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sezione V; decisione 1° marzo 2000, n. 1075; Pres. Iannotta, Est. Lipari; Comune di Bologna (Avv....

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sezione V; decisione 1° marzo 2000, n. 1075; Pres. Iannotta, Est. Lipari; Comune di Bologna (Avv. Stella Richter, Ferrerio) c. Presempi e altri (Avv. Barbantini, Poli), Dardaro (Avv. Stefani). Annulla Tar Emilia-Romagna, sez. II, 22 aprile 1994, n. 253 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 491/492-495/496 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195578 . Accessed: 28/06/2014 13:44 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 78.24.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 13:44:49 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione V; decisione 1° marzo 2000, n. 1075; Pres. Iannotta, Est. Lipari; Comune di Bologna(Avv. Stella Richter, Ferrerio) c. Presempi e altri (Avv. Barbantini, Poli), Dardaro (Avv.Stefani). Annulla Tar Emilia-Romagna, sez. II, 22 aprile 1994, n. 253Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 491/492-495/496Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195578 .

Accessed: 28/06/2014 13:44

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PARTE TERZA

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 1° marzo 2000, n. 1075; Pres. Iannotta, Est. Lipari; Comune di Bologna

(Avv. Stella Richter, Ferrerio) c. Presempi e altri (Avv.

Barbantini, Poli), Dardaro (Avv. Stefani). Annulla Tar

Emilia-Romagna, sez. II, 22 aprile 1994, n. 253.

Circolazione stradale — Provvedimenti comunali di disciplina della circolazione dei mezzi pubblici e privati — Residenti — Interesse a ricorrere.

Comune e provincia — Provvedimenti di disciplina del traffico — Parere dei consigli di quartiere — Difetto —

Legittimità. Circolazione stradale — Accesso al centro storico — Rilascio

di contrassegno — Procedura automatizzata — Mancata spe cificazione del costo — Imposizione di pagamento di una som

ma di denaro — Illegittimità.

I cittadini residenti hanno interesse ad impugnare i provvedi menti con i quali il comune disciplina la circolazione dei mez

zi pubblici, l'accesso al centro storico, il sistema complessivo della viabilità e della sosta, e l'istituzione di percorsi ci

clabili. (1) È legittima l'adozione da parte di un comune di una serie anche

coordinata di provvedimenti per la disciplina della circolazio

ne dei mezzi pubblici e privati, senza la previa acquisizione del parere dei consigli di quartiere, se il relativo regolamento comunale lo richiede solo per gli atti di carattere pianifi ca torio. (2)

È illegittima la deliberazione comunale che, nel quadro di una

serie di provvedimenti coordinati di disciplina della circola

zione dei mezzi pubblici e privati, impone il pagamento di una somma di denaro per il rilascio dei contrassegni per l'ac

cesso dei veicoli net centro storico, con una più rapida proce

di) L'interesse a ricorrere contro la deliberazione che limita l'accesso del traffico veicolare al centro storico è stato riconosciuto a chi vi abita e vi lavora (ma anche a chi abita e lavora in zone contigue, conseguen temente gravate da un maggiore traffico), da Tar Lombardia, sez. 1, 2 ottobre 1989, n. 381, Foro it., 1991, III, 198, con nota di richiami; ma non ai titolari di esercizi commerciali siti nel centro stesso: Tar Toscana 3 luglio 1990, n. 546, ibid., 181, con nota di richiami. Succes

sivamente, Tar Lombardia 28 ottobre 1998, n. 2452, id., Rep. 1999, voce Giustizia amministrativa, n. 545, ha ammesso il ricorso dei pro prietari di immobili prospicienti su di un'area pubblica, contro il prov vedimento che la chiude al traffico veicolare.

Per altri riferimenti, v. Cons, giust. amm. reg. sic. 29 gennaio 1994, n. 1, id., Rep. 1994, voce cit., n. 215, che ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la deliberazione comunale di istituzione di un'isola

pedonale, in quanto non includeva anche i titolari di studi professionali tra i soggetti autorizzati a parcheggiarvi (non per carenza di interesse, ma) per l'esigenza di un previo interpello del comune, e della conse

guente impugnazione dell'eventuale provvedimento di diniego, o del silenzio-rifiuto.

D'altra parte, è stata riconosciuta la legittimazione di associazioni ambientalistiche, per i diritti del pedone, e degli utenti dei mezzi pubbli ci, a impugnare le delibere comunali di imposizione di limiti al traffico urbano, nella parte in cui vi concedano deroghe: Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 1992, n. 1168, id., Rep. 1993, voce cit., n. 405; Tar Lazio, sez. Il, 19 dicembre 1990, n. 2235, id., 1991, III, 179, con nota di richiami.

Ancora, da un diverso punto di vista, Cass., sez. un., 3 aprile 2000, n. 89/SU, id., Mass., 300, ha affermato il carattere di vero e proprio diritto soggettivo (come tale tutelabile dal giudice ordinario), della posi zione di chi ha menomazioni alla deambulazione, rispetto alla fruizione di agevolazioni nella circolazione e sosta dei veicoli.

(2) Sulle competenze del consiglio circoscrizionale nei confronti dei

provvedimenti comunali di disciplina del traffico, Cons. Stato, sez. II, 1° febbraio 1995, n. 1272/94, Foro it., Rep. 1997, voce Circolazione stradale, n. 45, si è pronunciata nel senso della legittimità di un proget to di riorganizzazione della viabilità, adottato malgrado il (farere con trario del consiglio stesso; nella specie, tuttavia, il provvedimento si basava su un'adeguata motivazione della difformità di tale parere, del resto, a norma di regolamento, non vincolante.

D'altra parte, dopo che la 1. 8 aprile 1976 n. 278, norme sul decentra mento e sulla partecipazione dei cittadini all'amministrazione del comu ne (la quale aveva dettato la prima disciplina delle circoscrizioni comu

nali), è stata abrogata dall'art. 13 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, e dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina da questo prevista, Cons. Stato, sez. VI, 29 ottobre 1996, n. 1426, ibid., voce Comune, n. 274, si è orientato nel senso della sopravvivenza, sia

pure limitata, dei vecchi regolamenti sulla materia, in relazione all'art. 60, 2° comma, 1. 142/90.

Il Foro Italiano — 2000.

dura automatizzata, senza motivare in ordine alla corrispon denza tra somma richiesta ed effettivo costo del servizio. (3)

Diritto. — Con un primo mezzo di gravame, il comune ap

pellante deduce l'inammissibilità del ricorso 2090/93 e del colle

gato ricorso 2211/93, sostenendo il difetto di interesse degli at

tori, i quali hanno proposto la domanda di primo grado, rivol

ta contro una serie di provvedimenti comunali concernenti la

disciplina della circolazione dei mezzi pubblici, l'accesso al cen

tro storico, il sistema complessivo della viabilità e della sosta, l'istituzione di percorsi ciclabili, nella semplice qualità di citta

dini residenti, senza allegare una posizione sufficientemente dif

ferenziata, idonea a radicare la legittimazione al ricorso.

La censura non merita accoglimento. Gli atti impugnati, incidendo su vaste aree del territorio co

munale, ancorché senza i caratteri dell'organicità e della siste

maticità propria dei provvedimenti pianificatori, assumono por tata generale, evidenziando l'attitudine a ledere gli interessi dei ricorrenti alla circolazione all'interno del perimetro cittadino, tanto più che alcuni dei ricorrenti di primo grado hanno pun tualmente dimostrato di svolgere un'attività lavorativa che esige

frequenti spostamenti nell'ambito del comune.

Nel merito, il comune non muove specifiche censure al capo della sentenza concernente l'annullamento dell'ordinanza sinda cale prot. 8 ottobre 1993, n. 95406, con la quale era stata ordi

nata, in via provvisoria e sino alla decisione del Consiglio di

Stato sull'appello cautelare proposto contro la pronuncia del

Tar Emilia-Romagna, ord. 7 ottobre 1993, n. 673 (Foro it.,

Rep. 1994, voce Circolazione stradale, n. 52), l'osservanza ed

il puntuale rispetto della segnaletica orizzontale introdotta me diante l'ordinanza sindacale n. 88398.

Con la sentenza impugnata il tribunale ha annullato l'ordi

nanza sindacale, rilevando sia l'illegittimità derivata dai vizi dei

precedenti provvedimenti dell'amministazione comunale, sia vi

zi propri dell'ordinanza contingibile ed urgente, concernenti la

violazione della pronuncia cautelare ancora efficace all'epoca dell'adozione dell'ordinanza sindacale. Pertanto, in difetto di

specifico appello sul punto, la statuizione di annullamento del

tribunale deve ritenersi passata in giudicato.

L'appello del comune contesta la pronuncia del tribunale, nella

parte in cui ha accolto la censura relativa alla lamentata viola

zione dell'art. 32 del regolamento sul decentramento del comu ne di Bologna, approvato con delibera consiliare 25 marzo 1985, n. 1152.

Secondo i giudici di primo grado, i provvedimenti impugnati «rientrano pienamente nella sfera di applicazione della norma

regolamentare, in quanto — pur se atti formalmente distinti — intendono comunque (unitariamente considerati) porre una

disciplina generale della circolazione veicolare privata e pubbli ca con riguardo all'ambito dell'intero territorio comunale, tra mite un'ampia e complessa operazione che comporta l'istituzio

ne e la realizzazione di corsie riservate, di piste ciclabili, di nuo

ve aree e modalità di sosta, la previsione di nuovi e diversi flussi

di circolazione per i mezzi pubblici e quelli privati». La tesi del tribunale non può essere condivisa.

(3) Nello stesso senso, ma sotto il profilo che l'imposizione del paga mento di una determinata somma per il rilascio del contrassegno per l'accesso di autoveicoli in zona a traffico limitato, costituirebbe un tri buto senza base legislativa, Tar Emilia-Romagna, sez. II, 7 ottobre 1993, n. 673 (ordinanza diversa, anche se analoga alla sentenza ora conferma ta sul punto, pur se con la diversa motivazione posta in evidenza nella

massima), Foro it., Rep. 1994, voce Circolazione stradate, n. 54.

Questo capo della sentenza si ricollega alla tendenza che si sviluppa nelle maggiori città italiane, a demandare ad apparecchiature automati che la rilevazione degli accessi degli autoveicoli nei centri storici e nelle zone a traffico limitato; la materia è ora disciplinata dal regolamento emanato con d.p.r. 22 giugno 1999 n. 250 (emanato in forza dell'art. 17, comma 133 bis, 1. 15 marzo 1997 n. 127), in ordine al cui schema il Consiglio di Stato, col parere 10 maggio 1999, n. 55/99, della sezione consultiva sugli atti normativi (Cons. Stato, 1999, I, 2007), aveva affer mato i seguenti principi: le infrazioni così rilevate derogano alla regola della contestazione immediata; nel corso del funzionamento di tali im

pianti, non è necessaria la presenza di organi di polizia, ai quali, tutta

via, spetta in esclusiva il controllo sul funzionamento degli impianti di rilevazione degli eccessi di velocità.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

La norma regolamentare stabilisce che «il parere dei consigli dei quartieri deve essere obbligatoriamente richiesto prima del

l'adozione di provvedimenti-quadro che: (. . .) b) determinano

l'assetto del territorio comunale (piani regolatori e strumenti

urbanistici di interesse generale per la città — quali piani di

zona e piani per gli insediamenti produttivi — programmi plu riennali di attuazione, piani di intervento nel settore della casa,

piani per la regolamentazione del traffico, della viabilità e dei

trasporti pubblici, piani della rete commerciale)». La formula letterale della norma, intesa a valorizzare il ruolo

collaborativo di importanti strumenti di partecipazione decen

trata dei cittadini al governo del comune, definisce l'intervento

obbligatorio dei consigli di quartiere nella formazione di atti

riservati agli organi centrali dell'amministrazione cittadina, in

funzione di tre distinti presupposti, concernenti:

a) la natura di «provvedimento-quadro» dell'atto comunale;

b) il rilievo pianificatorio dell'atto;

c) il collegamento funzionale con la materia dell'assetto del territorio.

Secondo la disposizione regolamentare, quindi, non è suffi

ciente un generico riferimento dell'atto comunale alla materia

del territorio, ma occorre pure che esso presenti una valenza

qualificata, riferita alla determinazione delle linee di insieme di

un intervento-quadro, destinato ad assumere stabilità nel tem

po, ma anche a svilupparsi attraverso singoli atti concreti di

disciplina del traffico pubblico e privato. In questo senso, non è decisiva la considerazione dell'impor

tanza oggettiva del provvedimento o della sua ampia estensione

territoriale, perché si tratta di stabilire se l'atto presenta, o me

no, tutte le caratteristiche del piano. La scelta della norma regolamentare non è arbitraria, perché

l'attività di pianificazione, riferita all'assetto del territorio, è

soggetta ad una disciplina procedimentale peculiare, diretta a

segnare, secondo tempi e modalità predeterminati, l'ingresso dei

diversi interessi pubblici e privati coinvolti nella determinazione

finale dell'organo competente. Anche sotto il profilo contenutistico, il provvedimento-quadro

e l'atto programmatorio o di pianificazione risultano caratteriz

zati da elevati profili di astrattezza e di generalità, che li diffe

renziano nettamente dai conseguenti provvedimenti attuativi, volti

a stabilire, concretamente e con immediatezza, l'effettiva disci

plina della materia.

Ora, nel caso di specie, i diversi atti impugnati in primo gra

do, sono diretti a disciplinare, specificamente, l'istituzione di

determinate corsie riservate e di altri aspetti concernenti la cir

colazione (aree di sosta, sensi unici, piste ciclabili), e non mira

no affatto a definire il programma generale dell'assetto del traf

fico veicolare.

E questa conclusione non potrebbe essere in alcun modo mu

tata, affermando che gli atti perseguono un obiettivo sostan

zialmente unitario. L'ipotizzata coerenza degli interventi in con

testazione non ne trasforma l'effettiva natura, distinta da quel la propria degli atti programmatici.

Non si può trascurare, al riguardo, che gli strumenti pianifi catori relativi alla materia del traffico veicolare sono tipizzati in specifici atti programmatici, quali il piano urbano del traffi

co, disciplinato dal codice della strada (art. 36), ed il piano dei trasporti.

In concreto, poi, il piano regolatore del comune di Bologna, entrato in vigore nel 1989, prevede, all'elaborato 6.10 (sistema della mobilità), un complesso piano dei trasporti, che fa esplici to riferimento ai provvedimenti diretti a favorire il trasporto

pubblico ed all'istituzione di una rete di piste ciclabili.

I provvedimenti impugnati in primo grado, quindi, indipen dentemente dal loro riferimento ad aree estese del territorio co

munale, non assumono portata programmatoria, ma, al contra

rio, si collocano nella fase, logicamente successiva, di attuazio

ne della precedente attività di pianificazione. Senza dire, poi, che gli atti comunali, i quali pure interessano

aree importanti e vaste del territorio, sono palesemente privi di quei caratteri di organicità, sistematicità e completezza che

caratterizzano i piani, i programmi ed i provvedimenti-quadro.

L'accoglimento dell'appello e la conseguente reiezione della

censura accolta dal tribunale potrebbe comportare il riesame

dei motivi dichiarati assorbiti dai giudici di primo grado, come

paventato dal comune nel proprio atto di appello: «per quanto

Il Foro Italiano — 2000.

concerne, poi, gli altri motivi di gravame dichiarati assorbiti

0 respinti, il comune appellante, anche agli effetti dell'efficacia

devolutiva dell'appello, rinvia a quanto dedotto nelle memorie

difensive agli atti dei giudizi di primo grado».

Peraltro, nel proprio atto di costituzione, gli appellati si sono

limitati ad affermare: «i motivi dedotti ex adverso non sono

accogliteli per le motivazioni già rese dal Tar Emilia-Romagna e comunque per tutte le censure, difese ed eccezioni già svolte

in primo grado e che qui si intendono riproposte». Per la loro genericità, queste affermazioni (che non vengo

no nemmeno ripetute nelle conclusioni) non possono essere

qualificate come rituale riproposizione dei motivi di gravame assorbiti in primo grado, il cui esame in grado di appello è possibile solo sulla base di un'apposita iniziativa della parte interessata.

La riproposizione dei motivi assorbiti in primo grado deve

ritenersi assente anche nella memoria di costituzione del sig. Dardaro, il quale si è limitato, in questa parte, ad una generica replica alle tesi difensive del comune di Bologna. In ogni caso, il riferimento, compiuto dall'appellato, alla sentenza della Cor

te costituzionale n. 113 del 1994 (id., 1994, I, 1309), di annulla

mento del decreto del ministro dei lavori pubblici 12 novembre

1992 (concernente la definizione dei criteri con cui i comuni

possono disporre le limitazioni di accesso veicolare al centro

storico) non può essere considerato in questo grado di giudizio,

perché mira ad introdurre per la prima volta in appello un tema

decisorio non affrontato dal tribunale.

Ciò chiarito, è possibile esaminare gli ulteriori motivi di ap

pello proposti dall'amministrazione.

Il comune appellante contesta la pronuncia di primo grado, nella parte in cui ha annullato la delibera della giunta munici

pale 19 febbraio 1993, avente ad oggetto la determinazione del

l'importo «a titolo di rimborso delle spese vive» relative al rila

scio, mediante una procedura automatizzata, dei contrassegni

per l'accesso dei veicoli al centro storico.

L'appello è, in questa parte infondato, anche se per motivi in parte diversi da quelli affermati dal tribunale.

In primo luogo vanno disattese le censure prospettate dal co

mune, relative all'asserita inammissibilità dell'originario ricorso

per tardività dell'atto introduttivo del giudizio e per difetto di

giurisdizione del giudice amministrativo.

Infatti, come correttamente rilevato dal tribunale, il carattere

generale dell'atto comporta che il termine per la proposizione

dell'impugnazione decorre non già dalla sua pubblicazione, ma

dal successivo momento in cui la parte interessata acquisisce la conoscenza legale dell'atto applicativo eventualmente adotta

to dall'amministrazione (rilascio del documento richiesto dalla

parte interessata con la contestuale pretesa dell'amministrazio

ne di ottenere la somma prestabilita). In concreto l'amministrazione appellante non ha fornito ele

menti idonei a dimostrare che l'atto introduttivo del giudizio sia stato notificato oltre tale termine. Pertanto, non vi è motivo

di dubitare della ricevibilità del ricorso di primo grado. Il comune deduce, poi, il difetto di giurisdizione del giudice

amministrativo, sostenendo che, trattandosi della pretesa patri moniale a non corrispondere la somma richiesta, la relativa do

manda dovrebbe essere proposta al giudice ordinario.

La prospettazione del comune non può essere condivisa.

Ai fini del riparto della giurisdizione fra giudice ordinario

giudice amministrativo non è decisivo il riferimento alle conse

guenze patrimoniali dell'accoglimento della domanda di annul

lamento.

A maggiore ragione, non assume rilievo la circostanza che

1 ricorrenti di primo grado, attraverso la richiesta di annulla

mento del provvedimento comunale, mirano ad evitare il paga mento di una somma di denaro.

Infatti, al di fuori delle ipotesi speciali di riparto basate sul

criterio oggettivo della materia, l'ambito della giurisdizione am

ministrativa va individuato considerando il contenuto della po sizione giuridica indicata a fondamento della pretesa azionata

dall'interessato (causa petendi), in relazione al tipo di potere esercitato dall'amministrazione.

In questa prospettiva, il ricorso proposto dagli interessati in

primo grado si connette alla tutela di situazioni di interesse le

gittimo, mirando non già alla radicale contestazione del potere comunale di regolare il procedimento di autorizzazione per l'ac

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PARTE TERZA

cesso veicolare al centro storico, ma alla prospettazione di cen sure d'illegittimità riguardanti il lamentato cattivo uso del potere.

La determinazione comunale impugnata in primo grado non

si risolve in una mera prestazione patrimoniale imposta, ma si

collega alla complessiva disciplina delle strutture, delle funzioni

e del procedimento di regolazione della circolazione in determi nati quartieri cittadini.

Il provvedimento assume un contenuto complesso, perché da

una parte fissa nuove regole procedurali (comprensive della di

sciplina di un particolare iter accelerato), dall'altra esprime la

scelta dell'amministrazione in ordine alla copertura ed al ripar to dei costi inerenti al nuovo servizio offerto dal comune.

A fronte del provvedimento adottato dall'amministrazione, la contrapposta situazione giuridica soggettiva dei destinatari

assume la consistenza dell'interesse legittimo. D'altra parte, nel presente giudizio, non occorre stabilire quale

sia il giudice competente a conoscere dell'eventuale domanda di restituzione delle somme versate al comune, perché tale pre tesa non è stata azionata.

Infatti, non si vede per quale ragione la parte interessata do

vrebbe attendere la formalizzazione della pretesa dell'ammini

strazione, pagare la somma richiesta, per proporre, poi, davanti al giudice ordinario, un'azione di ripetizione dell'indebito. Se condo i principi comuni, l'interessato può tutelare, direttamen te davanti al giudice amministrativo, la propria posizione giuri dica, contestando la legittimità degli atti impugnati.

Contrariamente a quanto ritenuto dal comune, poi, i ricorsi di primo grado devono essere considerati rivolti anche contro la delibera di giunta n. 555/93, nonostante la mancanza di un'e

spressa indicazione nell'atto introduttivo del giudizio. Nel merito, l'appello è infondato.

Il tribunale ha basato l'annullamento della delibera sull'asse rita violazione dell'art. 23 Cost., ritenendo che la previsione della corresponsione di una somma di lire venticinquemila per il rilascio del contrassegno abilitante all'ingresso nel centro sto

rico, attraverso la procedura automatizzata ed «accelerata», co stituirebbe una prestazione patrimoniale imposta per l'erogazio ne di un pubblico servizio, illegittimamente richiesta dal comu

ne, in difetto di apposita norma legislativa. La tesi dei giudici di primo grado non può essere condivisa,

perché la previsione garantistica dell'art. 23 Cost, riguarda i soli casi in cui la prestazione richiesta al privato sia priva di un collegamento qualificato con il servizio od il bene consegui to dall'amministrazione.

Nel caso di specie, risulta acclarato che la pretesa patrimo niale dell'amministrazione è riferita alla fruizione di un servizio

accessorio, costituito dalla possibilità di ottenere in modo mol to più agevole il contrassegno per l'accesso veicolare al centro

storico, attivando una speciale (ma costosa) procedura automa

tizzata, in luogo dell'ordinario e lungo procedimento ordinario. In questa prospettiva, il principio costituzionale espresso dal

l'art. 23 risulta pienamente rispettato in tutti i casi in cui l'am ministrazione richiede agli interessati il pagamento di una som ma corrispondente ai costi relativi all'erogazione di un servizio

specifico, tanto più se questo assume carattere aggiuntivo ri

spetto alle generali attività svolte dal soggetto pubblico. Nel caso di specie, la somma di lire venticinquemila non è

dovuta, incondizionatamente, per il solo fatto di avere richiesto il contrassegno per il centro storico, ma è prevista nei soli casi in cui l'interessato ritenga preferibile attivare una specifica pro cedura automatizzata, eccezionalmente organizzata dall'ammi nistrazione comunale, mj caratterizzata da elevati costi di ge stione.

Ciò chiarito, è evidente, però, che il potere dell'amministra zione di richiedere il pagamento del prezzo di particolari servizi

aggiuntivi erogati agli utenti presuppone una chiara ed esau riente indicazione dell'onere sopportato dal soggetto pubblico, che specifichi la misura del costo trasferito alla parte privata interessata. Solo in questo modo è possibile verificare se, effet

tivamente, la somma pretesa dal privato assume la connotazio ne di un semplice rimborso delle spese affrontate dall'ammini

strazione, senza tradursi in un sostanziale tributo, privo dell'in

dispensabile supporto legislativo. Nel caso di specie, il comune di Bologna si è limitato a stabi

lire che la somma di lire venticinquemila ha carattere «forfeta

II Foro Italiano — 2000.

rio». La delibera non fornisce alcun elemento, nemmeno indi retto o presuntivo idoneo a chiarire se, effettivamente, la som ma è idonea a coprire, in tutto od in parte, la quota del servizio

erogato a favore dei soggetti interessati o se, al contrario, per la sua misura (in ipotesi sproporzionata od eccessiva) si risolve in una vera e propria tassa non giustificata da apposita norma.

Ne deriva, quindi, l'illegittimità della delibera impugnata in

primo grado, per difetto della necessaria motivazione in ordine

alla corrispondenza tra la somma richiesta al privato e l'effetti vo costo del servizio fornito all'interessato.

In definitiva, quindi, l'appello deve essere accolto, nei limiti

sopra specificati. Le spese possono essere compensate.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 5 luglio 1999, n. 1164; Pres. De Lise, Est. Poli; Soc. Ferrovie Adriatico

Appennino (Avv. Brignocchi) c. Comune di Amandola (Avv.

Marozzi). Conferma Tar Marche 25 giugno 1998, n. 842.

Giustizia amministrativa — Opere pubbliche — Termini proces suali — Dimidiazione — Fattispecie (D.l. 25 marzo 1997 n.

67, disposizioni urgenti per favorire l'occupazione, art. 19; 1. 23 maggio 1997 n. 135, conversione in legge, con modifica

zioni, del d.l. 25 marzo 1997 n. 67, art. 1). Giustizia amministrativa — Appello al Consiglio di Stato —

Luogo di notifica — Decesso del domiciliatario — Notifica

presso la segreteria del Tar (R.d. 26 giugno 1924 n. 1054,

approvazione del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 35). Comune e provincia — Rappresentanza in giudizio — Sindaco

— Necessità di autorizzazione della giunta — Limiti (L. 15

maggio 1927 n. 1997, misure urgenti per lo snellimento del l'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di

controllo, art. 6; 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, art. 35, 36, 51).

È inammissibile l'appello contro una sentenza in materia di opere pubbliche, depositato dopo più di quindici giorni dalia notifi cazione dell'atto di impugnazione, anche se relativo ad un ricorso proposto prima dell'entrata in vigore del d.l. 67/97 e della l. 135/97. (1)

Nel caso di decesso del domiciliatario dell'avvocato della parte appellata, la notifica dell'atto d'appello va effettuata presso la segreteria del Tar che ha pronunciato la sentenza impu gnata; infatti, si applica per analogia l'art. 35, 2° comma, t.u. 1054/24, in base al quale la parte che non abbia eletto domicilio nel comune ove ha sede l'organo giurisdizionale adito deve intendersi domiciliata presso la segreteria di tale

organo. (2)

(1) La motivazione relativa alla massima è riportata anche in Foro it., 2000, III, 129, con nota di richiami. In argomento, da ultimo, Cons. Stato, ad. plen., 24 gennaio 2000, n. 1, ibid., 305, con nota di A. Travi.

(2) A partire dagli anni ottanta la giurisprudenza amministrativa si è orientata nel senso che anche nel processo amministrativo si applichi l'art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, secondo cui, in assenza di elezione di domicilio nel comune ove ha sede l'autorità giudiziaria del cui giudi zio si tratta, il procuratore della parte costituita si intende lo abbia eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria; di tale rego la costituirebbe corollario l'art. 35, 2° comma, t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, sull'elezione di domicilio nei giudizi avanti al Consiglio di Stato, applicabile anche al giudizio amministrativo di primo grado in forza del richiamo contenuto nell'art. 19, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n.

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