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Sezione V; decisione 14 giugno 1963, n. 420; Pres. Vozzi, Est. Laschena; Soc. Terme di S. Pellegrino...

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Sezione V; decisione 14 giugno 1963, n. 420; Pres. Vozzi, Est. Laschena; Soc. Terme di S. Pellegrino e Soc. gestione Fonti minerali (Avv, Cassola) c. Comune di S. Pellegrino Terme (Avv. Jemolo, Majno), Commissione provinciale di Bergamo (Avv. dello Stato Petroni), Giunta prov. amm. di Bergamo Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 359/360-363/364 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152908 . Accessed: 25/06/2014 10:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.115 on Wed, 25 Jun 2014 10:39:43 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione V; decisione 14 giugno 1963, n. 420; Pres. Vozzi, Est. Laschena; Soc. Terme di S.Pellegrino e Soc. gestione Fonti minerali (Avv, Cassola) c. Comune di S. Pellegrino Terme (Avv.Jemolo, Majno), Commissione provinciale di Bergamo (Avv. dello Stato Petroni), Giunta prov.amm. di BergamoSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 359/360-363/364Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152908 .

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PARTE TERZA

disciplinato da particolari norme legislative, è lo stesso

che affermare, per lo Stato e per gli enti pubblici, di or

ganizzare un servizio pubblico, o di svolgere una funzione

pubblica, per mezzo di personale impiegatizio, dove la

stessa materia possa formare oggetto di libera attività

professionale : si potrebbe giungere, così, ad affermare

che le pubbliche Amministrazioni non possono istituire

propri ruoli di avvocati, o di medici, o di ingegneri, perchè in tal modo un certo numero di liberi professionisti tende

a trasformarsi in pubblici impiegati, e perchè un certo

numero di affari sono trasferiti dal settore della libera

attività professionale a quello della prestazione impiegatizia. Dev'essere quindi disattesa l'istanza di rimessione degli

atti alla Corte costituzionale.

La Sezione deve quindi procedere all'esame delle cen

sure, che investono direttamente gli atti impugnati : e

non è necessaria l'ulteriore istruttoria richiesta dal ricorrente

sul procedimento in corso perla revisione della pianta or

ganica, trattandosi di indagine irrilevante, perchè vertente

su atti successivi a quelli che formano oggetto del pre sente ricorso.

Il ricorrente ritiene, che l'istituzione delle farmacie

comunali consente la deroga alle norme ordinarie, solo in

presenza di eccezionali esigenze, e nell'impossibilità di

procedere alla revisione, ordinaria o straordinaria, della

pianta organica (secondo motivo). E perciò, secondo un

principio che vuol dedurre dalla dec. IV Sez. 29 luglio 1955, n. 574 (Foro it., Rep. 1955, voce Farmacia, nn. 39-42), sostiene che nella specie non sarebbe stata sufficiente la

dimostrazione della « pubblica utilità » dell'istituzione, ma

sarebbe occorsa in più quella della « necessità » (terzo motivo) : in verità, la decisione citata parla più volte di

« valutazione della necessità » : ma difetta in essa qualsiasi

comparazione tra il concetto di « utilità » e di « necessità », donde possa arguirsi che, usando il secondo dei citati

termini, il Consiglio di Stato abbia voluto riferirsi ad « esigenze eccezionali » e non a quelle esigenze, che nor malmente inducono alla istituzione di nuove farmacie. E che tali ultime, e non altre, legittimano l'istituzione delle farmacie comunali, è stato successivamente chiarito con le decisioni della stessa Sezione 30 ottobre 1959, n. 1053, cit. e 25 ottobre 1960, n. 891 (id., Kep. 1960, voce cit., n. 29). Di conseguenza, è motivazione sufficiente quella contenuta nel parere del Consiglio provinciale di sanità, « che l'istitu zione di farmacie nel Comune di Milano, specie in località

distanti ed eccentriche rispetto al capoluogo ed agli eser cizi preesistenti corrisponde a vivi interessi della cittadi nanza ed in particolare delle popolazioni periferiche » ; tanto più che la Giunta provinciale amministrativa, nel

l'approvare la deliberazione di massima, che prevedeva l'istituzione di ben 40 farmacie, aveva segnalato l'esigenza di procedere con criterio di gradualità, riesaminando la effettiva necessità dell'istituzione, e comunque l'ubicazione di alcune delle farmacie previste ; e che a ciò il Comune si è conformato, limitando al numero di 25 gli esercizi istituiti.

Tale motivazione non può divenire illegittima (quarto motivo) per qualche considerazione ultronea contenuta nella deliberazione del Consiglio comunale 26 marzo 1962, come quella relativa alla « funzione calmieratrice » delle farmacie comunali sui prezzi dei medicinali, che viceversa sono fissati dalle autorità competenti. Ed in verità la deli berazione parla anche di funzione calmieratrice « indiretta,

per i suggerimenti e le proposte che un servizio farmaceutico di siffatte proporzioni, gestito per giunta da un ente pub blico alieno da qualsiasi fine speculativo non mancherà di far pervenire alle autorità statali » : nei quali limiti, la considerazione sembra esatta. È poi ugualmente chiaro, che quando pure le farmacie private siano « convenzionate »

per la somministrazione gratuita dei medicinali ai poveri, la gestione del relativo servizio direttamente a mezzo d'azienda comunale può realizzare un'economia per il comune ed un vantaggio per gli utenti se non altro per le

semplificazioni amministrative che si possono realizzare.

(Omissis) Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 14 giugno 1963, n. 420 ; Pres. Vozzi, Est. Laschena ; Soo. Terme di S. Pellegrino e Soc.

gestione Fonti minerali (Avv, Cassola) c. Comune di

S. Pellegrino Terme (Avv. Jemolo, Majno), Commis

sione provinciale di Bergamo (Avv. dello Stato

Petroni), Giunta prov. amm. di Bergamo.

Tasse e imposte comunali — Aeque minerali — De

terminazione del valore e della aliquota d'imposta relativa — Impugnativa — Giurisdizione del

Consiglio di Stato (Legge 2 luglio 1952 n. 703, dispo sizioni in materia di finanza locale, art. 11).

Tasse e imposte comunali — Speciale diritto sulle

acque minerali — Natura — Determinazione

dell'ammontare — Criterio e procedimento (Legge 2 luglio 1952 n. 703, art. 6, 11).

Tasse e imposte comunali — Acque minerali —

Ammontare del valore determinato dalla com

missione provinciale — Contestazione — Inam

missibilità — Fattispecie (Legge 2 luglio 1952 n. 703, art. 11).

Tasse e imposte comunali — Speciale diritto sulle

acque minerali — Incostituzionalità —- Questione manifestamente infondata (Costituzione della Re

pubblica, art. 3, 23, 24, 103, 113).

Il Consiglio di Stato è competente a conoscere del ricorso con

il quale si impugna il calcolo del valore delle acque mine

rali da tavola, operato dalla commissione prevista dall'art.

11 della legge 2 luglio 1952 n. 703, nonché la determinazione della relativa aliquota d'imposta effettuata dal comune. (1)

Ai fini della determinazione dell'ammontare dello speciale di

ritto, avente natura di imposta comunale, istituito sulle acque da tavola minerali e naturali dall'art. 6 della legge 2 luglio 1952 n. 703, il valore delle acque stesse può stabilirsi con

riferimento al loro prezzo di mercato attraverso la determi nazione dei costi corrispondenti alle varie operazioni cui le acque sono sottoposte per il loro sfruttamento commerciale, ed è legittima l'applicazione del procedimento prescritto per la determinazione dell'ammontare delle imposte di consumo. (2)

È inammissibile, perchè investe il merito dell'apprezzamento dell'amministrazione, la censura con la quale si contesti come eccessivo l'ammontare dei valori delle acque minerali da tavola, determinati dalla commissione prevista dal l'art. 11 della legge 2 luglio 1952 n. 703. (3)

È manifestamente infondata la questione d'incostituzionalità dell'art. 6 della legge 2 luglio 1942 n. 703 (che istituisce uno

(1) Conforme la decisione della stessa Sezione 30 maggio 1959, n. 310, Foro it., Rep. 1959, voce Competenza civ., n. 133 (pronunciata su altro ricorso delle Società gestione Fonti mine rali e Terme di S. Pellegrino), richiamata nella motivazione della presente.

Con sent. 2 marzo 1963, in questo volume, I, 594, con nota di richiami, il Tribunale di Bergamo ha ritenuto il giudice ordi nario competente a conoscere della domanda dal concessionario diretta a far dichiarare l'illegittimità della deliberazione, con la quale il comune ha applicato il diritto di asportazione delle acque minerali da tavola al valore imponibile, determinato di anno in anno dalla commissione provinciale, istituita con l'art. 22 del t. u. per la finanza locale.

La decisione dell'Adunanza plenaria 30 maggio 1962, n. 5, citata in motivazione, leggesi in questa rivista, 1962, III, 260.

(2) Nei precisi termini della massima, cons. Sez. V 30 di cembre 1960, n. 1075, Foro it., 1961, III, 1, con nota di richiami, tra i quali Sez. 30 dicembre 1960, n. 1074, citata in motivazione.

Per qualche riferimento, nel senso che il regime delle miniere si applica alle acque termali e minerali che sono « industrial mente utilizzabili », cons. Trib. Terni 27 giugno 1962, in questo volume, I, 1511, con nota di richiami.

(3) La massima, nei cui precisi termini non si rinvengono precedenti, è espressione di un principio ormai consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (cons., fra le più recenti, Sez. IV 5 ottobre 1959, n. 865, Foro it., Rep. 1959, voce Giu stizia amministrativa, n. 323).

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361 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 362

speciale diritto, avente natura d'imposta comunale, sulle

acque da tavola minerali e naturali in favore dei comuni

dove trovansi le relative sorgenti, purché non si tratti di

acque formanti oggetto di monopolio di Stato), per il con

trasto che si assume sussistere con gli art. 3, 23, 24, 103, 113 della Costituzione. (4)

La Sezione, ecc. — I due ricorsi possono essere riuniti

per ragioni di connessione, ai sensi dell'art. 52 del vigente

regolamento di procedura, approvato con r. decreto 17

agosto 1907 n. 642.

In via preliminare, va disattesa l'eccezione di difetto

di giurisdizione di questo Consiglio, sollevata dalla difesa

del Comune.

La competenza giurisdizionale del giudice amministra

tivo viene contestata sul rilievo che le Società ricorrenti

negano in radice l'applicabilità delle norme invocate e,

quindi, l'esistenza del potere di imposizione e che, ove tale

assunto fosse ritenuto fondato, la cognizione della questione sarebbe demandata, secondo i noti principi discriminatori

delle competenze, al giudice ordinario.

R.leva la Sezione che oggetto dell'impugnativa sono

la determinazione, da parte di apposita Commissione, del

valore delle acque minerali e la determinazione, da parte del Consiglio comunale di S. Pellegrino Terme, dell'aliquota di imposta, calcolata sulla base di quel valore. Trattasi di

provvedimenti generali, istitutivi del tributo comunale e

preliminari al concreto atto impositivo, emessi (cfr. Sez. V

30 maggio 1959, n. 310, Foro it., Eep. 1959, voce Compe tenza civ., n. 133) dalla pubblica Amministrazione nell'eser

cizio di un potere non vincolato, ma rimesso, con l'osser

vanza di alcune formalità, all'apprezzamento discrezionale

della medesima.

Di fronte a tali provvedimenti, giusta costante giurispru

denza, non si configurano posizioni di diritto soggettivo dei

destinatari, ma soltanto di interesse legittimo. Si aggiunge che, secondo un principio ormai consoli

dato (Ad. plen. 30 maggio 1962, n. 5, Foro it., 1962, III,

260), il criterio di discriminazione delle competenze giu risdizionali del giudice ordinario e del giudice amministra

tivo va desunto non soltanto dal petitum, ma anche e so

prattutto dalla causa petendi, la quale va riguardata non

sulla base della rappresentazione soggettiva (c. d. prospet

tazione), che ne dà il ricOTrentST ma nella sua consistenza

oggettiva. Pertanto, il semplice diniego della esistenza della

norma, su cui si fonda il provvedimento impugnato, o

della sua applicabilità al caso, in altri termini, la contesta

zione in radice del potere amministrativo, non implica come necessaria conseguenza la declinatoria della compe

tenza giurisdizionale del giudice amministrativo, il quale,

invece, deve anzitutto accertare se esista la norma invocata

e se la medesima sia applicabile. Tale accertamento si pone come pregiudiziale alla questione di giurisdizione : e, nella

specie, giusta le considerazioni che seguono, è indubbia

l'esistenza, nonché l'applicabilità, delle norme invocate.

Le questioni, oggetto dei presenti ricorsi, sono state

già esaminate dalla Sezione con le decisioni 30 maggio 1959,

n. 310, cit., e 30 dicembre 1960, n. 1074 (Foro it., Rep. 1960,

voce Tassa sul consumo, nn. 149-155), pronunciate su ri

corso della Soc. Terme S. Pellegrino e dalle quali il Collegio non ritiene di discostarsi.

Le questioni di illegittimità amministrativa, poiché sono dirette a contestare l'applicabilità delle norme invo

cate, vanno esaminate prima delle questioni di illegittimità costituzionale il cui esame presuppone logicamente il rico

noscimento della applicabilità delle norme stesse.

L'art. 6 della legge 2 luglio 1952 n. 703 stabilisce che

(4) Oltre alla conforme V Sez. 30 dicembre 1960, n. 1075,

dianzi citata, cons. Corte cost. 18 giugno 1963, n. 93, in questo

volume, I, 1529, con nota di richiami, che ha riconosciuto infon

data la questione di costituzionalità dell'art. 6 legge 2 luglio 1952 n. 703, in riferimento all'art. 23 della Costituzione.

Corte cost. 30 gennaio 1962, n. 2, richiamata nel testo del

l'annotata decisione, è pubblicata in questa rivista, 1962, I,

169, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — Volume LXXXV1 — Parte 111-25.

«in favore dei comuni dove trovansi le sorgenti di acqua da tavola minerali e naturali, anche se artificialmente gas sate, e non formanti oggetto di monopolio dello Stato, è

autorizzata l'imposizione di uno speciale diritto, non supe riore al 3% del valore, all'atto dell'asportazione ». , ^

Lo « speciale diritto », istituito dal predetto art. 6, è

una imposta che non si differenzia, quanto alla sua desti

nazione, delle altre imposte a favore del comune. Esso, in

vero, non può essere inquadrato nella vasta categoria delle,

imposte di consumo, perchè le acque minerali già risultano

assoggettate ad imposta di consumo e anche, e soprattutto,

perchè è istituito e disciplinato con riferimento a situazioni

che notevolmente differiscono da quelle contemplate nella

disciplina legale delle stesse imposte di consumo. Queste sono dovute nel comune di consumo ; il tributo in questione, invece, è dovuto nel luogo dal quale le acque sono asportate. Ciò importa una notevole differenza nella determinazione

del soggetto passivo e dell'atto generatore d'imposta e, in conseguenza, la diversa classificazione del tributo.

Il « diritto speciale », previsto dal citato art. 6, può essere,

tuttavia, assimilato, per taluni aspetti, alle imposte di

consumo, in quanto va commisurato al « valore » della merce.

Si sostiene che l'art. 6, non potendo essere inquadrato

organicamente nel sistema dei tributi comunali, « così

come è formulato non può ricevere applicazione ». Ma, anche

a voler seguire le Società ricorrenti nel loro ragionamento circa le asserite imperfezioni nella formulazione della

norma, introdotta nel testo legislativo soltanto nel corso

della discussione del progetto nell'aula del Senato, contro

il parere della maggioranza della Commissione e del Mi

nistro, non può ritenersi fondato l'assunto che la legge non

conterrebbe le disposizioni occorrenti per la concreta appli cazione dello stesso art. 6.

La difesa del Comune rileva esattamente che l'interpre tazione abrogante di una legge è l'ultima cui possa farsi

ricorso in sede dottrinale e giurisprudenziale, poiché il

principio conservativo degli atti giuridici, affermato con

particolare riguardo ai contratti e ai testamenti, vale a

fortiori per gli atti legislativi. La legge va considerata nel

suo complesso e non soltanto nelle singole disposizioni, iso

latamente prese. L'art. 6, ad avviso delle ricorrenti, sarebbe inapplica

bile per la mancanza di un organo investito della sua attua -

zione, perchè la Commissione istituita dall'art. 22 t. u.

delle leggi sulla finanza locale 14 settembre 1931 n. 1175,

sarebbe competente soltanto in ordine all'accertamento

dei valori ai fini delle imposte di consumo.

Ma la tesi non ha fondamento. L'art. 6 della legge n. 703

del 1952 istituisce « uno speciale diritto non superiore al

3% del valore ». L'art. 22 t. u. n. 1175 del 1931, nel testo

modificato dall'art. 11 della stessa legge 2 luglio 1952

n. 703, recita, al 5° comma : « Per le imposte stabilite sul

valore, questo è determinato, nell'ottobre di ogni anno,

sulla media dei prezzi dei dodici mesi precedenti, da una

commissione provinciale... ».

Quindi, nessun riferimento specifico ed esclusivo alle

imposte di consumo si rinviene nella norma, ma soltanto

quello alla più lata categoria delle imposte sul «valore»,

e l'esigenza di determinare il valore del genere assoggettato a tributo si presenta tanto per le imposte di consumo

quanto per il diritto speciale in esame.

L'ulteriore argomento dedotto dalle ricorrenti, che cioè

l'art. 22 è collocato nel capo III, dal titolo «imposte di

consumo », non può essere atteso.

Il titolo della legge non è determinante per qualificarne il contenuto. D'altra parte, in altro articolo (25) dello stesso

capo III erano originariamente previsti, oltre ai diritti

accessori, anche diritti speciali, certamente diversi dalle

imposte di consumo.

Non si contesta poi che l'art. 10 del decreto legisl. luog. 29 marzo 1947 n. 177, per il quale i comuni potevano essere

autorizzati a istituire imposte di consumo su tutti i generi

e, inoltre, in casi particolari, un diritto nella misura, mas

sima del 5% sul valore dei generi di larga produzione locale,

sia stato abrogato. È però un precedente di cui è stato te

nuto conto in sede legislativa, che vale a dimostrare come il

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363 PARTE TERZA 364

diritto speciale, istituito dall'art. 6, non sia una novità assoluta nel sistema.

L'art. 22 t. u. 14 settembre 1931 n. 1175, nel testo modificato dall'art. 11 della legge 2 luglio 1952 n. 703, è

quindi applicabile nella specie in via di estensione e non in via analogica.

Al riguardo nulla rileva che i << valori », ai fini dell'appli cazione delle imposte di consumo e del « diritto speciale », debbano essere determinati in base a criteri diversi. La giu risprudenza ha già osservato che, pure se, per la particolare conformazione stabilita dal legislatore, nell'ipotesi del « di ritto speciale » non può farsi diretto riferimento al prezzo di mercato, occorre sempre partire da questo, per giungere, attraverso una serie di operazioni di depurazione dei costi, attinenti al processo cui le acque sono sottoposte per il loro sfruttamento commerciale, alla determinazione del valore.

Trattasi, anche in questo caso, di un accertamento di valore di prodotti in commercio ; accertamento, per il quale la legge ha previsto un particolare procedimento di ufficio, cui non può arbitrariamente sostituirsene un altro, non

contemplato da alcuna norma, come pretendono le Società ricorrenti.

Neppure sono fondate le ulteriori censure di eccesso di

potere per travisamento dei fatti e per manifesta ingiu stizia.

Si deduce che ad altre acque, sorgenti anche in altre

province, è stato attribuito un valore minore dalle rispet tive commissioni provinciali e si riportano le determinazioni di valore, relative ad alcune di queste acque. Ma nessuna

prova è stata fornita in ordine alla pretesa disparità di trattamento e al travisamento dei presupposti di fatto, in cui sarebbe incorsa la Commissione provinciale di Ber

gamo. In effetti, la censura è diretta a contestare i valori determinati da quest'ultima sotto il profilo dell'eccessività della loro misura e, pertanto, in quanto investe il merita

dell'apprezzamento della Commissione, è inammissibile. È pure da escludere che il provvedimento in esame sia vi

ziato per difetto di motivazione. Al riguardo, si osserva (Sez. V 30 maggio 1959, n. 310, cit.) che ogni determinazione di valore, così come la determinazione di tariffe o l'attribuzione di punteggi, contiene la sua motivazione nella valutazione che esprime. Nella specie, peraltro, la Commissione ha dato un'ulteriore motivazione attraverso l'espresso richiamo ai criteri stabiliti dal Ministro delle finanze con la circolare 3

agosto 1954, n. 7, così dichiarando di aver tenuto conto del valore « che le acque hanno al momento in cui sgorgano e non quello che vengono ad assumere in conseguenza delle

operazioni di imbottigliamento e successive ». Le Società ricorrenti denunciano, infine, la illegittimità

costituzionale dell'art. 6 della legge 2 luglio 1952 n. 703 e dell'art. 22 t. u. 14 settembre 1931 n. 1175, nel testo modi ficato dall'art. 11 della legge n. 703, sotto vari profili.

Le censure sono rilevanti ai fini del decidere, in quanto dal loro accoglimento deriverebbe la illegittimità delle norme suddette e, quindi, quale necessaria conseguenza, l'annul lamento dei provvedimenti impugnati, che si fondano sulle medesime. Esse, però, sono manifestamente infondate :

— sull'art. 6 della legge 2 luglio 1952 n. 703 : a) l'art. 120 della Costituzione pone limiti ai poteri

impositivi delle Regioni e, pertanto, non può essere invo cato al fine di dedurne la illegittimità di una imposizione disposta da una legge dello Stato ;

b) la riserva relativa di legge, prevista dall'art. 23 della Costituzione in ordine all'imposizione di prestazioni patrimoniali, non implica che tutti gli elementi del tributo debbano essere rigorosamente predeterminati dalla legge stessa, essendo consentito all'autorità amministrativa inte grarne entro determinati limiti la disciplina. La Corte co stituzionale ha ritenuto che il principio della « riserva » sia osservato, quando la legge determini la misura massima del tributo, i soggetti del rapporto, e cioè i criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore nell'eser cizio del potere attribuitogli (sentenza 30 gennaio 1962, n. 2, Foro it., 1962, I, 169).

Ora l'art. 6 chiaramente determina la misura massima della imposizione (3% del valore), i soggetti del rapporto

(il comune, nel cui territorio sgorgano le acque, e il soggetto che le « asporta »). Gli ulteriori criteri di applicazione si

desumono dall'art. 22 t. u. n. 1175 del 1931, modificato

dall'art. 11 della legge n. 703 del 1952, che, in base alle pre cedenti considerazioni, è applicabile anche ai fini della de

terminazione dello « speciale diritto », di cui si controverte ; — sull'art. 22 t. u. 14 settembre 1931 n. 1175 :

a) anzitutto non sussiste il preteso contrasto con

l'art. 24 della Costituzione (« tutti possono agire iu giudizio per la tutela dei propri diritti o interessi legittimi. . »).

La disposizione dell'art. 22 t. u. citato, nel disciplinare il procedimento di determinazione del « valore », prevede, invero, che il solo comune può ricorrere in via amministra

tiva avverso la determinazione della commissione provin ciale. Nulla è, invece, disposto dei rimedi di carattere giuris dizionale, per l'esperimento dei quali trovano, quindi, ap plicazione i principi generali ; è, perciò, consentito anche al privato far valere l'illegittimità degli atti precedenti insieme con la deliberazione istitutiva del tributo, che è atto terminale del procedimento ;

b) neppure sussiste violazione dell'art. 3 della Costi

tuzione, poiché la concessione del suddetto rimedio ammi

nistrativo al solo comune trova giustificazione nella diver sità di posizione dell'ente rispetto agli altri soggetti, cioè ai contribuenti, ma anche e soprattutto perchè fino al mo mento della conclusione del procedimento, il privato non ha

interesse, concreto e attuale, all'impugnazione. E il prin cipio di eguaglianza, affermato dall'art. 3, non importa la

illegittimità di norme che stabiliscono trattamenti differen ziati fra varie categorie di soggetti, ove le medesime siano

giustificate dalla diversità delle rispettive posizioni ;

c) gli art. 103 e 113 della Costituzione consentono un

generale esercizio dei rimedi giurisdizionali avverso gli gli atti della pubblica Amministrazione, a tutela degli in teressi legittimi, e, in particolari materie, dei diritti sogget tivi dei cittadini, ma non esigono che la giurisdizione del

Consiglio di Stato si estenda, in ogni caso, al merito ammi nistrativo.

Per le suesposte ragioni, i due ricorsi riuniti vanno re

spinti, dichiarandosi manifestamente infondate le dedotte

eccezioni di illegittimità costituzionale. Per questi motivi, accoglie, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione Y ; decisione 14 giugno 1963, n. 418 ; Pres. Chiofalo

P., Est. Fortini Del Giglio ; Società costruzioni edili Monteverde - C. e. m. (Aw. Losito) c. Comune di Eoma

(Avv. Bozzi).

Pian» regolatore, di ricostruzione e disciplina delle costruzioni — Licenza edilizia — Costruzioui In

deroga e abusive — Diffida di demolizione — Fat

tispecie — Legittimità (Legge 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 32).

Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle costruzioni — Diffida di demolizione di opere abusive — Notifica al solo costruttore — Legit timità (Legge 17 agosto 1942 n. 1150, art. 31).

L'installazione, per l'illuminazione delle cantine, di una griglia avanti l'ingresso della casa e sul suolo pubblico, non pre vista nel progetto, costituisce non modificazione della parte esecutiva del progetto medesimo, ma opera abusiva che il comune può diffidare a demolire senza disporre pre ventivamente la sospensione dei lavori. (1)

(1) Sulla distinzione tra opere costruite senza licenza, ed opere costruite in difformità da questa, per l'applicazione del 2° o del 3° comma dell'art. 32 legge 17 agosto 1942 n. 1150 (in base al quale per le opere abusive può essere immediatamente disposta la diffida di demolire, salvo, per l'ordine di demolizione, il parere della sezione urbanistica compartimentale, mentre per le opere difformi dal progetto autorizzato deve essere prima

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