+ All Categories
Home > Documents > Sezione V; decisione 10 luglio 1982, n. 606; Pres. De Lise, Est. Santoro; Cassa di risparmio delle...

Sezione V; decisione 10 luglio 1982, n. 606; Pres. De Lise, Est. Santoro; Cassa di risparmio delle...

Date post: 29-Jan-2017
Category:
Upload: dokien
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
5
Sezione V; decisione 10 luglio 1982, n. 606; Pres. De Lise, Est. Santoro; Cassa di risparmio delle province lombarde (Avv. Valentino, Urzì, Vitale) c. Banca provinciale lombarda (Avv. Bassani, Boitani), Comune di Lodivecchio. Annulla T.A.R. Lombardia 8 marzo 1979, n. 127 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 141/142-147/148 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175826 . Accessed: 28/06/2014 08:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.84 on Sat, 28 Jun 2014 08:02:14 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

Sezione V; decisione 10 luglio 1982, n. 606; Pres. De Lise, Est. Santoro; Cassa di risparmio delleprovince lombarde (Avv. Valentino, Urzì, Vitale) c. Banca provinciale lombarda (Avv. Bassani,Boitani), Comune di Lodivecchio. Annulla T.A.R. Lombardia 8 marzo 1979, n. 127Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 141/142-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175826 .

Accessed: 28/06/2014 08:02

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 46.243.173.84 on Sat, 28 Jun 2014 08:02:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ricorso per ottemperanza: esso deve tradurre (a volte anche con

ampio campo di scelte) in comportamenti concreti ed atti pun tuali la pura affermazione di diritto contenuto nel giudicato civile; e la discrezionalità propria del giudizio di ottemperanza

(non a caso appartenente alla giurisdizione di merito) non ha la

funzione di permettere (come pure in passato taluno ha ritenuto)

la disapplicazione del giudicato per preminenti ragioni d'interesse

pubblico, bensì quella di sopperire alla necessità di scegliere il

più opportuno tra i molti sbocchi dell'azione amministrativa, astrattamente concepibili e tutti egualmente legittimi perché e

gualmente rispettosi di un giudicato in sé vincolante ma non

contenente, necessariamente, precetti concreti.

E che questo sia il rapporto tra giudicato ed ottemperanza, è

ancora confermato dalla considerazione che senza difficoltà da

lungo tempo la giurisprudenza ammette il ricorso per ottempe ranza anche (e forse prevalentemente, se si ha riguardo alla

frequenza) con riferimento al giudicato dei giudici amministrati

vi; solo l'art. 37 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 ha consacrato

legislativamente tale prassi; ora, com'è noto, secondo lo schema

tipico del giudizio d'impugnazione, le decisioni dei giudici ammini

strativi di accoglimento sono decisioni di annullamento, cioè

costitutive e non di condanna, insuscettibili di esecuzione nel

senso proprio della parola.

Si può dunque concludere che vi è « obbligo di conformarsi al giudicato », ed è esperibile l'apposito ricorso, ogni volta che

dalla sentenza civile sia desumibile, anche indirettamente, una

norma di comportamento, ancorché non tradotta in un puntuale

precetto.

5. - Venendo ora all'esame della fattispecie, occorre chiedersi se la sentenza in questione, relativa alla risoluzione di un rap porto contrattuale, possa dirsi portatrice di una « norma di

comportamento » nel lato senso che si è ora delineato. Nei

rapporti tra privati, non vi è dubbio che l'esecuzione forzata del

rilascio non sarebbe ottenibile in base ad una sentenza siffatta, e

che sarebbe, invece, necessario proporre una distinta azione di

cognizione. Si può però osservare che il dovere di rilascio sorge

già con la semplice risoluzione del contratto; l'azione di rilascio

è necessaria solo per ottenere la coercibilità del comportamento,

qualora l'obbligato non provveda spontaneamente. Non v'è dub

bio, infatti, che dal momento in cui ha efficacia la risoluzione

del rapporto, il conduttore diviene detentore senza titolo e versa

in stato d'illiceità, e il permanere nella detenzione dà vita ad un

debito (extracontrattuale) di risarcimento del danno e non a un

debito (contrattuale) di corrispettivo (si fa qui riferimento all'i

potesi normale, prescindendo dall'ipotesi di leggi speciali che

eventualmente consentono, in determinate condizioni, il permane re del conduttore nel godimento del bene anche a seguito della

risoluzione del contratto: in tali ipotesi si ha, infatti, un nuovo

titolo di detenzione, non la detenzione senza titolo). Ciò è vero

sia che si tratti di un privato, sia che si tratti della p.a.; ma

nel caso di questa il dovere di cessare spontaneamente dalla

situazione d'illiceità è rafforzato, e per cosi dire reso più diret

tamente imperativo dall'art. 4 1. del 1865.

Fatte salve le debite differenze si può dire che la risoluzione

giudiziale del contratto produce effetti analoghi a quelli dell'an

nullamento, da parte del giudice amministrativo, di un decreto

di espropriazione (o d'occupazione) già eseguito. In entrambi i

casi, manca l'ordine (condanna) di rilascio, ma la detenzione

diviene illecita (in un caso ex nunc, nell'altro ex tunc), e il fatto

che il pregresso titolo di detenzione fosse in un caso privatistico

e nell'altro pubblicistico appare uh mero antecedente storico, ir

rilevante a qualificare in un senso o nell'altro la situazione

attuale, che è di assenza di titolo. Ora, se si afferma il principio

che « l'esecuzione di una decisione giurisdizionale d'annullamen

to non si riduce alla mera ed inerte constatazione che l'atto è

stato cancellato ipso iure dal mondo giuridico, ma sorge invece

per l'amministrazione il dovere di eliminare gli effetti dell'atto

annullato » (sez. V 19 ottobre 1973, n. 686, id., Rep. 1973, voce

Giustizia amministrativa, n. 521); e se, coerentemente, si ammet

te il ricorso per ottemperanza al fine di ottenere la restituzione

di un immobile occupato in forza di un decreto d'occupazione

d'urgenza, annullato dal Consiglio di Stato (sez. IV 24 giugno

1960, n. 688, id., Rep. 1960, voce Espropriazione per p.i., n.

246), si deve poter dire che anche la sentenza civile di risolu

zione del contratto è attuabile mediante il ricorso per ottempe

ranza.

6. - In questa luce, appare superabile anche l'obiezione relati

va al fatto che l'ordinamento civilistico (e processualcivilistico) fornisce, in casi come quello in esame, un apposito rimedio,

esperibile (in base alla giurisprudenza sopra ricordata) anche nei

confronti della p.a. Non è detto, infatti, che il ricorso al giudice amministrativo per l'ottemperanza sia esperibile solo in quanto non sianp proponibili azioni civili; è noto, infatti, che in mate

ria di esecuzione di condanne al pagamento di somme, l'adunan

za plenaria (dec. n. 1 del 1973, id., 1973, III, 265) ha affermato

il principio della doppia tutela; e questo principio appariva già

implicitamente riconosciuto anche nelle decisioni che avevano

ammesso il ricorso per ottemperanza per ottenere la restituzione

di immobili dopo l'annullamento del provvedimento ablatorio

(non sembra contestabile, infatti, che in un caso del genere il

proprietario possa esperire anche l'azione civile di rilascio).

Non viene in gioco, in proposito, un problema di riparto di

giurisdizioni, sicché affermata la competenza di un ordine giuris dizionale è esclusa quella dell'altro (e viceversa): l'azione civile

e il ricorso per ottemperanza, invece, sono rimedi diversi per natura e, in parte, anche per effetti e pertanto non si escludono

a vicenda. Mediante l'azione civile, il privato mette in moto un

processo coercitivo esterno all'amministrazione; mediante il ricor

so per ottemperanza, il privato fa appello a quello speciale dovere di « conformarsi al giudicato » di cui all'art. 4 1. del

1865, ed attiva cosi i meccanismi predisposti per l'adempimento « spontaneo » (o « dall'interno ») dell'amministrazione. Quest'ul

timo aspetto è più evidente, se si considera che il giudice

dell'ottemperanza può nominare (e, di fatto, ordinariamente no

mina) un commissario che si sostituisce all'amministrazione nel

l'adottare i provvedimenti necessari, con quella stessa discrezio

nalità che l'amministrazione avrebbe; in particolare, dovendosi

far luogo alla restituzione degli immobili attualmente occupati da uffici, tra i poteri-doveri del commissario dovrebbe rientrare

anche il previo reperimento di altra idonea sede per gli uffici,

onde evitare inammissibili interruzioni dell'attività amministrati

va, fermo restando che questa giusta esigenza non può offrire

pretesto per un rinvio del rilascio sine die in sostanziale elusio

ne del giudicato.

7. - Riassumendo e concludendo, la sezione osserva che la tesi

dell'inammissibilità del ricorso in esame appare per più aspetti controvertibile, sussistendo seri argomenti a sostegno della tesi

dell'ammissibilità. In tale situazione, si ravvisa la possibilità di

un contrasto di giurisprudenza, e pertanto, a norma dell'art. 45, 2° comma, t.u. n. 1054 del 1924, si ritiene opportuno deferire la

questione all'adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali.

CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 10 luglio 1982, n. 606; Pres. De Lise, Est. Santoro; Cassa di risparmio delle

province lombarde (Avv. Valentino, Urzì, Vitale) c. Banca

provinciale lombarda (Avv. Bassani, Boitani), Comune di Lo

divecchio. Annulla T.A.R. Lombardia 8 marzo 1979, n. 127.

Riscossione delle imposte — Concessione del servizio di tesore

ria a cassa di risparmio — Vantaggi indiretti — Legittimità

(R.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, disposizioni per la difesa del

risparmio e per la disciplina della funzione creditizia, art. 99). Riscossione delle imposte — Concessione del servizio di tesoreria

— Scissione dal servizio di esattoria — Legittimità. Comune e provincia — Concessione del servizio di tesoreria

— Trattativa privata — Legittimità (R. d. 3 marzo 1934 n.

383, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 87, 296; 1. 10

febbraio 1953 n. 62, costituzione e funzionamento degli organi

regionali, art. 59, 60).

È legittima la concessione da parte di un comune del servizio di

tesoreria ad una cassa di risparmio che, a differenza di altra

banca aspirante, può concedere al comune stesso mutui di in

vestimento senza l'autorizzazione della Banca d'Italia. (1)

(1) Per riferimenti, nel senso che, ai fini dell'aggiudicazione del

servizio di cassa e di tesoreria di un comune, costituisce elemento de

terminante per la valutazione della convenienza dell'offerta l'ammon

tare dei tassi praticati sulle disponibilità di cassa e sulle anticipa

zioni, T.A.R. Piemonte 16 aprile 1975, n. 120, Foro it., Rep. 1975,

voce Comune, n. 216. Cfr. anche Cons, giust. amm. sic. 30 maggio 1967, n. 326, id.,

This content downloaded from 46.243.173.84 on Sat, 28 Jun 2014 08:02:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE TERZA

È legittima la concessione da parte di un comune del servizio di

tesoreria ad una banca diversa da quella alla quale il con

sorzio cui partecipa tale comune ha concesso con atto sepa

rato il servizio di esattoria. (2) È legittima la deliberazione, approvata dal comitato regionale

di controllo, con la quale un comune concede ad una banca

il servizio di tesoreria a trattativa privata, senza la previa au

torizzazione da ritenersi non più prescritta per abrogazione,

purché siano poste in evidenza le ragioni di eccezionalità, neces

sità e convenienza della scelta di tale procedimento (nella spe

cie, peraltro, considerate implicite nella natura e nella delica

tezza del servizio dato in concessione). (3)

Rep. 1967, voce Esazione, n. 135, che ha affermato che è ultro nea la motivazione dell'attribuzione del servizio di tesoreria comu

nale ad un istituto di credito, già favorito dalla legge per questa sua qualità rispetto all'esattore, che si basi sulla ragione di convenien za costituita dall'assicurazione di anticipazioni al comune fino ad una

certa somma, da parte dell'istituto stesso.

(2) Nel senso che il comune può attribuire il servizio di tesoreria a soggetto diverso dall'esattore, Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 1979, n.

270, Foro it., Rep. 1979, voce Comune, n. 170, e 25 gennaio 1980, n.

69, id., Rep. 1980, voce Riscossione delle imposte, n. 167, ambedue citate in motivazione. Ad esse adde sez. VI 25 settembre 1982, n.

443, Foro amm., 1982, I, 1579, che ha ammesso che il comune possa assumere la gestione diretta della tesoreria, privandone l'esattore; e Cass. 12 gennaio 1981, n. 252, Foro it., Rep. 1981, voce Comune, n.

176, che ha affermato che il comune che assuma la gestione diretta di un pubblico servizio (nella specie, distribuzione di acqua potabile), non è tenuto ad affidare la riscossione dei relativi proventi all'esatto re municipale, a meno che manchi il tesoriere comunale, o che sia l'esattore stesso ad espletare il servizio di tesoreria.

In particolare, per la possibilità dell'affidamento ad un istituto di credito anche se prima era svolto dall'esattore, oltre alla decisione n.

326/67 del Cons, giust. amm. sic. cit. alla nota 1, T.A.R. Lazio, sez. II, 19 ottobre 1977, n. 761, id., Rep. 1978, vóce cit., n. 174, e 22 set tembre 1976, n. 534, id., Rep. 1977, voce Riscossione delle imposte, n. 126.

Più restrittiva l'annullata sentenza del T.A.R. Lombardia 8 marzo

1979, n. 127, id., Rep. 1979, voce Comune, n. 158: qualora un istituto bancario svolga tanto il servizio di tesoreria e cassa come quello di

esattoria, non è consentito al comune di sciogliere solo il rapporto di tesoreria, allorché sussista, in concreto, una stretta correlazione tra i due servizi prestati, sicché possa ragionevolmente presumersi che, come componente della determinazione della volontà dell'esattore nell'offerta dell'aggio per il servizio di tesoreria, sia entrato anche l'obbligo assunto, con o senza corrispettivo, in ordine alla tesoreria. Inoltre, T.A.R. Liguria 24 febbraio 1977, n. 77, id., Rep. 1977, voce Riscossione delle imposte, n. 69, ha affermato che in sede di conferma del precedente contratto esattoriale non è consentita la scissione tra i servizi di esattoria e

quelli di tesoreria, dovendo la conferma avvenire alle stesse condi zioni del contratto in corso. E nel senso della illegittimità della re voca dell'affidamento all'esattore del servizio di tesoreria comunale, e il contemperaneo suo affidamento ad un istituto di credito, a condizioni più vantaggiose, sulla base del presupposto, non dimostrato, dalla insostenibilità da parte del comune dell'onere costituito dal com penso spettante all'esattore, si è espresso Cons. Stato, sez. Ili, 10 febbraio 1971, n. 576/70, e 9 febbraio 1972, n. 1621/70, id., Rep. 1973, voce cit., nn. 129, 130.

Sulla scindibilità del servizio di tesoreria da quello di esattoria, cfr. anche T.A.R. Sicilia 26 marzo 1976, n. 88, id., Rep. 1977, voce cit., n. 128.

In generale, sotto diverso profilo, sulla distinzione tra il servizio di esattoria (relativo alle entrate tributarie e paratributarie), e quello di tesoreria (relativo alle entrate patrimoniali), C. conti, sez. I, 27

giugno 1980, n. 71, id., Rep. 1981, voce cit., n. 133. E sulla diversi tà dei caratteri degli atti autoritativi e dei contratti con i quali ven

gono affidati, rispettivamente, il servizio di esattoria e quello di teso reria, T.A.R. Sardegna 7 luglio 1978, n. 311, id., Rep. 1979, voce

Comune, n. 157.

(3) Specificamente in relazione al caso dell'affidamento del servizio di tesoreria comunale, ugualmente nel senso che non è più necessa ria la preventiva autorizzazione prefettizia alla contrattazione da

parte del comune a trattativa privata, e che la deliberazione contrat tuale adottata dal comune è senz'altro legittima, purché dia conto del la sussistenza delle eccezionali circostanze richieste dalla legge per tale forma di contrattazione, T.A.R. Calabria 16 luglio 1976, n. 163, Foro it., Rep. 1977, voce Riscossione delle imposte, n. 125. Per l'op posta soluzione nel previgente sistema dei controlli sui contratti co munali, sempre in relazione a tale specifica ipotesi, Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 1965, n. 536, id., 1965, III, 268, con nota di richiami.

Viceversa, nel senso della necessità della previa autorizzazione

perché il comune possa legittimamente stipulare un contratto a tratta tiva privata, anche se la competenza al riguardo è passata con gli

Diritto. — 1. - L'appello principale è fondato.

Il primo giudice ha ravvisato l'eccesso di potere per sviamento

nel provvedimento consiliare con cui il comune di Lodivecchio

ha dato in concessione alla Cariplo il proprio servizio di tesore

ria, ritenendo che la scelta del comune fosse dovuta non già alla

presunta superiorità del servizio di tesoreria che avrebbe svòlto

la Cariplo — né ai risultati del servizio sino ad allora svolto

dalla Banca provinciale lombarda — ma all'aspettativa di ulterio

ri benefici, estranei al servizio di tesoreria, quali l'asserita dispo nibilità della Cariplo alla concessione al comune di mutui di inve

stimento e di altri servizi complementari.

La sezione ritiene, al contrario, che nella ipotesi in esame non

sussista il vizio rilevato. Infatti la concessione di mutui di inve

stimento ai comuni può essere effettuata, a norma del 1° comma

dell'art. 99 r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, esclusivamente « dagli

istituti di credito di diritto pubblico, dalle casse di risparmio ...

e, in casi eccezionali, previo benestare dell'ispettorato (oggi Banca

d'Italia, ai sensi del d.l. 17 luglio 1947 n. 691), anche dalle altre

aziende di credito ... ».

opportuni adattamenti al comitato regionale di controllo, Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 1975, n. 862, id., 1976, III, 50, con nota di ri

chiami. La sopravvivenza della necessità della previa autorizzazione alla trattativa privata è anche presupposta da Cons. Stato, sez. I, 9

gennaio 1976, n. 907/73, id., Rep. 1979, voce Comune, n. 154. Per altri riferimenti, v. Cass. 22 novembre 1980, n. 6207, id., 1981,

I, 366, che, in relazione al contratto stipulato da un comune

sotto il previgente sistema dei controlli, ha affermato che la man canza della previa autorizzazione prefettizia alla trattativa privata provoca solo l'annullabilità del contratto ad istanza del comune, e

non anche la sua nullità, come viceversa sostenuto da Cass. 18 lu

glio 1953, n. 2390, id., 1953, I, 1585, con nota di richiami. La nota di richiami alla sentenza n. 6207/80 dà conto della contrastante giu

risprudenza relativa alla sopravvenienza della necessità della pre via autorizzazione alla trattativa privata, mentre è indubbio che la

competenza al riguardo, semmai, sarebbe passata al comitato regio nale di controllo.

La questione della sopravvivenza di tale necessità si ricollega al più generale problema della sorte dei controlli c. d. atipici, specie di

quelli di merito, che spettavano al prefetto in ordine ad atti, in

particolare a contratti degli enti locali; e i dubbi della loro compa tibilità col nuovo sistema dei controlli sugli atti degli enti locali, a parte lo spostamento di competenza correlato al trasferimento di

questi controlli al comitato regionale, discendono soprattutto dalla li mitazione alla mera richiesta di riesame che l'art. 130 Cost, ha im

posto al controllo di merito, e alla determinazione in relazione alle sole approvazioni una volta di competenza della giunta provinciale amministrativa, che l'art. 60 1. 10 febbraio 1953 n. 62 opera della

competenza anche in merito del comitato regionale medesimo. Su tutta

questa problematica v. l'ampia motivazione di Cons. Stato, ad. plen., 11 novembre 1980, n. 49, id., 1981, III, 221, con nota di richiami, che ha affermato la legittimità del diniego del visto di esecutività (una volta prefettizio) al contratto di un comune, deliberato dal co mitato regionale di controllo, ammettendo cosi la sopravvivenza del

l'istituto, con trasferimento a tale comitato della relativa competen za, ma in un caso nel quale il diniego era motivato solo con ra

gioni di legittimità; la stessa adunanza plenaria, con decisione 10

aprile 1981, n. 4, ibid., 425, con nota di richiami, ha poi confermato la legittimità del diniego di visto di esecutività di un contratto co munale, che il comitato regionale di controllo abbia fondato su più motivi, che nella specie erano tutti di legittimità. La richiamata deci sione n. 49/80 ha esplicitamente rinviato la considerazione della que stione della estensione di tale peculiare forma di controllo al merito, perché ritenuta non pertinente al caso, che pure gli era stata rimessa da sez. IV, ord. 23 novembre 1979, n. 1063, id., 1980, III, 290, con nota di richiami.

La tesi che il diniego di visto da parte del comitato regionale di controllo non possa basarsi su motivi di merito, è affermata da T.A.R. Lazio, sez. I, 13 aprile 1977, n. 369, id., 1978, III, 318, con

nota di richiami. Ugualmente in senso restrittivo, sotto vari profili, si sono espressi: Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 1981, n. 247, id., Rep. 1981, voce Comune, n. 175, che ha affermato che il controllo prefettizio di merito sui contratti comunali previsto dall'art. 296 r. d. 3 marzo 1934 n. 383 deve ritenersi abrogato; T.A.R. Abruzzo 28 novembre 1979, n. 454, id., Rep. 1980, voce cit., n. 185, che ha negato che i controlli di merito sui contratti comunali una volta prefettizi siano

passati al comitato regionale, perché a questo sono stati trasferiti i soli controlli di merito una volta della giunta provinciale ammini

strativa; Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 1978, n. 73, id., Rep. 1978, voce cit., n. 160, che ha negato la sopravvivenza dell'autorizzazione

prefettizia che ai sensi dell'art. 286 t. u. n. 383/34 doveva precedere gli inviti a partecipare alle gare per l'aggiudicazione di contratti co munali aventi per oggetto lavori e forniture che richiedono competenza o mezzi di esecuzione speciali.

This content downloaded from 46.243.173.84 on Sat, 28 Jun 2014 08:02:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

La posizione delle due banche aspiranti al servizio di tesoreria

del comune di Lodivecchio non è pertanto la medesima, perché la Cariplo, in quanto cassa di risparmio, può concedere mutui a

favore dei comuni, a differenza del B.p.l., che non può conce

derli in via ordinaria, ma solo in casi eccezionali e previo

parere della Banca d'Italia.

La possibilità di ottenere mutui di investimento dalla stessa azienda di credito che ha in concessione il servizio di tesoreria

costituisce, inoltre, un'indubbia utilità per l'ente locale, poiché

gli consente di far fronte alle spese correnti con maggiore conti nuità rispetto al solo ricorso alle assegnazioni di fondi statali

disposte, ai sensi delle vigenti leggi, ad integrazione del deficit di bilancio dell'ente locale.

Ed è ovvio, inoltre, che le condizioni alle quali detti mutui

possono essere assunti dagli enti locali, possono essere migliori se l'istituto di credito mutuante è anche concessionario del ser

vizio di tesoreria degli enti medesimi.

La disponibilità al credito e l'offerta di altri servizi c.d. « pa rabancari », da parte della Cariplo al comune, erano pertanto valutabili da questo, perché strettamente concernenti l'economici

tà e l'efficienza del servizio di tesoreria dell'ente.

2. - L'appello incidentale della B.p.l. è, invece, infondato.

Non è fondato innanzitutto il primo motivo, riferito nelle

premesse, con cui si sostiene l'inscindibilità, ai fini del rinnovo, della concessione dei servizi di tesoreria ed esattoria dell'ente

locale.

La questione è stata oggetto di alcune decisioni di questa sezione (18 maggio 1979, n. 270, Foro it., Rep. 1979, voce

Comune, n. 160, e 25 gennaio 1980, n. 69, id., Rep. 1980, voce

Riscossione delle imposte, n. 167), dalle quali il collegio non

ritiene di doversi discostare.

Non sembra innanzitutto che il legislatore abbia accolto il

principio del simul stabunt, simul cadent nella disciplina dei servizi di esattoria e di tesoreria, avendo disposto, nel 1° comma

dell'art. 31 d. p. r. 29 settembre 1983 n. 603, la possibilità per l'esattore di essere confermato a sua richiesta per il periodo

1975-1983, nella gestione della sola esattoria, mentre la proroga di ufficio delle concessioni di tesoreria (oltre che di esattoria),

con scadenza 31 dicembre 1973, è stata limitata ad un solo

anno, fino cioè al 31 dicembre 1974, ai sensi dell'art. 30 d. p. r.

n. 603 del 1974.

Né può invocarsi, nel caso in esame, il principio enunciato da

questo consiglio nel parere della III sezione 30 ottobre 1974, n.

873, secondo cui in sede di conferma del precedente contratto

esattoriale non è consentita la scissione tra i servizi di esattoria

e quelli di tesoreria, in quanto tale principio è in effetti limitato

al caso in cui il rapporto di esattoria si identifica con quello di

tesoreria, sia quanto ai soggetti che alla fonte, richiedendosi

pertanto che abbia origine dalla medesima concessione ed inter

corra tra i medesimi soggetti.

Nel caso in esame, invece, le autorità amministrative nei due

rapporti concessori sono diverse (per l'esattoria, il consorzio di

Lodi e uniti, avente propria personalità giuridica di diritto pub

blico, ai sensi degli art. 156 ss. t.u. 3 marzo 1934 n. 383 ed in

virtù del decreto del prefetto di Milano del 26 marzo 1941 n.

15883 div. 1"; per la tesoreria, il comune di Lodivecchio), ed è

inoltre diversa la fonte del rapporto (per l'esattoria consorziale

l'atto del 10 febbraio 1955, rogato dal segretario comunale del

comune capoluogo del consorzio, con le successive conferme del

rapporto — ai sensi, rispettivamente, dell'art. 36 t.u. 15 maggio 1963 n. 858 e dell'art. 31 d. p. r. n. 603/73, per i periodi 1964-1973 e 1975-1983; per la tesoreria comunale l'atto 18 agosto

1966, rogato dal segretario del comune di Lodivecchio, con il

quale era affidato alla B.p.l. il servizio di tesoreria di quel comune per il periodo 1964-1973, con la successiva proroga

legale del rapporto — ex art. 30 d. p. r. n. 603 del 1973 — a

tutto il 31 dicembre 1974).

Anche il contenuto dei due rapporti di esattoria e di tesoreria

in esame è, rispettivamente, diverso, in quanto in ciascuno degli

atti che ne sono fonte si prevede la disciplina del solo rapporto che si intende costituire e confermare, senza alcun riferimento

all'altro rapporto (cfr. l'atto 18 agosto 1966 cit. e l'atto 19 luglio 1966 n. 6909 rogato dal segretario del comune di Lodi).

Ne discende, in definitiva, l'inesistenza di un vincolo di in

scindibilità tra i due rapporti di esattoria consorziale e di teso

reria comunale in esame, con la conseguenza che il comune di

Lodivecchio, alla data del provvedimento impugnato, poteva le

gittimamente provvedere alla concessione del proprio servizio di

tesoreria senza, per ciò solo, violare l'art. 31 d. p. r. n. 603/73 ed incidere sul rapporto di concessione esattoriale consorziale.

Sul secondo motivo dell'appello della B.p.l., avente ad oggetto la mera riproposizione del motivo del ricorso di primo grado accol to dal T.A.R. nella decisione appellata, si è già detto nell'esame

dell'appello principale sub 1.

È infondato anche il terzo motivo dell'appello incidentale con

cui la B.p.l. sostiene che la concessione di tesoreria in questione avrebbe dovuto conferirsi mediante pubblici incanti a licitazione

privata, con conseguente violazione, nella specie, degli art. 87 e

296 t.u. n. 383 del 1934, non essendo state evidenziate — né

nell'atto impugnato, né in quello di controllo su di questo — le

ragioni del ricorso alla trattativa privata.

L'ult. comma dell'art. 87 t.u. ult. cit. consente che i contratti

comunali, previa autorizzazione prefettizia, siano formati a segui to di trattativa privata « allorché ricorrano circostanze eccezio

nali e ne siano evidenti la necessità e la convenienza ».

La sezione ritiene, al riguardo, che la relativa previa autoriz

zazione in funzione di controllo da parte del prefetto, prevista dall'art. 87, ult. comma, t.u. cit., è stata abrogata per incompati bilità dalla 1. 10 febbraio 1953 n. 62, concernendo un vero e

proprio controllo preventivo di merito sulla possibilità di proce dere alla trattativa privata nei contratti comunali.

Infatti il controllo di merito sulle deliberazioni comunali e

provinciali, in seguito all'art. 60 1. 10 febbraio 1953 n. 62 —

attuativo del cpv. dell'art. 130 Cost. — può essere esercita

to dai Co.re.co., nella forma della richiesta di riesame, nei soli

casi in cui la legislazione precedente alla legge del 1953 cit.

prevedeva il controllo di merito della G.P.A. (art. 98 ss., 149, 299

t.u n. 383 del 1934 e succ. modifiche), tra i quali non rientra

l'ipotesi in esame dell'autorizzazione alla trattativa privata.

Poiché il sistema delineato dalla 1. n. 62 del 1953 contempla una disciplina completa ed esaustiva della materia e non sembra, di conseguenza, consentire la configurabilità di potestà di con

trollo al di fuori dei casi da essa espressamente delineati, soprat

tutto nei casi in cui la competenza prefettizia non si concilia

con il sistema delle autonomie locali garantite dagli art. 128 e

130 Cost. (cfr.. Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 1981, n. 247, id.,

Rep. 1981, voce Comune, n. 175 e l'accenno al problema dei

controlli di merito contenuto nel punto 4 della dee. dell'ad.

plen. 11 novembre 1980, n. 49, id., 1981, III, 221), si deve

conseguentemente ritenere che il controllo prefettizio di cui al

l'art. 87, ult. comma, t.u. cit. sia abrogato e che la valutazione

delle circostanze eccezionali, nonché della necessità e della con

venienza per procedere alla trattativa privata, spetti all'ente loca

le medesimo.

Tale valutazione non comporta peraltro la necessità dell'inse

rimento di una specifica clausola nel testo del contratto —

clausola che, del resto, non potrebbe essere da sola sufficiente

mente significata — ma richiede solamente che gli elementi previ

sti dalla norma per procedere alla trattativa privata risultino dal

contratto e sussistano effettivamente in relazione alla natura del

rapporto con questo regolato.

Nella specie è evidente che la natura e la delicatezza del

servizio affidato in concessione comportano una scelta del con

traente espressa, più che in ogni altro caso, intuitu personae, che

rende quindi indispensabile la procedura meno formale della

trattativa privata, integrando cosi l'eccezionalità, la necessità e la

convenienza per tale scelta richieste dalla legge.

L'amministrazione ha, del resto, autolimitato nella specie la

propria autonomia, avendo effettuato una previa gara ufficiosa

tra istituti di credito (tra i quali la B.p.l.), mettendo a confronto

le condizioni da questi offerte per la gestione del servizio e le

caratteristiche organizzative di ciascuno.

Neppure sussiste la violazione dell'art. 296 t.u. cit. ed in

particolare del 1° comma di questo, che prevede un controllo di

legittimità sul rispetto delle forme procedimentàli e cui la B.p.l.

intende evidentemente riferirsi (il 3° comma, che prevede un

eccezionale ed atipico controllo di merito prefettizio sui contratti

comunali, non è qui in discussione, perché riguarda l'ipotesi, diversa da quella in argomento, di un rifiuto del visto prefettizio

per gravi motivi di interesse dell'ente pubblico, ed è, comun

Il Foro Italiano — 1983 — Parte III- 11.

This content downloaded from 46.243.173.84 on Sat, 28 Jun 2014 08:02:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE TERZA

que. da ritenersi anche esso abrogato per incompatibilità dall'art.

60 1. del 1953 n. 62: cfr. la dee. della sez. IV n. 247/81, cit.).

Infatti il controllo successivo di legittimità di cui al 1° comma

dell'art. 296 cit., la cui permanenza nel vigente sistema è impli

citamente affermata dall'art. 59 1. n. 62 del 1953, là dove preve

de che i Co.re.co. e le loro sezioni esercitano nei confronti delle

province e dei comuni il controllo di legittimità deferito al

prefetto ed alla G.P.A. dalle disposizioni vigenti alla data di

entrata in vigore della legge, non avendo questa introdotto novi

tà sostanziali sulla tipologia e sulla disciplina dei controlli di

legittimità nei confronti degli enti locali predetti (a differenza

che per la disciplina dei controlli di merito: cfr. la dee. dell'ad.

plen. n. 49 del 1980, cit. e, in particolare, il punto 4), è

esercitato dal Co.re.co. (o dalla sua sezione) competente in occa

sione dell'esercizio della ordinaria potestà di controllo sulla deli

berazione comunale avente ad oggetto la formazione della volon

tà contrattuale.

Poiché, peraltro, nella specie l'esito del controllo regionale,

anche sotto il particolare profilo previsto dal 1° comma dell'art.

296 cit., è stato positivo, l'eventuale sussistenza delle anomalie

procedimentali del contratto potrebbero valere solo come vizi

della deliberazione comunale di formazione della volontà con

trattuale, alla quale l'atto di controllo positivo accede, ma resta

no comunque escluse, sotto il profilo denunciato della mancanza

dei requisiti, per procedere alla trattativa privata, per quanto

sopra si è detto a tale riguardo.

È infondata, infine, la quarta censura con cui si deduce la

violazione degli art. 1677 e 1569 c. c. con riferimento agli art.

303 ss. t.u. cit., sostenendosi che il rapporto tra la B.p.l. ed il

comune non avrebbe potuto cessare che il 31 dicembre dell'anno

solare, dovendosi assimilare ad un contratto a prestazioni conti

nuative.

Come infatti si è avuto occasione di affermare precedentemen

te, l'affidamento del servizio di tesoreria comunale è una conces

sione di pubblico servizio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 marzo

1978, n. 382, id., Rep. 1978, voce Concessioni amministrative, n. 9), la durata della quale è fissata dal provvedimento medesimo. Nel ca

so in esame la concessione alla B.p.l. del servizio di tesoreria del

comune di Lodivecchio scadeva il 31 dicembre 1973 (cfr. l'atto 18

agosto 1966, cit.) ed è stata prorogata ope legis (ex art. 30 d.p.r. n. 603/73) sino al 31 dicembre 1974. Dopo tale data non è più intervenuto alcun atto formale di rinnovo della concessione sca

duta che, comunque, non potrebbe considerarsi tacitamente rin

novata, attesa l'inapplicabilità agli atti amministrativi dei prin

cipi civilistici in tema di tacita manifestazione del consenso, a

motivo della natura procedimentale della formazione della volon tà della p.a. (v. anche Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 1979, n. 66,

idRep. 1979, voce Comune, n. 159).

L'appello incidentale della B.p.l. deve pertanto respingersi. La fondatezza dell'appello principale della Cariplo comporta,

in accoglimento del medesimo, l'annullamento della decisione del

T.A.R. impugnata, con il rigetto conseguente del ricorso propo sto dalla B.p.l. avverso la deliberazione consiliare del comune di

Lodivecchio n. 7 del 7 febbraio 1978. (Omissis)

CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 21 maggio

1982, n. 430; Pres. Laschena, Est. Baccarini; U.S.L. Perugia

(Avv. Mariani Marini), Maggi (Avv. F. iG. Scoca) c. Massi

(Avv. F. Satta) e altri. Conferma T.A.R. Umbria 15 dicembre

1980, n. 376.

Giustizia amministrativa — Ricorso — Notificazione alla unità

sanitaria locale — Ammissibilità.

Sanitario — Ospedaliero — Attribuzione di funzioni primariali — Idoneità di aspirante — Mancata valutazione — Illegitti mità (L. 12 febbraio 1968 n. 132, enti ospedalieri e assistenza

ospedaliera, art. 22, 23; d. p. r. 27 marzo 1969 n. 128, ordina

mento interno dei servizi ospedalieri, art. 20).

Giustizia amministrativa — Sentenza appellata — Correzione

della motivazione — Ammissibilità.

È ammissibile il ricorso contro un provvedimento in materia sa

nitaria, che sia stato notificato solo all'unità sanitaria locale

e non anche al comune. (1)

È illegittimo il provvedimento col quale un ente ospedaliero at

tribuisce le funzioni di primario della divisione recupero e rie

ducazione funzionale e correttiva all'aiuto di ruolo munito del

la idoneità primariale per recupero e rieducazione funzionale per

neurolesi e motulesi, non valutando l'idoneità primariale in

ortopedia e traumatologia posseduta dall'altro aiuto di ruolo. (2)

Il Consiglio di Stato deve espungere dalla sentenza appellata,

che correttamente aveva annullato l'attribuzione delle fun

zioni di primario ospedaliero ad un aspirante perché era

stata illegittimamente pretermessa la valutazione della idoneità

primariale di altro aspirante, la parte della motivazione nella

quale il tribunale amministrativo regionale aveva illegittima mente proceduto alla nuova determinazione dei punteggi. (3)

Diritto. — Occorre, in via preliminare, disporre la riunione

degli appelli, ai sensi dell'art. 52 r.d. n. 642/1907 (art. 335

c.p.c.), avendo essi ad oggetto la medesima sentenza.

Anzitutto, va disattesa la censura di rito, proposta dall'appel lante Maggi, con la quale si lamenta la mancata evocazione nel

giudizio di primo grado del comune di Perugia.

Tale censura, infatti, si appalesa infondata in fatto, in quanto risulta che nel giudizio di primo grado era stata intimata la

competente associazione dei comuni di Perugia, Corciano, Deruta

e Torgiano per la gestione dei servizi sociali e sanitari, ed in

diritto, in quanto alle U.S.L. è attribuita autonoma legittimazione

(1) Nello stesso senso, T.A.R. Lazio, sez. I, 19 novembre 1980, n. 1145 (che ha estromesso dal giudizio il comune al quale il ricorso era stato notificato), Foro it., 1981, III, 244, con nota di richiami.

In dottrina, in argomento v. da ultimo Andrioli, Le unità sanita rie locali, 1982, spec. 219 ss. (costituzione delle unità sanitarie lo

cali e processo), e 265 ss. (capacità processuale delle unità sanitarie

locali).

(2) La massima, in relazione alla quale non risultano precedenti in

termini, risolve una questione emergente sul piano del rapporto di

impiego di sanitari ospedalieri, che deriva dall'atipica configurazione di una divisione ospedaliera operata dall'ente, la quale atipicità costi tuisce il reale problema sostanziale; su questo punto, Cons. Stato, sez.

V, 6 aprile 1979, n. 171, Foro it., 1980, III, 121, con nota di ri

chiami, ha affermato la legittimità della istituzione di nuovi reparti di

diagnosi e cura, solo nei limiti entro i quali questi corrispondano a

discipline specialistiche ufficialmente riconosciute. Per qualche altro

riferimento, v. T.A.R. Toscana 16 novembre 1979, n. 1240, id., Rep. 1980, voce Sanità, n. 154.

(3) Nello stesso senso, Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 1979, n. 203, Foro it., Rep. 1979, voce Giustizia amministrativa, n. 879, che ha af fermato che il giudice amministrativo, una volta annullata la graduato ria di un concorso, non la può rielaborare.

Nel caso, la decisione, che nel dispositivo rigetta l'appello, eserci ta il potere di correzione della motivazione delle sentenze dei tri bunali amministrativi regionali spettante al Consiglio di Stato, in un

modo ben più incisivo di quello che emerge dalla giurisprudenza di merito: ossia per eliminare una parte, se non proprio del dispositivo, della sentenza di primo grado, quanto meno del contenuto di essa al

quale l'amministrazione si sarebbe dovuta conformare, ottemperandovi. Per riferimenti, Cons. Stato, sez. IV, 17 novembre 1981, n. 877, Cons.

Stato, 1981, I, 1225, che, quasi in un senso opposto, ha colmato la omissione della pronuncia di primo grado su un motivo di ricorso.

La giurisprudenza, a parte l'ipotesi di mero errore materiale nel

quale sia incorsa la sentenza di primo grado (che può essere corretto dal giudice di appello, entro certi limiti, purché sia stato in qualche modo denunciato, anche senza la proposizione di uno specifico moti vo di gravame: Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 1982, n. 120, id., 1982, I, 338; e che, in forza dell'art. 287 c.p.c., applicabile al

processo amministrativo, non può essere corretto dal giudice di primo grado, se la sentenza sia stata appellata, malgrado la previsione del l'art. 93 r.d. 17 agosto 1907 n. 642: T.A.R. Umbria 28 marzo

1980, n. 65, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 919), si occupa soprat tutto del caso nel quale la motivazione della sentenza del tribunale

amministrativo regionale sia genericamente carente, affermando che il Consiglio di Stato la può integrare, senza annullare la sentenza stes sa (e tanto meno senza dover rinviare il giudizio al tribunale stesso): sez. IV 22 febbraio 1980, n. 114 e 17 giugno 1980, n. 662, ibid., nn. 904, 903.

Sul potere del Consiglio di Stato di correggere la motivazione del le sentenze appellate, sez. IV 2 dicembre 1980, n. 1126, id., Rep. 1981, voce cit., n. 812; 6 luglio 1979, n. 566, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 884; 24 ottobre 1978, n. 937, ibid., n. 885; 27 maggio 1977, n.

533, e 7 giugno 1977, n. 578, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 1084, 1085; sez. V 15 aprile 1977, n. 320, id., 1978, III, 115, con nota di richiami.

This content downloaded from 46.243.173.84 on Sat, 28 Jun 2014 08:02:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended