Sezione V; decisione 10 luglio 1982, n. 606; Pres. De Lise, Est. Santoro; Cassa di risparmio delleprovince lombarde (Avv. Valentino, Urzì, Vitale) c. Banca provinciale lombarda (Avv. Bassani,Boitani), Comune di Lodivecchio. Annulla T.A.R. Lombardia 8 marzo 1979, n. 127Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 141/142-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175826 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
ricorso per ottemperanza: esso deve tradurre (a volte anche con
ampio campo di scelte) in comportamenti concreti ed atti pun tuali la pura affermazione di diritto contenuto nel giudicato civile; e la discrezionalità propria del giudizio di ottemperanza
(non a caso appartenente alla giurisdizione di merito) non ha la
funzione di permettere (come pure in passato taluno ha ritenuto)
la disapplicazione del giudicato per preminenti ragioni d'interesse
pubblico, bensì quella di sopperire alla necessità di scegliere il
più opportuno tra i molti sbocchi dell'azione amministrativa, astrattamente concepibili e tutti egualmente legittimi perché e
gualmente rispettosi di un giudicato in sé vincolante ma non
contenente, necessariamente, precetti concreti.
E che questo sia il rapporto tra giudicato ed ottemperanza, è
ancora confermato dalla considerazione che senza difficoltà da
lungo tempo la giurisprudenza ammette il ricorso per ottempe ranza anche (e forse prevalentemente, se si ha riguardo alla
frequenza) con riferimento al giudicato dei giudici amministrati
vi; solo l'art. 37 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 ha consacrato
legislativamente tale prassi; ora, com'è noto, secondo lo schema
tipico del giudizio d'impugnazione, le decisioni dei giudici ammini
strativi di accoglimento sono decisioni di annullamento, cioè
costitutive e non di condanna, insuscettibili di esecuzione nel
senso proprio della parola.
Si può dunque concludere che vi è « obbligo di conformarsi al giudicato », ed è esperibile l'apposito ricorso, ogni volta che
dalla sentenza civile sia desumibile, anche indirettamente, una
norma di comportamento, ancorché non tradotta in un puntuale
precetto.
5. - Venendo ora all'esame della fattispecie, occorre chiedersi se la sentenza in questione, relativa alla risoluzione di un rap porto contrattuale, possa dirsi portatrice di una « norma di
comportamento » nel lato senso che si è ora delineato. Nei
rapporti tra privati, non vi è dubbio che l'esecuzione forzata del
rilascio non sarebbe ottenibile in base ad una sentenza siffatta, e
che sarebbe, invece, necessario proporre una distinta azione di
cognizione. Si può però osservare che il dovere di rilascio sorge
già con la semplice risoluzione del contratto; l'azione di rilascio
è necessaria solo per ottenere la coercibilità del comportamento,
qualora l'obbligato non provveda spontaneamente. Non v'è dub
bio, infatti, che dal momento in cui ha efficacia la risoluzione
del rapporto, il conduttore diviene detentore senza titolo e versa
in stato d'illiceità, e il permanere nella detenzione dà vita ad un
debito (extracontrattuale) di risarcimento del danno e non a un
debito (contrattuale) di corrispettivo (si fa qui riferimento all'i
potesi normale, prescindendo dall'ipotesi di leggi speciali che
eventualmente consentono, in determinate condizioni, il permane re del conduttore nel godimento del bene anche a seguito della
risoluzione del contratto: in tali ipotesi si ha, infatti, un nuovo
titolo di detenzione, non la detenzione senza titolo). Ciò è vero
sia che si tratti di un privato, sia che si tratti della p.a.; ma
nel caso di questa il dovere di cessare spontaneamente dalla
situazione d'illiceità è rafforzato, e per cosi dire reso più diret
tamente imperativo dall'art. 4 1. del 1865.
Fatte salve le debite differenze si può dire che la risoluzione
giudiziale del contratto produce effetti analoghi a quelli dell'an
nullamento, da parte del giudice amministrativo, di un decreto
di espropriazione (o d'occupazione) già eseguito. In entrambi i
casi, manca l'ordine (condanna) di rilascio, ma la detenzione
diviene illecita (in un caso ex nunc, nell'altro ex tunc), e il fatto
che il pregresso titolo di detenzione fosse in un caso privatistico
e nell'altro pubblicistico appare uh mero antecedente storico, ir
rilevante a qualificare in un senso o nell'altro la situazione
attuale, che è di assenza di titolo. Ora, se si afferma il principio
che « l'esecuzione di una decisione giurisdizionale d'annullamen
to non si riduce alla mera ed inerte constatazione che l'atto è
stato cancellato ipso iure dal mondo giuridico, ma sorge invece
per l'amministrazione il dovere di eliminare gli effetti dell'atto
annullato » (sez. V 19 ottobre 1973, n. 686, id., Rep. 1973, voce
Giustizia amministrativa, n. 521); e se, coerentemente, si ammet
te il ricorso per ottemperanza al fine di ottenere la restituzione
di un immobile occupato in forza di un decreto d'occupazione
d'urgenza, annullato dal Consiglio di Stato (sez. IV 24 giugno
1960, n. 688, id., Rep. 1960, voce Espropriazione per p.i., n.
246), si deve poter dire che anche la sentenza civile di risolu
zione del contratto è attuabile mediante il ricorso per ottempe
ranza.
6. - In questa luce, appare superabile anche l'obiezione relati
va al fatto che l'ordinamento civilistico (e processualcivilistico) fornisce, in casi come quello in esame, un apposito rimedio,
esperibile (in base alla giurisprudenza sopra ricordata) anche nei
confronti della p.a. Non è detto, infatti, che il ricorso al giudice amministrativo per l'ottemperanza sia esperibile solo in quanto non sianp proponibili azioni civili; è noto, infatti, che in mate
ria di esecuzione di condanne al pagamento di somme, l'adunan
za plenaria (dec. n. 1 del 1973, id., 1973, III, 265) ha affermato
il principio della doppia tutela; e questo principio appariva già
implicitamente riconosciuto anche nelle decisioni che avevano
ammesso il ricorso per ottemperanza per ottenere la restituzione
di immobili dopo l'annullamento del provvedimento ablatorio
(non sembra contestabile, infatti, che in un caso del genere il
proprietario possa esperire anche l'azione civile di rilascio).
Non viene in gioco, in proposito, un problema di riparto di
giurisdizioni, sicché affermata la competenza di un ordine giuris dizionale è esclusa quella dell'altro (e viceversa): l'azione civile
e il ricorso per ottemperanza, invece, sono rimedi diversi per natura e, in parte, anche per effetti e pertanto non si escludono
a vicenda. Mediante l'azione civile, il privato mette in moto un
processo coercitivo esterno all'amministrazione; mediante il ricor
so per ottemperanza, il privato fa appello a quello speciale dovere di « conformarsi al giudicato » di cui all'art. 4 1. del
1865, ed attiva cosi i meccanismi predisposti per l'adempimento « spontaneo » (o « dall'interno ») dell'amministrazione. Quest'ul
timo aspetto è più evidente, se si considera che il giudice
dell'ottemperanza può nominare (e, di fatto, ordinariamente no
mina) un commissario che si sostituisce all'amministrazione nel
l'adottare i provvedimenti necessari, con quella stessa discrezio
nalità che l'amministrazione avrebbe; in particolare, dovendosi
far luogo alla restituzione degli immobili attualmente occupati da uffici, tra i poteri-doveri del commissario dovrebbe rientrare
anche il previo reperimento di altra idonea sede per gli uffici,
onde evitare inammissibili interruzioni dell'attività amministrati
va, fermo restando che questa giusta esigenza non può offrire
pretesto per un rinvio del rilascio sine die in sostanziale elusio
ne del giudicato.
7. - Riassumendo e concludendo, la sezione osserva che la tesi
dell'inammissibilità del ricorso in esame appare per più aspetti controvertibile, sussistendo seri argomenti a sostegno della tesi
dell'ammissibilità. In tale situazione, si ravvisa la possibilità di
un contrasto di giurisprudenza, e pertanto, a norma dell'art. 45, 2° comma, t.u. n. 1054 del 1924, si ritiene opportuno deferire la
questione all'adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali.
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 10 luglio 1982, n. 606; Pres. De Lise, Est. Santoro; Cassa di risparmio delle
province lombarde (Avv. Valentino, Urzì, Vitale) c. Banca
provinciale lombarda (Avv. Bassani, Boitani), Comune di Lo
divecchio. Annulla T.A.R. Lombardia 8 marzo 1979, n. 127.
Riscossione delle imposte — Concessione del servizio di tesore
ria a cassa di risparmio — Vantaggi indiretti — Legittimità
(R.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, disposizioni per la difesa del
risparmio e per la disciplina della funzione creditizia, art. 99). Riscossione delle imposte — Concessione del servizio di tesoreria
— Scissione dal servizio di esattoria — Legittimità. Comune e provincia — Concessione del servizio di tesoreria
— Trattativa privata — Legittimità (R. d. 3 marzo 1934 n.
383, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 87, 296; 1. 10
febbraio 1953 n. 62, costituzione e funzionamento degli organi
regionali, art. 59, 60).
È legittima la concessione da parte di un comune del servizio di
tesoreria ad una cassa di risparmio che, a differenza di altra
banca aspirante, può concedere al comune stesso mutui di in
vestimento senza l'autorizzazione della Banca d'Italia. (1)
(1) Per riferimenti, nel senso che, ai fini dell'aggiudicazione del
servizio di cassa e di tesoreria di un comune, costituisce elemento de
terminante per la valutazione della convenienza dell'offerta l'ammon
tare dei tassi praticati sulle disponibilità di cassa e sulle anticipa
zioni, T.A.R. Piemonte 16 aprile 1975, n. 120, Foro it., Rep. 1975,
voce Comune, n. 216. Cfr. anche Cons, giust. amm. sic. 30 maggio 1967, n. 326, id.,
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PARTE TERZA
È legittima la concessione da parte di un comune del servizio di
tesoreria ad una banca diversa da quella alla quale il con
sorzio cui partecipa tale comune ha concesso con atto sepa
rato il servizio di esattoria. (2) È legittima la deliberazione, approvata dal comitato regionale
di controllo, con la quale un comune concede ad una banca
il servizio di tesoreria a trattativa privata, senza la previa au
torizzazione da ritenersi non più prescritta per abrogazione,
purché siano poste in evidenza le ragioni di eccezionalità, neces
sità e convenienza della scelta di tale procedimento (nella spe
cie, peraltro, considerate implicite nella natura e nella delica
tezza del servizio dato in concessione). (3)
Rep. 1967, voce Esazione, n. 135, che ha affermato che è ultro nea la motivazione dell'attribuzione del servizio di tesoreria comu
nale ad un istituto di credito, già favorito dalla legge per questa sua qualità rispetto all'esattore, che si basi sulla ragione di convenien za costituita dall'assicurazione di anticipazioni al comune fino ad una
certa somma, da parte dell'istituto stesso.
(2) Nel senso che il comune può attribuire il servizio di tesoreria a soggetto diverso dall'esattore, Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 1979, n.
270, Foro it., Rep. 1979, voce Comune, n. 170, e 25 gennaio 1980, n.
69, id., Rep. 1980, voce Riscossione delle imposte, n. 167, ambedue citate in motivazione. Ad esse adde sez. VI 25 settembre 1982, n.
443, Foro amm., 1982, I, 1579, che ha ammesso che il comune possa assumere la gestione diretta della tesoreria, privandone l'esattore; e Cass. 12 gennaio 1981, n. 252, Foro it., Rep. 1981, voce Comune, n.
176, che ha affermato che il comune che assuma la gestione diretta di un pubblico servizio (nella specie, distribuzione di acqua potabile), non è tenuto ad affidare la riscossione dei relativi proventi all'esatto re municipale, a meno che manchi il tesoriere comunale, o che sia l'esattore stesso ad espletare il servizio di tesoreria.
In particolare, per la possibilità dell'affidamento ad un istituto di credito anche se prima era svolto dall'esattore, oltre alla decisione n.
326/67 del Cons, giust. amm. sic. cit. alla nota 1, T.A.R. Lazio, sez. II, 19 ottobre 1977, n. 761, id., Rep. 1978, vóce cit., n. 174, e 22 set tembre 1976, n. 534, id., Rep. 1977, voce Riscossione delle imposte, n. 126.
Più restrittiva l'annullata sentenza del T.A.R. Lombardia 8 marzo
1979, n. 127, id., Rep. 1979, voce Comune, n. 158: qualora un istituto bancario svolga tanto il servizio di tesoreria e cassa come quello di
esattoria, non è consentito al comune di sciogliere solo il rapporto di tesoreria, allorché sussista, in concreto, una stretta correlazione tra i due servizi prestati, sicché possa ragionevolmente presumersi che, come componente della determinazione della volontà dell'esattore nell'offerta dell'aggio per il servizio di tesoreria, sia entrato anche l'obbligo assunto, con o senza corrispettivo, in ordine alla tesoreria. Inoltre, T.A.R. Liguria 24 febbraio 1977, n. 77, id., Rep. 1977, voce Riscossione delle imposte, n. 69, ha affermato che in sede di conferma del precedente contratto esattoriale non è consentita la scissione tra i servizi di esattoria e
quelli di tesoreria, dovendo la conferma avvenire alle stesse condi zioni del contratto in corso. E nel senso della illegittimità della re voca dell'affidamento all'esattore del servizio di tesoreria comunale, e il contemperaneo suo affidamento ad un istituto di credito, a condizioni più vantaggiose, sulla base del presupposto, non dimostrato, dalla insostenibilità da parte del comune dell'onere costituito dal com penso spettante all'esattore, si è espresso Cons. Stato, sez. Ili, 10 febbraio 1971, n. 576/70, e 9 febbraio 1972, n. 1621/70, id., Rep. 1973, voce cit., nn. 129, 130.
Sulla scindibilità del servizio di tesoreria da quello di esattoria, cfr. anche T.A.R. Sicilia 26 marzo 1976, n. 88, id., Rep. 1977, voce cit., n. 128.
In generale, sotto diverso profilo, sulla distinzione tra il servizio di esattoria (relativo alle entrate tributarie e paratributarie), e quello di tesoreria (relativo alle entrate patrimoniali), C. conti, sez. I, 27
giugno 1980, n. 71, id., Rep. 1981, voce cit., n. 133. E sulla diversi tà dei caratteri degli atti autoritativi e dei contratti con i quali ven
gono affidati, rispettivamente, il servizio di esattoria e quello di teso reria, T.A.R. Sardegna 7 luglio 1978, n. 311, id., Rep. 1979, voce
Comune, n. 157.
(3) Specificamente in relazione al caso dell'affidamento del servizio di tesoreria comunale, ugualmente nel senso che non è più necessa ria la preventiva autorizzazione prefettizia alla contrattazione da
parte del comune a trattativa privata, e che la deliberazione contrat tuale adottata dal comune è senz'altro legittima, purché dia conto del la sussistenza delle eccezionali circostanze richieste dalla legge per tale forma di contrattazione, T.A.R. Calabria 16 luglio 1976, n. 163, Foro it., Rep. 1977, voce Riscossione delle imposte, n. 125. Per l'op posta soluzione nel previgente sistema dei controlli sui contratti co munali, sempre in relazione a tale specifica ipotesi, Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 1965, n. 536, id., 1965, III, 268, con nota di richiami.
Viceversa, nel senso della necessità della previa autorizzazione
perché il comune possa legittimamente stipulare un contratto a tratta tiva privata, anche se la competenza al riguardo è passata con gli
Diritto. — 1. - L'appello principale è fondato.
Il primo giudice ha ravvisato l'eccesso di potere per sviamento
nel provvedimento consiliare con cui il comune di Lodivecchio
ha dato in concessione alla Cariplo il proprio servizio di tesore
ria, ritenendo che la scelta del comune fosse dovuta non già alla
presunta superiorità del servizio di tesoreria che avrebbe svòlto
la Cariplo — né ai risultati del servizio sino ad allora svolto
dalla Banca provinciale lombarda — ma all'aspettativa di ulterio
ri benefici, estranei al servizio di tesoreria, quali l'asserita dispo nibilità della Cariplo alla concessione al comune di mutui di inve
stimento e di altri servizi complementari.
La sezione ritiene, al contrario, che nella ipotesi in esame non
sussista il vizio rilevato. Infatti la concessione di mutui di inve
stimento ai comuni può essere effettuata, a norma del 1° comma
dell'art. 99 r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, esclusivamente « dagli
istituti di credito di diritto pubblico, dalle casse di risparmio ...
e, in casi eccezionali, previo benestare dell'ispettorato (oggi Banca
d'Italia, ai sensi del d.l. 17 luglio 1947 n. 691), anche dalle altre
aziende di credito ... ».
opportuni adattamenti al comitato regionale di controllo, Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 1975, n. 862, id., 1976, III, 50, con nota di ri
chiami. La sopravvivenza della necessità della previa autorizzazione alla trattativa privata è anche presupposta da Cons. Stato, sez. I, 9
gennaio 1976, n. 907/73, id., Rep. 1979, voce Comune, n. 154. Per altri riferimenti, v. Cass. 22 novembre 1980, n. 6207, id., 1981,
I, 366, che, in relazione al contratto stipulato da un comune
sotto il previgente sistema dei controlli, ha affermato che la man canza della previa autorizzazione prefettizia alla trattativa privata provoca solo l'annullabilità del contratto ad istanza del comune, e
non anche la sua nullità, come viceversa sostenuto da Cass. 18 lu
glio 1953, n. 2390, id., 1953, I, 1585, con nota di richiami. La nota di richiami alla sentenza n. 6207/80 dà conto della contrastante giu
risprudenza relativa alla sopravvenienza della necessità della pre via autorizzazione alla trattativa privata, mentre è indubbio che la
competenza al riguardo, semmai, sarebbe passata al comitato regio nale di controllo.
La questione della sopravvivenza di tale necessità si ricollega al più generale problema della sorte dei controlli c. d. atipici, specie di
quelli di merito, che spettavano al prefetto in ordine ad atti, in
particolare a contratti degli enti locali; e i dubbi della loro compa tibilità col nuovo sistema dei controlli sugli atti degli enti locali, a parte lo spostamento di competenza correlato al trasferimento di
questi controlli al comitato regionale, discendono soprattutto dalla li mitazione alla mera richiesta di riesame che l'art. 130 Cost, ha im
posto al controllo di merito, e alla determinazione in relazione alle sole approvazioni una volta di competenza della giunta provinciale amministrativa, che l'art. 60 1. 10 febbraio 1953 n. 62 opera della
competenza anche in merito del comitato regionale medesimo. Su tutta
questa problematica v. l'ampia motivazione di Cons. Stato, ad. plen., 11 novembre 1980, n. 49, id., 1981, III, 221, con nota di richiami, che ha affermato la legittimità del diniego del visto di esecutività (una volta prefettizio) al contratto di un comune, deliberato dal co mitato regionale di controllo, ammettendo cosi la sopravvivenza del
l'istituto, con trasferimento a tale comitato della relativa competen za, ma in un caso nel quale il diniego era motivato solo con ra
gioni di legittimità; la stessa adunanza plenaria, con decisione 10
aprile 1981, n. 4, ibid., 425, con nota di richiami, ha poi confermato la legittimità del diniego di visto di esecutività di un contratto co munale, che il comitato regionale di controllo abbia fondato su più motivi, che nella specie erano tutti di legittimità. La richiamata deci sione n. 49/80 ha esplicitamente rinviato la considerazione della que stione della estensione di tale peculiare forma di controllo al merito, perché ritenuta non pertinente al caso, che pure gli era stata rimessa da sez. IV, ord. 23 novembre 1979, n. 1063, id., 1980, III, 290, con nota di richiami.
La tesi che il diniego di visto da parte del comitato regionale di controllo non possa basarsi su motivi di merito, è affermata da T.A.R. Lazio, sez. I, 13 aprile 1977, n. 369, id., 1978, III, 318, con
nota di richiami. Ugualmente in senso restrittivo, sotto vari profili, si sono espressi: Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 1981, n. 247, id., Rep. 1981, voce Comune, n. 175, che ha affermato che il controllo prefettizio di merito sui contratti comunali previsto dall'art. 296 r. d. 3 marzo 1934 n. 383 deve ritenersi abrogato; T.A.R. Abruzzo 28 novembre 1979, n. 454, id., Rep. 1980, voce cit., n. 185, che ha negato che i controlli di merito sui contratti comunali una volta prefettizi siano
passati al comitato regionale, perché a questo sono stati trasferiti i soli controlli di merito una volta della giunta provinciale ammini
strativa; Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 1978, n. 73, id., Rep. 1978, voce cit., n. 160, che ha negato la sopravvivenza dell'autorizzazione
prefettizia che ai sensi dell'art. 286 t. u. n. 383/34 doveva precedere gli inviti a partecipare alle gare per l'aggiudicazione di contratti co munali aventi per oggetto lavori e forniture che richiedono competenza o mezzi di esecuzione speciali.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
La posizione delle due banche aspiranti al servizio di tesoreria
del comune di Lodivecchio non è pertanto la medesima, perché la Cariplo, in quanto cassa di risparmio, può concedere mutui a
favore dei comuni, a differenza del B.p.l., che non può conce
derli in via ordinaria, ma solo in casi eccezionali e previo
parere della Banca d'Italia.
La possibilità di ottenere mutui di investimento dalla stessa azienda di credito che ha in concessione il servizio di tesoreria
costituisce, inoltre, un'indubbia utilità per l'ente locale, poiché
gli consente di far fronte alle spese correnti con maggiore conti nuità rispetto al solo ricorso alle assegnazioni di fondi statali
disposte, ai sensi delle vigenti leggi, ad integrazione del deficit di bilancio dell'ente locale.
Ed è ovvio, inoltre, che le condizioni alle quali detti mutui
possono essere assunti dagli enti locali, possono essere migliori se l'istituto di credito mutuante è anche concessionario del ser
vizio di tesoreria degli enti medesimi.
La disponibilità al credito e l'offerta di altri servizi c.d. « pa rabancari », da parte della Cariplo al comune, erano pertanto valutabili da questo, perché strettamente concernenti l'economici
tà e l'efficienza del servizio di tesoreria dell'ente.
2. - L'appello incidentale della B.p.l. è, invece, infondato.
Non è fondato innanzitutto il primo motivo, riferito nelle
premesse, con cui si sostiene l'inscindibilità, ai fini del rinnovo, della concessione dei servizi di tesoreria ed esattoria dell'ente
locale.
La questione è stata oggetto di alcune decisioni di questa sezione (18 maggio 1979, n. 270, Foro it., Rep. 1979, voce
Comune, n. 160, e 25 gennaio 1980, n. 69, id., Rep. 1980, voce
Riscossione delle imposte, n. 167), dalle quali il collegio non
ritiene di doversi discostare.
Non sembra innanzitutto che il legislatore abbia accolto il
principio del simul stabunt, simul cadent nella disciplina dei servizi di esattoria e di tesoreria, avendo disposto, nel 1° comma
dell'art. 31 d. p. r. 29 settembre 1983 n. 603, la possibilità per l'esattore di essere confermato a sua richiesta per il periodo
1975-1983, nella gestione della sola esattoria, mentre la proroga di ufficio delle concessioni di tesoreria (oltre che di esattoria),
con scadenza 31 dicembre 1973, è stata limitata ad un solo
anno, fino cioè al 31 dicembre 1974, ai sensi dell'art. 30 d. p. r.
n. 603 del 1974.
Né può invocarsi, nel caso in esame, il principio enunciato da
questo consiglio nel parere della III sezione 30 ottobre 1974, n.
873, secondo cui in sede di conferma del precedente contratto
esattoriale non è consentita la scissione tra i servizi di esattoria
e quelli di tesoreria, in quanto tale principio è in effetti limitato
al caso in cui il rapporto di esattoria si identifica con quello di
tesoreria, sia quanto ai soggetti che alla fonte, richiedendosi
pertanto che abbia origine dalla medesima concessione ed inter
corra tra i medesimi soggetti.
Nel caso in esame, invece, le autorità amministrative nei due
rapporti concessori sono diverse (per l'esattoria, il consorzio di
Lodi e uniti, avente propria personalità giuridica di diritto pub
blico, ai sensi degli art. 156 ss. t.u. 3 marzo 1934 n. 383 ed in
virtù del decreto del prefetto di Milano del 26 marzo 1941 n.
15883 div. 1"; per la tesoreria, il comune di Lodivecchio), ed è
inoltre diversa la fonte del rapporto (per l'esattoria consorziale
l'atto del 10 febbraio 1955, rogato dal segretario comunale del
comune capoluogo del consorzio, con le successive conferme del
rapporto — ai sensi, rispettivamente, dell'art. 36 t.u. 15 maggio 1963 n. 858 e dell'art. 31 d. p. r. n. 603/73, per i periodi 1964-1973 e 1975-1983; per la tesoreria comunale l'atto 18 agosto
1966, rogato dal segretario del comune di Lodivecchio, con il
quale era affidato alla B.p.l. il servizio di tesoreria di quel comune per il periodo 1964-1973, con la successiva proroga
legale del rapporto — ex art. 30 d. p. r. n. 603 del 1973 — a
tutto il 31 dicembre 1974).
Anche il contenuto dei due rapporti di esattoria e di tesoreria
in esame è, rispettivamente, diverso, in quanto in ciascuno degli
atti che ne sono fonte si prevede la disciplina del solo rapporto che si intende costituire e confermare, senza alcun riferimento
all'altro rapporto (cfr. l'atto 18 agosto 1966 cit. e l'atto 19 luglio 1966 n. 6909 rogato dal segretario del comune di Lodi).
Ne discende, in definitiva, l'inesistenza di un vincolo di in
scindibilità tra i due rapporti di esattoria consorziale e di teso
reria comunale in esame, con la conseguenza che il comune di
Lodivecchio, alla data del provvedimento impugnato, poteva le
gittimamente provvedere alla concessione del proprio servizio di
tesoreria senza, per ciò solo, violare l'art. 31 d. p. r. n. 603/73 ed incidere sul rapporto di concessione esattoriale consorziale.
Sul secondo motivo dell'appello della B.p.l., avente ad oggetto la mera riproposizione del motivo del ricorso di primo grado accol to dal T.A.R. nella decisione appellata, si è già detto nell'esame
dell'appello principale sub 1.
È infondato anche il terzo motivo dell'appello incidentale con
cui la B.p.l. sostiene che la concessione di tesoreria in questione avrebbe dovuto conferirsi mediante pubblici incanti a licitazione
privata, con conseguente violazione, nella specie, degli art. 87 e
296 t.u. n. 383 del 1934, non essendo state evidenziate — né
nell'atto impugnato, né in quello di controllo su di questo — le
ragioni del ricorso alla trattativa privata.
L'ult. comma dell'art. 87 t.u. ult. cit. consente che i contratti
comunali, previa autorizzazione prefettizia, siano formati a segui to di trattativa privata « allorché ricorrano circostanze eccezio
nali e ne siano evidenti la necessità e la convenienza ».
La sezione ritiene, al riguardo, che la relativa previa autoriz
zazione in funzione di controllo da parte del prefetto, prevista dall'art. 87, ult. comma, t.u. cit., è stata abrogata per incompati bilità dalla 1. 10 febbraio 1953 n. 62, concernendo un vero e
proprio controllo preventivo di merito sulla possibilità di proce dere alla trattativa privata nei contratti comunali.
Infatti il controllo di merito sulle deliberazioni comunali e
provinciali, in seguito all'art. 60 1. 10 febbraio 1953 n. 62 —
attuativo del cpv. dell'art. 130 Cost. — può essere esercita
to dai Co.re.co., nella forma della richiesta di riesame, nei soli
casi in cui la legislazione precedente alla legge del 1953 cit.
prevedeva il controllo di merito della G.P.A. (art. 98 ss., 149, 299
t.u n. 383 del 1934 e succ. modifiche), tra i quali non rientra
l'ipotesi in esame dell'autorizzazione alla trattativa privata.
Poiché il sistema delineato dalla 1. n. 62 del 1953 contempla una disciplina completa ed esaustiva della materia e non sembra, di conseguenza, consentire la configurabilità di potestà di con
trollo al di fuori dei casi da essa espressamente delineati, soprat
tutto nei casi in cui la competenza prefettizia non si concilia
con il sistema delle autonomie locali garantite dagli art. 128 e
130 Cost. (cfr.. Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 1981, n. 247, id.,
Rep. 1981, voce Comune, n. 175 e l'accenno al problema dei
controlli di merito contenuto nel punto 4 della dee. dell'ad.
plen. 11 novembre 1980, n. 49, id., 1981, III, 221), si deve
conseguentemente ritenere che il controllo prefettizio di cui al
l'art. 87, ult. comma, t.u. cit. sia abrogato e che la valutazione
delle circostanze eccezionali, nonché della necessità e della con
venienza per procedere alla trattativa privata, spetti all'ente loca
le medesimo.
Tale valutazione non comporta peraltro la necessità dell'inse
rimento di una specifica clausola nel testo del contratto —
clausola che, del resto, non potrebbe essere da sola sufficiente
mente significata — ma richiede solamente che gli elementi previ
sti dalla norma per procedere alla trattativa privata risultino dal
contratto e sussistano effettivamente in relazione alla natura del
rapporto con questo regolato.
Nella specie è evidente che la natura e la delicatezza del
servizio affidato in concessione comportano una scelta del con
traente espressa, più che in ogni altro caso, intuitu personae, che
rende quindi indispensabile la procedura meno formale della
trattativa privata, integrando cosi l'eccezionalità, la necessità e la
convenienza per tale scelta richieste dalla legge.
L'amministrazione ha, del resto, autolimitato nella specie la
propria autonomia, avendo effettuato una previa gara ufficiosa
tra istituti di credito (tra i quali la B.p.l.), mettendo a confronto
le condizioni da questi offerte per la gestione del servizio e le
caratteristiche organizzative di ciascuno.
Neppure sussiste la violazione dell'art. 296 t.u. cit. ed in
particolare del 1° comma di questo, che prevede un controllo di
legittimità sul rispetto delle forme procedimentàli e cui la B.p.l.
intende evidentemente riferirsi (il 3° comma, che prevede un
eccezionale ed atipico controllo di merito prefettizio sui contratti
comunali, non è qui in discussione, perché riguarda l'ipotesi, diversa da quella in argomento, di un rifiuto del visto prefettizio
per gravi motivi di interesse dell'ente pubblico, ed è, comun
Il Foro Italiano — 1983 — Parte III- 11.
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PARTE TERZA
que. da ritenersi anche esso abrogato per incompatibilità dall'art.
60 1. del 1953 n. 62: cfr. la dee. della sez. IV n. 247/81, cit.).
Infatti il controllo successivo di legittimità di cui al 1° comma
dell'art. 296 cit., la cui permanenza nel vigente sistema è impli
citamente affermata dall'art. 59 1. n. 62 del 1953, là dove preve
de che i Co.re.co. e le loro sezioni esercitano nei confronti delle
province e dei comuni il controllo di legittimità deferito al
prefetto ed alla G.P.A. dalle disposizioni vigenti alla data di
entrata in vigore della legge, non avendo questa introdotto novi
tà sostanziali sulla tipologia e sulla disciplina dei controlli di
legittimità nei confronti degli enti locali predetti (a differenza
che per la disciplina dei controlli di merito: cfr. la dee. dell'ad.
plen. n. 49 del 1980, cit. e, in particolare, il punto 4), è
esercitato dal Co.re.co. (o dalla sua sezione) competente in occa
sione dell'esercizio della ordinaria potestà di controllo sulla deli
berazione comunale avente ad oggetto la formazione della volon
tà contrattuale.
Poiché, peraltro, nella specie l'esito del controllo regionale,
anche sotto il particolare profilo previsto dal 1° comma dell'art.
296 cit., è stato positivo, l'eventuale sussistenza delle anomalie
procedimentali del contratto potrebbero valere solo come vizi
della deliberazione comunale di formazione della volontà con
trattuale, alla quale l'atto di controllo positivo accede, ma resta
no comunque escluse, sotto il profilo denunciato della mancanza
dei requisiti, per procedere alla trattativa privata, per quanto
sopra si è detto a tale riguardo.
È infondata, infine, la quarta censura con cui si deduce la
violazione degli art. 1677 e 1569 c. c. con riferimento agli art.
303 ss. t.u. cit., sostenendosi che il rapporto tra la B.p.l. ed il
comune non avrebbe potuto cessare che il 31 dicembre dell'anno
solare, dovendosi assimilare ad un contratto a prestazioni conti
nuative.
Come infatti si è avuto occasione di affermare precedentemen
te, l'affidamento del servizio di tesoreria comunale è una conces
sione di pubblico servizio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 marzo
1978, n. 382, id., Rep. 1978, voce Concessioni amministrative, n. 9), la durata della quale è fissata dal provvedimento medesimo. Nel ca
so in esame la concessione alla B.p.l. del servizio di tesoreria del
comune di Lodivecchio scadeva il 31 dicembre 1973 (cfr. l'atto 18
agosto 1966, cit.) ed è stata prorogata ope legis (ex art. 30 d.p.r. n. 603/73) sino al 31 dicembre 1974. Dopo tale data non è più intervenuto alcun atto formale di rinnovo della concessione sca
duta che, comunque, non potrebbe considerarsi tacitamente rin
novata, attesa l'inapplicabilità agli atti amministrativi dei prin
cipi civilistici in tema di tacita manifestazione del consenso, a
motivo della natura procedimentale della formazione della volon tà della p.a. (v. anche Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 1979, n. 66,
idRep. 1979, voce Comune, n. 159).
L'appello incidentale della B.p.l. deve pertanto respingersi. La fondatezza dell'appello principale della Cariplo comporta,
in accoglimento del medesimo, l'annullamento della decisione del
T.A.R. impugnata, con il rigetto conseguente del ricorso propo sto dalla B.p.l. avverso la deliberazione consiliare del comune di
Lodivecchio n. 7 del 7 febbraio 1978. (Omissis)
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 21 maggio
1982, n. 430; Pres. Laschena, Est. Baccarini; U.S.L. Perugia
(Avv. Mariani Marini), Maggi (Avv. F. iG. Scoca) c. Massi
(Avv. F. Satta) e altri. Conferma T.A.R. Umbria 15 dicembre
1980, n. 376.
Giustizia amministrativa — Ricorso — Notificazione alla unità
sanitaria locale — Ammissibilità.
Sanitario — Ospedaliero — Attribuzione di funzioni primariali — Idoneità di aspirante — Mancata valutazione — Illegitti mità (L. 12 febbraio 1968 n. 132, enti ospedalieri e assistenza
ospedaliera, art. 22, 23; d. p. r. 27 marzo 1969 n. 128, ordina
mento interno dei servizi ospedalieri, art. 20).
Giustizia amministrativa — Sentenza appellata — Correzione
della motivazione — Ammissibilità.
È ammissibile il ricorso contro un provvedimento in materia sa
nitaria, che sia stato notificato solo all'unità sanitaria locale
e non anche al comune. (1)
È illegittimo il provvedimento col quale un ente ospedaliero at
tribuisce le funzioni di primario della divisione recupero e rie
ducazione funzionale e correttiva all'aiuto di ruolo munito del
la idoneità primariale per recupero e rieducazione funzionale per
neurolesi e motulesi, non valutando l'idoneità primariale in
ortopedia e traumatologia posseduta dall'altro aiuto di ruolo. (2)
Il Consiglio di Stato deve espungere dalla sentenza appellata,
che correttamente aveva annullato l'attribuzione delle fun
zioni di primario ospedaliero ad un aspirante perché era
stata illegittimamente pretermessa la valutazione della idoneità
primariale di altro aspirante, la parte della motivazione nella
quale il tribunale amministrativo regionale aveva illegittima mente proceduto alla nuova determinazione dei punteggi. (3)
Diritto. — Occorre, in via preliminare, disporre la riunione
degli appelli, ai sensi dell'art. 52 r.d. n. 642/1907 (art. 335
c.p.c.), avendo essi ad oggetto la medesima sentenza.
Anzitutto, va disattesa la censura di rito, proposta dall'appel lante Maggi, con la quale si lamenta la mancata evocazione nel
giudizio di primo grado del comune di Perugia.
Tale censura, infatti, si appalesa infondata in fatto, in quanto risulta che nel giudizio di primo grado era stata intimata la
competente associazione dei comuni di Perugia, Corciano, Deruta
e Torgiano per la gestione dei servizi sociali e sanitari, ed in
diritto, in quanto alle U.S.L. è attribuita autonoma legittimazione
(1) Nello stesso senso, T.A.R. Lazio, sez. I, 19 novembre 1980, n. 1145 (che ha estromesso dal giudizio il comune al quale il ricorso era stato notificato), Foro it., 1981, III, 244, con nota di richiami.
In dottrina, in argomento v. da ultimo Andrioli, Le unità sanita rie locali, 1982, spec. 219 ss. (costituzione delle unità sanitarie lo
cali e processo), e 265 ss. (capacità processuale delle unità sanitarie
locali).
(2) La massima, in relazione alla quale non risultano precedenti in
termini, risolve una questione emergente sul piano del rapporto di
impiego di sanitari ospedalieri, che deriva dall'atipica configurazione di una divisione ospedaliera operata dall'ente, la quale atipicità costi tuisce il reale problema sostanziale; su questo punto, Cons. Stato, sez.
V, 6 aprile 1979, n. 171, Foro it., 1980, III, 121, con nota di ri
chiami, ha affermato la legittimità della istituzione di nuovi reparti di
diagnosi e cura, solo nei limiti entro i quali questi corrispondano a
discipline specialistiche ufficialmente riconosciute. Per qualche altro
riferimento, v. T.A.R. Toscana 16 novembre 1979, n. 1240, id., Rep. 1980, voce Sanità, n. 154.
(3) Nello stesso senso, Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 1979, n. 203, Foro it., Rep. 1979, voce Giustizia amministrativa, n. 879, che ha af fermato che il giudice amministrativo, una volta annullata la graduato ria di un concorso, non la può rielaborare.
Nel caso, la decisione, che nel dispositivo rigetta l'appello, eserci ta il potere di correzione della motivazione delle sentenze dei tri bunali amministrativi regionali spettante al Consiglio di Stato, in un
modo ben più incisivo di quello che emerge dalla giurisprudenza di merito: ossia per eliminare una parte, se non proprio del dispositivo, della sentenza di primo grado, quanto meno del contenuto di essa al
quale l'amministrazione si sarebbe dovuta conformare, ottemperandovi. Per riferimenti, Cons. Stato, sez. IV, 17 novembre 1981, n. 877, Cons.
Stato, 1981, I, 1225, che, quasi in un senso opposto, ha colmato la omissione della pronuncia di primo grado su un motivo di ricorso.
La giurisprudenza, a parte l'ipotesi di mero errore materiale nel
quale sia incorsa la sentenza di primo grado (che può essere corretto dal giudice di appello, entro certi limiti, purché sia stato in qualche modo denunciato, anche senza la proposizione di uno specifico moti vo di gravame: Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 1982, n. 120, id., 1982, I, 338; e che, in forza dell'art. 287 c.p.c., applicabile al
processo amministrativo, non può essere corretto dal giudice di primo grado, se la sentenza sia stata appellata, malgrado la previsione del l'art. 93 r.d. 17 agosto 1907 n. 642: T.A.R. Umbria 28 marzo
1980, n. 65, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 919), si occupa soprat tutto del caso nel quale la motivazione della sentenza del tribunale
amministrativo regionale sia genericamente carente, affermando che il Consiglio di Stato la può integrare, senza annullare la sentenza stes sa (e tanto meno senza dover rinviare il giudizio al tribunale stesso): sez. IV 22 febbraio 1980, n. 114 e 17 giugno 1980, n. 662, ibid., nn. 904, 903.
Sul potere del Consiglio di Stato di correggere la motivazione del le sentenze appellate, sez. IV 2 dicembre 1980, n. 1126, id., Rep. 1981, voce cit., n. 812; 6 luglio 1979, n. 566, id., Rep. 1979, voce
cit., n. 884; 24 ottobre 1978, n. 937, ibid., n. 885; 27 maggio 1977, n.
533, e 7 giugno 1977, n. 578, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 1084, 1085; sez. V 15 aprile 1977, n. 320, id., 1978, III, 115, con nota di richiami.
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