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Sezione V; decisione 12 dicembre 1959, n. 1023; Pres. Macchia P., Est. Manzari; Albonetti ed altri...

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Page 1: Sezione V; decisione 12 dicembre 1959, n. 1023; Pres. Macchia P., Est. Manzari; Albonetti ed altri (Avv. Boccarini) c. Comune di Faenza (Avv. Reale)

Sezione V; decisione 12 dicembre 1959, n. 1023; Pres. Macchia P., Est. Manzari; Albonetti edaltri (Avv. Boccarini) c. Comune di Faenza (Avv. Reale)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 7 (1960), pp. 147/148-149/150Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151868 .

Accessed: 28/06/2014 11:55

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147 PARTE jTERZA 148

fronto di cifre, ma implica una valutazione comparativa di diversi progetti di opere. È chiaro che in questo con

fronto il vaglio economico non può essere separato da quello tecnico e, quindi, una offerta di ribasso non ha affatto il

significato di maggiore convenienza. Si osserva che l'of

ferta della Ditta Scanzani era basata su un progetto del tutto simile a quello della Ditta C.r.e.a., che aveva otte

nuto l'aggiudicazione (questo è pacifico, perchè anzi la

ricorrente assume che il progetto della Scanzani costi

tuisce un plagio di quello da essa presentato) ; e che quel l'offerta era stata valutata favorevolmente dal Gonio ci

vile. Ma queste considerazioni non sono tali da avvalorare

il giudizio contenuto nel provvedimento. Per garantire l'uniformità di criterio di valutazione, il

confronto fra il nuovo progetto e quello della Ditta ricor

rente avrebbe dovuto essere compiuto dallo stesso organo tecnico che aveva giudicato nel concorso, vale a dire dalla

Commissione nominata dal Comune, cui il Prefetto non

poteva esimersi dall'inviare l'offerta sopravvenuta. D'altra parte il parere del Genio civile non dà la certezza

della convenienza dell'offerta. Anzitutto è sintomatico che

il Genio civile si è espresso una prima volta con un atto, che l'Avvocatura non ha esibito e che, secondo le indiscre zioni dei giornali politici, avrebbe contenuto un giudizio del tutto sfavorevole ; inoltre anche il parere esibito con

tiene una cauta riserva, là dove si osserva che evidente mente la Ditta offerente può conseguire notevoli sconti sui

prezzi dei materiali necessari per gli allacciamenti. Ora, la riduzione dei costi di questi materiali, che costituisce

il principale elemento del ribasso (e a proposito della quale il Genio civile svela perplessità) sarebbe dipesa da un er

rore, secondo l'asserzione non smentita della ricorrente, e

cioè dal non essere stato considerato che la pressione

dell'acquedotto veniva mutata da 1-2 atmosfere a 5-7

atmosfere. Ma, comunque sia di ciò, è decisiva la circo

stanza che la Ditta, che aveva presentato l'offerta succes

siva all'aggiudicazione, non era specializzata e non era

quindi idonea ad assumere la gestione dell'acquedotto. È pacifico che non è mai stata presa in considerazione

la possibilità di affidare la gestione alla Ditta Scanzani.

Ma, se così è, l'offerta presentata da quella Ditta non doveva essere valutata ad alcun effetto, perchè non rap presentava, una concreta alternativa rispetto al progetto vincitore, non implicava una responsabilità del proponente e non dava per conseguenza alcuna garanzia di serietà.

Non si ravvisano congrue neppure le altre considera zioni adottate nel decreto prefettizio.

Il mancato esame dei prezzi da parte del Comitato non

poteva costituire motivo per negare l'approvazione, perchè quell'esame non poteva ess re richiesto prima dell'aggiudi cazione. Anche il rilievo concernente l'eccessività del mar

gine utile riservato all'impresa appare illogico nei termini

generici in cui è formulato. L'utile del 7,50% veniva cor

risposto non soltanto quale interesse del capitale impie gato, ma anche a copertura del rischio dell'organizzazione. Un tale utile non si può ritenere eccessivo, secondo le

regole della comune esperienza, alle quali anche il giudice di legittimità può attingere.

Quindi l'affermazione della Prefettura avrebbe dovuto

quanto meno essere sorretta da qualche riferimento spe cifico.

Per questi motivi, accoglie, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 12 dicembre 1959, n. 1023 ; Pres. Macchia P., Est. Manzari ; Albonetti ed altri (Avv. Boccarini) c. Comune di Faenza (Avv. Reale).

Alto amministrativo — Atto amministrativo plu rimo —■ Inscindibilità — I.imiti.

Giustizia amministrativa — Atto plurimo scindibile — Giudicato — Principio « inter partes » — Inde

rogabilità.

L'atto che, riferendosi a soggetti diversi, pone in essere, anche

se per motivi identici, altrettanti distinti provvedimenti, ciascuno dei quali può restare in vita o cadere indipen dentemente dalla sorte degli altri, secondo che l'interessato

abbia esperito o meno l'impugnazione giurisdizionale

per far valere un vizio, sia pure comune a ciascun prov vedimento, non è inscindibile ma plurimo. (1)

La distinzione tra cause obiettive e cause soggettive, che deter

minarono l'annullamento di un atto plurimo in sede giu

risdizionale, è improduttiva di conseguenze giuridiche ai

fini della determinazione dei limiti di applicabilità del

giudicato, perchè la sola natura inscindibile dell'atto può determinare la deroga al principio dell'efficacia inter

partes del giudicato. (2)

La Sezione, ecc. — Può ordinarsi la riunione dei tre

ricorsi indicati in epigrafe data la loro manifesta connes

sione.

Priva di consistenza è la censura mossa dai ricorrenti

alla decisione della Giunta prov. amm. di Faenza, per aver negato validità ultra partes del giudicato, col quale il Consiglio di Stato accolse il ricorso di quei dipendenti comunali, clie impugnarono la deliberazione n. 260 del

5 gennaio 1946 del Comune di Faenza, pronunziandone l'annullamento per difetto di votazione segreta.

È ferma giurisprudenza di questo Consiglio che le deci

sioni giurisdizionali amministrative hanno efficacia di giu dicato soltanto per le parti partecipanti al giudizio, con la

sola eccezione delle decisioni di annullamento di atti in

scindibili, nel qual caso il giudicato estende gli effetti ultra

partes. Nella specie non può riconoscersi nella deliberazione

n. 260 del 5 gennaio 1946 del Comune di Faenza un atto

inscindibile trattandosi invece manifestamente di un atto

plurimo, portante contestualmente diciannove singoli prov vedimenti di cessazione dal servizio per altrettanti dipen denti comunali arbitrariamente esclusi dal servizio.

La circostanza del tutto contingente ed estrinseca della contestuale adozione di tali provvedimenti con atto formal

mente unico, non dà certo all'atto stesso carattere di uni

tarietà sostanziale, nè muta la natura di ciascun provve dimento, che resta dagli altri distinto e indipendente nella

sua autonoma completezza sostanziale. Per siffatta ragione non ha pregio la considerazione che

l'annullamento fu pronunziato, a favore di quelli che impu gnarono l'atto, per un motivo di ordine obiettivo (difetto di votazione segreta), e non per cause ad essi personali, in

quanto non è sufficiente che sussista un vizio di legittimità sia pure effettivo, comune a tutti i singoli atti, racchiusi in unico provvedimento, a far sì che l'annullamento, conse

guito in sede giurisdizionale da alcuni di essi, valga anche

per gli altri pur se non impugnati. La distinzione tra cause

obiettive e cause soggettive dell'annullamento è improdut tiva, dunque, di conseguenze giuridiche ai fini delle deter

minazioni dei limiti di applicabilità del giudicato, perchè

(1) Cfr. in dottrina, Coletti, Su un particolare caso dì distin zione fra atti plurimi ed atti indivisibili, in Giur. Cass, civ., 1951, 2, 989, in nota alla decisione Cons. Stato, Sez. V, 31 marzo 1951, n. 228, riprodotta anche in Foro it., 1951, III, 250, con nota di richiami.

(2) Che il giudicato superi il principio inter partes solo per gli atti inscindibili e non anche per quelli semplicemente plurimi v. Cons. Stato, Sez. V, 26 aprile 1958, n. 265, Foro it., Hep. 1958, voce Giustizia amm., n. 374 ; Ad. gen. 24 febbraio 1955, n. 85, id., Rep. 1955, voce cit., n. 443. Sul principio generale dell'inter

partes, v. Sez. V 6 giugno 1958, n. 371, id., Rep. 1958, voce cit., n. 375. Nemmeno l'identità del vizio è sufficiente a far ritenere

l'obbligo della pubblica Amministrazione di annullare anche atti elle si riferiscono ad altri soggetti non intervenuti in giudizio. Così ha deciso la Sez. IV 31 maggio 1955, n. 415, id., Rep. 1955, voce cit., n. 220. La Sez. VI 12 novembre 1958, n. 840 (id., Rep. 1958, voce Concorso ad un impiego, n. 65) ha applicato i suddetti principi in tema di concorso ad un pubblico impiego.

In dottrina, v. Lentini, L'estensione del giudicato ammini strativo a coloro che non hanno preso parte al giudizio, in Corriere amm., 1955, 150 ; Vignocchi, Sull'efficacia soggettiva del giudi cato amministrativo, in Giur. Ca'ss. civ., 1953, 6° bim., 637.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

è solo la natura inscindibile dell'atto che può determinare

la deroga del principio della efficacia inter partes del giudi cato. E non inscindibile è l'atto che, riferendosi a soggetti

diversi, pone in essere, anche se per motivi identici, altret

tanti distinti provvedimenti, ciascuno dei quali può restare

in vita o cadere indipendentemente dalla sorte degli altri, secondo che l'interessato abbia esperito o meno l'impugna zione giurisdizionale per far valere un vizio, sia pure comune

a ciascun provvedimento. Va anzi notato che la richiesta dei ricorrenti di esten

sione a loro beneficio del giudicato di annullamento, otte

nuto da terzi, è stata proposta a oltre tre anni di distanza

dall'ultima delle decisioni di cui essi invocano l'applica

zione, e che, in particolare, il Santandrea pretende l'esten

sione del giudicato favorevole a terzi, dopo che si è formato

nei suoi confronti il giudicato contrario per aver egli tem

pestivamente impugnata la deliberazione in questione da

vanti alla Giunta prov. amm. di Faenza con esito sfavore

vole, contro il quale non propose impugnazione davanti al

Consiglio di Stato. Tuttavia sull'appello incidentale proposto

per tal motivo dal Comune di Faenza nei confronti del

Santandrea, non vi è luogo a pronunzia, trattandosi di

appello condizionato all'accoglimento del ricorso principale, che viene respinto.

Da ultimo va dichiarato inammissibile i) motivo, trat

tato in sede di discussione dalla difesa dell'Albonetti, che

ha sostenuto non aver avuto egli (quegli) conoscenza del

provvedimento di cessazione dall'ufficio, trovandosi in

stato di detenzione carceraria.

Tale motivo non è stato dedotto nel ricorso, il quale,

peraltro, investe non il provvedimento di cessazione dal

servizio, ma il diniego di estensione del giudicato, opposto col silenzio rifiuto dell'Amministrazione comunale.

Per questi motivi, respinge, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione IV ; decisione 11 dicembre 1959, n. 1180 ; Pres. C.

Bozzi P., Est. Meregazzi ; Brandimarte (Avv. Natali, De Cocci) c. Connine di Valle Castellana (Avv. D'Ad

dino), Ditta Amadio, Ministero dei trasporti (Avv. dello Stato Agrò).

(iiustizia amministrativa — Concessione «li auto

linee — Provvedimento impugnai» per incompe tenza del comune — Intervento « ad adiuvandum »

del Ministero dei trasporti — Inammissibilità (D.

pres. 28 giugno 1955 n. 771, decentramento dei servizi

del Ministero dei trasporti, Ispettorato generale della

motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, art. 46).

Automobili (servizio) — Concessione di autolinee —

Decentramento in favore dei comuni — Delimi tazione — Criterio geografico (D. pres. 28 giugno 1955 n. 771, art. 46, 1° comma, lett. a).

L'art. 46, lett. a, decreto pres. 28 giugno 1955 n. 771 attribui sce al sindaco il potere di accordare, previa conforme deli berazione del consiglio comunale, concessioni di autolinee,

svolgentisi integralmente nell'ambito del territorio del co mune ; nelle lettere b e c la stessa norma stabilisce i casi in cui, al di fuori di quello contemplato dalla lettera a, le concessioni di autolinee sono accordate, rispettiva mente, dagli ispettorati compartimentali o uffici distac cati della motorizzazione civile e dei trasporti, ovvero dal

Ministero dei trasporti ; è inammissibile, pertanto, l'in tervento ad adiuvandum del detto Ministero in un giu dizio in cui il privato, a tutela di un proprio interesse

legittimo, abbia impugnato una deliberazione comunale

di concessione per avere il comune provveduto in un caso in cui la competenza in materia era del Ministero stesso.( 1)

(1) Questa massima, come è precisato n Ila motivazione, parte dalla considerazione che il Ministero dei trasporti, in tema di

La potestà attribuita ai comuni di accordare concessioni di

autolinee, ai sensi dell'art. 46, leti, a, decreto pres. 28

giugno 1955 n. 771, è rigorosamente riconosciuta soltanto

^ nell'ambito della circoscrizione comunale, e il criterio da

m seguire per delimitare tale competenza territoriale non

può essere che quello oggettivo, geografico, non suscetti bile di alcuna deviazione o allargamento per ragioni di

^ carattere finalistico e funzionale. (2)

concessioni di autolinee, è titolare di un interesse primario, tutelabile in via autonoma in caso che il comune invada la sfera di propria competenza, come sopra attribuitagli nella soggetta materia.

Con ciò la Sezione riconferma la corretta interpretazione della deposizione di cui all'art. 46, lett. a, decreto pres. n. 771 del 1955, nel senso che con essa si è attuato un decentramento autarchico delle funzioni dello Stato al comune (vedi, nello stesso senso, Sez. IV 30 ottobre 1957, n. 984, Foro it., 1958, III, 94, con nota di Coletti, Sul decentramento autarchico in materia di concessione di autolinee, e richiami ivi ; da ultimo, 30 dicembre 1959, n. 1247, id., Rep. 1959, voce Automobili (servizio), nn. 65-67.

Giova rilevare che i conflitti di attribuzione tra diverse per sone giuridiche pubbliche (compresi quelli tra lo Stato e gli enti

pubblici minori, che vanno considerati, ad ogni effetto giuridico, quali soggetti distinti dallo Stato, cfr. Fodekabo, La perso nalità interorganica, Padova, 1957, pag. 98), ove la loro risoluzione non sia diversamente disciplinata (vedi art. 134 della Costitu zione in relazione all'art. 39 legge 11 marzo 1953 n. 87, che deman dano alla Corte costituzionale la risoluzione dei conflitti di attri buzione fra Stato e regioni e fra regioni) è demandata agli organi di giurisdizione amministrativa. Infatti, la violazione della sfera di attribuzione delle persone giuridiche pubbliche si concreta in un comune vizio di incompetenza che può essere accertato e censurato solo attraverso i normali mezzi di sinda cato dell'attività amministrativa (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 27 febbraio 1954, n. 11, Foro it., Rep. 1954, voce Costituzione della Repubblica, n. 57 ; Trib. sup. acque 12 giugno-1954, n. 25, Acque, bonif. e costruz., 1955, 48 ; Sez. VI 17 ottobre 1956, n. 697, Foro it., Rep. 1956, voce cit., n. 65).

Quest'ultima decisione mette in risalto che il conflitto d'attri buzioni fra Stato e Regione può essere elevato, in applicazione della citata legge 11 marzo 1953 n. 87, soltanto dallo Stato o dalla Regione ; mentre negli altri casi si risolve in una censura d'incompetenza, che va esaminata dal giudice adito.

Sui diritti pubblici dello Stato e degli enti pubblici minori verso i cittadini e di quelli di costoro verso i detti soggetti attivi della pubblica Amministrazione, nonché sulla possibilità di diritti pubblici nei rapporti dello Stato con gli enti pubblici minori, cfr. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, vol. I, pag. 185.

Vedi anche riferimenti in Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 1958, Foro it., 1958, III, 150 e 1959, III, 65, con nota di F. Bartolomei, Sull'interesse e la legittimazione ad agire dei comuni in materia di istituzione di pubblici mercati.

Sull'ammissibilità dell'intervento ad adiuvandum, cfr., da ultimo, Sez. V 9 gennaio 1960, n. 8, retro, 29, con nota di richiami, per quanto concerne l'inammissibilità dell'intervento in parola nel giudizio innanzi al Consiglio di Stato di chi sia titolare d'in teresse proprio, autonomo e indipendente da quello del ricorrente, ed avrebbe quindi dovuto proporre una impugnativa autonoma contro il provvedimento.

(2) È da notare che l'art. 46 del decreto pres. n. 771 del 1955 attua, come si è detto, in favore dei comuni un decentramento autarchico in materia di concessione di autolinee (vedi analo gamente l'art. 19 per le concessioni di filovie ; art. 20 per le con cessioni di funicolari aeree in servizio pubblico ; art. 26 per la concessione di sciovie, slittovie, rotovie ed altri mezzi di trasporto a funi senza rotaia). Il decentramento stesso, come mette in risalto la decisione annotata, poggia sul criterio della circoscri zione territoriale del comune.

Come pure ricorda la Sezione, le concessioni di autoservizi sono accordate dall'ispettorato compartimentale o ufficio distac cato della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, quando trattisi di autolinee che colleghino comuni di una stessa provincia, o che colleghino un comune con il proprio scalo ferro viario e con un aeroporto vicino, anche se situati in Provincie diverse, o quando trattisi di autolinee stagionali di durata non superiore a tre mesi e con itinerario diverso da quelli contemplati alla lett. a.

Per la delimitazione della competenza degli accennati organi periferici del Ministero dei trasporti è stato, perciò, adottato un duplice criterio : quello territoriale (criterio territoriale della circoscrizione provinciale) ; quello funzionale in relazione a

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