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sezione tributaria; sentenza 30 maggio 2003, n. 8709; Pres. Saccucci, Est. Monaci, P.M. Carestia...

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sezione tributaria; sentenza 30 maggio 2003, n. 8709; Pres. Saccucci, Est. Monaci, P.M. Carestia (concl. diff.); Soc. coop. Pescatori Uria (Avv. Manzi, Glendi, Stefania) c. Min. finanze; Min. economia e Agenzia entrate (Avv. dello Stato De Bellis) c. Soc. coop. Pescatori Uria. Conferma Comm. trib. reg. Puglia 4 settembre 2000 Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2655/2656-2657/2658 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198694 . Accessed: 28/06/2014 16:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.154 on Sat, 28 Jun 2014 16:57:21 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione tributaria; sentenza 30 maggio 2003, n. 8709; Pres. Saccucci, Est. Monaci, P.M. Carestia(concl. diff.); Soc. coop. Pescatori Uria (Avv. Manzi, Glendi, Stefania) c. Min. finanze; Min.economia e Agenzia entrate (Avv. dello Stato De Bellis) c. Soc. coop. Pescatori Uria. ConfermaComm. trib. reg. Puglia 4 settembre 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2655/2656-2657/2658Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198694 .

Accessed: 28/06/2014 16:57

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2655 PARTE PRIMA

gnazione della sentenza e può essere modificato dal giudice del

gravame a richiesta di alcuna delle parti indipendentemente dal

fatto che la modifica sia stata dedotta come motivo d'impugna zione, purché ricorrano le condizioni occorrenti, senza che pos sa mai acquistare autorità di giudicato.

Si deve, tuttavia, escludere che costituisca valido motivo di

opposizione all'esecuzione il fatto che nel passaggio dalla co

gnizione all'esecuzione la cauzione sia divenuta inadeguata per una qualsiasi ragione e debba essere modificata in quanto tale

fatto non vale ad incidere direttamente sul titolo esecutivo

(sentenza di rilascio del fondo) e non è idoneo a spiegare effetti

neppure indiretti sul procedimento esecutivo, tanto più se, come

nella specie, l'inadeguatezza è legata alla diversa valutazione

delle circostanze esistenti al momento in cui è stata fissata la

cauzione e non alla sopravvenienza di circostanze nuove.

La sentenza impugnata ha ritenuto che la domanda di inden

nità per miglioramenti possa essere proposta anche nel giudizio di opposizione all'esecuzione, evidentemente non ravvisando

nella natura e struttura di tale giudizio alcuna preclusione od

ostacolo, ed in mancanza d'impugnazione non resta che pren derne atto senza alcuna possibilità di sindacato.

Sicché l'indagine va limitata alla questione residua se nel

l'esercizio del diritto di ritenzione o meglio nella domanda inte

sa ad ottenere che l'effettivo rilascio del fondo sia subordinato

al pagamento dell'indennità sia necessariamente implicita la

domanda di determinazione e pagamento della detta indennità.

La soluzione non può che essere negativa in quanto una cosa

è l'esercizio del diritto di ritenzione ed altra cosa la domanda di

pagamento dell'indennità, di modo che il primo non include ne

cessariamente la seconda ed anche quando siano fatti valere

cumulativamente nello stesso processo conservano la propria autonomia.

La raggiunta conclusione consente di ritenere l'infondatezza

della censura mossa alla sentenza impugnata per avere ritenuto

inammissibile la domanda di pagamento dell'indennità siccome

proposta per la prima volta nel giudizio d'appello. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 30

maggio 2003, n. 8709; Pres. Saccucci, Est. Monaci, P.M.

Carestia (conci, diff.); Soc. coop. Pescatori Uria (Avv. Man

zi, Glendi, Stefania) c. Min. finanze; Min. economia e

Agenzia entrate (Avv. dello Stato De Bellis) c. Soc. coop. Pescatori Uria. Conferma Comm. trib. reg. Puglia 4 settembre

2000.

Tributi in genere — Contenzioso tributario — Giudicato —

Efficacia — Estensione ad anni diversi — Esclusione.

Il giudicato intervenuto su una lite tributaria concernente una

specifica annualità di imposta non estende la sua efficacia a

rapporti relativi ad altri periodi. (1)

(1) In termini analoghi, v. Cass. 21 novembre 2001, n. 14714, Foro

it., Rep. 2002, voce Tributi in genere, n. 1983, secondo cui nel conten zioso tributario, ai fini dell'applicazione dell'art. 395, n. 5, c.p.c. (ri chiamato dall'art. 64 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546), perché una sen tenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente autorità di cosa giudicata, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che l'oggetto del secondo giudizio sia costituito dal medesimo rapporto tributario definito irrevocabilmente nel primo, ov vero che in quest'ultimo sia stato definitivamente compiuto un accer tamento radicalmente incompatibile con quello operante nel giudizio successivo; ne consegue che — posto che, ex art. 7 d.p.r. 917/86, l'im

posta sui redditi è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corri

sponde un'obbligazione tributaria autonoma — non è configurabile il detto motivo di revocazione allorché il precedente giudicato si riferisca

Il Foro Italiano — 2003.

Motivi della decisione. — (Omissis). 6. - Il primo motivo del

ricorso della cooperativa Uria è infondato.

I presupposti di fatto su cui si basa l'eccezione, infatti, non

sono esatti.

Non è esatto, innanzi tutto, che sussista un giudicato esterno

(mentre è esatto che — se fosse sussistito — non avrebbe potuto essere fatto valere con un ricorso per revocazione, perché non

sarebbe stato anteriore, anche se tutto questo non significa ne

cessariamente che in tal caso avrebbe potuto essere fatto valere

nell'ambito dello stesso giudizio di cassazione). Una delle due pronunzie emesse tra le parti dalla Commissio

ne tributaria regionale della Puglia, quella contrassegnata con il

n. 52/00, in realtà non è passata in giudicato, ed è anch'essa

stata impugnata dall'amministrazione finanziaria, come facil

mente rilevabile dal ricorso ad essa relativo, la cui trattazione —

come risulta dal ruolo — è prevista a questa stessa udienza,

mentre l'altra pronunzia menzionata a questo proposito dalla di

fesa della cooperativa, quella n. 50/00, emessa tra le parti nello

stesso giorno dalla medesima Commissione tributaria regionale della Puglia, non risulta che sia stata impugnata, ma concerne

un diverso anno d'imposizione, esattamente — secondo l'indi

cazione riportata che si legge nell'intestazione della medesima

sentenza n. 50 — l'anno fiscale 1990.

In ogni caso, proprio perché due delle pronunzie parallele,

quelle nn. 50/00 e 51/00, hanno già esse ad oggetto, sotto due

diversi profili (per l'esattezza, la prima quello del reddito della

cooperativa, e la seconda quello, distinto, delle ritenute che la

cooperativa era tenuta ad effettuare, in qualità di sostituto di

imposta, sui versamenti effettuati in favore dei soci) l'anno fi

scale 1991, la sentenza n. 52/00 si riferisce sicuramente ad un

anno diverso dal 1991.

Proprio perché si riferisce ad un differente anno fiscale, e

perciò anche ad un rapporto diverso la sentenza n. 51/00 non

può costituire giudicato rispetto al rapporto giuridico, ed all'an

no, oggetto di causa, anche se talune delle questioni trattate nel

merito sono sostanzialmente analoghe (ma riferite appunto ad

un anno diverso). Nel nostro sistema tributario, infatti, ogni anno fiscale man

tiene la propria autonomia rispetto agli altri, e comporta la co

stituzione, tra contribuente e fisco, di un rapporto giuridico di

stinto rispetto a quelli relativi agli anni precedenti (o a quelli

successivi).

ad un'annualità d'imposta sui redditi diversa dal periodo d'imposta considerato nell'impugnata sentenza. L'efficacia del giudicato interve nuto su una diversa annualità d'imposta è esclusa pure da Cass. 24 set tembre 2001, n. 11984, inedita.

Per un lontano precedente conforme delle sezioni unite, v. Cass., sez.

un., 14 luglio 1962, n. 1873, id., 1962,1, 1660.

Contra, Cass. 25 giugno 2001, n. 8658, id., Rep. 2002, voce cit., n.

1702, e Bollettino trib., 2002, 537, con nota di Marino, Appunti a mar

gine di un recente orientamento della Suprema corte sui limiti oggettivi del giudicato tributario; Tributi, 2001, 522, con nota di Tognetti, per la quale, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico e uno dei due sia stato definito con sen tenza passata in giudicato, l'accertamento compiuto con riferimento alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale della controversia comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nella sentenza con autorità di cosa giudicata, pre clude il riesame dello stesso punto nell'ambito del secondo giudizio, pur se relativo ad un diverso periodo d'imposta; in termini analoghi, v. Cass. 4 agosto 2000, n. 10280, Foro it.. Rep. 2001, voce Sentenza civi

le, n. 18 (questo orientamento è definito «erratissimo» da Glendi, Giu dicato tributario «ultra vel extra moenia», in Corriere trib., 2001,

2975). Nella giurisprudenza tributaria, v., nello stesso senso dell'odierna

sentenza, Comm. trib. centrale 17 luglio 1984, n. 7646, Foro it.. Rep. 1984, voce Tributi in genere, n. 923, secondo la quale la regiudicata, che consente il rimedio straordinario della revocazione previsto dal l'art. 395, n. 5, c.p.c. per il caso di contrarietà della decisione ad un

precedente giudicato intervenuto tra le stesse parti in diverso e separato giudizio, non trova, nel processo tributario, applicazione nell'ambito di

imposte periodiche, in quanto il giudicato relativo ad un determinato

periodo, stante l'autonomia degli accertamenti per ciascun periodo d'imposta, non si estende ad accertamenti riguardanti altri periodi im

positivi, pur se identici siano i soggetti e la causa petendi e pur se la

pronuncia sia stata resa sulla tassabilità con riguardo al soggetto ed al reddito oggettivamente assunto.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Ne discende come corollario che quando, come nei casi in

esame, questioni di fatto in tutto, o in parte, analoghe siano state

affrontate per più anni, e separatamente (vale a dire con più sentenze, anche parallele, e non con un'unica pronunzia emessa

al termine di un unico giudizio in cui siano confluiti più proces si riuniti), in linea di principio nulla impedisce da un punto di

vista strettamente logico giuridico che vengano adottate solu

zioni difformi (il che non significa — ovviamente — che sia

avvenuto proprio questo anche nei casi di specie, e che, nei li

miti in cui la commissione tributaria regionale può essere giunta a soluzioni non identiche, ciò sia avvenuto per un effettivo con

trasto di decisioni, e non invece per l'esistenza nelle differenti

fattispecie di elementi oggettivi di discordanza; nel caso di spe cie le controversie relative, rispettivamente, agli accertamenti a

carico della cooperativa per i suoi propri redditi, e quella a suo

carico, invece, come sostituto d'imposta per gli importi versati

ai soci, hanno trovato soluzioni difformi a motivo dell'esistenza

di elementi oggettivi di differenza). L'unico rimedio per impedire la possibile emissione di pro

nunzie contrastanti relative ad anni diversi è costituito, del resto,

proprio dalla riunione preventiva dei giudizi. In caso contrario ogni giudizio anche se relativo ai medesimi

tributi, ma ad anni diversi, mantiene — come si è detto — la

propria autonomia, e la soluzione data ad uno di essi non può

comportare la formazione della cosa giudicata rispetto ai proce dimenti relativi agli altri anni.

7. - Anche il secondo motivo proposto dalla cooperativa Uria

è a sua volta infondato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 29

maggio 2003, n. 8628; Pres. Giustiniani, Est. Durante, P.M.

Russo (conci, diff.); Cristiano (Avv. Porcelli, Lauro) c.

Inpdap e altro. Cassa Trib. Napoli 9 novembre 1998 e decide

nel merito.

Possesso e azioni possessorie — Immobile locato — Divieto

di sublocazione — Violazione — Spoglio ai danni del loca

tore — Esclusione — Azione di reintegrazione — Inam

missibilità (Cod. civ., art. 1168, 1595).

Il conduttore che, nonostante l'espresso divieto contrattuale, sublochi la cosa locata, non commette spoglio ai danni del

locatore, sicché questi non è abilitato a proporre l'azione di

reintegrazione nel possesso, né nei confronti del conduttore, né nei confronti del subconduttore, ma può soltanto chiedere

la risoluzione del contratto di locazione e, una volta che

l'abbia ottenuta, pretendere dal subconduttore la consegna della cosa, a norma dell'art. 1595 c.c., senza che quest'ulti mo possa legittimamente opporsi alla richiesta in forza del

contratto derivato concluso con il conduttore. (1)

(1) La sentenza richiama il principio, ripetutamente affermato, se condo cui il rifiuto di restituire l'immobile, opposto dal conduttore (o da altro detentore qualificato) al locatore (o al concedente) che, esauri

tosi il rapporto contrattuale legittimante la detenzione, ne abbia chiesto il rilascio, non integra di per sé atto di spoglio, ma soltanto qualora il

predetto conduttore manifesti la volontà di possedere uti dominus, do

vendo ravvisarsi in tale comportamento un atto di interversio posses sionis: al riguardo, v., tutte richiamate in motivazione, Cass. 29 marzo

1995, n. 3700, Foro it.. Rep. 1995, voce Possesso, n. 130; 21 maggio 1992, n. 6134, id.. Rep. 1993, voce cit., n. 70 (per esteso, Giur. it., 1993, 1, 1, 596); 30 marzo 1987, n. 3041, Foro it., 1987, I, 2078, con

nota di richiami di F. Greco; 13 novembre 1970, n. 2390, id., Rep. 1971, voce cit., n. 61 (con riferimento ad un caso in cui un mezzadro

aveva rifiutato la riconsegna del fondo disconoscendo l'esistenza del

rapporto di mezzadria); 17 luglio 1969, n. 2657, id., Rep. 1969, voce

cit., n. 39 (nella specie, la concessione in godimento del fondo era av

II Foro Italiano — 2003.

Svolgimento del processo. —

L'Inpdap ed il ministero delle

finanze chiedevano al Pretore di Napoli - Barra di essere reinte

grati nel possesso dell'appartamento che, condotto in locazione

da Carlucci Michele, era in atto occupato abusivamente da Cri

stiano Giuseppe. Nella resistenza del Cristiano, il quale deduceva di avere ri

cevuto in sublocazione parziale l'appartamento dai coniugi Carlucci-Rotondi, il pretore rigettava la domanda, che, vicever

sa, il Tribunale di Napoli accoglieva con sentenza resa il 21 ot

tobre 1998 su gravame dell'Inpdap e del ministero.

Riteneva quel giudice che, avendo il conduttore sostituito al

tro a sé nella detenzione dell'appartamento locato senza il con

senso del locatore, il medesimo, quale possessore mediato, era

legittimato all'esercizio della tutela possessoria nei confronti, oltre che del conduttore, del terzo; che, in presenza del divieto

di sublocazione anche parziale contenuto nell'art. 13 del con

tratto locativo, l'immissione del Cristiano nell'appartamento al

l'insaputa del locatore concretava spoglio violento e clandesti

no, sicché doveva ricevere accoglimento l'azione proposta.

venuta a titolo precario). Sulla stessa linea, v., inoltre, tra le pronunzie di merito, Pret. Torino 6 giugno 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 82

(con riferimento all'ipotesi del rifiuto di riconsegna del contatore del

gas da parte dell'utente moroso, a seguito dell'interruzione del con tratto di fornitura); Pret. Taranto 12 giugno 1987, id., Rep. 1988, voce

cit., n. 66. Nel senso che la qualità di detentore qualificato spetta anche al sub

conduttore, con conseguente sua legittimazione ad agire ai sensi del l'art. 1168 c.c. nei confronti di chiunque, compreso il locatore, fino a

quando conserva la disponibilità materiale della cosa, ancorché il rap porto di locazione sia già cessato, v., d'altra parte, Cass., sez. un., 6 novembre 1991, n. 11853, id., 1992, I, 2461. con osservazioni di G.L. Baldacci.

Nell'ambito della giurisprudenza di merito non mancano, tuttavia,

pronunzie di segno difforme: v. Pret. Firenze 8 marzo 1991, id., Rep. 1991. voce cit., n. 70 (annotata da P. Scalettare, in Giur. merito, 1991, 724, secondo la quale integra spoglio la condotta del subcondut tore che, venuto meno il rapporto di locazione principale, si trattenga nell'immobile, rifiutandosi di restituirlo al possessore-locatore, doven do escludersi che il subconduttore possa vantare una detenzione auto noma nei confronti del locatore); Pret. Napoli 14 gennaio 1989, Foro

it., Rep. 1989, voce Locazione, n. 539, e 30 aprile 1985, id.. Rep. 1985, voce Possesso, n. 77 (che ritengono esperibile l'azione di reintegrazio ne nel possesso da parte del proprietario-locatore — nei confronti del conduttore e, eventualmente, del terzo — qualora, a sua insaputa, il conduttore abbia immesso abusivamente un terzo nel godimento del l'immobile locato, trasferendosi altrove); Pret. Sorrento 10 novembre

1981, id.. Rep. 1982, voce cit., n. 100 (che giunge alla stessa conclu sione nel caso in cui il conduttore abbia liberato l'immobile, trasferen dosi altrove, ma si rifiuti ingiustificatamente di riconsegnarne le chia

vi). Sotto il profilo della tutela contrattuale, la giurisprudenza ha puntua

lizzato che il diritto al rilascio dell'immobile locato può essere fatto valere dal locatore nei confronti del subconduttore solo previo accerta mento della cessazione del rapporto principale: v. Cass. 13 gennaio 1998, n. 212, id., 1998. I, 3627, con nota di richiami. La sentenza di condanna al rilascio pronunciata, per qualsiasi ragione (nullità o risolu zione del contratto di locazione, finita locazione, recesso del condutto

re), nei confronti del conduttore esplica comunque effetto anche nei confronti del subconduttore, sebbene rimasto estraneo al giudizio (e,

quindi, non menzionato nel titolo esecutivo), sia ai fini del giudicato sostanziale, sia per quel che riguarda l'efficacia del titolo esecutivo di rilascio: v. Cass. 10 novembre 1998, n. 11324, id.. Rep. 1999, voce Lo

cazione, n. 336 (dove si sottolinea, d'altra parte, che il subconduttore, non potendo vantare diritti nei confronti del locatore principale, nella causa per finita locazione da quest'ultimo instaurata contro il condutto re può spiegare solo un intervento adesivo dipendente, con conseguente esclusione di una sua legittimazione ad impugnare autonomamente la sentenza sfavorevole alla parte adiuvata); 24 maggio 1994, n. 5053, id..

Rep. 1994, voce cit., n. 461 (annotata da M. De Tilla, in Ross, locazio

ni, 1995, 140); 6 novembre 1993, n. 11003, Foro it., 1994, I, 58, con nota di richiami (annotata da M. De Tilla, in Giust. civ., 1994, I.

1597), la quale rileva come, ai sensi dell'art. 1595, 3° comma, c.c., il

contratto di sublocazione, sebbene concluso per una durata più lunga, viene ineluttabilmente meno in seguito alla cessazione della locazione

principale. Sull'efficacia della sentenza di condanna al rilascio dell'immobile

locato nei confronti dei terzi immessi dal conduttore nella detenzione del bene, in generale, v., inoltre, Cass. 22 novembre 2000, n. 15083, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 291.

In tema di spoglio posto in essere dal locatore ai danni del condutto

re, v. Trib. Roma 11 marzo 1999, id., 1999, I, 3081, con nota di richia mi.

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