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sezione V; decisione 13 febbraio 1996, n. 197; Pres. Catallozzi, Est. Zeviani Pallotta; Bonardi(Avv. E. Merlino, Pelligra, C. Romano) c. Comune di Vigevano ed altro. Annulla Tar Lombardia,sez. III, 8 novembre 1991, n. 500Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 437/438-439/440Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191635 .
Accessed: 28/06/2014 11:01
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
in cui è eccezionalmente ammesso, solo nell'ambito dello stesso
profilo professionale, come si evince chiaramente dal più volte
citato art. 29 d.p.r. 761/79.
La sostituzione del primario del servizio di laboratorio di analisi
da parte del coordinatore biologo o clinico non sarebbe possibi le neanche come esercizio di mansioni superiori. Per essi, posto che l'art. 16 d.p.r. 128/69 riserva la direzione ad un primario, non si tratterebbe di mansioni superiori dello stesso profilo pro
fessionale, ma di mansioni diverse di altro profilo professionale. X. - Il carattere interdisciplinare del servizio di laboratorio
per analisi non può indurre a superare le argomentazioni che
precedono. Nonostante le interdisciplinarietà, si è voluto che la direzione
del servizio di laboratorio spetti ad un primario, ad un apparte nente alla posizione funzionale più elevata del profilo professio
nale di medico.
La fungibilità tra sanitari medici e non medici è prevista solo
a livello di direzione di settore, ma non a livello di laboratorio
(cfr. art. 16 d.p.r. 198/69). XI. - Non può d'altra parte sostenersi che la sostituzione da
parte di personale anche non medico sia imposta dalla esigenza
di assicurare comunque la continuità del servizio.
L'argomentazione avrebbe un suo peso ove si dimostrasse che,
senza l'affidamento della direzione del laboratorio ad un non
medico, l'attività di questo servizio verrebbe a cessare.
Ma ciò non è. L'organizzazione dei servizi di laboratorio pre
vede un organico di almeno un aiuto e solo in via eventuale
la presenza di un direttore biologo o chimico (cfr. art. 16, 6°
comma, d.p.r. 128/69: «...almeno un posto di direttore o coa
diutore o assistente chimico o biologo;...»).
Occorrerebbe, perciò, ipotizzare una situazione a tal punto
anomala che troverebbe difficile riscontro nella realtà dei fatti
e, comunque, ove si verificasse, costituirebbe uno «stato di ne
cessità», cui far fronte con eccezionali rimedi e, quindi, anche
con l'affidamento dell'incarico a personale non medico.
XII. - È possibile, escludendo la sostituzione con personale
non medico, che il direttore biologo o chimico di settore veda
un aiuto meno anziano o con meno titoli (se è possibile un
raffronto tra titoli di appartenenti a profili professionali diver
si) assumere in via interinale la direzione del laboratorio.
Si tratta certamente di un inconveniente, che però non ha
alcuna rilevanza sul piano interpretativo (adducere inconveniens
non est solvere argumentum). L'interesse del direttore biologo
o clinico è certamente meritevole di considerazione (ed il legi
slatore del 1993 mostra di averlo considerato), ma, fino a quan
do resta in vigore il d.p.r. n. 128 del 1969, non assurge alla
consistenza di interesse giuridicamente tutelato e rimane interes
se di mero fatto. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1996.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 13 febbraio 1996, n. 197; Pres. Catallozzi, Est. Zeviani Paixotta; Bonardi
(Avv. E. Merlino, Pelligra, C. Romano) c. Comune di Vi
gevano ed altro. Annulla Tar Lombardia, sez. Ili, 8 novem
bre 1991, n. 500.
Impiegato dello Stato e degli enti pubblici in genere — Idoneità
al servizio — Valutazione al momento dell'assunzione (R.d. 3 marzo 1934 n. 383, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 221).
Il requisito della sana e robusta costituzione fisica, in funzione dell'attitudine del lavoratore a svolgere le mansioni corrispon denti alla qualifica che dovrà rivestire, deve essere accertato
con riferimento al momento dell'assunzione e non a momenti
successivi del rapporto lavorativo. (1)
(1) Il Consiglio di Stato pone termine ad una vicenda iniziata sedici anni prima, con l'indizione di concorso pubblico a posti di seppellitore di 3° livello nel cimitero comunale di Vigevano, superato positivamente dal candidato che, successivamente, si era visto annullare la nomina
per difetto dei requisiti di sana e robusta costituzione necessari per l'as solvimento delle prestazioni richieste; una consulenza medica d'ufficio
disposta dal Tar Lombardia aveva dimostrato l'idoneità del candidato alle mansioni con riferimento all'epoca del concorso ma il tribunale aveva confermato l'impugnato provvedimento di annullamento della no mina in considerazione della possibilità di progressione negativa dell'in fermità accusata dall'interessato (confermata da una visita medica col
legiale eseguita nel 1990, cioè a distanza di quasi dieci anni dal concor
so), ritenendo che la condizione richiesta dall'art. 221 t.u. 383/34 «non
si esaurisce . . . nella mera idoneità fisica attuale (riferita cioè al mo mento della nomina) allo svolgimento di determinate mansioni. Essa
si sostanzia piuttosto nella integrità psico-fisica del soggetto connotata dalla assenza di infermità, malattie, precedenti clinici suscettibili di evol
vere negativamente peggiorandone le condizioni fisiche e/o incidendo sul suo rendimento lavorativo nel corso dello svolgimento del rapporto. In altri termini, tale requisito postula una prognosi favorevole in ordine alla capacità del soggetto di serbare integra, anche nel prosieguo del
rapporto e tendenzialmente sino alla sua naturale cessazione, l'attitudi ne iniziale all'espletamento delle mansioni per cui è stato assunto» (Tar Lombardia, sez. Ili, 8 novembre 1991, n. 500, Trib. amm. reg., 1992, I, 163). La interpretazione additiva del tribunale lombardo della norma
in esame, censurata dal Consiglio di Stato, non trova precedenti editi in termini, mentre la pronuncia espressa dalla massima in epigrafe (in termini, sostanzialmente, Tar Veneto 7 maggio 1984, n. 122, Foro it.,
Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 173) costituisce coerente ap
plicazione, da un lato, del principio generale sancito dall'art. 2 t.u. 3/57 secondo cui i requisiti per la partecipazione debbono essere posse duti in riferimento temporale alle operazioni concorsuali (normalmente, scadenza del termine per la presentazione delle relative domande per i requisiti di ammissione ovvero momento dell'assunzione in ruolo per i requisiti di nomina, quando ciò sia richiesto dalla natura del requisito, come nel caso di specie, v., explurimis, Cons. Stato, sez. IV, 3 marzo
1994, n. 469, id., Rep. 1994, voce Concorso a pubblico impiego, n.
34; sez. VI 24 settembre 1994, n. 1443, ibid., n. 35; 13 aprile 1994, n. 501, ibid., n. 36) e, dall'altro lato, corretta lettura dei diversi istituti
che regolano l'accertamento della permanenza dell'idoneità al servizio
in corso di rapporto e la eventuale risoluzione dello stesso (eventual mente ai sensi dell'art. 130 t.u. 3/57, v. Tar Puglia, sez. Lecce, 5 luglio 1982, n. 186, id., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 329), come
viene rilevato in motivazione.
Dopo l'esito favorevole della causa, non è dato di sapere se il ricor
rente conserva ancora l'interesse al posto di seppellitore di 3° livello
e se riuscirà mai a coronare questa aspirazione coltivata tenacemente
per tanti lustri ma è certo che riceverà dall'amministrazione comunale
il pagamento delle retribuzioni arretrate e la ricostruzione della posizio ne giuridica ed economica (come ordinato dalla decisione in epigrafe, secondo costante giurisprudenza: v. Cons. Stato, sez. V, 24 novembre
1992, n. 1366, id., Rep. 1993, voce Impiegato degli enti locali, n. 177)
per tutti i quindici e più anni trascorsi ad aspettare che, secondo l'anti
co detto, sul fiume passasse il cadavere del nemico . . .
Per riferimenti generali sul momento in cui devono essere posseduti i requisiti richiesti per la partecipazione ai concorsi pubblici, Cons. Sta
to, ad. plen., 21 ottobre 1989, n. 13, id., 1990, III, 153; sui requisiti di accesso al pubblico impiego e il divieto di discriminazione per sesso, Corte cost. 15 aprile 1993, n. 163, id., 1994, I, 696; sulle procedure
concorsuali, anche in riferimento alla riforma del pubblico impiego, Corte cost. 20 luglio 1994, n. 314 ed altre, ibid., 2594; sulla dispensa dal servizio per motivi di salute, Cons. Stato, sez. VI, 4 luglio 1994, n. 1129, id., 1995, III, 145; sulla restitutio in integrum del pubblico
dipendente destituito o sospeso illegittimamente dal servizio, Cons. Sta
to, commiss, spec., 14 marzo 1994, n. 317 e sez. VI 14 febbraio 1994, n. 155, id., 1994, III, 430.
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PARTE TERZA
Diritto. — L'appello è fondato. La questione centrale ai fini
del decidere è se il requisito della sana e robusta costituzione
fisica, necessario per l'accesso al pubblico impiego ai sensi del
l'art. 221 t.u. 3 marzo 1934 n. 383, debba essere accertato con
riferimento al momento dell'assunzione, ovvero si sia consenti
ta un'indagine relativa anche al prevedibile rendimento lavora
tivo del soggetto interessato nel corso dello svolgimento del rap
porto, potendosi valutare, a tal fine, una prognosi riguardante l'evoluzione in senso peggiorativo di eventuali patologie in atto.
Ritiene il collegio che il primo dei due criteri suindicati debba seguirsi alla luce dei principi di logica giuridica e costituzionali, non potendo condividersi il secondo criterio, posto alla base
della motivazione della sentenza appellata.
Questa sezione ha già chiarito (cfr. la decisione 2 agosto 1989,
n. 467, Foro it., Rep. 1990, voce Concorso a pubblico impiego, n. 49) che il requisito della sana e robusta costituzione, essendo
richiesto in funzione dell'attitudine del lavoratore a svolgere le
mansioni corrispondenti alla qualifica che dovrà rivestire, va
valutato in maniera diversa a seconda del servizio da espletare. Ciò posto, la necessità che l'accertamento in questione debba
essere effettuato con riferimento al momento dell'assunzione —
quando, cioè, l'interessato viene chiamato a svolgere le mansio
ni lavorative di cui trattasi — e non a momenti successivi del
rapporto lavorativo, deriva, anzitutto, dal generale principio di
certezza giuridica, contenendo sempre la prognosi circa l'evolu
zione delle condizioni fisiche del soggetto un elemento di even
tualità e di incertezza.
Inoltre, anche ammettendo che in determinate ipotesi sia pos sibile prevedere con certezza che vi sarà un peggioramento delle
condizioni dell'interessato nel corso del rapporto di lavoro, tale
da escludere che in futuro egli possa continuare a svolgere pro ficuamente le mansioni che gli saranno affidate, ciò sarebbe,
comunque, irrilevante, dovendo valutarsi l'attitudine al lavoro
con esclusivo riferimento al momento dell'assunzione, in osser
vanza di fondamentali principi costituzionali.
Dall'art. 1 della Costituzione («l'Italia è una repubblica fon
data sul lavoro»), posto anche in relazione agli art. 2 e 3, 2°
comma, in base ai quali l'ordinamento ha il dovere di assicura
re, per quanto possibile, a ciascun cittadino l'esplicazione della
propria personalità, della quale il diritto al lavoro costituisce
una componente essenziale, deriva, infatti, che l'accesso al la
voro deve sempre essere reso possibile, ove sussistano le altre
prescritte condizioni di legge — nel pubblico impiego, di rego
la, il superamento di apposita prova selettiva — per coloro che
possiedono i necessari requisiti attitudinali. Né può assumere
rilievo il fatto che, in dipendenza del prevedibile aggravamento di un quadro clinico, che pur al momento consente il proficuo
svolgimento delle mansioni da espletare, si potrà verificare in
futuro l'inidoneità al servizio del lavoratore, poiché — alla luce
dei principi costituzionali suindicati — il diritto al lavoro deve comunque essere tutelato, anche se in prospettiva di un suo pos sibile esercizio solo per un periodo limitato nel tempo.
D'altra parte, nel caso di sopravvenuta inidoneità del lavoro
ratore, l'ordinamento offre specifici rimedi al datore di lavoro
onde prevenire alla risoluzione del rapporto, potendo — nel
pubblico impiego — l'amministrazione adottare l'apposito prov vedimento di decadenza, con effetto, peraltro, dal momento del
l'accertata inidoneità al servizio del dipendente. Nella specie, pertanto, erroneamente la sentenza appellata,
pur prendendo atto dei risultati di una consulenza tecnica, di
sposta in istruttoria dallo stesso Tar, che aveva attestato che
il ricorrente — affetto da patologia agli arti inferiori ben tratta
ta chirurgicamente — era in condizioni di eseguire in piena effi
cienza all'epoca dell'espletamento del concorso (anni 1980-1981) tutte le mansioni relative alla qualifica di «seppellitore» da rico
prire, ha ritenuto che l'interessato non potesse vantare il requi sito della sana e robusta costituzione a causa del prevedibile
aggravamento delle sue condizioni, che avrebbe potuto determi
nare in futuro una sua inidoneità al servizio.
Al contrario, dovendosi l'idoneità al servizio, connessa al re
quisito della «sana e robusta costituzione» di cui trattasi, essere
valutata con riferimento al momento in cui l'assunzione avreb
be dovuto effettuarsi, deve ritenersi che tale requisito fosse, al
l'epoca, posseduto dal ricorrente, in base ai chiari ed univoci
risultati della consulenza tecnica di ufficio, che conferma —
Il Foro Italiano — 1996.
del resto — gli ampi e documentati accertamenti prodotti dal
ricorrente stesso.
L'appello merita, pertanto, accoglimento e deve, per l'effet
to, in riforma della sentenza appellata, annullarsi la delibera
zione 28 aprile 1981, n. 821, con la quale la giunta municipale ha annullato la nomina in ruolo del ricorrente nel posto di «sep
pellitore». Giova, al riguardo, chiarire che, per effetto di tale
annullamento, rivivendo il precedente provvedimento di nomi
na, dovrà essere ricostituita la posizione giuridica ed economica
del ricorrente, con diritto al pagamento delle retribuzioni arre
trate — detratto, peraltro, quanto eventualmente percepito nel
corrispondente periodo dall'interessato in dipendenza dello svol
gimento di altre attività lavorative — maggiorate di rivalutazio
ne monetaria ed interessi legali.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 26 gennaio 1996, n. 85; Pres. Ancora, Est. Di Napoli; Soc. Lombardi Ecolo
gia (Aw. Dodaro, Guarino), c. Comune di Conversano (Aw.
Follieri, Lofoco). Annulla Tar Puglia 1° ottobre 1991, n. 379.
Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Zona agricola —
Impianto di discarica — Concessione edilizia — Legittimità
(L. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 7, 31).
Salvo diverse previsioni normative e qualora il piano regolatore
generale non preveda apposite localizzazioni, è legittima la
realizzazione di un impianto di discarica in zona agricola, giac ché la classificazione di aree come agricole non impone un
obbligo di utilizzazione effettiva in tal senso, e consente, di
regola, interventi edilizi di vario genere. (1)
(1) La decisione si riallaccia alla corrente giurisprudenziale che, in conformità ad un concetto residuale di zona agricola, desumibile dalla
legislazione nazionale, consente la localizzazione di impianti o strutture non necessariamente destinate all'agricoltura in senso stretto, ripropo nendo il controverso problema dell'utilizzazione della zona agricola a fini diversi da quelli strettamente legati all'agricoltura e alla valorizza zione del patrimonio agricolo, o alla salvaguardia delle condizioni di vivibilità della popolazione, intendendo viceversa la zona agricola sem
plicemente come limite all'incremento edilizio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 1993, n. 968, Foro it., 1994, III, 225, con nota di
richiami, cui adde sez. IV 7 luglio 1988, n. 578, id., Rep. 1988, voce Sanità pubblica, n. 357).
Su questa linea viene considerato illegittimo il diniego di concessione
per l'installazione in zona agricola di impianti idroelettrici (Trib. sup. acque 18 febbraio 1991, n. 7, id., Rep. 1991, voce Edilizia e urbanisti
ca, n. 487); per la costruzione di un impianto ittico (Trib. sup. acque 30 ottobre 1991, n. 61, ibid., voce Opere pubbliche, n. 94); di una stalla per bovini (Cons. Stato, sez. V, 6 marzo 1990, n. 240, id., Rep. 1990, voce Sanità pubblica, n. 425); di una stalla con annessa conci maia (Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 1986, n. 565, id., Rep. 1986, voce Edilizia e urbanistica, n. 386).
A tale indirizzo si oppone una giurisprudenza che rifiuta la concezio ne residuale della zona agricola, in linea con una certa legislazione re gionale, orientata ad una più precisa differenziazione delle zone agrico le, in funzione delle esigenze dell'agricoltura. Così, in netto contrasto con la decisione in epigrafe, si ritiene illegittima l'autorizzazione ad una discarica di rifiuti in zona agricola, comportando tale autorizzazio ne una evidente violazione della destinazione di zona urbanistica (Tar Lazio, sez. II, 22 settembre 1986, n. 1868, id., Rep. 1987, voce cit.,
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