Sezione V; decisione 19 ottobre 1979, n. 599; Pres. Chieppa, Est. Biagini; Comune di AliceCastello (Avv. Sartorio, Romanelli) c. Salussolia, Tanatto (Avv. A. Gallo, Germano, Pulvirenti).Annulla T.A.R. Piemonte 7 marzo 1978, n. 122Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 5 (MAGGIO 1981), pp. 273/274-275/276Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172798 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Il ricorso contro il giudizio negativo di ammissione di un alun
no all'esame di maturità non deve venire automaticamente
accolto se egli nel frattempo ha superato l'esame stesso, al
quale era stato ammesso con riserva. (1)
È legittimo il giudizio negativo di ammissione di un alunno al
l'esame di maturità, motivato anche con la estrema disconti
nuità della sua frequenza alle lezioni. (2)
La Sezione, ecc. — 1. - Avendo la ricorrente superato gli esa mi di maturità ai quali era stata ammessa con riserva, sostiene
il suo difensore che sarebbe rimasto cosi assorbito l'impugnato
giudizio di non ammissione, e pertanto il presente ricorso an
drebbe accolto, anche indipendentemente dalla fondatezza dei
motivi dedotti a suo sostegno. La giurisprudenza di questa sezione si è orientata in favore
di siffatta tesi con le decisioni 20 maggio 1977, n. 434 (Foro it.,
1978, III, 104) e 6 giugno 1978, n. 720 (id., Rep. 1978, voce
Istruzione pubblica, n. 455); ma l'ha respinta con le decisioni
22 marzo 1977, n. 299 (id., 1978, III, 105) e 18 maggio 1979, n. 377 (id., Rep. 1979, voce cit., n. 441) e a questo secondo
orientamento il collegio intende ora aderire. Infatti, a parte il
già decisivo rilievo che è impossibile configurare una pronuncia di accoglimento in merito, sorretta da ragioni diverse e soprav venute rispetto a quelle dedotte nei motivi del ricorso, soprat tutto non può essere condivisa l'affermazione secondo cui il giu dizio di maturità assorbirebbe quello di ammissione.
Come si evince dall'art. 2 d. 1. 15 febbraio 1969 n. 9, con
vertito nella legge 5 aprile 1969 n. 119, il giudizio di ammissio
ne consiste nella valutazione del profitto conseguito dall'allievo
in ciascuna delle materie di studio dell'ultimo anno. Tale giudi zio è, per ciò, diverso non solo in senso qualitativo (per difet
to), ma altresì in senso quantitativo (per eccesso) da quello di
maturità, essendo quest'ultimo, a differenza dell'altro, rivolto ad
esprimere una valutazione globale del candidato, tenendo con
to, fra gli altri elementi, dei risultati conseguiti nelle sole ma
terie di esame. Il che vuol dire che il giudizio di ammissione, se può dirsi prodromico rispetto a quello di maturità per quan to concerne le materie di esame, ha invece carattere finale quan to alle residue materie di studio dell'ultimo anno, sulle quali
infatti, se ammesso, l'allievo non subirà più alcun esame. Sic
ché certamente non può sostenersi che il giudizio di ammissio
ne rappresenti un minus rispetto a quello di maturità tale da
potersi ritenere assorbibile in quest'ultimo. 2. - Il ricorso non può quindi che essere esaminato con ri
guardo ai motivi dedotti a suo sostegno. Con il primo di essi, nonché con la seconda e la quarta censura del secondo, si sostie
ne che il consiglio di classe avrebbe formulato il giudizio di non
ammissione tenendo conto del profitto conseguito nelle sole ma
terie di esame, e quindi trascurando i non sfavorevoli risultati
conseguiti nelle altre. Le censure non hanno fondamento perché, come risulta dalla documentazione esibita in giudizio, la deter
minazione del consiglio di classe, sinteticamente motivata col
rilievo della insufficienza quasi generale dell'allieva, fu assunta
(1) Nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. VI, 18 maggio 1979, n. 377, Foro it., Rep. 1979, voce Istruzione pubblica, n. 441.
Viceversa, nel senso che il superamento dell'esame di maturità de termina la cessazione del giudizio sulla legittimità del diniego di ammissione ad esso, T.A.R. Campania, Sez. Napoli, 23 aprile 1980, n. 295 (che però non applica il principio al caso, nel quale l'oggetto dell'impugnativa era l'assegnazione dei voti con cui veniva disposta l'ammissione, insufficienti ad ottenere questa ammissione con l'ab breviazione dell'intervallo), Trib. amm. reg., 1980, I, 2699; Cons.
Stato, Sez. VI, 6 giugno 1978, n. 720, id., Rep. 1978, voce cit., n. 455; 20 maggio 1977, n. 434, id., 1978, III, 104, con nota di richiami e osservazione critica di A. Romano.
(2) Sulla motivazione dei giudizi negativi di ammissione all'esame
di maturità, v., in Foro it., 1978, III, 105, la nota di richiami a Cons.
Stato, Sez. VI, 22 marzo 1977, n. 299, che ha affermato la legitti mità di un simile giudizio negativo sulla base delle gravi lacune
riscontrate nella preparazione dell'alunno, secondo una valutazione analitica del profitto da esso conseguito nelle singole materie di
studio dell'ultima classe. A tali richiami, adde, successivamente, T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 20 dicembre 1978, n. 360, id., Rep.
1979, voce Istruzione pubblica, n. 433, che ha dichiarato illegittimo il giudizio di non ammissione nel quale lo studente non sia stato
valutato con riguardo al « livello globale di maturazione », come
prescritto dall'art. 9 legge 4 agosto 1977 n. 517; e Cons. Stato, Sez. VI, 18 maggio 1979, n. 377, cit., ibid., n. 443, che ha affermato che il
giudizio di ammissione agli esami di qualificazione professionale, si
basa necessariamente su elementi obiettivi (profitto, maturità del can
didato, ecc.), e non può essere influenzata dalle ragioni soggettive che
abbiano potuto determinare la mancata frequenza alla scuola (nella
specie, carcerazione preventiva, che aveva impedito allo studente la
frequenza alle lezioni per l'intero ultimo trimestre).
sulla scorta dei giudizi analitici espressi dai singoli componenti relativamente a ciascuna delle materie di studio dell'ultimo an
no, nessuna di queste esclusa, e tutti sfavorevoli, ad eccezione
soltanto di quello relativo alla materia « lingua e lettere ita
liane ».
3. - Con la prima delle ulteriori censure formulate con il se
condo motivo si lamenta che la decisione di non ammettere la
sig.na Muraglia fu assunta anche per la « estrema discontinuità
nella frequenza », ossia per una circostanza che, ad avviso della
ricorrente, non avrebbe alcun rilievo ai fini della valutazione del
profitto. La censura non può essere condivisa, perché non è dub
bio, al contrario, che il dato relativo alla frequenza possa e deb
ba costituire uno dei fattori del giudizio sul profitto, non po tendo questo appagarsi dell'esito di singole interrogazioni, ma
dovendo tener conto anche della misura e intensità della parte
cipazione dell'allievo alla vita scolastica, e in particolare del
l'attiva presenza alle lezioni impartite dai vari docenti. Sicché
è tutt'altro che illegittimo il riferimento a una scarsa frequenza alle lezioni come dato valido se non a determinare, quanto me
no ad avvalorare un giudizio già negativo, o non decisamente
positivo. Deve essere respinta anche la ulteriore censura, di eccesso di
potere per disparità di trattamento, essendo questo vizio inconfi
gurabile nella materia qui controversa, nella quale per definizio
ne non esistono situazioni identiche, trattandosi di giudicare
soggetti con capacità e preparazione fra loro sempre diverse
(Sez. VI 11 febbraio 1977, n. 88, id., Rep. 1977, voce cit.,
n. 417). Con un'ultima censura si afferma che con il provvedimento
impugnato sarebbe rimasta violata la circolare ministeriale con
tenente istruzioni per lo svolgimento degli esami di maturità
(e di cui si chiede l'esibizione). La sezione ritiene, però, di non
disporre alcuna istruttoria al riguardo, non consentendo la do
glianza, nella sua estrema genericità, nemmeno di stabilire con
riferimento a quale delle diverse censure che precedono viene
dedotta tale violazione,, e dovendo quindi essere già allo stato
dichiarata inammissibile.
4. - Il ricorso deve, pertanto, essere respinto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 19 ottobre 1979,
n. 599; Pres. Chieppa, Est. Biagini; Comune di Alice Castello
(Avv. Sartorio, Romanelli) c. Salussolia, Tanatto (Avv. A.
Gallo, Germano, Pulvirenti). Annulla T.A.R. Piemonte 7
marzo 1978, n. 122.
Giustizia amministrativa — Giudicato — Ricorso per l'esecu
zione — Difetto di trattazione in pubblica udienza — Ille
gittimità — Fattispecie (Legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitu
zione dei tribunali amministrativi regionali, art. 27; r. d. 17 ago
sto 1907 n. 642, regolamento per la procedura davanti al Con
siglio di Stato in sede giurisdizionale, art. 91).
È illegittima la sentenza di accoglimento che il tribunale am
ministrativo regionale abbia emesso sul ricorso per l'inottem
peranza di un comune al giudicato amministrativo, senza trat
tazione in pubblica udienza, perché ha considerato tardiva,
non tenendone perciò conto, la richiesta avanzata dal comu
ne stesso in memoria, malgrado che questa fosse stata depo
sitata entro venti giorni dalla ricezione della comunicazione
di tale ricorso da parte della segreteria (in motivazione è sta
ta ravvisata violazione del diritto di difesa anche nella fissa
zione della camera di consiglio due giorni prima della sca
denza del termine suddetto). (1)
(1) La decisione, statuendo sull'appello proposto contro una sen
tenza emessa da un tribunale amministrativo regionale in sede di
giudizio per l'inottemperanza ad un giudicato, applica l'orientamento
meno restrittivo affermato in proposito da Ad. plen. 29 gennaio 1980,
n. 2, Foro it., 1980, III, 161, con nota di richiami, che, ammet
tendo l'appello contro la sentenza con la quale un tribunale ammi
nistrativo regionale aveva negato l'esperibilità del ricorso per l'inot
temperanza al giudicato, perché aveva considerato non elusivo di
questo il provvedimento emanato dall'amministrazione, aveva ridi
mensionato la portata del precedente della stessa Ad. plen. 14 luglio
1978, n. 23, id., 1978, III, 449, con nota di richiami e criticata da
Scoca, id., 1979, III, 73, la quale aveva dapprima ridotto rigoro
samente l'appellabilità di siffatte sentenze di primo grado. Sulla rilevanza della domanda di trattazione in pubblica udienza
del ricorso per l'inottemperanza al giudicato, T.A.R. Emilia-Romagna
10 novembre 1977, n. 461, id., 1979, III, 254, con nota di richiami,
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PARTE TERZA
La Sezione, ecc. — L'appello, ammissibile, è fondato.
È stato di recente e ripetutamente affermato da questo Con
siglio di Stato (v. tra le altre Ad. plen. 14 luglio 1978, n. 23, Foro it., 1978, III, 443; Sez. IV 5 dicembre 1978, n. 1109, id.,
Rep. 1979, voce Giustizia amministrativa, nn. 746-988), che le
pronunce, emesse — come nella specie — dal T.A.R. in sede
di giudizio di ottemperanza, non sono soggette ad appello se
non quando siano state violate, nel giudizio innanzi al T.A.R., « fondamentali esigenze di giustizia inderogabilmente tutelate dal
l'ordinamento ».
Nella specie è stato violato, a danno dell'attuale appellante, il diritto alla difesa — cardine del nostro ordinamento proces suale — poiché il presidente del T.A.R. adito non ha provve duto — come invece gli era imposto dall'art. 27, ult. comma,
legge 6 dicembre 1971 n. 1034 — ad ordinare che il ricorso si
trattasse in udienza pubblica (con il conseguente rispetto delle
forme e termini previsti dall'art. 23 della stessa legge a garanzia,
appunto, dei diritti della difesa), in quanto ha erroneamente
omesso di tenere conto della memoria (con cui si chiedeva tra
l'altro la trattazione in udienza pubblica), depositata dal comu
ne il 12 dicembre 1977 (giorno immediatamente precedente a
quello della camera di consiglio fissata), ritenendola tardiva
(mentre doveva ritenerla tempestiva, quale atto contenente le
«osservazioni» che il comune aveva fatto pervenire, ex art. 91
r. d. 17 agosto 1907 n. 642, nei venti giorni dalla ricezione —
avvenuta il 25 novembre 1977 — della comunicazione di segre teria prevista dallo stesso art. 91: e ciò senza dire che l'art.
27 legge 1034/71 non fissa termini per l'istanza di trattazio
ne in udienza pubblica e che il termine di venti giorni ex
art. 91 cit. non era stato rispettato, con la fissazione della
camera di consiglio per una data anteriore di due giorni a
quella della scadenza del suddetto termine, per cui vi era una combinata violazione del diritto di difesa.
Da ciò deriva l'ammissibilità dell'appello e, al tempo stesso, la sua fondatezza, cui consegue l'annullamento dell'impugnata decisione con rinvio al T.A.R. per il Piemonte. Superfluo, di
conseguenza, è l'esame delle ulteriori censure mosse dall'appel lante. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
ha affermato che, rinviata alla pubblica udienza con deliberazione in camera di consiglio, la trattazione di un ricorso per l'esecuzione di un giudicato, in base alla richiesta formulata in tal senso da una delle parti, deve essere disposta d'ufficio la rinnovazione in pubblica udienza della trattazione di tale ricorso, che ciò nonostante sia avvenuta in una successiva camera di consiglio, anche se la parte suddetta non aveva sollevato l'eccezione in proposito.
Per quel che riguarda l'incidenza sul problema della disciplina par ticolarmente sommaria del contraddittorio nel giudizio per l'inottem peranza al giudicato, Cons. Stato, Sez. VI, 29 novembre 1977, n. 889, id., 1978, III, 613, con nota di richiami, ha ritenuto ammissibile il ricorso per tale inottemperanza, che sia stato comunicato al ministro competente, senza l'instaurazione del contraddittorio con l'amministra zione interessata (nella specie, una università), anche se questa abbia richiesto che il ricorso stesso fosse trattato in pubblica udienza.
Sulla disciplina del contraddittorio nel giudizio di ottemperanza, Cons, giust. amm. sic. 11 ottobre 1978, n. 202, id., 1979, III, 334, con nota di richiami, in un caso nel quale l'amministrazione inottem perante era un ente pubblico non territoriale, ha negato l'estromis sione dell'assessore della regione siciliana competente a nominare un commissario ad acta presso l'ente stesso. A tali richiami adde T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria, 13 dicembre 1977, n. 77, id., Rep. 1978, voce Giustizia amministrativa, n. 1138, che ha affermato l'ammissi bilità di un ricorso per l'ottemperanza notificato solo all'amministra zione che avrebbe dovuto eseguire il giudicato; e Cons. Stato, Sez. V, 19 ottobre 1979, n. 608, Cons. Stato, 1979, J, 1382, che ha affermato che tale ricorso deve essere solo depositato, e non anche notificato alle controparti; in dottrina, F. Trimarchi, In tema di contraddittorio nel processo per l'esecuzione di giudicato, in Foro amm., 1978, I, 660.
Nel giudizio di ottemperanza possono proporre scritti difensivi tutte le parti del giudizio che hanno dato luogo alla decisione da eseguire: Cons. Stato, Sez. IV, 23 novembre 1979, n. 1065, Cons. Stato, 1979, I, 1614. E possono essere prese in considerazione le memorie depo sitate dall'amministrazione prima dell'udienza, anche se essa si è costituita in giudizio irritualmente: T.A.R. Lazio, Sez. II, 21 di cembre 1977, n. 993, Foro it., 1978, III, 131, con nota di richiami, ai quali adde, nello stesso senso, T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Ca
labria, 13 dicembre 1977, n. 77, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1140.
Quanto al carattere del termine di venti giorni previsto dall'art. 91 del regolamento per la procedura davanti al Consiglio di Stato, Cons.
Stato, Sez. IV, 19 aprile 1977, n. 391, id., Rep. 1977, voce cit., n. 1044, lo ha considerato dilatorio nei confronti del compimento dei successivi atti processuali, con la conseguenza dell'ammissibilità delle osservazioni che l'amministrazione abbia fatto pervenire anche dopo la scadenza del termine stesso; in senso contrario, viceversa, Sez. V 15 gennaio 1976, n. 14, id., Rep. 1976, voce cit., n. 2004.
CORTE DEI CONTI; Sezione II; decisione 25 marzo 1981, n. 64; Pres. Fiore, Est. Troccoli; Proc. gen. c. Surdich (Avv.
Giordano).
CORTE DEI CONTI;
Responsabilità contabile e amministrativa — Pendenza di giu dizio penale — Sospensione necessaria del giudizio avanti la
Corte dei conti — Esclusione (Cod. proc. pen., art. 3).
Nel giudizio di responsabilità avanti la Corte dei conti la pen denza di un giudizio penale per gli stessi fatti non è causa di sospensione necessaria ai sensi dell'art. 3 cod. proc. pe nale. (1)
(1) In senso conforme la stessa sezione si era già pronunciata con la decisione 11 luglio 1978, n. 104 (est. Ferrucci), Foro it., Rep. 1979, voce Responsabilità contabile, n. 172 (riprodotta sia in Foro amm., 1979, I, 201, sia in Riv. Corte conti, 1978, 1190, e tuttavia non ram mentata dalla decisione n. 64/1981), dalla motivazione assai più scarna, e che, in concreto, approdava ad una sospensione del giudizio per ragioni di opportunità, ritenute non sussistenti nel caso attuale (per un diverso caso di resistenza alla sospensione necessaria ex art. 3 cod. proc. pen., fondata sulla negazione del rapporto di pregiudizialità tra procedimento penale e giudizio per resa del conto, cfr. Sez. LI 22 luglio 1977, n. 166, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 184).
In senso contrario v. da ultimo, implicitamente, l'ordinanza della Sez. I 19 gennaio 1979, id., 1979, III, 138, con la quale è stata di sposta, ex art. 3 cod. proc. pen. e 295 cod. proc. civ., la sospensione del giudizio di responsabilità amministrativa per il danno erariale provocato dalla tragedia di Seveso, stante la pendenza di giudizio pe nale a carico di taluni dei convenuti.
L'ampia motivazione della decisione riportata, nel sottoporre a cri tica il tradizionale principio dell'unità della giurisdizione inteso nel senso della preminenza del giudizio penale su qualsiasi altro giudizio relativo agli stessi fatti, anche se si tratta di giudizio ad azione pub blica e per la tutela di interessi pubblici come il giudizio che si svolge davanti al magistrato contabile, inquadra la disposizione del l'art. 3 cod. proc. pen. nella prospettiva della pregiudizialità (simil mente, di recente, Cass. 18 luglio 1979, n. 4248, id., Rep. 1979, voce Giudizio (rapporto), n. 16), e rammenta la lesione a questa inferta da Corte cost. 22 marzo 1971, n. 55 {id., 1971, I, 824 e 1798, con nota di Montesano), che comporterebbe la totale inapplicabilità del l'art. 28 cod. proc. pen. nel giudizio di responsabilità amministrativa e contabile, perché il procuratore generale della Corte dei conti, che non è stato parte del giudizio penale, né vi può essere chiamato, non resterebbe vincolato dall'accertamento dei fatti materiali operato in quel giudizio, nonché le insofferenze o i rifiuti manifestati dalla
giurisprudenza della Corte dei conti nei confronti degli art. 25, 26 e 27 di quel codice.
È un coro di voci non sempre concordi. Quanto all'art. 25, la Sez. II 20 aprile 1978, n. 64 (id., Rep. 1979, voce Responsabilità contabile, n. 175), ritiene che l'assoluzione penale con formula dubi tativa non precluda l'accertamento del giudice contabile in ordine alla
responsabilità del pubblico dipendente per danno erariale; e la Sez. I 19 gennaio 1974, n. 7 (id., Rep. 1974, voce cit., n. 229), afferma in termini più generali che la preclusione posta dall'art. 25 non è
operante nel giudizio di responsabilità amministrativa (diversamente Sez. II 18 novembre 1976, n. 112, id., Rep. 1977, voce cit., n. 170, che a somiglianza dei giudici civili discute della portata concreta della formula assolutoria). Le Sez. riun. 10 maggio 1976, n. 173
(ibid., n. 172), insegnano che la sentenza penale assolutoria per in sufficienza di prove non ha efficacia vincolante nel giudizio di re
sponsabilità amministrativa nella parte concernente la valutazione del
comportamento del pubblico dipendente: il che significa che il mo
mento della preclusione è stato già saltato, e solamente si discute
dell'efficacia dell'accertamento dei fatti ex art. 28 (sullo stesso tema, sotto profili diversi, cfr. Sez. II 22 dicembre 1975, n. 130, ibid., n. 171, nonché 23 settembre 1976, n. 62, e 9 luglio 1976, n. 52, ibid., nn. 173, 174). Qui il consenso di fondo esiste: altro è la responsabilità per il danno prodotto dal fatto-reato, altro è la responsabilità derivante
dalla violazione di doveri di servizio, che può sussistere anche se
il reato sia escluso o posto in dubbio. Ma non viene sufficientemente
chiarito che cosa avvenga quando vi sia coincidenza tra la violazione del dovere di servizio e il fatto previsto dalla legge come reato.
Più differenziato il panorama sull'art. 26. La maggioranza delle
decisioni è nel senso che la liquidazione in sede penale del danno
cagionato dal reato del dipendente alla pubblica amministrazione non
precluda l'esercizio dell'azione di responsabilità davanti al giudice con
tabile (cosi, ad es., Sez. II 23 settembre 1976, n. 64, id., Rep. 1977, voce
cit., n. 163, che motiva anche con la « riserva di giurisdizione della
Corte dei conti in materia di contabilità pubblica »; Sez. riun. 14 otto
bre 1975, n. 168, e Sez. I 11 ottobre 1975, n. 88, id., Rep. 1976, voce
cit., nn. 210, 211; Sez. II 9 dicembre 1974, n. 96, e Sez. I 11 feb
braio 1975, n. 16, id., Rep. 1975, voce cit., nn. 224, 225), e talvolta
si precisa che al giudice contabile spetta riesaminare se il danno, per il cui risarcimento è stata già pronunciata condanna in sede penale, sia da ricollegare a violazione di obblighi di servizio, eventualmente anche di altri dipendenti (cosi la cit. Sez. ì 11 febbraio 1975, n. 16, ibid., n. 222), ma le decisioni diversamente orientate non sono molto più scarse: alcune affermano puramente e semplicemente la
preclusione (cfr. Sez. giur. reg. sic. 19 luglio 1976, n. 1132, e Sez. Il 14 marzo 1977, n. 39, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 166, 167; Sez. ili 4 febbraio 1976, n. 1, e 24 febbraio 1976, n. 7, id., Rep. 1976,
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