sezione V; decisione 18 gennaio 1993, n. 104; Pres. Chieppa, Est. Reggio D'Aci; D'Alessandro(Avv. Pitoni) c. Zammito (Avv. Salusest) e altri. Annulla Tar Lazio, sez. II, 28 maggio 1990, n.1151Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 3 (MARZO 1995), pp. 153/154-155/156Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189163 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
(tra cui, la nota del presidente della Usi n. 15 di Caserta
del 23 maggio 1985, con la quale si sospendevano i trasferi
menti in corso, paventando altresì' l'annullamento di quelli già
effettuati) e che aveva già ottenuto dai primi giudici la sospen siva dei gravati atti, ha, poi, conseguito la sicura e definitiva
assegnazione presso la Usi n. 14 di Capua (da lei richiesta) con la deliberazione della giunta regionale del 22 aprile 1986, n. 3667, seguita, dal successivo d.p.g.r. n. 5716 del 7 luglio 1986.
L'adozione dei predetti atti (e, quindi, la nuova assegnazione della sig. Gentili) è stata resa possibile solo a seguito della inter venuta legge di sanatoria del 20 maggio 1985 n. 207, il cui art.
14 ha previsto la possibilità, per il personale di ruolo, di essere
assegnato, a domanda, nelle Usi dove prestava servizio in posi zione di comando o di incarico.
Quindi, il provvedimento satisfattorio per l'interessata — che
ha condotto i primi giudici alla dichiarazione di inammissibilità (rectius: improcedibilità) per sopravvenuta carenza di interesse — costituisce applicazione di una mutata situazione di diritto
(che ha consentito all'amministrazione di riesaminare la prima effettuata mobilità del personale, anche confermando le asse
gnazioni provvisorie).
Tale provvedimento non può, quindi, configurarsi come ade
sione dell'amministrazione alla tesi della ricorrente.
In altri termini, la sopravvenuta modificazione della situa
zione giuridica prodottasi per effetto del nuovo provvedimen
to, il quale — incidendo sulla stessa pretesa della ricorrente — fa si che quest'ultima non abbia più interesse a coltivare
il giudizio già instaurato, può essere interpretata come causa
di estinzione del processo sub specie di carenza sopravvenuta di interesse.
3. - Alla luce delle sue esposte considerazioni, non appare
corretta, sul piano logico, la decisione impugnata, non sussi
stendo, nella specie, i motivi per condannare l'amministrazione
al pagamento delle spese di lite.
Invero, nella odierna controversia, non è rilevabile alcuna re
sponsabilità da parte della regione Campania, che possa giusti
ficarne la soccombenza in giudizio, quale conseguenza di un
suo illegittimo comportamento.
Né la sopravvenuta carenza di interesse dell'originaria ricor
rente può ex se comportare la soccombenza per l'ammini
strazione.
Ne consegue che a carico di nessuna delle parti possono esse
re poste le spese relative alle fasi del giudizio anteriori al mo
mento in cui è venuto a cessare l'interesse ad agire della sig.
Gentili. Pertanto, l'appello va accolto e — in riforma dell'impugnata
sentenza — va dichiarato improcedibile il ricorso di primo gra do per sopravvenuta carenza d'interesse, con compensazione delle
spese tra le parti.
Il Foro Italiano — 1995.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 18 gennaio 1993, n. 104; Pres. Chieppa, Est. Reggio D'Aci; D'Alessandro (Aw.
Pitoni) c. Zammito (Aw. Salusest) e altri. Annulla Tar La
zio, sez■ II, 28 maggio 1990, n. 1151.
Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Conformità con
norme tecniche di attuazione — Contrasto con regolamento edilizio — Illegittimità (L. 17 agosto 1942 n. 1150, legge ur
banistica, art. 33).
Poiché il regolamento edilizio può abrogare precedenti disposi zioni contenute nelle norme tecniche di attuazione a piano
regolatore generale, è illegittima la concessione edilizia con
forme a dette disposizioni, ma in contrasto con il più recente
regolamento edilizio. (1)
(1) Non è dubitabile che sotto il profilo oggettivo il regolamento edi lizio sia costituito da norme giuridiche di carattere cogente, al pari delle
leggi formali (Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1992,
522), ma di carattere secondario (Cass. 16 novembre 1983, n. 6817, Foro it., Rep. 1983, voce Edilizia e urbanistica, n. 274; Tar Lazio, sez. II, 16 dicembre 1988, n. 1702, id.. Rep. 1990, voce cit., n. 284), e per questo subordinate al criterio emerneutico della coerenza con le fonti normative primarie (Cons. Stato, sez. V, 10 luglio 1981, n. 363, id., Rep. 1981, voce Atto amministrativo, n. 96), ma pur sempre auto nome e dispositive nei confronti della legge (Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 1980, n. 949, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 281), e non disapplicabili per desuetudine (Cons. Stato, sez. V, 12 settembre
1992, n. 781, id., Rep. 1993, voce cit., n. 256). In quanto norme giuridiche, il giudice è tenuto ad applicarle ex offi
cio in base al principio iura novit curia (Cass. 3 febbraio 1973, n. 350, id., 1973, 1, 1041, con nota di C. M. Barone, ed anche Cass. 26 aprile 1983, n. 2852, id., Rep. 1984, voce cit., n. 242 e 28 gennaio 1987, n. Ill, id., 1987, I, 779, con nota di C. M. Barone, in motivazione), e di esse è consentita la produzione in Cassazione (Cass. 23 febbraio
1981, n. 1102, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 232). Nel disegno originario della legge urbanistica (art. 33) ai regolamenti
edilizi era attribuita una funzione integrativa rispetto al piano regolato re generale, alle cui disposizioni di carattere astratto esso è assimilabile e di pari grado, e di cui è strumentale, attuativo e integrativo (Tar Lombardia, sez. I, 12 luglio 1985, n. 632, id., Rep. 1986, voce Edilizia e urbanistica, n. 319; Trib. Venezia 28 giugno 1969, id., Rep. 1970, voce Piano regolatore, n. 131). Di fatto, la tardiva adozione dello stru mento urbanistico da parte dei comuni, ha inizialmente reso il regola mento edilizio protagonista di una funzione di organizzazione territo riale che trascendeva le norme tecniche delle costruzioni e le disposizio ni procedurali per l'assentimento dello ius aedificandi, tanto che al
regolamento accedeva frequentemente il programma di fabbricazione
(il che ha contribuito, a molti effetti, a far equiparare il regolamento agli strumenti urbanistici: per quanto concerne, ad esempio, l'applica bilità delle limitazioni imposte dalla legge urbanistica nei comuni sprov visti di piano regolatore, vedi Cass. 22 novembre 1994, n. 9871, id.,
1995, I, 532, con nota di richiami), mentre in prosieguo esso ha subito un processo di erosione da due lati (Caponi - Gracili, Il regolamento edilizio comunale: problemi e prospettive, in Riv. giur. edilizia, 1986,
II, 145): da una parte spingendosi l'ampiezza ed il dettaglio delle norme
tecniche di attuazione dei piani regolatori al punto di disciplinare, oltre che i vincoli e caratteri da osservare in ciascuna zona, anche le prescri zioni edilizie, riferite non all'assetto urbanistico generale, ma ai singoli edifici; dall'altro assistendosi alla dilatazione della sfera d'intervento della normativa statale e regionale in spazi prima affidati alla regola mentazione comunale (cosi nella determinazione di limiti di altezza e
distanze; ma è ammissibile la fissazione, con regolamento, di limiti più restrittivi al minimum della legge o del decreto a cui la legge faccia
rinvio: Cass. 2 novembre 1990, n. 10554, Foro it., Rep. 1991, voce
Edilizia e urbanistica, n. 247). Alle regioni compete peraltro l'unifica
zione ed il coordinamento dei contenuti dei regolamenti edilizi comuna
li (art. 25 1. 28 febbraio 1985 n. 47). Il problema del concorso tra piano regolatore e regolamento edilizio,
è governato dal principio fondamentale che riserva al piano l'assetto
urbanistico del territorio, ed al regolamento lo svolgimento pratico del
l'attività edilizia. Cosi, se non è dubitabile la natura normativa del se
condo (anche anteriormente alla legge urbanistica: Cass. 16 novembre
1983, n. 6817, cit.), riguardo al primo essa è riconosciuta da Cons.
Stato, sez. IV, 25 marzo 1980, n. 292, id., Rep. 1981, voce cit., n.
234, ma negata da Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 1990, n. 153, id.,
1990, III, 408, con nota di richiami, prevalendo la tesi dell'atto ammi
nistrativo generale, che, a differenza di quelli normativi, non produce una lesione immediata e diretta delle posizioni di interesse del proprie tario o di altri soggetti interessati, attesa la natura generale e astratta
(Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 1980, n. 807, Foro it., Rep. 1980, voce
Atto amministrativo, n. 18). Il regolamento edilizio, viceversa, attribuisce
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PARTE TERZA
Diritto. — 1. - La questione centrale che oppone le parti nel
presente giudizio attiene alla vigenza, al momento del rilascio
al sig. Zammito della concessione edilizia impugnata (n. 1500
del 10 aprile 1987), della c.d. «norma G» contenuta nelle nor
me tecniche di attuazione al piano regolatore generale del
1970/1972. Invero, la norma in parola, introdotta con la deli
berazione consiliare n. 69 del 17 marzo 1971, ammette, per i
quartieri già edificati e con una tipologia edilizia già consolida ta, che si possa fare applicazione, a giudizio dell'autorità com
petente a rilasciare la licenza di costruzione, delle norme preesi stenti al piano regolatore generale. Nella specie, ciò è avvenuto
con riferimento alla concessione edilizia di cui si discute e con
riguardo alle disposizioni vigenti all'epoca sulle distanze mini
me tra frabbricati, le quali sono state derogate (6 metri anziché
i prescritti 10). In particolare la contestazione si appunta sull'entrata in vigo
re e l'operatività del nuovo regolamento edilizio adottato dal
comune in data 4 febbraio 1975 ed approvato dalla regione La
zio con deliberazione n. 2451 del 6 giugno 1978. Invero il rego lamento in parola, da un lato, ha introdotto, con l'art. 51, nuo
ve più severe disposizioni sulle distanze tra frabbricati (fissate con riferimento agli art. 7 e 8 del d.m. 2 aprile 1968, vale a
dire in 10 metri), mentre con l'art. 91 ha esplicitamente statuito
che «il presente regolamento sostituisce ogni altra regolamenta zione comunale in materia». Nella specie si discute della idonei
tà e della capacità giuridica del regolamento edilizio di abrogare una disposizione contenuta nelle norme tecniche di attuazione
del piano regolatore generale, quale la richiamata «norma G».
Il tribunale amministrativo regionale, in adesione alla tesi del
resistente Zammito, le ha negate, mentre l'appellante le afferma
facendo leva sulla natura e gli effetti dei vari strumenti urba
nistici. Ritiene il collegio in proposito di ribadire quanto già affer
mato, sia pure ad altri fini e con riferimento ad altra vertenza, con la decisione di questa medesima sezione n. 1005 del 5 luglio 1991 (Foro it., Rep. 1992, voce Edilizia e urbanistica, n. 487).
Invero, le prescrizioni contenute nei piani regolatori generali e nelle relative norme tecniche di attuazione costituiscono, se
al privato un diritto soggettivo all'osservanza delle disposizioni in esso
contenute, e in materia di distanze va considerato integrativo delle di
sposizioni del codice civile (Cass. 28 gennaio 1987, n. 777, cit.; 18 feb braio 1987, n. 1755, id., Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 276; 21 marzo 1987, n. 2824, ibid., n. 339; 17 ottobre 1992, n. 11423, id., Rep. 1992, voce cit., n. 301), e riguardo ad ogni controversia concer nente la sua applicazione, si configura la giurisdizione ordinaria (Cass. 21 novembre 1986, n. 6834, id., Rep. 1986, voce cit., n. 354).
Contenuto normativo e valore di norme di legge viene però attribuito ai piani regolatori da Cass. 19 marzo 1991, n. 2927, id., Rep. 1991, voce cit., n. 234; 6 maggio 1980, n. 2971, id., Rep. 1980, voce cit., n. 247; 8 aprile 1975, n. 1279, id., Rep. 1975, voce Procedimento civile, n. 11, in cui vengono espressamente equiparati,'nella loro qualità di norme giuridiche secondarie, ai regolamenti edilizi; 9 ottobre 1974, n.
2719, id., Rep. 1974, voce Edilìzia e urbanistica, n. 92; Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 1981, n. 667, id., Rep. 1982, voce cit., n. 214; Tar Piemonte 2 dicembre 1981, n. 1013, ibid., n. 150; Tar Valle d'Aosta 27 maggio 1988, n. 42, id., Rep. 1988, voce cit., n. 204). In altra sen tenza si dice che, pur non essendo ritenuti atti a carattere normativo, sono tuttavia provvedimenti che incidono profondamente su situazioni
giuridiche (Tar Puglia 29 agosto 1980, n. 330, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 218). Del resto, lo stesso regolamento edilizio è talora definito atto amministrativo a contenuto normativo (Cons. Stato, sez. V, 3 no vembre 1978, n. 1075, id.. Rep. 1979, voce cit., n. 274).
La già rilevata contaminazione storica fra regolamento edilizio e pia no regolatore generale nelle reciproche funzioni, fa comprendere la pos sibilità di conflitti, specie per quanto riguarda le norme tecniche di at tuazione pacificamente considerate dalla giurisprudenza parti integranti del p.r.g., idonee, al pari di questo, a dettare prescrizioni programmati che e norme direttamente operative su posizioni giuridiche (Cons. Sta to, sez. IV, 21 giugno 1982, n. 396, id., Rep. 1982, voce Giustizia am
ministrativa, n. 173), altresì assimilate ai regolamenti edilizi (Tar Sarde
gna 11 febbraio 1976, n. 43, id., Rep. 1976, voce cit., n. 747): l'omogeneità delle norme di regolamento e tecniche di attuazione, con duce all'adozione del principio tempus regit actum, come nella pronun cia in epigrafe (che riguarda il caso singolare della sopravvenienza di
regolamento edilizio a piano regolatore, storicamente meno comune della
prassi inversa), e, coerentemente, all'inammissibilità di deroghe al rego lamento edilizio da parte del piano particolareggiato, che è atto ammi nistrativo a contenuto concreto (Tar Lombardia, sez. I, 12 luglio 1985, n. 632, cit.).
Il Foro Itauano — 1995.
munite della necessaria generalità ed astrattezza, norme di ca
rattere regolamentare, subordinate solamente alle norme di or
dine primario in esecuzione delle quali esse sono state emanate.
Analoga natura è da attribuire pure ai regolamenti edilizi co
munali, ai quali l'art. 33 1. 17 agosto 1942 n. 1150 assegna espli citamente il compito di «dettare norme» in una serie di materie
ivi specificatamente indicate e tra le quali figura espressamente anche quella «degli eventuali distacchi da fabbricati vicini e dal
filo stradale» (ma si consulti in argomento anche l'art. 871 c.c.). Non si comprende, pertanto, per quale motivo il successivo
regolamento edilizio comunale non avrebbe potuto introdurre
nuove norme sulle distanze ed abrogare, al contempo, la prece dente disposizione contenuta nelle norme tecniche di attuazione
al piano regolatore generale che consentiva deroghe in materia,
quando poi ciò costituiva proprio uno degli oggetti assegnati istituzionalmente alla operatività dei regolamenti comunali.
2. - Che poi in concreto questa abrogazione ci sia stata non
pare possa essere messo in dubbio.
Non solo, infatti, la menzionata formulazione dell'art. 91 sta
bilisce letteralmente, come si è visto, che la nuova disciplina sostituisce «ogni altra regolamentazione comunale in materia»
(nella quale nozione è da ricomprendersi ex se analoga discipli na sulle distanze a suo tempo introdotta con le norme tecniche
di attuazione), ma appare evidente dallo spirito del nuovo rego lamento che lo scopo che il comune si è proposto è quello di
abrogare ogni difforme normativa in materia di disanze tra fab
bricati, ivi compresa quella concernente la possibilità derogato ria di esse ad opera dell'amministrazione stessa.
Il che appare confermato anche dall'esame della successiva
deliberazione comunale n. 44 del 4 febbraio 1980, recante con
trodeduzioni alle osservazioni presentate al piano regolatore ge nerale. In siffatta occasione è stata respinta, tra l'altro, la pro
posta di un consigliere diretta alla reintroduzione della abrogata «norma G», dal che si arguisce agevolmente che lo stesso consi
glio comunale era convinto che la norma de qua non era più in vigore.
Le ridette circostanze rendono convinti che la volontà del
l'amministrazione fosse proprio quella di abrogare la c.d. «nor
ma G». Ne consegue che la concessione edilizia impugnata, che
è frutto dell'applicazione della norma in parola, è illegittima e va annullata.
3. - In conclusione l'appello va accolto e, per l'effetto, in
riforma della sentenza impugnata, deve essere pure accolto il
ricorso di primo grado, con annullamento della concessione edi
lizia con esso impugnata.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA; sezione II; sentenza 25 novembre 1994, n. 370; Pres. Lazzeri, Est. Potenza; Ciollaro (Avv. Tozzi) c. Com
missione elettorale circondariale Lucca, Comune di Lucca.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA; sezione II; sentenza 25 novembre 1994, n. 370;
Elezioni — Elezioni comunali — Esclusione di un candidato — Impugnazione immediata — Ammissibilità (D.p.r. 16 mag gio 1960 n. 570, testo unico sulla composizione ed elezione
degli organi comunali, art. 83). Elezioni — Elezioni comunali — Presentazione di lista — Certi
ficato elettorale del candidato — Deposito di copia — Irrego
larità formale — Sanabilità (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, art. 32, 33).
Il provvedimento con cui viene disposta la esclusione di un can
didato dalla competizione elettorale è immediatamente impu
gnabile. (1)
(1-6) Formalità per la presentazione delle liste per le elezioni ammini strative. Rassegna di giurisprudenza.
Dopo la rivoluzione del sistema elettorale amministrativo di recente
intervenuta, le modalità di presentazione delle liste per le elezioni am
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