sezione tributaria; sentenza 7 novembre 2002, n. 15618; Pres. Cristarella Orestano, Est. Monaci,P.M. Gambardella (concl. parz. diff.); Soc. Pineta del lago (Avv. Coggiatti, Giammarco) c. Min.finanze, Affinità e Landi; Affinità e Landi (Avv. Tosadori) c. Min. finanze, Soc. Pineta dellago. Cassa Comm. trib. II grado Trento 8 ottobre 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 2 (FEBBRAIO 2003), pp. 493/494-497/498Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198835 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
va contrattualmente non dovuta ed irreversibilmente prestata. La
sopravvenuta impossibilità dell'iniziale obbligazione (consenti re il godimento delle ferie) e la strutturale impossibilità della conseguente obbligazione (la restituzione, ex art. 1463 c.c., del
l'indebita prestazione ricevuta), determinano nei confronti del
datore il sorgere dell'obbligazione al pagamento d'una somma
che, per gli art. 1463 e 2037, 2° e 3° comma, c.c., corrisponde, in ogni caso, alla rètribuzione (se l'obbligazione quivi prevista sorge a causa del «perimento» della cosa, a maggior ragione
sorge a causa d'una prestazione irreversibilmente esauritasi nel
patrimonio del destinatario che l'ha utilizzata). È, questa, l'in dennità sostitutiva delle ferie.
3.c. In tal modo, dal mancato godimento delle ferie discendono
due conseguenze. Dal suo aspetto negativo (assenza delle ferie)
sorge il diritto al risarcimento del danno (diritto che esige tuttavia la prova del danno da parte del lavoratore, e che può essere esclu
so dalla prova, che il datore dia, ai sensi dell'art. 1218 c.c.).
Dall'aspetto negativo (prestazione non dovuta e non reversi
bile) sorge il diritto all'indennità sostitutiva. Questo diritto, per la sua normativa causa, non esige prova alcuna; e non è escluso
dall'eventuale non imputabilità della sopravvenuta impossibilità dell'iniziale obbligazione (godimento delle ferie: Cass. 19 otto bre 2000, n. 13860, id., Rep. 2000, voce cit., n. 1168).
4. - La norma collettiva che disciplina solo il godimento delle ferie e non l'indennità sostitutiva, è da leggersi attraverso l'irri
nunciabilità ed il divieto di monetizzazione (nel quadro del principio di conservazione, ed attraverso l'art. 1367 c.c.). Poi ché il diritto alle ferie, costituzionalmente garantito, è irrinun ciabile ed il relativo mancato godimento costituisce un illecito,
questa mancanza non può essere valutata preventivamente con
un'indennità sostitutiva: e l'assenza d'una formale previsione, rientrando nella fisiologia del contratto collettivo, non esclude il
relativo diritto. Ciò è a dirsi anche per l'ipotesi in cui la norma collettiva
escluda espressamente la sostituzione delle ferie con un com
penso. Il fatto che sia preclusa la preventiva monetizzazione
delle ferie non esclude che, con il mancato effettivo godimento, il lavoratore abbia il contrattuale diritto al «pagamento» di
quanto ha indebitamente ed irreversibilmente prestato. Ciò che è
escluso, in quanto illecito, è la preventiva monetizzazione delle
ferie: non la successiva «retribuzione» della (non dovuta e non
ripetibile) prestazione. D'altro canto (ciò va detto per mera esigenza di completezza),
una norma collettiva che, secondo l'interpretazione proposta dalla
ricorrente, riconoscesse il diritto alle ferie (i cui tempi di attua zione sono peraltro rimessi al datorile potere di gestione azien
dale: Cass. 19 ottobre 2000, n. 13860) ed escludesse il diritto al l'indennità sostitutiva, delineando un'obbligazione meramente
potestativa e pertanto nulla (ex art. 1355 c.c.), sarebbe illegittima. 5. - Nell'ambito delle ferie previste dalla norma collettiva in
controversia, la distinzione proposta dalla ricorrente, fra misura
corrispondente al periodo di lavoro effettivamente svolto e mi
sura eccedente, la quale, a differenza della prima, non sarebbe
giustificata dall'esigenza ristoratrice di perdute energie, ai fini dell'indennità sostitutiva è irrilevante.
Ed invero, premesso che l'anno è la misura temporale entro
cui la norma determina (come proporzione) ed il datore indivi dua (in funzione delle esigenze aziendali) ed il lavoratore utiliz
za le ferie (non è anche la misura temporale del fondamento del
recupero della «cura»), e premesso che il recupero per sua natu
ra non è funzionale a finalità produttive (fornire condizioni fi
siologiche ottimali per il lavoro da prestare dopo le ferie) bensì
esclusivamente ad esigenze personali; ciò premesso, ed indi
pendentemente dal fondamento della predetta eccedente misura
di ferie (se anche la relativa giustificazione sia nell'esigenza di recupero, che in questa ipotesi sarebbe esteso al bilancio d'un
lavoro lungamente prestato nel corso del rapporto), è determi
nante il fatto che anche queste ferie eccedenti («aggiuntive»: Cass. 5 gennaio 2001, n. 96, id., Rep. 2001, voce cit., n. 1004) costituiscono un diritto contrattuale, pur condizionato alla tem
porale capienza nell'anno di cessazione del rapporto. E pertanto, anche il lavoro prestato nel corso di queste ferie
eccedenti, poiché è prestazione non dovuta e non ripetibile, de
termina (per gli art. 1463 e 2037 c.c.), indipendentemente (come si è detto) dalla datoriale non imputabilità del non godimento, il diritto all'indennità sostitutiva (per l'affermazione di questo di ritto, pur attraverso divergenti argomentazioni, Cass. 21 maggio 2002, n. 7451, id., Mass., 539, e 11 dicembre 2001, n. 15627, id., Rep. 2001, voce Ferrovie e tramvie, n. 33).
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 7 no vembre 2002, n. 15618; Pres. Cristarella Orestano, Est.
Monaci, P.M. Gambardella (conci, parz. diff.); Soc. Pineta
del lago (Avv. Coggiatti, Giammarco) c. Min. finanze, Affi
nità e Landi; Affinità e Landi (Avv. Tosadori) c. Min. finan ze, Soc. Pineta del lago. Cassa Comm. trib. II grado Trento 8
ottobre 1998.
Registro (imposta di) — Cessione di immobile — Sistema tavolare — Omessa iscrizione nel libro fondiario — Impo sta proporzionale — Esclusione (R.d. 28 marzo 1929 n. 499, disposizioni relative ai libri fondiari dei territori delle nuove province, art. 2; d.p.r, 26 aprile 1986 n. 131, approvazione del t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, art. 20, 27).
Nelle zone in cui vige il sistema dei libri fondiari di cui al r.d. 28 marzo 1929 n. 499, l'iscrizione tavolare, quale modus ac
quirendi, ha valore costitutivo, per cui il consenso manife stato dalle parti nella stipulazione di un atto traslativo di un
diritto reale su immobili, cui non abbia fatto seguito l'iscri
zione tavolare, non è di per sé sufficiente a produrre il trasfe rimento del diritto; pertanto, la compravendita di un immo
bile nel regime tavolare, in assenza dell'iscrizione del diritto
nel libro fondiario ai sensi dell'art. 2 citato r.d. 499/29, non è assoggettabile ad imposta proporzionale di registro, non es
sendosi ancora verificato il momento impositivo coincidente
con quello in cui si verifica l'effettivo trasferimento della proprietà. (1)
Motivi della decisione. — 1.1. - Preliminarmente i due ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte contro la medesima pronunzia.
Entrambe le parti ricorrenti, sia i venditori Landi ed Affinità, sia l'acquirente società Pineta del lago, hanno proposto nei ri spettivi ricorsi due distinti motivi di impugnazione.
Ciò non toglie che i rispettivi motivi abbiano sostanzialmente il medesimo contenuto, nel senso che il primo motivo del ricor
so dei venditori corrisponde al primo motivo del ricorso della società acquirente, e, analogamente, il secondo motivo del ri
corso dei primi corrisponde al secondo motivo del ricorso del
l'altra.
Di conseguenza dovranno essere trattati congiuntamente i
primi motivi dei due ricorsi, e nello stesso modo i secondi due motivi di entrambi i ricorsi.
Nel merito i primi motivi dei due ricorsi sono fondati, e deb bono essere accolti, mentre i rispettivi secondi motivi risultano
inammissibili. 1.2. - Nel suo primo motivo la ricorrente società Pineta del
lago sostiene che la decisione impugnata sarebbe errata là dove
ha ritenuto che l'edificio costruito sulla p.ed. 1010, trasferito con l'atto di compravendita, si estenderebbe anche alla p.f. 1065/21 di proprietà del comune di Nago Torbole, ed oggetto di controversia tra i venditori ed il comune stesso.
In forza del sistema tavolare vigente nella provincia di Trento
i venditori non potevano trasferire che i beni loro intavolati, e
perciò l'atto non poteva trasferire alla società che le particelle immobiliari intavolate ai signori Affinità e Landi.
(1) V., in senso conforme, Cass. 29 aprile 1980, n. 2839, Foro it.,
Rep. 1981, voce Registro (imposta), n. 171, e, più di recente (ma con riferimento all'Invim), 8 marzo 2001, n. 3415, id., Rep. 2001, voce Tributi locali, n. 151 (in motivazione).
In termini analoghi, nella giurisprudenza tributaria, cfr. Comm. trib. centrale 6 novembre 1997, n. 5330, id., Rep. 1998, voce Registro (im
posta), n. 144, e 21 dicembre 1983, n. 4939, id., Rep. 1984, voce cit., n.
121, per le quali non va assoggettata ad imposta di registro un contratto di compravendita non perfezionato per mancanza di intavolazione.
Contra, Comm. trib. centrale 3 novembre 1993, n. 2995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 36, ad avviso della quale ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro è irrilevante che una scrittura privata di com
pravendita immobiliare non sia stata autenticata e che pertanto il trasfe
rimento del bene non si sia perfezionato per il diritto tavolare in quanto tale ipotesi riguarda solo la tutela del diritto dell'acquirente, mentre per l'imposta di registro rileva la funzione economica dell'atto che, per
espressa dichiarazione delle parti, comporta il trasferimento della pro
prietà dell'immobile oggetto del contratto. In generale, sul sistema tavolare, v. C. Arcangeli, In tema di «pro
cedura tavolare» (nota a App. Trento 11 aprile 1995 e Trib. Belluno 22
settembre 1994), id., 1995,1, 3573.
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495 PARTE PRIMA 496
La volontà, ipotizzata in sentenza, di trasferire una proprietà altrui non avrebbe potuto avere alcun effetto.
Se poi fosse stata esperita vittoriosamente l'azione nei con
fronti del comune proposta ai sensi dell'art. 938 c.c. (e che ave
va carattere costitutivo) il relativo trasferimento sarebbe stato
assoggettato a tassazione al momento della tassazione della
sentenza che lo avesse dichiarato.
1.3. - Con il secondo motivo la stessa società lamenta che la
pronunzia sarebbe priva di motivazione effettiva sul tema, og
getto dell'appello incidentale della stessa contribuente, della
congruità dei valori accertati e delle spese ammesse.
1.4. - Anche i venditori Affinità e Landi, a loro volta ricor renti, propongono sostanzialmente i medesimi motivi.
Nel primo criticano il passaggio della sentenza impugnata che
aveva affermato che la volontà degli alienanti era stata quella di
vendere l'intero edificio, compresa la parte che insisteva in
parte su di un terreno di proprietà comunale (e per il quale sus
sisteva lite in corso tra i venditori stessi ed il comune). I venditori argomentano in proposito che l'accessione costi
tuiva un modo di acquisto a titolo originario della proprietà im mobiliare, e che come tale non era oggetto di intavolazione,
istituto, quest'ultimo, che si applicava solo ai mutamenti dovuti
alla volontà delle parti e non ai fatti materiali, tra cui doveva
annoverarsi l'intavolazione stessa.
Nel caso di specie, inoltre, non era stata ancora emanata una
sentenza definitiva che sancisse il diritto della società Pineta del
lago all'acquisto, in applicazione dell'istituto della c.d. acces
sione invertita, della proprietà di quella quota di terreno intavo
lata al comune, ma su cui insisteva parte dell'edificio.
L'eventuale volontà dei venditori di trasferire anche questa
proprietà non avrebbe potuto avere effetti giuridici. Sarebbe mancata, infatti, la necessaria continuità delle tra
scrizioni, da effettuare secondo il sistema tavolare vigente in lo
co.
Se poi fosse stata emanata successivamente in favore dei ri
correnti una pronunzia dichiarativa del loro diritto di accessione
invertita, sarebbe stato assoggettato a tassazione il trasferimento
intervenuto in forza della sentenza stessa.
Ma questo presupposto era ancora ipotetico e condizionato.
1.5. - Con il loro secondo motivo i ricorrenti Landi ed Affi nità lamentano a loro volta che pronunzia sarebbe del tutto im
motivata sui punti relativi alla rettifica dei valori iniziali e delle
spese ammesse.
2.1. - Per la soluzione del problema giuridico prospettato dai
ricorrenti appare necessario coordinare la normativa in materia
di imposta di registro, e quella in materia tavolare.
Come è noto, infatti, mentre nella maggior parte d'Italia la
pubblicità immobiliare viene attuata attraverso un sistema di re
gistri immobiliari su base personale, di origine napoleonica, nelle province annesse a seguito della guerra del 1914-1918 è
stato mantenuto in vigore il più razionale sistema austriaco di
pubblicità immobiliare basata su una forma di registrazione de
gli immobili stessi. La materia è regolata dal r.d. 28 marzo 1929 n. 499, più volte
modificato, con 1. 4 dicembre 1956 n. 1376, con 1. 29 ottobre
1974 n. 594, con 1. 8 agosto 1977 n. 574.
Nel caso di specie, in cui si tratta del trasferimento di un di
ritto di proprietà, si deve applicare l'art. 2 del decreto, secondo
cui «a modificazione di quanto è disposto dal codice civile ita
liano, il diritto di proprietà e gli altri diritti reali sui beni immo bili non si acquistano per atto tra vivi se non con l'iscrizione del
diritto nel libro fondiario. Parimenti non hanno effetto le modificazioni o l'estinzione
per atto tra vivi dei diritti suddetti senza la relativa iscrizione o cancellazione».
2.2. -1 primi motivi di entrambi i ricorsi concernono l'obbli go di pagamento dell'imposta di registro su di una particella fondiaria spettante al comune di Nago Torbole, o, più esatta
mente, intavolata allo stesso, e sulla quale insiste una parte del
complesso alberghiero oggetto della compravendita tra i signori Landi ed Affinità e la società Pineta del lago.
L'accertamento di fatto contenuto nella pronunzia impugnata ha stabilito appunto che una parte della struttura era stata edifi
cata su questa particella, e, soprattutto, «che la volontà dell'a
lienante era quella di vendere l'intero immobile (albergo, pisci na, pertinenze) pur insistendo in parte su terreno comunale».
La volontà delle parti era perciò quella di trasferire l'intero
Il Foro Italiano — 2003.
compendio immobiliare, compresa la parte edificata sulla parti cella immobiliare intavolata al comune.
Ciò non significa, però, che questa volontà valesse effettiva
mente a conseguire lo scopo comune.
La norma, sopra riportata, del r.d. 499/29 stabilisce, infatti, che, a differenza di quanto avviene di regola nel diritto civile italiano, nell'ambito del sistema tavolare la proprietà immobi
liare (o gli altri diritti reali immobiliari minori) non si trasferi scono con il semplice consenso, ma è necessaria l'intavolazio
ne; l'accordo negoziale delle parti è soggetto, in realtà, alla
condizione di efficacia della successiva intavolazione, e (a dif ferenza di quanto avviene nel sistema dei registri immobiliari, in cui è sempre possibile trascrivere un acquisto a non domino)
quest'ultima è possibile solo in quanto l'alienante sia intestata
rio sul libro fondiario della proprietà (o del diritto reale minore) sul bene alienato.
Altrimenti l'intavolazione, ed il conseguente trasferimento
della proprietà, potrà avvenire solo a seguito di una sentenza
passata in giudicato (cfr. art. 5 r.d. n. 499 del 1929, come par zialmente modificato dall'art. 2 1. n. 594 del 1974).
3.1. - Chiarita così quale sia l'efficacia del negozio giuridico intervenuto tra le parti, si tratta di stabilire se nel caso di specie
l'imposta di registro debba essere applicata anche sulla parti cella immobiliare intavolata nel registro fondiario al comune di
Nago Torbole.
Si deve chiarire, in sostanza, se l'imposta colpisca il trasferi
mento della proprietà, o invece il contenuto della volontà delle
parti. L'art. 1 della parte prima della tariffa allegata al d.p.r. 26
aprile 1986 n. 131, che contiene la legge di registro vigente, prevede che siano soggetti a registrazione in termine fisso, ed in
misura percentuale (di regola dell'otto per cento), gli «atti tra
slativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in gene re e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di go dimento ...».
Questa definizione non sembra adattarsi ad un contratto che
pur avendo per oggetto un bene immobile non valga a trasferir
ne la proprietà alla parte acquirente, ed un negozio meramente
consensuale che abbia per oggetto un bene immobile sito in un
territorio in cui viga il diritto tavolare non vale a trasferirne la
proprietà (o altri diritti immobiliari minori), almeno fino a quando non venga effettuata l'intavolazione.
L'art. 20 dello stesso decreto stabilisce, d'altra parte, che
«l'imposta è applicata secondo l'intrinseca natura e gli effetti
giuridici degli atti sottoposti alla registrazione, anche se non vi
corrisponda il titolo o la forma apparente».
Valgono in proposito le medesime considerazioni: nell'am
bito del sistema tavolare un negozio consensuale, per definizio
ne, non è mai idoneo a trasferire la proprietà immobiliare se non
segua l'intavolazione, e quest'ultima non è possibile (se non per tramite di un procedimento contenzioso) se l'alienante non sia
intestatario del bene nei libri fondiari, oppure — come nel caso
di specie —
per la parte del bene di cui non sia intestatario.
Né va dimenticato, infine, che l'art. 27 dello stesso decreto
prevede, al 1° comma, che «gli atti sottoposti a condizione so
spensiva sono registrati con il pagamento dell'imposta in misura
fissa». Un negozio consensuale di alienazione di un bene immobile
sottoposto al regime tavolare appare sostanzialmente assimila
bile ad un atto sottoposto ad una condizione sospensiva, alla
condizione di efficacia della successiva iscrizione nel libro fon
diario. 3.2. - Concludendo sul punto, le norme in materia di imposta
di registro sembrano escludere dall'imposizione gli atti consen
suali di trasferimento di beni iscritti nei libri fondiari. O, più esattamente, questi negozi debbono essere registrati a
tassa fissa (arg. ex art. 27 d.p.r. 131/86), e non in misura pro
porzionale: questo problema specifico, del resto, non si pone nel
caso di specie in cui il negozio giuridico è stato comunque sot
toposto a registrazione, ed ha scontato l'imposta in misura pro
porzionale, ma relativa soltanto alla quota parte (del resto la
maggiore) per la quale poteva intervenire l'intavolazione ed era
efficace il trasferimento di proprietà alla società acquirente, e
non per la quota parte che insisteva invece su una particella in
tavolata ad un altro soggetto diverso dai venditori, in concreto al
comune di Nago Torbole.
Non rileva perciò che le parti abbiano inteso vendere anche la
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
parte del complesso che insiste appunto su di una particella im
mobiliare intestata al comune.
Per questa parte il negozio è un contratto di vendita di cosa
altrui, destinato ad avere effetto soltanto quando gli alienanti (o la società acquirente) acquisteranno la proprietà del bene, e se
l'acquisteranno. Nell'ambito del sistema dei libri fondiari questo potrà avveni
re soltanto in due modi, o con un altro negozio di trasferimento
da parte dell'intestatario tavolare, o tramite una sentenza pas sata in giudicato nei confronti di quest'ultimo.
Ed allora, se e quando venga emessa una simile sentenza (nel
giudizio che — secondo quanto affermano i ricorrenti — avreb
bero già intentato contro il comune per far affermare in loro fa
vore, ai sensi dell'art. 938 c.c., la c.d. accessione invertita) op
pure venga stipulato in loro favore un negozio di analogo conte
nuto, gli acquirenti dovranno corrispondere l'imposta propor zionale di registro anche sulla particella immobiliare che, pur ricompresa logicamente nella compravendita stipulata con gli alienanti, è intestata al comune di Nago Torbole.
Se invece si ritenesse altrimenti si giungerebbe alla conse guenza non razionale di sottoporre la medesima particella ad
una duplice tassazione per la medesima imposta di registro,
prima in sede di registrazione del negozio consensuale, e poi in
occasione della registrazione della sentenza (o del diverso nego zio) che consenta l'intavolazione e l'effettivo trasferimento
della proprietà. 3.3. - La corte pertanto non può che confermare il proprio
orientamento secondo cui «nelle zone in cui vige il sistema dei
libri fondiari di cui al r.d. 28 marzo 1929 n. 499, l'iscrizione ta volare, quale modus acquirendi, ha valore costitutivo, per cui il
consenso manifestato dalle parti nella stipulazione di un atto
traslativo di un diritto reale su immobili, cui non abbia fatto se guito l'iscrizione tavolare, non è di per sé sufficiente a produrre il trasferimento del diritto. Pertanto, la compravendita di un
immobile nel regime tavolare in assenza di iscrizione nel libro fondiario ai sensi dell'art. 2 citato r.d. 499/29, non è assoggetta bile ad Invim, non essendosi ancora verificato il momento im
positivo coincidente con quello in cui si verifica l'effettivo tra
sferimento della proprietà» (Cass. 8 marzo 2001, n. 3415, Foro
it., Rep. 2001, voce Tributi locali, n. 151). Il precedente si riferisce propriamente all'Invim, ma si fonda
su principi che possono essere estesi anche all'imposta di regi stro (o, più esattamente, all'imposta proporzionale di registro); in epoca meno recente, del resto, la corte si era già espressa nello stesso senso, ma con riferimento proprio all'imposta di re
gistro (Cass. 29 aprile 1980, n. 2839, id., Rep. 1981, voce Regi stro (imposta), n. 171).
4. - Con i rispettivi secondi motivi i ricorrenti lamentano un
vizio di difetto di motivazione relativo ai valori accertati ed alle spese ammesse.
Il motivo risulta nuovo e come tale inammissibile.
Infatti, nei rispettivi appelli incidentali (atti che, trattandosi di questione di carattere processuale, ben possono essere esaminati
dalla corte) — come del resto nei ricorsi introduttivi dinanzi alla Commissione di primo grado di Rovereto — i contribuenti ave vano lamentato l'asserita carenza di motivazione dell'accerta mento tributario, e non quello ben diverso dell'asserita carenza
di motivazione della sentenza di primo grado. I due punti sono ben diversi, e non possono essere confusi tra
loro.
5. - Conclusivamente debbono essere accolti i primi motivi di
ciascun ricorso, mentre i rispettivi secondi motivi debbono esse
re dichiarati inammissibili. La sentenza impugnata deve essere annullata in relazione ai
motivi accolti, e sempre con riferimento ad essi, la causa dovrà
essere rimessa ad altra sezione della Commissione tributaria di
secondo grado di Trento.
Il Foro Italiano — 2003.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 26 otto bre 2002, n. 15141; Pres. Senese, Est. Roselli, RM. Destro
(conci, diff.); Arno (Avv. Macario, Crisostomo) c. Banca Arditi Galati (Avv. Stasi), Soc. Ifid - Istituto finanziario Dia na (Avv. Cipriani) e altra. Cassa Trib. Lecce 19 agosto 1999 e
decide nel merito.
Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Cessione di crediti — Crediti futuri maturandi e crediti eventuali — Distinzione — Efficacia della cessione — Limiti (Cod. civ., art. 1265, 2914, 2918).
In materia di efficacia della cessione di crediti futuri in pregiu dizio del creditore pignorante, occorre distinguere tra crediti
maturandi con origine da un unico e già esistente rapporto base, quali i crediti di lavoro, e crediti soltanto eventuali, non
necessariamente identificati in tutti gli elementi oggettivi e
soggettivi; la cessione dei primi prevale sul pignoramento nell'ambito di un triennio, purché prima del pignoramento stesso sia stata notificata o accettata dal debitore ceduto, mentre perché prevalga la cessione dei secondi è necessaria
la notificazione o accettazione dopo che il credito sia venuto
ad esistenza, ma prima del pignoramento. (1)
(1) La massima riproduce testualmente il principio di diritto enun ciato nella sentenza che ha riformato Trib. Lecce 19 agosto 1999, Foro
it., 2000,1, 1992 (per la ricostruzione del giudizio sin dalla fase preto rile, cfr. Pret. Lecce-Tricase 2 dicembre 1997, id.. Rep. 2000, voce Ces sione dei crediti, n. 39, e Corti Bari, Lecce e Potenza, 2000, I, 107), con nota di richiami, ove la cessione di crediti futuri relativa alla parte cedibile della retribuzione del lavoratore, a fronte della concessione di un finanziamento, era dichiarata inopponibile al creditore pignorante del cedente, quanto a tutti i crediti maturati dopo il pignoramento. La
particolarità di quest'ultima decisione, già segnalata a suo tempo in
nota, era essenzialmente quella di aver a tal punto acriticamente aderito a Cass. 14 novembre 1996, n. 9997, Foro it., Rep. 1997, voce Falli
mento, n. 353 (per esteso, Fallimento, 1997, 787, con commento critico di Badini Confalonieri, nonché Riv. curatori fallimentari, 1997, fase.
2, 38. con nota critica di Macario), da riportarne virgolettata la motiva zione (in sostituzione, quindi, della propria).
La Cassazione si discosta così dai suoi precedenti in tema di opponi bilità della cessione (al creditore pignorante, come nel caso di specie, ovvero al fallimento del cedente, come nel caso deciso dalla citata Cass. 9997/96), cercando invero di smussare la divergenza rispetto alla
già ricordata (da più parti criticata) decisione del 1996 (sempre ripresa dalle più recenti, richiamate infra), mediante la distinzione, all'interno dei crediti futuri, fra quelli maturandi e quelli soltanto eventuali (di cui s'era occupata Cass. 11 maggio 1990, n. 4040, Foro it., 1991,1, 2489). Distinzione che costituisce il leitmotiv della ratio decidendi (al punto da essere enunciata anche nel principio di diritto, nella vicenda in esa me peraltro idoneo a risolvere definitivamente la controversia nel me
rito): per i primi, afferma in motivazione la corte, «il contratto di ces
sione, perfetto ab initio pur se come effetto reale differito, [può] essere assimilato alla cessione del credito attuale».
Più di recente, sempre nel solco tradizionale (riportandosi al prece dente appena ricordato di Cass. 9997/96), Cass. 12 ottobre 1999, n.
11432, id., Rep. 2000, voce cit., n. 380 (per esteso, Fallimento, 2000, 1261, con commento critico di Finardi, Cessione di crediti futuri e pro cedure concorsuali minori) ha affermato che qualora il credito futuro anteriormente ceduto venga ad esistenza dopo l'ammissione alla proce dura di amministrazione controllata, poi seguita da concordato e falli
mento, la cessione contrasta in concreto col principio di «cristallizza zione» sancito dagli art. 167 e 168 1. fall, richiamati dall'art. 188 1. fall., in quanto consente al cessionario un'acquisizione non autorizzata, la
quale è pertanto inefficace rispetto ai creditori qualificati anteriori al decreto di cui all'art. 188 1. fall.
Un'applicazione in materia di cessione di crediti (futuri) corrispon denti al corrispettivo di un appalto è stata effettuata da Cass. 29 marzo
2000, n. 3782, Foro it., Rep. 2001, voce cit., n. 502 (annotata da Aprile
in Fallimento, 2001, 291; Plenteda, ibid., 387; Ragusa Maggiore, in
Dir.fallim., 2001, II, 362, e Bonavitacola, ibid., 749), la quale ha rite
nuto inopponibile la cessione al fallimento dichiarato successivamente
in quanto alla data della sentenza dichiarativa il credito non era ancora
sorto. Da notare poi il tentativo della Cassazione di offrire una ricostruzio
ne sistematica della questione, in primo luogo attraverso il parallelismo con la disciplina del pignoramento di crediti futuri, dovendosi ram
mentare come, anche su questo punto, la sentenza in epigrafe segni una
svolta significativa rispetto ai precedenti, caratterizzati per lo più da af
fermazioni assiomatiche e tralatizie. È questo certamente il caso di
Cass. 29 gennaio 1999, n. 785, riportata anch'essa (con la sentenza ri
formata Trib. Lecce 19 agosto 1999 e Trib. Bari 1° aprile 1998) in Foro
it., 2000, I, 1991, la quale affermava l'inopponibilità al fallimento del
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