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sezione tributaria; sentenza 5 ottobre 2001, n. 12284; Pres. Papa, Est. Tirelli, P.M. Mele (concl....

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sezione tributaria; sentenza 5 ottobre 2001, n. 12284; Pres. Papa, Est. Tirelli, P.M. Mele (concl. conf.); Soc. Carapelli Firenze (Avv. Santoro) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Polizzi). Cassa App. Venezia 29 settembre 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 12 (DICEMBRE 2001), pp. 3529/3530-3531/3532 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196767 . Accessed: 24/06/2014 21:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.143 on Tue, 24 Jun 2014 21:19:35 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione tributaria; sentenza 5 ottobre 2001, n. 12284; Pres. Papa, Est. Tirelli, P.M. Mele (concl.conf.); Soc. Carapelli Firenze (Avv. Santoro) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Polizzi). Cassa App.Venezia 29 settembre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 12 (DICEMBRE 2001), pp. 3529/3530-3531/3532Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196767 .

Accessed: 24/06/2014 21:19

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.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

scrizione del regolamento nel registro di cui all'art. 71 disp. att.

c.c., in deposito presso l'associazione professionale dei pro prietari di fabbricati, e questa previsione rivela la volontà del

legislatore di richiedere il requisito formale anche se la norma è

divenuta inapplicabile presupponendo la sua operatività l'esi

stenza dell'ordinamento corporativo non più in vigore; b) per l'art. 1136, 7° comma, c.c. deve redigersi processo verbale, da

trascrivere in un registro conservato dall'amministratore del

condominio, di tutte le deliberazioni dell'assemblea dei parteci

panti alla comunione e, quindi, anche della delibera di approva zione del regolamento a maggioranza; e, per l'identità di ratio

deve essere, altresì, depositato presso l'amministratore il docu

mento contenente il regolamento; c) la tesi secondo cui la forma

scritta sarebbe richiesta solo ad probationem non merita adesio

ne. Infatti, accertato che il regolamento deve essere racchiuso in

un documento, la scrittura costituisce un elemento essenziale

per la sua validità in difetto di una disposizione che ne preveda la rilevanza solo probatoria, presupponendo questa, per la sua

eccezionalità, un'espressa previsione normativa nella specie mancante; d) la forma scritta per la validità del regolamento contrattuale è poi fuori discussione, incidendo le sue clausole

sui diritti che i condomini hanno sulle unità immobiliari di pro

prietà esclusiva o comune.

Ritenuto che il regolamento di condominio per essere valido

debba risultare da un atto scritto, è indubbio che la stessa forma

sia richiesta per le sue modificazioni perché queste, risolvendosi

nell'inserimento nel documento di nuove clausole in sostituzio

ne delle originarie, non possono non avere i medesimi requisiti di esse. E tanto più la forma scritta è indispensabile se le varia

zioni riguardino le clausole di un regolamento contrattuale che

impongano limitazioni ai diritti immobiliari dei condomini, in quanto queste integrano per la giurisprudenza oneri reali o ser

vitù prediali da trascrivere nei registri della conservatoria per

l'opponibilità ai terzi acquirenti di appartamenti dello stabile

condominiale (sent. n. 1091 del 1968, id., Rep. 1968, voce cit., n. 184; n. 2408 del 1968, ibid., n. 181; n. 882 del 1970, cit.).

Gli argomenti addotti per dimostrare la necessità della forma

scritta o per la validità del regolamento di condominio (con trattuale o non convenzionale) sono, perciò, idonei a risolvere, nello stesso senso, anche il contrasto insorto in ordine alla for

ma richiesta per le modifiche da apportare ad esso. Le sentenze

di questa corte, con le quali si è deciso che il consenso di tutti i

condomini per la validità ed efficacia delle modifiche di clau

sole dei regolamenti contrattuali può essere manifestato anche

con comportamenti concludenti, si fondano sulla regola gene rale della libertà delle forme operante in tema di atti e negozi

giuridici (art. 1322 c.c.), e, nel caso di modifiche dei criteri di ripartizione delle spese condominiali, anche sulla non incidenza

della clausola regolamentare su situazioni di diritto reale (sent, n. 4774 del 1977, id.. Rep. 1978, voce cit., n. 137; n. 7884 del

1991, cit.); ma si tratta di argomenti superati da quelli posti a

base della conclusione per la quale le variazioni del regola mento di condominio richiedono che il consenso (unanime o

maggioritario se il regolamento non è contrattuale) dei parteci

panti alla comunione sia espresso nella forma scritta a pena di nullità. Nella specie la corte d'appello non si è adeguata a que sto principio perché ha ritenuto che la clausola (n. 3) contrat

tuale del regolamento di condominio dell'edificio di via Besana

n. 12 (Milano), con la quale si era vietata la sosta dei veicoli nel

cortile comune, era stata modificata dal comportamento conclu

dente di tutti i condomini i quali avevano dato costante esecu

zione all'invalida deliberazione maggioritaria della loro assem

blea (del 23 gennaio 1974) che aveva autorizzato la sosta, es

sendosi con essa stabilito che «per il posteggio nel cortile le

auto dovranno essere parcheggiate a spina di pesce». Pertanto i primi tre motivi, essendo fondati, devono essere

accolti e, in relazione ad essi, si deve cassare la sentenza impu

gnata e rinviare la causa per un nuovo esame ad altra sezione

della stessa corte d'appello la quale, oltre a provvedere sulle

spese di questo giudizio nei rapporti tra il ricorrente e i condo

mini controricorrenti, si uniformerà, nel decidere, al seguente

principio di diritto: «Per la modifica di clausole del regolamento di condominio

contrattuale è richiesto il consenso, manifestato in forma scritta

ad substantia/n, di tutti i partecipanti alla comunione».

Poiché il ricorso è stato assegnato dal primo presidente alle

sezioni unite per la sola decisione della questione risolta in

Il Foro Italiano — 2001.

modo divergente dalle sezioni di questa corte, si dispone la tra

smissione degli atti alla seconda sezione civile (alla quale il ri

corso era stato inizialmente attribuito) per l'esame e decisione

del quarto e ultimo motivo che risulta essere estraneo alla mate

ria oggetto del contrasto. Con esso, infatti, si critica la conclu

sione della corte d'appello secondo cui la responsabilità degli amministratori di condominio per il loro operato dovrebbe esse

re fatta valere necessariamente col ricorso previsto dall'art.

1133 c.c.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 5 ot

tobre 2001, n. 12284; Pres. Papa, Est. Tirelli, P.M. Mele

(conci, conf.); Soc. Carapelli Firenze (Avv. Santoro) c. Min.

finanze (Avv. dello Stato Polizzi). Cassa App. Venezia 29

settembre 1997.

Tributi in genere — Contenzioso tributario — Documenta

zione detenuta dall'amministrazione — Allegazione da

parte del contribuente — Onere di espressa contestazione — Omissione — Conseguenze (L. 7 agosto 1990 n. 241, nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di

diritto di accesso ai documenti amministrativi, art. 18).

Qualora il contribuente dichiari in giudizio che la prova di una

determinata circostanza emerge dalla documentazione (nella

specie, bollette doganali di pagamento) detenuta dall'ammi

nistrazione, quest'ultima deve pronunciarsi, in modo non ge nerico o immotivato, sul possesso e sul contenuto dei docu

menti stessi, potendo, in difetto, il giudice desumere argo menti di prova dalla condotta processuale dell'amministra

zione. (1)

(1) In senso conforme, v. (in una controversia sostanzialmente identi ca a quella ora definita) Cass. 20 giugno 2000, n. 8340, Foro it., Rep. 2000, voce Dogana, n. 49, e 14 novembre 2001, n. 14141, id., Mass.; in termini analoghi, v. Cass. 10 febbraio 2001, n. 1930, ibid., 150, ad av viso della quale nell'ipotesi in cui il contribuente deduca di aver pre sentato la dichiarazione dei redditi e pagato la relativa imposta, l'am ministrazione finanziaria non può limitarsi ad invocare l'applicazione delle regole sull'onere della prova inteso in senso soggettivo e la com missione tributaria deve procedere ad acquisire sia la dichiarazione che la documentazione relativa al pagamento dell'imposta.

In argomento, v. anche Cass. 18 febbraio 1999, n. 1342, id., Rep. 1999, voce Valore aggiunto (imposta), nn. 358, 359, che ha stabilito il

principio secondo cui l'amministrazione finanziaria, nei cui confronti sia stata avanzata richiesta di rimborso Iva, non può evitare la decor renza degli interessi per il ritardo nel pagamento allorquando questo è

dipeso dalla mancata tempestiva presentazione da parte del contri buente di documenti contenenti notizie di cui l'amministrazione era già in possesso, o rispetto alle quali essa ha un dovere giuridico di acquisi zione di ufficio.

Sulla portata dell'art. 18 1. 7 agosto 1990 n. 241 e sulla sua rilevanza

processuale, v. anche Cons. Stato, ad. plen., 13 ottobre 1998, n. 7, id., 1999, III, 77, per la quale il ricorrente non è tenuto a provare l'affer mata titolarità dello status che lo legittima al ricorso (come l'essere di

pendente dall'amministrazione resistente), se questa è in possesso dei documenti che lo attestano.

Per la sentenza in epigrafe il principio di diritto enunciato in massi ma — e desunto dall'art. 18 1. 7 agosto 1990 n. 241 — trova ulteriore conforto nella 1. 27 luglio 2000 n. 212 (c.d. statuto del contribuente), che all'art. 6, 4° comma (che richiama espressamente l'art. 18, 2° e 3°

comma, 1. n. 241), ha escluso la possibilità di richiedere ai privati in formazioni o documenti già in possesso dell'amministrazione. Su tale

disposizione, v. Cass. 22 dicembre 2000, n. 16097, id., Rep. 2000, voce Tributi in genere, n. 1062, che, in nome del principio tempus regit ac tum contenuto nell'art. 3, 1° comma, stessa 1. n. 212, ha escluso la sua

applicazione retroattiva. In dottrina, v. M. Bruzzone, Non grava sul contribuente l'onere di

produrre documenti già in possesso del fisco, in Corriere trib., 2001, 1385.

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PARTE PRIMA 3532

Con sentenza in data 7 novembre 1994, il Tribunale di Vene

zia condannava l'amministrazione delle finanze alla restituzione

di quanto pagato dalla s.p.a. Carapelli Firenze (già Esercizio Ca

rapelli) per diritti di statistica, diritti per servizi amministrativi e

tassa erariale di sbarco di varie partite di olio, semi oleosi e

materie grasse. L'amministrazione si doleva al giudice superiore, che con la

sentenza in epigrafe indicata rigettava la domanda di rimborso, condannando la Carapelli alla rifusione delle spese di entrambi i

gradi di giudizio. La contribuente ricorreva allora per cassazione, deducendo

con quattro motivi la violazione e falsa applicazione degli art.

2033 e 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., 24 Cost, e 91 d.p.r. 43/73,

nonché l'insufficienza e la contraddittorietà della motivazione

su punti decisivi della controversia.

Esponeva infatti la Carapelli che la corte di appello era partita dalla premessa secondo la quale sarebbe stato necessario pro durre gli originali delle bollette doganali per provare l'esistenza

del diritto azionato.

Simile affermazione risultava senz'altro errata, in quanto l'esecuzione dei versamenti avrebbe potuto essere dimostrata

anche aliunde e, cioè, a prescindere dalle bollette che, nel caso

di specie, non erano state prodotte in giudizio unicamente per ché allegate alle istanze di rimborso presentate in via ammini

strativa.

Tale circostanza non era stata, d'altronde, mai negata dal

l'avversaria, nei cui confronti aveva oltretutto richiesto l'ema

nazione di un ordine di esibizione, che il giudice di prime cure

non aveva concesso sul discutibile presupposto che non si trat

tava di documentazione comune ad entrambe le parti. Pur rifiutandosi di accedere alla predetta richiesta istruttoria,

il tribunale aveva tuttavia correttamente ritenuto di poter trarre

argomenti di prova dalla mancata contestazione, da parte del

l'amministrazione, della pregressa allegazione delle bollette ai

ricorsi amministrativi.

La corte d'appello aveva però censurato la conclusione rag

giunta dal giudice a quo, sostenendo che la stessa aveva sostan

zialmente finito col risolversi in una indebita inversione dell'o

nere della prova. Così argomentando, la corte aveva violato il principio in for

za del quale un determinato fatto poteva ritenersi pacifico e,

quindi, utilizzabile per la decisione non soltanto nel caso in cui

fosse stato espressamente riconosciuto, ma anche nell'ipotesi in

cui non fosse stato specificamente smentito.

E proprio questo era stato l'atteggiamento mantenuto dal

l'amministrazione, che in tutto il corso del giudizio, protrattosi

per circa venticinque anni, aveva impostato diversamente le sue

difese, articolandole comunque in modo tale da rendere inutile

anche quella produzione delle fotocopie delle bollette che se

condo i giudici di secondo grado, avrebbero potuto tener luogo

degli originali ai fini della prova del diritto al rimborso.

Tenuto conto di quanto sopra, concludeva per la cassazione

della sentenza impugnata con ogni consequenziale statuizione.

L'intimata resisteva con controricorso e la causa veniva decì

sa all'esito della pubblica udienza del 29 maggio 2001.

Motivi della decisione. — Osserva innanzitutto il collegio che

contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente (le cui do

glianze possono essere congiuntamente trattate perché intima

mente connesse), la corte di appello si è ben guardata dall'af

fermare che la Carapelli avrebbe dovuto produrre gli originali delle bollette per dimostrare la sussistenza dell'azionato diritto.

Lungi dall'enunciare alcun principio in tal senso, il giudice a

quo ha tutt'al contrario ricordato che tale adempimento risultava

prescritto per la sola fase amministrativa e non poteva perciò valere per quella giudiziale, dove l'interessato avrebbe potuto

supportare la sua richiesta di rimborso anche attraverso le foto

copie delle bollette stesse.

La Carapelli si era tuttavia limitata ad esibire degli informali

fogli di riepilogo da essa stessa formati e, dunque, inidonei a

giustificare l'accoglimento della domanda.

Sotto questo profilo, il tribunale aveva, per la verità, diversa

mente opinato, sostenendo che la mancata contestazione della

dedotta allegazione degli originali alle istanze presentate in via

amministrativa, poteva essere apprezzata come implicito ricono

scimento, da parte dell'amministrazione, dell'effettiva esistenza

Il Foro Italiano — 2001.

delle bollette e della loro conformità agli elenchi riepilogativi

predisposti dalla Carapelii. A giudizio della corte, però, un'impostazione del genere non

poteva essere affatto condivisa, perché addossando alla conve

nuta il predetto obbligo di contestazione specifica, i primi giu dici avevano inevitabilmente finito col rovesciare l'onere della

prova, accollandolo alla pretesa debitrice che, da parte sua, ave

va negato in radice la sussistenza del credito invocato dalla ri

corrente.

Quest'ultima ha, come si è visto, messo in dubbio l'esattezza

di simile affermazione, che non può essere in effetti condivisa

per ragioni non del tutto coincidenti con quelle fatte valere dalla

Carapelii. A questo proposito devesi rilevare che con sentenza 20 giu

gno 2000, n. 8340, Foro it., Rep. 2000, voce Dogana, n. 49

(poi richiamata anche dalla successiva Cass. 1930/01, id.,

Mass., 150), questa stessa sezione della Suprema corte ha in

nanzitutto ricordato che ai sensi dell'art. 18 1. 241/90 (richia mato e rafforzato dall'art. 6 1. 212/00), il responsabile del pro cedimento deve provvedere d'ufficio all'acquisizione di quei documenti che, già in possesso dell'amministrazione, contenga no la prova di fatti, stati o qualità rilevanti per la definizione

della pratica. Costituendo tale norma l'espressione di un più generale prin

cipio operante anche nel processo (Cons. Stato, ad. plen., 7/98,

id., 1999, III, 77), ne discendeva che qualora l'attore avesse di

chiarato in giudizio che la prova di una determinata circostanza

emergeva dalla documentazione detenuta dall'amministrazione,

quest'ultima avrebbe dovuto pronunciarsi in modo non generico od immotivato sull'effettivo possesso e sul reale contenuto degli atti in questione, in quanto il principio di collaborazione fra

pubblica amministrazione e privati comportava una diversa ri

costruzione dei loro rapporti anche per quel che riguardava l'o

nere della prova. Tale indirizzo appare sicuramente da condividere, anche per

ché ulteriormente confortato dalla recente 1. 212/00, che nel

dettare le disposizioni in tema di statuto del contribuente, ha ri

badito la necessità di una collaborazione fra pubblica ammini

strazione e privati, escludendo decisamente la possibilità di ri

chiedere a costoro informazioni o documenti già in possesso dell'amministrazione (art. 6, 4° comma).

Consegue da ciò che la decisione del tribunale, che aveva ri

tenuto di poter desumere argomenti di prova dalla mancata

contestazione dell'allegazione degli originali delle bollette alle

domande amministrative, risultava giuridicamente corretta, per cui avrebbe potuto essere censurata dal giudice superiore non

già in via generale ed astratta, ma semmai in concreto e, cioè,

con riferimento alla congruenza ed all'adeguatezza delle con

clusioni tratte.

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va per tanto cassata, con rinvio degli atti ad altra sezione della Corte di

appello di Venezia.

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