sezione tributaria; sentenza 9 agosto 2000, n. 10480; Pres. Cantillo, Est. Graziadei, P.M.Raimondi (concl. parz. diff.); Moralli (Avv. Lupis, de Riso, Fagetti) c. Min. finanze (Avv. delloStato Criscuoli). Cassa Comm. trib. reg. Lombardia 20 giugno 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 4 (APRILE 2001), pp. 1287/1288-1291/1292Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196996 .
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1287 PARTE PRIMA 1288
denza: sembra quasi superfluo richiamare le osservazioni sopra
sviluppate alla stregua della giurisprudenza della Corte di giu stizia per evidenziare l'apoditticità e la non verificabilità di un'affermazione di permanenza di un sistema organizzativo in
mancanza di descrizione alcuna di tale sistema.
Ai fini che qui interessano, pertanto, negata la ricorrenza dei
presupposti di applicabilità dell'art. 2112 c.c., la fattispecie de ve essere considerata e trattata alla stregua, non di un trasferi
mento d'azienda, bensì di una mera cessione di contratti di lavo
ro senza il consenso dei contraenti ceduti (tale non potendosi certamente intendere né la prosecuzione dell'attività lavorativa
presso il consorzio, a fronte dell'univoca contestazione del
comportamento datoriale, né tanto meno potendosi attribuire
tale significato alla riscossione del superminimo unilateralmente
attribuito dal consorzio) e, pertanto, nei confronti di questi ulti
mi inopponibile e inefficace. La nullità delle cessioni dei rapporti di lavoro preclude
l'esame della domanda fondata sull'art. 1 1. 1369/60 — e con
seguentemente dell'appello incidentale proposto da Ansaldo —
presupposto della quale è l'esistenza di un rapporto di lavoro fra
lavoratore e interposto (che qui si nega). Né i ricorrenti hanno
un interesse attuale ad una mera declaratoria di nullità del con
tratto d'appalto: la scelta di Ansaldo di «esternalizzazione»
delle attività appaltate a Manital e le modalità di tale esternaliz
zazione potranno in futuro incidere sulla sorte degli stessi rap
porti di lavoro, dei quali oggi si afferma la permanenza, ma, allo
stato, sfuggono al sindacato di questo giudice. Parimenti assorbita dall'accoglimento della domanda princi
pale è la deduzione d'illegittimità dell'appalto per violazione
dell'art. 24 c.c.n.l.
Sotto il profilo delle conseguenze, la nullità delle cessioni
comporta la prosecuzione dei rapporti di lavoro in capo ad An
saldo, che dovrà provvedere alla riammissione in servizio dei
dipendenti ceduti nelle posizioni lavorative occupate prima della cessione e con la retribuzione ad esse collegata (salvi eventuali aumenti medio tempore maturati); né costituisce osta
colo alla pronuncia di sentenza di condanna in tal senso la for
mulazione tecnica delle conclusioni dei ricorrenti, chiaro essen
do che il petitum sostanziale delle domande risiedeva nel ripri stino del rapporto con la società cedente, a prescindere dallo
strumento tecnico utilizzato per realizzare tale obiettivo, e che
l'inquadramento complessivo della fattispecie attiene ad un
problema di qualificazione giuridica del fatto, riservata alla va
lutazione del giudice. La non ricorrenza di ipotesi di illegittimo licenziamento com
porta, piuttosto, la non debenza di risarcimento alcuno del dan
no ai sensi dell'art. 18 1. 300/70, siccome di tale norma non ri
corre il presupposto applicativo. Nulla è poi dovuto nemmeno a
titolo di eventuali differenze retributive, delle quali non è stata
provata (prima ancora dell'entità) l'esistenza stessa.
Da questo punto di vista, assume, al contrario, il consorzio di avere diritto alla restituzione del miglior trattamento retributivo
corrisposto ai lavoratori sub specie di superminimo (la circo
stanza è incontestata), proponendo conforme domanda sub spe cie di appello incidentale. Tale domanda deve essere respinta, trattandosi di somme unilateralmente e spontaneamente attri
buite in relazione ad un'attività lavorativa effettivamente esple tata e di fatto utilizzata dal consorzio.
Il Foro Italiano — 2001.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 9 agosto 2000, n. 10480; Pres. Cantillo, Est. Graziadei, P.M.
Raimondi (conci, parz. diff.); Moralli (Avv. Lupis, de Riso, Fagetti) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Criscuoli). Cassa
Comm. trib. reg. Lombardia 20 giugno 1997.
Redditi (imposte sui) — Profitti illeciti — Tassabilità — Previsione normativa — Retroattività (D.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, approvazione del t.u. delle imposte sui redditi, art. 6, 81; 1. 24 dicembre 1993 n. 537, interventi correttivi di
finanza pubblica, art. 14). Redditi (imposte sui) — Profitti illeciti — Somme concer
nenti trasferimenti illeciti di capitali — Tassazione — Esclusione — Fattispecie (D.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 81; d.l. 28 giugno 1990 n. 167, rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori, art. 3; 1. 4 agosto 1990 n. 227, conversione in legge, con mo
dificazioni, del d.l. 28 giugno 1990 n. 167, art. 1).
La disposizione di cui all'art. 14, 4° comma, l. 24 dicembre
1993 n. 537, che comprende tra le categorie di reddito sog
gette alle imposte sui redditi i proventi derivanti da illecito
civile, penale o amministrativo, ha carattere interpretativo e, come tale, ha efficacia retroattiva. (1)
L'accertamento della mera violazione delle disposizioni che re
golano il trasferimento da o verso l'estero di denaro, titoli e
valori mobiliari non consente di qualificare come di prove nienza illecita le somme così trasferite ed è, pertanto, inido
neo a provare il presupposto impositivo. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 5 giu gno 2000, n. 7511; Pres. Cantillo, Est. Merone, P.M. Ce
niccola (conci, diff.); Min. finanze c. Megliolia. Cassa Comm. trib. reg. Lombardia 3 dicembre 1996 e decide nel
merito.
Redditi (imposte sui) — Profitti illeciti — Tassabilità — Previsione normativa — Retroattività (D.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 6, 81; 1. 24 dicembre 1993 n. 537, art. 14).
Redditi (imposte sui) — Profitti illeciti — Condanna alla re stituzione delle somme illecitamente percepite — Tassabi lità (D.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 6, 81; 1. 24 dicembre 1993 n. 537, art. 14).
La disposizione di cui all'art. 14, 4° comma, l. 24 dicembre
1993 n. 537, che comprende tra le categorie di reddito sog
gette alle imposte sui redditi i proventi derivanti da illecito
civile, penale o amministrativo, ha carattere interpretativo e, come tale, ha efficacia retroattiva. (3)
(1,3) Principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, tanto
presso le sezioni civili (cfr. Cass. 16 aprile 1997, n. 3259, Foro it., Rep. 1997, voce Redditi (imposte), n. 379; 13 dicembre 1996, n. 11148, ibid., n. 380; 13 dicembre 1995, n. 12782, id., Rep. 1996, voce cit., n.
255; 19 aprile 1995, n. 4381, id., 1995,1, 1457, con nota di richiami; da
ultimo, cfr. Cass. 23 dicembre 2000, n. 16176, id., Mass., 1492, in mo tivazione: la sentenza si può leggere in http://www.giustizia.it/cas sazione/giurisprudenza/cass2000/l 6176sen_00html) quanto nell
' ambito
delle decisioni penali (v. Cass. 6 maggio 1997, Scicolone, id., Rep. 1997, voce cit., n. 375; 24 gennaio 1997, Vaschetti, ibid., n. 376; 2
maggio 1996, S.A., ibid., n. 378); in senso conforme, v. altresì, sempre in ambito penale, Trib. Napoli 12 marzo 1997, id., 1997, II, 607, ove ulteriori richiami (ma nella giurisprudenza di merito si riscontrano an che precedenti contrari: cfr. Trib. Torino 4 giugno 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 381).
Nella giurisprudenza tributaria, l'orientamento della Cassazione è
seguito da Comm. trib. prov. Avellino 11 gennaio 1999, id., Rep. 1999, voce cit., n. 385; Comm. trib. prov. Milano 12 gennaio 1998, id., Rep. 1998, voce cit., n. 366; contra, Comm. trib. reg. Piemonte 7 aprile 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 386; Comm. trib. prov. Avellino 12 marzo 1999, ibid., n. 387; 12 novembre 1998, ibid., n. 388; Comm. trib.
prov. Verbania 10 febbraio 1998, ibid., n. 389; Comm. trib. prov. Mi lano 22 maggio 1997, id., Rep. 1997, voce cit., n. 384; 5 febbraio 1997, ibid., n. 385.
In dottrina, cfr. Capolupo, Proventi illeciti (tassazione dei), voce
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La circostanza che il titolare di redditi di provenienza illecita
sia stato condannato alla restituzione delle somme così per
cepite non impedisce il sorgere dell'obbligazione tributaria
relativa al possesso dei redditi illecitamente conseguiti. (4)
I
Svolgimento del processo. — L'ufficio delle imposte dirette
di Como, ai fini dell'Irpef e dell'Ilor dovute dai fratelli Aquili
dcìVEnciclopedia del diritto, Milano, 1997, aggiornamento, I, 65; Amatucci, La natura innovativa del regime impositivo dei proventi il
leciti, in Dir. e pratica trib., 1999, II, 659; Bellini, La tassazione dei
proventi illeciti, in Riv. giur. trib., 1999, 338; Fedele, Imposizione fi scale od ablazione sanzionatoria per i proventi da illecito?, in Rass.
trib., 1999, 1622; Monarca, Proventi illeciti: tassabili le somme ver sate ai complici, in Corriere trib., 1999, 813; Salvati, Iproventi illeciti e la disciplina positiva comunitaria e interna, in Rass. trib., 1999, 1099; Amy as D'Aniello, Spunti sulla tassabilità dei proventi illeciti, in Dir. e pratica trib., 1997, II, 947; Ardito, La tassazione dei proventi illeciti, una vecchia questione sempre attuale, in Giust. pen., 1998, II, 536; Bersani, La tassabilità dei proventi da attività illecita: presuppo sti, criteri distintivi ed esistenza di obblighi di dichiarazione, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1997, 998; Bellini, Brevi considerazioni sullo stato attuale della tassazione dei proventi da illecito, in Fisco, 1998, 11176; Fanelli, Tassabilità di ricavi «fittizi» e proventi illeciti, in Riv. giur. trib., 1998, 913; Marcheselli, Imponibilità, sequestro e confisca delle
«tangenti» e delle «commissioni» per l'emissione di fatture per opera zioni inesistenti, in Dir. e pratica trib., 1998, II, 588; Grassi, Proventi illeciti: nuovi spunti di riflessione sull'art. 14, 4" comma, l. 537/93, in
Fisco, 1998, 10696; Midei, Sulla tassabilità dei proventi da attività il
lecita, in Rass. trib., 1998, 296; Sanfelice-Cardone, Tassazione dei
proventi illeciti - In particolare dei proventi derivanti dalla commissio ne di reati contro la pubblica amministrazione - Orientamenti giuris prudenziali e riflessi sull'attività dell'amministrazione finanziaria, in
Fisco, 1998, ali. al n. 23; Sforza, Ancora sulla tassabilità dei redditi
illeciti, in Nuovo dir., 1998, 175; Ardito, La tassazione dei proventi illeciti - Una vecchia questione sempre attuale, in Bollettino trib., 1997, 592; Bersani, I redditi illeciti verso la definitiva tassazione, in
Fisco, 1997, 3755; Capaldi-Piacenti, La tassazione delle attività ille
cite, in Tributi, 1997, 18; Grassi, Ancora sui proventi illeciti: quando manca la certezza del diritto, in Fisco, 1997, 7417; Guadalupi, Que stioni controverse sulla tassazione dei proventi illeciti, in Corriere
trib., 1997, 2481; Corso, Dopo tre anni ancora problemi applicativi per la l. 537/93, ibid., 2405; Marcheselli, Legittimità costituzionale,
responsabilità penale e problemi applicativi della tassazione dei pro venti illeciti, in Dir. e pratica trib., 1997, II, 452; Perrucci, Come tas sare i guadagni illeciti non confiscati, in Bollettino trib., 1997, 343; Toppan, La disposizione che sottopone a tassazione i proventi illeciti viola il principio di irretroattività della norma penale?, in Riv. dir.
trib., 1997, II, 259; Succio, Ancora sulla disciplina fiscale del «pretium sceleris», in Dir. e pratica trib., 1997, II, 760.
(2) Questione nuova. La decisione in epigrafe giunge all'espressione del principio di di
ritto rilevando come il mero accertamento della sussistenza del fatto il lecito (nella specie, amministrativo) avente ad oggetto il possesso di
denaro ed il suo trasferimento in violazione delle disposizioni imperati ve dettate in materia valutaria, non consente di desumere inevitabil mente che tale disponibilità costituisca — come richiesto dalla discipli na tributaria — provento derivante dal fatto illecito.
Sui caratteri dell'illecito amministrativo concernente la violazione delle disposizioni in materia di trasferimento di denaro, titoli ed altri
valori, in giurisprudenza, cfr. Cass. 15 novembre 1997, n. 11337, Foro
it., 1998, I, 831, con nota di richiami, che ha affermato la sussistenza della violazione anche nell'ipotesi di omessa denunzia di trasferimento di titoli privi delle indicazioni relative al luogo ed alla data di emissio ne.
In dottrina, cfr. Capolupo-Bartoloni, Valuta: disciplina dei movi menti transfrontalieri, in Impresa, 1998, 709; Albanese, Il monitorag
gio fiscale dei movimenti valutari da e verso l'estero, in Mondo banca
rio, 1997, fase. 5, 37; Pezzinga, Ulteriori semplificazioni valutarie per il trasferimento di capitali da e verso l'estero, in Rass. dir. tecnica do
ganale, 1997, 463; Nuzzolo-La Commara, Le recenti innovazioni legis lative in materia di movimentazioni valutarie e le interrelazioni con la
normativa antiriciclaggio, in Fisco, 1997, 7081; Stufano, Cambia il
monitoraggio della circolazione di denaro da e verso l'estero (com mento al d.leg. 30 aprile 1997 n. 125), in Corriere trib., 1997, 1693;
Gandullia, Circolazione dei capitali e deregolamentazione valutaria,
Milano, 1993; Valente, Le operazioni con l'estero rilevanti nella revi
sione valutaria, in Temi romana, 1990, 381.
(4) Contra sembrerebbe Comm. trib. centrale 21 dicembre 1994, n.
4447, Foro it., Rep. 1996, voce Redditi (imposte), n. 261, a cui dire «i
Il Foro Italiano — 2001.
no e Rino Moralli per il 1992, ha incluso nei relativi imponibili la somma di lire 177.500.000, così ripartendo per quote uguali,
quale profitto d'illecito, la somma di denaro che la guardia di
finanza aveva loro sequestrato il 18 marzo 1992 in occasione di
passaggio della frontiera dalla Svizzera all'Italia.
L'impugnazione del relativo avviso di accertamento da parte dei contribuenti è stata respinta dalla Commissione tributaria
provinciale di Como. Nel condividere tale decisione, con reiezione dell'appello dei
Moralli, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha fra l'altro considerato:
— che gli appellanti erano da ritenersi proprietari dell'indi cata somma, in assenza di specificazioni e prove in ordine alla
pretesa qualità di meri detentori o «corrieri» per conto di terzi, ed anche alla luce delle risultanze di processo penale in esito al
quale era stata disposta la restituzione della somma stessa in fa
vore di Aquilino Moralli; — che si era verificata illecita importazione di capitali, per
inosservanza delle disposizioni del d.l. 28 giugno 1990 n. 167, convertito, con modificazioni, in 1. 4 agosto 1990 n. 227, nella
parte in cui esigono la denuncia di trasferimenti di denaro per
importo superiore a lire venti milioni; — che l'illiceità del fatto rendeva tassabili detti capitali, con
inclusione fra i «redditi diversi» di cui all'art. 81 d.p.r. 22 di cembre 1986 n. 917, in applicazione della norma interpretativa
(e quindi retroattiva) dell'art. 14, 4° comma, 1. 24 dicembre
1993 n. 537; — che i Moralli non avevano in alcun modo documentato la
provenienza della somma, lasciando così supporre che essa co
stituisse reddito di condotta illecita.
Aquilino e Rino Moralli, con ricorso notificato il 17 marzo 1998, hanno chiesto la cassazione della sentenza di secondo
grado, con quattro motivi d'impugnazione, rispettivamente ad
debitando alla commissione regionale: — di non aver rilevato la mancanza di prove a sostegno della
pretesa impositiva, basata solo su informazioni che la guardia di
finanza aveva tratto dagli atti di processo penale acquisiti senza
la preventiva autorizzazione del giudice e comunque non tem
pestivamente portati a conoscenza degli interessati; — di non aver dato adeguata spiegazione della ritenuta ap
partenenza ad entrambi della somma rinvenuta nelle mani di
uno solo di essi ricorrenti, trascurando inoltre le risultanze di
causa che evidenziavano una semplice detenzione per conto di
terzi; — di non aver considerato che l'infrazione valutaria non im
plicava alcun reddito per gli autori della medesima, né in parti colare un reddito riconducibile fra quelli contemplati dal citato
art. 81 d.p.r. n. 917 del 1986; — di aver applicato il menzionato art. 14 1. n. 537 del 1993 in
fattispecie non riconducibile nelle relative previsioni, indebita mente assegnandogli valenza interpretativa e conseguente effi
cacia retroattiva.
L'amministrazione finanziaria ha replicato con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione. — L'art. 14, 4° comma, 1. 24 dicem
proventi di attività illecite non sono tassabili soltanto quando ed in
quanto dal loro maturarsi sorga un correlativo ed equivalente obbligo di restituzione alla parte lesa ovvero l'assoggettamento a confisca di
quanto conseguito» (nel caso di specie, i proventi del commercio dello zucchero erano restati acquisiti al contribuente in assenza di richiesta di restituzione da parte di terzi).
Nel senso che, per essere assoggettati ad imposizione, i proventi da attività illecita non devono èssere, per legge, già stati sottoposti a con
fisca o sequestro penale, cfr. Cass., sez. un., 12 novembre 1993, Cin
quegrana, id., 1994, II, 209, relativa al reddito conseguito attraverso la
riproduzione abusiva di dischi e musicassette; Comm. trib. prov. Ver
bania 1° aprile 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 383 (fattispecie relati
va a confisca del denaro esposto nel gioco d'azzardo); Cass. 23 dicem
bre 2000, n. 16176, cit., concernente l'ipotesi della percezione di som
me in relazione a fatti di reato (corruzione) per cui era stato disposto il
sequestro dalla procura presso la Corte dei conti in relazione ad immo
bili di proprietà del contribuente (nella motivazione è stato precisato che tale circostanza non impedisce la tassazione dei proventi, poiché la
misura in concreto disposta mira ad assicurare il risarcimento del danno
subito dall'erario e non impedisce che le somme siano comunque rima
ste a disposizione dell'autore dell'illecito).
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1291 PARTE PRIMA 1292
bre 1993 n. 537, ai sensi del quale nelle categorie di reddito di
cui all'art. 6 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 «devono intendersi
compresi i proventi derivanti da illecito civile, penale od ammi
nistrativo», è norma interpretativa, come tale dotata di «natura
le» retroattività, in ragione dell'esplicita volontà di assegnare un
significato vincolante a specifica disposizione già presente nel
l'ordinamento (v., fra le altre, Cass. 13 dicembre 1996, n.
11148, Foro it., Rep. 1997, voce Redditi (imposte), n. 380). L'illecito civile, penale od amministrativo, consistente nella
mancata comunicazione alla pubblica autorità della notizia di un
rapporto o di una vicenda attinente ad un determinato bene, ha
come profitto l'eventuale vantaggio economico derivante dal
l'occultamento della situazione per la quale è stabilito il dovere
d'informativa, non il bene medesimo, che può legittimamente
appartenere al soggetto responsabile di detta inosservanza e ri
manere nel suo patrimonio. Del tipo indicato è l'illecito amministrativo contemplato dal
l'art. 3 d.l. n. 167 del 1990 (convertito, con modificazioni, in 1. n. 227 del 1990), per il caso di trasferimento «al seguito della
persona» (da o verso l'estero) di denaro, titoli e valori mobiliari,
d'importo superiore a venti milioni di lire, senza dichiarazione
all'ufficio italiano dei cambi. La relativa disposizione, infatti, prescinde dalla provenienza
della somma o dei titoli, la cui illecita acquisizione potrebbe integrare una diversa e concorrente violazione, non deroga alla
libera circplazione dei capitali, e risponde ad una valutazione
d'opportunità di rendere edotta la pubblica amministrazione di
movimenti eccedenti un determinato limite.
Il carattere di tale illecito trova inequivoca conferma nel ri
lievo che il denaro, i titoli od i valori esportati od importati sen
za quella notizia non sono sottratti al possessore, il quale, ai
sensi dell'art. 5 di detta normativa, è esclusivamente soggetto a
pena pecuniaria, per non aver dichiarato un comportamento in
sé non vietato, né sottoposto a preventiva autorizzazione.
L'accertamento di detta infrazione, pertanto, non autorizza a
qualificare il denaro, i titoli od i valori come frutto di violazione di legge, ai fini dell'applicazione del predetto art. 14 1. n. 537 del 1993; resta salva la sua influenza come elemento potenzial mente idoneo a dimostrare o contribuire a dimostrare un distinto
e pregresso fatto illecito in forza del quale i beni siano stati con
seguiti. Queste considerazioni evidenziano l'infondatezza del quarto
motivo del ricorso, ma al contempo infirmano la prioritaria ratio
decidendi della sentenza impugnata, ed esigono, con l'accogli mento del terzo motivo del ricorso stesso, l'annullamento di tale
pronuncia, per un riesame in sede di rinvio in ordine alla prove nienza della somma posseduta dai Moralli, a conforto o meno
dell'ipotizzata derivazione da condotta illecita (situazione me
ramente supposta dalla commissione regionale, senza un'argo mentata valutazione degli atti di causa).
Gli altri motivi del ricorso, in quanto ineriscono a questioni influenti solo in esito al risultato di detto riesame, rimangono assorbiti.
Al giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della me
desima commissione regionale, si affida anche la statuizione
sulle spese di questa fase processuale.
II
Fatto e motivi del ricorso. — 1.1. - Il ministero delle finanze, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex
lege dall'avvocatura generale dello Stato, ricorre contro Me
gliolia Giuseppe per la cassazione della sentenza specificata in
epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale di
Milano ha escluso che i proventi derivanti da attività illecita,
conseguiti dall'intimato, possano essere assoggettati a tassazio
ne, in considerazione del fatto che il contribuente è stato con
dannato alla restituzione delle somme illecitamente incassate ed al risarcimento dei danni cagionati.
1.2. - In fatto, l'ufficio delle imposte dirette di Milano ha
proceduto ad accertamento di ufficio nei confronti dell'intimato,
per l'anno 1983, recuperando a tassazione, ai fini Irpef ed Ilor, oltre cento milioni di lire che lo stesso intimato, nella qualità di
incaricato degli adempimenti fiscali e previdenziali, ha introi tato indebitamente, in danno dei propri clienti. Le commissioni
di merito adite hanno ritenuto la non tassabilità dei proventi in
Il Foro Italiano — 2001.
questione, anche perché il Megliolia è stato poi condannato alla
restituzione delle somme illecitamente acquisite. 1.3. - A sostegno del ricorso viene dedotta la violazione degli
art. 1 e 6 d.p.r. 597/73 in relazione all'art. 14 1. 24 dicembre
1993 n. 537 in quanto la restituzione non è prevista come causa
di esclusione della imposta e, comunque, non è provato che la
restituzione sia effettivamente seguita alla condanna.
Motivi della decisione. — 2.1. - Il ricorso è fondato e merita
accoglimento. 2.2. - Come è noto, l'art. 14, 4° comma, 1. 24 dicembre 1993
n. 537 recita: «Nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, 1° comma, t.u. delle imposte sui redditi, approvato con d.p.r. 22
dicembre 1986 n. 917, devono intendersi ricompresi, se in esse
classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualifi cabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già
sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono
determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna catego ria».
La norma, come questa corte ha già avuto modo di rilevare, ha una evidente connotazione interpretativa, in quanto impone
all'interprete, appunto, di tenere conto che nella estensione se
mantica delle categorie reddituali indicate nell'art. ,6 Tuir, rien
trano anche i proventi derivanti da fatti illeciti. Dispone, infatti, che la classificazione dei redditi deve avvenire a prescindere dalla liceità dei fatti genetici («Nelle categorie di reddito ... de vono intendersi ricompresi...»). In definitiva, il citato art. 14
«costituisce interpretazione autentica della normativa contenuta
nel d.p.r. n. 917 del 1986 e criterio ermeneutico decisivo per
giungere ad identica conclusione anche con riferimento alla pre cedente disciplina di cui all'art. 1 e 6 d.p.r. n. 597 del 1973 e 1 d.p.r. n. 599 del 1973» (Cass., sez. I, 13 dicembre 1996, n. 11148, Foro it., Rep. 1997, voce Redditi (imposte), n. 380). Conseguentemente, non vi è dubbio che la norma debba trovare
applicazione anche con riferimento al caso di specie. 2.3. - Il principio della neutralità della imposizione, o, se si
vuole, della irrilevanza della illiceità dei fatti genetici del red dito (pecunia non olet), in forza della citata disposizione, è con
dizionato esclusivamente alla sussistenza di due presupposti: a) il primo, in diritto, riguarda la sussumibilità del reddito in
una delle categorie indicate nell'art. 6 Tuir (e, prima, nell'art. 6
d.p.r. 597/73); b) il secondo, in fatto, è che il reddito non sia stato già sotto
posto a sequestro o confisca penale (atteso che tali provvedi menti impediscono il conseguimento del «possesso del reddito» — art. 1 Tuir e art. 1 d.p.r. 597/73 — e, quindi, il verificarsi del presupposto d'imposta).
Nella specie, non vi è contestazione in ordine alla classifica
zione del reddito e non risulta che vi sia stato sequestro o confi
sca penale che abbia potuto impedire il verificarsi del presuppo sto di imposta.
2.4. - Non può avere alcun rilievo il fatto che il contribuente sia stato condannato alla restituzione o al risarcimento, contra
riamente a quanto ritenuto dalla commissione regionale. Infatti, la condanna al risarcimento è un fatto che:
a) in linea di principio, non può influire sulla nascita della
obbligazione tributaria, perché, logicamente e cronologicamen te, è successivo al verificarsi del presupposto d'imposta dal
quale deriva l'obbligazione; in ipotesi, potrebbe rilevare succes
sivamente nell'anno di competenza, se ed in quanto previsto come perdita deducibile e documentata;
b) non è specificamente previsto tra i fatti impeditivi o estin
tivi della obbligazione tributaria. Inoltre, come ha puntualmente rilevato la ricorrente ammini
strazione, il fatto che ci sia stata la condanna alla restituzione ed
al risarcimento non significa che la sentenza sia stata anche ese
guita e, quindi, non vi è prova che l'incremento di ricchezza, le
cito od illecito che fosse, sia stato «azzerato», ammesso che la
regressione finanziaria potesse incidere, retroattivamente, nel
l'anno di imposta oggetto di accertamento o in quelli successivi.
2.5. - Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto e la
sentenza impugnata, basata su una errata interpretazione delle
norme citate, deve essere cassata. In fatto, non vi sono altri ac
certamenti da effettuare e, quindi, questa corte può decidere an
che nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., in quanto non resta
che confermare la legittimità dell'operato dell'ufficio e, quindi, dichiarare l'infondatezza del ricorso introduttivo del contri
buente.
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