti che viene chiamata a rendere.
D) Da ultimo, va rilevato che la declaratoria resa dalla com
missione tributaria regionale circa l'inesistenza nel decreto con
siderato di un'adeguata e congrua motivazione si risolve nella
risultante di un accertamento di fatto che, in quanto sufficiente
mente e non contraddittoriamente motivata, è destinata a restare
insindacabile nella presente sede di legittimità perché in questa censurata solo con deduzioni intese a denunciarne la concreta
erroneità sostanziale e a prospettare, quindi, questioni che im
pingono manifestamente nel merito.
3. - Il ministero delle finanze, infine, con il secondo motivo
di ricorso, lamenta essere stata pronunciata la sentenza impu
gnata in «violazione e falsa applicazione degli art. 52 d.p.r. 26
ottobre 1972 n. 633, dell'art. 33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, dell'art. 115, 1° comma, c.p.c. e dell'art. 191 c.p.p., nonché del
l'art. 23 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, in relazione all'art.
360, 1° comma, nn. 3 e 4, c.p.c. ed all'art. 62, 1° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546», segnatamente accampando che «ille
gittimamente i giudici tributari hanno omesso di esaminare le
prove addotte dall'amministrazione a sostegno delle sue ragioni, nell'asserito presupposto che esse siano state acquisite» non
ortodossamente, ignorando che «le norme procedurali impongo no al giudice di giudicare il merito della causa in base alle prove addotte dalle parti e non gli concedono di operare una valuta
zione preventiva della legittimità dell'acquisizione delle prove stesse al fine di ammetterle o non ammetterle», ed inoltre che
«l'art. 52 d.p.r. 633/72, che regola gli accessi domiciliari diretti a ricercare le prove dell'evasione fiscale ... non prevede nessu
na sanzione d'inutilizzabilità delle prove acquisite nel corso
dell'ispezione, ancorché illegittimamente autorizzata».
Neppure la cosi articolata deduzione è meritevole di ingresso. In proposito, va richiamato e ribadito il fermo, e condivisibi
le, orientamento giurisprudenziale, già altrove ricordato, secon
do il quale, in tema di imposte dirette e di Iva, gli avvisi di ac
certamento e di rettifica motivati con riferimento a dati acquisiti dall'amministrazione finanziaria a seguito di accessi nell'abita
zione dei contribuenti non, o illegittimamente, autorizzati dal
procuratore della repubblica, sono invalidi ed insuscettibili di
produrre effetti, atteso che attività compiute in dispregio del
fondamentale diritto all'inviolabilità del domicilio non possono essere assunte, di per sé, a giustificazione ed a fondamento di
atti impositivi a carico dei soggetti che quelle attività illegittime hanno dovuto subire: dovendosi soggiungere, al riguardo, che
costituisce principio generale immanente al vigente sistema
giusprocessualistico quello per il quale il giudice, prima di uti
lizzare ai fini della decisione una qualsiasi emergenza probato
ria, deve verificare la regolarità della relativa acquisizione re
stando tenuto a non porre a base della sua pronuncia prove che
riscontri indebitamente raccolte.
4. - Conclusivamente, il ricorso, siccome riscontrato sorretto
da motivi tutti inaccoglibili, deve essere rigettato.
II
Fatto e svolgimento del processo. — 1.1. - La Consulfin di
Berton Adriano & C. s.n.c., rappresentata e difesa come in atti,
ricorre contro il ministero delle finanze, in persona del ministro
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735 PARTE PRIMA 736
pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'avvocatura ge nerale dello Stato, per la cassazione della sentenza specificata in
epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale di
Venezia ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto del
ricorso della società.
1.2. - In fatto, la controversia ha ad oggetto due avvisi di ret
tifica delle dichiarazioni Iva relative agli anni 1991 e 1992, noti
ficati alla società a seguito di controlli fiscali disposti nell'am
bito di indagini di polizia giudiziaria a carico del dott. Adriano Berton, legale rappresentante della società ricorrente. In parti colare, a seguito di accesso domiciliare, regolarmente autoriz
zato, militari della guardia di finanza hanno acquisito copiosa documentazione extracontabile, relativa alla società, sulla base
della quale iniziavano una verifica fiscale nei confronti della
stessa, conclusasi con processo verbale di constatazione del 24
luglio 1992. Alla società sono state contestate le seguenti violazioni:
a) per l'anno 1991, omesso versamento Iva per errata appli cazione di aliquota su due fatture, per dichiarazione infedele e
per indebita detrazione d'imposta, e presentazione della dichia
razione con dati inesatti;
b) per l'anno 1992, omessa auto fatturazione, dichiarazione
infedele e contenente dati inesatti.
L'odierna ricorrente ha impugnato entrambi gli avvisi di ac
certamento eccependo:
a) l'illegittima utilizzazione degli elementi acquisiti in sede
penale, sotto vari profili;
b) il difetto di motivazione degli avvisi di rettifica e viola zione delle regole sull'onere della prova;
c) la violazione dell'art. 52, 3° e 6° comma, d.p.r. 633/72, ri
ferita alla redazione del processo verbale di constatazione e al
l'apertura di due borse contenenti la documentazione seque strata, senza preventiva autorizzazione;
d) l'infondatezza, nel merito, dei rilievi contestati;
e) l'indebita applicazione delle sanzioni a carico dell'ammi
nistratore della società.
Riuniti i ricorsi, entrambe le commissioni di merito li hanno
respinti. 1.3. - A sostegno del ricorso, la società deduce sette mezzi,
variamente articolati.
1.4. - 11 ministero resiste con controricorso. La società ha de
positato memoria difensiva ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Diritto e motivi della decisione. — 2.1. - Il ricorso appare
privo di fondamento.
2.2. - La società ricorrente lamenta l'illegittimità dell'attività
istruttoria svolta dalla guardia di finanza, sia rispetto alle norme del codice di procedura penale che rispetto alle regole dell'ac
certamento; conseguentemente lamenta l'illegittima utilizzazio ne fiscale degli elementi acquisiti irritualmente. La censura è
prospettata anche sotto il profilo del vizio di motivazione.
Sul punto vi è congrua motivazione dei giudici d'appello, i
quali ricordano il principio di autonomia delle regole dell'ac certamento tributario rispetto alle regole che disciplinano le in
dagini ed il giudizio di responsabilità penale. Come è noto, «gli elementi di conoscenza raccolti secondo le regole che vincolano l'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria ben possono essere
impiegati ai fini dell'accertamento tributario se non ne derivi
pregiudizio alle esigenze interne al processo penale (onde la ne cessità della previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria cbj di quegli elementi di prova abbia la disponibilità funzionale), senza alcuna limitazione che derivi dalla mancata coincidenza tra la persona indagata ('l'imputato') e contribuente o dalla na tura non tributaria dell'illecito perseguito. Le garanzie intrinse che alle regole dell'attività di polizia giudiziaria e del processo penale non consentono cioè alcuna limitazione di questo tipo e non c'è ragione di negare ad una qualificata fonte di conoscenza l'idoneità a fondare l'accertamento tributario» (Cass., sez. 1, 27 dicembre 1999, n. 14585, Foro it., Rep. 2000, voce Tributi in
genere, n. 1241). Pertanto, correttamente i giudici d'appello hanno rilevato che se, come nella specie, la «guardia di finanza nel corso di una perquisizione di carattere penale rinviene do cumentazione utilizzabile nel procedimento tributario, la vali dità dell'acquisizione di tale documentazione, in quanto utiliz zata nell'accertamento tributario, va giudicata sulla base delle norme disciplinanti i modi di tale accertamento e non di quelle che disciplinano il procedimento penale. Non può, dunque, trar si argomento dal mancato rispetto delle norme di procedura pe
li Foro Italiano — 2002.
naie riguardanti l'intervento del difensore nel corso della per
quisizione per sostenere la nullità dell'accertamento tributario
perché tale intervento non è previsto dagli art. 52 ss. d.p.r.
633/72, che disciplinano le modalità dell'accesso nei luoghi di
abitazione da parte della polizia tributaria: l'autonomia dei due
procedimenti consente l'esistenza di una situazione per cui una
nullità afferente un atto del procedimento penale non ha rilievo
nel procedimento tributario».
2.3. - La ricorrente insiste nel riproporre le eccezioni e dedu
ce:
a) che la documentazione trovata in possesso dell'ammini
stratore della società è stata comunque acquisita senza la pre ventiva autorizzazione prevista dall'art. 52, 2° comma, d.p.r.
633/72, che, tra l'altro, richiede la sussistenza di gravi indizi di
violazione della normativa fiscale;
b) che la documentazione è stata rinvenuta in armadi e borse
chiusi, senza che venisse prodotta la specifica autorizzazione al
l'apertura degli stessi, prevista dal 3° comma del medesimo art.
52.
Entrambi i rilievi appaiono non condivisibili. In linea di prin
cipio, dalla lettura degli art. 54, 2° e 3° comma, e 63, 1° comma,
d.p.r. 633/72, si ricavano le seguenti regole di carattere genera le:
a) il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle
registrazioni può e deve essere effettuato sulla scorta di qualsia si documento e scrittura rilevante ai fini della contabilità (art. 54, 2° comma);
b) l'ufficio può comunque utilizzare, ai fini dell'accerta
mento, gli «atti e documenti in suo possesso» (art. 54, 4° com
ma);
c) la guardia di finanza, fatta salva l'autorizzazione dell'au
torità giudiziaria competente «utilizza e trasmette agli uffici do
cumenti, dati e notizie acquisiti, direttamente ed ottenuti dalle
altre forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di polizia giudi ziaria» (art. 63, 1° comma).
Gii organi di controllo, dunque, possono utilizzare tutti i do
cumenti dei quali siano venuti in possesso, salvo la verifica del
l'attendibilità, in considerazione della natura e del contenuto dei
documenti stessi, e dei limiti d'utilizzabilità derivanti da even
tuali preclusioni di carattere specifico. La violazione delle re
gole dell'accertamento tributario non comporta come conse
guenza necessaria l'inutilizzabilità degli elementi acquisiti. Si
pensi al caso in cui, nel corso di una verifica fiscale, vengano
acquisiti elementi determinanti ai fini dell'accertamento, sol
tanto il trentunesimo (o sessantunesimo) giorno lavorativo dal
l'inizio della verifica stessa, in violazione del precetto di cui al
l'art 12, 5° comma, 1. 27 luglio 2000 n. 212. Non esiste, cioè, nell'ordinamento tributario un principio generale d'inutilizzabi
lità delle prove illegittimamente acquisite. Tale principio è stato
introdotto nel «nuovo» codice di procedura penale, e vale, ov
viamente, soltanto all'interno di tale specifico sistema procedu rale (v. art. 191 c.p.p.). L'acquisizione irrituale di elementi rile
vanti ai fini dell'accertamento fiscale non comporta l'inutilizza
bilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal
senso.
Il fatto che talune violazioni non comportano la sanzione spe cifica dell 'inutilizzabilità degli elementi irritualmente acquisiti, non significa che la violazione sia priva di conseguenze e che,
quindi, la norma sia tamquam non esset. In casi del genere, in
fatti, le conseguenze sanzionatorie ricadono direttamente sul
l'autore dell'illecito, sul piano disciplinare e, se del caso, sul
piano della responsabilità civile e penale. Non sarebbe giusto che una prova oggettivamente ammissibile, non possa essere utilizzata a causa della negligenza di chi l'ha acquisita. Questo ne dovrà rispondere nelle sedi competenti, mentre la prova non
subisce gli effetti dell'illegittimità, come conseguenza necessa ria dell'eventuale illiceità dell'acquisizione. Si tratta di due di versi profili (uno soggettivo e l'altro oggettivo) che non vanno
confusi.
In punto di fatto, i giudici d'appello hanno precisato che «gli atti processuali attestano che la procura della repubblica conces se l'autorizzazione di cui all'art. 63 d.p.r. 633/72 per l'utilizzo in sede di accertamento tributario della documentazione acqui sita in sede di polizia giudiziaria. È vero che la guardia di finan za effettuò l'accesso presso la sede della società prima di avere
ottenuto l'autorizzazione, ma tale accesso rientrava nei poteri
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'organo che l'ha effettuato indipendentemente dal fatto che
fosse stata rilasciata la suddetta autorizzazione».
Sulla base di tali considerazioni restano assorbiti tutti gli altri
rilievi intesi a dimostrare l'inutilizzabilità della documentazione
acquisita in sede penale. Anche con riferimento alla pretesa violazione dell'art. 52, 3° comma, d.p.r. 633/72, relativamente
all'apertura di armadi e borse contenenti la documentazione ac
quisita. Infatti, le prescrizioni del citato art. 52 operano nel
l'ambito degli accessi fiscali e non riguardano le indagini penali che si sviluppano a seguito di notitia criminis. D'altra parte, una
volta che la documentazione sia stata acquisita, la stessa, in for
za dell'art. 63, 1° comma, può essere utilizzata a prescindere dal
rispetto delle disposizioni dell'art. 52.
Infatti, l'art. 63, 1° comma, d.p.r. 633/72 prevede due distinte
ipotesi di collaborazione della guardia di finanza con gli uffici
tributari.
La prima parte della norma attribuisce alla guardia di finanza
gli stessi poteri istruttori degli uffici, da esercitare nel rispetto delle stesse regole («La guardia di finanza coopera con gli uffici
dell'imposta sul valore aggiunto per l'acquisizione e il reperi mento degli elementi utili ai fini dell'accertamento dell'imposta e per la repressione delle violazioni del presente decreto, proce dendo di propria iniziativa o su richiesta degli uffici, secondo le
norme e con le facoltà di cui agli art. 51 e 52, alle operazioni ivi
indicate e trasmettendo agli uffici stessi i relativi verbali e rap
porti»). La seconda parte, invece, prevede una sorta di collabo
razione «esterna», «aggiuntiva», della guardia di finanza, la
quale può «riciclare» in sede fiscale, incondizionatamente, gli elementi acquisiti con procedure estranee a quelle dell'accerta
mento tributario («Essa [guardia di finanza] inoltre previa auto
rizzazione dell'autorità giudiziaria ... utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie acquisiti, direttamente o riferiti
ed ottenuti da altre forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di
polizia giudiziaria»), 2.4. - Anche la censura relativa alla pretesa nullità dell'avviso
di accertamento come conseguenza dell'illegittimità delle ac
quisizioni effettuate dalla guardia di finanza (secondo motivo di
censura), è superato dalle considerazioni già svolte. (Omissis) 2.7. -
Conseguentemente, applicando lo ius superveniens, la
sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice a
quo.
Ili
Svolgimento del processo. — Il secondo ufficio Iva di Roma
notificava alla Edilcem s.r.l., con sede in Roma, avviso di retti
fica per il 1991, sulla base di un processo verbale di constata
zione sottoscritto dall'amministratore, Di Cino Stefano, nel
quale si contestava alla società di aver utilizzato quattro fatture
emesse dalla Avion s.n.c. per operazioni che erano risultate ine
sistenti.
L'utilizzazione era avvenuta mediante registrazione nei libri
contabili e, ai fini della detrazione, nel registro di cui all'art. 25
d.p.r. 633/72. L'iniziativa dell'ufficio Iva aveva avuto origine da una se
gnalazione del nucleo centrale di polizia tributaria, nella quale si comunicava che, nel corso di una verifica eseguita, nell'eser
cizio di funzioni di polizia giudiziaria, nei confronti della Avion
era risultato che la stessa aveva emesso le predette quattro fattu
re per operazioni inesistenti, come ammesso dall'amministrato
re Troiani Luigi, che non risultavano contabilizzate.
La Edilcem proponeva ricorso alla commissione tributaria
provinciale di Roma, deducendo che i documenti e le notizie
acquisite dalla guardia di finanza nell'espletamento di funzioni
di polizia giudiziaria, non potevano essere utilizzate ai fini del
l'accertamento tributario, in quanto non era stata rilasciata
l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente, secondo il
combinato disposto degli art. 33 d.p.r. 600/73 e 63 d.p.r. 633/72.
Deduceva, inoltre, la nullità dell'avviso di rettifica per caren
za di motivazione, in quanto basato sui risultati di una verifica
eseguita nei confronti della Avion, contenuti in un processo verbale di constatazione non notificato alla Edilcem.
Svolgeva, inoltre, difese nel merito.
La commissione provinciale rigettava il ricorso.
La Edilcem proponeva appello, riproponendo tutte le questio ni di nullità dell'accertamento svolte nel ricorso introduttivo. La
Il Foro Italiano — 2002.
Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva il gra vame con sentenza 29 settembre - 8 ottobre 1998, sulla conside
razione che il mancato rilascio dell'autorizzazione dell'autorità
giudiziaria a trasmettere notizie e documenti acquisiti nell'eser
cizio di attività di polizia giudiziaria, elementi sui quali si era
fondato l'accertamento, comportava violazione del segreto istruttorio e, per conseguenza, nullità dell'avviso di rettifica, in
relazione agli art. 33 d.p.r. 600/73 e 63 d.p.r. 633/72, così come
modificato dall'art. 18 1.413/91.
Avverso tale sentenza il ministero delle finanze ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un mezzo d'annullamento.
La Edilcem s.r.l. resiste con controricorso.
Il motivo di ricorso. — Denunciando violazione e falsa appli cazione degli art. 33 d.p.r. 600/73 e 63 d.p.r. 633/72; motivazio
ne inesistente o comunque insufficiente ed illogica su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, in relazione
agli art. 62 d.leg. 546/92 e 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c., l'amministrazione finanziaria deduce che, come aveva esatta
mente ritenuto la sentenza di primo grado, nella specie non era
no applicabili le disposizioni che subordinano ad autorizzazione
dell'autorità giudiziaria penale l'utilizzazione di notizie e di do
cumenti acquisiti nell'ambito di un procedimento penale. Secondo l'avvocatura, il citato art. 63 prevede, al 1° comma,
una cooperazione tra guardia di finanza e uffici finanziari ai fini
di un efficace svolgimento dell'attività accertatrice dell'imposta eventualmente evasa e delle violazioni connesse. La seconda
parte dello stesso comma prevede che possano essere trasmessi
agli uffici, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, anche
dati e notizie acquisiti in occasione dell'esercizio dei poteri di
polizia giudiziaria. La norma non può avere il senso sostenuto dalla sentenza im
pugnata, e cioè che, ogniqualvolta i militari della guardia di fi
nanza s'imbattono, nel corso di verifiche, in fatti penalmente
rilevanti, debbano necessariamente ottenere la detta autorizza
zione per trasmettere i risultati degli accertamenti agli uffici fi
nanziari. Tale interpretazione, infatti, finirebbe col paralizzare
ogni attività di accertamento, soprattutto in materia di Iva, nella
quale si verificano con frequenza ipotesi di reato.
La necessità dell'autorizzazione dovrebbe, perciò, involgere soltanto quegli elementi strettamente attinenti al processo pe nale (già iniziato) e all'attività istruttoria del medesimo.
La sentenza impugnata non si è data carico di tali problemi, limitandosi a constatare che non risultava il rilascio dell'auto
rizzazione.
Motivi della decisione. — Il ricorso merita accoglimento, an
che se per ragioni giuridiche non coincidenti con quelle svolte
dalla difesa dell'amministrazione.
La necessità dell'autorizzazione dell'autorità giudiziaria per la trasmissione di atti, documenti e notizie acquisite nell'ambito
di un'indagine o un processo penali, disposta dall'art. 63, 1°
comma, d.p.r. n. 633 del 1972, il cui contenuto è stato riprodotto ad litteram nell'art. 33, 3° comma, d.p.r. n. 600 del 1973, è pre vista a salvaguardia del segreto delle indagini penali (art. 329
c.p.p.), e non ha — diversamente da quella del procuratore della
repubblica, prevista per l'accesso ai fini fiscali dall'art. 52, 2° e
3° comma, d.p.r. 633/72 — alcuna finalità di tutela nei confronti
del contribuente. Proprio la commistione — praticamente ine
vitabile — tra attività di polizia tributaria e di polizia giudiziaria rende necessario, una volta che nel corso di verifiche venga ravvisata l'esistenza di reati (con conseguente obbligo d'infor
mazione dell'autorità giudiziaria) e sia stata avviata un'indagine
penale, che sia l'autorità competente per il procedimento penale a valutare se ricorrano i presupposti per mantenere il segreto su
gli elementi acquisiti e, nel caso negativo, autorizzare la loro
utilizzazione nell'accertamento tributario e nell'eventuale
proiezione processuale dello stesso. L'accertamento demandato
all'autorità giudiziaria penale, d'altra parte, non può in alcun
modo concernere la rilevanza degli elementi ai fini dell'accer
tamento tributario.
In tal modo il legislatore ha inteso, evidentemente, privilegia re il corretto esercizio della giurisdizione penale (e di quelle at
tività a tale esercizio finalizzate) sull'accertamento tributario.
Deve, pertanto, escludersi che, come sostenuto dalla difesa
dell'amministrazione finanziaria, sia rimessa agli organi della
stessa, o al giudice tributario, la valutazione se determinate in
formazioni o documenti acquisiti nell'indagine penale siano co
perti dal segreto di cui all'art. 329 c.p.p.
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739 PARTE PRIMA 740
Da quanto premesso non deriva però automaticamente che gli elementi acquisiti senza la previa autorizzazione del giudice pe nale competente siano inutilizzabili ai fini tributari, sì da viziare
l'accertamento che sugli stessi sia stato fondato.
L'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di divieti
posti dalla legge, introdotta dall'art. 191 c.p.p. del 1988, non
costituisce una categoria processuale generale, operante anche
nel processo tributario.
La particolare rilevanza degli interessi coinvolti nell'esercizio
della giurisdizione penale non fa, d'altra parte, nascere sospetti d'incostituzionalità circa una mancata previsione di tale catego ria in altri processi, e in particolare in quello tributario.
Pertanto, la violazione dell'art. 63, 1° comma, d.p.r. 633/72, a
parte le conseguenze di ordine penale o disciplinare, non deter
mina l'inutilizzabilità degli elementi probatori sui quali sia stato
fondato l'accertamento tributario, rendendo invalidi gli atti del
suo esercizio o la decisione del giudice tributario.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con
rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.
I giudici di rinvio dovranno, pertanto, uniformandosi al prin
cipio di diritto sopra enunciato in riferimento all'utilizzabilità
dei documenti e delle notizie acquisite all'indagine penale, de
cidere sulle altre questioni dedotte nel ricorso introduttivo.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 no
vembre 2001, n. 15197; Pres. Losavio, Est. Panebianco, P.M. Russo (conci, conf.); Arditi (Avv. Piccolini, Cignitti) c. Bolonotto (Avv. Mannocchi, Scialuga) e altri. Cassa sen za rinvio App. Milano 18 gennaio 2000.
Società — Società in accomandita semplice — Esclusione
dell'unico accomandatario — Fattispecie (Cod. civ., art.
2287, 2293, 2315).
Nella società in accomandita semplice con un unico socio ac
comandatario, l'esclusione di questi può essere soltanto deli
berata dalla maggioranza dei soci accomandanti, non es sendo proponibile la domanda di esclusione in via giudiziale a! di fuori dell'ipotesi contemplata dall'art. 2287, 3° comma, c.c. (1)
(1) Con la pronuncia in epigrafe, la Suprema corte capovolge l'esito del giudizio di appello: cfr. App. Milano 18 gennaio 2000, Foro it., 2000, I, 2970, con nota parzialmente adesiva di L. D'Ascia, cui si rin via per i precedenti nella giurisprudenza di merito, e per i riferimenti dottrinari sul tema.
Contrariamente a quanto asserito dai giudici milanesi, la Cassazione esclude che possa trovare applicazione, nel caso di specie, l'art. 2287, 3° comma, c.c., in questo modo attenendosi alla lettera della norma, che fa riferimento esclusivamente all'ipotesi in cui la società sia composta di due soli soci, tanto da rendere materialmente impossibile il formarsi di una maggioranza, e quindi l'emanazione di una delibera di esclusio ne del socio. A dire della Suprema corte, in tutti i casi in cui il numero dei soci è superiore a due, invece, si può (rectius, si deve) necessaria mente ricorrere al procedimento di esclusione per via assembleare pre conizzato dall'art. 2287, 1° comma, c.c. A tale soluzione non si porreb bero come ostacolo le ragioni di incompatibilità dedotte dalla corte milanese con gli art. 2319 e 2320 c.c. (il primo richiedendo il consenso dei soci accomandatari per la revoca di un amministratore, il secondo
ponendo un divieto di ingerenza dei soci accomandanti nell'attività di
amministrazione), o con le modalità di scioglimento volontario della società prescritte dall'art. 2272, n. 3, c.c.
La Cassazione sottolinea infatti che l'esclusione del socio accoman datario costituisce esercizio del potere di controllo riservato ai soci ac
II Foro Italiano — 2002.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
in data 29 ottobre 1991 Alessio Bolonotto conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano la società Corvetto centro dodice
simo s.a.s. di Mariano Arditi & C. nonché i soci Mariano Arditi
(accomandatario) e Roberto Giunchiglia (accomandante), chie
dendo l'esclusione dalla società di Mariano Arditi, unico socio
accomandatario e amministratore della società, per gravi ina
dempienze, costituite in particolare da assunzioni irregolari di
dipendenti, omessa informazione ai soci sui bilanci e sulla con
tabilità sociale, mancata corresponsione degli utili risultanti dai
bilanci, omissioni presso il competente ministero in ordine al
l'espletamento delle pratiche riguardanti il rimborso delle spese sociali, delega della gestione a terzi in conflitto di interessi,
proiezioni di pellicole e cassette prive del visto di censura e del
contrassegno Siae.
Si costituivano i convenuti che eccepivano l'improponibilità della domanda in quanto, trattandosi di società composta da più soci, l'esclusione avrebbe dovuto essere deliberata a maggio ranza degli stessi ai sensi dell'art. 2287 c.c.
Con sentenza del 25 maggio 1998 (Foro it., Rep. 1998, voce
Società, n. 817) il tribunale accoglieva la domanda, disponendo l'esclusione del socio accomandatario Mariano Arditi dalla so
cietà.
L'Arditi proponeva impugnazione ed all'esito del giudizio, nel quale si costituiva il Bolonotto mentre il socio Giunchiglia e
la società rimanevano contumaci, la Corte d'appello di Milano
con sentenza del 18 gennaio 2000 (id., 2000, I, 2970) rigettava il gravame, condannando l'Arditi al pagamento delle ulteriori
spese del grado. Relativamente alla proponibilità della domanda, dopo aver ri
cordato che nelle società in accomandita semplice il rinvio alle
disposizioni riguardanti la società in nome collettivo, ivi incluse
quelle della società semplice, è subordinato alla loro compatibi lità (art. 2315 c.c.) con la struttura particolare della prima, ca
ratterizzata dalla presenza di due categorie di soci, vale a dire
degli accomandatari — che quali illimitatamente responsabili
possono assumerne l'amministrazione — e degli accomandanti — che invece tale amministrazione non possono assumere es
sendo la loro responsabilità limitata alla quota conferita — rile
vava la corte d'appello che nell'ipotesi, come quella in esame, in cui la società ha un unico socio accomandatario, che assume
quindi di diritto la carica di amministratore, la sua esclusione ad
opera degli accomandanti comporterebbe l'impossibilità di am
ministrare la società e realizzerebbe una delle cause di sciogli mento senza il consenso del socio accomandatario e con l'attri
buzione agli accomandanti di poteri incompatibili con il divieto
generale di una loro ingerenza nell'amministrazione previsto dall'art. 2320 c.c.
Osservava poi che una diversa interpretazione si porrebbe in
contrasto con l'art. 2319 c.c., il quale prescrive che per la revo
ca della nomina degli amministratori devono concorrere le vo
lontà sia dei soci accomandanti che di quelli accomandatari, nonché con il sistema di accertamento delle cause di sciogli mento della società, che prevede, in caso di controversia, la
proposizione di un'azione in via ordinaria, con la conseguenza che la delibera di esclusione, costituendo un'ipotesi più grave rispetto alla revoca dell'amministratore per i suoi più radicali
effetti, non potrebbe essere disposta a condizioni diverse ri
spetto a quella prevista dall'art. 2319 c.c., che richiede il con senso dei soci accomandatari, e con l'ulteriore conseguenza che il procedimento di esclusione, nel caso di un unico accomanda
tario, non potrebbe che avvenire in via giudiziaria.
comandanti sull'attività del socio accomandatario, che non implica certo un'ingerenza nell'amministrazione della società. Quanto alla de dotta sovrapposizione di esclusione del socio accomandatario e revoca della facoltà di amministrare, il Supremo collegio osserva come le ra
gioni che possono spingere all'esclusione del socio non necessaria mente coincidono con quelle che integrano la giusta causa della revoca della facoltà di amministrare, e pertanto il procedimento di esclusione di cui all'art. 2287, 1° comma, c.c. non può essere assorbito in quello di revoca dell'amministratore: la revoca della facoltà di amministrare, in fatti, non determina necessariamente l'esclusione come socio. Per
quanto concerne infine lo scioglimento della società che si verrebbe a determinare con l'esclusione dell'unico socio accomandatario in virtù dell'art. 2323, 1° comma, c.c., la Cassazione evidenzia che lo sciogli mento non è automatico, essendo comunque previsto un periodo di sei mesi per la ricostituzione della categoria dei soci accomandatari.
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