Sezione V; decisione 18 gennaio 1984, n. 49; Pres. Piga, Est. Rosini; Comune di Firenze (Avv.Paoli Mori) c. Soc. Publimondo (Avv. Colarizi, Modugno) e altri. Conferma T.A.R. Toscana 7giugno 1982, n. 189Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 425/426-433/434Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177674 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
opere eseguite nell'interno del fabbricato in questione, commina solo una proporzionale sanzione pecuniaria.
Resta l'esame dell'appello incidentale prodotto dal comune di Fiesole contro la parte della sentenza con la quale il T.A.R. ha
disatteso l'eccezione di inammissibilità dei ricorsi proposti dai
Picchi.
Come si è chiarito nelle premesse, all'atto del rilascio delle due
concessioni edilizie nn. 31 e 89 del 1978, il sindaco aveva
apposto talune prescrizioni particolari con cui si precisava che sul
fabbricato avrebbero potuto essere eseguite solo le opere autoriz
zate, che ogni ulteriore opera avrebbe dovuto essere previamente autorizzata e che la inosservanza di tali prescrizioni avrebbe
comportato l'intervento sanzionatorio del comune ai sensi dell'art.
15 1. n. 10/77. Talli prescrizioni furono sottoscritte per accettazio
ne dalla signora Paola Picchi Del Lungo. In primo grado il comune sollevò un'eccezione di inammissibi
lità dei ricorsi proposti dai signori Picchi contro i provvedimenti sanzionatori di cui si è detto, sul rilievo, che, non avendo essi
impugnato né allora (al momento del rilascio delle concessioni) né successivamente (al momento dell'adozione dei provvedimenti
sanzionatori) quelle prescrizioni, i ricorsi avrebbero dovuto essere
dichiarati inammissibili per l'avvenuta acquiescenza alle prescri zioni stesse.
Secondo la tesi del comune, infatti, l'acquiescenza avrebbe
precluso la via dell'impugnazione dei successivi provvedimenti di
diffida a demolire e di acquisizione gratuita. Come si è pure ricordato in narrativa, il T.A.R. ha disatteso
l'eccezione dopo avere escluso natura e contenuto provvedimenta le alle prescrizioni anzidette che, invece, dovevano ritenersi
apposte con funzione ricognitiva della normativa edilizia ed
urbanistica in vigore e, in sostanza, come meri avvertimenti sulle
conseguenze derivanti dalla esecuzione di opere edilizie non
autorizzate.
Il collegio condivide le conclusioni cui è pervenuto il T.A.R. e
ritiene infondata l'eccezione di inammissibilità dei ricorsi per una
pretesa acquiescenza dei ricorrenti ai provvedimenti impugnati, che dovrebbe desumersi dalla sottoscrizione delle più volte ricor
date prescrizioni, rilasciata prima della emanazione dei provvedi menti sanzionatori imugnati.
Non possono sussistere dubbi, infatti, sulla natura delle prescri zioni stesse con le quali, in sostanza, il comune avvertiva che, se
fosse stata violata la legge, avrebbe applicato le relative sanzioni,
ed è evidente che in presenza di tal tipo di avvertimento non
può verificarsi acquiescenza. È noto infatti che non si può parlare di acquiescenza rispetto
ad un atto che non è stato ancora emanato, a parte il rilievo che
la sottoscrizione in questione non può interpretarsi se non come
accettazione preventiva delle sanzioni che l'amministrazione a
vrebbe potuto legittimamente imporre a norma dell'art. 15 1. n.
10/77, non essendo concepibile un'accettazione preventiva di tutte
le sanzioni, anche se illegittime.
Intesa in tali limiti la sottoscrizione, si potrebbe parlare di
acquiescenza solo rispetto a sanzioni legittimamente imposte,
mentre nella specie i ricorsi non soltanto sono tutti rivolti ad
ottenere la declaratoria della illegittimità delle sanzioni adottate
ma, come si è dianzi visto, sono anche fondati.
L'appello incidentale deve per conseguenza essere rigettato.
(Omissis)
I
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 18 gennaio
1984, n. 49; Pres. Piga, Est. Rosini; Comune di Firenze (Aw.
Paoli Mori) c. Soc. P ubi i mori do (Avv. Colarizi, Modugno)
e altri. Conferma T.A.R. Toscana 7 giugno 1982, n. 189.
Giustizia amministrativa — Contratti della pubblica amministra
zione — Licitazione privata — Ricorso — Ammissibilità —
Fattispecie (Cost., art. 113; r.d. 18 novembre 1923 n. 2440,
sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale
dello Stato, art. 3; d.p.r. 30 giugno 1972 n. 627, semplificazione
e snellimento delle procedure in materia di amministrazione e
contabilità generale dello Stato art. 2).
Contratti e obbligazioni delia pubblica amministrazione — Co
mune — Servizio di pubblicità — Adozione della licitazione
privata — Difetto di motivazione — Illegittimità (R.d. 18
novembre 1923 n. 2440, art. 3; r.d. 3 marzo 1934 n. 383, t.u.
della legge comunale e provinciale, art. 87; d.p.r. 30 giugno
1972 n. 627, art. 2).
È ammissibile il ricorso contro la deliberazione con la quale il
comune ha adottato la licitazione privata invece che il pubblico incanto per la stipulazione di un contratto dal quale gli deriva
un'entrata, e contro l'esclusione dalla licitazione dell'impresa
ricorrente, se il comune medesimo era a conoscenza del suo
interesse a partecipare, e le aveva dato corrispondenti affida menti al riguardo. (1)
(1) La decisione distingue molto puntualmente tra il profilo della sussistenza di un interesse individuale sostanziale giuridicamente protet to rispetto alla scelta da parte dell'amministrazione del modo di
contrattare, e il profilo della sussistenza di un interesse individuale a carattere processuale ad impugnare la scelta: non sempre è cer to a quale dei due aspetti si devono ricollegare i precedenti appresso citati.
Comunque, la decisione segna un deciso rafforzamento della garanzia di tutela giurisdizionale del singolo nei confronti della scelta suddetta. Essa pare trovare un precedente in T.A.R. Lazio, sez. Ili, 29 maggio 1976, n. 186, Foro it., 1976, III, 264, con nota di richiami ai quali si rinvia per la giurisprudenza anteriore, che ha affermato che il
partecipante ad una gara (quindi, per la verità in una posizione differenziata più marcata di quella del ricorrente nel caso ora deciso), escluso in sede di aggiudizione, ha interesse a censurate la scelta di un metodo di gara non contemplato dalla legge. Inoltre, T.A.R.
Lazio, sez. Ili, 28 novembre 1977, n. 686, id., Rep. 1978, voce Contratti della p.a., n. 36, ha affermato che rientra nella giurisdizione del giudioe amministrativo l'impugnativa del provvedimento con la
quale un ente pubblico delibera di aggiudicane un contratto col sistema della trattativa privata: presupponendo, cosi sembra, che al riguardo sussista un interesse sostanziale protetto. E Cass. 15 gennaio 1983, n.
328, id., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, n. 99, ha affermato che non ricorre una ipotesi di improponibilità della domanda, per difetto assoluto di giurisdizione, nel caso in cui si deduca che l'amministra zione abbia illegittimamente fatto ricorso alla trattativa privata per la scelta dell'appaltatore (poiché nella speoie i provvedimenti erano
impugnati per violazione di legge e eccesso di potere, è stata dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo).
Però è dominante l'orientamento giurisprudenziale contrario: nel
senso che rispetto alla scelta da parte dell'amministrazione del modo di contrattare, i singoli hanno solo un interesse semplice, Cons. Stato, isez. VI, 27 novembre 1981, n. 721, id., Rep. 1982, voce Giustizia
amministrativa, n. 388; T.A.R. Veneto 11 maggio 1979, n. 152, id.,
Rep. 1979, voce oit., n. 489; e, rispetto alla più controversa ipotesi del ricorso alla trattativa privata, T.A.R. Veneto 3 aprile 1980, n. 216, id.,
Rep. 1980, voce cit., n. 500, che nega che nei confronti di tale scelta il terzo non in una posizione differenziata possa vantare un interesse
legittimo; e Cons. Stato, sez. V, 11 marzo 1976, n. 453, id., Rep. 1976, voce Contratti della p.a., n. 40, nega che i potenziali contraenti non invitati alla trattativa privata abbiamo un interesse giuridicamente protetto contro l'adozione di tale metodo da parte dell'amministrazione, anche al di fuori dei casi eccezionali nei quali è consentito dalle
norme sulla contabilità pubblica. In relazione alla particolare ipotesi dell'affidamento in concessione del servizio per l'accertamento e la
riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle
pubbliche affissioni, T.A.R. Molise 22 maggio 1979, n. 55, id., Rep.
1980, voce Comune, n. 186, ha affermato l'ampia discrezionalità della
scelta del comune tra la conferma del precedente concessionario, o
l'apertura di una gara a licitazione privata. Altre pronunce, riaccostandosi a quella ora riportata, valorizzano
l'esistenza di una situazione differenziata del ricorrente, fino a renderla disoriminante per l'ammissibilità di un ricorso rispetto al quale, altrimenti, non potrebbe riconoscersi un interesse (processuale o so
stanziale): Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 1979, n. 300, id., Rep. 1979, voce Giustizia amministrativa, in. 493; Cass. 25 novembre 1983, n.
7073, id., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, il. 101, in relazione alla scelta della trattativa privata (nella specie, l'interesse differenziato del ricorrente era stato individuato nella circostanza defila partecipazione ad una gara informale, e nella presa in considerazione della sua
offerta, poi rifiutata). Per riferimenti, nel senso che non è ammissibile il ricorso contro
l'aggiudicazione ad un terzo proposto da chi non è stato invitato alla
gara, nell'ipotesi della licitazione privata: Cons. Stato, sez. VI, 27 novembre 1981, n. 721, id., Rep. 1982, voce Giustizia amministrativa, n. 389; T.A.R. Veneto 11 maggio 1979, n. 152, id., Rep. 1979, voce cit., n. 491. E nell'ipotesi di trattativa privata: Cons. Stato, sez. I, 18 dicembre 1978, n. 1925/74, id., Rep. 1981, voce oit., n. 414; sez. V 30
luglio 1980, n. 751, id., Rep. 1980, voce ciit., n. 595 (nella specie, è stato negato l'interesse dal proprietario di un fondo a impugnare l'aggiudioazione a trattativa privata ad un terzo di un fondo limitrofo
appartenente al patrimonio comunale).
Sempre per altri riferimenti, per casi nei quali è stato ammesso il ricorso contro l'aggiudicazione ad un terzo a trattativa privata, Cass. 22 novembre 1983, n. 6983, id., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, n.
100 (da parte di chi era legato all'amministrazione da un precedente contratto, 'assunto come incompatibile col nuovo); T.A.R. Marche 8
maggio 1979, n. 160, id., Rep. 1979, voce Contratti della p.a., n. 43
(da parte di chi non era rimasto estraneo alla procedura conclusasi con il contratto); T.A.R. Liguria 28 gennaio 1982, n. 55, id., Rep. 1982, voce Giustizia amministrativa, n. 391, nonché Cons. Stato, sez.
IV, 13 giugno 1975, n. 862, id., 1976, ILI, 50, con nota di richiami
(da parte di chi era stato invitato dall'amministrazione a presentare la
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PARTE TERZA
È illegittima la deliberazione con la quale il comune, senza
adeguata motivazione, adotta la licitazione privata, invece che
l'asta pubblica, per la concessione del servizio di pubblicità visiva e fonica negli impianti sportivi comunali. (2)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione II; sentenza 11 ottobre 1983, ti. 880; Pres. Chieppa, Est. Corsaro; Impr. Di Marno (Aw. Verticchio, Medugno) c. Provincia di Rieri (Avv. Vespaziani) e altro.
Giustizia amministrativa — Contratti della pubblica amministra zione — Licitazione privata — Mancato invito — Ricorso —
Ammissibilità (L. 2 febbraio 1973 n. 14, norme sui procedimen ti di gara negli appalti di opere pubbliche mediante licitazione
privata, art. 7). Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione — Licita
zione privata — Mancato invito — Difetto di motivazione —
Illegittimità (L. 2 febbraio 1973 n. 14, art. 7).
È ammissibile il ricorso proposto dall'impresa che aveva chiesto di essere invitata alla licitazione privata per l'appalto di o
pera pubblica, contro il mancato invito da parte dell'ammini strazione. (3)
È illegittimo il mancato invito da parte dell'amministrazione, alla licitazione privata per l'appalto di opera pubblica, di
impresa che ne aveva fatto richiesta, per motivi non formal mente verbalizzati, inerenti alla mancanza di fiducia che l'am ministrazione aveva nei confronti dell'impresa, per la pendenza di contenzioso giudiziario in sede civile e penale. (4)
propria offerta); sez. V 11 marzo 1977, n. 185, id., 1977, III, 648, con nota di richiami (da parte di chi aveva proposto istanza per l'acquisto di un terreno di proprietà comunale: in contrasto, forse, con la decisione della medesima sez. V n. 751/80, sopra citata); sez. IV 15 dicembre 1978, n. 1227, id., 1979, III, 456, con nota di richiami (da parte di chi, pur non invitato a partecipare alla gara, aveva spontaneamente presentato un'offerta, esaminata dall'amministrazione e poi respinta).
(2) Per riferimenti, sulla 'illegittimità della adozione da parte del l'amministrazione di una determinata procedura di contrattazione, Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 1981, n. 131, Foro it., Rep. 1981, voce Contratti della p.a., n. 50, che ha dichiarato illegittimo il passaggio alla trattativa privata per l'affidamento di un appalto, senza motivazio ne sulla sussistenza di pubblico interesse, dopo che era stato prescelto il metodo della licitazione privata.
(3) Nello stesso senso, lalmeno per implicito, T.A.R. Sardegna 21 novembre 1979, n. 350, Foro it., Rep. 1981, voce Opere pubbliche, n. 54, che ha dichiarato illegittimo il mancato invito ad una licitazione privata di impresa che aveva domandato di parteciparvi.
Sembra ugualmente nel senso della impugnabilità del manoato invito ad ima gara, T.A.R. Sicilia, sede di Catania, 28 dicembre 1979, n. 709, id., Rep. 1980, voce Contratti della p.a., n. 22, che ha affermato il carattere di provvedimento di ammissione (quindi non di atto mera mente preparatorio) dell'invito a partecipare alla licitazione privata.
(4) Nel senso della illegittimità per difetto di motivazione del provvedimento col quale l'amministrazione nega l'approvazione dell'ag giudicazione di un appalto, perché l'impresa aggiudicataria, in altri casi, aveva dimostrato una eccessiva litigiosità, perché non erano state precisate le singole vertenze e i loro risultati, T.A.R. Lazio, sez. Ili, 22 dicembre 1975, n. 507, Foro it., 1976, III, 47, con nota di richiami (ai quali adde T.AJR. Lazio, sez. I, 14 luglio 1975, n. 509, id., Rep. 1976, voce Contratti della p.a., si. 38, che ha dichiarato legittima l'esclusione da una licitazione privata dell'impresa dal cui certificato generale del casellario giudiziario risultino precedenti tali da far dubitare della sua correttezza).
Successivamente, T.A.R. Sardegna, n. 350/79, cit., ha dichiarato illegittimo il mancato invito ad una licitazione privata dell'impresa che aveva domandato di parteciparvi, per la mancanza di giustificazio ni dell'affermazione dell'amministrazione che essa non era di sua fiducia. Mentre T.A.R. Sicilia, sede di Catania, 28 giugno 1980, n. 790, id., Rep. 1982, voce Opere pubbliche, n. 74, ha dichiarato legittima lìammissione ad una gara per l'affidamento dall'appalto di un'opera pubblica l'impresa il cui titolare sia soggetto a procedimento pe nale non ancora concluso neppure in primo grado, perché in base all'art. 13 1. n. 587/77 possono essere esclusi dalla gara solo i concorrenti che abbiano riportato condanna, con sentenza passata in giudicato, per un reato che incida gravemente sulla loro moralità professionale.
Per altri riferimenti, T.A.R. Emilia-Romagna 29 aprile 1982, n. 230, id., Rep. 1983, voce Contratti della p.a., n. 44, che ha affermato che quando l'amministrazione, al fine di scegliere le ditte da invitare ad una licitazione privata, adotti un provvedimento motivato con le ragioni della preferenza accordata a taluni aspiranti anziché ad altri, la motivazione di esso è soggetta ai sindacato di legittimità.
I
Diritto. — {Omissis). 2. - Insistendo nella eccezione di inam missibilità del ricorso introduttivo il comune appellante ripropone il problema, ad ogni altro preliminare, della legittimazione pro cessuale delle imprese ricorrenti, quello, vale a dire, della ammis
sibilità di un ricorso con cui si denuncia la illegittimità del
procedimento di licitazione privata (e anzitutto della adozione di
questo modo di scelta del contraente), da parte di chi non ha
partecipato al procedimento stesso perché non invitato.
La questione ha due aspetti e va considerata da un duplice
punto di vista: sul piano processuale, per accertare se nella
concreta fattispecie sussistono le condizioni necessarie per dare
ingresso al giudizio, cioè per legittimare in concreto iti ricorrente
alla impugnazione; sul piano sostanziale, per stabilire se l'interes
se fatto valere con l'impugnazione possa qualificarsi come interes se legittimo in senso tecnico, vale a dire come posizione soggetti va per la cui tutela è dato il ricorso ai giudici amministrativi.
Il primo giudice s'è limitato a sottolineare, nella motivazione
della sua decisione, che le imprese ricorrenti, a seguito della
lettera con cui l'assessore al patrimonio aveva promesso che
sarebbero state invitate alla licitazione, venivano a trovarsi «in
una relazione qualificata e differenziata con la futura attività
dell'ente, da cui discende il potere di sindacarne la legittimità in sede giurisdizionale ».
Ma in questo modo la questione dell'interesse a ricorrere viene
risolta nella mera affermazione della sussistenza di un interesse
legittimo; che, pur se nella fattispecie deve ritenersi esatta, richiede una più attenta considerazione e una motivazione in
parte diversa; tanto più che si tratta di questioni che hanno dato
luogo, anche nella sede giurisdizionale, a qualche incertezza e
persino a contraddizioni e conflitti.
L'aspetto piò delicato della questione è quello della configura bili tà in astratto di posizioni di interesse legittimo quando in sede di impugnativa di atti che attengono al procedimento di 'licitazio
ne privata si deduce la violazione delle norme che fissano le
condizioni di ammissibilità del procedimento e le possibili dero
ghe al sistema di contrattazioni per pubblici incanti; questione che sarà esaminata nei successivi paragrafi. Ciò che è da rilevare in via del tutto preliminare, e con riferimento alla eccezione della
non tutelabilità in concreto dell'interesse delle società ricorrenti
sollevata dalla difesa del comune sotto il profilo dell'interesse a
ricorrere, è che l'interesse fatto valere è quello di chi si duole
per non essere stato invitato a partecipare ad una gara alla quale intendeva partecipare, e di esserne stato escluso benché il comu
ne, per precedenti contatti e rapporti precontrattuali, fosse a conoscenza di tale intendimento e degli interessi che nella sua
qualità di operatore nel settore l'impresa intendeva perseguire con la partecipazione alla gara.
Inoltre nella fattispecie può ritenersi che lo stesso comune, sia
pure in forma giuridicamente discutibile {lettera dell'assessore al
patrimonio) e con atti di incerta rilevanza anche perché sotto scritti « per il sindaco » da un assessore sprovvisto di delega (per quanto risulta in causa; e si sa che l'assessore non ha competen za esterna sez. V 28 novembre 1959, m. 775, Foro it., 1960, III, 5) aveva dato alle imprese ricorrenti affidamenti tali, da rendere certo ed evidente il loro interesse diretto, specifico, per realizzare il quale esse si propongono, col ricorso, di ottenere l'annullamen to della procedura di licitazione privata. Si tratta di un interesse, dunque, immediatamente apprezzabile in linea processuale, come interesse che in fatto appartiene al soggetto che lo fa valere e
che, contrariamente a quanto si sostiene dalla difesa del comune, non può essere confuso con quello generico al rispetto di norme
poste a tutela di interessi generali. Se poi questo interesse sia protetto in ragione della sua natura
di interesse legittimo in senso tecnico, è questione sulla quale sarà necessario, ripetesi, svolgere ulteriori considerazioni. Ciò che
si è inteso sin qui mettere in luce è l'interesse (processuale) delle
società ricorrenti, siccome titolari di imprese pubblicitarie (e nella situazione specifica che in punto di fatto risulta dal contatto
tra esse e il comune), ad impugnare i provvedimenti con cui
l'amministrazione comunale ha stabilito di ricorrere alla licita
zione privata per la scelta del concessionario dell'esercizio della
pubblicità nei campi sportivi, come pure quelli con cui la stessa amministrazione ha scelto le imprese da invitare alla gara.
3. - Né può condividersi la eccezione di inammissibilità del
ricorso sostenuta dal comune con l'argomento che le società
ricorrenti, non essendo state invitate alla gara, non trarrebbero alcun vantaggio dall'accoglimento dell'impugnazione; il quale, invece, -aprirebbe loro la prospettiva — che basta a concretizzare l'interesse al ricorso (ad. plen. 27 ottobre 1070, n. 44, id., Rep. 1970, voce Giustizia amministrativa, nn. 213, 221, sez. IV 22
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
febbraio 1980, n. 114, id., Rep. 1980, voce cit., n. 563; sez. VI 14
luglio 1981, n. 441, id, Rep. 1081, voce cit., n. 480; sez. V 15
aprile l'983, n. 130, id., Rep. 1983, voce cit., n. 447) — della
rinnovazione del procedimento che consentirebbe loro di parteci pare ai pubblici incanti (nel caso di accoglimento del secondo
motivo del ricorso) o di essere invitate alla licitazione (nel caso
di accoglimento del quarto o del quinto motivo). 4. - Sul piano dell'interesse sostanziale viene in rilievo la
considerazione che i vizi di legittimità denunziati hanno origine da violazione di una norma, tra le piti caratteristiche della
disciplina dei contratti della p.a., poste anzitutto -a tutela del
buon andamento della stessa; l'art. 3, 2° comma, r.d. 1ì8 novembre 1923 n. 2440, nell testo introdotto dall'art. 2 d.p.r. 30 giugno 1972
n. 627, a norma del quale per d contratti dai quali derivi
un'entrata per la p.a. debbono bandirsi pubblici incanti, quando non sussistano particolari ragioni per fare ricorso ad altri modi di
scelta dal contraente. Questa regola garantisce, fra l'altro, l'im
parzialità dell'amministrazione e le uguali aspettative di tutti i
soggetti a partecipare ai vantaggi connessi ai rapporti economici
da essa promossi; e sarebbe vanificata (e ne sarebbero vanificati
valori saldamente radicati nell'ordinamento) dal diniego di tutela
giurisdizionale opposto — in contrasto col principio, anch'esso di
valore costituzionale e manifestamente in via di espansione, della
giuridicizzazione delle situazioni incise, o suscettibili di essere
incise, dall'esercizio del potere amministrativo i(sez. VI 22 giugno
1979, n. 500, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 475 525) — a
chi ne pretenda il rispetto. 5. - Benché sia confortata da qualche precedente (ad. plen. 28
gennaio 1961, n. 3, id., Rep. 1961, voce Amministrazione dello
Stato, n. 1-20; Giustizia amministrativa, n. 39; sez. V, 11 marzo
1977 n. 1-85, id., 1977, III, 648), la conclusione che precede non
si iscrive in un indirizzo giurisprudenziale ricevuto da questo
consiglio; che proprio in analoga fattispecie ha come recentemen
te ribadito che nei confronti degli atti amministrativi con cui
viene determinato il procedimento da seguire per addivenire alla
soelta del contraente non sono ravvisabili situazioni giuridiche
soggettive di interesse legittimo (sez. VI 27 novembre 1981, n.
721, id., Rep. 1982, voce Giustizia amministrativa, nn. 388, 389; sez. IV 4 maggio 1979, n. 300, id., Rep. 1979, voce oit., n. 493; sez. V II marzo 1976, n. 453, id., Rep. 1976, voce Contratti della
p.a., n. 40; Cons, giust. amm. sic. 17 ottobre (1974, n. 382, id., Rep.
1974, voce Giustizia amministrativa, nn. 491, 493; sez. V 10 luglio
1973, n. 608, id., Rep. 1973, voce Contratti della p.a., mn. 17, 21; sez. VI 23 maggio 1972, n. 265, id., Rep. 1972, voce cit., nn. 12, 26; sez. V 5 aprile 1963, n. 186, id., Rep. 1963, voce Amministrazione
dello Stato, n. 131); ed era questo l'insegnamento della
Corte regolatrice (sez. un. 21 settembre 1970, n. 1645, id.,
1970, il, 27-14), prima di un recente mutamento di indirizzo (sez. un. 5 gennaio 1983, n. 328, id., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, n. 99).
Peraltro la massima prevalente nella giurisprudenza del Consi
glio di Stato non solo sembra contrastare con -l'attuale orienta
mento delle sezioni unite della Cassazione (sent. 328/83, cit.), ma
è anomala rispetto ai principi che sovraintendono, nella sua stessa
giurisprudenza, alla discriminazione delle posizioni di interesse
legittimo da quelle giuridicamente irrilevanti; ed esigenze di
coerenza, oltre che di adeguamento alla tendenza all'ampliamento della tutela giurisdizionale sulla traccia dell'art. 1-13 Cost., suggeri scono di dare anche a questo caso una soluzione conforme a
quella che garantisce posizioni soggettive non dissimili.
L'indirizzo da cui -il collegio dissente si fonda sulla considera
zione che il potere della p.a. di scegliere il tipo di procedimento contrattuale non è disciplinato da norme che attribuiscano a
qualche soggetto una posizione particolare e differenziata; sicché
tutti potrebbero, astrattamente, aspirare ad essere parti nel con
tratto. A nessuno, dunque, potrebbe riconoscersi la titolarità di
un interesse che in quanto personale, individuale, è tutelabile
avanti il giudice amministrativo, la cui cognizione è limitata alle
impugnazioni di provvedimenti (che abbiano per oggetto un
interesse di individui» (art. 3 1. 31 marzo 1889 n. 5992). Ma per negare a un interesse dedotto in giudizio i-1 carattere
della individualità non basta che altre persone si trovino nella
stessa situazione del ricorrente: occorre che l'utilità da lui fatta
valere non gli appartenga tutta ma costituisca la sua quota di
una utilità indivisibile appartenente ad una collettività più o
meno istituzionalizzata: una pluralità di -interessi identici non
equivale a un interesse collettivo.
La differenza fra la lesione di un interesse individuale e le
conseguenze economiche e morali (con riferimento alle quali si
può parlare, se si vuole, di interesse di fatto) che all'individuo
siano provocate dalla lesione di un interesse della collettività cui
appartiene, è rilevante perché secondo la giurisprudenza italiana
Il Foro Italiano — 1984 — Parte III- 32.
gli interessi indivisibili di una collettività non possono esser fatti
valere in giudizio dai singoli suoi componenti se non ned casi di
azione popolare tassativamente previsti dalla legge (e non se ne
fa esperienza solo nel campo del diritto amministrativo: un
analogo ordine di problemi è posto, per esemplificare, dall'art.
2395 c.c., su cui cfr. Cass. 1° giugno 1960, n. 1424, id., Rep. 1960, voce Società, n. 260 e 23 aprile 1969, n. 1290, id., 1969, I, 1735;
'
e dall'art. 28 dello statuto dei lavoratori, su cui cfr. Cass. 19
aprile 1980, n. 2573, id., Rep. 1980, voce Sindacati, nn. 81, 82).
Questo principio deriva da quello che gli interessi di una
collettività stessa .(cfr. sez. Vii 29 novembre 1977, n. 882, id.,
Rep. 1978, voce Giustizia amministrativa, n. 567; 10 novembre
1978, <n. 1187, ibid., n. 516; 17 novembre 1978, n. 1208,
ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 461; 28 novembre 1978, n. 1248, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 827; 18 mag
gio 1979, n. 378, id., 1980, ILI, 54). Si può escludere, per
ciò, che d si trovi in presenza di un interesse collettivo, e si
può dunque predicare la personalità dell'interesse, quando non ne
sia ipotizzabile la disponibilità da parte di organi della collettività
alla quale l'interesse stesso sia riferibile. Cosi nella sentenza del
16 ottobre 1954, n. 3753 {id., 1955, I, 493) le sezioni unite conferma
vano la giurisprudenza del Consiglio di Stato sul ricorso di un com
merciante avverso l'istituzione dell'imposta di consumo sui generi extratariffa osservando che « allorché il provvedimento colpisce una determinata o determinabile categoria di persone, ed è pertan to configurabile... un conflitto di interessi, .. .si profila quella stessa utilità privata, personale, che forma il contenuto del diritto
soggettivo, e viene quindi a realizzarsi quel connotato che è
tipico dell'interesse legittimo: la funzione strumentale che esso
spiega rispetto alla protezione di beni o diritti individuali ».
Questo insegnamento chiarisce come la limitazione della tutela
giurisdizionale agli interessi personali sia connaturata ad una
giurisdizione che, lungi dall'essere di diritto obiettivo, ha la
funzione di risolvere conflitti di interessi; e il rilievo giova alla
costruzione di un criterio discriminante. Nel caso, le società
ricorrenti fanno valere l'interesse a conseguire una concessione
amministrativa che è potenzialmente in conflitto con gli interessi
di ogni altra impresa, è ben distinto da quello ;(che primieramen
te le norme invocate tutelano) dell'ente pubblico a ricavare dai
contratti attivi il massimo provento, benché con esso converga, ed
è, pertanto, personale, nonostante che sia individualizzabile in
qualunque soggetto che all'epoca della vicenda amministrativa
dedotta in lite esercitasse attività pubblicitaria in forma d'impre
sa.
Del resto che agli interessi c.d. diffusi non vada negata, per
tale loro carattere, la tutela giurisdizionale propria degli interessi
legittimi, è stato acclarato da questo consiglio (ad. plen. 19
ottobre 1979, n. 24, id., 1980, I'll, il; e cfr. sez. V 30 luglio 1980,
n. 750, id., Rep. 11980, voce Giustizia amministrativa, n. 607; e
sez. un. 8 maggio 1978, n. 2207, id., 1978, I, 1090).
6. - Non ogni interesse personale, però, è un interesse legittimo
(o un diritto soggettivo): l'ordinamento non tutela pretese futili o
immorali o emulative o tendenti a porre in essere situazioni
contrarie alla legge; di qui il ritenuto parallelismo tra l'interesse
legittimo e l'interesse pubblico. Secondo la giurisprudenza e la dottrina meno recenti, la
qualificazione giuridica degli interessi si manifesta nelle norme
che, disciplinando il potere amministrativo, li prende in considera
zione (ad. plen. 26 gennaio 1971, n. 1, id., Rep. 1971, voce
cit., n. 172; sez. V 15 novembre 1957, n. 976, id., Rep. 1957, voce
cit., n. 190). Questo indirizzo, cui è coerente il rifiuto di ravvisare interessi
legittimi riferiti alla determinazione del tipo di procedimento
contrattuale, è stato superato da una giurisprudenza che ricerca
in un più ampio spettro di norme e prinoipi giuridici i punti di
emersioni della qualificazione normativa degli interessi personali, della loro oggettiva rilevanza sociale che li rende meritevoli di
tutela (sez. VI 4 marzo 1980, n. 289, id., Rep. 1980, voce cit., n.
588; Cons, giust. amm. sic. 19 dicembre 1980 n. 89, id., Rep.
1)981, voce edit., nn. 73, 397, 415). E in quest'ultimo ordine di idee
(esplicitato dalla sez. VI nella citata decisione del 22 giugno 1979,
n. 500) questo consiglio ha dato adito a ricorsi in cui si son fatte
valere posizioni soggettive non considerate specificamente dalle
norme regolatrici del potere esercitato con l'atto impugnato: dei
vicini, contro le autorizzazioni di costruzioni, ancor prima della 1.
6 agosto 1967 n 765 (sez. V 28 maggio 1965, n. 546, id., Rep.
1965, voce Piano regolatore, n. 617; 13 gennaio 1967, n. 16, id.,
1967, III, 73; 9 giugno 1970, n. 523, id., 1970, III, 201); del terzo,
contro l'inerzia del sindaco nei confronti di abusi edilizi {sez. V
14 maggio 1983, n. 158, id., Rep. 1983, voce Edilizia e urbanistica,
n. 817); dei proprietari di fondi ed edifici, per la conservazione
dei vincoli gravanti sui beni limitrofi in base alla legislazione sulla
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PARTE TERZA
protezione delle bellezze naturali (sez. V 29 dicembre 1950, n.
1335, id., 1951, III, 182; sez. Vii 9 gennaio 1957, n. 4, id., 1975, ILI,
68; cfr. sez. un. 15 marzo 1972, n. 745, id., 1972, I, 2482);
del proprietario in un edificio contiguo al luogo di ubica
zione di un'opera pubblica, contro il provvedimento che dispone al riguardo (sez. V 17 febbraio 1970, n. 134, id., Rep. 1970, voce
Opere pubbliche, n. 23); di commercianti, contro i provvedimenti
generali istitutivi dell'imposta di consumo sui generi extratariffa
(sez. V 15 marzo 1952, n. 449, id., Rep. 1952, voce Tassa sul
consumo, n. 99; sez. un. 16 ottobre 1954, n. 3753, cit.; 20 maggio
1950, n. 1294, id., 1950, I, 1489; contra sez. un. 14 agosto 1951, n.
2519, id., 1952, I, 1054), degli utenti dei servizi portuali, contro i
provvedimenti tariffari (sez. VI 14 novembre 1969, n. 716, id.,
1970, III, 7; sez. VI 14 luglio 1970, n. 589, ibid., 345; sez.
VI 21 febbraio 1978, n. 254, id., Rep. 1978, voce Giustizia
amministrativa, n. 610; sez. un. 20 aprile 1974, n. 1094, id., 1974,
I, 2355), e organizzativi (sez. VI 4 marzo 1977, n. 178, id., Rep.
1977, voce cit., nn. 586, 707); delle competenti amministrazioni;
di un'azienda di credito, contro il provvedimento che autorizza
l'apertura di sportelli di un'azienda concorrente (sez. IV 2 di
cembre 1949, n. 423, cit., che valorizza la titolarità, da parte della
ricorrente, « di un interesse specifico relativo ad una ben indivi
duata sfera di attività»); della provincia autonoma di Bolzano,
contro gli atti lesivi del principio della proporzionalità tra i
gruppi linguistici nell'amministrazione ferroviaria statale (sez. VI
6 maggio 1980, n. 590, id., 1981, III, 9); del titolare di una
autorizzazione commerciale, contro la concessione di altra auto
rizzazione al ifiglio del (locatore dell'immobile dove egli esercita
(sez. V 21 settembre 1982, n. 676); della ditta concessionaria di
un pubblico servizio di autolinea, che aspira al rinnovo della con
cessione, contro la deliberazione di municipalizzazione del ser
vizio (sez. VI, 9 febbraio 1973, n. 30, id., 1973, III, 81); di
esercenti di sale cinematografiche, contro il nulla-osta alla co
struzione di una nuova sala cinematografica del comune
(sez. IV 21 novembre 1958, n. 866, id., Rep. 1958, voce Cinemato
grafo, ai. 64; 24 febbraio 1960, n. 195, id., Rep. 1960, voce cit., il.
60); di titolari di agenzie di viaggi, contro il nulla-osta all'apertura di agenzie concorrenti (sez. VI 11 marzo 1977, n. 205, id., Rep.
1977, voce Giustizia amministrativa, n. 645) che ricava dall'art.
31 Cost, la qualificazione dell'interesse; del titolare di un distri
butore di carburante, contro il provvedimento che consente
l'apertura di un esercizio concorrente (sez. V 4 dicembre 1964, n.
1460, id., Rep. 1964, voce Olii minerali, n. 51 bis); dei frontisti
di una strada pubblica, e anche dei titolari di imprese e laborato
ri ubicati lungo la stessa, o lungo un canale, contro i provvedi menti di sdemanializzazione e contro quelli che regolano il
transito dei natanti (sez. V 16 dicembre 1969, n. 1526, id., Rep.
1970, voce Strade, n. 21; 9 febbraio 1973, n. 104, id., Rep. 1973,
voce cit., n. 26); dell'impresa che aspira ad una concessio
ne mineraria, contro l'atto con cui si dispone che non si
dia corso al procedimento di decadenza nei confronti dell'at
tuale concessionario (sez. VI 23 aprile 1958, n. 231, id., Rep. 1958,
voce Miniera, n. 21); della impresa esercente servizio pubblico di
trasporto in concessione, contro gli atti di nomina dei componenti il consiglio di disciplina, data l'influenza che il funzionamento di
questa può avere sull'andamento del servizio (sez. VI 25 novembre
1969, o. 798, id., Rep. 1969, voce Ferrovie, n. 75); di notai in tema
di tabelle notarili (sez. IV 18 ottobre 1969, n. 506; sez. IV 15
novembre 1967, n. 798); di un comune contro l'attribuzione della
qualifica di looalità economicamente depressa a un comune limi
trofo (sez. un. 18 maggio 1965, n. 964, id., 1965, I, 1450); del
creditore del comune, contro il provvedimento dell'autorità di
controllo che riduce il relativo capitolo di spesa del bilancio
comunale (sez. V 9 maggio 1967, n. 406, id., 1967, ILI, 281); del
mezzadro, contro il provvedimento che autorizza la costituzione
del fondo in maso chiuso (sez. VI 22 giugno 1969, n.
501); dei tecnici di volo, e della loro associazione, contro i
provvedimenti del Registro aereonautico relativi alla composizione
degli equipaggi (sez. VI 18 maggio 1979, n. 378, cit.); di
impiegati pubblici, in tema di organizzazione degli uffici e servizi
cui sono addetti (sez. V 7 giugno 1983, n. 206, id., Rep. 1983,
Sanità, n. 182; Cons, giust. amm. sic. 3 dicembre 1982, n. 73,
ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 461; sez. V 6 aprile 1979, n. 171, id., Rep. 1979, voce cit., n. 618; ad. plen. 26 gennaio 1971, n. 1, id., Rep. 1971, voce cit., n. 172; sez. V 7
novembre 1969, n. 1120, id., Rep. 1969, voce Deliberazione amm., n. 6; sez. V 25 giugno 1968, n. 967, id., Rep. 1968, voce
Giustizia amministrativa, n. 529; ad. plen. 8 novembre 1966, n. 23, id., Rep. 1966, voce Medico, n. 9; ad. plen. 26 febbraio
1965, n. 5, id., 1966, III, 91).
L'indirizzo che emerge da questo panorama giurisprudenziale
garantisce tutti gli interessi personali che non siano « illegittimi »
nel senso sopra precisato, chiarisce che l'ulteriore attributo della
differenziazione si focalizza sull'interesse al ricorso piuttosto che
sulla posizione sostanziale (cfr. sez. V 8 maggio 1965, n. 499, id.,
Rep. 1965, voce Piano regolatore, n. 620; ad. plen. 16 gen
naio 1971, n. 1 cit.) e vanifica la categoria concettuale
degli interessi semplici (nella quale sono di solito inquadrati, dalla giurisprudenza qui disattesa, quelli dei soggetti lesi
dall'illegittimo ricorso, da parte della p.a., a procedure contrat
tuali che li escludono). L'art. 1,13 Cost., che è un canone di
interpretazione delle norme non meno che un precetto e un
vincolo per il legislatore ordinario, impone, infatti, un massimo di
garanzie giurisdizionali: l'azione della p.a., salva la insindacabilità
delle sue valutazioni di opportunità, non può mai, in ogni caso,
sottrarsi al contrailo giurisdizionale, avanti il giudice ordinario o
a quello amministrativo (sez. un. 16 ottobre 1954, n. 3753, cit.); e
l'ampiezza del potere discrezionale della p.a. rileva sul piano
della fondatezza della domanda, non su quello della legittimazio
ne, che non può essere legata ad interessi personali (a pretese
disposizioni o aspettative di vantaggio) che non siano giuridica mente irrilevanti o immeritevoli di tutela.
Che tali non siano quelli fatti dalle società ricorrenti, non può
essere revocato in dubbio: li qualificano le norme costituzionali
che garantiscono la libertà d'impresa e l'imparzialità della p.a., e
quelle ordinarie che delle prime fanno specifica applicazione limitando la discrezionalità della p.a. in punto di scelta del tipo
di procedura contrattuale.
7. - Dovendo, perciò, essere respinte le eccezioni con cui il
comune contesta la ricevibilità dell'impugnazione, i motivi della
stessa devoluti al giudice d'appello vanno riesaminati nel merito.
Il secondo motivo del ricorso introduttivo è fondato, cosi come
ha ritenuto il primo giudice. L'art. 3, 2° comma, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, come
modificato dall'art. 2 d.p.r. 30 giugno 1972 n. 627, il quale
dispone che i contratti dai qudli derivi un'entrata per la p.a. debbono essere preceduti da pubblici incanti, salvo che per
particolari ragioni, da esternarsi adeguatamente, non si intenda
far ricorso alla licitazione o, in caso di necessità, alla trattativa
privata, pone un principio valido anche per le amministrazioni
locali, per le quali, d'altra parte, la illegittimità dell'attribuzione
della concessione in questione col metodo della licitazione privata si ricava dall'art. 87 r.d. 3 marzo 1934 n. 383.
Nell'impugnata deliberazione del 4 giugno li981, n. 3634 la
scelta di un procedimento diverso dai pubblici incanti non è
sorretta da alcuna giustificazione. Il comune appellante afferma
che il ricorso alla licitazione privata per la concessione del
servizio di pubblicità visiva e fonica negjli impianti sportivi
fiorentini è adottato da anni, e che la deliberazione del 4 giugno
1981, siccome si richiama alle precedenti analoghe deliberazioni,
deve intendersi motivata per relationem. Ma negli atti versati in
causa non ce n'è allcuno da cui possano ricavarsi le ragioni che
dovevano essere enunciate specificamente, che hanno indotto il
comune a ricorrere alla licitazione privata in luogo dei pubblici
incanti. <Omissis)
II
Diritto. — I due ricorsi in epigrafe vanno riuniti, essendo
identici sia nell'oggetto che nelle deduzioni prospettate, il cui
esame può peraltro essere condotto congiuntamente. Va disattesa l'eccezione di inammissibilità dei gravami dedotta
dalla difesa della resistente amministrazione provinciale di Rieti
neilla considerazione che, essendo le impugnative dirette non già
contro un'atto della gara di licitazione privata indetta per l'aggiu
dicazione dell'appalto dei lavori di sistemazione, risanamento e
bitumatura della strada provinciale Rieti - Fassinoro - Longo
ne-Vallecupola, bensì contro il mancato invito alla gara stessa, le
imprese istanti non possono far valere un interesse giuridicamente
protetto, in quanto l'amministrazione non era affatto obbligata ad
invitare tutte le imprese che ne avessero fatto richiesta.
Sebbene invero alle amministrazioni pubbliche competa una
certa discrezionalità in ordine alla scelta delle imprese da invitare
alle gare ristrette delle licitazioni private, tale discrezionalità non è
tuttavia senza limiti (ed insindacabile), ,giacché il relativo potere
deve pur sempre essere finalizzato al conseguimento dei risultati più
proficui ed economici. In tal senso induce lo stesso disposto dell'art.
7 1. 2 febbraio 1973 n. 14, il quale se, da un lato, -precisa (ultimo
comma) che le richieste di invito non vincolano le amministra
zioni, dall'altro ha inteso inequivocabilmente ispirarsi al principio del libero accesso alle gare di 'licitazione privata, principio al
quale è sicuramente preordinato '(1° comma) l'onere della pubbli cazione dell'avviso di gara oltre che sul foglio delle inserzioni
della Gazzetta ufficiale della repubblica o sul Bollettino ufficiale
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
della regione nella quale ha sede la stazione appaltante (a seconda che l'importo dei lavori sia superiore o meno ad un miliardo e duecentomilioni di lire), per estratto sui principali quotidiani e su almeno due dei quotidiani aventi particolare diffusione nella regione ove ha sede la stazione appaltante.
Dal predetto quadro normativo, la cui lettura va peraltro effettuata in sintonia con i canoni di correttezza e imparzialità ai
quali deve costantemente ispirarsi l'azione amministrativa (ag. ex. art. 97 Cost.), può quindi dedursi che, atteggiandosi la discrezio nalità riconosciuta ale amministrazioni come deroga al prinoipio del libero accesso alle gare pubbliche, il mancato invito a fare l'offerta a chi abbia presentato domanda di partecipazione debba essere assistito da congrua motivazione in ordine all'uso della
anzidetta discrezionalità.
Correlativamente, deve inferirsene che anche rispetto alla fase della scelta delle imprese da invitare, pur se strutturalmente distinta dal procedimento di gara (al quale è però te'leologicamen te preordinata), si profilano situazioni soggettive giuridicamente rilevanti in quanti abbiano chiesto di essere invitati lalle gare, ai
quali va riconosciuta la possibilità di sindacare la legittimità della
loro eventuale esclusione dalle gare cui hanno chiesto di parteci pare.
Oltre che ammissibili, i ricorsi si appalesano fondati. Come
denunciato dalle imprese istanti negli atti introduttivi, non sem bra invero che l'amministrazione provinciale abbia disposto la
esclusione dalla gara sulla base di un provvedimento formale, da cui possano evincersi le ragioni giustificative. A tal fine non può validamente soccorrere, infatti, la motivazione contenuta nel « brogliaccio » dalla seduta della giunta provinciale del 22 feb braio 1983 (esibito in esecuzione dell'ordinanza presidenziale istruttoria n. 143 del 4 maggio 1983) dal quale si rileva che le
imprese ricorrenti non sono state invitate « perché non di fiducia
dell'amministrazione ». Detta motivazione, come puntualmente denunciato col primo dei motivi aggiunti, deve ritenersi, prima ancora che illegittima, giuridicamente irrilevante, in quanto essa non risulta consacrata nel processo verbale della seduta della
giunta provinciale, che come è noto costituisce l'elemento essen
ziale della esternazione e della documentazione delle determina
zioni amministrative degli organi collegiali e la condizione neces
saria perché le determinazioni stesse acquistino valore di espres sione di potestà amministrative i(cfr. Cons. Stato, sez. V, 18
ottobre 1966, n. 1205, richiamata dalle ricorrenti, Foro it., Rep.
1066, voce Deliberazione amm., n. 6). Insufficiente quindi, e
comunque inidoneo a sopperire alla omessa osservanza delle
modalità espressive della volontà dell'ente, è l'inserimento della
riferita motivazione nel c.d. brogliaccio della seduta, in quanto talle atto, anche se verosimilmente preordinato, come registro di
memoria, alla futura verbalizzazione, in difetto di quest'ultima, resta privo di rilevanza esterna oltre che sfornito di ufficialità ed
autenticità.
In ogni caso poi, anche a riconoscere al brogliaccio il valore di
provvedimento formale, la motivazione in esso rassegnata non
appare sufficiente, risultando inesplicate le ragioni in base alle
quali le imprese ricorrenti non potevano ritenersi di fiducia.
Come si è detto all'inizio, per quanto lata possa essere la
discrezionalità dell'amministrazione in ordine alla scelta delle
imprese da invitare alle gare di licitazione privata, occorre che il
relativo esercizio dia conto, in modo logico e puntuale, delle
determinaziorM negative eventualmente adottate.
Né, d'altra parte, in funzione integrativa della motivazione in
parola, può invocarsi « il brogliaccio » della seduta del 10 maggio
1983, dal quale si rileva che la giunta provinciale (nell'intento, fin
troppo evidente, di ovviare al vizio di difetto di motivazione
prospettato dalla imprese ricorrenti) « presenti gli stessi compo nenti del 22 febbraio 1983 » ha ricordato che, nella seduta
precedente, la mancanza di fiducia era stata ravvisata « perché esisteva contenzioso giudiziario con dette imprese (irnpr. Di
Mario Giampaolo, causa civile promossa a seguito decreto ingiun
tivo del 17 novembre 1982 — impr. Di Mario Angelo, procedi mento penale promosso su denunzia della ditta nell'anno 1962 e
denunzia-querela promossa nei confronti dell'impresa da questa amministrazione con deliberazione G.P. n. 1291 del 12 ottobre
1982) ». Anche per quest'ultimo « brogliaccio » valgono innanzitutto le
considerazioni fatte per il precedente, circa la inidoneità a valere
come espressione di volontà dell'amministrazione provinciale, in
quanto non esternata, in modo ufficiale, secondo d moduli espres sivi delle determinazioni degli organi collegiali. In secondo luogo, anche a riconoscere ad esso valore di provvedimento, lo scopo cui mirava l'amministrazione non può dirsi raggiunto. E ciò,
anche a trascurare che l'amministrazione ha preteso integrare la
legittimità del proprio operato in corso di giudizio {il che, di
regola, non è consentito), per un duplice ordine di considerazio ni: da un lato, infatti, la giunta provinciale ha verbalizzato
postumamente fatti e dichiarazioni che, a suo dire, sarebbero
avvenuti in una precedente seduta, contravvenendo, in tal guisa, alla regola secondo la quale il verbale delle adunanze degli organi collegiali può essere compilato solo in contestualità dei
fatti e delle dichiarazioni che esso attesta e documenta; dall'altro, l'esistenza di un contenzioso giudiziario, di per sé, non è sufficiente a suffragare l'asserita mancanza di fiduoia, giacché, come esattamente osservato dalla difesa attrice, il semplice ricorso alla tutela giurisdizionale (cioè, l'esercizio di un diritto costituzio nalmente garantito) non autorizza, sic et simpliciter, le conclusio ni tratte dalla amministrazione, occorrendo all'uopo quanto meno la dimostrazione della temerarietà delle iniziative giudiziarie (nel caso che queste ultime siano state definite dalle autorità adite) o
l'indicazione di fatti specifici dai quali possa desumersi una situazione tale da compromettere l'indispensabile rapporto di
fiducia. Una diversa soluzione equivarrebbe invero ad ammettere che una amministrazione pubblica possa conculcare, attraverso atti di ritorsione, il diritto all'accesso alla tutela giudiziaria, ricono sciuto fondamentale dal nostro ordinamento.
Peir le su esposte considerazioni il ricorso deve essere accolto. Per l'effetto va dichiarato illegittimo, siccome immotivato, il mancato invito delle imprese ricorrenti alla gara di licitazione
privata indetta dall'amministrazione provinciale di Rieti per l'asse
gnazione dei lavori di sistemazione e bitumatura della strada
privinciale Rieti - Fassinoro - Longone - Vallecupola ed in via deri
vata, annullato il verbale di aggiudicazione della gara predetta. (Omissis)
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA RE
GIONE SICILIANA; decisione 9 marzo 1984, n. 15; Pres.
Rosa, Est. Giacchetti; Piazza (Aw. Silvestri) c. U.sJ. n. 34
Catania e Borzì (Avv. Sambataro).
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA RE
GIONE SICILIANA; decisione 9 marzo 1984, n. 15; Pres.
Sanità pubblica — Unità sanitaria locale — Comitato di gestione — Elezione — Elettorato passivo — Giurisdizione amministra
tiva (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la
composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni
comunali, art. 82, 84; 1. 23 dicembre 1966 n. 1147, modi
ficazioni del contenzioso elettorale amministrativo, 'art. 7; 1. 17 febbraio 1968 n. 108, norme per la elezione dei consigli
regionali delle regioni a statuto normale, art. 9; 1. 6 dicembre
1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 6, 19, 29; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del
servizio sanitario nazionale, art. 1, 13, 15).
Rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, e non in
quella del giudice ordinario, i ricorsi in materia di elettorato
passivo, comprese le questioni di ineleggibilità e di incompatibi lità, dei componenti dei comitati di gestione delle unità sanita
rie locali.il)
(1) La deoisione va inquadrata nell'orientamento che ha prevalso nella giurisprudenza, in particolare della Cassazione, sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo sul conten zioso elettorale, come sii sa del tutto consolidate almeno nelle sue linee fondamentali: mentre sulle controversie sulla regolarità delle operazioni elettorali ha giurisdizione il giudice anrniiiniistirativo, anche se sia intervenuta la convalida degli eletti da parte del consiglio {v. per tutte Cass. 2 aprile 1984, n. 2150, Foro it., 1984, I, 937, con nota di richiami), rimangono riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, eventualmente pur in tale ipotesi, le questioni attinenti alla ineleggibili tà e incompatibilità, e in genere relative all'elettorato passivo (tra le tante, v. Cass. 15 marzo 1982, min. 1678, 1679, 1680, id., Rep. 1982, vooe Elezioni, >nn. 130-132). Questo riparto di giurisdizione non deroga alla regola generale della contrapposizione dogli interessi legittimi ai diritti soggettivi, della quaile, anzi, costituirebbe puntuale applicazione (tra le tante: Cass. 9 marzo e 6 ottobre 1981, nn. 1302 e 5244, id., Rep. 1981, voce oit., nn. 198, 196); è sopravvissuto all'attribuzione ai tribunali amministrativi regionali della giurisdizione sulle operazioni elettorali prevista dall'art. 6 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 (tra le tante: Cass. 12 gennaio 1984, n. 226, id., Mass., 52; 18 gennaio, 10 febbraio e 11 novembre 1982, nn. 295, 831, 5938 e 5939, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 199, 198, 193, 194); e su di esso non ha inciso la 1. 23 aprile 1981 n. 154 (Cass. 14 luglio 1983, n. 4806, id., Rep. 1983, voce oit., n. 96).
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana ha affrontato sotto ambedue gli aspetti a problemi del riparto di giurisdi zione tra giudice ordinario e giudice amministrativo nei confronti della « elezione » degli organi previsti dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale: con la decisione 12 aprile 1984, n. 33, Cons.
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